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Mb
Dal Vangelo secondo Luca Lc 21,5-19 “In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato
di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei
quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non
sarà distrutta». Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e
quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose:
«Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome
dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro!
Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché
prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine». Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro
regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze;
vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo. Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi
perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni,
trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete
allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non
preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché
tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e
dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa
del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza
salverete la vostra vita».”
TO.11.07.24
Intervento fatto al Collegio Carlo Alberto di Torino sulla censura
assembleare dell’art.11 del Decreto Capitali
E’ sempre positiva una analisi storica democratica.
Qui in p.za Arbarello a TORINO c'era la Facolta' di Economia ed ho
imparato l’ economia industriale dal prof Goss Pietro.
Che dai 25 anni ho potuto applicare concretamente direttamente con
Gianni Agnelli.
L’invidia dei docenti di Economia di TORINO per questa mia
esperienza formativa , mi e’ costata 16 anni di blocco per la
laurea in Economia a Torino , ottenuta poi in 16 mesi a Novara, a
cui e’ seguita una 2^ laurea in giurisprudenza a Torino per
riabilitarmi con il prof.Dezzani di Economia e Commercio a Torino.
Altri 20 anni mi blocca Economia e Commercio di Torino per l'esame
da dottore Commercialista che poi supero a Roma.
A 30 anni proposi a Gianni Agnelli superFIAT, LA FUSIONE IFI
FIAT , che mi chiese di portare a Cuccia, e che Gabetti e Galateri ,
con cui collaboravo, ed a cui chiesi un aiuto, mi bloccarono.
Umberto Agnelli attraverso Boschetti mi propose di rifare la Stilo,
ma Morchio si oppose .
Muoiono Edoardo Agnelli Gianni Agnelli e Umberto Agnelli
, Gabetti ,attraverso donna Marella e Yaky sceglie Marchionne
che privo di conoscenze automobilistiche, ha lasciato a Yaky la
sola scelta di VENDERE la Fiat che sta progressivamente riducendo la
produzione negli stabilimenti italiani.
A cui Cirio Urso e Pichetto rispondono rifiutando l’esame del mio
PROGETTO H2 PER AUTOTRAZIONE. Lo trovate sul mio sito
www.marcobava.it. Mentre DENORA ne REALIZZA uno suo IN LOMBARDIA
programmando il più importante stabilimento europeo di
elettrolizzatori per produrre H2 , affiancata da SNAM dopo che se
ne parlato nell’assemblea aperta di Snam 1 mese fa, in cui viene
convita del futuro della produzione dell’H2 con elettrolizzatori che
fara’ appunto con Denora in Lombardia. Ed io prevedo che seguira’ la
produzione delle auto ad H2 in Lombadia invece che in Piemonte
, che forse saranno finanziate da Unicredito e S.PAOLO. Queste sono
visioni strategiche.
Tutto cio’ mentre a Torino ed in Italia il presidente del S.PAOLO
ispirando l’art.11 fascista
del Decreto capitali, censura, in Italia, unica nel mondo, la
democrazia nelle assemblee, pero’ non applicata da Snam che
forse non e’ un importante cliente di S.PAOLO.
Prof Goss Pietro E’ COSCIENTE dei danni che questa sua censura
democratica sta provocando e provocherà rispetto alla storia del
paese che avete illustrato ?
Perche’ lo sta facendo viste le conseguenze di impoverimento
regionale e nazionale ?
Qual’e’ il fine ? il POTERE FINE A SE STESSO come mi risposte anni
fa Grande Stevens ?
La stessa decadenza si manifesta anche attraverso le assemblee
Juventus in cui, anche se non sono state mai chiuse , sono stato
aggredito 2 volte dallo staff. Tutto cio’ non puo’ che portare alla
vendita della Juve come e’ successo per Fiat portando sempre piu’ il
Piemonte verso la deriva democratica ed economica.
Senza democrazia in economia non ci può essere sviluppo. Siete
d’accordo ?
Mb
TO.12.04.24
Illustre Presidente del
Consiglio Giorgia Meloni perche' con l'art.11 del DISEGNO DI LEGGE
CAPITALI avete approvato un restringimento di fatto della libertà ?
perché avete voluto dimostrarci di volervi ispirare all'epoca
fascista sfociato nel delitto Matteotti ? Non credo sia
nell'interesse suo e del suo governo e mi spiace, ma devo prenderne
atto.
