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GRAZIE ! Mb
Dal Vangelo secondo Luca Lc 21,5-19 “In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato
di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei
quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non
sarà distrutta». Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e
quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose:
«Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome
dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro!
Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché
prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine». Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro
regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze;
vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo. Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi
perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni,
trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete
allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non
preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché
tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e
dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa
del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza
salverete la vostra vita».”
LA FRAGILITA' UMANA DIMOSTRA LA
FORZA E L'ESISTENZA DI DIO: le stesse variazioni climatiche e
meteriologiche imprevedibili dimostrano l'esistenza di DIO.
Che lo Spirito Santo porti
buon senso e serenita' a tutti gli uomini di buona volonta' !
CRISTO RESUSCITA PER TUTTI GLI
UOMINI DI VOLONTA' NON PER QUELLI DELLO SPRECO PER NUOVI STADI O
SPONSORIZZAZIONI DI 35 MILIONI DI EURO PAGATI DALLE PAUSE NEGATE
AGLI OPERAI ! La storia del ricco epulone non ha insegnato nulla
perché chi e morto non può tornare per avvisare i parenti !
Mb 05.04.12; 29.03.13;
ATTENZIONE IL MIO EX SITO
www.marcobava.tk e' infetto se volete un buon antivirus
gratuito:
Marco Bava ABELE: pennarello di DIO,
abele, perseverante autodidatta con coraggio e fantasia , decisionista
responsabile.
Sono quello che voi pensate io sia
(20.11.13) per questo mi ostacolate.(08.11.16)
La giustizia non esiste se mi mettessero
sotto sulle strisce pedonali, mi condannerebbero a pagare i danni
all'auto.
(12.02.16)
TO.05.03.09
IL DISEGNO DI DIO A VOLTE SI RIVELA
SOLO IN ALCUNI PUNTI. STA' ALLA FEDE CONGIUNGERLI
PADRE NOSTRO CHE SEI NEI CIELI
SIA SANTIFICATO IL TUO NOME VENGA IL TUO REGNO, SIA FATTA LA TUA VOLONTÀ
COME IN CIELO COSI IN TERRA , DAMMI OGGI IL PANE E LA ACQUA
QUOTIDIANI E LA POSSIBILITA' DI NON COMMETTERE ERRORI NEL CERCARE DI
REALIZZARE NEL MIGLIOR MONDO POSSIBILE IL TUO VOLERE, LA PACE NEL MONDO,
IL BENESSERE SOCIALE E LA COMUNIONE DI TUTTI I POPOLI. TU SEI GRANDE ED
IO NON SONO CHE L'ULTIMO DEI TUOI SERVI E FIGLI.
TU SEI GRANDE ED IO NON SONO CHE
L'ULTIMO DEI TUOI SERVI E DEI TUOI FIGLI .
SIGNORE IO NON CONOSCO I TUOI OBIETTIVI PER ME , FIDUCIOSO MI AFFIDO A
TE.
Difendo il BENE contro il MALE che nell'uomo rappresenta la variabile
"d" demonio per cui una decisione razionale puo' diventare irrazionale
per questa ragione (12.02.16)
Non prendo la vita di
punta faccio la volonta' di DIO ! (09.12.18)
La vita e' fatta da
cose che si devono fare, non si possono non fare, anche se non si
vorrebbero fare.(20.01.16)
Il mondo sta
diventando una camera a gas a causa dei popoli che la riempiono per
irresponsabilità politica (16.02.16)
I cervelli possono
viaggiare su un unico livello o contemporaneamente su plurilivelli e'
soggettivo. (19.02.17)
L'auto del futuro non
sara' molto diversa da quella del presente . Ci sono auto che
permarranno nel futuro con l'ennesima versione come : la PORSCHE 911, la
PANDA, la GOLF perche' soddisfano esigenze del mercato che permangono .
Per cui le auto cambieranno sotto la carrozzeria con motori ad idrogeno
, e materiali innovativi. Sara' un auto migliore in termini di
sicurezza, inquinamento , confort ma la forma non cambierà molto.
INFATTI la Modulo di Pininfarina la Scarabeo o la Sibilo di Bertone
possono essere confrontate con i prototipi del prossimo
salone.(18.06.17)
La siccità e le
alluvioni dimostrano l'esistenza di Dio nei confronti di uomini che
invece che utilizzare risorse per cercare inutilmente nuovi
pianeti dove Dio non ha certo replicato l'esperienza negativa dell'uomo,
dovrebbero curare l'unico pianeta che hanno a disposizione ed in cui
rischiano di estinguersi . (31.10.!7)
L'Italia e' una
Repubblica fondata sul calcio di cui la Juve e' il maggiore esponente
con tutta la sua violenta prevaricazione (05.11.17)
La prepotenza della
FIAT non ha limiti . (05.11.17)
I mussulmani ci
comanderanno senza darci spiegazioni ne' liberta'.(09.11.17)
In Italia mancano i
controlli sostanziali . (09.11.17)
Gli alimenti per
animali sono senza controllo, probabilmente dannosi, vengono
utilizzati dai proprietari per comodita', come se l'animale fosse un
oggetto a cui dedicare il tempo che si vuole, quando si vuole senza
alcun rispetto ai loro veri bisogni alimentari. (20.11.17)
Ho conosciuto
l'avv.Guido Rossi e credo che la stampa degli editori suoi clienti lo
abbia mitizzato ingiustificatamente . (20.11.17)
L'elicottero di Jaky
e' targato I-TAIF. (20.11.17)
La Coop ha le
agevolazioni di una cooperativa senza esserlo di fatto in quanto quando
come socio ho partecipato alle assemblee per criticare il basso tasso
d'interesse dato ai soci sono stato o picchiato o imbavagliato.
(20.11.17)
Sono 40 anni che :
1 ) vedo bilanci
diversi da quelli che vedo insegnati a scuola, fusioni e scissioni
diverse da quelle che vengono richieste in un esame e mi vengono a dire
che l'esame di stato da dottore commercilaista e' una cosa seria ?
2) faccio esposti e
solo quello sul falso in bilancio della Fiat presentato da Borghezio al
Parlamento sia andato avanti ?
(21.11.17)
La Fornero ha firmato
una riforma preparata da altri (MONTI-Europa sono i mandanti) (21.11.17)
Si puo' cambiare il
modo di produrre non le fasi di produzione. (21.11,17)
La FIAT-FERRARI-EXOR
si sono spostate in Olanda perche' i suoi amministratori abbiano i loro
compensi direttamente all'estero . In particolare Marchionne ha la
residenza fiscale in Sw (21.11.17)
La prova che e' il
femore che si rompe prima della caduta e' che con altre cadute non si
sono rotte ossa, (21.11.17)
Carlo DE BENEDETTI un
grande finanziere che ha fallito come industriale in quanto nel 1993
aveva il SURFACE con il nome QUADERNO , con Passera non l'ha saputo
produrre , ne' vendere ne' capire , ma siluro' i suoi creatori
CARENA-FIGINI. (21.11.17)
Quando si dira' basta
anche alle bufale finanziarie ? (21.11.17)
Per i consiglieri
indipendenti l'indipendenza e' un premio per tutti gli altri e' un costo
(11.12.17)
La maturita' del
mercato finanziario e' inversamente proporzionale alla sottoscrizione
dei bitcoin (18/12/17)
Chi risponde
civilmente e penalmente se un'auto o un robot impazziscono ? (18/12/17)
Non e' la FIAT
filogovernativa, ma sono i governi che sono filofiat consententogli di
non pagare la exit-tax .(08.02.18) inoltre la FIAT secondo me ha fatto
più danni all'ITALIA che benefici distruggendo la concorrenza della
LANCIA , della Ferrari, che non ha mai capito , e della BUGATTI
(13.02.18).
Infatti quando si
comincia con il raddoppio del capitale senza capitale si finisce nella
scissione
Tesi si laurea
sull'assoluzione del sen.Giovanni Agnelli nel 1912 dal reato di
agiotaggio : come Giovanni Agnelli da segretario della Fiat ne e'
diventato il padrone :
Prima di educare i
figli occorre educare i genitori (13.03.18)
Che senso ha credere
in un profeta come Maometto che e'un profeta quando e' esistito
Gesu' che e' il figlio di DIO come provato per ragioni storiche da
almeno 4 testi che sono gli evangelisti ? Infatti i mussulmani
declassano Gesu' da figlio di DIO a profeta perché riconoscono
implicitamente l'assurdità' di credere in un profeta rispetto al figlio
di DIO. E tutti gli usi mussulmani rappresentano una palese
involuzione sociale basata sulla prevaricazione per esempio sulle donne
(19.03/18)
Il valore aggiunto per
i consulenti finanziari e' solo per loro (23.03.18)
I medici lavorerebbero
gratis ? quante operazioni non sono state fatte a chi non aveva i soldi
per pagarle ? (26.03.18 )
lo sfregio delle auto
di stato ibride con il motore acceso, deve finire con il loro passaggio
alla polizia con i loro autisti (19.03.18)
Se non si tassa il
lavoro dei robot e' per la mancata autonomia in termini di liberta' di
scelta e movimento e responsabilita' penale personale . Per cui le auto
a guida autonoma diventano auto-killer. (26.04.18)
Quanto poco conti
l'istruzione per l'Italia e' dimostrato dalla scelta DEI MINISTRI
GELMINI FEDELI sono esempi drammatici anche se valorizzati dalla
FONDAZIONE AGNELLI. (26.04.18) (27.08.18).
Credo che la lotta
alla corruzione rappresenti sempre di piu' un fattore di coesione
internazionale perche' anche i poteri forti si sono stufati di pagare
tangenti (27/04/2018).
Non riusciamo neppure
piu' a produrre la frutta ad alto valore aggiunto come i
mirtilli....(27/04/2018)
Abbiamo un capitalismo
sempre piu' egoista fatto da managers che pensano solo ad arraffare
soldi pensando che il successo sia solo merito loro invece che di Dio e
degli operai (27.04.18)
Le imprese dell'acqua
e delle telecomunicazioni scaricano le loro inefficienze sull'utente
(29.05.18)
Nel 2004 Umberto
Agnelli, come presidente della FIAT, chiese a Boschetti come
amministratore delegato della FIAT AUTO di affidarmi lo sviluppo della
nuova Stilo a cui chiesi di affiancare lo sviluppo anche del marchio
ABARTH , 500 , A112, 127 . Chiesi a Montezemolo , come presidente
Ferrari se mi lasciava utilizzare il prototipo di Giugiaro della Kubang
che avrebbe dovuto essere costruito con ALFA ROMEO per realizzare
la nuova Stilo . Mi disse di si perche' non aveva i soldi per
svilupparlo. Ma Morchio, amministratore delegato della FIAT, disse che
non era accettabile che uno della Telecom si occupasse di auto in Fiat
perche' non ce ne era bisogno. Peccato che la FIAT aveva fatto il 128
che si incendiava perche' gli ingegneri FIAT non avevano previsto una
fascetta che stringesse il tubo della benzina all'ugello del
carburatore. Infatti pochi mesi dopo MORCHIO venne licenziato da
Gabetti ed al suo posto arrivo' Marchionne a cui rifeci la proposta. Mi
disse di aspettare una risposta entro 1 mese. Sono passati 14 anni ma
nessuna risposta mi e' mai stata data da Marchionne, nel frattempo la
Fiat-Lancia sono morte definitivamente il 01.06.18, e la Nissan Qashai
venne presentata nel 2006 e rilancia la Nissan. Infatti dal 2004 ad oggi
RENAULT-NISSAN sono diventati i primi produttori al mondo. FIAT-FCA NO !
Grazie a Marchionnne nonostante abbia copiato il suo piano industriale
dal mio libro . Le auto Fiat dell'era CANTARELLA bruciavano le teste per
raffredamento insufficente. Quella dell'era Marchionne hanno bruciato la
Fiat. Il risultato del lavoro di MARCHIONNE e' la trasformazione del
prodotto auto in prodotto finanziario, per cui le auto sono diventate
tutte uguali e standardizzate. Ho trovato e trovo , NEI MIEI CONFRONTI,
molta PREPOTENZA cattiveria ed incompetenza in FIAT. (19.12.18)
La differenza fra
ROMITI MARCHIONNE e' che se uno la pensava diversamente da loro Romiti
lo ascoltava, Marchionne lo cacciava anche se gli avesse detto che
aumentando la pressione dei pneumatici si sarebbero ridotti i consumi.
FATTI NON PAROLE E
FUMO BORSISTICO ! ALFA ROMEO 166 un successo nonostante i pochi mezzi
utilizzati ma una richiesta mia precisa e condivisa da FIAT : GUIDA
DIRETTA. Che Marchionne non ha apprezzato come un attila che ha
distrutto la storia automoblistica italiana su mandato di GIANLUIGI
GABETTI (04.06.18).
Piero ANGELA : un
disinformatore scientifico moderno in buona fede su auto
elettrica. auto killer ed inceneritore (29.07.18)
Puoi anche prendere il
potere ma se non lo sai gestire lo perdi come se non lo avessi mai avuto
(01.08.18)
Ho provato la BMW i8
ed ho capito che la Ferrari e le sue concorrenti sono obsolete !
(20.08.18)
LA Philip Morris ha
molti clienti e soci morti tra cui Marchionne che il 9 maggio scorso,
aveva comprato un pacchetto di azioni per una spesa di 180mila dollari.
Briciole, per uno dei manager più ricchi dell’industria automotive (ha
un patrimonio stimato tra i 6-700 milioni di franchi svizzeri, cifra che
lo fa rientrare tra i 300 elvetici più benestanti).E’ stato, però, anche
l’ultimo “filing” depositato dal manager alla Sec, sul cui sito da
sabato pomeriggio è impossible accedere al profilo del manager
italo-canadese e a tutte le sue operazioni finanziarie rilevanti. Ed era
anche un socio: 67mila azioni detenute per un investimento di 5,67
milioni di dollari (alla chiusura di Wall Street di venerdì 20 luglio
2018 ). E PROSSIMAMENTE un'uomo Philip Morris uccidera' anche la
FERRARI . (20.08.18) (25.08.18)
Prodi e' il peccato
originale dell'economia italiana dal 1987 (regalo dell'ALFA ROMEO alla
FIAT) ad oggi (25.08.18)
L'indipendenza della
Magistratura e' un concetto teorico contraddetto dalle correnti anche
politiche espresse nelle lottizzazioni delle associazioni magistrati che
potrebbe influenzarne i comportamenti. (27.08.18)
Ho sempre vissuto solo
con oppositori irresponsabili privi di osservazioni costruttive ed
oggettive. (28.08.18)
Buono e cattivo fuori
dalla scuola hanno un significato diverso e molto piu' grave perche' un
uomo cattivo o buono possono fare il bene o il male con consaprvolezza
che i bambini non hanno (20.10.18)
Ma la TAV serve ai
cittadini che la dovrebbero usare o a chi la costruisce con i nostri
soldi ? PERCHE' ?
Un ruolo presidenziale
divergente da quello di governo potrebbe porre le premesse per una
Repubblica Presidenziale (11.11.2018)
La storia occorre
vederla nella sua interezza la marcia dei 40.000 della Fiat come e'
finita ? Con 40.000 licenziamenti e la Fiat in Olanda ! (19.11.18)
I SITAV dopo la marcia
a Torino faranno quella su ROMA con costi doppi rispetto a quella
francese sullo stesso percorso ? (09.12.18)
La storia politica di
Fassino e' fatta dall'invito al voto positivo per la raduzione dei
diritti dei lavoratori di Mirafiori. Si e' visto il risultato della
lungimiranza di Fassino , (18.12.18)
Perche' sono
investimenti usare risorse per spostare le pietre e rimetterle a posto
per giustificare i salari e non lo sono il reddito di cittadinanza e
quota 100 per le pensioni ? perche' gli 80 euro a chi lavora di Renzi
vanno bene ed i 780 euro di Di Maio a chi non lavora ed e' in pensione
non vanno bene ? (27.12.18)
Le auto si dividono in
auto mozzarella che scadono ed auto vino che invecchiando aumentano di
valore (28.12.18)
Fumare non e' un
diritto ma un atto contro la propria salute ed i doveri verso la propria
famiglia che dovrebbe avere come conseguenza la revoca dell'assistenza
sanitaria nazionale ad personam (29.12.18)
Questo mondo e troppo
cattivo per interessare altri esseri viventi (10.01.19)
Le ONG non hanno altro
da fare che il taxi del mare in associazione per deliquere degli
scafisti ? (11.02.19)
La giunta FASSINO era
inutile, quella APPENDINO e' dannosa (12.07.19)
Quello che l'Appendino
chiama freno a mano tirato e' la DEMOCRAZIA .(18.07.19)
La spesa pubblica
finanzia le tangenti e quella sullo spazio le spese militari
(19.07.19)
AMAZON e FACEBOOK di
fatto svolgono un controllo dei siti e forse delle persone per il
Governo Americano ?
(09.08.19)
LA GRANDE MORIA DI
STARTUP e causato dal mancato abbinamento con realta' solide (10.08.!9)
Il computer nella
progettazione automobilistica ha tolto la personalizzazione ed
innovazione. (17.08.19)
L' uomo deve gestire i
computer non viceversa, per aumentare le sue potenzialita' non
annullarle (18.08.19)
LA FIAT a Torino ha
fatto il babypaking a Mirafiori UNO DEI POSTI PIU' INQUINATI DI TORINO !
Non so se Jaky lo sappia , ma il suo isolamento non gli permette certo
di saperlo ! (13.09.19)
Non potro' mai essere
un buon politico perche' cerco di essere un passo avanti mentre il
politico deve stare un passo indietro rispetto al presente. (04.10.19)
L'arretratezza
produttiva dell'industria automobilistica e' dimostrata dal fatto che da
anni non hanno mai risolto la reversibilità dei comandi di guida a
dx.sx, che costa molto (09.10.19)
IL CSM tutela i
Magistrati dalla legge o dai cittadini visti i casi di Edoardo AGNELLI
e Davide Rossi ? (10.10.19).
Le notizie false
servono per fare sorgere il dubbio su quelle vere discreditandole
(12.10.19)
L'illusione startup
brucia liquidita' per progetti che hanno poco mercato. sottraendoli
all'occupazione ed illude gli investitori di trovare delle scorciatoie
al alto valore aggiunto (15.10.19)
Gli esseri umani
soffrono spesso e volentieri della sindrome del camionista: ti senti
piu' importante perche' sei in alto , ma prima o poi dovrai scendere e
cedere il posto ad altri perche' nessun posto rimane libero (18.10.19)
Non e' logico che
l'industria automobilistica invece di investire nelle propulsione ad
emissione 0 lo faccia sulle auto a guida autonoma che brucia posti di
lavoro. (22.10.19)
L'intelligenza
artificiale non esiste perche' non e' creativa ma applicativa quindi
rischia di essere uno strumento in mano ai dittatori, attraverso la
massificazione pilotata delle idee, che da la sensazione di poter
pensare ad una macchina al nostro posto per il bene nostro e per farci
diventare deficienti come molti percorsi dei navigatori (24.11.19)
Quando ci fanno
domande per sapere la nostra opinione di consumatori ma sono interessati
solo ai commenti positivi , fanno poco per migliorare (25.11.19)
La prova che la
qualità della vita sta peggiorando e' che una volta la cessione del 5^
si faceva per evitare i pignoramenti , oggi lo si fa per vivere
(27.11.19)
Per combattere
l'evasione fiscale basta aumentare l'assistenza nella pre-compilazione e
nel pagamento (29.11.19)
La famiglia e' come
una barca che quando sbaglia rotta porta a sbattere tutti quanti
(25.12.19)
Le tasse
sull'inquinamento verranno scaricate sui consumatori , ma a chi governa
e sa non importa (25.12.19)
Il calcio e l'oppio
dei popoli (25.12.19)
La religione nasce
come richiesta di aiuto da parte dei popoli , viene trasformata in un
tentativo di strumento di controllo dei popoli (03.01.20)
L'auto a guida
autonoma e' un diversivo per vendere auto vecchie ed inquinanoroti , ed
il mercato l'ha capito (03.01.20)ttadini
Il vero potere della
burocrazia e' quello di creare dei problemi ai cittadini anche se il
cittadino paga i dipendente pubblico per risolvere dei problemi non per
crearli. Se per denunciare questi problemi vai fuori dal coro deve
essere annientato. Per cui burocrazia=tangente (03.01.20)
Gli immigrati tengono
fortemente alla loro etnina a cui non rinunciano , piu' saranno forti le
etnie piu' queste divideranno l'Italia sovrastando gli italiani
imponendoci il modello africano . La mafia nigeriana e' solo un esempio.
(05.01.20)
La sinistra e la lotta
alla fame nel mondo sono chimere prima di tutto per chi ci deve credere
come ragione di vita (07.01.20)
Credo di avere la
risposta alla domanda cosa avrebbe fatto Eva se Adamo avesse detto di no
a mangiare la mela ? Si sarebbe arrabbiata. Anche oggi se non fai
quello che vogliono le donne si mettono contro cercando di danneggiarti.
(07.01.20)
Le sardine rappresenta
l'evoluzione del buonismo Democristiano e la sintesi fra Prodi e
Renzi, fuori fa ogni logica e senza una proposta concreta
(08.01.20)
Un cavallo di razza
corre spontaneamente e nessuno puo' fermarlo. (09.01.20)
PD e M5S 2 stampelle
non fanno neppure una gamba sana (22.01.20)
non riconoscere i propri errori significa
sbagliare per sempre (12.04.20)
la vera ricchezza dei ricchi sono i figli
dei poveri, una lotteria che pagano tutta la loro vita i figli ai
genitori che credono di non avere nulla da perdere ! (03.11.21)
GLI YESMEN SERVONO PER
CONSENTIRE IL MANTENIMENTO E LO SVILUPPO E L'OCCULTAMENTO DEGLI
INTERESSI OCCULTI DEL CAPITALISMO DISTRUTTIVO. (22.04.22)
DALL'INTOLLERANZA NASCE LA
GUERRA (30.06.22)
L'ITALIA E' TERRA DI
CONQUISTA PER LE BANDE INTERNE DEI PARTITI. (09.10.22)
La dimostrazione che non
esista più il nazismo e' dimostrato dalla reazione europea contro Puntin
che non ci fu subito contro Hitler (12.10.22)
Cara Meloni nulla giustifica
una alleanza con la Mafia di Berlusconi (26.10.22)
I politici che non
rappresentano nessuno a cosa servono ? (27.10.22)
Di chi sono Ambrosetti e
Mckinsey ? Chi e' stato formato da loro ed ora e' al potere in ITALIA ?
Lo spunto e' la vicenda Macron . Quanti Macron ci sono in Italia ? E chi
li controlla ? Mckinsey e' una P2 mondiale ?
Mb
Piero Angela ha valutato che
lo sbarco sulla LUNA ancora oggi non e' gestibile in sicurezza ?
(30.12.22)
Sopravvaluta sempre il tuo avversario , per poterlo
vincere .Mb 15.05.13
Torino 08.04.13
Il mio paese l'Italia non crede nella mia teoria
economica del valore che definisce
1) ogni prodotto come composto da energia e lavoro:
Il costo dell'energia può tendere a 0 attraverso il
fotovoltaico sui tetti. Per dare avvio la volano economico del
fotovoltaico basta detassare per almeno 20 anni l'investimento, la
produzione ed il consumo di energia fotovoltaica sui tetti.
2) liberalizzazione dei taxi
collettivi al costo di 1 euro per corsa in modo tale da dare un lavoro a
tutti quelli che hanno un 'auto da mantenere e non lo possono piu fare
per mancanza di un lavoro; ed inoltre dare un servizio a tutti i
cittadini.
3) tre sono gli obiettivi principali
della politica : istruzione, sanita', cultura.
4) per la sanità occorre un centro
acquisti nazionale ed abolizione giorni pre-ricovero.
LA VITA E' : PREGHIERA, LAVORO
E RISPARMIO.(02.02.10)
Se non hai via di uscita,
fermati..e dormici su.
E' PIU' DIFFICILE
SAPER PERDERE CHE VINCERE ....
Ciascun uomo vale in funzione
delle proprie idee... e degli stimoli che trova dentro di se...
Vorrei ricordare gli uomini
piu' per quello che hanno fatto che per quello che avrebbero potuto
fare !
LA VERA UMILTA' NON SI DICHIARA
MA SI DIMOSTRA, AD ESEMPIO CONTINUANDO A STUDIARE....ANCHE SE
PURTROPPO L'UNIVERSITÀ' E' FINE A SE STESSA.
PIU' I MEZZI SONO POVERI X
RAGGIUNGERE L'OBIETTIVO, PIU' E' CAPACE CHI LO RAGGIUNGE.
L'UNICO LIMITE AL PEGGIO E' LA
MORTE.
MEGLIO NON ILLUDERE CHE
DELUDERE.
L'ITALIA , PER COLPA DI
BERLUSCONI STA DIVENTANDO IL PAESE DEI BALOCCHI.
IL PIL CRESCE SE SI RIFA' 3
VOLTE LO STESSO TAPPETINO D'ASFALTO, MA DI FATTO SIAMO TUTTI PIU'
POVERI ALMENO 2 VOLTE.
LA COSTITUZIONE DEI DIRITTI
DELL'UOMO E QUELLA ITALIANA GARANTISCONO GIA' LA LIBERTA',
QUANDO TI DICONO L'OVVIETÀ' CHE SEI LIBERO DI SCEGLIERE
E' PERCHE' TI VOGLIONO IMPORRE LE LORO IDEE. (RIFLESSIONE DEL
10.05.09 ALLA LETTERA DEL CARDINALE POLETTO FATTA LEGGERE NELLE
CHIESE)
la vita eterna non puo' che
esistere in quanto quella terrena non e' che un continuo superamento
di prove finalizzate alla morte per la vita eterna.
SOLO ALLA FINE SI SA DOVE PORTA
VERAMENTE UNA STRADA.
QUANDO NON SI HANNO ARGOMENTI
CONCRETI SI PASSA AI LUOGHI COMUNI.
L'UOMO LA NOTTE CERCA DIO PER
AVERE LA SERENITA' NOTTURNA (22.11.09)
IL PRESENTE E' FIGLIO DEL
PASSATO E GENERA IL FUTURO.(24.12.09)
L'ESERCIZIO DEL POTERE E' PER
DEFINIZIONE ANDARE CONTRO NATURA (07.01.10)
L’AUTO ELETTRICA FA SOLO PERDERE TEMPO E DENARO PER
ARRIVARE ALL’AUTO AD IDROGENO (12.02.10)
BERLUSCONI FA LE PENTOLE MA NON I COPERCHI (17.03.10)
GESU' COME FU' TRADITO DA GIUDA , OGGI LO E' DAI
TUTTI I PEDOFILI (12.04.10)
IL DISASTRO
DELLA PIATTAFORMA PETROLIFERA USA COSA AVREBBE PROVOCATO SE FOSSE
STATA UNA CENTRALE ATOMICA ? (10.05.10)
Quante
testate nucleari da smantellare dovranno essere saranno utilizzate
per l'uranio delle future centrali nucleari italiane ?
I POTERI FORTI DELLE LAUREE HONORIS CAUSA SONO FORTI
PER CHI LI RICONOSCE COME TALI. SE NON LI SI RICONOSCE COME FORTI
SAREBBERO INESISTENTI.(15.05.10)
L'ostensione della Sacra Sindone non puo' essere ne'
temporanea in quanto la presenza di Gesu' non lo e' , ne' riservata
per i ricchi in quanto "e' piu' facile che in cammello passi per la
cruna di un ago ..."
sapere x capire (15.10.11)
la patrimoniale e' una 3^
tassazione (redditi, iva, patrimoniale) (16.10.11)
SE LE FORZE DELL'ORDINE
INTERVENISSERO DI PIU'PER CAUSE APPARENTEMENTE BANALI CI SAREBBE
MENO CONTENZIOSO: CHIAMATO IL 117 PER UN PROBLEMA BANALE MI HA
RISPOSTO : GLI FACCIA CAUSA ! (02.04.17)
GRAN PARTE DEI PROFESSORI
UNIVERSITARI SONO TRA LE MENTI PIU' FRAGILI ED ARROGANTI , NON
ACCETTANO IL CONFRONTO E SI SENTONO SPIAZZATI DIVENTANO ISTERICI (
DOPO INCONTRO CON MARIO DEAGLIO E PIETRO TERNA) (28.02.17)
Spesso chi compera auto FIAT lo
fa solo per gratificarsi con un'auto nuova, e basta (04.11.16)
Gli immigrati per protesta nei
centri di assistenza li bruciano e noi dobbiamo ricostruirglieli
affinché li redistruggono? (18.10.20)
Abbiamo più rispetto per le cose che per le persone .29.08.21
Le
ragioni per cui Caino ha ucciso Abele permangono nei conflitti
umani come le guerre(24.11.2022)
Quelli che vogliono l'intelligenza artificiale sanno che e' quella
delle risposte autmatiche telefoniche? (24.11.22)
L'ASSURDITÀ' DI QUESTO MONDO , E' LA
PROVA CHE LA NOSTRA VITA E' TEMPORANEA , OLTRE ALLA TESTIMONIANZA DI
GESU'. 15.06.09
DIO CON I PESI CI DA
ANCHE LA FORZA PER SOPPORTALI, ANCHE SE QUALCUNO VORREBBE FARMI FARE LA
FINE DI GIOVANNI IL BATTISTA (24.06.09)
IL BAVAGLIO della Fiat nei miei
confronti:
IN DATA ODIERNA HO
RICEVUTO: Nell'interesse di Fiat spa e delle Societa' del
gruppo, vengo informato che l'avv.Anfora sta monitorando con
attenzione questo sito. Secondo lo stesso sono contenuti in esso
cotenuti offensivi e diffamatori verso Fiat ed i suoi
amministratori. Fatte salve iniziative
autonome anche
davanti all'Autorita' giudiziaria, vengo diffidato dal
proseguire in tale attivita' illegale"
Ho aderito alla richiesta dell'avv.Anfora,
veicolata dal mio hosting, ricordando ad entrambi le mie
tutele costituzionali ex art.21 della Costituzione, per
tutelare le quali mi riservo iniziative
esclusive
dinnanzi alla Autorita' giudiziaria COMPETENTE.
Marco BAVA 10.06.09
TEMI SUL
TAVOLO IN QUESTO MOMENTO:
IL TRIBUNALE DI TORINO E LA CONSOB NON MI GARANTISCONO LA
TUTELA DEL'ART.47 DELLA COSTITUZIONE
Oggi si e' tenuta l'assemblea degli azionisti Seat tante bugie
dagli amministratori, i revisori ed il collegio sindacale, tanto per la
Consob ed il Tribunale di Torino i miei diritti come azionista di
minoranza non sono da salvaguardare e la digos mi puo' impedire il voto
come e quando vuole, basta leggere la sentenza
PERCHE' TORINO
HA PAURA DI CONOSCERE LA VERITA' SULLA MORTE DI EDOARDO AGNELLI ?
Il prof.Mario DE AGLIO alcuni anni fa scrisse un articolo
citando il "suicidio" di EDOARDO AGNELLI. Gli feci presente che
dai documenti ufficiali in mio possesso il suicidio sarebbe stato
incredibile offrendogli di esaminare tali documenti. Quando le feci lui
disconobbe in un modo nervoso ed ingiustificato : era l'intero fascicolo
delle indagini.
A Torino molti hanno avuto la stessa reazione senza
aver visto ciò che ha visto Mario DE AGLIO ma gli altri non parlano del
"suicidio" di Edoardo AGNELLI ma semplicemente della suo morte.
Mb
02.04.17
grazie a
Dio , non certo a Jaky, continua la ricerca della verità sull'omicidio
di Edoardo Agnelli , iniziata con i libri di Puppo e Bernardini, il
servizio de LA 7, e gli articoli di Visto, ora il Corriere e Rai 2 ,
infine OGGI e Spio , continuano un percorso che con l'aiuto di Dio
portera' prima di quanti molti pensino alla verita'. Mb -01.10.10
ANTONIO
PARISI -I MISTERI DEGLI AGNELLI - EDIT-ALIBERTI-
CRONACA
| giovedì 10 novembre 2011,
18:00
Continua la saga della famiglia ne "I misteri di Casa Agnelli".
Il
giornalista Antonio Parisi, esce con l'ultimo pamphlet sulla
famiglia più importante d'Italia, proponendo una serie di
curiosità ed informazioni inedite
Per
dieci anni è stato lasciato credere che su Edoardo Agnelli,
precipitato da un cavalcavia di ottanta metri, a Fossano,
sull'Autostrada Torino - Savona, fosse stata svolta una regolare
autopsia.
Anonime
“fonti investigative” tentarono in più occasioni di
screditare il giornalista Antonio Parisi che raccontava
un’altra versione. Eppure non era vero, perché nessuna autopsia
fu mai fatta.
Ora
Parisi, nostro collaboratore, tenta di ricostruire ciò che
accadde quel giorno in un’inchiesta tagliente e inquietante,
pubblicando nel libro “I Misteri di Casa Agnelli”, per la
prima volta documenti ufficiali, verbali e rapporti, ma anche
raccogliendo testimonianze preziose e che Panorama di questa
settimana presenta.
Perché
la verità è che sulla morte, ma anche sulla vita, dell’uomo
destinato a ereditare il più grande capitale industriale
italiano, si intrecciano ancora tanti misteri. Non gli unici
però che riguardano la famiglia Agnelli.
Passando dalla fondazione della Fiat, all’acquisizione
del quotidiano “La Stampa”, dalla scomparsa precoce dei
rampolli al suicidio in una clinica psichiatrica di Giorgio
Agnelli (fratello minore dell’Avvocato), dallo scandalo
di Lapo Elkann, fino alla lite giudiziaria tra gli eredi,
Antonio Parisi sviscera i retroscena di una dinastia che,
nel bene o nel male, ha dominato la scena del Novecento italiano
assai più di politici e governanti.
Il
volume edito per "I Tipi", di Aliberti Editore, presenta
sia nel testo che nelle vastissime note, una miniera di gustose
e di introvabili notizie sulla dinastia industriale più
importante d’Italia.
Mondo AGNELLI :
Cari amici,
Grazie mille per
vostro aiuto con la stesura di mio libro. Sono contenta che questa
storia di Fiat e Chrysler ha visto luce. Il libro e’ uscito la settimana
scorsa, in inglese. Intanto e’ disponibile a Milano nella librerie
Hoepli e EGEA; sto lavorando con la distribuzione per farlo andare in
piu’ librerie possibile. E sto ancora cercando la casa editrice in
Italia. Intanto vi invio dei link, spero per la gioia in particolare dei
torinesi (dov’e’ stato girato il video in You Tube. )
Un libro che riporta palesi falsita'
sulla morte di Edoardo Agnelli come quella su una foto inesistente con
Edoardo su un ponte fatta da non si sa chi recapitata da ignoto ad
ignoti. Se fosse esistita sarebbe stata nel fascicolo dell'inchiesta.
Intanto anche grazie a queste salsita' il prezzo del libro passa da 15 a
19 euro! www.marcobava.it
SE VUOI COMPERARE IL
LIBRO SUL SUICIDIO SOSPETTO DI EDOARDO AGNELLI A 10 euro manda email
all'editore (info@edizionikoine.it)
indicando che hai letto questo prezzo su questo sito , indicando il tuo
nome cognome indirizzo codice fiscale , il libro ti verrà inviato per
contrassegno che pagherai alla consegna.
NON
DIMENTICARE CHE:
Le informazioni
contenute in questo sito provengono
da fonti che MARCO BAVA ritiene affidabili. Ciononostante ogni lettore
deve
considerarsi responsabile per i rischi dei propri investimenti
e per l'uso che fa di queste di queste informazioni
QUESTO SITO non deve in nessun
caso essere letto
come fonte di specifici ed individualizzati consigli sulle
borse o sui mercati finanziari. Le nozioni e le opinioni qui
contenute in sono fornite come un servizio di
pura informazione.
Ognuno di voi puo' essere in grado di valutare quale
livello di
rischio sia personalmente piu' appropriato.
La
ringraziamo sinceramente per il
Suo interesse nei confronti di una produzione duramente colpita
dal recente terremoto, dalle stalle, ai caseifici fino ai magazzini
di stagionatura. Il sistema del Parmigiano Reggiano e del Grana
Padano sono stati fortemente danneggiati con circa un milione di forme
crollate a terra a seguito delle ripetute scosse che impediscono a breve
la ripresa dei lavori in condizioni di sicurezza. Questo determina di
conseguenza difficoltà nella distribuzione del prodotto “salvato”, che
va estratto dalle “scalere” accartocciate, verificato qualitativamente e
poi trasferito
in opportuni locali prima di poter essere posto in vendita. Abbiamo
perciò ritenuto opportuno mettere a disposizione nel sito
http://emergenze.coldiretti.it tutte le
informazioni aggiornate relative alla commercializzazione nelle diverse
regioni italiane anche attraverso la rete di vendita degli agricoltori
di Campagna Amica.
GRAZIE SPERANZA-DRAGHI I MISTER GREEN PASS:
«Siamo arrabbiati, perché circa due
settimane fa tutte le Regioni hanno consegnato ai ministri Orazio
Schillaci e Giancarlo Giorgetti un documento, un grido d'allarme per
ottenere un tavolo urgente di discussione, affinché nessuna Regione
in Italia possa andare incontro a contrazioni di spesa». Raffaele
Donini, da coordinatore degli assessori regionali alla sanità più
che da emiliano, esprime tutto il suo malcontento per un tavolo che
dovrebbe mettere più di una pezza sui malandatissimi conti regionali
ma che il governo non ha ancora apparecchiato. Anche se, sotto
traccia, come annuncia il titolare della Salute nell'intervista a La
Stampa, si sta lavorando per reperire le risorse necessarie ad
aumentare i posti letto negli ospedali, che ci vedono fanalino di
coda in Europa rispetto alla popolazione, oltre che ad incentivare i
medici in prima linea negli ospedali. Un po' andando a lavorare nei
residui attivi nei bilanci dei vari ministeri, un po' potendo fare
affidamento su una crescita che si prevede superiore alle attese, il
ministro dell'Economia Giorgetti si sarebbe infatti convinto che per
la sanità si può fare di più.
Ma stando al documento bipartisan votato all'unanimità sia dalle
Regioni di centrodestra sia da quelle di centrosinistra di soldi ne
servono tanti. Anche perché per alcune, come il Lazio, il rischio di
tornare al commissariamento, con tanto di piani di rientro, si sta
facendo sempre più concreto. E questo comporterebbe un'ulteriore
contrazione dell'offerta dei servizi. Di certo non aiuterebbe a
smaltire le liste di attesa che oggi discriminano chi non può
permettersi di aggirarle rivolgendosi al privato.
La situazione dei loro conti le Regioni l'hanno messa nero si bianco
due settimane fa. All'appello mancherebbero 5,2 miliardi, solo a
contare le spese sostenute per il Covid fino al 2021 non coperte
dallo Stato, che ammontano a 3,8 miliardi, più il miliardo e 400
milioni di caro energia, sempre per il 2021. Poi c'è da considerare
l'inflazione, che per il 2023 è prevista correre al 7% e «i costi
sostenuti sempre per il Covid nel 2022 non coperti a livello
centrale, che solo qui da noi in Emilia-Romagna ammontano a 400
milioni», mette in chiaro sempre Donini. Infine il cosiddetto pay
back. Lo sforamento di spesa per i dispositivi medici, cose che
vanno dalle garze alle Tac e alle risonanze, che sarebbe a carico
delle imprese, le quali però non vogliono pagare. Sono altri 2,2
miliardi per il periodo 2015-2018, più un altro miliardo e 800
milioni stimati per gli anni successivi. «Su questo abbiamo chiesto
a Giorgetti e Schillaci che se, come si percepisce, il governo verrà
incontro alle imprese produttrici mitigando l'impatto del pay back
sui loro bilanci, questo sconto non finisca però per gravare su
quelli regionali», puntualizza sempre il coordinatore degli
assessori.
Tra le richieste c'è poi quella di rivedere l'anacronistico tetto di
spesa per il personale, ancorato ai livelli del 2004, diminuiti
anche dell'1,4%. E per far fronte alle carenze in organico dei
medici si rilancia l'idea di utilizzare gli specializzandi già dal
terzo anno di scuola. «Se davvero il livello di finanziamento del
Ssn per i prossimi anni dovrà assestarsi al 6% del Pil, prospettiva
che le regioni chiedono che venga assolutamente scongiurata — si
legge nel documento -, occorrerà allora adoperare un linguaggio di
verità con i cittadini, affinché vengano ricalibrate al ribasso le
loro aspettative nei confronti del Ssn».
In pochi si illudono però che il governo possa aprire i cordoni
della borsa al punto da soddisfare le richieste. Per questo le
Regioni avanzano una proposta: «Che il relativo impatto economico
sia opportunamente sterilizzato ai fini della verifica
dell'equilibrio economico-finanziario». «Per evitare ricadute
pesantissime sull'offerta di servizi ai cittadini chiediamo che
questi importi non corrisposti vengano spalmati in un piano di
ammortamento almeno decennale e che non contribuiscano al calcolo
del deficit che porterebbe altrimenti al commissariamento di molte
Regioni», spiega ancora più chiaramente Donini.
Intanto Schillaci incassa il plauso dell'Ordine dei medici.
«Apprezziamo l'impegno manifestato dal ministro a rendere attrattivo
l'Ssn fermando l'emorragia di professionisti verso il privato,
l'estero e il prepensionamento», afferma il presidente Filippo
Anelli. Mentre i più scettici sindacati di categoria attendono che
dalle parole si passi ai fatti con il decretone omnibus della
sanità, che potrebbe veder luce da qui a due-tre settimane. Risorse
permettendo.
SPAGNA-ITALIA 1-0 : La missione che aspetta il premier
spagnolo Pedro Sanchez è tutta in salita, ma potrebbe rappresentare
un primo passo per delineare il perimetro in cui si muovno i
negoziati per la pace. Sanchez i recherà in visita a Pechino il 30 e
31 marzo su invito del presidente cinese Xi Jinping. «La prossima
settimana faremo una visita molto importante in Cina, avrò colloqui
con il presidente Xi Jinping» ed «è importante conoscere di prima
mano la sua posizione sulla pace in Ucraina e anche trasmettergli
che saranno gli ucraini a dover stabilire le condizioni» di colloqui
«e che bisogna preservare l'ordine internazionale e che uno dei
pilastri da rispettare è la sovranità», ha detto il premier spagnolo
al suo arrivo al Consiglio europeo a Bruxelles. La visita ufficiale
arriva dopo i colloqui a Mosca di Xi con Vladimir Putin e l'intesa
sul «piano di pace» cinese che presenta numerosi punti oscuri e
ambiguità. Sanchez (che a febbraio è stato a Kiev) e Xi parleranno
della possibilità di un cessate il fuoco in Ucraina. Per il ministro
degli Esteri spagnolo, José Manuel Albares, per la fine del
conflitto in Ucraina «non è necessario alcun piano», ma che la
Russia «ordini» il ritiro alle sue forze. Sanchez sarà il secondo
leader dell'Ue a visitare Pechino dall'inizio della pandemia nel
2020, dopo il cancelliere tedesco Olaf Scholz lo scorso novembre.
24.03.23
GRAZIE CONTE : Una truffa
«inimmaginabile», scrive il giudice disponendo dieci arresti. E non
solo per «la spregiudicatezza, la duratura propensione al delitto
come fonte di smodato arricchimento» e l'abnorme cifra di «UN
MILIARDO E MEZZO DI EURO», scritta nell'ordinanza in maiuscolo e
grassetto. È tutta la storia della più clamorosa truffa sui bonus
edilizi che oscilla tra Totò (il commercialista partenopeo con
studio al Vomero, cervello della banda, e la sua frase iconica «Capisciamme!»)
e Ocean Eleven: i finti lavori su immobili inesistenti, le finte
pratiche edilizie ad Aidussina, cittadina ceduta dall'Italia alla
Jugoslavia nel 1947, le fatture intestate ai morti.
L'indagine della Procura di Asti ha impedito che questa banda
multinazionale – testa italiana al Sud, braccia albanesi al Nord,
profitti occultati in Cina – riuscisse a monetizzare più dei 5
milioni già distribuiti. Il resto del bottino - 80 mila stringhe nei
cassetti fiscali - sarebbe stato succhiato prossimamente. Oltre alla
truffa, contestati associazione a delinquere, false fatture e
riciclaggio. Coinvolte una quarantina di persone e una settantina di
ditte.
Decisiva la tempestività dell'indagine. Meno di otto mesi dalla
prima segnalazione del Nucleo speciale entrate della Guardia di
finanza di Roma. Riguarda Dashnor Lushnjari, piccolo imprenditore
edile albanese che vive ad Asti. Evasore totale, non presenta
dichiarazioni dei redditi, nessun dipendente a dispetto di 2,3
milioni di euro per crediti da bonus edilizi, di cui 500 mila già
ceduti a Poste Italiane e monetizzati. Il credito nasce dalla
ristrutturazione di immobili ad Acqui Terme e Agrigento. Ma agli
uffici tecnici dei Comuni non risultano né gli immobili né i numeri
civici delle vie indicate nelle fatture.
Da Lushnjari, la Finanza annoda il filo della truffa. Che si
sviluppa in due fasi. La prima per fabbricare i crediti, con fatture
per lavori mai fatti in 18 mila immobili in circa 2800 Comuni di cui
384 soppressi o accorpati. La banda usava un elenco di epoca
fascista. Edilizia virtuale: neanche un chiodo piantato. Ma crediti
fiscali reali.
Seconda fase. Crediti ceduti a imprese e usati in compensazione con
il fisco, per esempio risparmiando i contributi dei dipendenti.
Oppure monetizzati scontandoli presso soggetti finanziari, all'85%
del valore, e distribuendo i proventi ai soggetti della truffa con
pagamenti a fronte di fatture false per servizi, parcelle, rimborsi
spese. Anche all'estero, su un conto corrente cinese. Seguirà
rogatoria, con speranze da danza della pioggia.
Dai manovali si risale a quelle che la Procura definisce «menti
raffinatissime». Il cervello è un commercialista napoletano, che
aveva accesso alle piattaforme fiscali di tutti i compari. Un
consulente fiscale albanese residente a Schio, in Veneto, è l'anello
di congiunzione con il secondo livello, gli imprenditori edili di
Asti che fabbricano le fatture false per i lavori fittizi. Nel terzo
girone prestanome, professionisti asseveratori dei crediti
(dovrebbero essere la garanzia anti truffe) e terzi cessionari,
ultimi beneficiari dei crediti.
In questo contesto, le intercettazioni non sono solo folclore.
Certo, c'è la geniale avvertenza telefonica di «non parlare al
telefono di queste cose». La paradossale minaccia «visto che mi hai
preso per il culo, domani mattina mi dichiaro colpevole, consegno
tutte le cose, spiego tutti i lavori sporchi che hai fatto, ho le
fatture falsificate, ci sono anche le Fiamme Gialle eh», ascoltata
in diretta dalle Fiamme Gialle e pronunciata da un complice che poi
si acquieta (ieri gli è stata sequestrata una Porsche). Lo stesso
che si lamentava di mancati pagamenti: «Io sono nella merda:
sbloccano, sbloccano, sbloccano, ho parlato con gli imprenditori che
conosco, tutti li hanno presi. Tu te li stai tenendo, stai facendo
il figo».
Ma ci sono anche i dettagli del sistema. Le tariffe dei riciclatori
di denaro, 1000 euro ogni 40 mila. Quelle per le teste di legno a
cui intestare società cartiere di fatture false: «Quant'è la cifra?
Sempre 100, 150 euro? E metti una cinquantina in più sopra!». I
conti correnti in Svizzera aperti da un prestanome tunisino «che
parla bene italiano» e poi fornisce «cinque o sei bancomat». Le
firme false sui contratti («Tu sei un artista»). La soluzione per
redigere un bilancio di «una società che non ha niente». «No, ha
tutte fatture "capisciamme", quello fattura a iosa».
Ferma la presunzione di non colpevolezza fino a sentenza definitiva,
le intercettazioni hanno dato conto in tempo reale dell'abilità e
agilità con cui la banda si muoveva «seguendo il contesto», compreso
il dibattito politico sulle modifiche normative. A fine 2022 gli
investigatori registrano un'accelerazione, privilegiando l'ecobonus.
Le 73 perquisizioni in otto regioni e diciotto province (documenti
contabili, computer, telefoni) e la richiesta di informazioni a 28
banche consentiranno di continuare le indagini.
IL VERO VOLTO DELL'AFRICA: Dai territori teatro degli scontri
tra ribelli dell'M23 ed esercito congolese (Rutshuru e Masisi) in un
mese sono fuggite 320 mila persone, facendo pressione su Goma. Ed
esacerbando una popolazione che soffre per il moltiplicarsi di
truppe, anche straniere, sul proprio territorio senza che ciò porti
alla pace. La situazione nell'est della Repubblica democratica del
Congo è esplosiva. Gli scontri tra ribelli ed esercito si allargano
senza trovare argini nella forza militare internazionale. Il paese è
sprofondato in una crisi umanitaria al buio, con 5 milioni di
sfollati, tra cui centinaia di migliaia di persone cacciate dalle
loro case nel Nord Kivu. L'Unione europea ha avviato un ponte aereo
verso il capoluogo del Nord Kivu, dove sono arrivati due aerei
carichi di 35 tonnellate di aiuti. A preoccupare le organizzazioni
umanitarie sono i residenti nelle aree remote della regione che non
ricevono alcun aiuto. Attorno Goma operano un centinaio di gruppi
armati e la situazione sconta l'intensificarsi delle ostilità da
parte dei ribelli dell'M23, che ricevono il sostegno militare e
logistico del vicino Ruanda. Un supporto che ha aperto una
pericolosa crisi diplomatica tra i due paesi. Il governo di Kinshasa
invoca un rafforzamento della missione di pace dell'Onu. L'azione di
peacekeeping è contestata, però dalla popolazione che ne stigmatizza
l'incapacità di far fronte all'insicurezza della regione. I caschi
blu operano qui da oltre vent'anni, ma non hanno, secondo gli
analisti, un impatto positivo su territori in balia dei ribelli.
Anche la Comunità degli Stati dell'Africa Orientale (Eac) ha
schierato senza successo nel Nord Kivu una forza militare di
stabilizzazione. Nella regione le truppe del Kenya e del Burundi
combattono i gruppi armati. In assenza di chiare regole di ingaggio,
però, viene garantita solo una funzione di presidio. I ribelli,
quindi, fanno quello che vogliono. Anche in questi giorni hanno
disatteso gli accordi per un cessate il fuoco e si dichiarano
indisponibili nell'immediato a negoziare tregue.
23.03.23
IL RISULTATO DELL'EREDITA' DI DONNA MARELLA:
Il gruppo Fiat alla conquista
dell’Africa. Che se vogliamo, a primo acchito non è una brutta
notizia. Dopo un lungo periodo di assenza, infatti, il marchio
italiano, che ha fatto in tempo a diventare prima Fca e oggi
Stellantis, tornerà a produrre e a vendere i suoi modelli in
Algeria.
Lo stabilimento sorgerà a Tafraoui, città della provincia di Oranom
e si occuperà di realizzare modelli Fiat per il mercato interno. Tra
qualche mese, alla fine del 2023, avremo la prima Fiat 500 e a
regime è prevista la produzione di 90.000 auto ogni anno e
l’occupazione di 2.000 persone. Il progetto di investimento da più
di 200 milioni punta sullo sbarco di sei modelli nelle
concessionarie algerine: si parte da Fiat 500 Hybrid, Fiat 500X,
Fiat Tipo e si arriva ai veicoli commerciali Doblò, Scudo e Ducato.
E prevede la nascita una rete capillare di vendita e post-vendita
che dovrebbe coprire 28 regioni amministrative della nazione nord
africana e aiutare il gruppo a raggiungere il risultato di un
milione di auto vendute nella regione nel Middle east e in Africa.
«La 500 Hybrid sarà la prima Fiat a essere costruita in Algeria,
seguita rapidamente dal Doblò e, tra qualche anno, sarà la volta di
un nuovissimo modello. Ma già oggi stiamo aprendo gli ordini per la
500 Hybrid, la Tipo e la 500X», spiega Olivier François Ceo di Fiat.
[…] «L’automotive in generale sta spostando verso i Paesi del Nord
Africa le produzioni a minor valor aggiunto... vedrà che questo non
sarà l’ultimo accordo con un Paese africano», spiega Gianluca Ficco,
responsabile del settore auto per i metalmeccanici della Uil.
[…] Solo la 500 X è prodotta a Melfi e quindi si può lamentare una
scelta che penalizza l’Italia. Ma già adesso la 500 Hybrid è
assemblata in Polonia, mentre il Doblò e la Tipo sono realizzati in
Turchia, quindi l’impatto diretto della campagna d’Africa sui siti
italiani è limitato. Ma c’è un però.
Il fatto che la conquista d’Africa inizi spostando la produzione dei
marchi Fiat nell’ex colonia transalpina è l’ulteriore dimostrazione
che la testa e quindi la convenienza di qualsiasi decisione targata
Stellantis parta dalla Francia.