Ill.mo Signor Presidente della Corte Costituzionale Augusto Barbera
Ill.mo Capo dello Stato Sergio Mattarella
Ill.mo Presidente del Senato
Ill.mo Presidente della Camera
Ill.ma Presidente del Consiglio
In questi giorni e’ in approvazione l’atto della Camera: n.1515 ,
Senato n.674. - "Interventi a sostegno della competitività dei capitali
e delega al Governo per la riforma organica delle disposizioni in
materia di mercati dei capitali recate dal testo unico di cui al decreto
legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e delle disposizioni in materia di
società di capitali contenute nel codice civile applicabili anche agli
emittenti" (approvato dal Senato) (1515) .
L’articolo 11 (Svolgimento delle assemblee delle società per azioni
quotate) modificato al Senato, consente, ove sia contemplato nello
statuto, che le assemblee delle società quotate si svolgano
esclusivamente tramite il rappresentante designato dalla società. In
tale ipotesi, non è consentita la presentazione di proposte di
deliberazione in assemblea e il diritto di porre domande è esercitato
unicamente prima dell’assemblea. Per effetto delle modifiche apportate
al Senato, la predetta facoltà statutaria si applica anche alle società
ammesse alla negoziazione su un sistema multilaterale di negoziazione;
inoltre, sempre per effetto delle predette modifiche, sono prorogate al
31 dicembre 2024 le misure previste per lo svolgimento delle assemblee
societarie disposte con riferimento all’emergenza Covid-19 dal
decreto-legge n. 18 del 2020, in particolare per quanto attiene l’uso di
mezzi telematici. L’articolo 11 introduce un nuovo articolo
135-undecies.1 nel TUF – Testo Unico Finanziario (D. Lgs. n. 58 del
1998) il quale consente, ove sia contemplato nello statuto, che le
assemblee delle società quotate si svolgano esclusivamente tramite il
rappresentante pagato e designato dalla società. Le disposizioni in
commento rendono permanente, nelle sue linee essenziali, e a
condizione che lo statuto preveda tale possibilità, quanto previsto
dall’articolo 106, commi 4 e 5 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18,
che ha introdotto specifiche disposizioni sullo svolgimento delle
assemblee societarie ordinarie e straordinarie, allo scopo di
contemperare il diritto degli azionisti alla partecipazione e al voto in
assemblea con le misure di sicurezza imposte in relazione all’epidemia
da COVID-19. Il Governo, nella Relazione illustrativa, fa presente che
la possibilità di continuare a svolgere l’assemblea esclusivamente
tramite il rappresentante designato tiene conto dell’evoluzione, da
tempo in corso, del modello decisionale dei soci, che si articola,
sostanzialmente, in tre momenti: la presentazione da parte del consiglio
di amministrazione delle proposte di delibera dell’assemblea; la messa a
disposizione del pubblico delle relazioni e della documentazione
pertinente; l’espressione del voto del socio sulle proposte del
consiglio di amministrazione. In questo contesto, viene fatta una
affermazione falsa e priva di ogni fondamento giuridico: che
l’assemblea ha perso la sua funzione informativa, di dibattito e di
confronto essenziale al fine della definizione della decisione di voto
da esprimere. Per cui non e’ vero che la partecipazione
all’assemblea si riduca, in particolar modo, per gli investitori
istituzionali e i gestori di attività, nell’esercizio del diritto di
voto in una direzione definita ben prima dell’evento assembleare,
all’esito delle procedure adottate in attuazione della funzione di
stewardship e tenendo conto delle occasioni di incontro diretto,
chiuse ai risparmiatori, con il management della società in
applicazione delle politiche di engagement.
Per cui in questo contesto, si verrebbe ad applicare una norma di
esclusione dal diritto di partecipazione alle assemblee degli azionisti
da parte di chi viene tutelato, anche attraverso il diritto alla
partecipazione alle assemblee dall’art.47 della Costituzione oltre che
dall’art.3 della stessa per una oggettiva differenza di diritti fra
cittadini azionisti privati investitori che non possso piu’ partecipare
alle assemblee e ed azionisti istituzionali che invece godono di
incontri diretti privati e riservati
con il management della società in applicazione delle politiche di
engagement.
Il che crea una palese ed illegittima asimmetria informativa legalizzata
in Italia rispetto al contesto internazionale in cui questo divieto di
partecipazione non sussiste. Anzi gli orientamenti europei vanno da anni
nella direzione opposta che la 6 commissione presieduta dal
sen.Gravaglia volutamente dimostra di voler ignorare.
Viene da chiedersi perche’ la maggioranza ed il Pd abbiano approvato
questo restringimento dei diritti costituzionali ?
Tutto cio’ mentre Elon Musk ha subito una delle più grandi perdite
legali nella storia degli Stati Uniti questa settimana, quando
l'amministratore delegato di Tesla è stato privato del suo pacchetto
retributivo di 56 miliardi di dollari in una causa intentata da Richard
Tornetta che ha fatto causa a Musk nel 2018, quando il residente della
Pennsylvania possedeva solo nove azioni di Tesla. Il caso è arrivato al
processo alla fine del 2022 e martedì un giudice si è schierato con
Tornetta, annullando l'enorme accordo retributivo perché ingiusto nei
suoi confronti e nei confronti di tutti i suoi colleghi azionisti di
Tesla.
La giurisprudenza societaria del Delaware è piena di casi che portano i
nomi di singoli investitori con partecipazioni minuscole che hanno
finito per plasmare il diritto societario americano.
Molti studi legali che rappresentano gli azionisti hanno una scuderia di
investitori con cui possono lavorare per intentare cause, afferma Eric
Talley, che insegna diritto societario alla Columbia Law School.
Potrebbe trattarsi di fondi pensione con un'ampia gamma di
partecipazioni azionarie, ma spesso si tratta anche di individui come
Tornetta.
Il querelante firma i documenti per intentare la causa e poi
generalmente si toglie di mezzo, dice Talley. Gli investitori non pagano
lo studio legale, che accetta il caso su base contingente, come hanno
fatto gli avvocati nel caso Musk.
Tornetta beneficia della vittoria della causa nello stesso modo in cui
ne beneficiano gli altri azionisti di Tesla: risparmiando all'azienda i
miliardi di dollari che un consiglio di amministrazione asservito pagava
a Musk.
Gli esperti hanno detto che persone come Tornetta sono fondamentali per
controllare i consigli di amministrazione. I legislatori e i giudici
desiderano da tempo che siano le grandi società di investimento a
condurre queste controversie aziendali, poiché sono meglio attrezzate
per tenere d'occhio le tattiche dei loro avvocati. Ma gli esperti
hanno detto che i gestori di fondi non vogliono mettere a repentaglio i
rapporti con Wall Street.
Quindi è toccato a Tornetta affrontare Musk.
"Il suo nome è ora impresso negli annali del diritto societario", ha
detto Talley. "I miei studenti leggeranno Tornetta contro Musk per i
prossimi 10 anni". Questa e’ democrazia e trasparenza vera non quella
votata da maggioranza e Pd.
Infatti da 1 anno avevo chiesto di essere udito dal Senato che mi
ignorato nella totale indifferenza della 6 commissione . Mentre lo
sono stati sia il recordman professionale dei rappresentanti pagati
degli azionisti , l’avv.Trevisan , sia altri ispiratori e
sostenitori della modifica normativa proposta. Per cui mi e’ stata
preclusa ogni osservazione non in linea con la proposta della 6
commissione del Senato che ha esaminato ed emendato il provvedimento e
questo viola i principi di indipendenza e trasparenza delle camera e
senato: dov’e’ interesse pubblico a vietare le assemblee agli azionisti
per ragioni pandemiche nel 2024 ?
La prova più consistente che tale articolo non ha alcuna ragione palese
per essere presentato e’ che sono state di fatto rese permanenti le
misure introdotte in via temporanea per l’emergenza Covid-19 In sintesi,
il menzionato articolo 106, commi 4 e 5 - la cui efficacia è stata
prorogata nel tempo e, da ultimo, fino al 31 luglio 2023 dall’articolo
3, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228 - prevede che le
società quotate possano designare per le assemblee ordinarie o
straordinarie il rappresentante designato, previsto dall'articolo
135-undecies TUF, anche ove lo statuto preveda diversamente; inoltre, la
medesima disposizione consente alle società di prevedere nell’avviso di
convocazione che l’intervento in assemblea si svolga esclusivamente
tramite il rappresentante designato, al quale potevano essere conferite
deleghe o sub-deleghe ai sensi dell’articolo 135-novies del TUF.