[…] Basti vedere quello che succede a Termoli. Il sito dove era
stata annunciata in pompa magna la nascita della Gigafactory (la
produzione di batterie per l’auto elettrica) che avrebbe dovrebbe
rappresentare il passaggio plastico dal vecchio al nuovo mondo
dell’auto. Ecco, a oggi non sono ancora chiari i processo di
formazione del personale che comunque è destinato a ridursi - da
2.200 a 1.800 persone - mentre è chiaro che il progetto non sarà a
trazione italiana ma italo-franco-tedesca visto che farà da capofila
Acc, la joint venture fra Stellantis, Mercedes e Total.
A pochi poi è sfuggito che i risultati finanziari 2022 sono stati
più che positivi, al punto da convincere la casa automobilistica ad
assegnare un premio da due miliardi ai suoi dipendenti. Paese che
vai premio che trovi. Nel senso che non in tutti i siti produttivi
il bonus è uguale. I dipendenti italiani, infatti, riceveranno, in
due tranche a febbraio e ad aprile 2023, un premio medio di 1.879
euro. La cifra è composta dal 6% della retribuzione media lorda,
come lo scorso anno (1.429 euro), più 450 euro lordi del già
previsto bonus legato agli obiettivi di efficienza.
Ai francesi è andata decisamente meglio. Il premio, infatti, ammonta
a 4.300 euro, corrispondenti a 2,4 mesi di stipendio per i primi
livelli di retribuzione «nell'ambito dell'accordo di partecipazione
agli utili firmato dall’80% dei sindacati che rappresentano
Stellantis». [
UNA OCCASIONE PERSA : Nel silenzio
generale, e con una disinvoltura sorprendente, la baronessa Annabel
Goldie, viceministra della Difesa nel governo britannico, ha
candidamente comunicato, durante un'audizione minore della Camera
dei Lord, che il Regno Unito intende fornire all'Ucraina anche
munizioni anticarro contenenti uranio impoverito: «Oltre alla
concessione di uno squadrone di carri armati da combattimento
Challenger 2, forniremo munizioni tra cui proiettili perforanti che
contengono uranio impoverito. Tali proiettili sono molto efficaci
per sconfiggere i moderni carri armati e i veicoli corazzati». La
baronessa ha perorato la causa dei proiettili all'uranio rispondendo
a un'interrogazione presentata dall'ultranovantenne lord Hylton,
veterano dell'assemblea, aristocratico, ex soldato e filantropo
impegnato da tempo in iniziative di pace.
La notizia, passata quasi sotto silenzio in Occidente, ha suscitato
l'immediata reazione di Vladimir Putin, che ne ha parlato
immediatamente dopo l'incontro con Xi Jinping. Mosca aveva già detto
nelle scorse settimane che l'utilizzo di tali munizioni da parte
dell'Ucraina sarebbe stato considerato equivalente all'utilizzo di
una bomba nucleare sporca. Ieri Putin l'ha ribadito: «L'Occidente ha
deciso di combattere la Russia fino all'ultimo ucraino. Se
l'Occidente collettivo inizierà a usare armi con componenti
nucleari, la Russia sarà costretta a reagire». Il modo in cui
potrebbe reagire l'ha specificato il ministro della Difesa russo,
Sergei Shoigu, che ha detto che «ci sono sempre meno passi» per uno
scontro nucleare. Immediata è arrivata anche la replica della
portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, che ha
accusato il governo britannico di voler creare uno «scenario
jugoslavo» riferendosi all'uso dell'uranio impoverito nella guerra
in Bosnia ed Erzegovina, e in Kosovo: «È un po' ingenuo pensare che
queste armi causeranno vittime solo tra coloro contro i quali
vengono utilizzate. In Jugoslavia, i militari Nato, soprattutto
italiani, sono stati i primi a pagarne le conseguenze». Parole,
secondo il ministero della Difesa britannico, usate «deliberatamente
per creare disinformazione, che spiega che l'uranio è «un componente
standard» che è stato «inviato per decenni» e che «non ha nulla a
che fare con armi o capacità nucleari».
La poca tempestività della mossa inglese ha relegato nell'ombra il
tentativo di dialogo del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che
ieri ha invitato la Cina a un dialogo per la pace, mentre i suoi
alleati si sono concentrati sulla strategia militare. Il segretario
generale della Nato Jens Stoltenberg ieri chiedeva appunto che «il
2% del Pil alla difesa sia la soglia minima» in ogni Paese.
Gli Stati Uniti accelerano non solo sugli Abrams, ma anche sui
Patriot a Kiev. Lo riferisce una fonte del Pentagono, secondo cui
due sistemi di difesa missilistica Patriot, uno americano e l'altro
costruito in Germania, saranno dispiegati in Ucraina nelle prossime
settimane. Nel frattempo un gruppo di 65 soldati ucraini completerà
nei prossimi giorni il suo addestramento a Fort Skill, Oklahoma, e
poi sarà trasferito in Europa. L'amministrazione americana starebbe
preparando sanzioni contro la Cina che avrebbe fornito a Mosca droni
per un valore, secondo il New York Times, di dodici milioni di
dollari. Washington vorrebbe colpire quelle aziende cinesi che
stanno aiutando il presidente russo Vladimir Putin nella sua guerra
di invasione in Ucraina, vietando alle compagnie americane di
lavorare o di fornire componentistica a Pechino. Ma l'irritazione
della Cina per le accuse di Washington («Non abbiamo fornito armi né
a Mosca né a Kyiv») è poca cosa se paragonata alla sorpresa del
premier giapponese Fumio Kishida, arrivato ieri in Ucraina per un
incontro con Zelensky. Mentre Xi rafforzava l'asse con Putin, Tokyo
suggellava il posizionamento del Giappone al fianco di Kyiv e contro
Mosca, e in un colpo solo, sfidava simbolicamente la Cina, con cui i
ha rapporti sempre più tesi anche a livello militare. Kishida è
arrivato a Kyiv dopo i freschi successi diplomatici in Corea del
Sud, con il riavvio dei rapporti, e il rafforzamento della
partnership militare con l'India. Ora lo schiaffo in Ucraina, dove
ha firmato con il presidente Zelensky una dichiarazione congiunta
sulla partnership speciale globale fra i due Paesi. «Il documento
riflette i nostri valori, che intendiamo difendere assieme, e le
nostre aspirazioni, che dobbiamo realizzare. Abbiamo raggiunto i più
significativi rapporti in più di 30 anni, ma sono solo le fondamenta
di quanto possiamo ottenere in futuro», ha detto Zelensky che ieri
ha anche ribadito che la pace non significa un cessate il fuoco:
«Continuiamo tutti a combattere fianco a fianco. Per un obiettivo
comune: libereremo definitivamente il nostro Paese, libereremo la
nostra Ucraina fino all'ultima città, all'ultimo villaggio,
all'ultima casa».
BILL GATES HA PARLATO : In un triennio il Covid ha bruciato
«mille miliardi di dollari» e senza un piano mondiale di prevenzione
la prossima pandemia avrà effetti ancora peggiori. Sul New York
Times il fondatore di Microsoft, Bill Gates propone un «corpo di
vigili del fuoco» contro i virus ed esercitazioni per prevenire una
nuova emergenza sanitaria globale. «Immaginate che ci sia un piccolo
incendio nella vostra cucina. L'allarme antincendio scatta,
avvertendo tutti i vicini del pericolo. Qualcuno chiama il 911 -
spiega il filantropo-. Cercate di spegnere il fuoco da soli, magari
con un estintore sotto il lavello. Se non funziona, sapete come
evacuare in sicurezza. Quando arrivate fuori, un'autopompa sta già
arrivando. I pompieri usano l'idrante di fronte a casa vostra per
spegnere le fiamme prima che le abitazioni dei vostri vicini
prendano fuoco».
Ecco «dobbiamo prepararci a combattere le epidemie proprio come
facciamo con gli incendi. Se un rogo viene lasciato divampare senza
controllo, rappresenta una minaccia non solo per una casa, ma per
un'intera comunità. Lo stesso vale per le malattie infettive, ma su
scala molto più ampia. Come insegna il Covid, un'epidemia in una
città può diffondersi rapidamente in un intero Paese e poi in tutto
il mondo». Tre anni fa l'Oms ha proclamato la pandemia e,
«nonostante i numerosi avvertimenti», si è toccato il «culmine di un
fallimento collettivo». Ora Bill Gates teme che «stiamo commettendo
gli stessi errori: il mondo non fa abbastanza per prepararsi alla
prossima pandemia». Ma, avverte, «non è troppo tardi per impedire
che la storia si ripeta».
Il mondo ha bisogno di un «sistema ben finanziato che sia pronto a
scattare appena emerge il pericolo». Affrontare la sfida «non
dovrebbe dipendere dai volontari». E «abbiamo bisogno di un corpo di
professionisti in ogni Paese per controllare i focolai ovunque si
manifestino». Per avere successo le squadre di emergenza devono
basarsi sulle reti di esperti ed essere guidate dai capi delle
agenzie nazionali di salute pubblica». Nessun Paese da solo può
fermare la diffusione di una malattia e serve il coordinamento dei
più alti livelli di governo. Occorre esercitarsi per diversi tipi di
agenti patogeni. «Le malattie respiratorie umane sono una
preoccupazione enorme perché possono diventare globali in breve
tempo». Non sono però l'unica minaccia. «E se il prossimo agente
patogeno potenzialmente pandemico si diffondesse attraverso le
goccioline di superficie? O se si trasmettesse per via sessuale come
l'Hiv? E se fosse il risultato di bioterrorismo?», si interroga Bill
Gates. Ogni scenario «richiede una risposta diversa e solo i Corpi
di Emergenza possono aiutare il mondo ad affrontarli tutti». Dopo un
trilione di dollari di perdite e 7 milioni di vittime «non possiamo
farci cogliere di nuovo impreparati». L'umanità «deve agire adesso
per assicurarsi che il Covid-19 diventi l'ultima pandemia». Vanno
sostenuti, perciò, i principali esperti di salute perché la prossima
pandemia potrebbe scoppiare in qualunque angolo del pianeta. Quindi
dai Paesi più ricchi devono arrivare i fondi necessari per la
prevenzione.
L'Oms rimane «lo strumento migliore di cui disponiamo» per fermare
le epidemie, ma solo un Corpo di emergenza sanitaria globale può
garantire «un futuro senza pandemie». Bill Gates sollecita
investimenti in sicurezza prima che sia troppo tardi». Servono
strumenti per fermare la diffusione di un agente patogeno. Solo con
analisi su larga scala si possono identificare le potenziali
minacce. «E' fondamentale la sorveglianza ambientale, come i test
sulle acque reflue perché molti agenti patogeni si trovano nei
rifiuti umani. Appena un campione di acque reflue risulta positivo,
una squadra di risposta rapida deve intervenire nell'area colpita
per trovare le persone infette, istruendo la comunità su come
proteggersi».
Il miliardario filantropo preferirebbe spendere per i vaccini
piuttosto che viaggiare su Marte. «E' un miglior uso del denaro», si
contrappone a Elon Musk e Jeff Bezos. « Vaccinare contro il morbillo
salva vite». L'intelligenza artificiale può trasformare l'umanità,
consentendo scoperte in campo medico e scientifico. Il magnate è
sorpreso per essere diventato il volto delle teorie del complotto
durante una pandemia in cui si è invece prodigato per l'accesso alle
cure. «Le persone cercano un capro espiatorio per l'emergenza Covid,
ma i complotti sono una spiegazione troppo semplicistica. La
malevolenza è molto più facile da capire della biologia», osserva
Gates, che ha trascorso gran parte della sua vita da persona più
ricca del mondo e ha donato decine di miliardi di dollari a cause
filantropiche, spesso mirate alla salute globale, in particolare ai
bambini. Lasciata la prima linea dell'industria hi-tech divide il
suo tempo tra la lotta al cambiamento climatico e l'eradicazione
della malnutrizione e di malattie come la poliomielite e la malaria.
Ha profetizzato già nel 2015 una pandemia da milioni di morti. Ed è
finito nel mirino dei cospirazionisti già all'epoca dell'epidemia di
Ebola in Africa centrale. Per i vaccini e l'addestramento del
personale sanitario ha donato 150 milioni di dollari al programma di
vaccinazione Covax nei paesi a basso reddito. Al tempo stesso mette
in guardiadal pericolo di bioterrorismo. «Dobbiamo essere pronti a
fermare attacchi terroristici. Come reagirebbe il mondo se un
bioterrorista portasse il vaiolo in aeroporto?». On line dilagano le
fake news su collegamenti con laboratori in cui si manipolano virus
letali. In realtà Bill Gates aiuta a scongiurare disastri.
DISCRIMINANTE: Thomas, nove mesi fa, presso un istituto
professionale di Vinci, Firenze. Stefano, nel 2019 con 87 centesimi,
in un liceo scientifico di Gorla Minore, Varese. Silvia, scienze
umane a Milano: 100 centisimi. Era il 2015. I giovani affetti da
sindrome di Down che nel corso del tempo hanno ottenuto il diploma
in Italia sono molti, ma tra loro non ci sarà Nina, o almeno non in
giugno, come previsto dal suo anno di corso. Forse accadrà nel 2024.
Nel caso, sicuramente non sarà presso il liceo Sabin di Bologna, che
ha negato a questa 19enne la possibilità di tentare la prova
d'esame, portando lei e i suoi genitori a deciderne il ritiro e
mettersi alla ricerca di un nuovo istituto, commentando: «Tutte le
scuole del regno, ma non quella». «Nina è stata ammessa al Sabin in
un programma differenziato - spiega suo padre Alessandro Sorrentino,
musicista - e ci era stata lasciata aperta la possibilità di
cambiare tipologia in corso d'opera, passando a quella che viene
detta "per obiettivi minimi" e prevede l'ammissione alla maturità.
Abbiamo prodotto pareri favorevoli di parti terze, ma ci è stato
detto che per lei la prova sarebbe stata una fonte eccessiva di
stress».
Dal liceo che ha visto tra i suoi studenti l'attore Stefano Accorsi
e il cantante Cesare Cremonini, la preside, Rossella Fabbri, fa
sapere che «l'istituto si è limitato ad applicare ciò che dice la
legge». La dirigente non si esprime in termini specifici sul caso di
Nina, per rispettarne la privacy, ma «in generale - ricorda - è del
consiglio di classe la facoltà di cambiare il PEI (piano educativo
indivdualizzato), il quale decide in base a quanto crede sia meglio
per l'alunno, dopo averlo valutato con elementi di osservazione
personale e lo svolgimento delle verifiche».
Quando Alessandro e la madre di Nina, Francesca (insegnante), hanno
saputo che l'ostacolo era il presunto troppo stress, hanno pensato
che dalla scuola volessero indorare la pillola e semplicemente non
ritenessero la ragazza all'altezza. CoorDown (Associazione delle
Persone con Sindrome di Down), Ceps (Centro Emiliano Problemi
Sociali per la Trisomia 21), l'Università di Scienze della
Formazione di Bologna e la neuropsichiatra del Centro Operativo
Scuola Famiglia che la segue personalmente: queste sono le entità a
cui si sono rivolti per provare che non sono «una coppia di genitori
con il paraocchi, per cui la loro figlia è la migliore del mondo».
Tutti i soggetti citati hanno valutato i compiti di Nina in maniera
indipendente e l'hanno ritenuta idonea a fare l'esame: «Ciò
nonostante, il consiglio di classe ha detto no».
Nina è andata personalmente dai suoi professori a chiedere perché,
considerato anche che durante il Covid le era stato riconosciuto un
progresso notevole, perché aveva imparato in fretta a usare gli
strumenti della Dad e si era trovata meglio, per esempio, di sua
sorella minore Agata, che fa il liceo artistico. «Le risposte che ha
ricevuto sono state le più diverse - ricorda ancora il padre -, da
"lo stiamo facendo per il tuo bene" a "stai facendo il percorso
migliore per te"». Ciascuna, è risutata difficile da accettare, dato
che comunque Nina avrebbe affrontato la maturità in modo tutelato e,
soprattutto, non chiede favoritismi, ma semplicemente la chanche di
tentare con le sue forze, come qualsiasi altro maturando.
Ora, i suoi genitori hanno organizzato quella che definiscono una
«scuola diffusa». Alle abituali attività di danza, musica e disegno,
di cui è permeata la casa di artisti ed educatori in cui cresce (e
che ha praticato fin da bimba), affianca corsi analoghi a quelli che
farebbe se andasse ancora al liceo, offerti da professori amici che
sono venuti a conoscenza del suo caso. «Se non si fosse ritirata
entro il 15 marzo, le avrebbero riconosciuto automaticamente solo un
diploma privo validità legale. Come l'attestato di partecipazione a
una maratona non competitiva. Ma noi a lei vogliamo dare gli
strumenti per essere autonoma. Come farà a trovare lavoro, senza un
diploma? Alla scuola lo abbiamo pure detto: affrontare la maturità è
anche un modo per iniziarsi alle prove della vita, che per lei come
per tutti gli altri non saranno sempre tenere, quando sarà donna».
Nina, dal canto suo, è forte e determinata a trovare un altro liceo.
Solo, si intristisce un po' quando la mattina vede Agata andare a
scuola e lei non può.
LA BOMBA E' GIA' SCOPPIATA : Mentre la bomba a orologeria del
clima scandisce i secondi, e non più i minuti, non si trova ancora
alcuno stato nazionale né leader politico del pianeta disposto a
prendersi l'onere e l'onore di condurre una battaglia davvero
concreta per contrastare il cambiamento climatico e, in seconda
battuta, adattarsi agli effetti. Forse qualcuno a parole si dichiara
preoccupato, ma, nei fatti, abbiamo assistito a vertici
internazionali in cui all'inizio si paventa la catastrofe,
dipingendola a tinte che più fosche non si può e, alla fine, si
dispone che sì, la situazione è gravissima, ma cominceremo a fare
qualcosa dal 2040, se va bene, in poi, suggerendo misure sempre più
drastiche, ma sempre più lontane nel tempo.
E sì che i dati sono incontrovertibili, nonostante ancora qua è là
si oda il tragico borborigmo di alcuni cosiddetti scettici (in
realtà veri e propri negazionisti) che berciano che il clima è
sempre cambiato e che la siccità non dipende certo dalle attività
dei sapiens, ma dal sole più caldo o dai cicli di Milankovitch.
Sonore sciocchezze cui dà credito solo una certa informazione
ignorante, prezzolata o in malafede, mentre gli specialisti del
clima ribadiscono, nelle conclusioni del VI rapporto IPCC (Intergovernmental
Panel on Climate Change) appena uscite, che assistiamo a un
cambiamento climatico anomalo e accelerato rispetto al passato,
globale e dipendente dalle attività produttive dell'umanità di ieri
e soprattutto di oggi. Varrà la pena qui di ricordare che l'IPCC è
composto praticamente da tutti gli specialisti del clima, che non
vengono retribuiti e che ruotano periodicamente al 60%, proprio per
evitare eventuali "rendite di interesse" scientifico, e che il
consenso sulle responsabilità dell'uomo nella comunità scientifica è
superiore al 97% negli ultimi cinque anni, tale che neanche la
relatività di Einstein registra così pochi "scettici". In
particolare gli esperti sostengono che la temperatura media globale
del pianeta è aumentata di 1,1°C rispetto all'era preindustriale
(1850-1900) e sta già avendo impatti diffusi e disastrosi che vanno
dalle mortifere ondate di calore, alla siccità, fino alle
inondazioni a carattere violento e imprevedibile e agli eventi
meteorologici estremi. Una cascata di eventi collegati che, se si
dovesse oltrepassare la soglia di 1,5°C entro la fine del secolo,
avrà effetti devastanti e irreversibili sull'ecosistema globale e
sulle generazioni future. Purtroppo i dati del Production Gap, cioè
della differenza fra lo scenario auspicato (+1,5°C) e quello
catastrofico (+ 2°C e oltre), elaborato in base agli investimenti
delle compagnie petrocarboniere, indicano che quello reale è già
quello catastrofico, cioè che se le corporation rispetteranno le
loro tabelle di marcia, la temperatura crescerà di circa 2,7°C.
Per questo nessuna battaglia contro il cambiamento climatico può
prescindere dalla cessazione di ogni forma di sussidio ai
petrocarbonieri (foraggiati, solo in Italia, con oltre due miliardi
di euro pubblici negli ultimi anni) e dall'impedire categoricamente
di estrarre più anche solo una goccia di petrolio, dovendo restare
sottoterra per sempre oltre i ¾ del carbone e la metà di petrolio e
gas, se si vuole restare nello scenario +1,5°C che gli stessi
governi del mondo si sono dati a Parigi nel 2015 e all'ultimo G20 di
Roma del 2022. Dunque una buona notizia ci sarebbe: invertire di
180° la rotta consentirebbe di restare nello scenario raccomandato
dagli scienziati. Ed è solo questione di volontà politica, non di
tecnologia. Basterebbe ridurre le emissioni climalteranti globali
del 43% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2019, attraverso il
cosiddetto phasing-out dei sussidi alle fonti fossili entro il 2030,
che può consentire una riduzione del 10% delle emissioni globali. E
con la decarbonizzazione del settore elettrico attraverso il phasing
out del carbone, entro il 2030 per i Paesi OCSE ed il 2040 a livello
globale; e del gas fossile entro il 2035 per i Paesi OCSE ed il 2040
a livello mondiale. Ma questo significherebbe abbandonare i motori
endotermici e abitare in case passive, esattamente ciò contro cui si
battono alcuni arretrati governi europei, che si illudono di poter
ancora fare economie con l'ambiente ridotto al tappeto.
Significherebbe avere una visione del mondo futuro libera dai
combustibili fossili, visione che oggi coltivano solo un uomo
vestito di bianco e una ragazza con le treccine.
CHIARA CHE PRIMA AGISCE E POI....La tragedia del 3 giugno
2017 in piazza San Carlo è «colpa degli uomini». Dei loro errori,
omissioni e del mancato coordinamento. Non ha dubbi il procuratore
generale Carlo Maria Pellicano che durante la requisitoria del
processo d'appello ha chiesto la conferma della condanna a 18 mesi
di reclusione per l'ex sindaca Chiara Appendino. «Colpa degli
uomini», afferma. E torna indietro nel tempo al 1755, al terremoto
di Lisbona. Spartiacque nella visione del mondo: «Per la prima volta
nella storia, le catastrofi non vengono più ascritte alla punizione
divina per i peccati umani» ma alle mancanze dell'uomo. Per dirla
con i termini di Rousseau, «alla miopia, alla cecità e alla
cupidigia».
Quella sera, sotto il maxi schermo che proiettava la finalissima di
Champions League Reale Madrid-Juventus, «una banda di criminali fece
un'azione scellerata», con spray al peperoncino e scatenò il panico
tra i tifosi per derubarli. «Innescò una sequenza di fatti che a
loro volta hanno disvelato azioni e omissioni» nell'organizzazione
dell'evento. E il quesito, per il pg, è tutto lì: «Questo male era
evitabile? Chi e come avrebbe dovuto farlo?».
Il rischio, dice il procuratore generale, «era enorme, prevedibile e
percepibile da chiunque». L'evento organizzato in fretta e furia,
meno di una settimana, con un budget quasi inesistente, in una
piazza che non era adatta, con un solo maxischermo, con delle
transenne che invece di proteggere trasformarono l'area in una
trappola. E ancora. Con i venditori abusivi che agivano indisturbati
e «un cimitero di bottiglie rotte sparse sul suolo». Tutte le lacune
«sono da attribuire alla macchina organizzativa nel suo complesso».
Il bilancio? Due morti e oltre 1600 feriti.
Ecco allora le richieste di condanna. Per la parlamentare
pentastellata, che da sindaca «prese scelte frettolose senza
considerare le criticità e disinteressandosi degli aspetti
organizzativi». Per l'allora capo di gabinetto Paolo Giordana, a cui
Appendino «delegò ogni cosa, compresa la valutazione del rischio». E
per chi era nella commissione di vigilanza. Come il vice prefetto
Roberto Dosio e il vigile del fuoco Franco Negroni, assolti in primo
grado: per loro è stata chiesta una condanna a 1 anno e 10 mesi.
Condanna anche per Paolo Lubbia, direttore dei servizi del Gabinetto
della sindaca e per l'allora vicecomandante della polizia municipale
Marco Sgarbi. L'accusa ha poi invitato la Corte a formulare pene più
miti per Maurizio Montagne, presidente di Turismo Torino, «mero
paravento del Comune» e per l'ex questore Angelo Sanna: «L'unico ad
avere consapevolezza dei rischi, ma non si è coordinato. Non ha
battuto i pugni». In sintesi, per quell'evento mancò il
coordinamento, la sicurezza «venne affidata al fato», si seguì la
filosofia del «tanto non capita nulla».
Il pg ha poi chiesto l'assoluzione per il dirigente di polizia
Alberto Bonzano, condannato in primo grado a 1 anno e 4 mesi e per
l'ex capo di gabinetto della questura Michele Mollo, condannato in
primo grado a 2 anni: «Non avevano alcun tipo di competenza sulla
questione vetro e sul panico non avrebbe potuto fare nulla. Hanno
fatto il possibile».
22.03.23
I NODI VENGONO AL PETTINE :
Ora abbiamo una «guida per la sopravvivenza». Se vogliamo salvare il
Pianeta dalle conseguenze peggiori dell'emergenza climatica dobbiamo
agire subito e con decisione. Tagliando le emissioni di gas serra ed
eliminando i combustibili fossili dalle nostre attività. «È vitale,
urgente e possibile»: si può riassumere così il bilancio del sesto
rapporto di sintesi dell'Ipcc, il Gruppo intergovernativo sul
cambiamento climatico delle Nazioni unite. L'organo più importante
per il contrasto del climate change, già premio Nobel per la Pace
nel 2007, ha presentato ieri il suo ultimo rapporto del decennio. «È
un allarme ma anche un messaggio di speranza», ha detto il
presidente dell'Ipcc Hoesung Lee. Questo rapporto diventa ora la
nuova Bibbia per chi dovrà prendere decisioni in ambito ambientale e
climatico: governi, enti internazionali, aziende.
I DATI SCIENTIFICI
Nell'ultimo anno l'Ipcc aveva già pubblicato le prime parti del
rapporto, basate sul lavoro di più di 300 scienziati e su più di
10.000 articoli scientifici. Il cambiamento climatico non solo è
«inequivocabile», ma è anche provocato dalle attività umane. L'uso
indiscriminato di combustibili fossili – petrolio, carbone, gas – ha
generato un effetto serra che ha già riscaldato il pianeta di 1,1°C
di più rispetto al periodo pre-industriale (prima della Rivoluzione
industriale di fine Settecento). La concentrazione di CO? nell'aria
è salita a 420 parti per milione, un valore mai registrato dalle
civiltà moderne. L'ultimo decennio è stato il più caldo degli ultimi
125.000 anni.
Emettiamo più di 50 miliardi di tonnellate di gas serra l'anno (CO?,
metano e altri gas climalteranti). Il 79% delle emissioni arriva dal
settore energetico, dall'industria, dai trasporti e dagli edifici.
Il 21% dall'agricoltura e dallo sfruttamento del suolo. Ma un'altra
classificazione è ancora più indicativa: il 10% più ricco del
Pianeta genera il 35-45% delle emissioni globali, mentre il 50% più
povero appena il 13-15%. Il cambiamento climatico non è solo figlio
dell'uso indiscriminato dei combustibili fossili ma anche delle
diseguaglianze sociali.
LE CONSEGUENZE GLOBALI
Le emissioni antropiche mettono a dura prova la resistenza naturale
del Pianeta e delle specie viventi. A partire dalla nostra:
costringe a insicurezza alimentare, migrazioni, stress idrici e
danni da eventi meteo estremi. E provoca ferite enormi alla
biodiversità. Più il pianeta si riscalda, più il futuro che ci
aspetta è complicato, instabile e imprevedibile. Gestire i rischi in
un mondo più caldo sarà sempre più difficile, e la natura stessa
fornirà molti meno aiuti, perché si attiveranno una serie di effetti
a catena difficili da fermare. Nonostante cresca l'attenzione per la
questione climatica, stiamo facendo troppo poco. Per l'Ipcc i piani
di mitigazione e adattamento non sono adeguati. Gli investimenti
sono ancora minori rispetto agli incentivi ai settori dell'energia
fossile.
LE STRATEGIE
Le conclusioni del Ipcc mostrano le possibili strategie di uscita,
che richiedono sforzi notevoli. Innanzitutto: bisogna mantenere in
vita l'obbiettivo +1,5°C. Il surriscaldamento globale medio deve
essere rimanere entro questa soglia così da evitare gli effetti
peggiori, come previsto dagli Accordi di Parigi. Abbiamo solo il 50%
di possibilità di riuscirci anche se implementassimo le attuali
promesse e gli obiettivi di riduzione annunciati dagli Stati negli
scorsi anni.
Per farlo dovremmo ridurre le emissioni di CO? del 48% entro il 2030
(rispetto al 2019), dell'80% entro il 2040 e del 99% per il 2050.
Per raggiungere questi target è necessario agire su più livelli,
spiega l'ente Onu. Eliminare le fonti fossili, incentivare e
accelerare la transizione verso fonti rinnovabili (il solare costa
oggi l'85% in meno rispetto a dieci anni fa, l'eolico il 55%).
Dovremmo anche gestire diversamente gli spazi verdi: riforestando e
proteggendo aree naturali sulla terra ferma e in mare. Ma non
basterà ancora: saranno necessarie anche le emissioni negative,
ovvero dovremmo trovare tecnologie o strumenti naturali per
assorbire più CO? di quella che produciamo. Gli impianti di cattura
e stoccaggio di anidride carbonica, però, sono ancora costosi e
tecnologicamente non avanzati: saranno necessari investimenti e
sviluppi industriali.
LA SPERANZA
L'Ipcc lascia, infine, la porta aperta alla speranza. «Se agiremo
con ambizione, otterremo risultati positivi anche per la salute, per
la sicurezza alimentare, per lo sviluppo». L'umanità sta affrontando
il problema insieme, e più si unirà dietro questa grande sfida più
avremmo successo. «Bisogna trasformare la procrastinazione climatica
in azione climatica».
La spinta delle persone va in questo senso e sta influenzando il
mercato e la politica. Abbiamo di fronte una sfida enorme, una delle
più grandi dell'umanità. Ma lo stiamo capendo e la stiamo
affrontando. Quando l'intera società – cittadini, aziende, Paesi –
volge lo sguardo nella stessa direzione è possibile fare in pochi
anni progressi che in altri momenti storici sembravano
irraggiungibili. L'evoluzione dell'essere umano è anche questa. Una
specie capace non solo di distruggere ma anche di rigenerare. —
INTANTO SI EMETTE PIU' GAS :Difficile non vederla la Golar
Tundra 292 metri di lunghezza, 43 di larghezza e 55 di altezza che
si stagliano nel porto di Piombino. È arrivata domenica quando era
notte, come i ladri, come chi ha qualcosa da vergognarsi. Con quella
stazza le manovre non sono uno scherzo, le hanno chiesto di
aspettare mezz'ora dall'uscita dell'ultimo traghetto per garantirle
spazio e libertà. Dopo le 23, trainata da quattro rimorchiatori, la
nave si è accostata alla banchina est dove resterà almeno tre anni.
Salvo cambiamenti.
La nave della libertà, l'ha definita ieri il presidente della
Regione Toscana Eugenio Giani accorso ad accoglierla all'arrivo e
tornato anche ieri pomeriggio. «Il mostro», risponde Mariacristina
Biagini del comitato Gazebo 8 giugno, sulle barricate fin dal primo
istante nelle proteste contro il rigassificatore della Snam che può
trattare 5 miliardi di metri cubi l'anno di gas.
«La nave affrancherà l'Italia dalla dipendenza energetica russa»,
insiste il presidente Giani che è anche commissario straordinario
del governo per il rigassificatore. «La partita è ancora sul tavolo
e la passerella del Commissario di questi giorni non è certamente
servita a rassicurare i cittadini», risponde il sindaco di Piombino
Francesco Ferrari.
I nemici della nave, infatti, non hanno alcuna intenzione di
arrendersi anche se la nave è ormai dentro il porto. «È una tigre di
carta, un guscio vuoto. Non può farci del male finché non avrà
completato l'iter autorizzativo, è lì non solo perché Snam si
prepara, ma perché il nostro Presidente deve fare la sua passerella
e minacciarci con la sua presenza. Non è neanche una nave italiana,
deve ancora essere nazionalizzata. E mi chiedo a tal proposito
perché la Marina scorti a nostre spese una nave straniera», commenta
Mariacristina Biagini. Una minaccia visiva, insomma. Un modo per
colpire le speranze di chi in questi mesi si era illuso.
Ieri in città era grande la delusione. Su alcuni balconi
sventolavano drappi colorati, su alcune bacheche dei social c'erano
dei segni di lutto. E alcuni rappresentanti dell'Usb hanno steso uno
striscione a pochi metri dalla nave. Ma nelle strade del centro i
simboli del no al rigassificatore che qualche mese fa spuntavano
dalle vetrine dei negozi apparivano invecchiati, scaduti.
«Ci hanno presi per i fondelli come sempre», sostiene Alessandro che
è passato dal porto a vedere che accadeva ed è andato subito via.
«Tante chiacchiere, ora ci tocca sopportare pure questa», sostiene
la signora Corinna mentre cammina lungo il corso Italia.
Alla manifestazione organizzata domenica erano in pochi, al massimo
una quarantina. Ad aver voglia di protestare sono sempre di meno. Ma
questo non vuol dire che la battaglia si sia conclusa. Anzi.
Ieri mattina, quando da poco più di otto ore la sagoma della Golar
Tundra si imponeva tra le banchine del porto, Mariacristina Biagini
e Alessandro Dervisci del comitato Liberi Insieme hanno varcato
l'ingresso del comune di Piombino. L'appuntamento con il sindaco era
già stato fissato da giorni ma è parso quanto mai tempestivo. Un
quarto d'ora di colloquio nell'ufficio del sindaco sono bastati a
confermare la voglia di andare avanti nella lotta. «Nonostante
quello che sostiene Snam, fin a venerdì non era ancora stato
presentato il piano definitivo della sicurezza, anche di questo
abbiamo discusso nell'incontro con il sindaco», racconta
Mariacristina Biagini. In assenza del piano, non può essere
rilasciata l'Aia, l'autorizzazione integrata ambientale e la nave
non può iniziare a rigassificare.
Ieri, infatti, Snam ha annunciato che a fine aprile saranno
realizzati gli ultimi test. «Entro la metà di maggio - ha precisato
Massimo Derchi, managing director di Snam Rete Gas - entreremo in
servizio commerciale».
Nei quattro serbatoi che si trovano al centro dello scafo potrà
contenere circa 170 mila metri cubi di gas naturale liquefatto per
volta. Il primo carico «per fare i test - ha aggiunto
l'amministratore delegato di Snam Fsru Italia, Elio Ruggeri -
arriverà a fine aprile. A breve sapremo chi si sarà aggiudicato la
capacità della Golar Tundra per i prossimi 20 anni».
Nel frattempo - come ricorda il sindaco Ferrari - «c'è ancora un
ricorso pendente al Tar». Se il Tribunale dovesse accoglierlo, «la
Golar Tundra dovrà disormeggiare e andarsene dalla città». Nemmeno
su questo c'è accordo. In quel caso - sostiene invece il presidente
Giani - «si apre un'altra procedura per rimediare a queste
illegittimità. Ma a quel tempo la nave sarà già in attività e quindi
andrà avanti finché non si individuano gli atti che rimediano a
queste ipotetiche illegittimità». Mentre l'Usb ha presentato una
diffida per chiedere comunque «lo stop a ogni attività fino a
pronunciamento definitivo del Tar del Lazio il 5 luglio» e comunque
«finché Snam non avrà soddisfatto tutte le prescrizioni relative
alla sicurezza dell'impianto e alla sua eventuale operatività». La
battaglia va avanti. —
21.03.23
Ora la verità su Bruno Caccia"
Quarant'anni fa la mafia uccideva il primo e unico magistrato al
Nord. A Torino, via Sommacampagna, 26 giugno 1983: un commando
armato spara a Bruno Caccia, procuratore capo della Repubblica di
Torino. Era davanti a casa con il suo cane. «Per il trentennale
della sua morte avevamo chiesto oltre alla memoria anche di dare una
svolta alla ricerca della verità che era ferma. In questi dieci anni
poco è cambiato», dice la figlia del magistrato, Paola Caccia.
«Allora, a parte l'organizzatore dell'omicidio, non sapevamo niente.
Siamo poi riusciti a far riaprire il processo sulla base del fatto
che nelle carte del primo processo c'erano tanti elementi non presi
in considerazione, però non è uscito molto di nuovo», prosegue.
Paola Caccia è una dei familiari di vittime di mafia che il 21 marzo
sarà a Milano, per la XXVIII Giornata della memoria e dell'impegno
per le vittime innocenti delle mafie, organizzata da Libera,
associazioni nomi e numeri contro le mafie. Per l'omicidio di Bruno
Caccia sono stati condannati in via definitiva Rocco Schirripa,
accusato di aver partecipato al delitto, e Domenico Belfiore come
mandante. Ma alla famiglia non basta: «Oramai ci interessa più che
altro la verità storica, passando il tempo non si riescono più ad
avere testimoni. Io però seguo tutti i processi per mafia, perché
vedo che sono tutti collegati uno con l'altro, a volte dei pezzetti
possono arrivare da lì» dice ancora Caccia. È avvenuto, ad esempio,
il contrario: come racconta l'avvocato Fabio Repici nel suo ultimo
libro, indagando sul caso di Caccia è stato riaperto il caso di
Cristina Mazzotti. «Siamo felici per questa ricaduta positiva sulla
verità di un altro caso», dice la figlia di Caccia, carica di
speranza che possa accadere anche l'inverso.
20.03.23
IL PONTE FRA SALVINI-VERDINI-BISIGNANI PER PORTARE I SOLDI ALLA
MAFIA ? Ci sarebbero di
nuovo cognati e suoceri eccellenti, in mezzo a questa storia di
nomine che vede al centro di un'ennesima contesa di governo Rfi,
l'azienda che controlla la rete ferroviaria italiana, parte del
Gruppo Fs. Fratelli d'Italia non vede di buon occhio la scelta che
ha in testa la Lega, perché gli uomini della premier Giorgia Meloni
sospettano che dietro la proposta di Matteo Salvini ci sia lo
zampino del padre della fidanzata Francesca, l'ex senatore
berlusconiano Denis Verdini, condannato in via definitiva a sei anni
e mezzo per bancarotta.
Ma andiamo con ordine. Anche se non fa parte della prima linea delle
aziende partecipate – Eni, Enel, Leonardo, Terna, Poste -, quelle
per intenderci che hanno un peso geostrategico e una diretta
responsabilità sulla sicurezza dell'Italia, Rfi è uno dei veicoli
principali per la messa a terra dei finanziamenti del Pnrr. Sono
poco meno di 25 miliardi di euro i soldi destinati dal piano europeo
alla costruzione della rete ferroviaria e dell'Alta velocità. E
basta questo dato per capire quanto il leader della Lega Salvini
tenesse a guidare il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti,
una volta sbarrata la strada del Viminale. Chi avrà in mano Rfi avrà
in mano gli appalti dei prossimi anni, in teoria quelli che entro il
2026 dovrebbero cambiare il volto all'Italia. E avrà anche la regia
della costruzione del Ponte sullo Stretto, opera simbolo per Salvini.
Il vicepremier vuole un uomo di fiducia. Ha fatto un nome, Roberto
Tomasi, attuale amministratore delegato di Autostrade per l'Italia,
a capo del colosso dopo la tragedia del Ponte Morandi. La
ricostruzione di Genova è considerata dai leghisti un modello che si
può e si deve replicare altrove. Ed è un ottimo biglietto da visita
per Tomasi, sponsorizzato dal viceministro genovese Edoardo Rixi e
da WeBuild, la società nata dalla ex Salini Impregilo, che ha
partecipato al rifacimento del ponte nel capoluogo ligure. Per FdI è
Salini a spingere per Tomasi, grazie ai consigli rivolti a Salvini
da Verdini e dal figlio Tommaso, che negli ultimi anni, attraverso
la sua società di consulenza, la Inver Srl, ha indirizzato gli
affari su aziende specializzate in lavori pubblici. Per dire, la
scorsa estate Verdini jr è risultato indagato per corruzione e
traffico di influenze, in un'inchiesta della procura di Roma sugli
appalti dell'Anas, società che gestisce le strade e che da sei anni
è parte del Gruppo Fs. Il rampollo di Denis, secondo i pm, si
sarebbe attivato con i politici e con il Tesoro per favorire la
carriera dei dirigenti amici in Anas. Nell'azionariato della società
che si occuperà del Ponte è previsto che il 51 per cento rimanga al
ministero dell'Economia, dove siede un altro leghista, Giancarlo
Giorgetti. Ma alla governance parteciperanno, assieme alle Regioni
Calabria e Sicilia, anche Anas e Rfi. Il decreto approvato tre
giorni fa con la formula salvo-intese, che è finito sotto la lente
del Quirinale, prevede, di fatto, il ritorno del general contractor
Eurolink, guidato da WeBuild, già Salini Impregilo. Chiaro che un
interlocutore già apprezzato come Tomasi faciliterebbe molto i
rapporti. Di sicuro è quello che pensano nella Lega e al ministero.
A questo punto bisogna solo attendere e capire se alla fine la
spunterà davvero lui. Perché, tra i diversi nomi che hanno ricevuto
i punteggi più alti dai cacciatori di teste ingaggiati dal Mef,
l'altro candidato forte alla guida di Rfi è Luigi Corradi, attuale
ad di Trenitalia, sostenuto dall'ad di Fs Luigi Ferraris, dal suo
braccio destro Massimo Bruno e da una vecchia conoscenza del potere
romano: il faccendiere Luigi Bisignani.
AGI -
In tutto 12 punti in cui la
Cina chiede il sostegno a colloqui tra Russia e Ucraina e il cessate
il fuoco, e ribadisce il no di Pechino all'uso di armi nucleari e
agli attacchi alle centrali nucleari. Il piano, pubblicato dal
ministero degli Esteri cinese nel primo anniversario dall'inizio
dell'invasione russa dell'Ucraina, mantiene le posizioni già
espresse dalla Cina rispetto al conflitto, e appare una summa del
pensiero cinese sulla guerra in corso.
Di seguito i 12 punti:
1. Rispettare la sovranità di tutti i paesi. Le leggi internazionali
riconosciute, compresi gli scopi e i principi della Carta delle
Nazioni Unite, dovrebbero essere rigorosamente osservate e la
sovranità, l'indipendenza e l'integrità territoriale di tutti i
paesi dovrebbero essere effettivamente garantite. Tutti i paesi sono
uguali indipendentemente dalle loro dimensioni, forza o ricchezza.
Tutte le parti dovrebbero sostenere congiuntamente le norme
fondamentali che regolano le relazioni internazionali e
salvaguardare l'equità e la giustizia internazionali. Il diritto
internazionale dovrebbe essere applicato in modo equo e uniforme e
non dovrebbero essere adottati doppi standard.
2. Abbandonare la mentalità della guerra fredda. La sicurezza di un
paese non può andare a scapito della sicurezza di altri paesi e la
sicurezza regionale non può essere garantita rafforzando o
addirittura espandendo i blocchi militari. I legittimi interessi e
le preoccupazioni di sicurezza di tutti i paesi dovrebbero essere
presi sul serio e adeguatamente affrontati. Problemi complessi non
hanno soluzioni semplici. Dovremmo aderire a un concetto di
sicurezza comune, globale, cooperativo e sostenibile, concentrarci
sulla stabilità a lungo termine del mondo, promuovere la costruzione
di un'architettura di sicurezza europea equilibrata, efficace e
sostenibile e opporci all'instaurazione della sicurezza nazionale su
la base dell'insicurezza di altri paesi e prevenire la formazione di
scontri di campo. Salvaguardare congiuntamente la pace e la
stabilità del continente eurasiatico.
3. Cessare il fuoco e smettere di combattere. Non ci sono vincitori
nelle guerre di conflitto. Tutte le parti dovrebbero mantenere
razionalità e moderazione, non aggiungere benzina sul fuoco, non
intensificare i conflitti, impedire che la crisi ucraina si aggravi
ulteriormente o addirittura vada fuori controllo, sostenere Russia e
Ucraina affinchè si incontrino, riprendere il dialogo diretto non
appena possibile, promuovere gradualmente l'allentamento e il
rilassamento della situazione e raggiungere infine un cessate il
fuoco globale.
4. Avviare colloqui di pace. Il dialogo e il negoziato sono l'unica
via d'uscita praticabile per risolvere la crisi ucraina. Tutti gli
sforzi per risolvere pacificamente la crisi dovrebbero essere
incoraggiati e sostenuti. La comunità internazionale dovrebbe
attenersi alla giusta direzione per persuadere la pace e promuovere
i colloqui, aiutare tutte le parti in conflitto ad aprire la porta a
una soluzione politica della crisi il prima possibile, e creare le
condizioni e fornire una piattaforma per la ripresa dei negoziati.
La Cina è disposta a continuare a svolgere un ruolo costruttivo in
questo senso.
5. Risolvere la crisi umanitaria. Tutte le misure che contribuiscono
ad alleviare le crisi umanitarie dovrebbero essere incoraggiate e
sostenute. Le azioni umanitarie devono rispettare i principi di
neutralità e imparzialità e impedire la politicizzazione delle
questioni umanitarie. Proteggere efficacemente la sicurezza dei
civili e stabilire corridoi umanitari per l'evacuazione dei civili
dalle zone di guerra. Aumentare l'assistenza umanitaria nelle aree
interessate, migliorare le condizioni umanitarie, fornire un accesso
umanitario rapido, sicuro e senza barriere e prevenire crisi
umanitarie su vasta scala. Sostenere il ruolo di coordinamento delle
Nazioni Unite nell'assistenza umanitaria alle aree di conflitto.
6. Protezione dei civili e dei prigionieri di guerra. Le parti in
conflitto dovrebbero rispettare rigorosamente il diritto umanitario
internazionale, astenersi dall'attaccare civili e strutture civili,
proteggere le donne, i bambini e le altre vittime del conflitto e
rispettare i diritti fondamentali dei prigionieri di guerra. La Cina
sostiene lo scambio di prigionieri di guerra tra Russia e Ucraina e
tutte le parti dovrebbero creare condizioni piu' favorevoli per
questo.
7. Mantenere la sicurezza delle centrali nucleari. Opporsi agli
attacchi armati contro impianti nucleari pacifici come le centrali
nucleari. Chiediamo a tutte le parti di rispettare le convenzioni
sulla sicurezza nucleare e altre leggi internazionali e di evitare
risolutamente incidenti nucleari provocati dall'uomo. Sostenere il
ruolo costruttivo dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica
nella promozione della sicurezza e della protezione degli impianti
nucleari pacifici.
8. Ridurre i rischi strategici. Le armi nucleari non possono essere
usate e la guerra nucleare non può essere combattuta. L'uso o la
minaccia di uso di armi nucleari dovrebbe essere contrastato.
Prevenire la proliferazione nucleare ed evitare una crisi nucleare.
Ci opponiamo allo sviluppo e all'uso di armi biologiche e chimiche
da parte di qualsiasi paese e in qualsiasi circostanza.
9. Garantire l'esportazione di grano. Tutte le parti dovrebbero
attuare l'accordo sul trasporto di cereali nel Mar Nero firmato da
Russia, Turchia, Ucraina e Nazioni Unite in modo equilibrato,
completo ed efficace e sostenere le Nazioni Unite affinchè svolgano
un ruolo importante in tal senso. L'iniziativa di cooperazione
internazionale per la sicurezza alimentare proposta dalla Cina
fornisce una soluzione fattibile alla crisi alimentare globale.
10. Stop alle sanzioni unilaterali. Le sanzioni unilaterali e le
pressioni estreme non solo non risolveranno i problemi, ma ne
creeranno di nuovi. Opporsi a qualsiasi sanzione unilaterale non
autorizzata dal Consiglio di Sicurezza. I paesi interessati
dovrebbero smettere di abusare delle sanzioni unilaterali e della
"giurisdizione a braccio lungo" contro altri paesi, svolgere un
ruolo nel raffreddare la crisi in Ucraina e creare le condizioni
affinchè i paesi in via di sviluppo sviluppino le loro economie e
migliorino i mezzi di sussistenza delle persone.
11. Garantire la stabilità delle filiere industriali e di
approvvigionamento. Tutte le parti dovrebbero seriamente
salvaguardare l'attuale sistema economico mondiale e opporsi alla
politicizzazione, alla strumentalizzazione e all'uso di armi
dell'economia mondiale. Mitigare congiuntamente gli effetti di
ricaduta della crisi e impedire che l'energia, la finanza, il
commercio di cereali, i trasporti e altre cooperazioni
internazionali vengano interrotte e danneggino la ripresa
dell'economia globale.
12. Promuovere la ricostruzione postbellica. La comunità
internazionale dovrebbe adottare misure per sostenere la
ricostruzione postbellica nelle aree di conflitto. La Cina è
disposta a fornire assistenza e svolgere un ruolo costruttivo in
questo senso.
19.03.23
XI CONSEGNERA' PUTIN AD USA ED EUROPA IN CAMBIO DI UN RUOLO DI
GARANTE DELLA PACE MONDIALE:
Il presidente della Federazione russa è entrato in un club
esclusivo, frequentato dai peggiori esempi criminali della Storia
contemporanea. Il suo nome è stato iscritto per sempre accanto a
quello del signore della guerra congolese Thomas Lubanga Dylio, che
amava trasformare i bambini in soldati, o a quello di Ali Kushayb,
comandante delle milizie Janjaweed, che in Darfur ordinava stupri,
omicidi di massa, atti inumani contro i civili. Nel club esclusivo
di cui Putin è entrato a far parte si possono incontrare i
responsabili di torture, stermini, deportazioni, mutilazioni,
riduzione in schiavitù, e un catalogo di atrocità di massa di una
violenza difficile da immaginare. Lo Zar diventato paria della
comunità occidentale è "solo" il terzo presidente in carica ad
essere oggetto di un mandato d'arresto della Corte penale
internazionale, dopo il sudanese Omar al-Bashir e il libico Muammar
Gheddafi.
A poco più di un anno dall'inizio delle indagini in Ucraina, il 17
marzo, la Camera preliminare della Corte penale internazionale ha
spiccato due mandati di arresto relativi alla guerra di aggressione
russa contro l'Ucraina per il presidente Vladimir Vladimirovich
Putin e per la commissaria Maria Alekseyevna Lvova-Belova. Il capo
d'accusa formulato dalla corte dell'Aja è, per ora, per la
deportazione forzata di bambini ucraini. Putin e la sua commissaria
per i diritti dei bambini, Maria Alekseyevna Lvova-Belova, sono
ritenuti responsabili del crimine di guerra di «deportazione
illegale di popolazione (bambini) e di trasferimento illegale di
popolazione (bambini) dalle zone occupate dell'Ucraina verso la
Federazione russa. I crimini sarebbero stati commessi nel territorio
occupato ucraino a partire almeno dal 24 febbraio 2022». Secondo
Kyiv parliamo di migliaia di deportazioni: «Potrebbero essere oltre
16.000», ha evidenziato il procuratore ucraino Kostin. E i casi
seguiti dal procuratore della Cpi Karim Khan «includono la
deportazione di almeno centinaia di bambini prelevati da orfanotrofi
e case di accoglienza».
Dopo il rapporto della Commissione di inchiesta dell' Onu, che
giovedì aveva di fatto confermato tutti i sospetti delle ong e dei
giornalisti sul campo, la Corte dell'Aja ha ritenuto di dover
accelerare i tempi per «contribuire a prevenire l'ulteriore
commissione di reati». «Il trasferimento di bambini ucraini in
Russia potrebbe essere considerato un crimine di guerra», aveva
concluso la Commissione che ha raccolto prove di «crimini di guerra
che includono uccisioni volontarie, attacchi a civili, reclusione
illegale, torture, stupri, trasferimenti forzati e deportazione di
bambini». I presunti crimini, tra cui la deportazione di bambini,
sono stati descritti in dettaglio. «Il corpus di prove raccolte
mostra che le autorità russe hanno commesso un'ampia gamma di
violazioni del diritto internazionale e del diritto internazionale
umanitario».
Ieri i giudici istruttori dell'Aja, tra cui l'italiano Rosario
Aitala, hanno valutato che vi fossero «ragionevoli motivi per
ritenere che ciascun sospettato sia responsabile del crimine di
guerra di deportazione illegale di popolazione e di trasferimento
illegale di popolazione dalle aree occupate dell'Ucraina alla
Federazione Russa, a danno dei bambini ucraini».
Da mesi centinaia di genitori ucraini denunciavano che gli invasori
avevano strappato loro i figli, portandoli in Russia assieme ai
bambini orfani dei territori occupati. Da anni, se si contano gli
appelli lanciati già dal 2014. In questo contesto appare ancora più
sinistro l'annuncio di Lvova-Belova, che solo poche settimane fa
aveva rivendicato trionfante l'adozione di una 15enne di Mariupol.
Lo schema di Mosca, che per mesi è stato derubricato da
propagandisti e complottisti a «psicosi anti-russa», consisteva in
norme che concedevano la cittadinanza russa ai minori e permettevano
il loro "inserimento" in famiglie adottive in modo da creare una
cornice nella quale i bambini sarebbero rimasti per sempre in
Russia. Anche i trasferimenti che avrebbero dovuto essere temporanei
sono diventati «prolungati» con una serie di ostacoli - burocratici,
finanziari, informativi - che impedivano di fatto ai genitori di
mantenere i contatti con i figli. Alla fine i bambini sparivano e
basta.
Il mandato di arresto della Corte penale internazionale contro
Vladimir Putin ha più che un valore simbolico: da oggi lo Zar non
potrà uscire dai confini russi senza rischiare di essere arrestato e
consegnato all'Aja. È ricercato nei 123 Paesi che hanno ratificato
lo Statuto, ma anche in quelli che non lo hanno fatto - ma hanno
votato la risoluzione di condanna all'Onu -, in base a una sorta di
"collaborazione diplomatica". Tra le nazioni firmatarie vi sono
tutte quelle europee, tutto il Sud America (compresi alleati di
Mosca come il Venezuela), ma anche Tajikistan, Afghanistan, Nigeria
e Repubblica Centrafricana. Putin, che paradossalmente potrebbe
recarsi a Kyiv ma non a Caracas, alleata storica di Mosca, potrà
però viaggiare senza pericoli in Cina, Iran, negli Usa e persino in
Ucraina, tutti Paesi che non hanno sottoscritto lo Statuto di Roma e
che, quindi, non riconoscono l'autorità della Cpi.
Resta da vedere come un ricercato per crimini di guerra verrà
accolto da leader che aspirano a ruoli di primo piano nello
scacchiere internazionale, come ad esempio, il presidente cinese Xi
che lunedì dovrebbe volare a Mosca.
18.03.23
JAKY E' STATO INCORONATO DALLA NONNA NON DAL NONNO.
LA STORIA DI GIANNI AGNELLI SENZA MONTEZEMOLO NON E' REALISTICA.
UN PONTE IMPOSSIBILE : Costi
elevati, poche possibilità di aumentare il traffico di persone e
merci per i ritardi dell'Alta Velocità, con Frecce di Trenitalia e
Leprotti di Italo fermi prima di Eboli. E poi fondali profondi,
correnti marine impetuose e rischio sismico. «Il Ponte si farà», va
ripetendo il ministro dei Trasporti Matteo Salvini. Ma le incognite
sulla più controversa opera ingegneristica italiana erano e restano
molte. Cominciando da quelle più importanti legate alla sicurezza.
Ora è vero che lo Stretto è zona rossa sismica, come innegabile è il
fatto che secondo i geologi le sponde di Sicilia e Calabria ogni
anno si allontanano di 4-10 millimetri. Altrettanto vero che
problemi simili sono stati già affrontati e risolti in altre parti
del mondo. Ma qui la sfida si fa più ardua per la lunghezza della
campata, ossia la parte sospesa del ponte: 3.300 metri contro i
1.900 di quello record sullo Stretto di Akashi.
E questo significa grandi altezze dei piloni, fino a 400 metri, come
ipotizza uno dei progetti. Da decenni si studia e dibatte su quale
sia la scelta migliore per collegare la Sicilia al Continente e sul
tavolo di Salvini, ci sono già gli studi di fattibilità con le due
soluzioni più accreditate: quelle del ponte a una sola campata
oppure a tre.
Entrambe per gli esperti presentano delle criticità. Quello sospeso
a campata unica di 3 chilometri di luce, con pilastri a terra di 300
metri, si dovrebbe per forza fare lontano sia da Messina che da
Reggio Calabria: perché bisogna realizzarlo nel punto meno esteso
dello stretto, che si trova al suo estremo nord. Sarebbe
scomodissimo per tutto il traffico locale, che continuerebbe ad
usare i traghetti perché più veloci.
Inoltre, presenta problemi sismici non trascurabili e, soprattutto,
essendo una struttura molto flessibile, in tutti i giorni di venti
forti, molto frequenti sullo Stretto, non sarebbe probabilmente
utilizzabile. Inoltre le abnormi fondazioni dei pilastri (i maggiori
del mondo, cubi di quasi cento metri di lato) presentano incertezze
sulle temperature che si generano in fase di presa del calcestruzzo,
con conseguenze non del tutto note sui risultati della presa stessa.
L'altra e più recente soluzione è quella di realizzare un ponte
sospeso, ma molto più lungo, che collegherebbe direttamente le due
maggiori città, e sarebbe a tre campate con due pilastri, meno
impegnativi dei precedenti, ma appoggiati in mare sulle pendici del
fondale dello Stretto. Questo però -secondo alcuni studi fin qui
eseguiti- genererebbe severissimi problemi statici, perché quelle
pendici non sembrano essere affatto geologicamente stabili.
Se l'ingegneria riuscirà a sciogliere questi nodi lo si vedrà. Ma
l'altro dilemma è chi e cosa dovrebbe transitare sul ponte una volta
realizzato. Partiamo dai numeri di oggi. Tra i porti di Messina,
Villa San Giovanni e Reggio Calabria, transitano ogni anno oltre
10milioni di passeggeri, sia a piedi che a bordo di circa un milione
e 800mila autovetture e 400mila mezzi pesanti. A questi, si
aggiungono più di 1,5 milioni di persone e 800mila tra mezzi pesanti
e auto sulle tratte Tremestieri-Villa San Giovanni-Reggio Calabria.
Per questi trasferimenti vengono effettuate circa 100mila corse tra
traghetti, navi ferroviarie e aliscafi.
Uno studio sulle ricadute in Sicilia, curato dalla regione con
l'Istituto Prometeia, calcola un costo di 6,54 miliardi di euro,
pari al 7,4% del Pil siciliano. La stima dei costi del ponte va
invece dai 4 ai 7,1 miliardi. Insomma dal punto di vista economico
non si andrebbe oltre il pari e patta. Anche se per Salvini il ponte
«creerebbe 150mila posti dilavoro». Non più di 17- 50 mila con
l'indotto, secondo vecchie stime del 2001.
Affinché il gioco valga la candela, dovrebbe aumentare il transito
di passeggeri e merci, portando i treni ad Alta Velocitàal di là
dello Stretto. Se parliamo di progetti, pur in fase avanzata, con i
binari adatti a sfrecciare a 300 all'ora si sarebbe già arrivati a
Praia, nord della Calabria. Ma il piatto piange perché il Pnrr
finanzia da qui al 2026 solo una trentina di chilometri di linea
veloce da Battipaglia a Romagnano. Buoni per velocizzare gli
spostamenti verso Potenza, non per rafforzare il traffico sullo
Stretto e dare un senso al mega investimento necessario a realizzare
il ponte. Che dal 1971 è già costato un miliardo di euro tra penali
e indennizzi. Bruxelles è pronta a finanziare la prima fase di
fattibilità, a fronte di «un progetto solido». Al resto dovremo
provvedere noi. Con che risorse non si sa.
IL RICATTO : Soldi, commesse, relazioni internazionali,
potere. Di tutte le aziende che partecipano al gran gioco delle
nomine di Stato - soprattutto tra le geostrategiche - la partita più
interessante da seguire è quella su Leonardo, ex Finmeccanica.
Perché l'esito non è così scontato, e perché si sta consumando una
lotta interna al governo tra la premier Giorgia Meloni e il ministro
della Difesa, Guido Crosetto, fondatori entrambi di Fratelli
d'Italia. Come ormai è noto, li divide il nome del possibile
amministratore delegato, colui che prenderà il posto di Alessandro
Profumo. Meloni lo ha garantito a Roberto Cingolani, scienziato, ex
ministro della Transizione ecologica durante il governo di Mario
Draghi, rimasto come consulente nell'attuale esecutivo di
centrodestra, con la promessa di finire proprio a guidare Leonardo.
La stessa promessa, però Crosetto l'ha fatta a Lorenzo Mariani, ex
capo del commerciale dell'azienda, un dirigente che conosce molto
bene la macchina, e sa quanto la dimensione dell'export sia
essenziale per tenere in salute il colosso.
Da quello che raccontano , si sarebbe arrivati a immaginare uno
schema a due al vertice. Una sorta di compromesso che prevederebbe
il ruolo di ad per Cingolani e quello comunque operativo di
direttore generale per Mariani. Una soluzione che al momento non
sarebbe così gradita al secondo. La sfida, comunque, è tra loro due,
anche se sullo sfondo ci sono altre due ipotesi. Una è quotata Lega
ma appare poco più che un tentativo: Gian Piero Cutillo,
responsabile della divisione elicotteri di Leonardo, la stessa dove
lavora Francesco Giorgetti, fratello di Giancarlo, numero due del
Carroccio e ministro dell'Economia. La seconda ipotesi è su un
manager, che torna spesso nel totonomi, anche se in questo caso
nella parte dell'outsider: Flavio Cattaneo, ex ad di Terna, oggi
vicepresidente esecutivo di Italo, con ottimi rapporti nel
centrodestra.
Leonardo ha più di quarantasettemila dipendenti sparsi in quindici
paesi ed è organizzata in sette divisioni di business: elicotteri,
velivoli, aerostrutture, sistemi avionici e spaziali, elettronica
per la difesa terrestre e navale, sistemi di difesa e per la
sicurezza e le informazioni. Inutile dire che di tutte le aziende a
partecipazione pubblica, è quella con i rapporti più intensi con gli
apparati di intelligence, e lo prova la presidenza di Luciano Carta,
ex capo dei Servizi segreti esterni. Oltre ad altre controllate
Leonardo partecipa a diverse joint venture: Drs Technologies,
Telespazio, Thales Alenia Space, Atr e Mbda. Quest'ultima è la
società che oggi guida Mariani, il candidato di Crosetto. Il
ministro ha legato con Mariani negli anni in cui il ministro guidava
l'Aiad, la federazione delle imprese per l'aerospazio e la difesa.
Il forte sostegno al manager nasce poi da una convinzione
strategica: benché Leonardo sia tuttora uno dei principali player
mondiali del settore e sia controllato al 30 per cento dal ministero
del Tesoro, Crosetto è convinto che l'azienda debba rafforzare le
sue alleanze internazionali e se possibile andare a nozze con
un'azienda cugina. E dunque quello di Mariani sarebbe il profilo
perfetto: Mbda è un consorzio europeo, leader nel continente nella
costruzione di missili, ed è partecipata dagli inglesi di BAE
Systems, da Airbus, da Leonardo (al 25 per cento), e negli anni ha
acquisito alcune società in Germania.
Meloni sostiene invece una soluzione strategica del tutto diversa.
Ha promesso la guida dell'azienda a Cingolani, oggi consulente del
governo a titolo gratuito. Il patto tra la premier e Cingolani
risale ai giorni dell'insediamento a Palazzo Chigi, quando gli
equilibri nella maggioranza costrinsero Meloni a nominare come
successore all'Ambiente una persona del tutto inesperta sulla
materia, Gilberto Pichetto Fratin. La presidente del Consiglio, a
dir poco preoccupata per le capacità del ministro forzista nel
gestire il complesso dossier energetico ereditato da Draghi per
superare la dipendenza dal gas russo, insistette con Cingolani
perché gli desse una mano. Cingolani accettò, al punto da mettere in
stand by una proposta di lavoro ricevuta dai giapponesi di Hitachi.
Da allora l'ex ministro, ex direttore della ricerca di Leonardo e
rientrato in azienda senza incarichi, attende che quell'impegno
venga mantenuto. Negli ultimi venti giorni lo ha ripetuto diverse
volte ad altri dirigenti della società: «Se così non sarà, accetterò
le proposte di lavoro che ho ricevuto». Proposte che lo
porterebbero, appunto, in Giappone.
Pur non essendo un esperto di difesa (Cingolani è un nanotecnologo,
fondatore dell'Istituto italiano di tecnologia) vorrebbe di fatto
proseguire il lavoro iniziato come capo della ricerca a Leonardo.
L'ex ministro è convinto che il comparto difesa dell'azienda cammini
sulle sue gambe, e che l'azienda dovrebbe semmai puntare sui
business più innovativi: la cybersecurity, le tecnologie derivanti
dall'intelligenza artificiale, la realizzazione di grandi
calcolatori e la tecnologia nucleare, un vecchio pallino del
ministro, che crede nello sviluppo dei piccoli reattori di quarta
generazione.
Il mondo militare e un pezzo di azienda legata alla storia dell'ex
Finmeccanica, osteggia la sua candidatura per questa ragione. Tant'è
che attraverso Gianni Letta - altro regista delle nomine, seduto due
giorni fa al tavolo di Palazzo Chigi assieme ai vicepremier Antonio
Tajani e Matteo Salvini - alcuni dirigenti hanno fatto pervenire una
richiesta a Meloni. Di pensarci bene: Cingolani è uno scienziato, ha
un ottimo curriculum, ma, per dirla con Crosetto, «non così adatto»
per il peso del business e le strategie internazionali di un'azienda
come Leonardo, proiettata a fare affari e stringere alleanze in un
mondo che la guerra in Ucraina ha stravolto. È evidente, spiegano
fonti della multinazionale, che Crosetto non può perdere questa
partita: vorrebbe dire non essere riuscito a dare garanzie a un uomo
di fiducia. Anche sul futuro presidente di Leonardo le incognite non
sono poche. Carta ha buone chance di rimanere dov'è, grazie anche ad
ottimi legami con la Lega. Molto però dipenderà dal destino di un
suo collega, Giuseppe Zafarana, Comandante generale della Guardia di
Finanza. Per lui sono ipotizzate due poltrone da presidente: a
Leonardo e a Poste. Una sorta di gratifica per il finale di
carriera. —
17.03.23
LE BANCHE NON VOGLIONO CAPIRE :
Per raccontare la storia di un disastro annunciato occorre partire
dai prati verdi di Wimbledon. È una calda domenica di luglio del
2021. Sul campo centrale si gioca una delle finali più belle degli
ultimi anni. Dopo un soffertissimo 6-7, Novak Djokovic piega Matteo
Berrettini in quattro set. Nei costosissimi spalti qualcuno scorge
un distinto signore portoghese. Si chiama Antonio Horta-Osorio, è
l'amministratore delegato di Credit Suisse. Ha raggiunto Londra su
un jet aziendale da settanta milioni di euro. In quei mesi per
entrare nel Regno Unito è in vigore una rigida quaratena, ma il
manager portoghese se ne infischia. Pochi mesi dopo, quando la
notizia si diffonde, è costretto alle dimissioni per recidiva. Sei
mesi prima era stato pizzicato e si era dovuto scusare per un caso
simile durante un viaggio in Spagna.
Il quasi fallimento della seconda banca svizzera, prima vittima in
Europa della nuova crisi iniziata in California, non è un caso di
contagio sistemico. O almeno, per ora non ce ne sono tracce
evidenti. Il presidente dell'autorità di vigilanza europea Andrea
Enria ha dato mandato ai funzionari dell'Eurotower di raccogliere
più informazioni possibili sulle esposizioni della banca svizzera in
tutta Europa, ed evitare che il contagio si produca adesso. Sulle
cause del crollo negli ambienti finanziari invece pochi hanno dubbi:
Credit Suisse era una banca gestita malissimo. Ieri i credit default
swap sul titolo – il termometro del rischio di fallimento – hanno
raggiunto i massimi di sempre, più alti persino di quelli di Lehman
Brothers alla vigilia del fallimento. Il panico prodotto dal
fallimento di Silicon Valley Bank ha iniziato a colpire Zurigo
venerdì scorso, quando il titolo aveva perso il 12 per cento. Ieri
ne ha persi altri venti, costringendo la banca centrale di Berna ad
una linea di credito di emergenza.
Giocando sull'assonanza, qualcuno l'ha ribattezzata Debit Suisse.
Eppure a mandare a picco la banca nata a Zurigo nel 1856 non sono i
debiti, bensì la fine della sua credibilità. «Tutto ciò che conta
per chi fa quel mestiere, soprattutto se abituato a gestire grandi
patrimoni», spiega Fabrizio Pagani di Vitale & co.
Tutto quel che poteva accadere, negli ultimi tre anni a Credit
Suisse è accaduto. A febbraio del 2020 l'allora amministratore
delegato Tidjane Thiam è costretto a dimettersi per aver fatto
spiare un ex dirigente. La faccenda scuote l'opinione pubblica
svizzera, anche per via del suicidio di uno degli agenti. Un anno
dopo – è il marzo del 2021 – crollano due fondi controllati dalla
banca. Il primo è americano, si chiama Archegos, ed è trascinato nel
baratro dalla crollo in Borsa del gigante dei media Viacom. Secondo
alcuni è costretto a sbarazzarsi di venti miliardi di dollari di
asset, altri stimano il doppio. Pochi giorni prima la banca elvetica
era stata costretta a liquidare altri quattro fondi gestiti insieme
a una società australiana, Greensill Capital. Ad aprile si dimette
il presidente del consiglio di amministrazione, a ottobre la banca
deve pagare una multa da quasi mezzo miliardo di dollari per aver
contribuito ad alimentare un caso di corruzione in Mozambico.
Il crescendo rossiniano è però nel 2022. A gennaio si dimette
Horta-Osorio. Nemmeno un mese dopo scoppia lo scandalo «Suisse
secret»: un informatore vende i dati di diciottomila clienti della
banca. A giugno arriva la condanna per riciclaggio di denaro in
Svizzera, il primo caso nella storia per una banca locale: sui conti
erano transitati senza colpo ferire i soldi di un'organizzazione di
trafficanti di droga bulgari. Dopo le dimissioni di due presidenti,
a luglio arrivano quelle di un altro amministratore delegato, Thomas
Gottstein. Il resto è cronaca di pochi mesi fa: all'inizio
dell'autunno i nuovi vertici presentano un piano di tagli da
diecimila posti di lavoro e un aumento di capitale da quattro
miliardi di franchi: solo l'anno scorso la banca aveva accumulato
perdite per sette. Secondo l'opinione prevalente degli esperti, i
vertici non sono stati in grado di gestire nemmeno il piano di
ristrutturazione, che procedeva a rilento.
Orson Welles amava dire che cinquecento anni di pace in Svizzera
hanno prodotto solo gli orologi a cucù. Se c'è una cosa di cui gli
svizzeri andavano altrettanto fieri erano le loro banche. E invece
per evitare il peggio ad uno dei brand elvetici più famosi nel mondo
sono stati necessari i soldi degli emiri sauditi e qatarini. Persino
loro, di fronte al disastro, ora hanno fatto un passo indietro.
Credit Suisse, cinquantamila dipendenti sparsi nel mondo e una massa
gestita di 1. 600 miliardi di franchi, è troppo grande per fallire.
Le ultime notizie raccontano di un salvataggio già organizzato dalla
banca centrale svizzera che dovrebbe permettere l'ingresso nel
capitale di Zurcher KantonalBank, disposta a rilevare le attività
svizzere. Il resto confluirebbe in una bad bank per gestire le
enormi perdite di questi giorni. Con quali conseguenze per il
sistema finanziario europeo, resta tutto da vedere.
Taglia della Wagner su Crosetto Tajani: inaccettabile e criminale
Una taglia di 15 milioni di dollari su Guido Crosetto, messa dalla
brigata Wagner. Il gruppo di mercenari russi, capeggiato
dall'oligarca Evgeny Prigozhin, non si ferma alle offese: i
paramilitari avrebbero alzato il tiro contro il ministro della
Difesa italiano arrivando a minacciarlo con i suoi sicari in Europa.
L'allarme sarebbe arrivato una decina di giorni ai servizi di
intelligence del nostro Paese al titolare di via Venti Settembre, ma
il ministro non si sarebbe affatto scomposto. Del resto gli attacchi
da Mosca erano già arrivati mesi fa, quando lo stesso era stato
apostrofato come uno «sciocco» dal vice presidente del consiglio di
sicurezza russo Dimitri Medvedev, dopo che Crosetto aveva paventato
i timori di un'escalation nel conflitto in Ucraina. Infine l'affondo
di Prigozhin solo qualche giorno fa: il ministro della Difesa aveva
denunciato assieme a quello degli Esteri, Antonio Tajani, le
strategie da guerra ibrida del gruppo Wagner, accusato di spingere
sull'aumento degli arrivi di migranti dall'Africa sulle coste
italiane. L'oligarca russo aveva però negato tutto e replicato:
«Abbiamo un sacco di problemi nostri di cui occuparci», aveva detto
insultando pesantemente Crosetto. Resta l'allerta sul rischio di
azioni mirate, perché la brigata Wagner ha almeno due cellule in
Europa con qualche decina di uomini in grado di staccarsi per
compiere azioni: una nei Balcani, tra la Serbia e l'Albania, l'altra
nei baltici in Estonia. Molti dei componenti di questo apparato
paramilitare, ispirato al compositore Richard Wagner, è formato da
ex detenuti spesso reclutati nelle carceri russe. «Inaccettabile,
siamo tra il ridicolo e il criminale», ha dichiarato il ministro
degli Esteri, Antonio Tajani a proposito della taglia messa dal
gruppo mercenario sul titolare della Difesa.
PALESE ERRORE : Legittima difesa fu il verdetto della Corte
d’Assise di Alessandria che decise di assolvere Aurela P., 27 anni,
dall’accusa di omicidio volontario. Ora la Corte d’Assise d’Appello
di Torino ha ribaltato la sentenza e pur riconoscendo all’imputata
un ampio spettro di attenuanti l’ha condannata a sei anni di
carcere. Viene così riscritta la storia della morte di Massimo
Garitta, 57 anni, ucciso a Ovada la notte di Capodanno del 2019.
L’imputata era una giovane commessa dell’outlet di Serravalle, la
vittima un barbone dalla vita disordinata. Quel pomeriggio, intorno
alle 18, Aurela P. fa salire l’uomo a bordo della propria auto, una
Lancia Y: lui aveva bisogno di un passaggio, lei forse cercava un
po’ di droga. Si dirigono verso l’autostrada, ma durante il tragitto
lui l’aggredisce. A quel punto la ragazza imbocca una strada che
sfocia in un campo: lottano e lei riesce a sfuggire all’aggressione
scendendo dalla vettura. Garitta a sua volta la segue. Ed è in quel
momento che la ragazza risale in fretta in auto, ingrana la marcia e
fa inversione a U con l’intento di allontanarsi il più possibile.
Mentre esegue la manovra, l’imputata investe il 57enne.
Per la difesa e i giudici di primo grado, l’uomo aveva cercato di
intercettare la vettura per costringere la donna a fermarsi e
portare a termine la violenza. Per l’accusa, Aurela P. lo ha ucciso
senza che vi fosse un reale pericolo. La donna non ha denunciato
l’accaduto, solo qualche giorno più tardi i carabinieri sono
risaliti a lei: sulla giacca della vittima era impresso il marchio
della marmitta della Lancia Y, una firma indelebile per gli
investigatori. A quel punto l’ex commessa ha confessato. La sua
narrazione aveva trovato conferma in una consulenza tecnica.
I giudici della Corte d’Assise d’Appello hanno però letto in maniera
diversa le prove raccolte: hanno riascoltato alcuni testimoni,
riesaminato gli atti e richiamato in aula i consulenti tecnici che
analizzarono le tracce lasciate dalla vettura. E infine hanno
ribaltato il verdetto.
«Non conosciamo le motivazioni della sentenza — spiega l'avvocato
Marco Conti, che ha difeso la donna insieme al collega Giuseppe
Cormaio —, ma non la possiamo condividere. Nonostante la pena sia
molto bassa, è contestabile. La stessa Corte, negli approfondimenti
tecnici, è arrivata a convergere con il nostro consulente sul fatto
che l'auto procedesse a circa 10 chilometri all'ora. A questa
velocità, considerato anche che la nostra assistita stava
effettuando un'inversione a U per uscire dal campo, non è possibile
ipotizzare che ci fosse la precisa volontà di provocare la morte
dell'uomo».
Aggiunge poi il legale: «La condotta alla guida era giustificata
dalla necessità di fuggire. In primo grado questo è stato
riconosciuto. Ci aspettavamo altrettanto in Appello. A chi scappa da
uno stupro possiamo almeno concedere la mancanza di accortezza
richiesta alla guida?». Se ne riparlerà in Cassazione
16.03.23
La Siria sull'orlo del baratro dopo 12 anni di conflitto Oggi la Siria entra nel suo 13° anno di conflitto. I recenti
terremoti che hanno colpito il Paese hanno peggiorato la già grave
crisi umanitaria che si era abbattuta sulla popolazione dopo anni di
sofferenze, spingendo il Paese sull'orlo del baratro. Ha lanciare
l'allarme è Save the Children, l'Organizzazione internazionale che
da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini e le bambine a rischio
e garantire loro un futuro. Nel 2023, la Siria è il Paese con una
delle più grandi crisi di sfollati a livello globale. Secondo
un'ultima rilevazione sui bisogni umanitari nel Paese, più di 15
milioni di persone in tutta la Siria dipendevano già dagli aiuti
umanitari. Si stima che prima dei terremoti ci fossero 1,9 milioni
di sfollati nelle sole aree controllate dall'opposizione, la maggior
parte dei quali erano donne e bambini. Secondo quanto riferito, in
seguito ai terremoti almeno 86mila persone sono state sfollate
nell'ultimo periodo, più della metà di queste sono bambini. —
I SOLDI SI STANNO SPOSTANDO VERSO LA PROTEZIONE DALL'INFLAZIONE:
Le Borse tirano un sospiro
di sollievo dopo un lunedì nero e rimbalzano, con Piazza Affari la
migliore d'Europa, a +2,36%. Non cala però l'attenzione intorno a
Silicon Valley Bank, Signature e le altre banche regionali
statunitensi. L'agenzia di rating Moody's ha tagliato da stabile a
negativo l'outlook sul sistema bancario Usa, lasciando intendere che
lo stress non è ancora terminato. A pesare sono le perdite in
portafoglio ancora non contabilizzate derivanti dai rialzi dei tassi
d'interesse. 620 miliardi di dollari, secondo la Federal deposit
insurance corporation (Fdic). Per ora il contagio è stato contenuto,
ma gli analisti guardano già oltre. Domani la Banca centrale europea
(Bce), salvo sorprese, alzerà il costo del denaro di altri 50 punti
base. La prossima settimana toccherà alla Federal Reserve.
Non un recupero totale, ma un rimbalzo significativo per l'Europa
dopo aver ceduto 291 miliardi di euro lunedì sotto i colpi
dell'incertezza derivante da Svb e Signature. L'intervento del
presidente statunitense Joe Biden, che ha sottolineato di voler fare
«tutto il necessario» per salvaguardare le banche a stelle e
strisce, è servito. Milano al top in Europa, con il comparto
bancario in lustro. A Parigi il Cac 40 ha chiuso la seduta in rialzo
dell'1,86%, a Francoforte l'indice Dax è salito dell'1,83%, Madrid
del 2,27%. Bene anche Wall Street, che scommette che la tempesta sia
finita. Forse, come rimarcato da J.P. Morgan, è ancora presto per
dirlo. Specie perché il Dipartimento di Giustizia e la Securities &
Exchange Commission (la Consob americana) hanno avviato un'indagine
sul crac di Svb per capire le responsabilità del management nella
crisi. Nel mirino l'amministratore delegato Greg Becker e il
direttore finanziario Daniel Beck. In corso ci sono, oltre a ciò,
diverse class action per ottenere risarcimenti, proprio mentre la
Fdic sta cercando di cedere gli asset di Svb. In lizza, fra gli
altri, i fondi Apollo, Ares, Blackstone, Carlyle e Kkr.
Nonostante gli investitori festeggino, ci sono segnali negativi. Il
collasso di Silicon Valley Bank e Signature Bank ha spinto Moody's a
tagliare da stabile a negativo il suo outlook sul sistema bancario
statunitense, «per riflettere il rapido deterioramento del contesto
operativo a seguito delle corse di depositi presso Svb, Silvergate
Bank e Signature, e i fallimenti di Svb e Sny». I depositi sono
garantiti, ma «il rapido e sostanziale declino della fiducia dei
depositanti e degli investitori bancari», secondo Moody's «evidenzia
chiaramente i rischi nella gestione delle passività delle banche
statunitense esacerbato dal rapido aumento dei tassi di interesse».
Il rischio è che «le banche con sostanziali perdite in titoli non
realizzate e con depositanti statunitensi non al dettaglio e non
assicurati possono essere ancora più sensibili alla concorrenza o a
una fuga definitiva, con effetti negativi su finanziamento,
liquidità, utili e capitale». Lo scenario di base per Moody's
prevede che «la stretta monetaria della Fed continuerà, il che
potrebbe aggravare le difficoltà di alcune banche».
A essere cauta è anche J.P. Morgan, che ieri ha inviato una nota ai
clienti istituzionali suggerendo di «restare cauti» sulle banche
statunitensi. Sebbene il timore di un «largo contagio» sembri
remoto, gli analisti del colosso guidato da Jamie Dimon rimarcano
che «è meglio restare sulla difensiva». Questo perché fra i
depositanti delle banche più piccole, da First Republic a Zions,
passando per PacWest e Western Alliance, c'è stata una corsa verso
gli istituti bancari maggiori, quelli considerati "too big to fail",
troppo grandi per fallire. Lo scenario resta dunque carico di
incognite.
Di incertezza discuterà anche la Bce, che domani deciderà se
approvare il nuovo, annunciato, aumento dei tassi principali da 50
punti base. «Non dovrebbero esserci variazioni di percorso», dicono
gli analisti di Goldman Sachs. Dopo marzo, tuttavia, si aprirà il
dibattito se rallentare il ritmo delle strette o no. Occhi puntati
alla riunione di maggio. Meno depositi e più obbligazioni con un
aumento del costo della raccolta. Le banche italiane, come si ricava
dal rapporto mensile dell'Abi stanno proseguendo nel cambio di passo
iniziato con la crescita dei tassi Bce. A febbraio i depositi sono
scesi del 2,2% mentre le obbligazioni sono salite del 3,7%. Il tasso
sulle nuove obbligazioni a tasso fisso è al 5,08% contro l'1,7% di
un anno fa mentre la remunerazione dei conti deposito sale al 2,01%.
Sebbene sia destinato a limarsi, il margine fra tassi attivi e
passivi continua comunque a crescere a 295 punti base assicurando
utili alle banche.
IL PREZZO DI SPERANZA : Forse nemmeno il dottor Terzilli,
alias Alberto Sordi, avrebbe potuto fare più in fretta: 9 minuti per
una visita, la maggior parte dei quali trascorsi a riempire moduli
sul computer dopo aver dedicato appena una manciata di secondi
all'ascolto del paziente. Se vogliamo un esempio lampante di come
carenza di personale, condizioni di lavoro stressanti e
tecnicizzazione portata all'estremo abbiano finito per disumanizzare
la medicina, basta spulciare la ricerca dell'Università di Cambridge
sulla durata media di una visita, condotta in 18 Paesi tra in quali
l'Italia. Perché in 9 minuti non si può creare una relazione,
tantomeno empatia tra medico e paziente. Tanto più se già dopo 20
secondi si viene interrotti dalle domande del medico. Che passa due
terzi del tempo incollato a un pc a compilare moduli e ricette. O a
scrivere su Whatsapp, visto che secondo una ricerca dell'Ordine dei
medici di Firenze il 47,6% lo usa per dispensare ricette e consigli
medici. Eppure svariate ricerche internazionali narrano che già
quella relazione tra curante e curato è una terapia, in grado di
ridurre fino a 4 volte il rischio di ricovero e di aumentare del 30%
la possibilità di tenere sotto controllo patologie come la
colesterolemia, il diabete o quelle cardiovascolari.
I dati sulla durata media delle visite sono del 2015, ma non è che
da allora le cose siano migliorate, anzi. Perché in questi ultimi
anni il personale è ancora diminuito, tanto che, secondo il recente
Rapporto Crea, di dottori ne mancano 30 mila, di infermieri
addirittura 250 mila. Vuoti in organico che sono diventati via via
una voragine per effetto di una politica scellerata, che continua ad
imporre un tetto assurdo alla spesa del personale, ferma al livello
del 2004 e diminuita per di più dell'1,4%. Così, per aggirare
l'ostacolo, Asl e ospedali ricorrono sempre più spesso ai medici a
gettone, che finiscono nella voce di spesa per beni e servizi, che
non ha tetti da rispettare, tant'è che come mostra la Relazione
sullo stato sanitario del Paese appena presentata dal ministero
della Salute, per la prima volta - spinta dai gettonisti - ha
superato quella per il personale. Peccato però che i medici in
affitto non sappiano nulla dei pazienti, che vedono una volta prima
di rispondere alla chiamata di un altro ospedale. E a farvi ricorso
sono sempre più strutture, tant'è che solo in Lombardia coprono
oramai sui 45 mila turni l'anno e in Veneto 42 mila. Mentre 15 mila
medici dipendenti affogano nel burnout, quell'insieme di
depressione, stress e insonnia che finisce per alterare in peggio il
rapporto con gli assistiti.
È questo insieme di fattori rendere così disumana la medicina in
ambulatori e ospedali, come ci ha raccontato con amarezza ieri in
una lettera sulle colonne di questo giornale Bruno Macchioni, ex
primario di Ostetricia all'ospedale di Venaria (Torino), rimasto 16
giorni in un letto d'ospedale prima che un medico si prendesse
effettivamente cura di lui. Ma se la medicina sta sempre più
perdendo di vista il paziente è anche colpa della sua iper
specializzazione e tecnicizzazione. «Oggi viviamo il paradosso di
una tecnologia avanzata che "entra" sempre più a fondo nel corpo del
paziente, ma che rischia di riportare sempre più all'"esterno" la
figura del medico», spiega Dario Manfellotto, presidente della
Fondazione Fadoi, la Società scientifica del medici internisti. Gli
unici forse ad aver conservato una visione a 360 gradi del paziente
fatto a spezzatino dalla medicina ultra specialistica. «La crescita
esponenziale delle conoscenze e della tecnica – precisa Manfellotto
- ha consentito successi inimmaginabili nella cura delle malattie.
Ma la medicina di precisione e personalizzata si basa in realtà su
una valutazione perlopiù molecolare, genetica, che ancora una volta
vede lo strapotere della tecnologia rispetto alla valutazione
clinica, che dovrebbe precedere e non seguire la tecnica». Un
progresso che se non governato dai medici rischia di ridurre il
paziente a un algoritmo.
LEONARDO HA RISCATTATO LA DIGNITA' DELLA SCHIAVITU':
Viaggio, è questa la parola che l'autore di Il sorriso di Caterina
sceglie per definire il libro pronto a cambiare la percezione del
Rinascimento e la mira sembra alta, ma non è poi così assurda. Carlo
Vecce ha scritto un romanzo che contiene un documento e non importa
l'ordine in cui si decide di prendere il largo, comunque sono 525
pagine pubblicate da Giunti e destinate a portare lontano.
Tutto gira intorno a Leonardo da Vinci e lui neanche c'è, se non
sullo sfondo, ma la storia della madre sposta anche la sua, senza
cambiarne la valutazione, la percezione, anzi dando forza al
giudizio più usato quando si parla di lui: «Universale». Leonardo lo
è, profondamente, persino più concretamente di quanto si potesse
immaginare: è multiculturale, è meticcio, è mezzo italiano e mezzo
bizantino, turco, russo, vai a sapere esattamente quanti e quali
mondi lo attraversano. Il libro racconta la rotta migratoria a cui è
stata costretta questa Caterina che non è un nome di fantasia, come
nessuno di quelli usati, ma è figlio di una violenza, le viene
appiccicato addosso quando arriva, come schiava a Venezia. Sulle sue
origini ci sono solo ipotesi, una donna che arriva dalla Circassia,
spazio approssimativo abitato da gente abituata agli spostamenti
frequenti, un luogo elastico che ondeggiava tra mare di Azov e mar
Nero, bocca del Mediterraneo, allora come oggi, centro di una
tratta.
Caterina si sposta sui barconi del 1440 o giù di lì ed è nelle varie
tappe in cui si muove che la sua esistenza diventa vera, sempre più
definita. Da Tana, oggi Russia, alla Costantinopoli degli ultimi
anni dell'impero bizantino quando tutto sta per crollare e la
precarietà si fa violenta. Poi Venezia e ancora Firenze, dove le
tracce restano impresse sul documento da cui è partita la ricerca.
Vecce ci sbatte contro mentre lavora sull'anniversario vinciano e ci
resta impigliato. C'è una via precisa, c'è un passaggio di proprietà
della schiava che arriva in casa di monna Ginevra. Caterina ci entra
dal gradino più basso della scala sociale e ne esce da persona
libera o liberata, ci entra come balia, presa in prestito, pagata ai
padroni effettivi 18 fiorini l'anno, un bene di lusso. Ci entra con
dettagli rimasti su fogli e appunti e risvolti di pagine come quello
che conferma la sua presenza sulla pergamena del cavaliere Francesco
Matteo Castellani.
Vecce all'inizio credeva di aver trovato il motivo per cui la
leggenda attribuiva alla madre di Leonardo lo stato di schiava. Una
diceria diventata sensata per abitudine, già usata in altre
biografie e mai dimostrata: lo studioso di Leonardo incrocia le
parole che la inquadrano e si convince di poterle smontare, invece
finisce per confermarle. I suoi non sono ritrovamenti, ma
ingrandimenti di microscopiche note perse in centinaia di documenti
e quelle parole chiave, messe in fila diventano prove. Caterina,
chiunque sia stata prima di essere marchiata così, esiste, non è
italiana, è una rifugiata che ritrova la sua indipendenza e si
sposta a Vinci.
Ha già avuto un figlio e non è riuscita a tenerlo con sé, a Firenze,
nel palazzo che attualmente ospita il Museo Galileo (dove oggi viene
presentato il libro al pubblico) resta di nuovo incinta. È il 1452,
la natura della sua relazione con il padre di Leonardo non è nota,
l'autore preferisce dare una chiave romantica anche se non ha
materiale per sostenere l'idea. Ne ha però per stabilire con
certezza che questa donna è proprio la madre di Leonardo, rimasto
con lei, nella campagna di Vinci, per dieci anni prima di
trasferirsi dal padre che lo manderà a bottega dal Verrocchio.
Leonardo impara a parlare in casa di una donna che non conosce la
lingua, una persona costretta ad adattarsi e a mettere insieme
strati di accenti e di esperienze. Riceve da lei i primi ricordi,
tratti di paesaggi che poi metterà nei suoi quadri e non sono le
campagne lombarde a fare da sfondo a L'annunciazione ma il sistema
del Caucaso e la città marina ricorda Tana, la colonia veneziana, lo
snodo di passaggio, il fulcro della compravendita di esseri umani.
Forse Renzi non aveva poi tutti i torti a dire che l'Arabia Saudita
è pronta al Rinascimento, le donne venivano rapite e vendute nel
nostro Rinascimento e ora qualcuno lo spiega e toglie una patina di
idealizzazione a un'epoca che ci ha consegnato l'estasi del bello,
però non è il punto a cui tornare, non si viveva nell'esaltazione
dell'essere umano. La consapevolezza non toglie meraviglia all'opera
di Leonardo o a quelli come lui, ci toglie scuse per voltarci
indietro di continuo.
Ci sono orizzonti orientali nella Madonna delle rocce: riferimenti
stratificati, mescolati e qui siamo alla ricerca, attenta e lenta,
durata circa un decennio, poi arriva pure la parte romanzata che
indaga i sorrisi senza riuscire a sovrapporli su quelli di chissà
chi altro, sono supposizioni. Illusioni. Mentre il resto è un mondo
che bussa per svelare l'ovvio, persino il cuore della nostra cultura
è meticcio e ragionare in base a un presunto purismo è sempre più
pregiudizio, con meno scuse.
15.03.23
"Non è un salvataggio, ma un regalo così la Fed è diventata Babbo
Natale"
«È senza senso dire che il tracollo di Silicon Valley Bank non era
nell'aria, bastava guardare al bilancio di fine anno. Ci sono 15
miliardi di dollari di mancati introiti sugli asset a lungo termine.
Persino i miei studenti nei corsi di finanza avrebbero colto la
fragilità». Steve H. Hanke, professore di economia applicata alla
Johns Hopkins University di Baltimora e membro del Consiglio
economico di Reagan, osserva dal suo osservatorio le mosse
dell'Amministrazione Biden per tentare di prevenire il contagio.
Quali responsabilità ha la leadership di Svb?
«C'è stato uno scostamento sensibile fra le disponibilità, ovvero i
depositi, e i reali asset, ovvero le obbligazioni a lunga durata. E
questo squilibrio non è stato sufficientemente compensato. La
Silicon Valley Bank è stata mal guidata. E ogni regolatore con un
minimo di attenzione avrebbe visto arrivare i problemi tanto tempo
fa».
Il governo si è mosso rapidamente. Powell e Yellen hanno optato per
la migliore opzione?
«Hanno messo un cerotto, soluzione di breve durata e con costi
elevati. Ora Svb è un'azienda sostenuta dal governo. Sul New York
Times, Andrew Ross Sorkin ha scritto che una volta che il governo
garantisce tutti i depositi, che business fanno le banche?».
Cosa vuole dire?
«Se la Fdic garantisce tutti i depositi, persino quelli sopra i
250mila dollari, e la Fed copre le perdite a bilancio, che banca
commerciale resta?».
Yellen ha detto che non si tratta di un salvataggio, non è un
bailout.
«Fed, Tesoro e Fdic coprono tutti i depositi, proprio tutti. Yellen
ha assicurato che non si tratta di bailout? Diciamo allora che è
stato un regalo».
E il Bank Term Funding Program?
«Tramite questo schema la Fed darà liquidità alle istituzioni che
custodiscono i depositi in caso di turbolenze e crisi. La Fed offre
anticipi di un anno ai mutuatari idonei (banche, associazioni di
risparmio e cooperative di credito) in cambio di garanzie, come
titoli del Tesoro Usa e titoli garantiti da ipoteca. La svolta è
importante: la Fed valuterà il collaterale alla pari».
Faccia un esempio…
«Se un istituto di deposito detiene titoli idonei per un valore di
100 milioni di dollari di negoziazione di 10 centesimi al di sotto
del valore nominale, i suoi titoli valgono 90 milioni di dollari sul
mercato. Nell'ambito del Bank Term Funding Program, l'istituto
potrebbe quindi inviare titoli per un valore di 90 milioni come
garanzia e ricevere un anticipo di 100 milioni dalla Fed. La Federal
Reserve ha in sintesi deciso che la copertura del rischio di tasso
di interesse non è più compito delle banche commerciali. Perché
coprire il rischio di tasso di interesse se la Fed coprirà le tue
perdite? La Fed è diventata Babbo Natale per le banche».
I fallimenti di questi giorni incideranno sulla politica dei tassi?
«La politica monetaria riguarda la crescita dell'offerta di moneta.
In questo momento, la Fed sta contraendo eccessivamente l'offerta di
moneta (M2). Tuttavia, sembra improbabile che allenti le politiche
restrittive, in parte perché la banca centrale si concentra
erroneamente sulla curva di Phillips, che considera l'inflazione e
la disoccupazione come forze contrarie».
Cosa si aspetta quindi dal prossimo meeting?
«Che se il mercato del lavoro resta su questi livelli, la Fed
prevederà che le pressioni inflazionistiche al rialzo persisteranno
fino al 2023, quindi la stretta quantitativa e gli alti tassi di
interesse rimarranno in vigore fino a nuovo avviso».
In Europa le Borse hanno pagato l'emergenza americana più di Wall
Street. Eppure i sistemi bancari sono molto differenti. Quali i
rischi e i benefici dei diversi modelli?
«Il sistema americano è migliore. Le piccole banche che sanno come
gestire i loro bilanci non rappresentano un problema. E avere un
gran numero di piccole banche rende il sistema statunitense più
robusto. Oggi, i titoli delle piccole banche non hanno sofferto
tanto quanto i grandi titoli bancari. L'indice Nasdaq Community Bank
è sceso del 7%, rispetto al 10% dell'indice bancario aggregato.
Con gli ucraini che trovano i morti russi "Anche loro meritano una
sepoltura" Erano le due meno venti. Forse era notte. Su quel che resta
del polso, l'orologio del soldato russo morto a giugno è fermo lì.
Al minuto esatto in cui la sua vita si è spezzata sotto i colpi di
una granata lanciata dall'esercito ucraino nel villaggio di
Krasnopillya, durante la controffensiva di Izyum. Se n'è andato
così, il milite ignoto di Putin, da invasore. «Ma almeno la sua
anima si potrà salvare», spiega Oleksyi Yukov, mentre solleva il
cadavere del nemico insieme agli altri volontari della missione
Tulipano Nero.
Lo prendono per le ginocchia e dalle braccia molli. Lo stendono su
un telo bianco. Il volto del russo non c'è più, si legge appena un
viso sotto l'elmetto, attorno ai pochi denti rimasti. Ha una
catenina al collo, con una sfilza di numeri: «Forze Armate della
Russia, decreto 932014». Il suo unico brandello di identità è un
ordine dei generali del Cremlino.
Giace lì sotto terra da otto mesi, nel paesino del Nordest che era
la linea del fronte, ed è stato più volte occupato e de-occupato.
L'hanno sorpreso mentre cercava di scappare. La posizione del suo
corpo è una fotografia agghiacciante degli istanti finali: il milite
russo tende il braccio destro disperato, per appendersi alla scala,
sembra gridare per l'ultima volta. Non ha giubbotto antiproiettile,
non ha armi appese alla divisa, probabilmente stava dormendo.
Probabilmente aveva paura, nella cantina trasformata in rifugio.
Pennellata dopo pennellata per farlo emergere dalla terra che lo
ricopriva, spuntano le spoglie tutte intere, e quelle del compagno,
saltato via all'incontrario per via dell'esplosione, con gli stivali
verso l'ingresso. Sembrano statue, nei corpi sagomati di cui restano
solo le ossa. Sembrano una Guernica, ma qui in Ucraina erano loro
gli aggressori. Vittime, ugualmente. E carnefici nel conflitto
scatenato da Mosca, dal progetto neoimperiale del loro presidente.
Sono i caduti in armi russi numero 310 e 311, tanti ne ha recuperati
finora lo «squadrone della pietas» ucraino guidato da Oleksyi Yukov.
Per dare loro la possibilità di una sepoltura, con un gesto lirico e
umanissimo, che va ben oltre l'odio e la battaglia. «Questo è
l'onore dei morti», scriveva Omero nel sedicesimo dell'Iliade. Che
destino spetta al corpo del nemico, chiedeva Sofocle? Il gruppo dei
sedici ragazzi dell'organizzazione Platsdarm lo sa e vuole
rispondere a un imperativo morale: «Ogni uomo merita il riposo
eterno. Noi siamo umani, non possiamo lasciarli qui», sentenzia il
coordinatore, mentre scava con le sue mani tra i topi.
Oleksyi ha 37 anni e da ventiquattro fa questo lavoro, recupera
corpi. La sua associazione è nata nel 2012, ma all'epoca era quasi
una passione, una sfida: andare a caccia dei morti ancora sepolti
della Prima e della Seconda guerra mondiale. Da un anno, il mondo è
cambiato. L'Ucraina ha ripiegato ogni forza, anche civile, su questa
guerra, e l'urgenza è diventata un'altra. I valori e la cultura,
però, restano sempre quelli: «I miei nonni stavano coi suoi nonni
nelle stesse trincee, ottant'anni fa. Ora, ci combattiamo da parti
diverse» dice, con parole disarmanti di fronte al coetaneo morto
nelle file nemiche.
Quando si ferma per una pausa, nelle quasi sette ore sotto il sole
caldo della campagna dell'Oblast di Donetsk che trascorriamo con
lui, gli chiediamo approfondimenti. Ci accontenta così: «Se la
guardi dal punto di vista religioso, ogni anima rimane vicino al
corpo finché non la seppellisci. Sappiamo bene che la gente è la
benzina di ogni guerra. Io, personalmente, penso che se riporteremo
indietro tutti i corpi dei morti, per farli piangere dai loro cari,
riusciremo anche a fermare questa guerra», spiega Oleksyi. Indossa
un'esile tuta verde che lo copre dal collo ai piedi. In testa ha un
caschetto, sulle mani guanti logori arancioni.
Ci avevano dato appuntamento alle 9 di mattina, «non un minuto di
più o partiamo», nella piazza della stazione di Sloviansk, tra il
viavai dei pochi anziani rimasti nella città colpita ogni giorno dai
missili, che vanno a prendere il pane, un caffè, i pyrizhok al
minimarket. Quelli di Platsdarm si presentano su un camioncino
bianco con una croce rossa e il numero 200: è il codice con cui si
identificano i morti in battaglia, lo stesso che portava i resti dei
combattenti dell'Azovstal nei sacchi neri all'obitorio di Kiev,
l'anno scorso. Lo seguiamo per una buona mezz'ora, in direzione
Nord, su una strada asfaltata tra i boschi e i campi secchi del
grano, dove non c'è nulla e non prende il telefono. Poi, la campagna
si squaderna nei villaggi colorati, in macerie: Dolyna di qua,
Krasnopillya di là. Case, un piccolo monumento, scuole, catapecchie,
non importa che fossero in cemento o in legno. È andato tutto
distrutto. Krasnopillya è stata evacuata, i segni dei bombardamenti
lasciano frammenti di vita, tra lo sconquasso. Tavole apparecchiate
e librerie che spuntano dalle abitazioni sventrate, auto bruciate e
crivellate di colpi, un cancello a cui sono appesi ancora i festoni
del Capodanno 2021-22 e un'icona della Madonna, rimasta
miracolosamente intatta. Nell'asfalto delle strade del paesino, nei
cortili, si scorgono missili conficcati, resti delle bombe a
grappolo, ci dicono i volontari.
Scendiamo dalle auto. Oleksyi si raccomanda cento volte, agitando le
braccia: «Qui è tutto minato, l'abbiamo minato anche noi dopo la
liberazione. Vedete quei cartelli rossi col teschio? Camminate solo
dietro di noi, non un passo più in là». Gli uomini della missione
Tulipano Nero portano un generatore, una sega circolare, pale,
secchielli, scalpelli e pennelli. Più una lavagna e dei cartoncini
gialli numerati, per segnare il conto dei corpi russi ritrovati, il
luogo, l'ora, le coordinate. «Sappiamo che lì ce ne sono due,
abbiamo ricevuto segnalazioni dalla gente del luogo. Andiamo», ci
dicono. Passiamo il cancello di una casetta di legno dipinta di blu,
prima ci viveva una famiglia di tre persone, poi è diventato il
rifugio degli occupanti. Iniziano le grandi manovre senza ruspe, con
la sola forza delle braccia, per disseppellire i corpi: via il tetto
della cantina, via i sassi crollati per lo scoppio, via la terra.
Nel cunicolo, iniziano a delinearsi i cadaveri nemici, lunghi come
statue di Giacometti consumate dall'humus. Si scorgono i capelli,
erano lunghi, lisci, castano chiaro. Forse, erano giovani reclute.
Uno ha ancora lo zaino in spalla, dagli stivali si legge il numero
di scarpe: «Portavano il 42 e il 45». Li ripuliscono con cura e li
posano a terra, spuntano rubli e icone sacre dalle tasche,
braccialetti e poco altro.
Che fine faranno, dopo tanto lavoro? «Ora li portiamo all'obitorio a
Sloviansk, poi l'Sbu deciderà cosa farne». Verranno scambiati, molto
probabilmente, con corpi di soldati o civili ucraini nelle mani dei
russi. Anche se dall'altra parte del fronte – riferiscono i media
americani – i morti non ricevono lo stesso trattamento, vengono
abbandonati senza clemenza nei campi. Di qua, invece, ci sono gli
uomini di Oleksyi. Prima di loro, il governo di Kiev non aveva
nessuno che svolgesse questo servizio. «È giusto quel che facciamo -
ripetono i volontari ucraini -. Combattiamo contro i vivi, i
cadaveri non fanno più male a nessuno». In qualche modo, una parola
di pace. —
GRAVE INGIUSTIZIA : Niente più registrazioni di figli nati da
coppie dello stesso sesso a Milano. Dopo un tentativo di resistenza,
il sindaco Beppe Sala è stato costretto al passo indietro a causa
della circolare della Prefettura che recepisce le indicazioni del
Ministro dell'Interno. Così Milano, tra le città all'avanguardia in
materia di trascrizioni di figli nati da coppie omogenitoriali, si
arrende allo stop nonostante il coraggioso passo di qualche anno fa
nel voler procedere in assenza di una legislazione sul tema. Le
direttive sono arrivate dal Prefetto Renato Saccone spinte dal
ministro dell'Interno Matteo Piantedosi. Nella circolare che Saccone
ha inviato a Palazzo Marino, ma anche alla Procura meneghina, viene
anche specificato che le registrazioni «non sono consentite» ma che
non essendo la legge chiara, «ogniqualvolta si verificassero casi di
trascrizione di atti in difformità con la normativa vigente, sarà
necessario che gli Uffici effettuino la segnalazione alla Procura
della Repubblica».
Il sindaco ieri non ha potuto fare altro che arrendersi – per ora –
ma ha prima voluto incontrare le famiglie "arcobaleno" e i loro
rappresentanti spiegando loro la difficoltà. Sala comunque ha
annunciato che non si darà per vinto e ha avvertito il governo:
«Diventerà una mia battaglia politica con l'esecutivo».