L'articolo 135-undecies del TUF dispone che, salvo diversa previsione
statutaria, le società con azioni quotate in mercati regolamentati
designano per ciascuna assemblea un soggetto al quale i soci possono
conferire, entro la fine del secondo giorno di mercato aperto precedente
la data fissata per l'assemblea, anche in convocazione successiva alla
prima, una delega con istruzioni di voto su tutte o alcune delle
proposte all'ordine del giorno. La delega ha effetto per le sole
proposte in relazione alle quali siano conferite istruzioni di voto, è
sempre revocabile (così come le istruzioni di voto) ed è conferita,
senza spese per il socio, mediante la sottoscrizione di un modulo il cui
contenuto è disciplinato dalla Consob con regolamento. Il conferimento
della delega non comporta spese per il socio. Le azioni per le quali è
stata conferita la delega, anche parziale, sono computate ai fini della
regolare costituzione dell'assemblea mentre con specifico riferimento
alle proposte per le quali non siano state conferite istruzioni di voto,
le azioni non sono computate ai fini del calcolo della maggioranza e
della quota di capitale richiesta per l'approvazione delle delibere. Il
soggetto designato e pagato come rappresentante è tenuto a
comunicare eventuali interessi che, per conto proprio o di terzi, abbia
rispetto alle proposte di delibera all’ordine del giorno. Mantiene
altresì la riservatezza sul contenuto delle istruzioni di voto ricevute
fino all'inizio dello scrutinio, salva la possibilità di comunicare tali
informazioni ai propri dipendenti e ausiliari, i quali sono soggetti al
medesimo dovere di riservatezza. In forza della delega contenuta nei
commi 2 e 5 dell'articolo 135-undecies del TUF la Consob ha disciplinato
con regolamento alcuni elementi attuativi della disciplina appena
descritta. In particolare, l'articolo 134 del regolamento Consob n.
11971/1999 ("regolamento emittenti") stabilisce le informazioni minime
da indicare nel modulo e consente al rappresentante che non si trovi in
alcuna delle condizioni di conflitto di interessi previste nell'articolo
135-decies del TUF, ove espressamente autorizzato dal delegante, di
esprimere un voto difforme da quello indicato nelle istruzioni nel caso
si verifichino circostanze di rilievo, ignote all'atto del rilascio
della delega e che non possono essere comunicate al delegante, tali da
ARTICOLO 11 42 far ragionevolmente ritenere che questi, se le avesse
conosciute, avrebbe dato la sua approvazione, ovvero in caso di
modifiche o integrazioni delle proposte di deliberazione sottoposte
all'assemblea. Più in dettaglio, per effetto del comma 4 dell'articolo
106, le società con azioni quotate in mercati regolamentati possono
designare per le assemblee ordinarie o straordinarie il rappresentante
al quale i soci possono conferire deleghe con istruzioni di voto su
tutte o alcune delle proposte all'ordine del giorno, anche ove lo
statuto disponga diversamente. Le medesime società possono altresì
prevedere, nell’avviso di convocazione, che l’intervento in assemblea si
svolga esclusivamente tramite il rappresentante designato, al quale
possono essere conferite anche deleghe o sub-deleghe ai sensi
dell’articolo 135-novies del TUF, che detta le regole generali (e meno
stringenti) applicabili alla rappresentanza in assemblea, in deroga
all’articolo 135-undecies, comma 4, del TUF che, invece, in ragione
della specifica condizione del rappresentante designato dalla società,
esclude la possibilità di potergli conferire deleghe se non nel rispetto
della più rigorosa disciplina prevista dall'articolo 135-undecies
stesso. Per effetto del comma 5, le disposizioni di cui al comma 4 sono
applicabili anche alle società ammesse alla negoziazione su un sistema
multilaterale di negoziazione e alle società con azioni diffuse fra il
pubblico in misura rilevante. Le disposizioni in materia di assemblea
introdotte dalle norme in esame non sono state approvate dal M5S il cui
presidente , avv.Conte, aveva introdotto tali norme esclusivamente per
il periodo Covid. Per cui l’articolo 11 in esame, come anticipato,
introduce un nuovo articolo 135- undecies.1 nel Testo Unico Finanziario,
ai sensi del quale (comma 1) lo statuto di una società quotata può
prevedere che l’intervento in assemblea e l’esercizio del diritto di
voto avvengano esclusivamente tramite il rappresentante designato dalla
società, ai sensi del già illustrato supra articolo 135-undecies. A tale
rappresentante possono essere conferite anche deleghe o sub-deleghe ai
sensi dell'articolo 135-novies, in deroga all'articolo 135-undecies,
comma 4. La relativa vigilanza è esercitata, secondo le competenze,
dalla Consob (articolo 62, comma 3 TUF e regolamenti attuativi) o
dall’Autorità europea dei mercati finanziari – ESMA.
L’ESMA non e’ stata mai sentita dal sen.Gravaglia su questo articolo
mentre la Consob ha espresso parere contrario che sempre lo stesso ha
ignorato.
Ma i soprusi non finiscono qui : il comma 3 del nuovo articolo
135-undecies.1 chiarisce che, nel caso previsto dalle norme in esame. il
diritto di porre domande (di cui all’articolo 127-ter del TUF) è
esercitato unicamente prima dell’assemblea. La società fornisce almeno
tre giorni prima dell’assemblea le risposte alle domande pervenute. In
sintesi, ai sensi dell’articolo 127-ter, coloro ai quali spetta il
diritto di voto possono porre domande sulle materie all'ordine del
giorno anche prima dell'assemblea. Alle domande pervenute prima
dell'assemblea è data risposta al più tardi durante la stessa. La
società può fornire una risposta unitaria alle domande aventi lo stesso
contenuto. L’avviso di convocazione indica il termine entro il quale le
domande poste prima dell'assemblea devono pervenire alla società. Non è
dovuta una risposta, neppure in assemblea, alle domande poste prima
della stessa, quando le informazioni richieste s
iano già disponibili in formato "domanda e risposta" nella sezione del
sito Internet della società ovvero quando la risposta sia stata
pubblicatma 7, del TUF relativo allo svolgimento delle assemblee di
società ed enti. Per effetto delle norme introdotte, al di là delle
disposizioni contenute nell’articolo in esame che vengono rese
permanenti (v. supra), sono prorogate al 31 dicembre 2024 tutte le altre
misure in materia di svolgimento delle assemblee societarie – dunque non
solo quelle relative alle società quotate – previste nel corso
dell’emergenza Covid-19. Questo che e’ un capolavoro di capziosità di
un emendamento della sen.Cristina Tajani PD , ricercatrice e docente
universitaria, di indifferenziazione parlamentare negli obiettivi
: dal momento che le misure previste dall’art.11 in oggetto prevedono
per essere applicabili il loro recepimento statutario, lo stesso viene
ottenuto nel 2024 per ragioni di Covid, con il rappresentante pagato ,
che ovviamente non porrà alcuna opposizione neppure verbale.
Illustri Presidenti se questa non e’ una negazione degli art.47 e 3
della Costituzione, contro la democrazia e trasparenza societaria
, cos’e ?
Al termine di questa mia riflessione vorrei capire se in questo nostro
paese esiste ancora uno spazio di rispettosa discussione democratica o
di tutela giuridica nei confronti di una decisione arbitraria di una
classe dirigente qui’ palesemente opaca.
Confido in una vs risposta costruttiva di rispetto della libertà
progressista di un paese evoluto ma stabile e garante nei diritti delle
minoranze . Anche perché quello che ho anticipato con Edoardo Agnelli
sul futuro della Fiat dal 1998 in poi si e’ tristemente avverato, e solo
oggi, forse, e’ diventato di coscienza comune , anche se a me e’
costato pesanti ritorsioni personali da parte degli organi di polizia e
giustizia torinese e della Facolta’ di Economia Commercio di Torino . Ed
ad Edoardo Agnelli la morte. Non e’ impedendomi di partecipare alle
assemblee che Fiat & C ritorneranno in Italia, perché nel frattempo non
esistono più a causa anche di chi a Torino e Roma gli ha concesso di
fare tutto quello che di insensato hanno fatto dal 1998 in poi anche
contro se stessi oltre che i suoi lavoratori ed azionisti, calpestando
brutalmente chi osava denunciarlo pubblicamente nel tentativo,
silenziato, di fermare la distruzione di un orgoglio e una risorsa
nazionale. Giugiaro racconta che quando la Volkswagen gli chiese di fare
la Golf gli presento’ la Fiat 128 come esempio inarrivabile. Oggi
Tavares si presenta in Italia come il nuovo Napoleone , legittimato da
Yaky e scortato dalla DIGOS per difenderlo da Marco BAVA che vorrebbe
solo documentargli che l’industria automobilistica italiana ha una
storia che gli errori di 3 persone non debbono poter cancellare. Anche
se la storia finora ha premiato chi ha consentito il restringimento dei
diritti in questo paese la frana del futuro travolgerà tutti.
Basta chiederlo a Montezemolo che tutto questo lo sa e lo ha vissuto
direttamente.
UNA
ATTUALIZZAZIONE DEL:
DISCORSO DEL 30.05.1924
Giacomo Matteotti
Matteotti: «Onorevoli colleghi, se voi volete contrapporci altre
elezioni, ebbene io domando la testimonianza di un uomo che siede al
banco del Governo, se nessuno possa dichiarare che ci sia stato un solo
avversario che non abbia potuto parlare in contraddittorio con me nel
1919».