Le critiche nei confronti della circolare prefettizia sono arrivate
puntuali dalle opposizioni: «Nei giorni in cui in Commissione
Politiche Europee del Senato si discute il Regolamento Ue che chiede
che in tutti gli Stati membri siano riconosciuti i diritti delle
famiglie omogenitoriali, il Ministero dell'Interno intima al Sindaco
di Milano Beppe Sala di fermare le registrazioni all'anagrafe delle
famiglie con due padri o due madri», tuona dal Pd Alessandro Zan,
primo firmatario del ddl contro l'omotransfobia. «Sono pressioni
inqualificabili che confermano l'ostilità del governo Meloni contro
i diritti della comunità Lgbtqia+. L'Unione Europea chiede anche
all'Italia di fare passi in avanti verso la piena uguaglianza di
tutti i cittadini e il governo risponde con azioni degne
dell'Ungheria di Orban», aggiunge.
«Il sindaco di Milano ha dovuto cedere al pressing del governo
Meloni e alla fine la decisione è arrivata dolorosa e ingiusta. Ci
ha comunicato che bloccherà le trascrizioni dei certificati di
nascita esteri dei bambini con due papà e la formazione di atti di
nascita italiani con due mamme, come garantito negli ultimi anni nel
capoluogo lombardo», ha spiegato la presidente di "Famiglie
arcobaleno" , Alessia Crocini. «Abbiamo appreso con sconcerto la
notizia, consapevoli di quanto questo governo si stia adoperando per
togliere ogni minimo diritto di cittadinanza alle famiglie
omogenitoriali in Italia. Questa notizia fa tristemente coppia con
la decisione del governo italiano di bocciare anche la possibilità
di un certificato europeo di filiazione, quello che permetterebbe ai
figli delle coppie dello stesso sesso il riconoscimento dei propri
diritti in tutta Europa», aggiunge ancora Crocini spiegando anche
che i bambini e le bambine con due mamme e due papà esistono già in
Italia, "i ministri Piantedosi e la premier Meloni se ne facciano
una ragione. Ogni giorno vanno a scuola, entrano negli studi
pediatrici, giocano nei parchi e nei campi sportivi, frequentano
corsi di musica, come tutti i loro coetanei, senza avere i diritti
di tutti i loro coetanei. Questa situazione non è degna di un paese
civile e ci chiediamo quando questa ingiustizia verrà sanata da una
legge di buon senso che rispecchi la realtà». A provocare la
circolare del Prefetto era stata nei mesi scorsi la richiesta di un
politico locale d centrodestra che si era rivolto al Prefetto sulla
scorta delle polemiche estive innescate dal responsabile cultura di
FdI, Federico Mollicone dopo la decisione del sindaco Sala di
procedere al riconoscimento dell'omogenitorialità. Lo scorso 22
marzo anche il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, fu fermato dal
prefetto sulle iscrizioni dei figli delle coppie omosessuali, una
pratica avviata nel 2018 dall'amministrazione Appendino. Lo Russo
definì quella misura di legge come una «violenza». Dietro i commi di
una norma, fu il suo commento, «ci sono persone e sentimenti». —
LA BOMBA NIGERIA : Mai nella storia democratica della Nigeria
un presidente è stato eletto con una percentuale così bassa di voti.
Bola Ahmed Tinubu, nuovo capo di Stato - elezione contestata
dall'opposizione - dovrà affrontare sfide senza precedenti e
risolvere problemi immensi.
Noti per la loro resilienza, i 216 milioni di abitanti del paese
più' popoloso dell'Africa vivono nella morsa di una diffusa
insicurezza e di una grave crisi economica, e tutti gli indicatori
sono allarmanti. Sullo sfondo di una gigantesca penuria di banconote
e benzina, Bola Tinubu ha vinto le elezioni presidenziali dopo una
tornata elettorale segnata da numerosi guasti tecnici e da accuse di
«massicce frodi». Dopo la vittoria, Tinubu ha invitato l'opposizione
a «lavorare insieme» per «raccogliere i pezzi» della Nigeria. Ma i
suoi due principali oppositori, candidati alla presidenza senza
successo, hanno contestato i risultati e sono in corso procedimenti
legali. «Tinubu dovrà prima lavorare sodo per costruire la sua
legittimità, visto come le elezioni si sono svolte con una
Commissione elettorale (Inec) incompetente o complice», afferm
Nnamdi Obasi, esperto dell'International Crisis Group (Icg). A 70
anni, il candidato del partito al governo (Apc) ha vinto le elezioni
raccogliendo solo 8,8 milioni di voti, ovvero il 36% di coloro che
si sono recati alle urne, un risultato mai così basso se si conta
che gli aventi diritti erano circa 87 milioni.
L'astensione è stata da record, 73%, dovuta sia all'insicurezza in
cui versa il paese, ma anche al disincanto della maggioranza della
popolazione nei confronti della politica. Ma anche per colpa degli
otto anni di potere del presidente uscente, Muhammadu Buhari.
Durante i suoi due mandati, Buhari non è stato capace di arginare la
povertà che, anzi, è esplosa, e la violenza, anch'essa cresciuta. Il
presidente uscente non è stato in grado di mantenere le promesse e
di raggiungere gli obiettivi che si era dato: riduzione della
povertà e sconfitta del terrorismo di Boko Haram e dello Stato
Islamico. A ciò si è aggiunta una crescente violenza dovuta al
proliferare di bande armate e a lotte intercomunitarie per
l'accaparramento della terra. Per legittimarsi, Tinubu - considerato
uno degli uomini più ricchi e influenti del paese e accusato di
corruzione senza mai essere stato condannato - dovrà mandare
«segnali forti e molto velocemente.
UNA SANITA' INUMANA: Mi rendo conto che gran parte delle
critiche che risulteranno da quest'analisi sono dovute al fatto che
ho vissuto tutti gli anni della mia attività lavorativa tra i letti
d'ospedale nei panni prima di assistente volontario e poi, via via,
fino a quelli di primario.
Fin dall'inizio ho cercato di realizzare ciò che mi è stato
insegnato come obiettivo e cioè il benessere fisico e psicologico di
chi è ricoverato, ben sapendo che le sue condizioni di morale
condizionano in maniera rilevante l'efficienza delle cure sia
mediche che chirurgiche. E sapendo che man mano che la posizione in
carriera del medico cresce non possono aumentare solo le
soddisfazioni ma anche responsabilità e doveri. La rabbia che ho
accumulato deriva dalla constatazione che quanto accaduto durante il
mio ricovero è un vero tradimento ai criteri di assistenza da parte
della classe medica cui ho appartenuto per tanti interessantissimi e
sofferti anni. Alle 14 del 29 settembre mi portano al pronto
soccorso dell'ospedale di Chieri: tampone Covid (negativo);
radiografia che evidenzia frattura al femore; esami di routine
necessari per il ricovero e l'intervento; consulto con un
gentilissimo ortopedico che mi illustra il tipo di intervento e con
una anestesista altrettanto gentile. Trascorro la notte su una
barella al pronto soccorso perché non ci sono posti liberi in
reparto. La mattina del 30 settembre vengo sistemato nel letto 14
dell'Ortopedia e mi viene comunicato che sarò operato il 1° di
ottobre. Il che avviene regolarmente. Mi dicono che al quarto giorno
sarò trasferito in un istituto per il recupero funzionale.
Fin qui dunque tutto bene. Ma poi cominciano le dolentissime note.
Trascorrono le ore, il personale procede a rimettere in ordine i
letti, ma nessuno pensa alla nostra pulizia personale: non possiamo
lavarci né viso né denti. Spero si tratti di un inconveniente del
giorno; invece no, per tutta la durata della mia degenza mi è stato
dato un pezzo di stoffa umido da passarmi sul viso e sulle mani.
Troppo lavoro? Così dice il personale che protesta anche per le
"inopportune" chiamate dai letti. Sentirsi sporchi è molto
deprimente. Per quanto concerne la mia passata esperienza di
primario, era sufficiente che io fossi nei reparti prima delle sette
di mattina perché tutte le pazienti prima delle otto fossero pulite.
Non pretendo ovviamente di consigliare queste levatacce a chi deve
organizzare questi servizi ma è indispensabile che si trovino metodi
altrettanto efficaci.
Nella stessa giornata mi colpisce un'altra sorpresa: nessuna visita
medica. Le infermiere al mattino presto rilevano temperatura,
pressione arteriosa e saturazione di ossigeno, ma nessun medico
passa tra i letti. O, per lo meno, nel senso che ho visto medici che
passano a trovare i loro "clienti" operati, ma solo loro, io non
essendo cliente di alcuno non avevo diritto a questa attenzione. Se
ciò è scusabile in una clinica privata è assolutamente vergognoso in
un ospedale. Personalmente nessun medico è venuto mai a visitarmi. E
anche qui non posso che rifarmi al mio passato di medico. Ho sempre
ritenuto indispensabile la visita ai letti tutte le mattine alle
otto, alla quale ho voluto partecipassero tutti i medici in modo che
sapessero le condizioni di tutte le pazienti. La visita giornaliera
è indispensabile per verificare se sono necessari esami e per
aggiornare le terapie. Aggiungo anche che il degente ha sì bisogno
di un medico tecnicamente valido ma anche di un medico "umanamente"
valido, che parli con te, ti renda tranquillo.
Altra chicca organizzativa: il servizio di fisioterapia. Alle 11,50
arriva la fisioterapista al mio letto, mi aiuta a indossare
pantaloni e pantofole, mi appoggiava a un girello per tre passi,
proprio tre, e poi mi fa sedere su una sedia a rotelle dove resto
almeno due ore in attesa che due infermieri mi rimettano a letto. Ho
chiesto alla fisioterapista le ragioni di questa cosiddetta
assistenza specifica. La risposta è che hanno cinque minuti per
paziente.
Al quarto giorno dall'intervento mi viene praticato un altro
tampone. E poi? Miracolo: vedo per la prima volta un medico. Ma si
ferma accanto alla porta solo per dirmi che sono positivo al Covid e
quindi per almeno cinque giorni dovrò rimanere lì. Passati cinque
giorni ho di nuovo il privilegio di una visita di un medico; anche
questa volta non arriva al letto e mi avverte che per altri cinque
giorni dovrò rimanere lì perché il tampone è ancora positivo. Dopo
altri cinque giorni, il medico della porta mi avverte che sono
ancora positivo e quindi devo ecc... questa volta lo costringo ad
accostarsi al letto (la prima in quattordici giorni); mi scopre e
dice che deve togliermi i punti. Poi, guardando finalmente la
cartella, aggiunge che non può chiuderla senza neppure un esame del
sangue. Così facendo rimedia parzialmente ai gravissimi errori
pregressi. L'esame rivela una notevolissima anemia con grave carenza
di ferro che giustifica in parte la mia prostrazione fisica. Non era
forse elementare che lo scoprissero prima e che cominciassero a
curarla durante quei lunghissimi giorni di inerzia?
Trascorsi quattro mesi da quando ho lasciato il letto 14 si sono
depositate le scorie di quel vero e proprio livore che ho
accumulato, ma non l'amarezza di sentirmi, come medico, collega di
chi organizza quel tipo di "assistenza". Di chi è la colpa?
Dell'amministrazione, dei medici? Molto spesso l'amministrazione non
aiuta e va contrastata con decisione. Tuttavia per quanti torti
possa avere, la responsabilità rimane per forza dei medici: se non
vengono messi nella condizione di poter svolgere i compiti che loro
competono secondo coscienza, rimane sempre un modo per non essere
responsabili delle enormi manchevolezze: le dimissioni. E tra i
doveri che competono ai medici occorre ricordare che se per tutte le
persone è importante lo stato d'animo, il morale, lo è assai di più
per chi è malato e degente.
TRENI IMPOSSIBILI : Manca l'acqua. Il che non è il massimo
per chi arriva correndo al binario 4A, trafelato e con una bici
sotto braccio per di più. Il ragazzo domanda al capotreno: «Scusi,
il rubinetto del bagno sembra a secco. È possibile?». «Può essere»,
risponde il capotreno. «Possiamo fare qualche domanda?», ci
intromettiamo noi. «Mi dispiace. Abbiamo il divieto di rilasciare
qualsiasi dichiarazione. Questione di privacy». Privacy o non
privacy, il treno regionale 11618 si mette in moto. Il microfono di
bordo funziona a singhiozzo: «Limitaz. Itiner. Punt com». Non si
capisce niente, ma secondo l'ultimo rapporto di Legambiente siamo in
viaggio su una delle dieci linee ferroviarie più sgangherate
d'Italia. Ci muoviamo in una specie di Pampa piemontese, dentro una
pianura deindustrializzata fatta di orizzonti bassi e di niente.
Risaie, cancelli, campi di mais. Fra Novara e Biella. La linea fu
costruita durante il fascismo e inaugurata nel 1939, adesso è come
allora: senza elettrificazione.
Questa littorina viaggia ancora con un vecchio motore diesel.
Procede lungo un binario unico. Significa che quando incontra il
convoglio in direzione opposta deve farlo nel punto giusto, l'unico
preposto per lo scambio, all'altezza del raccordo di Rovasenda.
Cinquantasei chilometri, 51 passaggi a livello. Questo è uno dei
problemi. «Quando va in tilt un impianto lungo il percorso allora
sono guai», dice con una certa flemma Fabio Posillipo, 36 anni. Vive
a Biella, lavora a Novara. Prende questo treno da dodici anni. E
come tutti i pendolari, anche lui ha adottato tecniche di
sopravvivenza. «Sappiamo di non vivere in Giappone, ma in Italia.
Quindi ogni mattina prendo il treno precedente a quello che potrei
prendere, in modo da essere tranquillo in caso di problemi. Parto
con quello delle 6.24 per evitare brutte sorprese». L'ultima volta è
successo prima di Natale: «Linea in tilt. Ci siamo fermati a
Casaleggio. Per fortuna non succede spesso».
C'è qualcosa di paradossale nei treni dei pendolari. Sono sempre
troppo caldi di inverno e troppo freddi d'estate, ti tirano un
cazzotto come benvenuto a bordo. Hanno finestre rotte e cessi
intasati. Manca l'acqua e manca il sapone. Qualcuno, su questo
treno, ha sradicato anche il distributore di disinfettante per le
mani, che era l'unico segno tangibile degli anni della pandemia. Ma
c'è un altro segno di quel tempo, ed è qualcosa che si nota per
contrasto: mancano treni, le frequenze sono più basse. Il servizio
non è mai tornato al livello di prima.
Nel suo ultimo rapporto sullo stato delle ferrovie italiane,
Legambiente non ha usato mezze parole: «In generale la situazione
delle linee ferroviarie in Piemonte è disastrosa, in particolare a
causa dell'avversione per il trasporto su ferro dell'amministrazione
regionale. Si tratta della regione che "vanta" il maggior numero di
linee sospese d'Italia, una quindicina, ormai inattive da circa
dieci anni. Solo grazie all'opera di Fondazione FS, recentemente
sono state riattivate alcune di queste a scopo turistico, con la
speranza che tale azione possa spronare la Regione affinché, almeno
su quelle linee, ripristini il servizio per i pendolari». Sono treni
dimenticati. Ecco che cos'è questo viaggio: un viaggio che non
interessa a nessuno. Velocità massima consentita 90 chilometri
all'ora. Un signore dorme di sbieco schiantato dalla fatica, un
altro guarda video con risate ad altissimo volume. Siamo tutti soli
dentro al telefono, mentre andiamo e torniamo. «Ci rubano la vita»,
dice la signora Maria Grazia Panella. È salita a bordo con il suo
labrador. Ha così esperienza di treni regionali e interregionali che
ricorda nitidamente, e ancora con molto sdegno, quella volta in cui
il leghista Mario Borghezio salì sull'Intercity Torino-Milano armato
di spray, cercando - come spiegò - di disinfettare il treno delle
prostitute. «Ma, disgraziatamente per lui, a bordo c'erano anche dei
ragazzi del centro sociale Loencavallo», ricorda sorniona la signora
Panella. «Ho passato tantissimo tempo della mia vita sui questi
treni piemontesi. Non funzionano. Ci tagliano fuori invece che
unirci. Per chi vive fra Biella e Santhià raggiungere Milano è
un'impresa, certe volte servono 4 ore. È una grande occasione
mancata. Potremmo attrarre molte persone, potremmo diventare
l'indotto delle grandi città. Ma abbiamo linee troppo vecchie. E
poi, di notte, certe stazioni vuote mettono i brividi».
Il tratto Biella-Santhià è stato elettrificato. Servono 21 milioni
per l'elettrificazione del tratto Biella-Novara. Il governo ha
annunciato che ne può garantire 5. Investire sui treni dei
pendolari, in zone come queste, significa decretare la differenza
fra vivere o condannare alla marginalità.
Ecco i ragazzi delle scuole. «Ogni tanto trovi qualche ubriacone
molesto, ma niente di che», dice una studentessa che si chiama Maria.
«Quello delle 7.20 è pieno all'inverosimile, oggi per fortuna sono
entrata alla seconda ora».
Fine corsa. Avanti e indietro. Passaggio a livello dopo passaggio a
livello. Chissà come vedrà il futuro una ragazza di 17 anni, su
questo vecchio treno del secolo scorso.
L'ACQUA DI SALVINI: Governo in secca sull'emergenza siccità.
Dopo il via libera alle misure straordinarie per la crisi idrica di
due settimane fa, della cabina di regia e del commissario
straordinario non si è più fatto nulla. Il governo ha preferito dare
la precedenza ad altri dossier, come quello sull'immigrazione.
Inoltre, la maggioranza non è proprio d'accordo su come gestire una
partita che muove 8 miliardi di euro del Pnrr. L'emergenza coinvolge
sei ministeri: Affari europei, Affari regionali, Agricoltura,
Ambiente, Protezione civile e Trasporti. Quattro i punti
fondamentali dell'azione decisa dal governo: la cabina di regia con
tutti i ministeri interessati per definire un piano idrico
straordinario d'intesa con le Regioni; un decreto per snellire le
procedure di autorizzazione per la costruzione di opere in regime di
emergenza; una campagna di sensibilizzazione sull'uso responsabile
della risorsa idrica e, ovviamente, la nomina di un commissario
straordinario. La Lega chiede un ruolo di primo piano per Matteo
Salvini: «Vogliamo gestire il dossier con l'assunzione di
responsabilità dirette», dicono. Alla luce di queste dinamiche,
l'ipotesi di nominare più commissari proposta da Pichetto Fratin
potrebbe essere dovuta alla volontà del governo di non scontentare i
partiti e dividere la gestione dei fondi. «La nomina del commissario
sarà in Cdm quanto prima», prometteva il ministro dell'Ambiente. È
passata una settimana e i fiumi soffrono sempre più
14.03.23
UNA GIUSTIZIA IMPOSSIBILE : «Dei
27 cancellieri previsti dalla pianta organica ne abbiamo in realtà
solo 14. Tra mille cose da fare, alcune urgenti, non riescono a
rispondere anche al telefono. Li capisco, ma gli avvocati si
lamentavano. Allora ho detto: un giorno a settimana lo faccio io». E
così la presidente del tribunale di sorveglianza di Bologna, Manuela
Mirandola, ha scritto un provvedimento organizzativo con cui
«dispone che la dottoressa Mirandola sarà disponibile a rispondere
al telefono il mercoledì dalle ore 11,30 alle 12,30 a causa della
rilevante scopertura di organico». Ed è diventata la prima
giudice-centralinista d'Italia.
«Non volevo pubblicità, ma dare un segnale», racconta appena finito
il primo turno da centralinista. Prima telefonata da un'avvocata che
chiedeva informazioni sull'istanza per un cliente: «Gliele ho
fornite, poi le ho ricordato che avrebbe potuto averle usando
l'applicativo informatico».
Oltre che centralinista, alla bisogna Mirandola funge anche da
capoufficio, organizzando i piani ferie degli impiegati, l'acquisto
dei toner e le comunicazioni all'Inps. E da postina, smistando mail
e raccomandate (ne arrivano centinaia ogni giorno) quando i
cancellieri non ce la fanno. È accaduto sotto Natale: l'unico non in
ferie si è ammalato e l'ufficio era scoperto.
«Certi giorni ho la sensazione di essere abbandonata», dice. Dopo
mille denunce al ministero sulla «grave situazione che comporta
l'oggettiva impossibilità di svolgere i servizi», ha deciso di
arrangiarsi. «Non sono un manager, non posso fare assunzioni»,
spiegava a chi gli chiedeva conto della sua decisione. Può solo
trasformarsi in centralinista. Gli avvocati hanno gradito. Qualche
collega ha storto il naso. Ma l'Associazione nazionale magistrati le
ha espresso «solidarietà e vicinanza».
I giudici di sorveglianza svolgono una negletta ma preziosa funzione
sull'esecuzione delle condanne, in un sistema costituzionale
orientato alla rieducazione. «Anche alcuni colleghi ci considerano
giudici di serie B - sospira Mirandola -. Gli altri fanno il lavoro
nobile, noi i buttafuori dei detenuti». In Italia ci si accorge di
loro solo quando scoppiano casi da prima pagina (terroristi, boss
mafiosi) o lo scarcerato torna a uccidere. Mirandola si era occupata
delle istanze del capomafia Totò Riina, poco prima che morisse.
Al tribunale di Bologna arrivano 20 mila istanze l'anno da tutta
l'Emilia Romagna, che si aggiungono alle 11 mila di arretrato.
Attualmente ci sono circa 7 mila istanze non ancora iscritte nel
protocollo. Chissà quando saranno trattate. Capita che i giudici
riescano a occuparsi di una pratica quando il condannato ha già
finito di scontare la pena.
Altro che digitalizzazione: è un flusso di carte incontenibile per i
14 cancellieri e i 5 magistrati (dovrebbero essere 27 e 9). Per la
verità la presidente aveva disposto un turno-centralino anche per un
direttore amministrativo, ma i sindacati sono insorti contro il
demansionamento. «Allora ho ritirato la disposizione per lui.
Paradosso nel paradosso. Io, invece, ho confermato il mio
autodemansionamento».
L'emergenza giustizia a Bologna è questa. Mancano gli impiegati, i
funzionari, gli autisti, i cancellieri. I tassi di scopertura,
peraltro rispetto a piante organiche sottodimensionate, spaziano tra
il 25% e il 50%. Il ministero ha promesso nuove assunzioni.
Per mandare i fascicoli da un ufficio all'altro o in Cassazione c'è
solo un'auto. Se la dividono, talvolta se la contendono. «Roma non
ci ascolta. A me mancano i geometri per fare le manutenzioni -
racconta Oliviero Drigani, presidente della Corte di Appello -.
Ormai sono un esperto di burocrazia e manutenzioni, mi sto
dimenticando come si fa il giudice. Potrei dirigere le Ferrovie
dello Stato».
Gli uffici di Procura generale e Corte di Appello sono a due passi
da quello della giudice-centralinista, nel settecentesco palazzo
Baciocchi scelto da Marco Bellocchio come location per un film. Un
capolavoro palladiano di sale affrescate e scaloni d'onore più
adatto a un museo che a processi con decine di imputati
‘ndranghetisti, dove ogni settimana di confiscano patrimoni di
decine di milioni di euro. Infatti gli impianti elettrici sono
fuorilegge e non tutte le aule hanno i monitor per i processi in
videoconferenza. Ora sono arrivati 3 milioni di euro di fondi del
Pnrr, per qualche anno gli uffici dovranno a turno traslocare. Forse
in una caserma dismessa, dove saranno piazzati dei container.
«Siamo un distretto giudiziario sottovalutato - dice la procuratrice
generale Lucia Musti -. L'ho detto a tutti: qui non possiamo
ammalarci. Una collega mi ha presa sul serio. Un giorno è arrivata
in udienza reduce da un intervento ai denti, con la bocca
semiparalizzata dall'anestesia». Nei mesi in cui ha gestito il
monumentale processo ai mandanti della strage alla stazione del 1980
oltre a quelli di mafia, la Procura generale si è arrangiata con 5
magistrati in organico sui 13 previsti, «senza piangerci addosso».
«Io stessa sono una e trina», ha detto con amara ironia Musti nella
solenne cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario. In attesa
che il Csm copra i posti vacanti, oltre a fare da 15 mesi le
funzioni del procuratore generale svolge anche quelle di avvocato
generale e sostituto procuratore in udienza. «Roma è lontana:
lavoriamo con organici ottocenteschi e il Csm ha tempi biblici»,
allarga le braccia il presidente Drigani, che denota un certo gusto
per l'iperbole.
Nel frattempo la presidente Mirandola ha finito il suo primo giorno
da centralinista. La ritroviamo a pranzo con Letizia De Maria,
collega e segretaria della Anm bolognese. «È un sacrificio – le
racconta – ma continuerò a farlo. Mi aiuta a capire le doglianze di
cancellieri e avvocati da un punto di vista diverso».
LADRI INTERNAZIONALI: I bonus ai dirigenti – associati e
manager – della Silicon Valley Bank sono arrivati puntuali pochi
minuti prima che la banca guidata da Greg Becker passasse sotto il
controllo della FDIC, l'ente federale che tutela i depositi. Venerdì
il Ceo ha parlato ai dipendenti con un videomessaggio di appena due
minuti nel quale ha annunciato che la banca non era riuscita a fare
fronte alla massiccia domanda di prelievi e che il mercato non aveva
raccolto la richiesta di una capitalizzazione di 2,25 miliardi di
dollari per far fronte alla domanda. Poi l'annuncio: «E' il mio
ultimo messaggio da Ceo».
I premi in base alle performance dell'anno precedente vengono sempre
liquidati il secondo venerdì di marzo. Quest'anno i bonus sul 2022
cadevano esattamente nel giorno che ha segnato il crac. Una
coincidenza beffarda. Ma la procedura era stata, come previsto,
avviata da settimane una volta terminati i conteggi sul bilancio di
chiusura.
I premi per i dipendenti variano da 12 mila dollari per gli
associati sino a 140 mila per le figure apicali. La SVB è sempre
stata una banca "generosa", nel 2018 ad esempio il salario medio si
aggirava attorno ai 250 mila dollari, bonus esclusi. In totale la
SVB ha 8.528 dipendenti nelle 17 filiali americane e nelle sedi fra
Regno Unito, India, Canada e Sud Est Asiatico. I manager all'estero
non avranno invece accesso ai bonus, perché per consuetudine questi
vengono pagati a fine marzo. Ma da venerdì a mezzogiorno la SVB è
sotto il controllo della FDIC e quindi è scattato il congelamento
dei bonus.
La Cnbc ieri ha anche rivelato che Becker e i direttori della
divisione finanziaria e del management, Beck e Draper, hanno venduto
a partire dal primo dicembre del 2022 le stock option della SVB per
un valore complessivo di 5,1 milioni di dollari. L'amministrazione
delegato in particolare ha ricavato dal mercato 3,57 milioni di
dollari. La vendita delle azioni era preventivata ed è avvenuta nel
pieno rispetto di norme e tempi, ed è stata messa a bilancio alla
fine di febbraio anche se il timing ha suscitato qualche perplessità
su quanto realmente i pilastri della banca – che molti analisti
hanno definito una sorta di "Country club bank" per Silicon Valley –
fossero solidi. E quanto le fragilità fossero note. Giovedì in una
conference call con gli investitori Becker aveva invitato a «stare
calmi» ma l'annuncio che stava cercando di reperire 2,25 miliardi di
dollari per garantire il flusso di cassa aveva tutt'altro che dato
rassicurazioni. La banca è stata travolta dall'assalto ai depositi e
in meno di 48 ore è saltata. Eppure, mercoledì 8 marzo, gli analisti
che avevano visionato gli aggiornamenti sulla trimestrale avevano
evidenziato che c'erano garanzie sulla solidità e la
capitalizzazione.
Questa mattina le filiali riapriranno, molti dipendenti
continueranno a lavorare da remoto. La FDIC ha garantito, seguendo
una prassi consolidata, che al personale è stato offerto un impiego
per 45 giorni con una paga superiore di 1,5 volte. La divisione
Moffett-Nathanson della SVB securities holding, ieri ha diffuso un
comunicato per evidenziare di attendersi che «il lavoro procederà
normalmente» e che «le attività della casa madre non hanno impatto
sulla divisione perché le unità sono separate». A garantire un
futuro alla SVB e in fondo a confermare l'inatteso e fulmineo
default, è un appello di oltre 300 società di Venture Capital pronte
a continuare a lavorare con la SVB una volta passata a un nuovo
proprietario.
13.03.23
TO.11.09.23
Ill.ma on Giorgia MELONI Presidente del Consiglio
Mi permetta di consigliarle una sua immediata visita ai parenti
delle vittime del disastro di Cutro. I suoi elettori se lo
aspettano, e licenzi, se puo’, chi le ha consigliato di NON andarci
in occasione del cdm.
Per quanto riguarda la carenza d’acqua le proporrei di valutare di
dare da gestire alle aziende che si occupano della depurazione delle
acque di realizzare bacini e condutture per gli usi agricoli ed
industriale delle acque di riciclo, oltre che la piantumazione delle
piante sempreverdi che con il ciclo naturale danno origine alle nubi
che produce la pioggia.
Descalzi non sara’ in grado di produrre energia da fusione nucleare
già nel 2025. perche’ nonostante l’Eni abbia siglato un accordo con
l'americana Commonwealth Fusion Systems, spinoff del Massachusetts
Institute of Technology (Mit), industrializzare la fusione a
confinamento magnetico che sfrutta la combinazione di due isotopi di
idrogeno per produrre energia in quantità virtualmente illimitata e
a zero emissioni non e’ ancora stato fatto. Infatti Eni aiuterà
anzitutto Cfs a ottenere i componenti e le autorizzazioni necessarie
a sviluppare l'impianto pilota, Sparc, che dovrebbero essere pronto
nel 2025, fra meno di tre anni ma non c’e’ alcuna garanzia che
l’operazione riesca ad Eni quando finora nessuno l’ha realizzata.
Che senso ha costruire la prima centrale, Arc, che dovrebbe essere
in grado di immettere elettricità in rete agli inizi del 2030 quando
il processo non e’ stato raggiunto ? L'apporto di Eni sarà
ingegneristico, progettuale e di pubbliche relazioni con le autorità
che certo non fanno avvenire alcuna fusione. A seguito del recente
accordo fra Ansaldo, Edison ed Edf, in molti scommettono che il
nucleare troverà spazio nel piano energetico al 2030 che il governo
dovrà presentare alla Ue entro il 30 giugno. La fusione a
confinamento magnetico, ha detto Descalzi, «può cambiare
radicalmente lo stile di vita delle persone e anche la geopolitica:
non ci saranno tensioni tra Stati a causa delle forniture
energetiche, che sono spesso causa di conflitti», ha spiegato,
sottolineando che la nuova tecnologia «deve rimanere aperta e
inclusiva, così che tutti i Paesi possano aspirare ad averla a
disposizione».
Tutto questo lo si puo’ ottenere piu’ semplicemente con l’H2.
La tecnologia progettata da Cfs impiega potenti campi magnetici per
isolare il plasma generato dall'unione di due isotopi di idrogeno,
ricavati dall'acqua di mare e dal litio. L'obiettivo è replicare
sulla Terra il processo che alimenta il Sole, fornendo una fonte di
energia pulita in grado di sostituire le fonti fossili. La fusione è
infatti in grado di generare quattro milioni di volte più energia
per chilogrammo rispetto alla combustione del carbone. A differenza
della fissione - che comporta la scissione di un atomo pesante
(spesso di uranio) e la produzione di scorie - nella fusione
nucleare i due isotopi di idrogeno si uniscono per dare vita a un
nucleo di elio, sprigionando nella reazione un'enorme quantità di
energia: un sogno per giustificare la conferma di DESCALZI ?
Il problema è riuscire a controllare il processo in modo sicuro,
interrompendolo in caso di pericolo. Ed è qui che dovrebbero
intervenire i campi magnetici di Cfs che, fondata nel 2017, ha
raccolto fondi per oltre 2 miliardi di dollari da investitori del
calibro di Temasek, Google e il fondatore di Microsoft, Bill Gates.
Ma chi riesce a controllare Descalzi ?
Con ossequio.
Marco BAVA
12.03.23
PARADOSSO: «È un
paradosso». Sara Picco, 44 anni, di Torino, si sfoga. E denuncia
l'assurdità della burocrazia: «Dovrebbero aiutare chi è in
difficoltà, invece rendono le cose più difficili». Sara, due figli
di 10 e 15 anni, è vedova dal 2020. Lo scorso marzo presenta la
richiesta per la maggiorazione per l'"Assegno unico e universale per
i figli a carico": 30 euro a ragazzo, se, come nel suo caso, si ha
un Isee pari o inferiore a 15mila euro. Ad ottobre l'assegno
diminuisce. Sara Picco chiede spiegazioni all'Inps, manda un'email,
si presenta allo sportello. «Mi hanno risposto che non ho diritto
alla maggiorazione, che per ottenerla servono due genitori titolari
di reddito da lavoro. Ma mio marito non c'è più». Lei si confronta
con altre famiglie: «La vedovanza non è considerata». Il 17
febbraio, la direzione centrale dell'Inps emette una circolare. Il
decreto dispone che il bonus venga riconosciuto a chi è vedovo. Ma
solo se il decesso del coniuge si è verificato nell'anno in cui è
riconosciuto l'assegno e solo per un anno. «Mio marito è morto
quattro anni fa - commenta Sara - E tanti, come me, sono tagliati
fuori. Sono un'insegnante elementare, il mio stipendio non è
esorbitante. E non ho diritto alla pensione di reversibilità.
Sessanta euro al mese fanno la differenza».
Il deputato Marco Grimaldi di Alleanza Verdi Sinistra, con
un'interrogazione solleva la questione e si rivolge alla ministra
del Lavoro. Chiede se c'è «intenzione di emettere nuove direttive
così da includere nella maggiorazione dell'assegno unico tutte le
famiglie vedovili e mono genitoriali» con reddito da lavoro e con
figli a carico. Sara Picco aggiunge: «Fatico a capire la ratio.
Bisognerebbe aiutare le situazioni di fragilità. Ma la vedovanza non
è considerata tale».
Al suo fianco, l'associazione "Una buona idea", nata un anno fa da
un gruppo di vedove che, spiega la vicepresidente Manola Tegon, si
sono unite «per far fronte alle difficoltà della burocrazia». Che
sono davvero tante. «Piccole cose - racconta Sara - Ad esempio i
documenti per la scuola devono essere firmati da entrambi i
genitori. Con gli insegnanti, si può parlare, certo. Ma ogni volta è
un rivangare». Ci sono poi situazioni più complesse. Come quando ha
dovuto cambiare il medico di base del figlio, ma online non ha
potuto farlo. «Serviva l'autorizzazione di entrambi i genitori»
OPPORTUNISMO E DELUSIONE : "Marittimi arruolati per i comizi"
gli scambi di favori Onorato-Grillo
monica serra
milano
A qualcuno il dubbio era venuto, ma mai sulla natura illecita delle
richieste. «Eccoci Beppe, ciò che mi chiedi è avviato e fermo in
Commissione europea. Unico dubbio è di natura politica. Onorato è
amico e finanziatore di Renzi e gestisce Tirrenia, che sappiamo come
abbia male operato. Siamo sicuri di volerci muovere per lui per
tirarci addosso Msc e Grimaldi?» , chiedeva l'allora ministro delle
Infrastrutture Danilo Toninelli, il 12 giugno 2019, al fondatore e
«garante» del M5s, Beppe Grillo. Che, «sfruttava le relazioni
esistenti con pubblici ufficiali, ossia i parlamentari eletti,
nominati ministri» per «veicolare» le richieste dell'armatore
partenopeo Vincenzo Onorato. In cambio Grillo non riceveva solo
soldi, tramite un contratto di partnership tra la Moby spa e la
Beppe Grillo srl, da 240 mila euro in due anni. Ma anche la promessa
di voti e l'organizzazione di comizi in giro per il sud Italia per
gli esponenti del M5s: «Ora sarà battaglia per i voti del Sud». E
ancora: «Ti porto la città in piazza … 60 mila persone. Torre del
Greco è la capitale del regno dei marittimi disoccupati». E dopo
l'evento: «Com'è andata comandante?» ; risposta: «Bene, piazza
pienissima! » .
Uno scambio che poco ha a che fare con l'amicizia di vecchia data
tra l'imprenditore e l'ex comico. Tanto che entrambi sono ora
accusati di traffico di influenze illecite, in un'indagine appena
conclusa. C'è da dire che il modus operandi di Onorato, secondo
quanto ricostruito dai pm Maurizio Romanelli e Cristiana Roveda, era
sempre lo stesso, anche con altri «mediatori» che si interfacciavano
col mondo politico bipartisan, non solo dell'area dei M5s. Contratti
e contatti sono stati ricostruiti anche per esempio con la
Casaleggio Associati. In questi casi però i pm, al termine delle
indagini del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf, non
hanno ritenuto ci fossero gli estremi per contestare un reato e
hanno avanzato una richiesta di archiviazione.
Le pretese di Grillo ai propri referenti politici erano «finalizzate
a consentire a Moby di conseguire un indebito vantaggio, a
prescindere da una valutazione dell'interesse pubblico». Non solo
nel giugno - luglio del 2019, quando il fondatore del M5s chiese al
ministro Toninelli di attivarsi davanti alla Commissione europea per
dare efficacia agli sgravi fiscali previsti dal decreto Cociancich,
«a tutela di Moby e anche a fronte di interessi confliggenti».
Grillo scrive a Onorato: «Ho convinto Toninelli a occuparsi della
questione a Bruxelles. A sorete! » . Ma anche tra il luglio e
l'agosto del 2019, quando Grillo ha chiesto a Toninelli e all'allora
vicepremier Luigi Di Maio di intervenire per ottenere l'immediato
pagamento dei 62 milioni di euro che il ministero doveva a Cin,
controllata da Moby, per il servizio di collegamento con Sicilia,
Sardegna e Tremiti. «Ti devo spiegare – scriveva Onorato – il
ministero da gennaio non ci paga più la sovvenzione perché la
struttura è di Grimaldi. Sono senza soldi, mi stanno strozzando!
Toninelli è circondato da Giuda. Si fermano i collegamenti e la
colpa sarà solo sua!». Lo stesso giorno Toninelli rassicura Grillo:
«Prima di Ferragosto la mia direzione paga». E così succede. Scrive
Onorato: «Caro comandante, grazie di cuore. Senza di te saremo nella
m...». E ancora, tra settembre e novembre del 2019, dopo le istanze
di fallimento - Onorato è anche accusato in un'altra indagine di
bancarotta fraudolenta - l'armatore si rivolge a Grillo:
«Comandante, Unicredit sta impedendo la vendita di due navi, si può
fare qualcosa?» . E Grillo: «Contatto Patuanelli» allora ministro
dello Sviluppo economico. Che risponde: «Approfondisco la
questione». Grillo rassicura l'armatore: «Sei seguito dal suo
ufficio e comunque ti chiama. Un abbraccio, fratello! »
XI IMPERATORE CINESE : Da una parte la
bandiera dell'Iran, dall'altra la bandiera dell'Arabia Saudita. E,
in mezzo, quella della Cina. Pechino mette il cappello, anzi il
vessillo, sullo storico accordo per la normalizzazione delle
relazioni tra Teheran e Riad. I due grandi rivali del Medio Oriente
hanno concordato la riprese dei rapporti interrotti nel 2016 e la
riapertura delle ambasciate entro due mesi. La firma è arrivata a
conclusione di 5 giorni di negoziati tenuti segreti nella capitale
cinese. All'annuncio presenti il segretario del Consiglio supremo
per la sicurezza nazionale iraniana, Ali Shamkhani, e il consigliere
per la sicurezza nazionale saudita, Musaid Al Aiban. Insieme a loro
Wang Yi, capo della diplomazia del Partito comunista cinese. «Il
riavvio delle relazioni porterà allo sviluppo della stabilità e
della sicurezza regionale», recita un comunicato trilaterale. I
rapporti si erano interrotti dopo l'esecuzione a Riad dello sceicco
sciita Nimr al-Nimr (critico della monarchia) e i seguenti attacchi
all'ambasciata saudita in Iran. A peggiorare la situazione le
posizioni opposte sulla guerra in Yemen. Gli Stati Uniti hanno
accolto «con favore» l'accordo ma dicono di dubitare che Teheran
«adempia ai suoi obblighi». Positive le reazioni degli altri paesi
del Golfo.
Ma l'accordo è soprattutto una vittoria diplomatica per la Cina, in
una regione dove il ruolo degli Usa è in declino. «In qualità di
mediatore affidabile, la Cina ha adempiuto fedelmente ai suoi doveri
di ospite», ha dichiarato Wang. Nel 2021, l'ex ministro degli Esteri
aveva compiuto un tour in Medio Oriente per presentare un'iniziativa
in 5 punti per il raggiungimento della stabilità regionale. Un
documento basato su non proliferazione nucleare, rafforzamento della
cooperazione commerciale e sviluppo di una sicurezza collettiva. Un
piano piuttosto vago, ma grazie al quale la Cina è riuscita a
proporsi come «potenza responsabile». A dicembre, Xi Jinping ha
firmato 34 accordi durante la visita a Riad. A metà febbraio ne ha
sottoscritti altri 20 ricevendo il presidente iraniano Ebrahim Raisi.
Era comunque difficile pensare che Pechino riuscisse a destreggiarsi
tra i due litiganti portandoli anche a un accordo. Un risultato che
la Cina collega alla sua neonata Global Security Initiative, in cui
si presenta come «garante di stabilità». Messaggio rivolto
soprattutto al sud globale e che ora acquista nuovo vigore. «Nel
mondo non c'è solo la crisi in Ucraina», ha commentato Wang,
lasciando intendere che la Cina si preoccupa delle esigenze di
sicurezza di Paesi e zone in via di sviluppo tralasciate
dall'Occidente. Eppure, questo risultato potrebbe rendere
internazionalmente più credibile anche la posizione cinese sul
conflitto tra Kiev e Mosca.
Non è poi forse un caso che l'annuncio sia arrivato nello stesso
giorno della terza storica nomina presidenziale per Xi. L'inedito
ruolo di mediazione si sposa perfettamente con la nuova postura in
politica estera voluta dal leader. Nel suo discorso dei giorni
scorsi durante le "due sessioni" a Pechino, Xi ha riformulato il
celeberrimo manifesto di Deng Xiaoping. Dal «manteniamo le
posizioni, nascondiamo i punti di forza e le nostre debolezze, non
rivendichiamo mai il comando» si è passati ora al «manteniamo la
calma e la determinazione, raggiungiamo proattivamente gli
obiettivi, stiamo uniti e osiamo combattere». Un cambio di paradigma
reso necessario dalla fine dell'era delle «opportunità strategiche»
e l'incombere di «sfide senza precedenti». Per vincerle, la Cina
vuole provare a giocare un ruolo da protagonista sulla scena
globale. Una scelta dettata dalle opportunità, ma che cela anche
rischi.
POTERE ASSOLUTO CINESE : Il braccio destro alzato a metà, il
malcelato sorriso di trionfo sul volto sono più illuminanti di
qualsiasi discorso. Le parole verranno dopo. Adesso la pura gioia.
Più che celebrare una vittoria politica, scontata, Xi Jinping
afferra un successo personale a lungo coltivato e inseguito. È
l'atleta che sul filo del traguardo alza gli occhi, vede il tempo e
sa di aver stabilito il nuovo record mondiale. Il fatto che i giochi
fossero fatti dal momento in cui il XX Congresso del Partito
Comunista Cinese gli aveva conferito il terzo mandato da Segretario
Generale, del quale la Presidenza è un corollario, non toglie nulla
all'attimo di esaltazione. I problemi che non mancano - una Cina
inquieta e una situazione internazionale esplosiva - verranno dopo.
Con la nomina - per ovazione naturalmente - al vertice dello Stato
per la terza volta Xi Jinping ha chiuso il cerchio di un'impresa
apparentemente impossibile. I due mandati e basta erano stati
blindati nel sistema cinese da Deng Xiao Ping per un motivo ben
preciso: evitare un ritorno al potere assoluto e al culto della
personalità di Mao Tse Dong. Inevitabile domandarsi se questo
ritorno al passato non sia proprio quello che sta succedendo oggi in
Cina. Xi, del resto, non fa mistero di voler entrare nell'empireo
del Celeste Impero al pari di Mao pur essendo egli stesso stato
vittima, con la famiglia, della rivoluzione culturale maoista. E per
la prima volta da Mao un leader cinese mantiene per un terzo mandato
tutte e tre le cariche apicali: segretario generale, presidente
della Repubblica e presidente della Commissione militare. Ma non è
soltanto nostalgia del Grande Timoniere. Quello che accosta Xi a Mao
è il prepotente ritorno al leninismo come sistema di potere e di
supremazia del Partito sullo Stato. Le due principali conseguenze
sono: un'ulteriore centralizzazione dell'autorità politica e
amministrativa su Pechino a scapito del resto del Paese - né gli
uighuri né Hong Kong possono aspettarsi molto di buono; la
sottomissione dell'economia alla politica. E questo è il rischio
maggiore che corre il rieletto Presidente.
L'economia cinese è sempre stata molto disciplinata e acquiescente
alle direttive del potere politico, ma la genialità di Deng era
consistita nel lasciarla a briglie sciolte. «Enrichissez vous» in
mandarino. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Negli anni
Ottanta la Cina era ancora un Paese beneficiario dell'aiuto allo
sviluppo italiano. In tre decenni è diventata la seconda potenza
mondiale che ambisce a sfidare gli Stati Uniti per il primo posto.
Xi Jinping ha già cominciato a tirare le redini. L'attesa è di nuove
restrizioni che mettano in riga l'attività economica e industriale
con le priorità del Partito-Stato. Quest'ultimo opera con mano
pesante, ove necessario. Addio mano invisibile.
Complice Covid, Xi Jinping inizia il terzo mandato dopo l'anno di
più bassa crescita della Cina (circa 3 per cento secondo le
statistiche ufficiali) dagli anni delle riforme di Deng. Non ne sarà
responsabile pur se la sua strategia di "zero Covid" vi ha
certamente contribuito. Adesso promette il 5 per cento che è già un
ridimensionamento rispetto ai tassi del passato. Basterà a
soddisfare le aspettative di una popolazione assuefatta al
miglioramento ininterrotto delle condizioni di vita? Anche i regimi
totalitari hanno bisogno del consenso. E la Cina di Xi non è un
Paese chiuso al resto del mondo come era la Cina di Mao. La politica
dello "zero Covid" è crollata quando i telespettatori cinesi hanno
visto gli stadi del Qatar pieni di gente in libertà di movimento.
Il secondo macigno sulla via del terzo mandato di Xi è
internazionale. La prosperità della Cina dipende dal mantenimento di
un'economia mondiale aperta. Il mercato interno è in crescita ma non
basta. La politica estera della Cina poggia oggi - non così in
passato - su due pilastri: amicizia con la Russia di Vladimir Putin
e crescente confronto con gli Usa, lievitato retoricamente proprio
nel contesto dell'Assemblea del Popolo che conferiva a Xi il terzo
mandato. Il rieletto Presidente si trova ad un bivio fra netta
scelta di campo, pro-Russia e anti-Usa (e Europa: di cos'altro
parlano oggi Ursula von der Leyen e Joe Biden a Washington?), e
salvataggio di convivenza pacifica, e remunerativa, con l'Occidente.
Il futuro della Cina e la stabilità mondiale dipendono dalle scelte
che farà il nuovo, e vecchio, Presidente della Cina. L'ebbrezza del
traguardo tagliato, chissà quanto pensato e ambito, durerà poco.
CRUDELTA' LEGALE INGIUSTA: Ieri una donna è morta di cancro
senza poter vedere suo figlio di dodici anni, affidato al padre. La
donna, che chiameremo Anna, docente di 47 anni, qualche anno fa
aveva chiesto la separazione, denunciando il marito, un medico di
Trani, per maltrattamenti. Secondo Anna, il marito le aveva vietato
l'uso di elettrodomestici e della connessione internet, costringeva
la famiglia a vivere in un immobile inadatto, avrebbe impedito ai
figli di conoscere i nonni materni, non sopportava il fatto che la
moglie fosse di umile estrazione sociale.
Anna decide di separarsi, poi scopre il cancro. È stata diverso
tempo in cura al Gemelli di Roma, per poi affidarsi alle cure
palliative a casa. Anna non aveva molto tempo, e lo sapeva. Con lei
era rimasta la figlia più grande di 17 anni, mentre il figlio più
piccolo era stato affidato al padre, padre che non gliel'ha mai
fatto vedere.
Ieri lei è morta, e questi sono i fatti. Maria Cecilia Guerra,
insieme a Serracchiani e Fornaro, l'11 gennaio scorso hanno
interpellato il Ministro della giustizia e il Ministro per la
famiglia, la natalità e le pari opportunità in merito a questa
vicenda. Il Sottosegretario di Stato per la Giustizia, Andrea
Delmastro Delle Vedove ha risposto in maniera molto articolata,
fornendo ulteriori elementi, come quello che la relazione del
consulente tecnico di ufficio, fatta lo scorso aprile, ha
evidenziato che «il minore ha dato atto, purtroppo, della volontà di
non voler dialogare con la madre. Il minore, in sede di ascolto da
parte del CTU nominato dal giudice, ha ulteriormente riferito di
avere ricordi spiacevoli del tempo trascorso con la madre e di come
gli peserebbe trascorrere tempo con essa, avendo timore e ansia
quando sta con la madre».
Mi chiedo, e dovremmo in coscienza chiedercelo tutti, come un
bambino di dodici anni sia arrivato a non voler vedere la mamma per
l'ultima volta perché ha dei ricordi a suo dire spiacevoli, e come
nessuno abbia fatto niente affinché perlomeno la visita mensile
venisse rispettata. Non è solo la volontà del minore che va
rispettata, ma anche il suo interesse e il suo bene. Questo bambino
probabilmente vivrà nel rimorso: non adesso, non tra pochi anni, ma
succederà. Come si elabora un lutto del genere? Si può affrontare
una cosa così a dodici anni? Qui è venuta meno la pietà umana sia
nei confronti di Anna che di suo figlio.
Nella replica a Delmastro Delle Vedove, Maria Cecilia Guerra dice:
«Noi, purtroppo, molto spesso, quando il minore non vuole vedere il
padre, assistiamo a situazioni in cui la madre viene accusata da CTU
poco coerenti con il fatto che la PAS, la sindrome dell'alienazione
parentale, sia stata definita non esistente, non scientificamente
fondata». Questa è una storia molto comune che riguarda sia i padri
che le madri, e la dovrebbero smettere, tutti. Perché poi ci sono i
divorzi difficili, i rancori, le vendette, ed è tutto umano, a volte
pure comprensibile, ma dove non arriva il buonsenso, arriva il
giudice, e dove non arriva l'essere persone decenti, dovrebbe
arrivare l'essere genitori decenti. Se non si ha più paura di fare
quello che stabilisce un tribunale, che si fa? Questa impunità
morale che rende le persone disumane farà fallire la civiltà, e noi
con lei. Ci si riempie la bocca con parole belle, con l'interesse
superiore del minore, con il fare le cose per il bene dei figli, e
poi leggiamo storie di una miseria così quotidiana che nemmeno più
ce ne rendiamo conto.
Io faccio veramente un po' fatica a trovare qualcosa di più
terribile della storia di una mamma che sa che sta per morire e a
cui viene negata la possibilità di riabbracciare suo figlio per
l'ultima volta da un ex marito che forse l'ha costretta a una vita
di maltrattamenti, Mi sforzo, ve lo giuro, ma così poca umanità
raramente l'ho incontrata. Anna si era rivolta al centro
antiviolenza "Fammi rinascere", che ieri ha scritto su Facebook: «Le
ultime volontà di questa mamma quando venne ascoltata furono:
"vorrei che Isabella rimanesse con me perché questo è il suo
desiderio, e deve essere rispettato, e vorrei che anche mio figlio
rimanesse con me, perché è un suo desiderio, anche se io ho adesso
delle difficoltà; anche perché è più di un anno che non vedo mio
figlio». La verità è che queste storie non bisogna mai smettere di
raccontarle, per chi muore, ma soprattutto per chi sopravvive.
SENZA ACQUA CI ESTINGUEREMO : Piscine vuote, campi da golf
ingialliti, strade sporche. È lo scenario che si profila in Costa
Azzurra, buen retiro di multimilionari e vip da tutto il mondo, se
continuerà a non cadere la pioggia. Da ieri la prefettura delle Alpi
Marittime ha diramato un'ordinanza legata ad un'allerta siccità
scattato d'imperio e l'urgenza. L'obiettivo è risparmiare almeno il
20% di acqua. Da subito. Lo devono fare tutti, privati, aziende e
anche le amministrazioni pubbliche. Si è ancora in inverno ma i
fiumi sono in secca e la parola d'ordine è fare in modo che neppure
una goccia d'acqua vada sprecata.
A rischiare grosso, oltre alle attività produttive tradizionali
legate all'agricoltura e all'allevamento, è soprattutto il settore
del turismo che sulla Côte genera un indotto da centinaia di milioni
l'anno. Con le piscine vuote vanno incontro all'incubo di disdette
un migliaio di ville-vacanza disseminate tra Nizza, Antibes, Cannes,
St. Tropez, Cap Martin e altre località da favola che la scorsa
estate venivano affittate anche a 5 mila euro a settimana. E in
primavera potrebbero lasciare i porti anche i maxi yacht dei
paperoni della nautica mediterranea, impossibilitati a fare il pieno
d'acqua e a lavare via la salsedine dalle cromature. Insomma, niente
modelle in bikini né a bordo piscina né sui sundeck dei 50 metri che
ormeggiano per una puntatina tra Cannes e St Tropez.
Il prefetto ha vietato ogni spreco e annunciato controlli severi e
sanzioni. L'elenco dei divieti, per essere a marzo e non in piena
estate, è impressionante. L'irrigazione di giardini pubblici e
privati (campi da golf a 18 buche compresi) è consentita soltanto
dalle 20 alle 7 del mattino. Riduzione del 20% anche per l'acqua
destinata alle produzioni agricole. Vietato lavare le auto (ma gli
autolavaggi potranno invece continuare a funzionare) e le barche. Le
strade potranno essere pulite solo utilizzando acqua riciclata o con
pressurizzatori che limitano le quantità. Niente riempimento,
chiaramente, delle piscine private. Vietato anche l'utilizzo dei
pozzi che si trovano all'interno delle proprietà perché potrebbero
andare ad intaccare delle falde ritenute di pubblica utilità. Ma non
è finita: la prefettura ha anche chiesto ai Comuni di verificare le
proprie disponibilità d'acqua prima di concedere nuove licenze
edilizie perché costruire significa utilizzarne tanta, troppa in un
momento di emergenza come questo (alcuni sindaci del dipartimento
del Var hanno bloccato le licenze addirittura per i prossimi cinque
anni). Il fatto è che sono 35 giorni che non cade una goccia
d'acqua. E gli esperti hanno registrato un tasso d'umidità del
terreno che solitamente si registra a maggio. Siccità da una parte e
rischio incendi dall'altra. Ieri a Grasse venti ettari di bosco sono
andati distrutti solo nel pomeriggio per un rogo alimentato dal
forte vento, i pompieri sono arrivati anche da Marsiglia.
I drastici provvedimenti presi sulla Costa Azzurra e nel
dipartimento delle Alpi Marittime al momento non trovano un
corrispettivo sull'adiacente Riviera Ligure. Da Ventimiglia a
Sanremo, da Arma di Taggia a Diano Marina, Andora e Alassio, la
situazione appare sotto controllo. L'ex ministro Claudio Scajola,
commissario dell'Ato Idrico della provincia di Imperia, ha convocato
un vertice urgente nei giorni scorsi per potenziare il
cronoprogramma dei lavori di potenziamento dell'acquedotto che serve
il Ponente e che attinge l'acqua dai pozzi nel fiume Roja, dove però
attingono anche i francesi da Mentone e dintorni. Sul versante
italiano, al momento, non si parla di emergenza. Ma la fotografia
non è confortante: i corsi d'acqua sono tutti in secca, si stanno
prenotando autobotti e serbatoi per i mesi a venire, non passa
settimana che non si verifichino rotture nelle condotte e le
tubature continuano a disperdere il 40% delle risorse tra le fonti e
i rubinetti delle case. All'orizzonte di piogge e perturbazioni in
grado di dare almeno un po' di sollievo non se ne vedono. E per
cambiare le cose, da questa e dall'altra parte del confine, ci
vorrebbe una primavera davvero bagnata. I 22 gradi di ieri a
mezzogiorno a Sanremo non sembrano essere un buon auspicio.
ESISTONO LE PERGOLE FOTOVOLTAICHE MA SONO IGNORATE : Le mani
delle società private sui campi fertili nel Torinese, con lo scopo
di acquisire aree sulle quali installare pannelli fotovoltaici per
produrre energia elettrica.
L'allarme arriva da Coldiretti. Per adesso sarebbero già una decina
i progetti proposti ai Comuni concentrati soprattutto tra Canavese e
Pinerolese per un totale di circa 800 mila metri quadrati di campi
che verrebbero così sottratti all'agricoltura. «L'ultimo
contrattazione credo si sia verificata a Favria – spiega il
presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici – ed è ovvio che
qualche agricoltore viene convinto. Perché questi privati pagano
fino a 8 euro al metro quadrato un terreno agricolo che ne vale la
metà o anche meno. Oppure lo affittano a più di mille euro
all'ettaro, anche in questo caso al doppio che chi lo tratta per
coltivare». Con concessioni che durano una ventina di anni, ma sono
rinnovabili.
Per dare un'idea della perdita di capacità di produzione di cibo,
con le estensioni già proposte ai Comuni per i campi fotovoltaici,
si possono produrre ben 9.600 quintali di chicchi di mais, 4.600
quintali di grano, 6.400 quintali di fieno.
«Il vero guaio è che la legge glielo consente – sbotta Mecca Cici –
perché i terreni che si possono vendere sono classificati di terza o
quarta classe catastale ma, purtroppo, su vecchie graduatorie. Nel
tempo magari sono stati resi coltivabili e irrigabili, passando in
prima o seconda classe». Di solito chi vuole investire propone
l'acquisto di almeno 10-15 ettari di terreno. «E infatti questa
corsa all'accaparramento dei campi coltivati sta anche innescando un
processo di inflazione nei valori della terra» sbotta il presidente
di Coldiretti. Che incalza: «Se non fermiamo questa speculazione,
tra qualche tempo le campagne del Torinese saranno una distesa di
pannelli, ma soprattutto sarà prodotto meno cibo e saranno espulsi
dalle produzioni agricole i coltivatori affittuari, cioè tutti quei
produttori che danno valore ai terreni coltivandoli in affitto». Si
tratta di agricoltori che, in generazioni di lavoro agricolo, hanno,
con fatica, incrementato la fertilità di quei suoli che oggi si
vedono sottratti fuori da ogni logica di mercato».
Per fermare i «predatori di terreni» Coldiretti ha presentato alla
Regione una proposta di modifica del regolamento per il fotovoltaico
che vieti l'installazione di campi fotovoltaici su tutti i terreni
classificati come «agricoli» dai piani regolatori e ha anche
proposto a tutte le amministrazioni della Città Metropolitana di
approvare una specifica delibera. Un'iniziativa che è già stata
adottata, portata in Consiglio e votata da 37 comuni.
«Gli agricoltori sono i primi a voler investire sul fotovoltaico ma
utilizzando i pannelli sui tetti dei fabbricati agricoli senza
consumare altro suolo – termina Mecca Cici - I tetti delle aziende
agricole possono contribuire, da soli, a coprire le esigenze
energetiche di oltre 50mila famiglie nel Torinese. Se aggiungiamo il
contributo di possibili nuovi impianti di produzione di biogas e
biometano da allevamenti animali si arriva a oltre 100mila famiglie
alimentate con energia pulita dall'agricoltura senza intaccare la
produzione di cibo».
11.03.23
OMS CORROTTA ? Il 7 marzo 2020 il
dg al Welfare chiese un aiuto per convincere il governo a chiudere
la regione Il ricercatore Zambon, poi licenziato: "Dissero che era
opportuno non interferire nelle cose italiane"
La richiesta
La risposta
Lombardia, anche l'Oms frenò sulla zona rossa "È una questione
politica"
monica serra
milano
Il 7 marzo 2020, la zona rossa in Lombardia era oramai «una
questione di vita o di morte».
Così, nel corso di una call con le regioni italiane più colpite,
l'allora dg al Welfare lombardo Luigi Cajazzo, in presenza del
direttore dell'Oms Europa, Hans Henri Kluge, cercò
nell'Organizzazione mondiale della sanità una sponda per convincere
il governo italiano «a chiudere i confini della Lombardia come era
stato sino ad allora fatto per la prima zona rossa» del Lodigiano.
Ma l'Oms «mostrò esitazione» e dubbi sulla «scientificità delle
azioni richieste». Sostenendo soprattutto che «non bisognava entrare
in questioni politiche in Italia». Come se, addirittura per l'Oms,
«il quadro epidemiologico allarmante della regione» e le «proiezioni
che al 26 marzo del 2020 prevedevano 2 mila pazienti in terapia
intensiva in Lombardia» presentate da Cajazzo fossero un problema
politico e non di tutela salute dei cittadini.
A raccontarlo ai magistrati di Bergamo, il 12 novembre del 2021, fu
Francesco Zambon, ex capo dei ricercatori dell'Oms di stanza a
Venezia, licenziato dopo aver pubblicato, nel maggio del 2020, il
rapporto «Una sfida senza precedenti, la prima risposta dell'Italia
al Covid-19». Un testo, poi rimosso, in cui si bollava come
«improvvisata, caotica e creativa» la risposta del Paese alla
diffusione del virus. Ma soprattutto si evidenziava per la prima
volta che il piano pandemico nazionale non era mai stato aggiornato
dal 2006.
Un fatto gravissimo - scriveva il 28 maggio del 2020 Zambon, prima
di essere fatto fuori, in una mail indirizzata ai vertici
dell'Organizzazione - che poteva esporre «a un alto rischio su
molteplici fronti con possibili conseguenze catastrofiche per l'Oms».
Per poi elencare il «grave incidente diplomatico con ministro della
Salute e controparti italiane» che avrebbero anche «ostacolato il
passaggio di informazioni acquisite nel corso della risposta
italiana al Covid verso i Paesi che ne hanno necessità». E,
soprattutto, denunciare «il ritiro» del suo rapporto «approvato a
tutti livelli, tra cui chief scientist» sulla risposta italiana al
virus che «danneggia la credibilità dell'Oms», ma anche le
«pressioni» che avrebbe subito dall'allora numero due
dell'Organizzazione, Ranieri Guerra (poi finite in un'indagine
trasmessa alla procura di Venezia).
«Mi presento spontaneamente come privato cittadino per depositare un
documento che contiene informazioni, credo rilevanti, in relazione
alla gestione dell'emergenza Covid in Lombardia», si legge nel
verbale di Zambon. Si trattava di un «appunto», con numerosi
allegati, da cui emerge la cronistoria di quel 7 marzo 2020 in cui
l'allora dg al Welfare lombardo chiese al direttore dell'Oms Europa,
Kluge, «di fare pressioni sul governo italiano, affinché adottasse
drastiche misure di contenimento, sul modello cinese».
In quell'appunto, supportato dallo scambio di mail del 7 e dell' 8
marzo del 2020, Zambon ricostruisce come Cajazzo provò a spiegare
«che la situazione estremamente critica», richiedeva «attenzione
politica immediata e misure che potevano essere portate avanti solo
se approvate a livello centrale». Misure appoggiate anche dal
governatore Attilio Fontana. In pratica, si voleva estendere la zona
rossa già istituita nel Lodigiano a tutta la Lombardia, imponendo
sul territorio della regione la chiusura delle scuole, degli uffici,
dei bar, il telelavoro e la raccomandazione agli over 65 anni «di
stare a casa».
Il direttore dell'Oms Europa, Kluge, chiese a Zambon un parere sulla
questione: «Espressi un'opinione favorevole per una chiusura -
annota il ricercatore - anche se questa avesse comportato enormi
conseguenze economiche. Non doveva essere considerata una decisione
politica, ma tecnica», anche perché «un lockdown serrato stava
funzionando in Cina».
Kluge, però, «mostrò esitazione, avanzando dubbi sulla
scientificità» delle «azioni richieste». E chiese l'intervento di
Mike Ryan, capo del programma di emergenze sanitarie, mettendo in
copia il direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus e il suo
vicario Ranieri Guerra. La sera Ryan «finalmente rispose, dicendo
che era necessaria un'attenta discussione, che non bisognava entrare
in questioni politiche in Italia, che non c'erano abbastanza dati e
che era più opportuno non interferire».
Nello scambio - riferì sempre Zambon - si sarebbe inserito anche
Ranieri Guerra «spiegando la catena di comando in Italia e
suggerendo di "non essere coinvolti in una battaglia" dato che
Lombardia, Veneto e Piemonte erano gestite da partiti
dell'opposizione». Una questione politica, insomma. Non «di vita o
di morte». —
CORRUZIONE SANITARIA ? Dietro le liste di attesa che si
allungano all'infinito ci sono senz'altro la carenza di medici e
l'obsolescenza di macchinari come Tac e risonanze. Ma a costringere
gli assistiti ad aprire il portafoglio per aggirarle o a rinunciare
proprio alle cure c'è anche il fenomeno di Asl e ospedali pubblici
che, in barba alle leggi, erogano più prestazioni in modalità
«solvente» che in regime Ssn. Così le aziende sanitarie risanano i
propri bilanci e il 42% dei medici che fa il doppio lavoro
rimpinguano per bene lo stipendio, mentre le famiglie italiane sono
arrivate a spendere oltre 1.700 euro l'anno per curarsi. Record
europeo di spesa sanitaria privata.
A svelare l'altra faccia dello scandalo liste d'attesa sono due
relazioni di oltre 150 pagine ciascuna sulla cosiddetta «intramoenia»,
l'attività privata che i medici esercitano appunto all'interno delle
strutture pubbliche. Una dell'Agenas, l'Agenzia per i servizi
sanitari regionali, l'altra inviata al Parlamento dal ministero
della Salute. Questo mentre il titolare del dicastero, Orazio
Schillaci, afferma che «la doppia anima pubblica e privata della
nostra sanità può costituire una chiave di volta per superare le
disuguaglianze a livello territoriale». Ricordando che il
Milleproroghe «permette alle Regioni di utilizzare lo 0,3% del fondo
sanitario per avvalersi delle prestazioni in convenzione con
strutture private».
Ma di privato se ne fa già tanto anche nel pubblico. Infatti dopo il
calo legato al Covid del 2020, la spesa degli assistiti per l'«intramoenia»
nel 2021 è salita da 816 milioni a un miliardo e 86 milioni,
riportandosi così vicina ai livelli pre-pandemici. Ma a
scandalizzare è il fatto che in ben 16 regioni su 21 ci sono
strutture sanitarie pubbliche che erogano più interventi in forma
privata che non in regime mutualistico. Con casi al limite
dell'assurdo che spuntano dalle tabelle relegate tra gli allegati
della relazione al Parlamento. All'ospedale Salvatore Paternò in
Sicilia gli interventi al cristallino eseguiti privatamente sono
qualcosa come 140 volte più numerosi di quelli fatti dal pubblico.
Al Cardarelli di Napoli e al Policlinico di Parma le ecografie
eseguite privatamente per ostetricia sono due volte tanto quelle
eseguite in regime Ssn. Al Rummo, in Campania, le visite
pneumologiche private sono il 250% di quelle fatte nel pubblico. Di
test cardiovascolari da sforzo all'ospedale Moscati in Calabria
privatamente se ne fanno il triplo che nel pubblico. E la quota dei
solventi supera il 300% all'Arnas Garibaldi in Sicilia. Le
elettromiografie eseguite in forma privata all'ospedale romano San
Giovanni sono il doppio di quelle in regime Ssn, mentre 165% è la
percentuale di privato per lo stesso esame alla Asl di Biella in
Piemonte. All'ospedale umbro di Umbertide è sicuramente più facile
ottenere pagando un intervento a orecchio, naso, bocca e gola, visto
che la quota di privato è circa il 220% di quella assicurata
gratuitamente grazie alle tasse che versiamo per il servizio
sanitario nazionale. In una azienda lombarda, non meglio specificata
nella relazione, di interventi di ernia inguinale e femorale
privatamente se ne fanno il 750% in più che nel pubblico, mentre in
un ospedale campano le operazioni alla mammella da solventi sono il
300% delle altre.
Di esempi se ne potrebbero fornire molti altri ed è inutile dire
che, mentre nel pubblico - secondo l'ultimo report di
Cittadinanzattiva - si arrivano ad attendere fino a 720 giorni per
una mammografia, un anno per Tac e risonanze, pagando nel 57% dei
casi si aspettano meno di 10 giorni, tra gli 11 e i 30 per le visite
specialistiche, tra i 30 e i 60 per gli accertamenti diagnostici in
un altro 28% di casi, mentre ad attendere oltre è solo il 14% dei
solventi. Una sperequazione portata avanti infischiandosene delle
leggi. Un decreto legge, il numero 223 del 2006, era stato già
benevolo con l'attività libero professionale dentro Asl e ospedali,
stabilendo che questa non poteva superare il tetto delle prestazioni
fornite in forma pubblica. E ci mancherebbe, verrebbe da dire. Anche
se poi si scopre che in non pochi casi il privato finisce per farla
da padrone. La stessa normativa vieterebbe però l'attività «intramoenia»
qualora non si rispettino i tempi massimi di attesa fissati per
legge: 72 ore per le urgenze, 10 giorni per le prestazioni
differibili, 30 per le visite e 60 per gli accertamenti
programmabili. Peccato che in oltre 300 pagine di relazioni non una
sia dedicata al monitoraggio del rispetto di questa norma.
Sicuramente infranta dove le prestazioni private superano persino
quelle pubbliche.
Quanto tutto questo produca iniquità tra chi può e chi non può
aggirare l'ostacolo liste d'attesa pagando lo dicono due dati. Il
primo è quello dell'11% di italiani che rinunciano a visite e
accertamenti per difficoltà economiche e di accesso ai servizi. Il
secondo è quello della spesa pro capite per le prestazioni in «intramoenia»,
che nelle più ricche regioni del Centro-Nord e più o meno tripla di
quella delle regioni meridionali. Dove le liste di attesa ci sono
eccome, ma a scarseggiare sono i soldi per risolvere la faccenda
privatamente. —
QUANTE SPIE CI SONO ?Il tribunale militare ha condannato a 30
anni di carcere il capitano di fregata Walter Biot, accusato di
spionaggio per avere ceduto notizie e documenti ad un funzionario
dell'Ambasciata russa in Italia. Il 58enne ufficiale era stato
arrestato in flagranza il 30 marzo 2021 nel posteggio di un
supermercato della periferia romana mentre in cambio di 5mila euro
consegnava a Dmitri Ostroukhov, assistente dell'attaché navale
dell'ambasciata russa a Roma Alexey Nemudrov – entrambi poi espulsi
dal nostro Paese – una scheda di memoria contenente il materiale
fotografato con il cellulare da un pc situato nel suo ufficio presso
lo Stato Maggiore della Difesa dove Biot disponeva delle massime
credenziali di accesso ai documenti militari.
I 181 screenshot passati ai russi da Biot – tra cui figurano anche
documenti Nato classificati come «riservatissimi» e immagini – sono
valsi all'ufficiale le accuse di rivelazione di segreti militari a
scopo di spionaggio, procacciamento di notizie segrete a scopo di
spionaggio, esecuzione di fotografie a scopo di spionaggio,
procacciamento e rivelazione di notizie di carattere riservato e
comunicazioni all'estero di notizie non segrete né riservate a
fronte delle quali la procura militare aveva chiesto l'ergastolo con
aggravamento – sei mesi di isolamento diurno – sottolineando che «è
stata raggiunta la prova della responsabilità di Biot per tutti i
reati contestati» ed escludendo la possibilità di attenuanti
generiche, concesse invece dai giudici. La sentenza è arrivata ieri
sera, al termine di una giornata di udienza per la quale
l'avvocatura dello Stato, che rappresenta la presidenza del
Consiglio dei Ministri e il ministro della Difesa, costituite parti
civili, aveva richiesto al tribunale di procedere a porte chiuse,
visto il carattere riservato dei documenti e delle circostanze
oggetto del procedimento.
Istanza cui si era associata anche la procura militare e che è stata
però respinta. Nel corso della requisitoria il pm ha ricostruito la
vicenda facendo riferimento anche alle immagini delle telecamere
interne al Stato maggiore che hanno incastrato Biot, mentre scatta
foto dello schermo del pc dell'ufficio. «Biot ha fatto commercio di
documenti segreti» e ha dimostrato «astuzia, un elevato grado di
infedeltà e la capacità criminale, ma anche il triste tornaconto
venale – ha affermato il pm –. Quella del 30 marzo del 2021 è stata
solo quella scoperta, ma possono essercene state altre». Biot, ha
spiegato il pm, è stato ripreso in tre diverse occasioni fare
fotografie di documenti riservatissimi: nelle carte passate ai russi
«anche documenti relativi alla coalizione internazionale contro il
terrorismo islamico, l'Isis e casi di crisi, in Libia e Siria. Oggi
avrebbero potuto riguardare l'Ucraina». «Biot non ha avuto
possibilità di difendersi. In questo paradosso tra segreto
istruttorio e segreto Nato viene calpestato l'imputato – il commento
dell'avvocato difensore, Roberto De Vita –. Biot non ha potuto
confrontarsi con l'accusa mossa. Continueremo la battaglia finché
non verrà reintegrato con onore nella Marina Militare». La difesa
farà ricorso in appello.
IL PAPA HA RAGIONE : "La stanchezza o i guai fisici lascerei
solo per questo"
Papa Francesco
CITTà DEL Vaticano
Santità, Papa Benedetto ha aperto la strada delle dimissioni. Lei ha
detto che è una possibilità ma che al momento non la contempla. Che
cosa potrebbe portarla in futuro a dimettersi?
«Una stanchezza che non ti fa vedere chiaramente le cose. La
mancanza di chiarezza, di sapere valutare le situazioni. Anche il
problema fisico, può darsi. Su questo domando sempre e seguo i
consigli. Come vanno le cose? Ti sembra che devo… alle persone che
mi conoscono, anche ad alcuni cardinali intelligenti. E mi dicono la
verità: continua va bene. Ma per favore: gridare a tempo».
Nel mondo ci sono diverse guerre. Perché si fatica a capirne il
dramma?
«In poco di più di cent'anni ci sono state tre guerre mondiali:
'14-'18, '39-'45, e questa che è una guerra mondiale. È cominciata
in pezzetti e adesso nessuno può dire che non è mondiale. Le grandi
potenze sono tutte invischiate. Il campo di battaglia è l'Ucraina.
Lì lottano tutti. Questo fa pensare all'industria delle armi. Un
tecnico mi diceva: se per un anno non si producessero le armi
sarebbe risolto il problema della fame nel mondo. È un mercato. Si
fa la guerra, si vendono le armi vecchie, si provano le nuove».
Prima del conflitto in Ucraina ha incontrato più volte Putin. Se lo
incontrasse oggi cosa gli direbbe?
«Gli parlerei chiaramente come parlo in pubblico. È un uomo colto.
Il secondo giorno della guerra sono stato all'ambasciata di Russia
presso la Santa Sede a dire che ero disposto ad andare a Mosca a
patto che Putin mi lasciasse una finestrina per negoziare. Mi
scrisse Lavrov dicendo grazie ma non è il momento. Putin sa che sono
a disposizione. Ma lì ci sono interessi imperiali, non solo
dell'impero russo, ma degli imperi di altre parti. Proprio
dell'impero è mettere al secondo posto le nazioni».
Quali altre guerre sente più vicine?
«Il conflitto dello Yemen, la Siria, i poveri Rohingya del Myanmar.
Perché queste sofferenze? Le guerre fanno male. Non c'è lo spirito
di Dio. Io non credo nelle guerre sante».
In questi dieci anni quanto è cambiato?
«Sono vecchio. Ho meno resistenza fisica, quella del ginocchio è
stata un'umiliazione fisica, anche se adesso sta guarendo bene».
Le è pesato andare in carrozzina?
«Mi vergognavo un po'».
In molti la descrivono come il Papa degli ultimi. Si sente tale?
«È vero che ho una preferenza per gli scartati, ma questo non vuole
dire che io scarti gli altri. I poveri sono i prediletti di Gesù. Ma
Gesù non manda via i ricchi».
Gesù chiede di portare alla sua tavola chiunque. Cosa significa?
«Significa che nessuno è escluso. Quando non sono venuti quelli alla
festa ha detto andate agli incroci delle strade e chiamate tutti,
ammalati, buoni e cattivi, piccoli e grandi, ricchi e poveri, tutti.
Non dobbiamo dimenticare questo: la Chiesa non è una casa per
alcuni, non è selettiva. Il santo popolo fedele di Dio è questo:
tutti».
Perché alcune persone per le loro condizioni di vita si sentono
escluse dalla Chiesa?
«Il peccato c'è sempre. Ci sono uomini di Chiesa, donne di Chiesa
che fanno la distanza. E questo è un po' la vanità del mondo,
sentirsi più giusti degli altri, ma non è giusto. Tutti siamo
peccatori. All'ora della verità metti sul tavolo la tua verità e
vedrai che sei peccatore».
Come s'immagina l'ora della verità, l'aldilà?
«Non posso immaginarlo. Non so cosa sarà. Soltanto chiedo alla
Madonna che mi stia accanto».
Perché ha scelto di abitare a Santa Marta?
«Due giorni dopo l'elezione sono andato a prendere possesso del
palazzo apostolico. Non è tanto lussuoso. È ben fatto, ma è enorme.
La sensazione che ho avuto era come di un imbuto al rovescio.
Psicologicamente questo non lo tollero. Per caso sono passato
davanti alla stanza dove abito. E ho detto: "Rimango qui". È un
albergo, abitano quaranta persone che lavorano in curia. E viene
gente da tutte le parti».
Della sua vita precedente, le manca qualcosa?
«Camminare, andare per la strada. Camminavo tanto. Usavo la metro,
il bus, sempre con la gente».
Cosa pensa dell'Europa?
«In questo momento ha tanti politici, capi di governo o ministri
giovani. Dico loro sempre: parlate fra voi. Quello è di sinistra, tu
sei di destra, ma siete giovani ambedue, parlate. È il momento del
dialogo fra i giovani».
Che cosa porta un Papa quasi dalla fine del mondo?
«Mi viene in mente una cosa che ha scritto la filosofa argentina
Amelia Podetti: la realtà si vede meglio dagli estremi che dal
centro. Dalla distanza si capisce l'universalità. È un principio
sociale, filosofico e politico».
Cosa ricorda dei mesi di lockdown, la sua preghiera solitaria in
piazza San Pietro?
«C'era la pioggia e non c'era gente. Ho sentito che il Signore era
lì. È stata una cosa che ha voluto il Signore per farci capire la
tragedia, la solitudine, il buio, la peste».
Spesso parla del chiacchiericcio. Perché?
«Il chiacchiericcio distrugge la convivenza, la famiglia. È una
malattia nascosta. È la peste».
Come sono stati i dieci anni di Benedetto XVI al Mater Ecclesiae?
«Bravo, è un uomo di Dio, gli voglio tanto bene. L'ultima volta che
l'ho visto è stato per Natale. Quasi non poteva parlare. Parlava
basso, basso, basso. C'era bisogno che traducessero le sue parole.
Era lucido. Faceva domande: come va questo? E quel problema là? Era
aggiornato su tutto. Era un piacere parlare con lui. Gli chiedevo
pareri. Lui dava il suo parere, ma sempre equilibrato, positivo, un
saggio. L'ultima volta però si vedeva che era alla fine».
Le esequie funebri sono state sobrie. Perché?
«I cerimonieri si erano "rotti la testa" per fare le esequie di un
Papa non regnante. Era difficile fare la differenza. Adesso ho detto
di studiare la cerimonia per i funerali dei Papi futuri, di tutti i
Papi. Stanno studiando ed anche semplificando un po' le cose,
togliere le cose che liturgicamente non vanno».
Quando saluta chiede a tutti di pregare per Lei. Perché?
«Sono sicuro che tutti pregano. Ai non credenti dico: pregate per me
e se non pregate mandatemi buone ondate. Un ateo amico mi scrive: …e
ti mando buone ondate. È un modo di pregare pagano, ma è un volersi
bene. E volere bene a un altro è una preghiera».
NON CI CREDO : Piazza Baldissera massimo 5 minuti per attraversarla
Se i calcoli del nuovo progetto del Comune sono giusti, per
attraversare la nuova piazza Baldissera i torinesi impiegheranno la
metà del tempo rispetto a oggi. Anzi, in alcuni casi i tempi di
percorrenza si ridurranno di oltre il 70%, come per chi sopraggiunge
da corso Mortara e corso Vigevano. Questo perché eliminare quel
girone dantesco che è la maxi rotatoria, come annunciato dall'assessora
alla Mobilità Chiara Foglietta, ha l'obiettivo di tagliare
drasticamente le code, diventate un incubo giornaliero per chi si
sposta in auto. Fra un paio d'anni la rotonda lascerà il passo a
un'intersezione regolata da sei impianti semaforici che rileveranno
in tempo reale il numero di passaggi da tutte le strade limitrofe.
Una strategia confermata ieri mattina dal sindaco Stefano Lo Russo,
secondo cui «la progettualità messa in campo va nell'ottica di dare
una soluzione speriamo definitiva ai problemi di gestione del
traffico della piazza, che è in cima alle priorità
dell'amministrazione».
La rivoluzione di piazza Baldissera è stata disegnata dallo studio
di progettazione Samep Mondo Engineering, su incarico della Città.
Ci sono delle analisi e soprattutto dei numeri che raccontano quanto
dovrebbe migliorare la circolazione dopo il pensionamento della
rotonda, in mezzo a cui passeranno le auto e anche la futura linea
10 del tram. Prendiamo il caso più problematico, quello di chi
proviene da corso Vigevano: attualmente chi sopraggiunge alla
rotonda trascorre mediamente sei minuti in coda (ma è appunto una
media fra gli orari di punta in cui il traffico è letteralmente
bloccato e i momenti della giornata più scorrevoli). Grazie al nuovo
scenario e alla cancellazione della rotatoria, i tempi si ridurranno
a meno di due minuti, un miglioramento del 73%. L'altro esempio più
evidente riguarda corso Mortara: adesso chi si vuole immettere nella
rotatoria impiega mediamente cinque minuti, con il ridisegno della
piazza la media si abbassa a un minuto e mezzo (con un guadagno del
71%). Ma i benefici in questo senso riguarderanno anche chi transita
su corso Venezia e corso Principe Oddone, con un guadagno
rispettivamente del 44% e del 39%.
Tutti risultati che la Città intende ottenere tagliando le auto che
oggi rimangono intrappolate in coda, cercando di inserirsi nella
rotonda di piazza Baldissera. Anche in questo caso la comparazione
fra la situazione attuale e la futura piazza senza rotatoria va a
favore di quest'ultima, analizzando i quattro principali corsi che
vi si immettono. In corso Vigevano ad esempio oggi si forma una
media di 109 veicoli in coda, che attendono di percorrere la
rotonda: con la nuova viabilità questi scenderanno a 37 (meno 66%).
Vale la stessa regola per l'asse di corso Mortara, per cui la media
delle auto in coda scenderà dalle attuali 52 a soltanto 20 (meno
62%).
Questi sono i numeri che hanno convinto il Comune e l'assessora
Foglietta a proseguire su questa strada per risolvere un problema
che affligge i torinesi da almeno un decennio. Per ridurre al minimo
i disagi, la Città vuole aprire un unico cantiere insieme a quello
di InfraTo per la posa dei binari del 10: comincerà nel 2024 e
durerà un anno. «Questa è una soluzione con un costo inferiore
rispetto al tunnel sotterraneo, per cui non abbiamo risorse e non
possiamo aspettare di averle prima di risolvere questo nodo
viabilistico», spiega il sindaco.
Il costo della risistemazione in piazza Baldissera sarà fra i 3 e i
4 milioni. «Adesso dovremo approvare in via definitiva il progetto,
che è in fase avanzata ma non del tutto concluso, poi adotteremo
tutti gli atti amministrativi per partire con i lavori», precisa Lo
Russo. —
10.03.23
RIDICOLIZZERANNO ANCORA IL PESCE PICCOLO ?
I tre ex ministri della Salute sotto inchiesta. Per la procura di
Bergamo l'ipotesi di reato è omissione di atti d'ufficio
roma
Indagati Speranza, Grillo e Lorenzin "Non aggiornato il piano
pandemico"
Il Tribunale dei ministri archivia la denuncia presentata da
Taormina
FRANCESCO MOSCATELLI
MILANO
Non la gestione dei primi complicatissimi giorni dell'emergenza
Covid. Ma il mancato rinnovo del piano pandemico. Ovvero di quello
strumento che ogni Stato dovrebbe attuare in caso di allarme
pandemico o di allarme epidemico grave, così come raccomandato dall'Oms
nel 2013 e come ribadito anche con la Decisione 1082 dello stesso
anno del Parlamento e del Consiglio europeo. Eppure il piano
pandemico italiano, prima dell'ultimo aggiornamento del 24 gennaio
2021, risaliva all'approvazione della Conferenza Stato-Regioni del
febbraio 2006.
È per questo motivo che i pm di Bergamo hanno stralciato dalla
maxi-inchiesta sulla pandemia e trasmesso per competenza
territoriale ai colleghi di Roma le posizioni di altri dieci
indagati. Si tratta degli ex ministri della Salute Beatrice Lorenzin
(governo Renzi), Giulia Grillo (governo Conte I) e Roberto Speranza
(governo Conte II, sotto inchiesta anche per epidemia colposa nel
filone sulla mancata applicazione del piano), ma anche dei dirigenti
del ministero della Salute che avrebbero dovuto occuparsi del piano
o dei dettagli necessari a renderlo operativo. Sono Giuseppe Ruocco,
segretario generale dal 2017 al 2021 e già direttore della
Prevenzione sanitaria dal 2012 al 2014, Ranieri Guerra, Maria Grazia
Pompa e Francesco Paolo Maraglino.
L'ipotesi di reato, per tutti loro, è omissione d'atti d'ufficio.
Inoltre Raniero Guerra, ex numero due dell'Oms e Maraglino, oltre ad
altri tre alti funzionari del ministero (Claudio D'Amario, Loredana
Vellucci e Mauro Dionisio) sono indagati anche per falsità
ideologica in relazione ai «dati falsi comunicati all'Oms e alla
Commissione Europea attraverso appositi questionari».
«Tutti i direttori generali della direzione Prevenzione del
ministero della Salute pro-tempore – scrivono gli investigatori
della Gdf – dichiaravano di essere stati a conoscenza del fatto che
il piano pandemico fosse del 2006 e che andava aggiornato, ad
eccezione di Guerra, il quale riferiva, falsamente, che nel corso
del suo mandato il piano non era stato aggiornato in quanto non vi
erano state variazioni sostanziali epidemiologiche, tantomeno
indicazioni da parte di Oms di variazione del piano». La dottoressa
Pompa, inoltre, ha dichiarato che il piano pandemico non era stato
aggiornato in quanto «di volta in volta vi erano altre priorità».
Ma negli atti dell'indagine si legge: «Gli stessi direttori generali
hanno anche omesso di redigere i piani di dettaglio necessari
affinché il piano funzionasse in tutti i suoi aspetti. Tale
negligenza ha conseguentemente comportato la circostanza di avere un
documento privo delle essenziali indicazioni operative per renderlo
efficace nei minimi particolari». E ancora: «Vi è anche da segnalare
la totale assenza di formazione del personale: un qualunque tipo di
piano o una qualunque circolare, per avere successo nella sua
applicazione, è necessario che sia conosciuto a tutta la platea
degli attori e che tutti partecipino a esercitazioni svolte in
special modo a livello locale, ossia negli ospedali».
Spetta ora alla procura di Roma valutare le posizioni e decidere
come procedere. Per i familiari delle vittime riuniti
nell'associazione #Sereniesempreuniti la trasmissione degli atti
nella capitale rappresenta comunque un passo avanti. «Questa notizia
ci dà ancora più forza per proseguire il nostro cammino verso la
verità e la giustizia che dobbiamo a tutti i nostri cari» spiegano
con una nota.
LA REALTA' SUL CONTROLLO NIGERIANO: Quando è scesa
dall'aereo a Ciampino, così alta e impacciata nella sua tunica
africana, scortata stretta da due agenti della polizia, uno faceva
persino fatica a capire che cosa ci facesse lì in mezzo. I capelli
neri e fluenti le coprivano tutta la schiena. Zoppicava e l'hanno
dovuta mettere su una sedia a rotelle. Ma Momy, come la chiamano,
non è una qualunque. È una delle cento persone più ricercate al
mondo. Si chiama Jeff Joy. E l'Italia le dava la caccia dal 2010.
Alla fine il questore di Ancona, Cesare Capocasa, e il capo della
Squadra Mobile, Carlo Pinto, hanno vinto la loro battaglia,
cominciata nel 2006, quando una giovane prostituta nigeriana si era
coraggiosamente ribellata alla schiavitù e alle minacce tribali
della Black Mafia, denunciando la Madame che gestiva il traffico
della prostituzione, questa signora dalle maniere apparentemente
garbate che si nascondeva sotto varie identità: Jeff Joy, alias
Omoruy Chrity, detta Momy, nata il 12 aprile 1975. Nel 2013 era
stata condannata a 13 anni di carcere per associazione a delinquere,
tratta degli esseri umani e sfruttamento della prostituzione, ma lei
ormai si era già eclissata da tre anni, sparendo dai radar della
polizia italiana. Da allora, Momy è diventata una delle cento
persone più ricercate del mondo, una donna che ha scalato le
gerarchie del potere all'interno di un'organizzazione criminale
dalle regole molto rigide e dalle strutture verticistiche, per
alcuni aspetti simili a quelle della ‘ndrangheta, fondata su omertà
e timore diffuso negli adepti esercitato anche attraverso antichi
riti tribali e violenze spietate. Momy è stata arrestata in Nigeria
il 4 giugno del 2022 dal Department of State Services in esecuzione
di una «red notice» emessa dall'Italia, operazione complessa, perché
la Black Mafia gode in patria, per motivi storici, di grandi appoggi
e coperture a tutti i livelli.
La giovane prostituta che si era ribellata alle sue leggi feroci
aveva sollevato per la prima volta un velo sulla mafia nigeriana.
Aveva raccontato nei dettagli come vengono reclutate e schiavizzate
le ragazze come lei: pagano loro il viaggio per arrivare in Europa,
con una cifra inarrivabile considerando le loro misere condizioni
economiche, e sono costrette a restituire quei soldi mercificando il
loro corpo. Dopo una iniziazione voodoo, che prevede anche le
minacce ai familiari, danno loro i vestiti e le buttano sulla
strada. Quello che non tutti sanno è che la Black mafia si forma
nella società alta del Paese, composta da persone con un elevato
grado di istruzione. Nasce negli Anni 80, in seguito alla crisi del
petrolio, che aveva portato i gruppi dirigenti a cercare l'appoggio
della criminalità per mantenere i propri privilegi. In cambio,
ottengono la protezione necessaria per poter svolgere indisturbati i
loro traffici, contando sull'appoggio di una parte del mondo
politico, oltre che sullo scarso controllo dello Stato. Si espandono
in quasi tutti i Paesi dell'Europa, e gestiscono oltre al traffico
di eroina e cocaina, l'accattonaggio e la prostituzione. I vertici
sono in genere maschili per le attività di narcotraffico e le truffe
telematiche, femminili per lo sfruttamento della schiavitù sessuale.
In genere la figura della Madame è molto spesso, come nel caso di
Jeff Joy, una ex prostituta che riesce a passare dall'altra parte
della barricata, o immigrate con regolari permessi di soggiorno che
si adoperano come corrieri della droga conquistando la fiducia dei
boss. Jeff Joy ha scalato le gerarchie partendo dal basso. Quando
viene denunciata dalla giovane ribelle, lei è a capo di una vasta
zona della Riviera adriatica, che parte da Rimini e attraversa le
coste marchigiane. Dietro quell'apparenza persino signorile con cui
si presenta, viene descritta come una donna dura e spietata.
D'altro canto questi sono i tratti caratteristici della mafia
nigeriana, fondata da persone colte e dalle buone maniere che usano
i mezzi e i metodi più terribili per imporre la loro volontà. Per
questo forse è stata così a lungo sottovalutata. Prima di farsi
largo in Italia ha stretto alleanze con la mafia e la 'ndrangheta. A
Palermo, nel quartiere storico di Ballarò, ha gestito lo spaccio e
la prostituzione sotto la guida di Giuseppe Di Giacomo, boss del
clan Portanuova ucciso nel 2014. E in Campania, invece, in alcune
zone ha finito persino per prendere il posto dei casalesi quando
questi hanno cominciato a essere colpiti seriamente dalle indagini
di polizia. Adesso i maggiori alleati della Black Mafia sono cinesi
e albanesi. E tanto per capire com'è cambiato il loro ruolo
all'interno delle organizzazioni criminali, basti sapere che oggi
per portare la droga nel nostro Paese utilizzano anche corrieri
italiani, nuovi soldati della mala, remunerandoli con tremila euro
per ogni trasporto.
Per tutti questi motivi, l'arrivo di Jeff Joy in Italia è il frutto
di una grande operazione diplomatica e di intelligence, seguita
passo a passo dal servizio Centrale per la cooperazione
internazionale di Polizia, e dalla sua Direzione centrale, guidata
dal prefetto Vittorio Rizzi. Momy che scende dall'aereo a Ciampino è
un capitolo che si chiude. E ce n'è voluto del tempo. Ma il bello è
che questo adesso potrebbe diventare l'inizio di un'altra storia.
FLOP NUCLEARE FRANCESE :
I prezzi dell'energia in Francia salgono mentre tornano le
preoccupazioni per i reattori nucleari
L'EDF deve rivedere i controlli sui reattori, afferma l'autorità
nucleare
Anche la Francia è sconvolta dagli scioperi mentre il freddo si
impadronisce del nord EuropaDi Vanessa Dezem, Todd Gillespie e
Francois de Beaupuy
(Bloomberg) -- I prezzi dell'energia in Francia sono aumentati tra
nuove preoccupazioni per la corrosione nella flotta nucleare del
paese, in un contesto di scioperi diffusi che hanno causato
interruzioni ovunque, dai porti alle centrali elettriche.
La potenza francese per il prossimo anno è balzata fino al 7,9%, il
massimo dalla fine di gennaio. I prezzi del gas naturale del giorno
prima nella nazione sono avanzati per un secondo giorno.
Electricite de France SA deve rivedere il suo programma di controlli
sui reattori nucleari dopo aver trovato una nuova crepa su un tubo
nella sua unità Penly-1 all'inizio di quest'anno, ha detto
l'autorità nucleare del paese. Non è chiaro in che modo la revisione
influirà sulla produzione, che la società prevede di recuperare dopo
molteplici interruzioni nel 2022.
LA POLITICA UN MESTIERE:
Così si rischia di celebrare il requiem delle Circoscrizioni. Per
questo motivo, nella riunione di martedì con gli otto presidenti di
quartiere, Francesco Tresso, l’assessore incaricato di occuparsi del
Decentramento, ha usato tutte le cautele del caso e ha promesso una
comunicazione ufficiale nei prossimi giorni. La modifica del Testo
Unico degli Enti Locali e l’approvazione da parte di Palazzo Civico
della delibera per aumentare gli stipendi del sindaco e dei
consiglieri hanno provocato un terremoto per i parlamentini
costretti a fare i conti con una novità: da quest’anno non è più
permesso concedere un gettone di presenza ai coordinatori
partecipanti alle riunioni di giunta delle otto Circoscrizioni.
Per gli «assessorini» è una doppia beffa. Palazzo Civico ha
annunciato anche che scriverà loro una lettera con la richiesta di
restituzione di quelli guadagnati nei primi tre mesi del 2023. Dopo
i tagli dei finanziamenti, l’ultima novità normativa indebolisce uno
degli «strumenti» di partecipazione più importanti. Le
Circoscrizioni, emanazione dei vecchi consigli di quartiere, sono
l’anello amministrativo, e quindi della vita politica, più vicino ai
cittadini. Il «taglio» degli emolumenti delle riunioni di giunta
arriva a pochi giorni dallo scoppio del caso dei gettoni delle
conferenze dei capigruppo da rimborsare. I rappresentanti dei
partiti del 2013 in Circoscrizione e in Sala Rossa hanno ricevuto la
richiesta di restituire parte di quanto guadagnato con l’attività da
consigliere. Con la conseguenza che adesso un centinaio di eletti
nei parlamentini di quartiere teme la stagnata, perché la
preoccupazione è di dover mettere mano al portafoglio anche per gli
anni successivi, fino al 2019. Il Comune è finito sotto la lente di
ingrandimento della Corte dei Conti. I magistrati contestano la
parte dello Statuto della Città, dove si legge che «la conferenza
capigruppo esercita anche le funzioni di Commissione permanente»
(articolo 31, comma 2) quando tratta alcune «materie», specificate
nel Regolamento del Consiglio Comunale, che sono gli affari legali,
i problemi della polizia urbana, la sicurezza della città.
Già nel 2018 la Corte dei Conti di Torino si è espressa contro
questa interpretazione del Tuel, in risposta a un parere richiesto
da un comune del Novarese. Una «bocciatura» ritornata d’attualità, a
distanza di cinque anni, la settimana scorsa quando Palazzo Civico
ha inviato le raccomandate per mettere in mora i capigruppo dei
partiti eletti nelle elezioni del 2011. Una diffida che ordina la
restituzione dei gettoni guadagnati in modo irregolare dai
consiglieri di allora che si difendono dicendo: «Noi non abbiamo mai
chiesto il loro pagamento, essendo previsto nel regolamento».
Martedì però si è abbattuta una nuova tempesta sulle Circoscrizioni.
Da gennaio è vietato riconoscere un emolumento ai partecipanti alle
sedute della giunta. A dettarlo, è stata una delibera approvata dal
Consiglio Comunale, che ha modificato il regolamento in vigore da
vent’anni. La riunione degli «assessorini» perde così
l’equiparazione con la commissione consigliare che prevede 60 euro
lordi a seduta.
Palazzo Civico, in un solo colpo, ha aumentato il numero complessivo
di gettoni che un singolo eletto può guadagnare (sono passati da 14
a 19), ma ha «azzoppato» l’attività dei coordinatori. Cariche non
marginali nei parlamentini di quartiere perché si occupano (quasi)
quotidianamente dei sopralluoghi, del ricevimento dei cittadini e
delle organizzazioni del calendario di iniziative amministrative. A
Genova, in risposta alla modifica del Tuel, si è concesso ai
coordinatori un’indennità. Mentre qui rischiano di essere
«degradati». Un paradosso per amministratori che, come nel caso
della Cinque, «governano» una Circoscrizione con più cittadini di
molti capoluoghi di provincia.
09.03.23
Ursula von der Leyen
"Migranti, ora soluzioni Ue Investiremo mezzo miliardo per i
corridoi umanitari"
Gli sforzi comuni
L'accoglienza
Caro Primo Ministro, la ringrazio di avermi scritto dopo il
drammatico naufragio al largo delle coste calabresi. Condivido
appieno il suo parere secondo cui, in quanto europei, politici e
cittadini, abbiamo il dovere morale di evitare simili tragedie, che
purtroppo si verificano troppo spesso. Quest'ultima tragedia deve
pertanto servire da monito per accrescere la nostra determinazione a
trovare soluzioni efficaci e durature.
È vero: il fenomeno migratorio è una realtà complessa e in costante
trasformazione. È una sfida a cui facciamo fatica a dare una
risposta e che richiede soluzioni radicali ed esaustive. Le
soluzioni si potranno trovare soltanto agendo unitamente. Nel tempo,
abbiamo dimostrato che, quando agiamo insieme, l'Ue è in grado di
gestire le migrazioni. Per esempio, i milioni di ucraini in fuga
dalla guerra della Russia stanno portando allo sfollamento più
gigantesco sul nostro continente dai tempi della Seconda Guerra
Mondiale. Ne consegue, chiaramente, che le migrazioni sono una sfida
europea che esige una soluzione europea.
Fare progressi significativi nel Patto europeo su migrazione e asilo
è di importanza fondamentale, se davvero vogliamo spezzare il
circolo vizioso delle soluzioni arrangiate che non portano a
miglioramenti soddisfacenti. Ai fini dell'approccio proposto dalla
Commissione europea è cruciale gestire il fenomeno migratorio agendo
in maniera olistica sui diversi aspetti della nostra politica:
aiutando chi ha bisogno di protezione a livello internazionale,
impedendo le partenze irregolari, lottando contro le reti criminali
dei trafficanti, offrendo corridoi per migrare in modo sicuro e
legale, e rimpatriando coloro che non hanno il diritto di rimanere.
Come lei fa notare giustamente, mentre ci adoperiamo per pervenire a
un'intesa su un quadro giuridico comune, l'Ue può agire. Per questo
motivo, ho predisposto alcune misure operative immediate in vista
dell'ultimo Consiglio europeo e sono stata incoraggiata a farlo
dalle reazioni e, in particolare, dall'impegno dimostrato
dall'Italia nel lavorare in stretta collaborazione. Mi piacerebbe
quindi sottolineare alcune delle aree d'azione più importanti,
basandomi anche sul Piano d'azione sul Mediterraneo centrale ora in
vigore.
Primo, dobbiamo coordinare le nostre azioni con i partner più
importanti per impedire le partenze irregolari e salvare vite in
mare. A questo fine, la Commissione sta lavorando in stretta
collaborazione con gli Stati membri per intensificare la
cooperazione con i partner più importanti in Africa settentrionale.
L'Ue e l'Italia collaborano da molti anni per rafforzare la gestione
delle frontiere e così pure le capacità di ricerca e salvataggio. La
nostra collaborazione ha dato vita alla capacità di tutelare il
fenomeno migratorio e di gestirlo a livello internazionale in Africa
del Nord e oltre, lungo le rotte migratorie più importanti.
Nell'ambito della programmazione dei finanziamenti dell'Ue, ancora
una volta quest'anno daremo la priorità a questa attività, con
un'attenzione particolare nei confronti di Tunisia ed Egitto.
Offriremo anche ulteriore appoggio alla gestione delle frontiere
marine della Libia, alle capacità di ricerca e intervento di
salvataggio e rafforzeremo gli interventi complementari per
intensificare il controllo delle sue frontiere di terra con
l'Egitto.
Faccio affidamento sul nostro incessante partenariato e il nostro
comune impegno nei confronti di un approccio europeo unitario.
Questo non soltanto ci offre i mezzi per intervenire in maniera
efficace, ma consolida anche la nostra capacità di agire con
sistematicità e affidabilità con i partner più importanti. Il
vicepresidente Schinas e la commissaria Johansson stanno lavorando
in stretta collaborazione con le rispettive controparti nei vari
Stati membri, coinvolgendo in un impegno congiunto e unitario
europeo i Paesi partner. Questo porterà a missioni congiunte nei
Paesi partner, soprattutto in Tunisia ed Egitto.
Secondo, dovremmo concentrare i nostri sforzi nei confronti di
coloro che necessitano di protezione internazionale, fornendo loro
alternative reali al fatto di affidare il loro destino alle mani dei
criminali. Lo sforzo dell'Italia e di altri Paesi volto a offrire
rotte sicure e legali alle persone vulnerabili grazie a corridoi
umanitari costituisce un contributo fondamentale. Da qui al 2025
offriremo finanziamenti per almeno mezzo miliardo di euro per i
ricollocamenti e i corridoi umanitari, fornendo aiuto alla
ricollocazione di circa cinquantamila persone. Continueremo a dare
la priorità alle rotte sicure e legali dalla Libia e dalla Nigeria
rafforzando il Meccanismo per il Transito di Emergenza e offrendo
opportunità di Rimpatrio volontario assistito per chi non necessita
di protezione, nell'ambito del nostro impegno a tutto campo con la
task force di Ue, Unione africana, Nazioni Unite. Inoltre, per
appoggiare modelli emergenti nati a partire dall'esperienza dei
corridoi umanitari, a gennaio la Commissione ha lanciato un appello
a finanziamenti mirati nel quadro del Fondo Asilo, migrazione e
integrazione per il patrocinio comunitario. Avremo occasione di
discutere maggiormente queste soluzioni nei dettagli durante il
prossimo "Resettlement Forum" dell'Ue fissato a maggio, oltre a
continuare a sostenere a livello di Ue l'esperienza dell'Italia con
i corridoi umanitari.
Partendo dalla cooperazione in essere con Paesi partner come la
Nigeria e il Marocco, dove nel luglio dell'anno scorso abbiamo
lanciato la Partnership operativa anti-trafficanti, ci stiamo
adoperando per lanciarne altre due con la Tunisia e l'Egitto,
aiutati da Europol ed Eurojust. Queste partnership ambiscono a
consolidare la compagine legale, politica, operativa e strategica
nei Paesi partner in reazione al traffico di migranti e per
migliorare la partecipazione, l'impatto e la sostenibilità a lungo
termine dei loro sforzi in modo strutturato. Queste partnership
trarranno beneficio dal finanziamento di un nuovo programma
plurinazionale nordafricano volto a intensificare la lotta al
traffico di migranti nella regione.
Terzo, per lavorare in più stretta collaborazione a un approccio di
ricerca e salvataggio più coordinato, la Commissione ha rilanciato
il Gruppo di contatto europeo per la ricerca e il salvataggio
nell'ambito del Piano d'azione per il Mediterraneo centrale. Il
gruppo mette a disposizione un forum per promuovere la cooperazione
e il coordinamento tra le autorità nazionali e sono lieta di
apprendere il forte impegno in tal senso dell'Italia. A partire
dalla prima riunione del gruppo, si continuerà a discutere di come
predisporre un più ampio assetto di collaborazione per la ricerca e
il salvataggio tra gli Stati lungo le coste e gli stati di bandiera.
Posso assicurarvi che la Commissione continuerà a dare la massima
priorità a questo progetto.
Nel nostro prossimo Consiglio europeo di marzo, intendo fornire una
panoramica sullo stato di avanzamento delle iniziative in corso
riguardanti le misure operative da me proposte a febbraio. Il
sostegno e i contributi degli Stati membri, Italia compresa, saranno
graditi. Questo è l'unico modo che esiste per garantire che la
nostra azione faccia davvero una differenza reale sul terreno.