Voci: «Non è vero! Non è vero! » .
Finzi, sottosegretario di Stato per l'interno: «Michele Bianchi! Proprio
lei ha impedito di parlare a Michele Bianchi! » .
Matteotti: «Lei dice il falso! (Interruzioni, rumori) Il fatto è
semplicemente questo, che l'onorevole Michele Bianchi con altri teneva
un comizio a Badia Polesine. Alla fine del comizio che essi tennero,
sono arrivato io e ho domandato la parola in contraddittorio. Essi
rifiutarono e se ne andarono e io rimasi a parlare. (Rumori,
interruzioni)».
Finzi: «Non è così! » .
Matteotti: «Porterò i giornali vostri che lo attestano».
Finzi: «Lo domandi all'onorevole Merlin che è più vicino a lei!
L'onorevole Merlin cristianamente deporrà».
Matteotti: «L'on. Merlin ha avuto numerosi contraddittori con me, e
nessuno fu impedito e stroncato. Ma lasciamo stare il passato. Non
dovevate voi essere i rinnovatori del costume italiano? Non dovevate voi
essere coloro che avrebbero portato un nuovo costume morale nelle
elezioni? (Rumori) e, signori che mi interrompete, anche qui
nell'assemblea? (Rumori a destra)».
Teruzzi: «È ora di finirla con queste falsità».
Matteotti: «L'inizio della campagna elettorale del 1924 avvenne dunque a
Genova, con una conferenza privata e per inviti da parte dell'onorevole
Gonzales. Orbene, prima ancora che si iniziasse la conferenza, i
fascisti invasero la sala e a furia di bastonate impedirono all'oratore
di aprire nemmeno la bocca. (Rumori, interruzioni, apostrofi)».
Una voce "Non è vero, non fu impedito niente (Rumori)".
Matteotti: «Allora rettifico! Se l'onorevole Gonzales dovette passare 8
giorni a letto, vuol dire che si è ferito da solo, non fu bastonato.
(Rumori, interruzioni) L'onorevole Gonzales, che è uno studioso di San
Francesco, si è forse autoflagellato! (Si ride. Interruzioni) A Napoli
doveva parlare... (Rumori vivissimi, scambio di apostrofi fra alcuni
deputati che siedono all'estrema sinistra)».
Presidente: «Onorevoli colleghi, io deploro quello che accade. Prendano
posto e non turbino la discussione! Onorevole Matteotti, prosegua, sia
breve, e concluda».
Matteotti: «L'Assemblea deve tenere conto che io debbo parlare per
improvvisazione, e che mi limito...».
Voci: «Si vede che improvvisa! E dice che porta dei fatti! » .
Gonzales: «I fatti non sono improvvisati! » .
Matteotti: «Mi limito, dico, alla nuda e cruda esposizione di alcuni
fatti. Ma se per tale forma di esposizione domando il compatimento
dell'Assemblea... (Rumori) non comprendo come i fatti senza aggettivi e
senza ingiurie possano sollevare urla e rumori. Dicevo dunque che ai
candidati non fu lasciata nessuna libertà di esporre liberamente il loro
pensiero in contraddittorio con quello del Governo fascista e accennavo
al fatto dell'onorevole Gonzales, accennavo al fatto dell'onorevole
Bentini a Napoli, alla conferenza che doveva tenere il capo
dell'opposizione costituzionale, l'onorevole Amendola, e che fu
impedita... (Oh, oh! – Rumori)».
Voci da destra: «Ma che costituzionale! Sovversivo come voi! Siete
d'accordo tutti! » .
Matteotti: «Vuol dire dunque che il termine "sovversivo" ha molta
elasticità! » .
Greco: «Chiedo di parlare sulle affermazioni dell'onorevole Matteotti».
Matteotti: «L'onorevole Amendola fu impedito di tenere la sua
conferenza, per la mobilitazione, documentata, da parte di comandanti di
corpi armati, i quali intervennero in città.. .».
Presutti: «Dica bande armate, non corpi armati! » .
Matteotti: «Bande armate, le quali impedirono la pubblica e libera
conferenza. (Rumori) Del resto, noi ci siamo trovati in queste
condizioni: su 100 dei nostri candidati, circa 60 non potevano circolare
liberamente nella loro circoscrizione!» .
Voci di destra: «Per paura! Per paura! (Rumori – Commenti)».
Farinacci: «Vi abbiamo invitati telegraficamente! » .