La difesa di Fini sulla casa di Montecarlo "Ingannato da mia moglie
e dal fratello"
Ah, l'amore. La parabola politica di Gianfranco Fini sembra tutta
qui. All'apice del potere, quando era presidente della Camera e
leader della destra, alleato-competitor di Silvio Berlusconi, Fini
s'innamorò della bellissima e furbissima Elisabetta Tulliani,
vent'anni più giovane, volto patinato di una famiglia vorace della
piccola borghesia romana. E fu la sua disgrazia.
«Quella dell'appartamento di Montecarlo è stata la vicenda più
dolorosa per me. Sono stato ingannato da Giancarlo Tulliani e dalla
sorella Elisabetta», ha detto ieri Fini in una deposizione al
tribunale di Roma. Lui era sua cognato, lei sua moglie e madre di
sue due figlie. Fini si fidò all'inverosimile. E loro lo tradirono.
La storia è tutta qui.
Si celebra in questi giorni il processo per la compravendita del
celebre appartamento di Montecarlo, la buccia di banana su cui Fini
scivolò nel 2010. È sotto processo per reati seri che vedono
coinvolti anche i Tullianis (il padre Sergio, i figli Giancarlo ed
Elisabetta), il re dei videoslot Francesco Corallo (figlio di
Gaetano, ritenuto il cassiere del clan mafioso Santapaola) finito in
carcere per un'evasione da centinaia di milioni di euro, l'ex
deputato Amedeo Labocetta, trasformatosi in lobbista personale
dell'imprenditore. Ebbene, Fini risponde di concorso in riciclaggio
perché Corallo diede 300 mila euro ai fratelli Tulliani per fargli
comprare la casa di Montecarlo (proprietà della fondazione di
Alleanza nazionale), li assistette per schermare i nomi dietro
società di comodo, e poi i due fratelli diabolici nel 2015
rivendettero l'appartamento guadagnandoci un milione di euro.
«Loro - ha testimoniato ieri Fini - insistettero perché mettessi in
vendita l'immobile. Giancarlo mi disse che una società era
interessata ad acquistarlo, ma non sapevo che della società facevano
parte lui e la sorella: la sua slealtà e la volontà di ingannare
credo si sia dimostrata in tutta una serie di occasioni».
Ingenuo e innamorato, dunque, ma non corrotto. «Anche il
comportamento di Elisabetta - ha aggiunto Fini - mi ha ferito. Ho
scoperto solo dagli atti del processo che era comproprietaria
dell'appartamento e poi appresi anche che il fratello le bonificò
una parte di quanto ricavato dalla vendita. Tutti fatti che prima
non conoscevo. Per me è stato un turbamento forte».
Solo nel 2010 Fini avrebbe appreso chi era il reale proprietario
dell'immobile. «E ruppi ogni rapporto».
Lui pendeva dalle labbra della giovane moglie. Il cognato mirava
dritto agli affari come ha testimoniato Guido Paglia, uno che in
quella stagione divenne un potente alla Rai. Convocato a
Montecitorio per parlare brutalmente di come andava aiutato
Giancarlo Tulliani, litigò forte con Fini. Il quale ora dice: «Se
avessi saputo nel 2008 chi era davvero, non avrei disturbato Paglia»
DALEMA IL CERVELLO PROBLEMATICO DI SPERANZA: I verbali
dell'ex ministro Speranza: "La bussola l'abbiamo sempre avuta"
"L'Italia era senza manuale d'istruzioni"
milano
In mezzo alla tempesta della pandemia, «l'Italia non era "senza
bussola", ma "senza manuale d'istruzione"».
È il 21 gennaio del 2021 e l'ex ministro Roberto Speranza è davanti
ai magistrati di Bergamo, sentito per la seconda volta, prima ancora
di finire indagato nella maxi inchiesta per epidemia colposa. «La
bussola - dice - l'abbiamo sempre avuta e ci portava a difendere
innanzitutto la salute delle persone dinanzi a ogni altra
valutazione. Ciò che ci mancava era il manuale d'istruzione su come
fronteggiare un virus sconosciuto».
Al centro delle incalzanti domande dei pm c'è la mancata adozione
del piano pandemico vecchio del 2006 (sul mancato aggiornamento,
l'indagine stralciata è ancora in corso). Convinto che l'Italia
avrebbe «rappresentato un modello per il mondo per come ha
affrontato la pandemia», Speranza spiega che quel piano «era datato
e non costruito su un coronavirus ma su un virus influenzale. Questo
ha portato i nostri tecnici a preferire la definizione di un nuovo
strumento costruito sul Covid».
In ogni caso, il «compito di applicarlo - sottolinea il ministro -
spettava al dg della Prevenzione del ministero, Claudio D'Amario».
Fu Silvio Brusaferro, direttore dell'Iss - ha ricostruito invece
D'Amario - a proporre «un piano specifico che a partire dalla
casistica cinese e seguendo dei modelli matematici poteva meglio
misurare il bisogno emergenziale»: il piano elaborato da Merler, che
già a fine febbraio delineava «scenari catastrofici». Anche questo,
però. scrive la Gdf, fu «secretato» e «disatteso».
QUANTE TANGENTI PER IL NUCLEARE DI PICHETTO ? L'atomo
potrebbe rientrare nella strategia a lungo termine che l'esecutivo
dovrà presentare all'Ue entro il 30 giugno
La tentazione nucleare del governo idea reattori nel piano
energetico
Francesco Bertolino
Il governo italiano apre il cantiere nucleare e studia l'inserimento
dei reattori nel piano energetico a lungo termine. Il patto
industriale sull'atomo annunciato lunedì da Edison, Edf e Ansaldo ha
smosso la politica. «Sul fronte nucleare l'Italia ha forte
esperienza, capacità e storia», ha sottolineato ieri il ministro
dell'Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin.
Non si tratta, ha chiarito, «di fare domattina una centrale, ma
dobbiamo stare al passo con il mondo».
Una dichiarazione destinata a riaprire il dibattito che dovrà
giungere in tempi brevi a un esito, positivo o negativo. La
costruzione di reattori richiederebbe anni e, prima di avviare gli
investimenti, le imprese attendono un indirizzo legislativo stabile
e preciso.
Il loro auspicio potrebbe essere esaudito già prima del 30 giugno.
Per quella data l'Italia, infatti, dovrà presentare alla Commissione
europea l'aggiornamento del Piano Nazionale Integrato Energia e
Clima (Pniec). Il documento definirà la strategia che il Paese
adotterà di qui al 2030 per ridurre le emissioni, aumentare
l'efficienza energetica e garantire la sicurezza degli
approvvigionamenti.
In ambienti finanziari è diffusa la convinzione che il nucleare
troverà spazio nel programma. I reattori potrebbero infatti
affiancare le fonti rinnovabili, assicurando la fornitura continua e
flessibile di energia. D'altra parte, il centrodestra non ha mai
fatto mistero della volontà di riaprire la porta alla fissione,
chiusa dai due referendum del 1987 e del 2011. Il programma
elettorale della maggioranza contemplava esplicitamente
l'installazione di impianti nucleari di nuova generazione.
All'indomani della vittoria alle primarie, invece, la neo-segretaria
del Partito Democratico, Elly Schlein, ha così liquidato la
questione nucleare: «Non è la strada da seguire»
I partiti di maggioranza appaiono tuttavia decisi a maneggiare
l'atomo. La loro coesione sarà sottoposta a un primo test dalla
mozione presentata dal capogruppo di Forza Italia alla Camera,
Alessandro Cattaneo, e dal responsabile Energia del partito, Luca
Squeri. L'istanza parlamentare impegna il governo a intraprendere
iniziative per promuovere la ricerca e l'adozione del nucleare in
sede europea e nazionale.
Nel caso, Ansaldo ed Edison non sono le uniche aziende nazionali
pronte a partecipare al rilancio dell'industria dell'atomo in
Italia. Eni è da tempo al lavoro sulla fusione a confinamento
magnetico e a tal fine ha investito centinaia di milioni
nell'americana Commonwealth Fusion Systems, diventandone primo
azionista. Leonardo e la stessa Ansaldo sono poi coinvolte nel
progetto internazionale Iter che mira a costruire la macchina per la
fusione nucleare più grande al mondo.
SCAMBIO ELETTORALE :Sono 311 le proposte di modifica al
decreto Superbonus presentate ieri Commissione Finanze alla Camera.
E stando a quanto emerso al termine di un nuovo vertice tecnico che
si è svolto ieri al Mef, il governo ha dato disponibilità ad
intervenire sulla cessione dei crediti, su sismabonus, edilizia
libera, case popolari e Onlus. Da subito però si cercherà di salvare
i crediti maturati nel 2022 attualmente bloccati nell'iter di
approvazione in banca che in vista della scadenza del 31 marzo
rischiano di decadere se non vengono registrati entro quella data
all'Agenzia delle Entrate. Accogliendo la soluzione individuata nei
giorni scorsi dal relatore al decreto, Andrea de Bertoldi (Fdi), il
governo dovrebbe consentire di iscrivere il credito sulla
piattaforma dell'Agenzia delle Entrate fin dal momento in cui viene
preso in carica dalla banca. Per questo verrebbe emanato un «comunicato-legge»
per anticipare la modifica che verrebbe poi inserita con un apposito
emendamento nel decreto in discussione alla Camera.
«Apprezzo che il governo abbia dato disponibilità sui temi di questi
mesi - spiegato ieri De Bertoldi -. Aver contenuto in circa 300 il
numero degli emendamenti aiuterà il dialogo tra le parti e porterà a
modificare in meglio il decreto. Ci troviamo di fronte a una
situazione insostenibile che va immediatamente frenata, ma che non
deve penalizzare né le famiglie né le imprese».
Forza Italia chiede lo sblocco dei crediti posseduti dalle banche
tramite la compensazione con gli F24 e l'acquisto da parte delle
partecipate di Stato, la proroga di tre mesi (al 30 giugno) per la
conclusione dei lavori col 110% per villette e Iacp. Mentre rispetto
al futuro per i redditi bassi l'idea è quella di consentire loro di
poter spalmare su più anni di quelli attualmente previsti le
detrazioni fiscali maturate. Oltre a questo si punta sulla deroga al
blocco dello sconto in fattura per i territori terremotati, terzo
settore, rigenerazione urbana e barriere architettoniche. Sulle
villette insiste anche Fratelli d'Italia che punta a prolungare a
fine giugno il Superbonus.
LA PROVA DELLA DITTATURA SANITARIA: Il docufilm «Invisibili»
censurato da Youtube e bandito dal virologo Matteo Bassetti,
domenica verrà proiettato nel teatro dell'oratorio parrocchiale a
Chivasso. Nella città dove in piena zona rossa si organizzavano gli
aperitivi disobbedienti.
Si tratta di un documentario realizzato da Paolo Cassina e che
racconta e denuncia i drammi e le tragedie delle vittime delle
reazioni avverse da vaccino Sars-Cov2. E a seguire ci sarà un
dibattito a cui parteciperanno esponenti del Comitato Ascoltami,
avvocati e medici.
Alla proiezione non ci sarà il sindaco Claudio Castello nonostante
abbia ricevuto l'invito all'evento promosso dal Popolo per i diritti
e libertà, dal Coordinamento Piemonte e dal Comitato di Liberazione
Nazionale. Ma sull'opportunità o meno della proiezione il primo
cittadino preferisce tacere. Non se la sente di commentare questo
tipo di iniziativa il dottor Antonio Barillà, responsabile del
distretto dei medici di famiglia, ma ricorda come in quel periodo si
sia «usciti dalla pandemia seguendo quanto la scienza ci aveva
indicato. Non ho gli elementi per commentare l'iniziativa perché non
ne conosco i contenuti, ma posso ricordare come a Chivasso si siano
inoculati oltre 140 mila vaccini».
Ma quella proiezione fa riflettere la politica. Soprattutto la
minoranza. Chi probabilmente andrà a vedere il docufilm è Enzo
Falbo, il consigliere di Fratelli d'Italia seduto all'opposizione:
«Preciso di aver fatto tutti e tre i vaccini, ma credo sia un tema
che vada approfondito». Matteo Doria consigliere della civica Amo
Chivasso è certamente pro vax, ma allo stesso tempo ricorda che
debba essere garantita a tutti la liberà di espressione. Stessa
opinione per il consigliere della civica Per Chivasso, Bruno Prestia:
«Sulla proiezione non mi esprimo perché non so di cosa tratti, ma
sul convegno non ci vedo nulla di male perché ci sono dei medici».
Per Clara Marta di Forza Italia «Don Davide, sicuramente in buona
fede, ha dato la disponibilità del locale. Il tema della pandemia
non va spettacolarizzato. Senza vaccini, oggi, la situazione sarebbe
drammatica. Chi sostiene la battaglia no vax ha il diritto di
pensarla come crede. Non mi pare però opportuno che un oratorio,
luogo di educazione, diventi megafono di teorie, quantomeno
discutibili.
08.03.23
Torino
06.03.2023
ALL’ECC.MA PROCURA DELLA REPUBBLICA ROMA
Oggetto: PROPOSTA ACQUISTO RETE TIM DA PARTE DELLA CDP per 18 miliardi
contro una quotazione di 6,72 della intera Tim.
Il sottoscritto Marco BAVA, nato a TORINO il 07.09.57
rappresenta che : Ieri 05.03.23 CDP ha presentato una offerta di
acquisto della rete Tim per 18 miliardi di euro quando la
capitalizzazione borsistica , dopo la diffusione della notizia, e’ di
6,72 miliardi. Tale differenza di prezzo non e’ minimamente giustificata
se non un con un gioco al rialzo orchestrato da Vivendi , socio di
riferimento di Tim, attraverso l’offerta di KKR di 20 miliardi.
Corre l'anno 1988 quando Raul Gardini crea una joint venture tra due
colossi della chimica: ENI, azienda pubblica leader nel settore degli
idrocarburi, e Montedison, numero uno della chimica tra i gruppi privati
e operante anche in altri settori come quello farmaceutico, energetico,
metallurgico, agroalimentare, assicurativo e dell'editoria.
Il polo che ne nasce è una società che vede i due player spartirsi
equamente le quote: 40% per entrambi, il resto è in mano ai mercati.
Il sodalizio però dura poco. Il dualismo porta a molte divergenze
strategiche, così ENI tenta la scalata cercando di acquistare il 20% del
flottante, attraverso una cordata di finanzieri vicino all'azienda
pubblica. Come conseguenza di questo vi è l'incrinatura dei rapporti con
il partner d'affari e la decisione di Gardini di cedere all'ente di
Stato il 40% di proprietà di Montedison.
Il denaro incassato dalla cessione azionaria viene utilizzato per pagare
le tangenti al sistema politico, attraverso l'intermediazione del
finanziere Sergio Cusani che in quel periodo è un illustre dirigente
della famiglia Ferruzzi, socio di maggioranza di Montedison.
Così risulta dall'inchiesta Mani Pulite condotta dall'allora pubblico
ministero Antonio Di Pietro e che vede coinvolti quasi tutti i partiti
della Prima Repubblica.
Come contropartita della tangente incassata, i politici promettono una
defiscalizzazione generale delle plusvalenze che Montedison realizza con
l'attribuzione di parte delle attività a Enimont. Le somme intascate
arrivano fino a 150 miliardi di vecchie lire e almeno 90 miliardi
passano attraverso lo IOR, che è la banca del Vaticano.
Il mezzo attraverso cui avviene il giro di denaro è con l'attribuzione
agli esponenti dei partiti di titoli di Stato, che vengono detenuti in
conti off-shore presso l'istituto di credito religioso. Questi titoli
sono gestiti direttamente dal direttore dello IOR, Monsignor Donato De
Bonis, che attraverso vari intermediari si occupa di convertire in
denaro liquido le somme immobilizzate e di stornarle presso banche
estere.
L'inchiesta è un vero terremoto giudiziario che mette in subbuglio i
vertici delle istituzioni repubblicane. Gli arresti fioccano così come,
per i politici, i rinvii a giudizio, che però devono passare per il
vaglio dell'aula parlamentare.
Nel bel mezzo dello scandalo e della vergogna si suicida nel carcere di
San Vittore, Gabriele Cagliari, presidente dell'ENI dal 1989 al 1993.
Poco dopo Raul Gardini viene trovato morto nonostante la pistola che lo
ha ucciso venga trovata appoggiata su un comodino.Di Pietro archivia il
fatto come omicidio.
Tra tutti gli imputati accusati di corruzione, Sergio Cusani è l'unico a
chiedere e ottenere il rito abbreviato, ma il suo processo è inghiottito
dal ciclone che investe tutto il mondo politico-finanziario e che
produce indagini su indagini e interrogatori su interrogatori.
Le prime condanne arrivano il 27 ottobre del 1995, per tutti i
personaggi di spicco della politica e della finanza italiana. Per Sergio
Cusani però la sentenza di primo grado viene pronunciata il 28 aprile
1994 e comporta una condanna di 8 anni.
Dopo la sentenza d'appello emessa il 7 giugno 1997, che vede alcuni
imputati patteggiare la pena con la Procura, arriva per Cusani la
condanna definitiva in Cassazione a 5 anni e 10 mesi il 21 gennaio 1998.
Mentre per gli altri, il 13 giugno dello stesso anno si emettono questi
verdetti:
· Arnaldo Forlani: 2 anni e 4 mesi;
· Severino Citaristi: 3 anni;
· Giuseppe Garofano: 3 anni;
· Carlo Sama: 3 anni;
· Luigi Bisignani: 2 anni e 6 mesi;
· Romano Venturi: 1 anno e 8 mesi;
· Alberto Grotti: 1 anno e 4 mesi;
· Renato Altissimo: 8 mesi;
· Umberto Bossi: 8 mesi;
· Alessandro Patelli: 8 mesi;
· Giorgio La Malfa: 6 mesi e 20 giorni;
· Egidio Sterpa: 6 mesi.
Poco meno di un mese dopo, esattamente il 10 luglio 1998, un'altra
sentenza passa in giudicato, quella di Paolo Cirino Pomicino, con 1 anno
e 8 mesi di reclusione. Mentre per altri due personaggi eccellenti del
panorama politico italiano, Bettino Craxi e Claudio Martelli, bisogna
rifare il processo d'appello.
Il 1° ottobre 1999 Craxi viene condannato a 3 anni ma la pena non può
essere scontata in quanto l'ex segretario del PSI e Primo Ministro della
Repubblica muore ad Hammamet tre mesi dopo. Mentre per Claudio Martelli
viene confermata la sentenza d'appello a 8 mesi di carcere il 21 marzo
2000.
Con quest'ultima condanna si chiude definitivamente un processo che ha
aperto uno squarcio nell'intreccio tra politica e alta finanza e che ha
lasciato un segno indelebile nella storia delle istituzioni
repubblicane.
Oggi con l’acquisto da parte di CDP per 18 miliardi di una parte di Tim
che ne vale 7 in borsa , credo che si ripresentino tutti gli indizi di
una ENIMONT 2 , tangenti comprese.
"La valutazione delle azioni Enimont, detenute dalla Montedison, di 2805
miliardi era eccessiva, le azioni potevano valere tra i 2000 e 2200
miliardi". Lo ha dichiarato Sergio Cragnotti, ex amministratore delegato
dell' Enimont, durante il suo interrogatorio, durato circa tre ore.
Prima di Cragnotti, il procuratore aggiunto Ettore Torri, titolare dell'
inchiesta giudiziaria aveva ascoltato Raul Gardini. L' ex presidente
della Montedison si è presentato spontaneamente per consegnare alcuni
documenti. Nell' interrogatorio dei giorni scorsi Gardini si era
riservato di presentare una memoria sulle vicende da lui vissute in
relazione alla questione Enimont. Ma oltre la consegna dei documenti, il
giudice Torri ha chiesto dei chiarimenti. Il magistrato intendeva
conoscere chi fosse il responsabile legale della Montedison al momento
dell' accordo di compravendita delle azioni. Gardini ha precisato che in
quel periodo non era più presidente della Montedison, gli era subentrato
Giuseppe Garofano mentre amministratore delegato era Carlo Sama. Torri
ha voluto precisare queste circostanze perché nei prossimi giorni dovrà
inviare gli avvisi di garanzia alle parti per poter poi richiedere la
perizia giudiziaria. Gardini, tra l' altro, avrebbe affermato che era
sua intenzione acquistare le azioni Enimont, detenute dall' Eni, purché
il loro costo si aggirasse sui 2000 miliardi. C' è un particolare strano
in questa vicenda. Anche Gardini avrebbe affermato che l' Eni ha
sopravvalutato le azioni da acquistare e di fronte all' offerta di 2805
miliardi non c' era altra via che vendere. Sergio Cragnotti ha fatto
presente al magistrato che si è battuto affinché l' Enimont fosse
privatizzata per una questione di efficienza e di prospettiva economica.
Ma le cose andarono diversamente e, così, lasciò l' incarico di
amministratore delegato. La storia sulla compravendita delle azioni
Enimont ha una versione ufficiale, quella del ministro delle
Partecipazioni statali, Franco Piga, raccontata in Parlamento. Il 17
novembre 1990, Piga autorizza l' Eni a procedere alla determinazione del
prezzo di acquisto-vendita dell' Enimont. Due giorni dopo la giunta
dell' Eni all' unanimità comunica al ministro di aver deliberato il
prezzo, rientrante nella forbice autorizzata dallo stesso Piga ed
oscillante tra i 2650 e i 2850 miliardi, e chiede l' autorizzazione a
lanciare un' "opa". Piga contatta la Consob per l' eventuale sospensione
dei titoli e dà il via libera all' Eni per la presentazione a Montedison
della proposta contrattuale finale con l' indicazione del prezzo secco
di vendita-acquisto. L' attesa per sapere se Enimont sarà pubblica o
privata dura due giorni. Il presidente della Montedison, Giuseppe
Garofano, e l' amministratore delegato, Carlo Sama, comunicano al
ministro di aver sciolto le riserve: Montedison vende la sua quota per
2805 miliardi. L' acquisto da parte dell' Eni è "un' operazione molto
pesante per l' Ente di Stato" afferma il ministro Piga che ricorda al
Parlamento di aver cercato di evitare un contenzioso giudiziario che
avrebbe avuto un impatto devastante per la Montedison. Il 22 novembre
1990, il ministro riceve l' intera giunta dell' Eni, Giuseppe Garofano e
Carlo Sama. Le parti si scambiano i contratti con la manifestazione del
loro reciproco assenso. L' Eni, commenta Piga, deve svolgere uno sforzo
finanziario imponente mentre l' Enimont si trova di fronte al più
gravoso impegno mai affrontato nel corso della sua storia. A distanza di
poco più di due anni, la magistratura cerca di fare completa luce su
questa vicenda. Dalle prime indagini e dai primi interrogatori emerge un
coro comune: quelle azioni sono state sopravvalutate. Lo stesso
presidente dell' Eni, Gabriele Cagliari, indagato per peculato per
appropriazione e false comunicazioni sociali avrebbe affermato al
magistrato che lo Stato ha pagato circa 1000 miliardi di più sull'
effettivo valore di tutte le azioni acquistate. Altri come l' ex
consigliere di amministrazione dell' Eni, Luigi Cappugi, interrogato
come testimone, ha dichiarato che il reale valore delle quote Montedison
era inferiore di 600-800 miliardi. Cragnotti e Gardini affermano che c'
è stata una sopravvalutazione.
Per tali motivi
Il sottoscritto chiede che codesta Ecc.ma Autorità giudiziaria verifichi
se esistano estremi di reato per i fatti sopra indicati.
Chiede di essere informato a norma dell’art. 408 c.p.p di un’eventuale
richiesta di archiviazione.
Con deferenza.
Marco BAVA
07.03.23
QUANDO LA LEGGE E' SOGGETTA AL REGIME:
La repressione politica in Bielorussia
non conosce tregua. Il regime di Aleksandr Lukashenko ieri ha
inflitto condanne pesantissime a Svetlana Tikhanovskaya e altri
quattro noti dissidenti. La leader dell'opposizione bielorussa è
stata condannata a 15 anni di reclusione. L'ex ministro della
Cultura, Pavel Latushko, a 18. Sono stati invece condannati a 12
anni Sergey Dylevsky, Olga Kovalkova e Maria Moroz. Tutti e cinque
gli imputati sono però costretti da tempo all'esilio e sono stati
quindi giudicati in contumacia.
Le accuse sono tanto gravi quanto inique e politicamente motivate,
inventate di sana pianta per colpire persone che hanno avuto il
coraggio di opporsi a Lukashenko e al suo regime: "alto tradimento",
"creazione di un'organizzazione estremista", "cospirazione per
prendere il potere". Ieri si è trattato di condanne in contumacia.
Ma accanto ai tanti oppositori che hanno dovuto lasciare la
Bielorussia per sfuggire alla dittatura, ce ne sono molti altri che
sono finiti dietro le sbarre. E l'ong Viasna stima che i prigionieri
politici in Bielorussia siano quasi 1.500, compreso il fondatore
dell'organizzazione: il Nobel per la Pace Ales Bialiatski,
condannato a 10 anni in un processo farsa. Tikhanovskaya ha voluto
ricordare proprio loro dopo essere stata condannata ingiustamente
dal tribunale di Minsk. «Ma oggi non penso alla mia sentenza. Penso
a migliaia di innocenti, detenuti e condannati a pene detentive
reali. Non mi fermerò finché ciascuno di loro non sarà rilasciato»,
ha promesso la leader dell'opposizione.
Tra i dissidenti in carcere c'è anche suo marito, Sergey Tikhanovsky:
un blogger seguitissimo che tre anni fa paragonò Lukashenko alla
Grande Blatta, il prepotente scarafaggio coi baffi nato dalla penna
di Korney Chukovsky. Tikhanovsky prese a girare per il Paese con
un'enorme ciabatta sul tetto dell'auto e organizzò manifestazioni
antiregime in cui la gente agitava simbolicamente una pantofola.
L'oppositore puntava alle presidenziali, ma fu presto arrestato. Fu
solo allora che Svetlana Tikhanovskaya decise di candidarsi al posto
del marito finito in cella e si alleò con Veronika Tsepkalo e Maria
Kolesnikova. L'immagine delle tre donne unite contro il regime fece
subito il giro del globo: Kolesnikova (ora in carcere) disegnava un
cuore con le mani, Tsepkalo (ora in esilio) formava la "V" di
vittoria con le dita, mentre Tikhanovskaya stringeva il pugno in
segno di sfida.
Le elezioni sono state vinte ufficialmente da Lukashenko, ma secondo
moltissimi osservatori quel risultato è frutto di massicci brogli
elettorali, e migliaia e migliaia di bielorussi sono scesi in piazza
per mesi per contestare il despota. Le proteste pacifiche sono state
però represse brutalmente dal regime, a manganellate e con migliaia
di arresti, e la polizia bielorussa è anche accusata di torture.
Tikhanovskaya è stata costretta a lasciare la Bielorussia subito
dopo aver sfidato Lukashenko alle presidenziali e da ormai tre anni
vive in esilio.
BUGIE DI STATO: A fine febbraio del 2020 la situazione in
Lombardia era già fuori controllo. A Bergamo i carabinieri andavano
a caccia di ossigeno. Alla ricerca delle bombole che non c'erano per
i malati di Covid che si moltiplicavano, di ora in ora. Battevano
paese per paese, per recuperare le bombole dalle abitazioni di
persone nel frattempo decedute o finite in ospedale. Avevano
addirittura creato un hub in caserma per i dispositivi da
distribuire a chi ne avesse bisogno. Eppure, in base al folle
imperativo di «non creare panico», anche ai militari dell'Arma
sarebbe stata negata la verità sul numero dei malati e dei morti di
Covid.
L'allora comandante provinciale, Paolo Storoni, aveva chiesto quei
dati al dg di Ats, Massimo Giupponi. Ma l'ordine dei vertici di
Regione Lombardia era di «evitare allarmismi», celare i fatti
tragici che potessero «scatenare il panico». «A che cosa servono i
numeri alle forze dell'ordine? » . Per «valutare l'opportunità e
l'eventuale obbligo di dare queste info», che evidentemente non
condivideva, Giupponi scrive all'ufficio Affari generali. Alla fine
Ats invia una nota a tutti i sindaci per informarli che «neppure i
carabinieri sono titolati a richiedere dati epidemiologici».
Il 26 febbraio alle 19, Alberto Zoli, di Areu, manda un messaggio al
vicepresidente della Regione, Fabrizio Sala: «Non vogliono o meglio
Gallera non vuole dare i dati giusti, ma oramai siamo a 305
positivi». La risposta: «Sono aggiornato, ho appena sentito
Attilio», il governatore di Regione Lombardia.
L'«indicazione» era questa, a tutti i livelli: governo, Regione,
Comune. Anzi, neppure i primi cittadini dovevano sapere. Nelle sue
chat con Giupponi, l'assessore al Welfare di Regione Lombardia,
Giulio Gallera, lo ripeteva spesso: «Ats non deve comunicare i dati
dei positivi ai sindaci». Nonostante – annota la Gdf – anche loro
fossero «autorità sanitaria locale, nonché autorità di pubblica
sicurezza». E questo assurdo «divieto», per l'accusa, ha impedito
loro di valutare la possibilità di adottare o richiedere
«provvedimenti urgenti» e necessari, come la zona rossa ad Alzano e
Nembro.
Tacere, punto. Sminuendo la gravità della situazione. Arrivando a
incontrare capiredattori e direttori dei più importanti media locali
«con lo scopo di condividere con loro la non opportunità che vengano
pubblicati dati sui contagi, ma notizie positive come la
disponibilità del volontariato al trasporto dei dializzati». Per poi
tacciare di «fake news» e bacchettare chiunque si permettesse a
contraddire l'indicazione.
Peccato che proprio il mancato rispetto del dovere di trasparenza e
informazione, secondo gli investigatori, avrebbe contribuito
all'espansione della epidemia.
Si legge, infatti, nelle carte dell'inchiesta: «Non può non
evidenziarsi come la continua volontà di tacere i dati, secretare il
piano Merler di risposta all'epidemia» perché mostrava già quale
sarebbe stato lo «scenario catastrofico» cui si andava incontro,
«negare la gravità del quadro epidemiologico, minimizzare, cercare,
appunto, di non creare panico», abbia, invece, prodotto nella
popolazione «l'idea che la situazione non fosse così grave». Con
l'assurda conseguenza che «tali indicazioni potrebbero aver indotto
i cittadini a tenere comportamenti certamente meno prudenti del
necessario. Concorrendo, quindi, all'espansione dell'epidemia e al
loro contagio».
Sono categorici i magistrati della procura diretta da Antonio
Chiappani. E per spiegarlo mettono in fila molti esempi. Come la
chat di whatsapp in cui l'assessore Gallera andava su tutte le furie
quando era trapelata la notizia di un bambino di un anno di Alzano
Lombardo finito in terapia intensiva al Papa Giovanni di Bergamo:
«Dare questa notizia è devastante. Chi l'ha data? Vi abbiamo detto
allo sfinimento di non dare numeri! » , scriveva su Whatsapp alla dg
Beatrice Stasi. «Un bambino in terapia neonatale domani è l'apertura
dei giornali nazionali. Notizia devastante. Licenzia l'addetta
stampa! » .
E ancora, come le preoccupazioni di Aida Andreassi, medico della
direzione generale Welfare in Regione. Il 7 marzo scriveva in chat:
«Sono con gli intensivisti. Mi viene da piangere, mi viene da
piangere, mi viene da piangere. Sai cosa mi ha detto il presidente?
Che non si può dire la verità. Gli ho risposto che allora siamo come
in Cina. Lui mi ha risposto che siamo peggio che in Cina, almeno lì
lo sanno che c'è la dittatura». E ancora: «Se sarai con i sindaci
alle 14 ti scongiuro di dire la verità. Digli al presidente che gli
intensivisti vogliono uscire con messaggi devastanti alla
popolazione. Gli conviene che sia lui o i sindaci o gli
sputtaneranno». Andreassi si disperava: «La proiezione lombarda dice
20 mila casi al 26 marzo. Vuol dire 10 mila ricoveri e 2 mila posti
in terapia intensiva in Lombardia. Noi al massimo arriviamo a 900
posti. Solo per il Covid faremo migliaia di morti e altrettanti per
pazienti con infarto, oncologici, traumi e neurologici... Ho parlato
con Fontana, dice che è "una indicazione" tenere tutto nascosto... I
nostri politici sono delle m.
06.03.23
LE VERE RAGIONI DELL'ARROGANZA :
È il 25 febbraio del 2020. Da quattro giorni l'Italia si è
risvegliata con il terrore del Covid, senza conoscere ancora le
dimensioni che, di lì a poco, avrebbe assunto la pandemia. Con il
Cts (troppo «influenzato» dalla volontà politica) e un governo che
invece, per l'accusa, avrebbero avuto tutti gli strumenti per
capirlo. Con il premier Giuseppe Conte che alla notizia del primo
caso a Codogno, nel Lodigiano, qualche sera prima, continuava a
ripetere: «Che guaio». E il ministro alla Salute, Roberto Speranza,
«completamente nel pallone», nonostante alert e indicazioni che dai
primi dell'anno arrivavano dall'Oms. Una tragedia epocale in cui,
secondo la ricostruzione della Gdf di Bergamo, ognuno avrebbe
provato in qualche modo a portare acqua al suo mulino. Chi per
interesse politico, chi per mero interesse economico.
Così, tra le pieghe della maxi inchiesta per epidemia colposa appena
conclusa dalla procura diretta da Antonio Chiappani, spunta fuori
anche una nuova accusa mossa al professore Silvio Brusaferro,
presidente dell'Istituto superiore di sanità, descritto come il
braccio operativo del ministro Speranza nel Comitato tecnico
scientifico. Si parla di truffa aggravata per il conseguimento di
erogazioni pubbliche. Un'accusa stralciata in un filone di inchiesta
ancora in corso che, per competenza territoriale, presto potrebbe
essere trasmesso alla procura di Roma.
Perché l'Iss non solo sarebbe riuscito a ottenere dal governo il via
libera iniziale per validare tutti i test che arrivavano dalle
Regioni, nonostante non fosse assolutamente pronto a farlo, con un
enorme spreco di tempo, e lo «sfalsamento dell'analisi dei risultati
dei tamponi», mentre il virus correva. Tant'è che quel 25 febbraio,
con il numero dei malati Covid che iniziava a moltiplicarsi,
scriveva Brusaferro ai colleghi: «Dopo l'imposizione alle Regioni,
solo noi validiamo i casi, compresi i morti. Tutti i casi! Quindi
ora dobbiamo attrezzarci su h24». Ma anche perché su quei tamponi,
ipotizzano gli investigatori, Brusaferro avrebbe fatto la cresta.
Facendo spendere allo Stato ben «750 euro per ogni test a fronte di
un costo reale di 2,82 euro».
Così il 26 febbraio la vice capo di gabinetto del ministero Tiziana
Coccoluto inoltrava al commissario Borrelli la «sintesi delle
risorse necessarie stimate dall'Iss»: «Dall'esecuzione dei primi 200
test da parte dell'Iss emergono oneri pari a 150 mila euro. Tenuto
conto che l'Istituto ha una richiesta di circa 100 campioni al
giorno, si chiedono risorse utili per l'effettuazione di almeno 800
test, pari a 600 mila euro, nonché ulteriori risorse per il rinnovo
delle attrezzature pari a 100 mila euro. Le risorse complessive per
l'attuazione della presente ordinanza sono pari a 854.000 euro
lordi».
Dieci giorni più tardi, il 6 marzo, alle 23, era sempre Brusaferro a
chiedere in chat a Speranza: «Scusa come sta andando il tema delle
risorse all'Iss? Si riesce a includere tutto?». Risposta: «Troveremo
il modo. C'è un ok politico. Dobbiamo capire se strutturale o per
sei mesi». La replica di Brusaferro: «Ovviamente meglio strutturale
anche per organizzare un sistema stabile partendo da questa
esperienza. Grazie per il supporto».
E ancora, in un'altra chat, Speranza sosteneva la volontà del
governo di chiudere le scuole. Brusaferro: «Cts critico». La
risposta del politico: «Così andiamo a sbattere, ho i ministri col
fiato sul collo».
Un rapporto privilegiato, quello tra Speranza e Brusaferro, che
avrebbe ricambiato la disponibilità del ministro «influenzando» le
scelte del Cts in base alla volontà della politica: «In più
occasioni Speranza ha concordato con Brusaferro quale sarebbe poi
stata l'indicazione del Cts sui vari quesiti che gli venivano
posti», annota ancora la Gdf. Tanto che è stato il capo di gabinetto
Goffredo Zaccardi, il 13 marzo, inviando a Brusaferro il parere
sull'essenzialità dell'Iss, necessario per ottenere ulteriori fondi,
a fargli notare: «Spero lei si renda conto di che cosa sta facendo
per il ministro». Per l'accusa, «come se si trattasse di uno scambio
di favori». La risposta di Brusaferro: «Certamente sosteniamo il
ministro al meglio delle nostre possibilità».
Un rapporto privilegiato, che getta ombre sull'intero Cts che,
secondo gli inquirenti, avrebbe avuto un ruolo nella catena degli
errori che hanno portato all'espansione dell'epidemia, a partire
dalla mancata istituzione della zona rossa a Nembro e Alzano. Ma
anche nella decisione di non adottare il piano pandemico del 2006 e
neppure quanto previsto nello stesso piano Covid, erroneamente «secretato»
e non condiviso con le Regioni, del matematico Stefano Merler
(«Stiamo passando per «dilettanti allo sbaraglio!» , diceva un
funzionario dell'Iss).
Emblematico lo scambio in chat tra Giuseppe Ruocco, membro del Cts e
segretario generale del ministero: «Non abbiamo un piano invece
vogliono che siamo allineati. Insomma i politici non dovrebbero
dialogare con noi. Dovrebbero ricevere i nostri suggerimenti e poi
decidere». La risposta di una tale Livia, funzionaria del ministero
della Salute, che già il 3 marzo se ne rendeva conto: «Certo, questa
commistione è pericolosa, molto. Per la gente e per loro».
Torino
sfregiata
Due occhi di ghiaccio: «Mi guardavano fissi, quasi persi nel vuoto.
Indifferenti». La mattina dopo Pierluca ne parla come se la ragazza
fosse ancora lì, dall'altra parte del vetro, a cercare in tutti i
modi di sfondare la barriera di cristallo ed entrare nel suo
negozio. «Sembrava giovane. Aveva un passamontagna e una grossa
pietra appuntita. Batteva contro il vetro, urlando insulti in
inglese». Di fianco a lei altri due ragazzi con il casco e i
bastoni. Il vetro resiste. I colpi lo riducono a una ragnatela.
«Urlavo anche io. La fissavo. Gridavo basta, basta, con i palmi
delle mani rivolti verso di lei. Come se servisse a qualcosa. Ho
sperato che il cristallo resistesse. Era l'unico diaframma. Lei non
ha calcolato, non lo poteva sapere, che la vetrina è fatta di due
lastre. Che dopo aver ridotto in frantumi la prima avrebbe dovuto
ricominciare da capo con la seconda. Ma lei e i suoi amici, per
fortuna, non avevano tutto quel tempo. Così noi, dentro il locale,
ci siamo salvati». Se fossero riusciti a sfondare la vetrina?
«Voglio sperare che la polizia, che era lì di fronte, sarebbe venuta
a salvarci».
Chi lo sa? Meglio non provare. Sotto il sole di marzo, dopo una
notte di guerriglia, via della Consolata, pieno centro di Torino,
cammina sui pezzi di vetro e i resti della serata di follia. Sui
muri le scritte per tirare «fuori Alfredo dal 41 bis». L'obiettivo è
quello di togliere il carcere duro a un criminale che una mattina di
dieci anni fa si era svegliato di buonora per andare a sparare a un
uomo che usciva di casa per andare al lavoro. Ma che cosa c'entra
tutto questo con la scelta di dare l'assalto alla galleria d'arte
"Spazio Musa" del signor Pierluca? Difficile da capire. Anarchici
che sbagliano? È quasi certo che se Alfredo Cospito fosse stato tra
loro avrebbe aiutato la ragazza dagli occhi di ghiaccio a sfasciare
le vetrine. In fondo, nella sua carriera di terrorista, ha fatto ben
di peggio. Nei condomini che si affacciano sulla via ci si scambia i
video della serata: «Lo vedi quello che si toglie il passamontagna?
Perché lo avevo insultato, quel bastardo». Piccoli eroismi di una
comunità aggredita senza motivo alcuno. Nel filmato la signora
inveisce dal balcone rivolta ai caschi neri in mezzo alla strada:
«Codardi, conigli, toglietevi il casco se avete il coraggio». La
risposta è il fragore cristallino delle vetrine dei negozi che vanno
in frantumi. «Abbiamo avuto paura. Qualcuno ha infilato un fumogeno
attraverso il vetro rotto di una rivendita di mobili. Se avesse
preso fuoco si sarebbe incendiato tutto il condominio». Non è andata
così. Ma a tarda sera i dipendenti di Rochebobois erano lì a
ripulire il negozio ammassando i divani contro le vetrine rotte per
evitare che nella notte entrassero i ladri.
La via che va dal centro al santuario della Consolata e alla sede
del Cottolengo, il cuore della cattolicità torinese, unisce sacro e
profano. Le scritte e le bombe di vernice sfregiano le facciate
indifferentemente. Colpiscono l'obelisco di piazza Savoia, monumento
alla laicità dello stato e alla legge che espropriò a metà
Ottocento, i beni ecclesiastici: «Morte ai ricchi», è scritto alla
base. Slogan rischioso per la sopravvivenza dei familiari di un bel
numero di partecipanti al corteo.
Non c'è pace nemmeno per il santuario, la chiesa più amata dai
torinesi, che da oltre mille anni si identifica con le vicende e le
tragedie della città. In alto, vicino al tetto, è rimasta conficcata
una palla di cannone dell'assedio francese del 1706, quando la
chiesa era all'angolo del muro esterno di Torino. Da sabato sera più
in basso, molto più in basso, a sfregiare la facciata ci sono le
macchie di vernice marrone lanciate dai compagni anarchici in lotta
per un carcere dal volto umano. Ieri mattina, al termine della
messa, il rettore ha dovuto prendere atto che sul sagrato è comparsa
anche una grande bestemmia scritta con la vernice nera. Nei video si
vedono due ragazzi che tracciano la scritta con le bombolette: «Ho
visto anche quello, purtroppo», confessa monsignor Giacomo
Martinacci. «Devo dire che avrebbe potuto andarci molto peggio. Le
scritte e la vernice le cancelleremo. Resta l'amarezza per il gesto
compiuto contro la Chiesa dalla solita minoranza rumorosa. Gente che
si sente forte quando è in gruppo. Presi uno per uno sono quasi
sempre inoffensivi».
Poi, certo, la vita continua. Già ieri sera la galleria d'arte ha
ripreso l'attività. Sulla vetrina si intravede ancora il titolo
della mostra di arte contemporanea, le opere di cento artisti
emergenti di tutto il mondo: "Babele". Mai nome fu più azzeccato per
raccontare il caos di sabato notte. Pierluca sorride:
«Effettivamente, sembra fatta apposta». Si cerca di rabberciare i
danni alla bene meglio. Qualcuno usa un vaso capovolto per coprire
un tombino divelto. Altri radunano alla bene meglio, sul marciapiede
davanti all'anagrafe, i resti di un cassonetto che ha bruciato per
ore nella notte, come il roveto di Mosè, probabilmente alimentato da
una latta d'olio. Sul sagrato davanti alla Consolata qualcuno a
messo due rose gialle e una bianca a coprire, o meglio a tentare di
stemperare, l'effetto della bestemmia. In serata la scritta verrà
cancellata. In piazza Savoia si lavora con il cartone e il nastro
adesivo per rabberciare il parabrezza delle auto prese a sassate in
solidarietà con Cospito. Davanti al negozio di fiori di piazza
Savoia una signora con il vestito verde chiaro racconta i momenti
dell'assalto: «Un ragazzo con la barba ha preso un cartello stradale
e ha cominciato a colpire quel suv azzurro». Oggi interverranno i
carrozzieri a riparare i vetri. Quella che sarà più difficile da
rimarginare è la ferita alla credibilità della battaglia per Cospito
che, dopo la notte di sabato, sembra irrimediabilmente compromessa.
05.03.23
LA NUTELLA E' NATA DALLA AUTARCHIA:
La Russia aggira le sanzioni, torna a un
import a livelli pre invasione dell'Ucraina e spinge gli alleati a
stringere i controlli sul business internazionale e a premere sui
Paesi terzi. A un anno dall'imposizioni delle sanzioni è soprattutto
il comparto tecnologico – chips, semiconduttori, circuiti elettrici
integrati – impiegato in droni, satelliti e nel comparto militare a
non mostrare cedimenti.
Sono i dati del Trade Data Monitor, citati da Bloomberg, a delineare
uno scenario in cui emerge una rete di Paesi e società che non solo
sta sostenendo il business con la Russia, ma che si è sostituita, in
alcune aree, ai produttori ed esportatori europei e Usa.
Fonti dell'Amministrazione Biden hanno spiegato a La Stampa che
«nessuno si aspettava che le sanzioni avrebbero avuto un impatto
immediato e che il loro effetto si misurerà a medio e lungo
termine». Tuttavia le difficoltà sono ben note a Washington. Sia
perché diversi Paesi hanno intensificato i commerci con la Russia;
sia perché l'evasione delle sanzioni è diventata sistematica.
La task force di Dipartimento della Giustizia, Commercio e Tesoro ha
varato delle linee guida per inasprire controlli per le società che
aggirano le sanzioni. Il 24 febbraio il G7 aveva diramato una nota
che si concludeva con l'annuncio del giro di vite contro "terzi
attori" che aiutano Mosca ad aggirare le sanzioni. Il pensiero era
corso alla Cina, ma l'elenco dei Paesi che sfruttando i cosiddetti "transshipment
points", (ovvero luoghi di trasbordo delle merci destinate alla
Russia) che hanno incrementato gli affari con Putin è ben più lungo.
Cina, compresi Macao e Hong Kong, Armenia, Turchia e Uzbekistan sono
gli snodi chiave.
Per fare entrare merci vietate in Russia o in Bielorussia, le
società ricorrono a meccanismi di camuffamento: una rete tentacolare
di distribuzione confonde le spedizione, gli IP Web non
corrispondono a quelli del cliente, cambiamenti all'ultimo minuto
delle rotte di spedizione, pagamenti che giungono da Paesi terzi e
non riconducibili all'ultimo destinatario oltre che il ricorso a
email private anziché aziendali sono alcuni dei "trucchi" per far
perdere le tracce della spedizione.
Il G7 ha varato l'Enforcement Coordination Mechanism, uno strumento
di condivisione di dati per stroncare l'evasione delle sanzioni. E
in novembre Washington ha imposto un'ammenda di 497mila dollari alla
Vorago Technologies di Austin (Texas) che aveva inviato a Mosca –
via Bulgaria – circuiti elettronici avanzati. Fonti
dell'Amministrazione Usa hanno spiegato che «abbiamo già agito
contro attori terzi», ma che per far funzionare appieno il regime
sanzionatorio «bisogna coordinare gli sforzi». L'Ue ha regole meno
stringenti degli Usa. Il controllo tocca ai singoli Stati membri e
non c'è un allineamento. La Lettonia, per esempio, è l'unico Paese
che considera «un crimine la violazione delle sanzioni».
Washington da una parte inasprisce i controlli e dall'altra si muove
a livello diplomatico per isolare Mosca. Il segretario di Stato
Antony Blinken è da poco rientrato da una missione in Kazakhstan e
Uzbekistan. Quest'ultimo è nella lista dei paesi del trasbordo.
Astana esportava semiconduttori per la cifra di 12mila dollari
all'anno prima della guerra in Ucraina, nel 2022 il giro di affari è
salito a 3,7 milioni. Astana ha colmato una piccola parte del gap
lasciato da europei e americani: prima della guerra questi fornivano
beni hi tech per 163 milioni di dollari, nel 2022 appena 60 milioni.
Turchia, Serbia, Asia centrale e dagli Emirati Arabi Uniti ci hanno
messo il resto. Gli emiratini però sono finiti sotto i radar
americani poiché nella seconda metà del 2022 hanno esportato in
Russia per 18 milioni di dollari congegni hi tech che possono essere
usati sul campo di battaglia. Proprio quello che a Washington, dal
momento del varo delle prime sanzioni, volevano scongiurare.
04.03.23
IL POTERE SCHIACCIA LA MELONI ?
Giorgia Meloni è impegnata in una trasferta in India ed Emirati
Arabi. Firma di accordi politici, commerciali, contratti e strette
di mano con i leader internazionali.
Secondo Palazzo Chigi è stato un successo. Ma né a Nuova Dehli, né
ieri ad Abu Dhabi la premier ha voluto rispondere alle domande dei
cronisti al suo seguito. Lo scopo di questo silenzio è evidente:
evitare di portare all'estero questioni tutte italiane, un'abitudine
che la presidente del Consiglio (come alcuni suoi predecessori)
ritiene scorretta, anche se in questo caso il governo ha di fronte
una tragedia senza precedenti come quella di Crotone.
Per farlo, però, si evita di rendere conto anche della stessa
missione internazionale che la presidente vorrebbe valorizzare. Ieri
nella capitale degli Emirati arabi non è stata diffusa l'agenda
ufficiale e nemmeno per oggi sono stati dichiarati gli appuntamenti.
È noto che Meloni incontrerà il presidente degli Emirati, Mohamed
bin Zayed Al Nahyan, ma non c'è un orario preciso.
Della giornata di ieri di Meloni si conosce soltanto la prima parte,
iniziata con la partenza del volo di Stato da Nuova Delhi, con
l'arrivo ad Abu Dhabi intorno alle 10 del mattino (ora italiana).
All'aeroporto si è svolto il primo e ultimo incontro formale della
giornata, quello con il ministro della tecnologia avanzata Sultan Al
Jaber. Poi della premier si sono perse le tracce.
LE TANGENTI CI SONO ?Il grattacielo della Regione non finisce
di riservare sorprese e costi, a sei zeri : l'ultimo è un esborso di
15 milioni pagato obtorto collo ai costruttori. Comunque assai meno
delle richieste, spiegano dagli uffici dell'ente, a mò di
consolazione.
Resta il fatto che mentre anche gli assessori si preparano a
traslocare nella nuova sede, la nuova sede continua a risucchiare
denaro come un'idrovora. A dare notizia del nuovo step è Giulio
Manfredi, Radicali Italiani, documenti alla mano: con determina
dirigenziale del 27 dicembre 2022, la Regione ha dato corso alle
procedure per la corresponsione all'A.T.I. Appaltatrice dei lavori
del grattacielo dell'importo di 12.9 milioni di euro per interessi
di mora (maturati in un mese) più 2.8 milioni di Iva, per un totale
di 15.9 milioni.
«Il pagamento, in corso, fa seguito alla decisione del Collegio
consultivo tecnico, chiamato a dirimere le controversie fra Regione
e A.T.I., di riconoscere parzialmente una contestazione ("riserva")
avanzata dai costruttori - spiega Manfredi -: nel provvedimento non
è precisato di quali lavori si tratti». Sia come sia, aggiunge
citando il documento, per ora la Regione ha acconsentito a pagare,
anche per ridurre al minimo i pesanti interessi di mora, "… senza
che ciò costituisca in alcun modo acquiescenza o accettazione ai
contenuti della pronuncia del Collegio, restando impregiudicata la
facoltà della Regione di adire, nei tempi stabiliti, il giudice
competente per far valere i propri interessi e diritti per
l'annullabilità del lodo …".
Dagli uffici dell'assessore Andrea Tronzano, che da quando è entrato
in giunta si trova alla prese con questa gatta da pelare, confermano
la sostanza. Compresa la volontà della Regione di chiedere
all'Avvocatura una valutazione sulla possibilità di impugnare la
decisione. Anche se, a questo punto, siamo al proforma o quasi.
Una cartina di tornasole della complessità dell'opera, sempre sul
punto di essere conclusa e sempre in itinere, è data da altri
fattori: durante il percorso il numero delle ditte subappaltatrici
dei lavori nel grattacielo e nella zona circostante è salito a 128.
Sempre Manfredi segnala che con un'altra determina, sempre del 27
dicembre, la Regione ha "incardinato" la procedura per l'acquisto di
3 mila cuffie stereo con microfono, per un importo complessivo di
quasi 182 mila euro, che saranno destinate ai 2.200 dipendenti «per
tentare di ridurre l'inevitabile inquinamento acustico determinato
dal dover lavorare in "open space" in tutti i 41 piani della nuova
sede unica». Sul punto dagli uffici dell'assessore non confermano nè
smentiscono. Sempre la Regione ha avviato le procedure per
sostituire uno dei tre componenti della Commissione di collaudo in
corso d'opera e definitivo dei lavori del grattacielo, che si è
recentemente dimesso.
Venendo alle notizie positive, la "torre" che giganteggia sul
quartiere Lingotto - 43 piani e 204,4 metri, che la rendono una
delle più alte in Italia - comincia lentamente a popolarsi. Come
abbiamo premesso, il prossimo passaggio, a breve, riguarda il
trasferimento di tutti gli assessori: entro giugno si conta di
completare lo spostamento di tutto il personale. Le altre sedi di
proprietà dell'ente che oggi ospitano i diversi assessorati verranno
messe in vendita, ad eccezione del Palazzo storico di Piazza
Castello.
Lo scorso 14 ottobre la "presa in carico" da parte della giunta. Per
quanto tribolata, parliamo di a struttura innovativa anche dal punto
di vista della sostenibilità, che sfrutta la geotermia e il
fotovoltaico, consentendo al palazzo una autonomia energetica di
oltre il 30% (non c'è uso di gas e il sistema sfrutta anche l'acqua
piovana). Al grattacielo si affianca un centro servizi con un
auditorium da circa 300 posti e altre due sale eventi da quasi 100
posti l'una: una noviytà nella novità è la passerella con copertura
fotovoltaica, che potrà essere percorsa a piedi o in bicicletta dai
cittadini creando un collegamento diretto tra il sottopasso della
stazione Lingotto e via Nizza.
03.03.23
ILLEGALE : Parlavano di
droga, di cannabis, di liberalizzazione delle droghe ma anche dei
loro effetti sugli adolescenti e a un certo punto – erano
all'incirca le 9,40 del mattino di mercoledì – è arrivata la
polizia. A un adulto magari non farebbe effetto, ma se ci si mette
nei panni dei tre ragazzi di diciotto anni o poco più, che stavano
gestendo l'assemblea su Meet, dunque a distanza, la prospettiva
cambia del tutto.
«Hanno chiesto chi eravamo, i nostri nomi e noi non abbiamo capito
perché, volevamo spiegazioni e ci hanno risposto che le domande le
facevano loro», hanno raccontato il rappresentante d'istituto e i
due della consulta provinciale degli studenti, ancora visibilmente
colpiti.
Succede a Piazza Armerina, città in provincia di Enna famosa per la
Villa romana del Casale, mosaici millenari in cui arrivano
visitatori da tutto il mondo: all'istituto superiore
Majorana-Cascino, licei classico e scientifico e istituti tecnici
tutti insieme, è arrivata invece la polizia. L'incontro di
approfondimento a distanza – presenti pure i professori delle varie
classi collegate – con i rappresentanti dell'associazione Meglio
legale, è stato sospeso qualche minuto, «non si può parlare di
irruzione o di interruzione – spiega la preside, Lidia Di Gangi –
però, ecco, diciamo che la presenza degli agenti in borghese per i
ragazzi è stata un po' inquietante».
È diplomatica, la dirigente dell'istituto, ma non nasconde né
sorpresa né disappunto: «Io in quel momento ero fuori sede, ma gli
agenti hanno parlato con me al telefono e tanto sarebbe dovuto
bastare – chiosa –. Sono io la rappresentante legale della scuola e
avevo dato tutte le autorizzazioni per lo svolgimento
dell'assemblea». Il questore di Enna, Corrado Basile, al telefono
non tradisce emozioni, ma nella sua carriera avrà certamente vissuto
giornate migliori, visto che infuria la polemica politica attorno
all'operato di uomini che lavorano nel commissariato di Piazza
Armerina, dipendente dalla sua questura: «Non voglio commentare –
dice – ma stiamo valutando la situazione». E in effetti nel tardo
pomeriggio arriva una nota stringata: nessuna interruzione e nessuna
identificazione formale degli studenti, «qualsiasi attività condotta
presso l'istituto scolastico comunque non avrà alcun seguito». Ma
vai a smontare il caso: anche se ai ragazzi non sono stati chiesti i
documenti, poco cambia.
«La nostra scuola – riprende la dirigente – sta seguendo un preciso
percorso educativo e didattico, non c'era improvvisazione ma un iter
preciso, ripeto, con la presenza degli insegnanti, non c'era un
barlume di possibilità che ci fosse qualcosa di strano, di losco. E
i ragazzi erano visibilmente agitati, dopo questa esperienza»,
racconta Lidia Di Gangi. Ma allora cos'è successo? La ricostruzione
fatta attraverso testimonianze e il contributo del professore
Massimiliano Blandini, che ha materialmente accolto i poliziotti e
poi ha scritto una relazione alla preside, parla di una chiamata
(non si sa se anonima) arrivata alla questura di Enna, da cui
sarebbe partito l'input per il controllo, poi delegato agli agenti
del commissariato piazzese. Basile non commenta, tanto meno
conferma: probabile che quello che doveva essere un banale controllo
(«Tante volte siamo noi a sollecitare la loro presenza», afferma la
preside) sia sfociato in un atto apparso come prevaricatore,
certamente fuori luogo.
Si poteva pensare che si stessero facendo dimostrazioni dell'uso
della cannabis? «Ma scherziamo? – sorride Antonella Soldo,
presidente di Meglio Legale –. Facciamo assemblee dappertutto, ogni
settimana in una scuola diversa e non era mai capitato che arrivasse
la polizia. Non capiamo nemmeno noi le ragioni, la nostra
associazione non sostiene l'uso delle droghe, nemmeno di quelle
leggere. I nostri esperti spiegano anzi con chiarezza gli effetti
negativi e collaterali che anche questo tipo di stupefacenti possono
avere sulle fasce giovanili, adolescenziali. Questi incontri, anche
quello che si svolgeva con la presenza del mio collaboratore
Pierluigi Gagliardi, collegato con l'istituto Majorana-Cascino,
hanno una doppia valenza, anche contro la mafia». Nella realtà
siciliana, in particolare, gli studenti apprendono come i traffici
di droga siano tornati a essere centrali, tra le forme di
finanziamento delle mafie: «Non si devono a maggior ragione
criminalizzare queste iniziative: quello che è successo – conclude
la presidente Soldo – è stato arbitrario, irrazionale. Non vorrei
che fosse un effetto del nuovo clima politico».
Indignato anche Marco Greco, originario dell'Ennese e coordinatore
nazionale della Federazione degli studenti: «I diritti di assemblea
e alla libera espressione del pensiero – dice – sono sanciti dalla
nostra Costituzione, che proprio nelle scuole dovrebbe trovare il
suo massimo grado di esplicazione». Gli fa eco Alfredo Alerci,
segretario dei Giovani del Pd: «Abbiamo condannato il gesto, abbiamo
diritto a spiegazioni».
CRIMINI DI GUERRA :Nell'appartamento del secondo piano di via
Pershotravneva lo scaffale dello studio contiene pile di documenti
catalogati con ordine. Lo stesso ordine che si trova in camera da
letto, dove negli armadi giacche e camicie sono appese senza che si
schiaccino e le maglie sono sistemate in pile simmetriche. Chissà se
il suono del pianoforte del ragazzino del quarto piano arrivava fino
allo studio grigio e giallo, o se rallegrava l'anziana signora del
terzo piano. Forse i gomitoli di lana rossa precipitati nel cortile
sono i suoi. Forse queste stanze ora aperte sul vuoto hanno
risuonato delle risate di bambini e di televisori con il volume
troppo alto.
La casa di Lesia, 5 anni, e di sua zia Marika, 13 anni, è un pezzo
di cielo azzurro. Una casa che non esiste più da quando il 9 marzo
scorso alle 7 di mattina un missile russo l'ha colpita facendo
conflagrare l'intero condominio sul seminterrato dove i residenti
speravano di trovare riparo. È qui, in questo complesso residenziale
proprio all'ingresso di Izium, che sono morte 47 persone, poi
seppellite nelle fosse nei boschi scoperte a settembre, dopo la
liberazione della città.
C'è voluto tempo, e pazienza, ma ora tutte le vittime scomparse
nelle sepolture di massa di Izium sono state esumate. Mancavano
«pezzi», alcuni non sono mai stati ritrovati, come le mani amputate
di uomo seviziato mentre era ancora vivo. Di quei 436 corpi molti
portano le tracce di una morte violenta, bombe, schegge, proiettili.
Almeno trenta mostrano segni inequivocabili di tortura. Le donne
sono state stuprate, gli uomini feriti, un giovane è stato evirato e
lasciato a morire per dissanguamento, dice il rapporto dei medici
forensi e confermano le testimonianze del Kharkiv Human Rights
Protection Group.
Nei boschi di Izium, accanto al cimitero, sulle 436 fosse ora vuote
scende una neve leggera, mentre lentamente si procede a dare i nomi
a quei resti. Nemmeno la contabilità del massacro è certa, né mai,
forse, lo sarà: «194 corpi di sesso maschile; 215 corpi di sesso
femminile; 22 corpi di soldati; 5 corpi di bambini; 11 non
identificati».
Ogni fossa porta una croce di legno e un numero, la neve non ha
ancora ricoperto il mucchio di guanti blu e tute bianche usate dai
tecnici forensi che hanno lavorato qui per mesi. Il Dna ha permesso
di confermare che il corpo sepolto con il numero "319" è quello del
poeta e scrittore per bambini Volodymyr Vakulenko. Era stato
sequestrato dai russi nel marzo 2022 e assassinato. Senza confronti
genetici molti numeri sono destinati a rimanere tali. Vicino alla
strada ci sono altre fosse, queste grandi abbastanza per nascondere
un carro armato, scavate dai russi per proteggere se stessi e poi la
loro fuga. Davanti i tank, dietro i morti.
Tra le buche di fango dove prima di ritirarsi avevano buttato le
loro vittime, ci sono anche quelle di via Pershotravneva, di Lesia e
di Marika, assieme alle loro famiglie. Qualcuno dei quarantasette
del palazzo sbriciolato - forse il ragazzino che suonava il
pianoforte o la babushka che sferruzzava -, avrebbe potuto essere
salvato se il bombardamento non avesse impedito qualsiasi tentativo
di salvataggio.
I sopravvissuti dicono che per giorni, da sotto tonnellate di
macerie, si sono sentiti urla e lamenti. Quando le bombe hanno dato
tregua è stato chiaro che quasi tutti i membri di due famiglie,
inclusi tre bambini, erano stati uccisi, anche se la portata della
tragedia è diventata evidente solo con la scoperta del luogo di
sepoltura di massa nella foresta di Izium. Lesia, sua sorella di 8
anni, la mamma Olena e suo marito Dmytro. Assieme a loro la sorella
tredicenne di Olena, Marika, e i genitori. Sotto le bombe è morta
anche la bisnonna di Lesia, Liudmyla. E assieme a loro altre 39
persone. In quel seminterrato è sopravvissuta solo Halyna, 71 anni.
Sette vittime sono state sepolte senza essere identificate e altre
sette non sono state trovate: hanno trovato i loro documenti, ma non
i corpi. Presumibilmente la bomba li ha distrutti.
Ora che a tutte le 436 salme dei boschi è stato dato un numero
inizia il tempo in cui si cercherà di dare a tutte loro un nome.
Le strade per Izium hanno il suono tipico delle strade ucraine
ferite dai cingoli dei carri armati, che qui sono passati avanti e
indietro per mesi. L'80% delle infrastrutture civili è stato
distrutto, poche case sono rimaste intatte. Davanti a un piccolo
caffè Tatiana e Ludmila, 63 anni, vendono calze fatte a mano.
Tatiana ha passato i cinque mesi di occupazione nascosta nello
scantinato di casa con altre dieci persone, i primi tre mesi notte e
giorno, gli ultimi due solo di notte. «Uno di noi usciva solo per
prendere l'acqua, ma avevamo troppa paura di incontrare i russi, e
cercavamo di bere poco. Abbiamo capito che se ne erano andati quando
per tre giorni di c'è stato silenzio, poi alcuni conoscenti dei
paesi vicini sono venuti ad avvertirci che eravamo liberi». L'amica
di Tatiana, Ludmila, ha saputo che l'incubo era finito perché dalla
cantina in cui si nascondeva ha sentito un rumore assordante: «Erano
gli stivali dei fascisti russi che se ne andavano di gran fretta,
poi sono passati i loro carri armati».
La radio aveva annunciato il coprifuoco per 24 ore: «Quando siamo
usciti erano scomparsi, avevano lasciato indietro tantissimi mezzi e
materiale, ma in compenso si erano portati via tutto quello che
avevano potuto rubare dalle case: forni a microonde, frigoriferi,
televisioni, perfino i nostri vestiti». Tatiana ride di gusto:
«Quando sono venuti in casa mia si sono guardati attorno, hanno
sputato sul pavimento della cucina, hanno detto che ero una
poveraccia e se ne sono andati a mani vuote. Non c'era niente da
rubare». Tutti quelli rimasti in città sanno delle fosse del bosco e
delle torture, ma fanno fatica a parlarne: «A mio nipote hanno fatto
cose orribili, poi l'hanno buttato in un buco».
Non tutte le vittime uccise dall'aggressione russa a Izium sono
state sepolte nel bosco. Alla fine di gennaio gli investigatori
hanno riferito che almeno altri 400 corpi non erano ancora stati
identificati. Ma non è solo il numero delle vittime a fare
inorridire, quanto un metodo che – ormai è chiaro – è un modello
consolidato: come dice l'Institute for the Study of War, le fosse e
le camere di tortura a Izium confermano che «le atrocità di Bucha
non erano crimini di guerra isolati, ma piuttosto un microcosmo di
atrocità russe in tutte le aree occupate».
02.03.23
SOLO COSI POTRANNO FORSE CAPIRE
GLI ARROGANTI ERRORI: È chiusa dopo tre anni l'inchiesta della
Procura di Bergamo sulla gestione del Covid nei primi mesi della
pandemia nella provincia più colpita di tutta Italia. Diciannove gli
indagati tra politici e tecnici, in cui spiccano l'ex presidente del
Consiglio Giuseppe Conte e l'ex ministro della Salute Roberto
Speranza. Tutti accusati, a vario titolo, di epidemia colposa
aggravata, omicidio colposo plurimo e rifiuto di atti di ufficio.
«Sono tranquillo di fronte al Paese e ai cittadini italiani per aver
operato con il massimo impegno e con pieno senso di responsabilità,
durante uno dei momenti più duri vissuti dalla nostra Repubblica»,
ha affermato l'ex premier. Sulla stessa falsariga ha commentato
Speranza: «Sono molto sereno e sicuro di aver sempre agito con
disciplina e onore nell'esclusivo interesse del Paese. Ho piena
fiducia come sempre nella magistratura». I loro nomi non compaiono
nell'avviso di chiusura, ma sono stati separati per essere trasmessi
al Tribunale dei Ministri. Questo perché avrebbero commesso le
ipotesi di reato a loro contestate quando ricoprivano le funzioni di
capo del governo e ministro.
Nell'atto, che ieri sera doveva essere ancora notificato ai diretti
interessati, invece compaiono i loro rispettivi omologhi lombardi:
il governatore Attilio Fontana, recentemente confermato alle ultime
regionali, e l'ex assessore al Welfare Giulio Gallera. «Abbiamo
affrontato il Covid a mani nude - ha sottolineato Gallera - e, sulla
base delle pochissime informazioni che avevamo, abbiamo messo in
campo le decisioni più opportune per affrontare l'emergenza».
Rischiano un processo anche il presidente del Consiglio superiore
della sanità Franco Locatelli, il presidente dell'Istituto superiore
di sanità Silvio Brusaferro, il coordinatore del primo Comitato
tecnico scientifico Agostino Miozzo e l'ex capo della Protezione
civile Angelo Borrelli. E ancora esponenti locali tra cui vertici
dell'Asst Bergamo Est, quella competente in Val Seriana.
Le indagini, avviate nell'aprile 2020, come ha scritto in una nota
il procuratore Antonio Chiappani «sono state articolate, complesse e
consistite nell'analisi di una rilevante mole di documenti
sequestrati» al ministero della Salute, l'Istituto superiore di
sanità, il dipartimento della Protezione civile, Regione Lombardia,
Ats, Asst, l'ospedale Pesenti-Fenaroli di Alzano Lombardo, ma anche
«migliaia di mail e di chat telefoniche in uso» agli indagati,
«oltre che nell'audizione di centinaia di testimoni». Un'attività
condotta dalla Guardia di Finanza e in prima persona dai pm Silvia
Marchina e Paolo Mandurino, coordinati dall'aggiunto Maria Cristina
Rota, che si è mossa su tre piani: quello locale sulla fulminea
chiusura e riapertura dell'ospedale di Alzano dopo la scoperta del
primo caso in Bergamasca, per poi salire a quello nazionale con la
mancata istituzione della «zona rossa» a inizio marzo fino a lambire
anche quello globale con l'Oms. Accertamenti che hanno ricostruito
«i fatti così come si sono svolti dal 5 gennaio 2020». Il giorno in
cui l'Oms aveva lanciato l'allarme globale sul Coronavirus. Nelle
valutazioni degli inquirenti ha poi pesato la gigantesca consulenza
firmata dal microbiologo Andrea Crisanti, secondo il quale con un
tempestivo lockdown di Nembro e Alzano si sarebbero potute salvare
migliaia di vite. «Da oggi si riscrive la storia della strage
bergamasca e lombarda, la storia delle nostre famiglie, delle
responsabilità che hanno portato alle nostre perdite - è stato il
commento dell'associazione dei familiari delle vittime -. La storia
di un'Italia che ha dimenticato quanto accaduto nella primavera
2020, non a causa del Covid19, ma per delle precise decisioni o
mancate decisioni».
l procuratore di Bergamo Antonio
Chiappani: "Il mio obiettivo è che la gente sappia quello che è
successo" La relazione Crisanti, superconsulente dei pm: chiudendo
tutto il 27 febbraio 2020, si sarebbero evitati 4.148 morti
L'ospedale in tilt e i continui rinvii così esplose l'inferno in Val
Seriana
monica serra
milano
C'è un'immagine simbolo di che cosa è stata la pandemia nella
provincia di Bergamo, che l'Italia intera non può dimenticare.
Quella dei furgoni militari incolonnati, uno dietro l'altro, che
portavano via le bare delle vittime del Covid, a decine, perché
nella camera mortuaria del cimitero non c'era più posto.
Era il 28 marzo del 2020. Quando ci si rese conto di che cosa stava
accadendo era già troppo tardi. Nove giorni dopo, il 6 aprile,
l'aggiunta Maria Cristina Rota, all'epoca reggente della procura –
in attesa della nomina del procuratore Antonio Chiappani – decise di
aprire d'ufficio il fascicolo d'inchiesta che ha riscritto la storia
di quei giorni. Lo definì, senza girare attorno alle parole, «un
atto dovuto». Erano i giorni in cui già la pagina Facebook del
comitato «Noi denunceremo» esplodeva di rabbia e dolore coi racconti
dei parenti delle persone morte di coronavirus, poi confluiti nei
150 esposti presentati tra il giugno e l'ottobre del 2020 alla
stessa procura. Il filo conduttore, come si legge in una delle
denunce firmate dagli avvocati Consuelo Locati e Luca Berni nel pool
di legali che rappresenta il Comitato dei familiari delle vittime,
era quello della «inerzia assoluta che ha provocato un incendio di
proporzioni devastanti in Valle Seriana» da parte di governo e
Regione Lombardia rispetto alla decisione di chiudere Nembro e
Alzano, i due comuni dove il virus già imperversava. Come a Codogno
e negli altri paesi del Lodigiano, dove però i confini erano già
stati sigillati, mentre in provincia di Bergamo alla decisione si
arrivò solo l'8 marzo, con il resto del Paese.
La difficoltà maggiore di un'inchiesta, che portò presto i
magistrati a Roma, per gli ascolti eccellenti dell'allora premier
Giuseppe Conte e dell'ex ministro della Salute, Roberto Speranza,
era l'ipotesi di reato: epidemia colposa. Un'accusa nell'ambito
della quale, anche a causa di una precedente pronuncia della
Cassazione, è difficile dimostrare l'esistenza del nesso causale tra
i decessi e la diffusione della pandemia. Tanto che, durante la
relazione di apertura dell'anno giudiziario, a febbraio, lo stesso
procuratore Chiappani, facendo riferimento alle «gravi omissioni
accertate da parte delle autorità sanitarie nel valutare i rischi
epidemici e nella gestione complessiva della pandemia», ha spiegato:
«Questa indagine presenta molte difficoltà tecniche, ma il mio
obiettivo è che la gente sappia quello che è successo».
Tre i piani su cui, nei tre anni di accertamenti serrati che hanno
portato al provvedimento di ieri, si sono mossi i magistrati. Quello
locale, sulla gestione dell'ospedale di Alzano nel febbraio del
2020; quello nazionale, sulla mancata istituzione della zona rossa
nella Bergamasca; quello mondiale, che è arrivato a lambire l'Oms.
Centrale nelle indagini è stato anche il mancato aggiornamento e la
mancata applicazione del piano pandemico, fermo al 2006, sia a
livello nazionale che regionale, e pure dei protocolli per Sars-Cov1
(del 2002 e del 2003) e Mars Cov (2012). Molto probabilmente non
sarebbero riusciti ad arginare del tutta la diffusione del contagio,
ma avrebbero previsto misure di contenimento almeno in grado di
frenare il virus: mascherine, percorsi sicuri, tamponi. In quei
giorni difficili mancava ogni cosa a Bergamo, in Lombardia, in
Italia.
C'era poi la vicenda dell'ospedale di Alzano, stretto tra Bergamo e
Nembro, primo epicentro del contagio. Gli accertamenti non si sono
concentrati tanto sulla chiusura e poi riapertura del pronto
soccorso, nel giro di poche ore domenica 23 febbraio del 2020, dopo
la scoperta del primo caso di Covid. Ma, soprattutto, sul fatto che
da quel momento in avanti, nonostante nei reparti si contassero un
centinaio di persone infette tra pazienti e personale sanitario, non
fu adottato alcun provvedimento.
E ancora, sulla mancata istituzione della zona rossa, sentito
direttamente a Palazzo Chigi, a giugno del 2020, Giuseppe Conte
dichiarò di essere stato informato solo il 5 marzo della situazione
di Bergamo. Ma le indagini avrebbero dimostrato che l'allora
premier, nel corso di una riunione blindata, di cui non fu redatto
alcun verbale, era già stato messo al corrente di tutto almeno due
giorni prima. La superconsulenza affidata dalla procura di Bergamo
al professore Andrea Crisanti, oggi senatore del Pd, mette nero su
bianco il numero delle vite che si sarebbero potute salvare. Se la
zona rossa fosse stata istituita il 27 febbraio, ci sarebbero state
4. 148 vittime in meno. Il 3 marzo, invece, 2. 659. In una provincia
in cui, solo tra la fine di febbraio e l'aprile del 2020, venne
registrato un eccesso di mortalità di 6. 200 persone rispetto agli
anni precedenti. —
01.03.23
LA MAFIA USA COSPITO ? Solo il
tempo dirà se diventerà un'onda oppure resterà un'iniziativa
personale. Da 24 ore, nel supercarcere Bancali di Sassari c'è un
altro detenuto ristretto al 41 bis che ha iniziato lo sciopero della
fame. È un boss (presunto) della mafia metapontina: Scansano, Tursi,
Policoro, una lingua di mare Jonio incastrata tra la Calabria e la
Puglia sulla statale 106 che collega Reggio Calabria a Taranto sulla
quale si è abbattuta una sentenza di primo grado definita storica
dagli investigatori: la prima per 416 bis in Basilicata. Si chiama
Domenico Porcelli, 49 anni, originario di Bitritto (Bari),
condannato a giugno a 26 anni e 6 mesi di carcere, non vuole più
mangiare. «Ieri lo ha comunicato al personale del penitenziario e
oggi – assicura il suo legale Maria Teresa Pintus – chiederà di
essere sentito per inviare una comunicazione al tribunale di
Sorveglianza e al ministro della Giustizia Carlo Nordio».
Da quando è iniziata la battaglia dell'anarchico Alfredo Cospito
contro il 41 bis è il primo uomo di un'organizzazione mafiosa che
segue la linea dell'ideologo del Fai (federazione anarchica
informale) che pure a Bancali aveva iniziato a rifiutare di
alimentarsi salvo essere trasferito per motivi di salute nel reparto
assistenza intensiva del carcere di Opera, dove è tornato da 48 ore
al termine di un temporaneo ricovero all'ospedale San Paolo di
Milano.
Porcelli è detenuto dal 2018, ha già trascorso 4 anni in regime di
carcere duro e da poche settimane il provvedimento – come da
protocollo – è stato prorogato. Nelle relazioni depositate a
supporto della decisione «si parla di telefonini e computer in suo
possesso». Ma – ribatte la legale già difensore (tra gli altri) di
Alfredo Cospito – non sarebbero «mai state svolte indagini
approfondite sul caso». E poi nella zona di influenza del boss tra i
vertici del cosiddetto «clan Schettino» (un ex carabiniere
condannato a 25 anni e mezzo di cui Porcelli è ritenuto
luogotenente) sarebbero successe cose strane negli ultimi tempi:
incendi, atti intimidatori che qualificherebbero la pericolosità
sociale del detenuto. «Il mio assistito – racconta la legale Pintus
– non c'entra con questa storia, che pare radicata in motivi privati
di un uomo mai collegato al presunto clan. Porcelli avrebbe voluto
fare una dichiarazione oggi (ieri, ndr) in aula a Potenza dove si
celebra il processo a suo carico, ma c'è stato un rinvio e non gli è
stato permesso di parlare. Ad ogni modo ha iniziato il suo
percorso». Collegamenti con Cospito? «I fatti di Alfredo sono noti,
le notizie vengono apprese dai giornali. Porcelli ritiene che il
provvedimento del carcere duro nei suoi confronti sia immotivato».
La sentenza, peraltro ancora non definitiva (Porcelli è detenuto in
custodia cautelare dal giorno dell'arresto), è arrivata il 22
giugno: 24 persone sono state condannate, una sola assolta. Per la
Dda, una pietra miliare nella lotta alla mafia fin qui senza
precedenti.
GRAZIE SPERANZA-DRAGHI-PD: La girandola dei medici a gettone:
camici itineranti che fanno spola da un pronto soccorso all'altro,
da una chirurgia all'altra per tamponare i buchi di organico. Medici
pagati a incarico. E non poco. Un fenomeno in «preoccupante» aumento
che impoverisce le finanze statali e rischia di ridurre la qualità
professionale.
Da Torino a Roma si diffonde l'allarme dei magistrati della Corte
dei Conti: per salvare la sanità pubblica dalla penuria di medici,
dalle liste d'attesa interminabili per prestazioni diagnostiche e
specialistiche, dall'assedio di pazienti in barella, servono nuove
strategie, risorse e soprattutto più personale «stabilizzato» negli
ospedali.
Nei giorni scorsi la presidente della sezione controllo della
magistratura contabile piemontese, Maria Teresa Polito, a
conclusione dell'analisi annuale del bilancio della Regione, ha
deciso di scrivere al ministro della Sanità, Orazio Schillaci per
sollevare l'allarme sulla proliferazione dei contratti a gettone in
corsia. «Questa situazione - afferma la presidente Polito -, che i
dirigenti ospedalieri conoscono bene ma non riescono ad arginare,
sta assumendo livelli allarmanti: occorrono soluzioni tempestive per
porvi rimedio. Soprattutto in vista degli importanti investimenti
connessi al Pnrr: le assunzioni periodiche e temporanee fino al 2026
del personale sanitario, ad esempio, non possono considerarsi delle
soluzioni adeguate rispetto agli investimenti individuati per la
creazione delle case e degli ospedali di comunità».
Negli ultimi anni le aziende sanitarie regionali hanno fatto sempre
più ricorso a contrattati a tempo determinato, affidandosi a
convenzioni con cooperative professionali per sopperire alle carenze
di medici nei reparti che forniscono servizi essenziali. Un
riflesso, osserva la Corte dei Conti, di una programmazione
inadeguata che non ha difeso la qualità della sanità pubblica.
Alterando così il bilanciamento tra domanda sanitaria e offerta di
medici per soddisfarla.
Nelle 18 aziende ospedaliere piemontesi, si legge nelle relazione
presentata ieri a Torino in occasione dell'inaugurazione dell'anno
giudiziario della magistratura contabile, questi rapporti sono quasi
decuplicati. Un salasso. E non solo. I giudici della sezione
controllo, incaricati di vigilare con un'ottica preventiva sui
bilanci degli enti pubblici, hanno rilevato il sistematico
«abbandono delle strutture pubbliche da parte dei medici». Un cambio
di rotta verso il settore privato che «accentua i costi del servizio
sanitario e non assicura quella continuità assistenziale adeguata».
Colpa della continua girandola degli incarichi a gettone. I medici
finiscono così per lavorare in ospedali diversi, a contatto con
esperienze diverse, perdendo in altre parole «continuità formativa».
Tutto ciò a scapito dei cittadini: da una parte nelle veste di
contribuenti, attraverso le tasse, e dall'altra come pazienti,
quando vengono ricoverati o sottoposti a visite. Poi c'è un altro
problema. Le verifiche sui rapporti di convenzione. «Questa
frammentazione di incarichi da un ospedale all'altro - aggiunge la
presidente Polito - non rende agevole l'attività di verifica». E
aggiunge: «Non esistono regole di accreditamento che impongono
standard comuni nella definizione delle convenzioni». Infine, cosa
tutt'altro che trascurabile se si considerano gli incarichi in
ballo, «i controlli che le aziende sanitarie dispongono sui servizi
resi vengono svolte ex post».
Anche la procura regionale del Lazio ha acceso un faro sul fenomeno.
«La questione – ha detto il procuratore Pio Silvestri - è di recente
esplosa in tutta la sua problematicità mettendo in rilievo le
difficoltà in cui opera, a causa della mancanza di personale e di
retribuzioni non sempre adeguate, il personale medico del servizio
pubblico. Il nostro intento sarà quello di verificare possibili
omissioni nella individuazione di profili organizzativi che
potrebbero consentire alle aziende ospedaliere, di far fronte alle
esigenze della medicina soprattutto quella di urgenza».
Soluzioni? Per invertire la rotta si potrebbe rivedere la regola del
numero chiuso a medicina o alzare l'asticella dei limiti nei bandi
per le scuole di specializzazione. Oppure restringere i piani di
«rientro nelle regioni con elevati disavanzi finanziari». In altri
termini, poi, il ricorso ai medici a gettone, sottolineano i giudici
piemontesi «è una formula organizzativa non adeguata, sia sotto il
profilo economico-finanziario, sia della qualità del servizio reso,
con evidente danno di un diritto essenziale come quello della
salute, costituzionalmente tutelato»
BISOGNA PIANTARE ALBERI : Era già successo lo scorso anno, ma
questa volta gli effetti, e i problemi, rischiano di essere ancora
più gravi. La siccità non risparmia gli invasi destinati alla
produzione dell'energia idroelettrica. Nonostante l'inverno non sia
ancora stato archiviato e malgrado l'ultima neve depositata in
quota. Qualche esempio? L'«oro blù» dell'invaso di Ceresole alimenta
la centrale di Rosone e, da lì, le acque scaricate fanno girare le
turbine dell'impianto di Bardonetto, a Locana e poi ancora quelle di
Pont. A Ceresole invece la centrale di Villa è raggiunta dall'acqua
degli invasi più a monte delle dighe Serrù e Agnel. Solo per citare
quelli della Valle Orco.
«A causa della carenza idrica, nel 2022 è stata dimezzata la
produzione di energia da fonte idroelettrica, con un conseguente
impatto economico negativo e la necessità di fare ricorso a fonti di
energia alternative. Ora vedremo come va nei prossimi mesi, anche se
siamo preoccupati di questa scarsità di precipitazioni nevose che
allo stato attuale ci riporta alle condizioni del 2022» dice
Giuseppe Bergesio, l'ad di Iren Energia. Precisa: «Analizzando i
dati mese per mese, nei nostri bacini abbiamo registrato riduzioni
mensili dal 30 fino al 90 per cento di afflusso dell'acqua
utilizzabile per scopi idroelettrici». Non solo: «Lo scorso anno e,
probabilmente succederà anche quest'estate, sono stati modificati i
programmi di produzione di energia per concedere una portata
costante nei canali irrigui per circa due mesi. Ci è sembrato
doveroso, vista l'attenzione che l'azienda da sempre riserva al
territorio e alle sue popolazioni». L'acqua "liberata" nel torrente
Orco consentì a circa 5.500 agricoltori di irrigare 8.500 ettari di
terreni in Canavese.
Il guaio è che il lungo periodo di siccità, dagli invasi sulle Alpi
Graie, ha condizionato pure le attività della pianura, influendo
sulla produzione della centrale termoelettrica lungo il tratto del
Po a Moncalieri, che oggi è operativa solo in parte. «Si tratta di
un impianto che viene raffreddato da canali appositi che attingono
acqua dal Po - spiega Bergesio - E, con scarsità d'acqua, non è
possibile garantire un funzionamento pieno e costante. Diversa è la
situazione nell'impianto termoelettrico che abbiamo nell'area nord
di Torino e che è raffreddato ad aria». Anche per questo i prossimi
investimenti di Iren andranno in quella direzione, verso forme di
raffreddamento alternativo all'acqua piuttosto che verso il
rinnovabile fotovoltaico: «Il cambiamento del mix produttivo di
energia necessita comunque qualche anno perché bisogna rispettare
quello che viene definito in ingegneria il "trilemma energetico" -
puntualizza l'ad di Iren Energia - Vale a dire la sicurezza degli
approvvigionamenti, la compatibilità economica e la sostenibilità
ambientale, altrimenti non funziona».
Il risultato è che anche i vertici Iren sposano i progetti futuri di
realizzare nuovi invasi in quota o comunque l'impiego massiccio di
tecnologie come i pompaggi che consentano di «riutilizzare la stessa
acqua in un ciclo virtuoso, in un'ottica di massimo efficientamento
e piena sostenibilità economica. «I cambiamenti climatici sono ormai
una realtà oggettiva - insiste Bergesio - Di conseguenza il nostro
piano industriale al 2030 prevede un forte e rapido sviluppo delle
energie rinnovabili abbinate a sistemi di storage elettrico e
termico da accompagnarsi a nuovi modelli di consumo ispirati al
risparmio e all'efficientamento energetico»
ESCLUSIONE COSTITUZIONE DI PARTE
CIVILE , COME AZIONISTA ATLANTIA, NEL PROCESSO A CARICO DI CASTELLUCCI
PER IL CROLLO DEL PONTE MORANDI
Diritti degli azionisti
La Direttiva
2007/36/EC stabilisce diritti minimi per gli azionisti delle societa'
quotate in Unione Europea. Tale Direttiva stabilisce all'Articolo 9 il
diritto degli azionisti a porre domande connesse ai punti all'ordine del
giorno dell'assemblea e a ricevere risposte dalle societa' ai quesiti
posti.
Considerando le
difficolta' che spesso si incontrano nel proporre domande e nel ricevere
risposte in tempo utile, in particolare per quanto riguarda gli
azionisti individuali impossibilitati a partecipare alla assemblea, e
considerando che talvolta vi e' poca chiarezza sulle modalita' da
seguire per porre domande alle societa',
Ritiene la
Commissione:
che il diritto
degli azionisti a formulare domande e ricevere risposte sia
adeguatamente garantito all'interno dell'Unione Europea?
che la
possibilita' di porre domande e ottenere risposte solo nel caso
l'azionista sia fisicamente presente nell'assemblea sia compatibile con
la Direttiva 2007/36/EC?
In che modo la Commissione ritiene che le societa' quotate debbano
definire e comunicare le modalita' per porre domande da parte degli
azionisti, in modo da assicurare che tale diritto sia rispettato
appieno? Sergio Cofferati
IL MIO LIBRO "L'USO
DELLA TABELLA MB nei CASI DI PIANI INDUSTRIALI: FIAT,
TELECOMITALIA ED ALTRI..." che doveva essere pubblicato da
LIBRAMI-NOVARA nel 2004, e' ora disponibile liberamente
Tweet to @marcobava
In data 3103.14 nel corso dell'assemblea Fiat il presidente J.Elkann
mi fa fatto allontanare dalla stessa dalla DIGOS impedendomi il voto
eccone la prova:
Sentenze
1)
IL 21.12.12 alle ore 09.00 nel TRIBUNALE TORINO
aula 80 C'E' STATA LA SENTENZA DI ASSOLUZIONE PER LA
QUERELA DELLA FIAT, PER QUANTO DETTO nell'ASSEMBLEA
FIAT 2008 .UN TENTATIVO DI IMBAVAGLIARMI, AL FINE DI VEDERE COME
DIFENDO I MIEI DIRITTI E DI TUTTI GLI AZIONISTI DI MINORANZA
NELLE ASSEMBLEE .
Mb
il 24.11.14 alle ore
1200 si tenuto al TRIBUNALE DI TORINO aula 50 ingresso 19 l'udienza
finale del mio processo d'appello in seguito alla querela di Fiat per
aver detto il 27.03.2008 all'assemblea FIAT che ritengo "Marchionne
un'illusionista temerario e spavaldo" e che "la sicurezza Fiat e'
responsabile della morte di Edoardo Agnelli per omessa vigilanza". In 1°
grado ero stato assolto anche in 2° e nuovamente sia FIAT che PG hanno
impugnato per ricorso in Cassazione che mi ha negato la libertà di
opinione con una sentenza del 14.09.15.
SOTTO POTETE TROVARE LA
DOCUMENTAZIONE
2) il 21
FEBBRAIO 2013 GS-GABETTI sono stati condannati per
agiotaggio informativo.
SENTENZA DELLA CASSAZIONE SULL'ERRORE DEL TRIBUNALE DI TORINO
NELL'ASSOLVERE GABETTI E GRANDE STEVENS
Come parti civili si erano costituite la Consob e due piccoli
azionisti, tra cuiMarco Bava,
noto per il suo attivismo in molte assemblee. "Non so...
SU INTERNET IL LIBRO DI GIGI MONCALVO SULL'OMICIDIO DI
EDOARDO AGNELLI
Edoardo, un Agnelli da dimenticare
Marco Bernardini non ha le prove del suicidio io ho molte prove
dell'omicidio che sono state illustrate in 5 libri di cui l'ultimo e'
l'ultimo di Puppo :
Sarà operativa dal 9
gennaio la nuova piattaforma per la risoluzione alternativa delle
controversie online messa in campo dalla Commissione europea. Gli
organismi di risoluzione alternativa delle controversie (Adr) notificati
dagli Stati membri potranno accreditarsi immediatamente, mentre
consumatori e professionisti potranno accedere alla piattaforma a
partire dal 15 febbraio 2016, all'indirizzo
Mentre i deceduti non vaccinati sono stati soltanto 304 e
quelli vaccinati con ciclo incompleto (senza seconda dose) 25. Il
periodo preso in considerazione dalla tabella ISS è quello che va dal 29
aprile al 29 maggio 2022.
La
tabella del Bollettino Covid-19 pubblicato il 24 giugno scorso
dall’Istituto Superiore della Sanità di Roma – link a fondo pagina
NO
AL NUCLEARE , SULL'H2-FOTOVOLTAICO NON SI SPECULA
IL RAZIONAMENTO ENERGETICO NON RISOLTO
CON LE RINNOVABILI PUO' ESSERE USATO PER GIUSTIFICARE IL
NUCLEARE CHE UCCIDE VEDI RUSSIA E GIAPPONE.
CON LA SCUSA DEL NUCLEARE SI PUO' FAR
PAGARE 10 QUELLO CHE VALE 1
MENTRE LA FRANCIA INVESTE PER SANARE LO
SFASCIO DEL NUCLEARE L'ITALIA CI VUOLE ENTRARE ?
GLI INCIDENTI NUCLEARI IN RUSSIA E
GIAPPONE NON CI HANNO INSEGNATTO NULLA ? NE VOGLIAMO UNO ANCHE IN
ITALIA ?
LA CHIMERA MANGIA-SOLDI DELLA FUSIONE NUCLEARE
QUANTE RINNOVABILI SI POSSONO FARE ? IL CNR SPENDE PIU' PER IL FINTO
NUCLEARE CHE PER LA BANCA DEL SEME AGRICOLO.
IL FUTURO H2 CHE
NON SI VUOLE VEDERE
E' ASSURDO CONTINUARE A PENSARE DI GESTIRE A COSTI BASSI
ECONOMICAMENTE VANTAGGIOSI LA FUSIONE NUCLEARE QUANDO ESISTONO ENERGIE
RINNOVABILI MOLTO più CONTROLLABILI ED EFFICIENTI A COSTI più BASSI,
COME DIMOSTRA IL :
https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/ip_22_3131
IL DOPPIO SACRILEGIO DELLA BESTEMMIA
RICETTA LIEVITO MADRE
RICAMBIO POLITICO BLOCCATO
L'Ucraina in fiamme - Documentario di Igor Lopatonok Oliver Stone 2016
(sottotitoli italiano)
"Abbiamo creato un archivio online per documentare i crimini di guerra
della Russia". Lo scrive su Twitter il ministro degli Esteri ucraino,
Dmytro Kuleba. "Le prove raccolte delle atrocità commesse dall'esercito
russo in Ucraina garantiranno che questi criminali di guerra non
sfuggano alla giustizia", aggiunge, con il link al sito in inglese
Cosa c’entra il climate change con
l’incidente al ghiacciaio della Marmolada?
Temperature di 10°C a 3.300 metri di altezza da giorni, anomalie
termiche pronunciate da maggio. Sono questi i fattori alla base del
crollo del seracco che ha travolto due cordate di alpinisti domenica 3
luglio sotto Punta Penia
Il ghiacciaio della Marmolada si
sta ritirando di 6 metri l’anno
(Rinnovabili.it) – Almeno 10 morti, 9 feriti e un disperso. È il
bilancio provvisorio dell’incidente che
ha coinvolto il 3 luglio due cordate di alpinisti nella zona di
Punta Rocca, proprio sotto il ghiacciaio della Marmolada.
Una parte del ghiacciaio è collassata per le temperature elevate,
scivolando rapidamente a valle in una enorme valanga di ghiaccio,
pietre e acqua fusa.
La dinamica dell’incidente
Verso le 14 del 3 luglio ha ceduto un seracco
del ghiacciaio della Marmolada, la vetta più alta delle Dolomiti,
tra Punta Rocca e Punta Penia a oltre 3000 metri di quota. La
scarica che si è creata è stata imponente, alta 60 metri con
un fronte largo circa 200, e ha investito un tratto della
via normale per la cima di Punta Penia precipitando a 300
km/h.
Il punto di distacco del seracco è ben visibile in alto
a destra. Crediti:
Local Team.
Ogni ghiacciaio ha dei seracchi, blocchi di ghiaccio che
assomigliano a dei pinnacoli e si formano con il movimento del corpo
glaciale. Scorrendo verso il basso, il ghiacciaio incontra delle
variazioni nella pendenza della montagna. Queste deformano il
ghiacciaio e provocano la formazione di crepacci, che a loro volta
danno luogo a delle “torri” di ghiaccio, i seracchi. Queste
formazioni, seppur normali, sono per loro natura instabili.
Tendono a cadere a valle, ricompattandosi con il resto del corpo
glaciale, ed è difficile prevedere quando esattamente un evento del
genere si può verificare.
Il climate change sul ghiacciaio della Marmolada
Il distacco del seracco dal ghiacciaio della Marmolada, con ogni
probabilità, è stato facilitato e reso più rovinoso dal cambiamento
climatico. Negli ultimi giorni, anche sulle cime di quel
settore delle Dolomiti il termometro è salito regolarmente a 10°C.
Ma è da maggio che si registrano
anomalie termiche molto pronunciate.
Anomalie che investono tutto l’arco alpino.
Sulla cima del monte Sonnblick, in Austria, 100 km più a nord-est,
uno degli osservatori con le serie storiche più lunghe e affidabili
della regione alpina ieri segnalava il quasi completo scioglimento
del manto nevoso. Un dato che illustra molto bene quanto l’estate
del 2022 sia eccezionale: lì la neve non si era mai sciolta prima
del 13 agosto (capitò nel 1963 e nel caldissimo 2003).
Che legame c’è tra il crollo del seracco e le
temperature elevate? Secondo la società meteorologica
alpino-adriatica, “il ghiacciaio si è destabilizzato alla base a
causa della grande disponibilità di acqua di fusione
dopo settimane di temperature estremamente elevate e superiori alla
media”. Il caldo ha accelerato lo scioglimento del ghiacciaio:
“la lubrificazione dell’acqua alla base (o negli interstrati) e
l’aumento della pressione nei crepacci pieni d’acqua sono probabilmente
le cause principali di questo evento catastrofico”.
Normalmente, il ghiaccio sciolto – acqua di fusione – penetra fra gli
strati di ghiaccio o direttamente sul fondo del ghiacciaio, incuneandosi
tra massa glaciale e rocce sottostanti, per sgorgare poi al fondo della
lingua glaciale. Questo processo “lubrifica” il ghiacciaio,
accelerandone lo scivolamento, ma può anche creare delle “sacche” piene
d’acqua che non trova uno sfogo e preme sul resto del ghiacciaio.
Come tutti gli altri ghiacciai alpini, anche il ghiacciaio della
Marmolada è in veloce ritirata a causa del riscaldamento globale.
L’ultima campagna di rilevazioni, condotta dal Comitato Glaciologico
Italiano e da Arpa Veneto lo scorso agosto, ha segnalato un
ritiro di 6 metri in appena 1 anno, mentre la perdita complessiva di
volume raggiunge il 90% in 100 anni.
Il cambiamento climatico corre più veloce sulle Alpi che nel resto
del pianeta, facendo delle
terre alte uno dei settori più vulnerabili. Un aumento della
temperatura globale di 1,5 gradi si traduce in un innalzamento, sulle
montagne italiane, di 1,8 gradi (con un margine d’errore di ±0,72°C).
Superare i 2 gradi a livello globale significa invece Alpi
2,51°C più calde (±0,73°C). Ma durante i mesi estivi, l’aumento
di temperatura è ancora più pronunciato e può arrivare, rispettivamente,
a 2,09°C ±1,24°C e a 2,81°C ±1,23°C.
IL
VERO OBBIETTIVO DELLA MAFIA ESSERE LEGITTIMATA A TRATTARE ALLA PARI CON
LO STATO.
QUESTO LA HA FATTO LO GIURISPRUDENZA DELLA
TRATTATIVA STATO MAFIA CHE HA LEGITTIMATO DI FATTO LA MAFIA A
TRATTARE ALLA PARI CON LO STATO.
LA RESPONSABILITA' DEI SERVIZI SEGRETI NELLA
MORTE DI FALCONE E BORSELLINO , E PALESE.
I SERVIZI SEGRETI DIPENDONO DELLA PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO
Dichiarazione di Giuliano AMATO
«Stragi del '92 con matrice oscura. Giusto l'intervento di Pisanu» -
INTERVISTA
(02 luglio 2010) - fonte: Corriere della Sera - Giovanni Bianconi -
inserita il 02 luglio 2010 da 31
«Certo che il nostro è uno strano Paese», esordisce
Giuliano Amato, presidente del
Consiglio nel 1992 insanguinato dalle stragi di mafia, e dunque
testimone diretto di quella drammatica stagione rievocata nella
relazione del presidente della commissione parlamentare antimafia
Giuseppe Pisanu.
Perché, presidente?
«Perché quando un personaggio di primissimo rango come Giulio Andreotti
esce indenne da un lungo processo si dice che questo capita se si
confonde la responsabilità penale con quella politica, mentre quando un
presidente dell`Antimafia come Pisanu si sforza di cercare
responsabilità politiche laddove non ne sono state individuate di penali
gli si risponde che bisogna lasciar lavorare i giudici. Ma allora che
bisogna fare?».
Secondo lei?
«Secondo me il lavoro di Pisanu è legittimo e prezioso, perché può
aiutare la politica a cercare delle chiavi di lettura che non possono
sempre venire dalla magistratura. E a trovare finalmente il giusto modo
di affrontare la questione mafiosa. Provando a capire che cosa è
accaduto in passato si può affrontare meglio anche il presente».
Il passato, in questo caso, sono le stragi del 1992 e 1993. Lei divenne
capo del governo dopo la morte di Giovanni Falcone e prima di quella di
Borsellino. Ha avuto la sensazione di «qualcosa di simile a una
trattativa», come dice Pisanu?
«Sinceramente no. L`ho detto anche ai procuratori di Caltanissetta
quando mi hanno interrogato.
Io in quelle settimane ero molto impegnato ad affrontare l`emergenza
economico-finanziaria, dovevamo fare una manovra da 30.000 miliardi di
lire per il`92 e impostare quella del `93. La strage di via D`Amelio ci
colse nel pieno dei vertici economici internazionali.
Ricordo però che dopo quel drammatico avvenimento ebbi quasi un ordine
da Martelli, quello di far approvare subito il decreto-legge sul carcere
duro per i mafiosi varato dopo l`eccidio di Capaci. Andai di sera dal
presidente del Senato Spadolini, ed ottenni una calendarizzazione ad
horas del provvedimento».
Dei contatti tra alcuni ufficiali del Ros dei carabinieri e l`ex sindaco
mafioso di Palermo Ciancimino lei sapeva qualcosa, all`epoca?
«No, però voglio dire una cosa. Che ci sia stato un certo lavorio di
qualche apparato a livello inferiore è possibile, ma pensare che dei
contatti poco chiari potessero avere una sponda in Nicola Mancino che
era stato appena nominato ministro dell`Interno è un ipotesi che
considero offensiva, in primo luogo per lo stesso Mancino. Sulle ragioni
della sua nomina è Arnaldo Forlani che può fare chiarezza».
Perché?
«Perché la Dc di cui allora era segretario decise, o fu spinta a
decidere, che bisognava tagliare Gava dal governo. Ma a Gava bisognava
comunque trovare una via d`uscita onorevole, individuata nella
presidenza del gruppo al Senato che era di Mancino».
L`ex presidente del Consiglio Ciampi ha ripetuto che dopo le stragi del
'93 lui, da Palazzo Chigi, ebbe timore di un colpo di Stato. Lei pensò
qualcosa di simile, nello stesso posto, dopo le bombe del '92?
«No, ma del resto non ebbi timori di quel genere nemmeno dopo le stragi
degli anni Settanta. All`indomani di via D`Amelio non ebbi allarmi
particolari dal ministro dell`Interno, né dal capo della polizia Parisi
o da quelli dei servizi segreti. Parisi lo trovai ai funerali di
Borsellino, dove io e il presidente Scalfaro subimmo quasi
un`aggressione e avemmo difficoltà ad entrare in chiesa.
Ma attribuimmo l`episodio alla rabbia contro lo Stato che non era
riuscito ad evitare quella morte. Il problema che ancora oggi resta
insoluto è la vera matrice di quelle stragi».
Che intende dire?
«Che per la mafia furono un pessimo affare. Non solo quella di via
D`Amelio, dopo la quale Martelli applicò immediatamente il regime di
carcere duro a centinaia di boss, ma anche quella di Capaci. Certo,
Falcone era un nemico, ma in quel momento un`impresa economico-criminale
come Cosa Nostra avrebbe avuto tutto l`interesse a stare lontana dai
riflettori, anziché accenderli con quella manifestazione di violenza.
Quali interessi vitali dell`organizzazione mafiosa stava mettendo in
pericolo, Falcone?
La spiegazione che volevano eliminare un magistrato integerrimo, come
lui o come Borsellino, è troppo semplice. In ogni caso potevano
ucciderlo con modalità meno eclatanti, come hanno fatto in altre
occasioni. Invece vollero colpire lui e insieme lo Stato, imponendo una
devastante dimostrazione di potere».
Chi può esserci allora, oltre a Cosa nostra, dietro gli attentati che
per la mafia furono controproducenti?
«Purtroppo non lo sappiamo, ma è questa la domanda-chiave a cui dovremmo
trovare la risposta. Perché vede, per le stragi degli anni Settanta si
sono trovate molte spiegazioni; compresa quella che sosteneva il
prefetto Parisi, il quale immaginava un ruolo dei servizi segreti
israeliani per punire la politica estera italiana sul versante
palestinese. E per le stragi del 1993 io trovo abbastanza convincente la
tesi di una ritorsione per il carcere duro affibbiato a tanti boss e
soprattutto al loro capo, Riina, arrestato all`inizio dell`anno. Per
quelle del`92, invece, non riesco a immaginare motivazioni mafiose
sufficienti a superare le ripercussioni negative. E questo conferma
l`ipotesi di qualche condizionamento esterno rispetto ai vertici di Cosa
nostra.
Perciò ha ragione Pisanu a interrogarsi e chiedere di fare luce».
Anche laddove i magistrati non riescono ad arrivare?
«Ma certo. Noi siamo arrivati al limite del giuridicamente accettabile
con il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, che io
condivido ma che faccio fatica a spiegare all`estero.
Al di là di quel reato, però, non ci sono solo i boy scout; possono
esistere rapporti pericolosi, magari meno diretti o meno importanti, ma
pur sempre rapporti. E di questi dovrebbe occuparsi la politica, prima
dei magistrati».
Infatti Andreotti e Cossiga, agli ordini
di Henry Kissinger, se ne interessarono con Delle Chiaie che
rappresentava un estremismo di destra che teneva rapporti con la mafia
di Rejna , secondo Lo Cicero.
PERCHE' IL PRESIDENTE BIDEN NON
GRAZIA ASSANGE dimostrando di essere migliore dei suoi
predecessori ?
FATTI
NO BLA BLA BLA
DELLA STAMPA PER CONDIZIONARE LA VITA DELLE PERSONE CHE NON PENSANO
PRIMA DI AGIRE
LE NON RISPOSTE DI DRAGHI E CINGOLANI
DOCUMENTATE DA REPORT
QUALE E' LA VERITA' SUI MANDANTI DELLA MORTE DI
FALCONE E BORSELLINO ?