Matteotti: «Non credevamo che le elezioni dovessero svolgersi proprio
come un saggio di resistenza inerme alle violenze fisiche
dell'avversario, che è al Governo e dispone di tutte le forze armate!
(Rumori) Che non fosse paura, poi, lo dimostra il fatto che, per un
contraddittorio, noi chiedemmo che ad esso solo gli avversari fossero
presenti, e nessuno dei nostri; perché, altrimenti, voi sapete come è
vostro costume dire che "qualcuno di noi ha provocato" e come "in
seguito a provocazioni" i fascisti "dovettero" legittimamente ritorcere
l'offesa, picchiando su tutta la linea! (Interruzioni)».
Voci da destra: «L'avete studiato bene! » .
Pedrazzi: «Come siete pratici di queste cose, voi! » .
Presidente: «Onorevole Pedrazzi! » .
Matteotti: «Comunque, ripeto, i candidati erano nella impossibilità di
circolare nelle loro circoscrizioni! » .
Voci a destra: «Avevano paura! » .
Turati Filippo: «Paura! Sì, paura! Come nella Sila, quando c'erano i
briganti, avevano paura (Vivi rumori a destra, approvazioni a
sinistra)».
Una voce: «Lei ha tenuto il contraddittorio con me ed è stato
rispettato».
Turati Filippo: «Ho avuto la vostra protezione a mia vergogna! (Applausi
a sinistra, rumori a destra)».
Presidente: «Concluda, onorevole Matteotti. Non provochi incidenti! » .
Matteotti: «Io protesto! Se ella crede che non gli altri mi impediscano
di parlare, ma che sia io a provocare incidenti, mi seggo e non parlo! »
(Approvazioni a sinistra – Rumori prolungati)
Presidente: «Ha finito? Allora ha facoltà di parlare l'onorevole
Rossi...».
Matteotti: «Ma che maniera è questa! Lei deve tutelare il mio diritto di
parlare! lo non ho offeso nessuno! Riferisco soltanto dei fatti. Ho
diritto di essere rispettato! (Rumori prolungati, Conversazioni)».
Casertano, presidente della Giunta delle elezioni: «Chiedo di parlare».
Presidente: «Ha facoltà di parlare l'onorevole presidente della Giunta
delle elezioni. C'è una proposta di rinvio degli atti alla Giunta».
Matteotti: «Onorevole Presidente! . ..».
Presidente: «Onorevole Matteotti, se ella vuoi parlare, ha facoltà di
continuare, ma prudentemente».
Matteotti: «Io chiedo di parlare non prudentemente, né imprudentemente,
ma parlamentarmente! » .
Presidente: «Parli, parli».
Matteotti: «I candidati non avevano libera circolazione... (Rumori.
Interruzioni)».
Presidente: «Facciano silenzio! Lascino parlare! » .
Matteotti: «Non solo non potevano circolare, ma molti di essi non
potevano neppure risiedere nelle loro stesse abitazioni, nelle loro
stesse città. Alcuno, che rimase al suo posto, ne vide poco dopo le
conseguenze. Molti non accettarono la candidatura, perché sapevano che
accettare la candidatura voleva dire non aver più lavoro l'indomani o
dover abbandonare il proprio paese ed emigrare all'estero (Commenti)».
Una voce "Erano disoccupati! ".
Matteotti: «No, lavorano tutti, e solo non lavorano, quando voi li
boicottate».
Voci da destra: «E quando li boicottate voi? » .
Farinacci: «Lasciatelo parlare! Fate il loro giuoco! » .
Matteotti: «Uno dei candidati, l'onorevole Piccinini, al quale mando a
nome del mio gruppo un saluto... (Rumori)».
Voci: «E Berta? Berta!».
Matteotti: «Conobbe cosa voleva dire obbedire alla consegna del proprio
partito. Fu assassinato nella sua casa, per avere accettata la
candidatura nonostante prevedesse quale sarebbe – stato per essere il
destino suo all'indomani. (Rumori) Ma i candidati – voi avete ragione di
urlarmi, onorevoli colleghi – i candidati devono sopportare la sorte
della battaglia e devono prendere tutto quello che è nella lotta che
oggi imperversa. lo accenno soltanto, non per domandare nulla, ma perché
anche questo è un fatto concorrente a dimostrare come si sono svolte le
elezioni. (Approvazioni all'estrema sinistra) Un'altra delle garanzie
più importanti per lo svolgimento di una libera elezione era quella
della presenza e del controllo dei rappresentanti di ciascuna lista, in
ciascun seggio. Voi sapete che, nella massima parte dei casi, sia per
disposizione di legge, sia per interferenze di autorità, i seggi – anche
in seguito a tutti gli scioglimenti di Consigli comunali imposti dal
Governo e dal partito dominante – risultarono composti quasi totalmente
di aderenti al partito dominante. Quindi l'unica garanzia possibile,
l'ultima garanzia esistente per le minoranze, era quella della presenza
del rappresentante di lista al seggio. Orbene, essa venne a mancare.