Era il 23 maggio del 1992 quando Giovanni Falcone
guidava la Fiat Croma della sua scorta che lo accompagnava
dall’aeroporto di Punta Raisi a Palermo.
Assieme a lui c’erano la moglie Francesca Morvillo, e l’autista Giuseppe
Costanza che quel giorno sedeva dietro.
Nel corteo delle auto che accompagnano il magistrato palermitano c’erano
anche altre due auto, la Fiat Croma marrone sulla quale viaggiavano gli
agenti Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo, e la Fiat Croma
azzurra sulla quale erano presenti gli agenti Paolo Capuzza, Gaspare
Cervello e Angelo Corbo.
Alle 17:57 circa, secondo la ricostruzione della versione ufficiale,
viene azionato da Giovanni Brusca il telecomando della bomba posta sotto
il viadotto autostradale nel quale passava il giudice Falcone.
La prima auto, quella degli agenti Montinaro, Schifani e Dicillo viene
sbalzata in un campo di ulivi che si trovava vicino alla carreggiata.
Muoiono tutti sul colpo.
L’auto di Falcone e di sua moglie Francesca viene investita da una
pioggia di detriti e l’impatto tremendo scaglia entrambi contro il
parabrezza della macchina.
In quel momento sono ancora vivi, ma le ferite riportate sono molto
gravi ed entrambi moriranno nelle ore successive all’ospedale.
L’autista Giuseppe Costanza sopravvive miracolosamente alla strage ed è
ancora oggi vivo.
Mai in Italia la mafia era riuscita ad eseguire una operazione così
clamorosa e così ben congegnata tale da far pensare ad un coinvolgimento
di apparati terroristici e militari che andavano ben oltre le capacità
di Cosa Nostra.
Capaci è una strage unica probabilmente anche a livello internazionale.
Fu fatta saltare un’autostrada con 200 kg di esplosivo da cava. Appare
impossibile pensare che furono soltanto uomini come Giovanni Brusca o
piuttosto Totò Riina soprannominato Totò U Curtu potessero realizzare
qualcosa del genere.
Impossibile anche che nessuno si sia accorto di come nei giorni
precedenti sia stata portata una quantità considerevole di esplosivo
sotto l’autostrada senza che nessuno notasse nulla.
È alquanto probabile che gli attentatori abbiano utilizzato dei mezzi
pesanti per trasportare il tritolo e il T4 utilizzati per preparare
l’ordigno.
Il via vai di mezzi deve essere stato frequente ed è difficile pensare
che questo passaggio non sia stato notato da nessuno nelle aree
circostanti.
Così come è impossibile che gli attentatori sapessero l’ora esatta in
cui Falcone sarebbe sbarcato a Palermo senza avere una qualche fonte
dall’interno che li informasse dei movimenti e degli spostamenti del
magistrato.
Capaci per tutte le sue caratteristiche quindi è un evento che appare
del tutto inattuabile senza il coinvolgimento di elementi infedeli
presenti nelle istituzioni che diedero agli attentatori le informazioni
necessarie per eseguire la strage.
Senza i primi, è impossibile sapere chi sono i veri mandanti occulti
dell’eccidio che è costato la vita a 5 persone e che sconvolse l’Italia.
E per poter comprendere quali siano questi mandanti occulti è necessario
guardare a cosa stava lavorando Falcone nelle sue ultime settimane di
vita.
Senza posare lo sguardo su questo intervallo temporale, non possiamo
comprendere nulla di quello che accadde in quei tragici giorni.
La stampa nostrana sono trent’anni che ci offre una ricostruzione
edulcorata e distorta della strage di Capaci.
Ci vengono mostrate a ripetizione le immagini di Giovanni Brusca. Ci è
stato detto tutto sulla teoria strampalata che vedrebbe Silvio
Berlusconi tra i mandanti occulti dell’attentato, teoria che pare aver
trovato una certa fortuna tra gli allievi liberali montanelliani, quali
Peter Gomez e Marco Travaglio.
Non ci viene detto nulla però su ciò che stava facendo davvero Giovanni
Falcone prima di morire.
L’indagine di Falcone sui fondi neri del PCI
All’epoca dei fatti, Falcone era direttore generale degli affari penali,
incarico che aveva ricevuto dall’allora ministro della Giustizia,
Claudio Martelli.
Nei mesi prima di Capaci, Falcone riceve una vera e propria richiesta di
aiuto da parte di Francesco Cossiga, presidente della Repubblica.
Cossiga chiede a Falcone di fare luce sulla marea di fondi neri che
erano piovuti da Mosca dal dopoguerra in poi nelle casse dell’ex partito
comunista italiano.
Si parla di somme da capogiro pari a 989 miliardi di lire che sono
transitati dalle casse del PCUS, il partito comunista dell’Unione
Sovietica, a quelle del PCI.
La politica del PCUS era quella di finanziare e coordinare le attività
dei partiti comunisti fratelli per diffondere ed espandere ovunque
l’influenza del pensiero marxista e leninista e dell’URSS che si
dichiarava custode di quella ideologia.
Questa storia è raccontata dettagliatamente in un avvincente libro
intitolato "Il viaggio di Falcone a Mosca" firmato da Francesco Bigazzi
e da Valentin Stepankov, il procuratore russo che stava collaborando con
Falcone prima di essere ucciso.
Il sistema di finanziamento del PCUS era piuttosto complesso e spesso si
rischia di perdersi in un fitto dedalo di passaggi e sottopassaggi nei
quali è spesso difficile comprendere dove siano finiti effettivamente i
fondi.
I finanziamenti erano erogati dal partito comunista sovietico agli altri
suoi satelliti nel mondo e di questo c’è traccia nelle carte esaminate
da Stepankov.
Ricevevano fondi il partito comunista francese e persino il partito
comunista americano rappresentato da Gus Hall che a Mosca assicurava
tutto il suo impegno contro l’imperialismo americano portato avanti da
Ronald Reagan.
Il partito comunista italiano era però quello che riceveva la quantità
di fondi più ingenti perché questo era il partito comunista più forte
d’Occidente ed era necessario nell’ottica di Mosca assicurargli un
costante sostegno per tenera aperta la possibilità di spostare l’Italia
dall’orbita del patto Atlantico a quella del patto di Varsavia.
Una eventualità che se fosse mai avvenuta avrebbe provocato non solo la
probabile fine della stessa NATO ma anche un probabile conflitto tra
Washington e Mosca che si contendevano un Paese fondamentale, allora
come oggi, per gli equilibri dell’Europa e del mondo.
Ed è in questa ottica che va vista la strategia della tensione ispirata
e attuata da ambienti atlantici per impedire che Roma si avvicinasse
troppo a Mosca.
Nell’ottica di questa strategia era necessario colpire la popolazione
civile attraverso gruppi terroristici, ad esempio le Brigate Rosse,
infiltrati da ambienti dell’intelligence americana per eseguire azioni
clamorose, su tutte il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro.
Il sangue versato dall’Italia nel dopoguerra per volontà del cosiddetto
stato profondo di Washington è stato versato per impedire all’Italia di
intraprendere un cammino politico che avrebbe potuto allontanarla troppo
dalla sfera di dominio Euro-Atlantica non tanto per approdare in quella
sovietica, ma piuttosto, secondo la visione di Moro, nel campo dei Paesi
non allineati né con un blocco né con l’altro.
Nel 1992 questo mondo era già crollato e non esisteva più la cosiddetta
minaccia sovietica. A Mosca regnava il caos. Una epoca era finita e
l’URSS era crollata non per via della sua struttura elefantiaca, come
pretende di far credere una certa vulgata atlantista, ma semplicemente
perché si era deciso di demolirla dall’interno.
La perestrojka, termine russo che sta per ristrutturazione, di cui l’ex
segretario del PCUS, Gorbachev, fu un convinto sostenitore fu ciò che
preparò il terreno alla caduta del blocco sovietico.
Gorbachev era ed è un personaggio molto vicino agli ambienti del
globalismo che contano e fu uno dei primi sovietici ad essere elogiato e
sostenuto dal gruppo Bilderberg che nel 1987 guarda con vivo interesse e
ammirazione alla sua apertura al mondo Occidentale.
Al Bilderberg c’è il gotha della società mondiale in ogni sua
derivazione politica, economica, finanziaria e ovviamente mediatica
senza la quale sarebbe stato impossibile perseguire i piani di questa
struttura paragovernativa internazionale.
Uno dei membri di spicco di questo club, David Rockefeller, ringraziò
calorosamente alcuni anni dopo gli esponenti della stampa mondiale,
soprattutto quella anglosassone, per aver taciuto le attività di questa
società segreta che senza il silenzio dei media non sarebbe mai riuscita
a portare avanti indisturbata i suoi piani.
Nella visione di questi ambienti, l’URSS, di cui, sia chiaro, non si ha
nostalgia, era comunque diventata ingombrante e doveva essere rimossa.
Il segretario del partito comunista, Gorbachev, attraverso le sue
“riforme” ebbe un ruolo del tutto fondamentale nell’ambito del
raggiungimento di questo obbiettivo.
I signori del Bilderberg avevano deciso che gli anni 90 avrebbero dovuto
essere gli anni della globalizzazione e della concentrazione di un
potere mai visto nelle mani della NATO che per poter avvenire doveva
passare dall’eliminazione del blocco opposto, quello dell’Unione
Sovietica.
Il crollo dell’URSS ebbe un impatto devastante sulla società
post-sovietica russa. Moltissimi dirigenti, 1746, si tolsero la vita. Un
numero di morti per suicidio che non trova probabilmente emuli nella
storia politica recente di nessun Paese.
Alcuni suicidi furono piuttosto anomali e si pensò che alcuni influenti
notabili di Mosca in realtà siano stati suicidati per non far trapelare
le verità scomode che sapevano riguardano ai finanziamenti del partito.
A Mosca era iniziato il grande saccheggio e le svendite di tutto quello
che era il patrimonio pubblico dello Stato.
L’URSS era uscita dall’era della proprietà collettivizzata per entrare
in quella del neoliberismo più feroce e selvaggio così come avvenne per
gli altri Paesi dell’Europa Orientale che furono messi all’asta e
comprati da corporation angloamericane.
Il procuratore russo Stepankov voleva far luce sulla enorme quantità di
soldi che era uscita dalle casse del partito. Voleva capire dove fosse
finito tutto questo denaro e come esso fosse stato speso.
Per fare questo, chiese assistenza all’Italia e il presidente Cossiga
girò questa richiesta di aiuto all’allora direttore generale degli
affari penali, Giovanni Falcone.
Falcone accettò con entusiasmo e ricevette a Roma nel suo ufficio il
procuratore Stepankov per avviare quella collaborazione, inedita dal
secondo dopoguerra in poi, tra l’Italia e la neonata federazione russa.
Al loro primo incontro, Falcone e Stepankov si piacciono subito.
Entrambi si riconoscono una integrità e una determinazione
indispensabili per degli inquirenti determinati a comprendere cosa fosse
accaduto con quella enorme quantità di denaro che aveva lasciato Mosca
per finire in Italia.
I fondi venivano stanziati in dollari e poi convertiti in lire ma per
poter completare questo passaggio era necessaria l’assistenza di
un’altra parte, che Falcone riteneva essere la mafia che in questo caso
avrebbe agito in stretto contatto con l’ex PCI.
I legami tra PCI e mafia non sono stati nemmeno sfiorati dai media
mainstream italiani. La sinistra progressista si è attribuita una sorta
di primato morale nella lotta alla mafia quando questa storia e questa
indagine rivelano invece una sua profonda contiguità con il fenomeno
mafioso.
L’indagine di Falcone rischiava di mandare a monte il piano di Mani
Pulite
Giovanni Falcone era determinato a fare luce su questi legami, ma non
fece in tempo. Una volta iniziata la sua collaborazione con Stepankov la
sua vita fu stroncata brutalmente nella strage di Capaci.
Era in programma un viaggio del magistrato nei primi giorni di giugno a
Mosca per continuare la collaborazione con Stepankov.
Il giudice si stava avvicinando ad una verità scabrosa che avrebbe
potuto travolgere l’allora PDS che aveva abbandonato la falce e martello
del partito comunista due anni prima nella svolta della Bolognina
inaugurata da Achille Occhetto.
Il PCI si stava tramutando in una versione del partito democratico
liberal progressista molto simile a quella del partito democratico
americano.
Il processo di conversione era già iniziato anni prima quando a
Washington iniziò a recarsi sempre più spesso Giorgio Napolitano che
divenne un interlocutore privilegiato degli ambienti che contano negli
Stati Uniti, soprattutto quelli sionisti e atlantisti.
A Washington avevano già deciso probabilmente in quegli anni che doveva
essere il nuovo partito post-comunista a trascinare l’Italia nel girone
infernale della globalizzazione.
Il 1992 fu molto di più che l’anno della caccia alle streghe
giudiziaria. Il 1992 fu una operazione internazionale decisa nei circoli
del potere anglo-sionista che aveva deciso di liberarsi di una classe
politica che, seppur con tutti i suoi limiti, aveva saputo in diverse
occasioni contenere l’atlantismo esasperato e aveva saputo esercitare la
sua sovranità come accaduto a Sigonella nel 1984 e come accaduto anche
con l’omicidio di Aldo Moro, che pagò con la vita la decisione di voler
rendere indipendente l’Italia dall’influenza di questi centri di potere
transnazionali.
Il copione era quindi già scritto. Il pool di Mani Pulite agì come un
cecchino. Tutti i partiti vennero travolti dalle inchieste giudiziarie e
tutti finirono sotto la gogna mediatica della pioggia di avvisi di
garanzia che in quel clima da linciaggio popolare equivalevano ad una
condanna anticipata.
Il PSI di Craxi fu distrutto così come la DC di Andreotti. Tutti vennero
colpiti ma le inchieste lasciarono, “casualmente”, intatto il PDS.
Eppure era abbastanza nota la corruzione delle cosiddette cooperative
rosse, così come era nota la corruttela che c’era nel partito comunista
italiano che riceveva fondi da una potenza straniera, allora nemica, e
poi li riciclava attraverso la probabile assistenza di organizzazioni
mafiose.
Questa era l’ipotesi investigativa alla quale stava lavorando Giovanni
Falcone e questa era la stessa ipotesi che subito dopo raccolse Paolo
Borsellino, suo fraterno amico e magistrato ucciso soltanto 55 giorni
dopo a via d’Amelio.
Mai la mafia era giunta a tanto, e non era giunta a tanto perché non era
nelle sue possibilità. C’è un unico filo rosso che lega queste due
stragi e questo filo rosso porta fuori dai confini nazionali.
Porta direttamente in quei centri di potere che avevano deciso che tutta
la ricchezza dell’industria pubblica italiana fosse smantellata per
essere portata in dote alla finanza anglosionista.
Questi stessi centri di potere globali avevano deciso anche che dovesse
essere il nuovo PDS a proseguire lo smantellamento dell’economia
italiana attraverso la sua adesione alla moneta unica.
E fu effettivamente così, salvo la parentesi berlusconiana del 94. Il
PDS portò l’Italia sul patibolo dell’euro e di Maastricht e privò della
sovranità monetaria il Paese agganciandola alla palla al piede della
moneta unica, arma della finanza internazionale.
E fu il turbare di questi equilibri che portò alla prematura morte dei
magistrati Falcone e Borsellino. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino
avevano messo le mani sui fili dell’alta tensione. Quelli di un potere
così forte che fa impallidire la mafia.
I due brillanti giudici sapevano che il fenomeno mafioso non poteva
essere compreso se non si guardava al piano superiore, che era quello
costituito dalla massoneria e dal potere finanziario.
Cosa Nostra e le altre organizzazioni sono solamente della manovalanza
di un potere senza volto molto più potente.
È questa la verità che non viene raccontata agli italiani che ogni anno
quando si celebrano queste stragi vengono sommersi da un fiume di
retorica o da una scadente cinematografia di regime che mai sfiora la
verità su quanto accaduto in quegli anni e mai sfiora il vero potere che
eseguì il colpo di Stato del 1992 e che insanguinò l’Italia nello stesso
anno.
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono due figure che vanno ricordate
non solo per il loro eroismo, ma per la loro ferma volontà e
determinazione nel fare il loro mestiere, anche se questo voleva dire
pagare con la propria vita.
Lo fecero fino in fondo sapendo di sfidare un potere enormemente più
forte di loro. Sapevano che in gioco c’erano equilibri internazionali e
destini decisi da uomini seduti nei consigli di amministrazione di
banche e corporation che erano i veri registi della mafia.
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino vanno ricordati perché sono due eroi
italiani che si sono opposti a ciò che il Nuovo Ordine Mondiale aveva
deciso per l’Italia e pur di farlo non hanno esitato a sacrificare la
loro vita.
Oggi, trent’anni dopo, sembra che stiano per chiudersi i conti con
quanto accaduto nel 1992 e l’Italia sembra più vicina all’avvio di una
nuova fase della sua storia, una nella quale potrebbe esserci la seria
possibilità di avere una sovranità e una indipendenza come non la si è
avuta dal 1945 in poi.
Autovelox mobili: la multa non è
valida se non sono segnalati
multe autovelox
La Cassazione ha confermato che anche gli autovelox posti sulle
pattuglie delle varie forze dell’ordine devono essere adeguatamente
segnalati.
Autovelox mobili: la multa non è valida se non sono segnalati
AUTOVELOX MOBILI - Subire una multa per eccesso di velocità non è
certamente piacevole, soprattutto perché questo comporta la necessità di
dover mettere mano al portafoglio per una spesa imprevista. Ci sono però
delle situazioni in cui la sanzione può essere ritenuta non valida e
quindi annullata, come indicata da una recente sentenza emessa dalla
Corte di Cassazione. Che ha così chiarito i dubbi su cosa può accadere
nel caso in cui l’autovelox presente in un tratto di strada non sia
opportunamente segnalato: l’obbligo è valido anche per gli autovelox
mobili montati sulle auto della polizia.
UNA LUNGA TRAFILA LEGALE - La vicenda trae origine da un’automobilista
di Feltre (Belluno) aveva subito sei anni fa una multa per eccesso di
velocità dopo essere stato sorpreso a 85 km/h in un tratto di strada in
cui il limite era invece di 70 m/h. Una pattuglia della polizia presente
sul posto dotata di autovelox Scout Speed aveva provveduto a
sanzionarlo. L’uomo era però convinto di avere subito un’ingiustizia e
aveva così deciso di fare ricorso. Alla fine, nonostante la trafila sia
stata particolarmente lunga, è stato proprio il conducente a vincere
fino ad arrivare alla sentenza della Cassazione emessa pochi giorni fa.
LA SENTENZA - Nella quale si legge: "In attuazione del generale obbligo
di preventiva e ben visibile segnalazione, contempla la possibilità di
installare sulle autovetture dotate del dispositivo Scout Speed messaggi
luminosi contenenti l'iscrizione “controllo velocità” o “rilevamento
della velocità”, visibili sia frontalmente che da tergo. Molteplici
possibilità di impiego e segnalazione sono correlate alle
caratteristiche della postazione, fissa o mobile, sicché non può dedursi
alcuna interferenza negativa che possa giustificare, avuto riguardo alle
caratteristiche tecniche della strumentazione impiegata nella postazione
di controllo mobile, l'esonero dall'obbligo della preventiva
segnalazione".
per non fare diventare l'ITALIA un'hotspot
europeo dell'immigrazione in quanto bisogna resistere come italiani nel
nostro paese dando agli immigrati un messaggio forte e chiaro : ogni
paese puo' svilupparsi basta impegnarsi per farlo con le risorse
disponibili e l'intelligenza , che significa adattamento nel superare le
difficolta'.
Inventarsi un lavoro invece che fare
l'elemosina.
Quanti miracoli ha fatto Maometto rispetto a
Gesu' ?
1)
esame d'italiano e storia italiana per gli immigrati
2)
lavori socialmente utili
3)
pulizia e cucina autonoma
3 gennaio 1917, Suor Lucia nel Terzo segreto di Fatima: Il sangue dei
martiri cristiani non smetterà mai di sgorgare per irrigare la terra e
far germogliare il seme del Vangelo. Scrive suor Lucia: “Dopo le
due parti che già ho esposto, abbiamo visto al lato sinistro di Nostra
Signora un poco più in alto un Angelo con una spada di fuoco nella mano
sinistra; scintillando emetteva grandi fiamme che sembrava dovessero
incendiare il mondo intero; ma si spegnevano al contatto dello splendore
che Nostra Signora emanava dalla sua mano destra verso di lui: l’Angelo
indicando la terra con la mano destra, con voce forte disse: Penitenza,
Penitenza, Penitenza! E vedemmo in una luce immensa che è Dio: “Qualcosa
di simile a come si vedono le persone in uno specchio quando vi passano
davanti” un Vescovo vestito di Bianco “abbiamo avuto il presentimento
che fosse il Santo Padre”. Vari altri vescovi, sacerdoti, religiosi e
religiose salire una montagna ripida, in cima alla quale c’era una
grande croce di tronchi grezzi come se fosse di sughero con la
corteccia; il Santo Padre, prima di arrivarvi, attraversò una grande
città mezza in rovina e mezzo tremulo con passo vacillante, afflitto di
dolore e di pena, pregava per le anime dei cadaveri che incontrava nel
suo cammino; giunto alla cima del monte, prostrato in ginocchio ai piedi
della grande croce venne ucciso da un gruppo di soldati che gli
spararono vari colpi di arma da fuoco e frecce, e allo stesso modo
morirono gli uni dopo gli altri i vescovi, sacerdoti, religiosi e
religiose e varie persone secolari, uomini e donne di varie classi e
posizioni. Sotto i due bracci della croce c’erano due Angeli ognuno con
un innaffiatoio di cristallo nella mano, nei quali raccoglievano il
sangue dei Martiri e con esso irrigavano le anime che si avvicinavano a
Dio”.interpretazione del
Terzo segreto di Fatima era già stata offerta dalla stessa Suor Lucia in
una lettera a Papa Wojtyla del 12 maggio 1982. In essa dice: «La
terza parte del segreto si riferisce alle parole di Nostra Signora: “Se
no [si ascolteranno le mie richieste la Russia] spargerà i suoi errori
per il mondo, promuovendo guerre e persecuzioni alla Chiesa. I buoni
saranno martirizzati, il Santo Padre avrà molto da soffrire, varie
nazioni saranno distrutte” (13-VII-1917). La terza parte del segreto è
una rivelazione simbolica, che si riferisce a questa parte del
Messaggio, condizionato dal fatto se accettiamo o no ciò che il
Messaggio stesso ci chiede: “Se accetteranno le mie richieste, la Russia
si convertirà e avranno pace; se no, spargerà i suoi errori per il
mondo, etc.”. Dal momento che non abbiamo tenuto conto di questo appello
del Messaggio, verifichiamo che esso si è compiuto, la Russia ha invaso
il mondo con i suoi errori. E se non constatiamo ancora la consumazione
completa del finale di questa profezia, vediamo che vi siamo incamminati
a poco a poco a larghi passi. Se non rinunciamo al cammino di peccato,
di odio, di vendetta, di ingiustizia violando i diritti della persona
umana, di immoralità e di violenza, etc. E non diciamo che è Dio che
così ci castiga; al contrario sono gli uomini che da se stessi si
preparano il castigo. Dio premurosamente ci avverte e chiama al buon
cammino, rispettando la libertà che ci ha dato; perciò gli uomini sono
responsabili».
Le storie
degli immigrati occupanti che cercano di farsi mantenere insieme alle
loro famiglie , non lavoro come gli immigrati italiani all'estero:
1) Mi
trovavo all'opedale per prenotare una visita delicata , mentre stato
parlando con l'infermiera, una donna mi disse di sbrigarmi : era di
colore.
2) Mi
trovavo in C,vittorio ang V.CARLO ALBERTO a Torino, stavo dando dei
soldi ad un bianco che suonava una fisarmonica accanto ai suoi pacchi,
arriva un nero in bici e me li chiede
3) Ero su un
bus turistico e' salito un nero ha spostato la roba che occupava i primi
posti e si e' messo lui
4) Ero in un
team di startup che doveva fare proposte a TIM usando strumenti della
stessa la minoranza mussulmana ha imposto di prima vedere gli strumenti
e poi fare le proposte: molto innovativo !
5) FINO A
QUANDO I MUSSULMANI NON ACCETTANO LA PARITA' UOMO DONNA , ANCHE SE LO
SCRIVE IL CORANO E' SBAGLIATO. E' INACCETTABILE QUESTO PRINCIPIO CHE CI
PORTA INDIETRO.
6) perche'
lITALIA deve accogliere tutti ? anche gli alberghi possono rifiutare
clienti .
7) Immigrazione ed economia sono
interconnesse in quanto spostano pil fuori dal paese.
8) Gli
extracomunitari ti entrano in casa senza chiedere permesso. Non solo
desiderano la roba d altri ma la prendono.
Forse il primo insegnamento sarebbe il rispetto della liberta' altrui.
09.01.19
Tutti i nulllafacenti immigrati Boeri dice che
ne abbiamo bisogno : per cosa ? per mantenerli ?
04.02.17l
L'ISIS secondo me sta facendo delle prove di
attentato con l'obiettivo del Vaticano con un attacco simultaneo da
terra con la tecnica dei camion e dal cielo con aerei come a NY
l'11.09.11.
Riforma sostenuta da una maggioranza
trasversale: «Non razzismo, ma realismo» Case Atc agli immigrati La
Regione Piemonte cambia le regole Gli attuali criteri per le
assegnazioni penalizzano gli italiani .
Screening pagato dalla Regione e affidato alle
Molinette Nel Centro di Settimo esami contro la Tbc “Controlli da marzo”
Tra i profughi in arrivo aumentano i casi di scabbia In sei mesi sono
state curate un migliaio di persone.
Il Piemonte è la quarta regione italiana per
numero di richiedenti asilo. E gli arrivi sono destinati ad aumentare.
L’assessora Cerutti: “Un sistema che da emergenza si sta trasformando in
strutturale”. Coinvolgere maggiormente i Comuni.In Piemonte ci sono
14.080 migranti e il flusso non accenna ad arrestarsi: nel primo mese
del 2017 sono già sbarcati in Italia 9.425 richiedenti asilo, in
confronto ai 6030 dello scorso anno e ai 3.813 del 2015. Insomma, serve
un piano. A illustrarlo è l’assessora all’Immigrazione della Regione
Monica Cerutti, che spiega come la rete di accoglienza in questi anni
sia radicalmente cambiata, trasformando il sistema «da emergenziale a
strutturale».
La Regione punta su formazione e compensazioni
mentre aumentano i riconoscimenti In Piemonte 14 mila migranti Solo 1200
nella rete dei Comuni A Una minoranza inserita in progetti di
accoglienza gestiti dagli enti locali umentano i riconoscimenti delle
commissioni prefettizie, meno rigide rispetto al passato prossimo: la
tendenza si è invertita, le domande accolte sono il 60% rispetto al 40%
dei rigetti. Non aumenta, invece, la disponibilità a progetti di
accoglienza e di integrazione da parte dei Comuni. Stando ai dati
aggiornati forniti dalla Regione, si rileva che rispetto ai 14 mila
migranti oggi presenti in Piemonte quelli inseriti nel sistema Sprar -
gestito direttamente dai Comuni - non superano i 1.200. Il resto lo
troviamo nelle strutture temporanee sotto controllo dalle Prefetture.
Per rendere l’idea, nella nostra regione i Comuni sono 1.2016. La
trincea dei Comuni Un bilancio che impensierisce la Regione, alle prese
con resistenze più o meno velate da parte degli enti locali: il
termometro di un malumore, o semplicemente di indifferenza, che impone
un lavoro capillare di convincimento. «Di accompagnamento, di
compensazione e prima ancora di informazione contro la disinformazione e
certe strumentalizzazioni politiche», - ha precisato l’assessora Monica
Cerutti riepilogando le azioni previste nel piano per regionale per
l’immigrazione. A stretto giro di posta è arrivata la risposta della
Lega Nord nella persona del consigliere regionale Alessandro Benvenuto:
«Non esistono paure da disinnescare ma necessità da soddisfare sia in
termini di sicurezza e controllo del territorio, sia dal punto di vista
degli investimenti. Il Piemonte ha di per sé ben poche risorse, che
andrebbero utilizzate per creare lavoro e risolvere i problemi che
attanagliano i piemontesi, prima di essere adoperate per far fare un
salto di qualità all’accoglienza». Progetti di accoglienza Tre i
progetti in campo: «Vesta» (ha come obiettivo il miglioramento dei
servizi pubblici che si relazionano con i cittadini di Paesi terzi),
“Petrarca” (si occupa di realizzare un piano regionale per la formazione
civico linguistica), “Piemonte contro le discriminazioni” (percorsi di
formazione e di inclusione volti a prevenire le discriminazioni).
Inoltre la Regione ha attivato con il Viminale un progetto per favorire
lo sviluppo delle economie locali sostenendo politiche pubbliche rivolte
ai giovani ivoriani e senegalesi. Più riconoscimenti Come si premetteva,
aumentano i riconoscimenti: 297 le domande accolte dalla Commissione di
Torino nel periodo ottobre-dicembre 2016 (status di rifugiato,
protezione sussidiaria e umanitaria); 210 i rigetti. In tutto i
convocati erano mille: gli altri o attendono o non si sono presentati. I
tempi della valutazione, invece, restano lunghi: un paio di anni,
considerando anche i ricorsi. Sul fronte dell’assistenza sanitaria e
della prevenzione, si pensa di replicare nel Centro di Castel D’Annone,
in provincia di Asti, lo screening contro la tubercolosi che dal marzo
sarà attivato al Centro Fenoglio di Settimo con il concorso di Regione,
Croce Rossa e Centro di Radiologia Mobile delle Molinette.
INTANTO :«Non sono ipotizzabili anticipazioni di
risorse» per l’asilo che Spina 3 attende dal 2009. La lunga attesa aveva
fatto protestare molti residenti e c’era chi già stava perdendo le
speranze. Ma in Circoscrizione 4, in risposta a un’interpellanza del
consigliere della Lega Carlo Morando, il Comune ha messo nero su bianco
che i fondi dei privati per permettere la costruzione dell’asilo non ci
sono. Quella di via Verolengo resta una promessa non rispettata. Con la
crisi immobiliare, la società Cinque Cerchi ha rinunciato a costruire
una parte dei palazzi e gli oneri di urbanizzazione versati, spiegò mesi
fa l’ex assessore Lorusso, erano andati per la costruzione del tunnel di
corso Mortara. Ad ottobre c’è stata una nuova riunione. L’esito è stata
la fumata nera da parte dei privati. «Sarà necessario che la
progettazione e la realizzazione dell’opera vengano curate direttamente
dalla Città di Torino», scrive il Comune nella sua risposta. Senza
specificare come e dove verranno reperiti i fondi necessari, né quando
si partirà.
20 gen 2011 -L'immigrazione"circolare"
è quella in cui i migranti, dopo un certo periodo di lavoro
all'estero, tornano nei loro Paesi d'origine. Un sistema più ...
Tutto è iniziato quando è stato chiuso il bar. I
60 stranieri che erano a bordo del traghetto Tirrenia diretto a Napoli
volevano continuare a bere. L’obiettivo era sbronzarsi e far scoppiare
il caos sulla nave. Lo hanno fatto ugualmente, trasformando il viaggio
in un incubo anche per gli altri 200 passeggeri. In mezzo al mare, nel
cuore della notte, è successo di tutto: litigi, urla, botte, un
tentativo di assalto al bancone chiuso, molestie ai danni di alcuni
viaggiatori e persino un’incursione tra le cuccette. La situazione è
tornata alla calma soltanto all’alba, poco prima dell’ormeggio, quando i
protagonisti di questa interminabile notte brava hanno visto che sulle
banchine del porto di Napoli erano già schierate le pattuglie della
polizia. Nella nave Janas partita da Cagliari lunedì sera dalla Sardegna
era stato imbarcato un gruppo di nordafricani che nei giorni scorsi
aveva ricevuto il decreto di espulsione. Una trentina di persone, alle
quali si sono aggiunti anche altri immigrati nordafricani. E così a
bordo è scoppiato il caos. Il personale di bordo ha provato a riportare
la calma ma la situazione è subito degenerata. Per ore la nave è stata
in balia dei sessanta scatenati. All’arrivo a Napoli, il traghetto è
stato bloccato dagli agenti della Questura di Napoli che per tutta la
giornata sono rimasti a bordo per identificare gli stranieri che hanno
scatenato il caos in mezzo al mare e per ricostruire bene l’episodio.
«Il viaggio del gruppo è stato effettuato secondo le procedure previste
dalla legge, implementate dalle autorità di sicurezza di Cagliari – si
limita a spiegare la Tirrenia - La compagnia, come sempre in questi
casi, ha destinato ai passeggeri stranieri un’area della nave, a
garanzia della sicurezza dei passeggeri, non essendo il gruppo
accompagnato dalle forze di polizia. Contrariamente a quanto
avvenuto in passato, il gruppo ha creato problemi a bordo per tensioni
al suo interno che poi si sono ripercosse sui passeggeri». A bordo del
traghetto gli agenti della questura di Napoli hanno lavorato per quasi
12 ore e hanno acquisito anche le telecamere della videosorveglianza
della nave. Nel frattempo sono scoppiate le polemiche. «I protagonisti
di questo caos non sono da scambiare con i profughi richiedenti asilo -
commenta il segretario del Sap di Cagliari, Luca Agati - La verità è che
con gli sbarchi dal Nord Africa, a cui stiamo assistendo anche in questi
giorni, arrivano poco di buono, giovani convinti di poter fare cio’ che
vogliono una volta ottenuto il foglio di espulsione, che di fatto è un
lasciapassare che garantisce loro la libertà di delinquere in Italia.
Cosa deve accadere per far comprendere che va trovata una soluzione
definitiva alla questione delle espulsioni?» In ostaggio per ore
Per ore la nave è stata in balia dei sessanta scatenati, che hanno
trasformato il viaggio in un incubo per gli altri 200 passeggeri
21.02.17
Istituto comprensivo Regio Parco La crisi spegne
la musica in classe Le famiglie non pagano la retta da 10 euro al mese:
a rischio il progetto lanciato da Abbado, mentre la Regione Piemonte
finanzia un progetto per insegnare ai bambini italiani la lingua degli
immigrati non viceversa.
Qui Foggia Gli sfollati di una palazzina
crollata nel 1999 vivono in container di appena 24 mq Qui Messina Nei
rioni Fondo Fucile e Camaro San Paolo le baracche aumentano di anno in
anno Donne e bambini Nei rioni nati dopo il sisma le case sono coperte
da tetti precari, spesso di Eternit Qui Lamezia Terme Oltre 400
calabresi di etnia rom vivono ai margini di una discarica a cielo aperto
Qui Brescia Nelle casette di San Polino le decine di famiglie abitano
prefabbricati fatiscenti Da Brescia a Foggia, da Lamezia a Messina.
Oltre 50 mila italiani vivono in abitazioni di fortuna. Tra amianto,
topi e rassegnazione Caterina ha 64 anni e tenacia da vendere. Con gli
occhi liquidi guarda il tetto di amianto sopra la sua testa: «Sono stata
operata due volte di tumore, è colpa di questo maledetto Eternit».
Indossa una vestaglia a righe bianche e blu. «Vivo qui da vent’anni.
D’estate si soffoca, d’inverno si gela, piove in casa e l’umidità bagna
i vestiti nei cassetti. Il dottore mi ha detto di andare via. Ma dove?».
In fondo alla strada abita Concetta, che tra topi e lamiere trova la
forza di sorridere: «A ogni campagna elettorale i politici ci promettono
case popolari, ma una volta eletti si dimenticano di noi. Sono certa che
morirò senza aver realizzato il mio sogno: un balcone dove stendere la
biancheria». Antonio invece no, lui non ride. Digrigna i denti rimasti:
«Gli altri li ho persi per colpa della rabbia. In due anni qui sono
diventato brutto, mi vergogno». Slum, favela, bidonville: Paese che vai,
emarginazione che trovi. Un essere umano su sei, nel mondo, vive in una
baraccopoli. In Italia sono almeno 53 mila le persone che, secondo
l’Istat, abitano nei cosiddetti «alloggi di altro tipo», diversi dalle
case. Cantine, roulotte, automobili e soprattutto baracche. Le storie di
questi cittadini invisibili (e italianissimi) sono raccontate nel
documentario «Baraccopolis» di Sergio Ramazzotti e Andrea Monzani,
prodotto da Parallelozero, in onda domenica sera alle 21,15 su Sky
Atlantic Hd per il ciclo «Il racconto del reale». Le baraccopoli sono
non luoghi popolati da un’umanità sconfitta e spesso rassegnata. Donne,
uomini, bambini, anziani. Vittime della crisi economica o di circostanze
avverse. Vivono in stamberghe all’interno di moderni ghetti al confine
con quella parte di città degna di questo nome. Di là dal muro la
civiltà. Da questo lato fango, calcinacci, muffa, immondizia, fogne a
cielo aperto. A Messina le abitazioni di fortuna risalgono ad oltre un
secolo fa, quando il terremoto del 1908 rase al suolo la città. Qui
l’emergenza è diventata quotidianità. Fondo Fucile, Giostra, Camaro San
Paolo. Eccoli i rioni del girone infernale dei diseredati. Legambiente
ha censito più di 3 mila baracche e altrettante famiglie. I topi,
invece, sono ben di più. A Lamezia Terme oltre 400 calabresi di etnia
rom vivono ai margini di una discarica. Tra loro c’è Cosimo, che
vorrebbe andare via: «Non per me, ma per mio figlio, ha subìto un
trapianto di fegato». A Foggia gli sfollati di una palazzina crollata
nel 1999 vivono nei container di 24 mq. Andrea abita invece nelle
casette di San Polino a Brescia, dove un prefabbricato fatiscente è
diventato la sua dimora forzata: «Facevo l’autotrasportatore. Dopo due
ictus ho perso patente e lavoro. I miei figli non sanno che abito qui.
Non mi è rimasto nulla, nemmeno la dignità». Sognando un balcone «Il mio
sogno? È un balcone dove stendere la biancheria», dice la signora
Caterina nIl documentario «Baraccopolis» di Sergio Ramazzotti e Andrea
Monzani, prodotto da Parallelozero, andrà in onda domani sera alle 21.15
su Sky Atlantic Hd per il ciclo «Il racconto del reale». Su Sky Atlantic
Il documentario 3 domande a Sergio Ramazzotti registra e fotografo “Così
ho immortalato la vita dentro quelle catapecchie” Chi sono gli abitanti
delle baraccopoli? «Sono cittadini italiani, spesso finiti lì per caso.
Magari dopo aver perso il lavoro o aver divorziato». Quali sono i tratti
comuni? «Chi finisce in una baracca attraversa fasi simili a quelle dei
malati di cancro. Prima lo stupore, poi la rabbia, il tentativo di
scendere a patti con la realtà, la depressione, infine la
rassegnazione». Cosa ci insegnano queste persone? «È destabilizzante
raccontare donne e uomini caduti in disgrazia con tanta rapidità. Sono
individui come noi. La verità è che può succedere a chiunque».
Baraccopolid’Italia
01.03.17
GLI ITALIANI AIUTANO più FACILMENTE GLI
EXTRACOMUNITARI RISPETTO AGLI ITALIANI.
SE VUOI SCRIVERTI UN BREVETTO CONSULTA dm.13.01.10
n33
La Commissione
europea, tre anni dopo aver condannato quattro tra le più grandi banche
europee per aver truccato il tasso di interesse che incide sui mutui di
milioni di cittadini europei, ha finalmente tolto il segreto al testo
della sentenza. E quel documento di trenta pagine potrebbe valere, solo
per gli italiani che hanno un mutuo sulle spalle, ben 16 miliardi di
euro di rimborsi da chiedere alle banche.
La storia parte
con la scoperta di un'intesa restrittiva della concorrenza, ovvero un
cartello, tra le principali banche europee. Lo scopo, secondo
l'Antitrust europeo, era di manipolare a proprio vantaggio il corso
dell'Euribor, il tasso di interesse che funge da riferimento per un
mercato di prodotti finanziari che vale 400mila miliardi di euro. Tra
questi ci sono i mutui di 2,5 milioni di italiani, per un controvalore
complessivo stimabile in oltre 200 miliardi. L'Euribor viene calcolato
giorno per giorno con un sondaggio telefonico tra 44 grandi banche
europee, che comunicano che tasso di interesse applicano in quel momento
per i prestiti tra banche. Il risultato del sondaggio viene comunicato
all'agenzia Thomson Reuters che poi comunica il valore dell'Euribor agli
operatori e al pubblico. L'Antitrust ha scoperto che alcune grandi
banche, tra il 2005 e il 2008, si erano messe d'accordo per falsare i
valori comunicati e manipolare il valore del tasso secondo la propria
convenienza. «Alcune volte, -recita la sentenza che il Giornale ha
potuto visionare- certi trader (omissis...) comunicavano e/o ricevevano
preferenze per un settaggio a valore costante, basso o alto di certi
valori Euribor. Queste preferenze andavano a dipendere dalle proprie
posizioni commerciali ed esposizioni»
Il risultato
ovviamente si è riflettuto sui mutui degli ignari cittadini di tutta
Europa, che però finora avevano le unghie spuntate. Un avvocato di
Sassari, Andrea Sorgentone, legato all'associazione Sos Utenti, ha
subissato la Commissione di ricorsi per farsi consegnare il testo della
sentenza dell'Antitrust che condanna Deutsche Bank, Société Genéralé,
Rbs e Barclay's a pagare in totale una multa di oltre un miliardo di
euro.
La Ue ha sempre
rifiutato adducendo problemi di riservatezza delle banche, ma alla fine
l'avvocato ha ottenuto una copia della sentenza, seppur in parte
«censurata». E ora il conto potrebbe salire. E non solo per quelle
direttamente coinvolte, perché il tasso alterato veniva applicato ai
mutui variabili da tutte le banche, anche le italiane, che ora
potrebbero dover pagare il conto dei trucchi di tedesche, francesi e
inglesi. Sorgentone si dice convinto di poter ottenere i risarcimenti:
«Secondo le stime più attendibili -dice- i mutuatari italiani hanno
pagato interessi per 30 miliardi, di cui 16 indebitamente. La sentenza
europea è vincolante per i giudici italiani. Ora devono solo
quantificare gli interessi che vanno restituiti in ogni rapporto mutuo,
leasing, apertura di credito a tasso variabile che ha avuto corso dal 1
settembre 2005 al 31 marzo 2009».
27.01.17
Come creare un meeting su
Zoom? In un
periodo in cui è richiesto dalla società il distanziamento sociale,
la nota app per le videoconferenze diventa uno strumento importante
per molte aziende e privati. Se partecipare a un meeting è un
processo estremamente semplice, che non richiede neppure la
registrazione al servizio, discorso diverso vale per gli utenti che
desiderano creare un meeting su Zoom.
Ecco dunque una semplice guida per semplificare
la vita a coloro che hanno intenzione di approcciare alla
piattaforma senza confondersi le idee.
Come si crea un meeting su Zoom
Dopo aver
scaricato e installato Zoom, e aver effettuato la registrazione,
si dovrà dunque effettuare l’accesso premendo Sign In
(è possibile loggare direttamente con il proprio account Google o
Facebook, comunque). A questo punto, bisogna procedere in questo
modo:
Fare tap su New Meeting
(pulsante arancione)
Scegliere se avviare il meeting con la
fotocamera accesa o spenta, tramite il toggle Video On
Premere Start a Meeting
A questo punto è stata creata la
videoconferenza, ma affinché venga avviata è necessario invitare i
partecipanti. Per proseguire sarà necessario quindi:
Fare tap su Participants
(nella parte in basso dello schermo)
Premere su Invite
Scegliere il mezzo attraverso cui
inviare il link di partecipazione ai mittenti (tramite e-mail o
messaggio, per esempio)
Una volta invitati gli utenti, chi ha creato
il meeting avrà la possibilità di fare tap su ognuno di essi per
utilizzare diverse funzioni: per esempio si potranno silenziare,
piuttosto che chiedergli di attivare la fotocamera, eccetera.
Facendo tap sul pulsante Chats
(in basso a sinistra dello schermo), inoltre, si potranno inviare
messaggi di testo a tutti i partecipanti o solo a uno di essi. Una
volta terminata la videoconferenza, la si potrà chiudere facendo tap
sulla scritta rossa End in alto a destra: si potrà
in ultimo scegliere se lasciare il meeting (Leave Meeting),
permettendo agli altri di continuare a interagire, o se scollegare
tutti (End Meeting).
Windows File Recovery
recupera i file cancellati per sbaglio
È la prima app di questo tipo
realizzata direttamente da Microsoft.
A tutti - beh, a quanti non hanno un
backup efficiente - sarà capitato di cancellare per errore un file,
non solo mettendolo nel Cestino, ma facendolo sparire apparentemente per
sempre.
Recuperare i
file cancellati ha tante più possibilità di riuscire quanto meno la
zona occupata da quei file è stata sovrascritta, ed è un lavoro per
software specializzati.
Fino a oggi, l'unica possibilità per i sistemi
Windows era scegliere programmi di terze parti. Ora Microsoft ha
rilasciato una piccola
utility che si occupa proprio del recupero dei file.
Si tratta di un programma privo di
interfaccia grafica: per adoperarlo bisogna quindi superare la
diffidenza per la linea di comando che alberga in molti utenti di
Windows.
L'utility ha tre modalità base di funzionamento.
Default, suggerita per i drive
Ntfs, si rivolge alla Master File Table (MFT) per individuare i
segmenti dei file. Segment fa a meno della MFT e si basa invece
sul rilevamento dei segmenti (che contengono informazioni come il nome,
la data, il tipo di file e via di seguito). Signature, infine, si
basa sul tipo di file: non avendo a disposizione altre informazioni,
cerca tutti i file di quel tipo (Microsoft consiglia questo sistema per
le unità esterne come chiavette Usb e schede SD).
Windows File Recovery è in grado di tentare il
recupero da diversi filesystem - quali Ntfs,
exFat e ReFS - e per apprendere il suo utilizzo Microsoft ha messo a
disposizione una
pagina d'aiuto (in inglese) sul sito ufficiale.
Qui sotto, alcune schermate di Windows File
Recovery.
Non si può dire che Windows 10 sia un
sistema operativo essenziale: ogni nuova installazione porta con sé,
insieme al sistema vero e proprio, tutta una serie di applicazioni che
per la maggior parte degli utenti si rivelano inutili, se non
fastidiose, senza contare le aggiunte dei singoli produttori di Pc.
Rimuoverle a mano una a una è un compito
tedioso, ma esiste una piccola applicazione che facilita l'intera
operazione:
Bloatbox.
Nata come estensione per
Spydish, app utile per gestire le informazioni condivise con
Microsoft da
Windows 10 e più in generale le impostazioni del sistema che
coinvolgono la privacy, è poi diventata un software a sé.
Il motivo è un po' la medesima
ragione di vita di Bloatbox: non rendere
Spydish troppo "grasso" (bloated), ossia ricco di funzioni
che, per quanto utili, vadano a incidere sulla possibilità di avere
un'applicazione compatta, efficiente e facile da usare.
Bloatbox si scarica da GitHub sotto forma di
archivio.zip da estrarre sul Pc. Una volta compiuta questa
operazione non resta altro da fare che cliccare due volte sul file
Bloatbox.exe per avviare l'app.
La
finestra principale mostra sulla sinistra una colonna in cui è
presente la lista di tutte le app installate in Windows, tra cui anche
quelle che normalmente non si possono disinstallare - come il Meteo,
Microsoft News e via di seguito - e quelle installate dal produttore del
computer.
Ciò che occorre fare è selezionare quelle app
che si intende rimuovere e, quando si è soddisfatti, premere il
pulsante, che le aggiungerà alla colonna di destra, dove si
trovano tutte le app condannate alla cancellazione.
A questo punto si può premere il pulsante
Uninstall, posto nella parte inferiore della
colonna centrale, e il processo di disinstallazione inizierà.
L'ultima versione al momento in cui scriviamo
mostra anche, nella colonna di destra di un pratico link per effettuare
una "pulizia
generale" di una nuova installazione di Windows 10, identificato
dalla dicitura Start fresh if your Windows 10 is loaded with bloat....
Cliccandolo, verranno aggiunte all'elenco di
eliminazione tutte le app preinstallate e considerate
bloatware. Chiaramente l'elenco
può essere personalizzato a piacere rimuovendo da esso le app che si
intende tenere tramite il pulsante Remove selected.
Il sito che installa tutte le
app essenziali per Windows 10
Bastano pochi clic per ottenere
un Pc perfettamente attrezzato, senza dover scaricare ogni singolo
software.
Reinstallare il sistema operativo è solo il primo passo, dopo un
incidente al Pc che abbia causato la necessità di ripartire da capo, tra
quelli necessari per arrivare a riavere un computer perfettamente
configurato e utilizzabile.
A quel punto inizia infatti il processo di configurazione e di
installazione di tutte quelle grandi e piccole applicazioni che svolgono
i vari compiti ai quali il computer è dedicato. Si tratta di
un'operazione che può essere lunga e tediosa e che sarebbe bello poter
automatizzare.
Una delle alternative migliori da tempo esistente è Ninite, sito che
permette di selezionare le app preferite e si occupa di scaricarle e
installarle in autonomia.
Da quando però Microsoft ha lanciato un proprio gestore di pacchetti
(Winget) sono spuntate delle alternative che a esso si appoggiano e,
dato che funziona da linea di comando, dette alternative si occupano di
fornire un'interfaccia grafica.
Una delle più interessanti è Winstall, che semplifica l'installazione
delle app dai repository messi a disposizione da Microsoft.
Winstall è una Progressive Web Application (Pwa), ossia un sito da
visitare con il proprio browser e che permette di scegliere le app da
installare sul computer; in questo senso, dal punto di vista dell'uso è
molto simile al già citato Ninite.
Diverso è però il funzionamento: se Ninite scarica i singoli installer
dei vari programmi, Winstall si appoggia a Winget, che quindi deve
essere preventivamente installato sul Pc.
Inoltre offre una propria funzionalità specifica, che il suo
sviluppatore ha battezzato Featured Pack.
Si tratta di gruppi di applicazioni unite da un tema o una funzionalità
comune (browser, strumenti di sviluppo, software per i giochi) che si
possono selezionare tutte insieme; Winstall si occupa quindi di generare
il codice da copiare nel Prompt dei Comandi per avviare l'installazione.
In alternativa si può scaricare un file .bat da eseguire, che si occupa
di invocare Winget per portare a termine il compito.
I Featured Pack sono infine personalizzabili: gli utenti sono invitati a
creare il proprio e a condividerlo.
Leggi l'articolo originale su ZEUS News -
https://www.zeusnews.it/n.php?c=28369
Cos’è e a cosa serve la pasta madre
La pasta madre è un lievito naturale che permette di preparare un ottimo
pane, ma anche pizze e focacce. Conosciuta anche come pasta acida, la
pasta madre è un impasto che può essere realizzato in diversi modi. Ad
esempio, la pasta madre si può ottenere prelevando un impasto del pane
da conservare grazie ai “rinfreschi”, oppure preparando un semplice
impasto di acqua e farina da lasciare a contatto con l’aria, così che si
arricchisca dei lieviti responsabili dei processi fermentativi che
consentono la lievitazione di pane e altri prodotti da forno.
Gli impasti preparati con la pasta madre hanno generalmente bisogno di
lievitare per diverse ore, ma il risultato ripaga dell’attesa: pane,
pizze e focacce risulteranno infatti più gonfi, più digeribili,
conservabili più a lungo e con un sapore decisamente migliore.
La pasta madre, inoltre, accresce il valore nutrizionale del pane e di
altri prodotti da forno. Negli impasti preparati con la pasta madre
diverse importanti sostanze rimangono intatte e, grazie alla
composizione chimica della pasta madre, il nostro organismo riesce ad
assimilare meglio i sali minerali presenti nelle farine.
I lieviti della pasta madre, poi, favoriscono la crescita di batteri
buoni nell’intestino, favorendo un buon equilibrio del microbiota e
migliorando così la digestione. È importante anche notare che il pane
preparato con lievito naturale possiede un indice glicemico inferiore
rispetto al pane realizzato con altri lieviti. Questo significa che
quando i carboidrati presenti nel pane vengono assimilati sotto forma di
glucosio, questo si riversa più lentamente nel flusso sanguigno,
evitando picchi glicemici.
Oltre a conferire al pane proprietà organolettiche e nutrizionali
migliori, la pasta madre presenta altri vantaggi. Grazie ai rinfreschi,
si può infatti avere a disposizione questo straordinario lievito
naturale a lungo; in più, la pasta madre può essere preparata con vari
tipi di farine, anche senza glutine.
La dieta senza glutine è l’unica terapia per le persone celiache e per
chi presenta sensibilità verso le proteine del frumento e in altri
cereali come orzo e farro. Inoltre, ridurre il consumo di glutine può
migliorare alcuni disturbi intestinali ed è consigliato anche a chi
vuole seguire un regime alimentare antinfiammatorio.
ATTENZIONE MOLTO
IMPORTANTE PER LA TUA SALUTE :
La tecnologia di riferimento
per le Cellule Tumorali Circolanti