Infatti, nel 90 per cento, e credo in qualche regione fino al 100 per
cento dei casi, tutto il seggio era fascista e il rappresentante della
lista di minoranza non poté presenziare le operazioni. Dove andò, meno
in poche grandi città e in qualche rara provincia, esso subì le violenze
che erano minacciate a chiunque avesse osato controllare dentro il
seggio la maniera come si votava, la maniera come erano letti e
constatati i risultati. Per constatare il fatto, non occorre nuovo
reclamo e documento. Basta che la Giunta delle elezioni esamini i
verbali di tutte le circoscrizioni, e controlli i registri. Quasi
dappertutto le operazioni si sono svolte fuori della presenza di alcun
rappresentante di lista. Veniva così a mancare l'unico controllo,
l'unica garanzia, sopra la quale si può dire se le elezioni si sono
svolte nelle dovute forme e colla dovuta legalità. Noi possiamo
riconoscere che, in alcuni luoghi, in alcune poche città e in qualche
provincia, il giorno delle elezioni vi è stata una certa libertà. Ma
questa concessione limitata della libertà nello spazio e nel tempo – e
l'onorevole Farinacci, che è molto aperto, me lo potrebbe ammettere – fu
data ad uno scopo evidente: dimostrare, nei centri più controllati
dall'opinione pubblica e in quei luoghi nei quali una più densa
popolazione avrebbe reagito alla violenza con una evidente astensione
controllabile da parte di tutti, che una certa libertà c'è stata. Ma,
strana coincidenza, proprio in quei luoghi dove fu concessa a scopo
dimostrativo quella libertà, le minoranze raccolsero una tale abbondanza
di suffragi, da superare la maggioranza – con questa conseguenza però,
che la violenza, che non si era avuta prima delle elezioni, si ebbe dopo
le elezioni. E noi ricordiamo quello che è avvenuto specialmente nel
Milanese e nel Genovesato ed in parecchi altri luoghi, dove le elezioni
diedero risultati soddisfacenti in confronto alla lista fascista. Si
ebbero distruzioni di giornali, devastazioni di locali, bastonature alle
persone. Distruzioni che hanno portato milioni di danni».
Una voce a destra: «Ricordatevi delle devastazioni dei comunisti! » .
Matteotti: «Onorevoli colleghi, ad un comunista potrebbe essere lecito,
secondo voi, di distruggere la ricchezza nazionale, ma non ai
nazionalisti, né ai fascisti come vi vantate voi! Si sono avuti, dicevo,
danni per parecchi milioni, tanto che persino un alto personaggio, che
ha residenza in Roma, ha dovuto accorgersene, mandando la sua adeguata
protesta e il soccorso economico. In che modo si votava? La votazione
avvenne in tre maniere: l'Italia è una, ma ha ancora diversi costumi.
Nella valle del Po, in Toscana e in altre regioni che furono citate
all'ordine del giorno dal presidente del Consiglio per l'atto di fedeltà
che diedero al Governo fascista, e nelle quali i contadini erano stati
prima organizzati dal partito socialista, o dal partito popolare, gli
elettori votavano sotto controllo del partito fascista con la "regola
del tre". Ciò fu dichiarato e apertamente insegnato persino da un
prefetto, dal prefetto di Bologna: i fascisti consegnavano agli elettori
un bollettino contenente tre numeri o tre nomi, secondo i luoghi
(Interruzioni), variamente alternati in maniera che tutte le
combinazioni, cioè tutti gli elettori di ciascuna sezione, uno per uno,
potessero essere controllati e riconosciuti personalmente nel loro voto.
In moltissime provincie, a cominciare dalla mia, dalla provincia di
Rovigo, questo metodo risultò eccellente».
Finzi: «Evidentemente lei non c'era! Questo metodo non fu usato! » .
Matteotti: «Onorevole Finzi, sono lieto che, con la sua negazione, ella
venga implicitamente a deplorare il metodo che è stato usato».
Finzi: «Lo provi».
Matteotti: «In queste regioni tutti gli elettori».
Ciarlantini: «Lei ha un trattato, perché non lo pubblica? » .
Matteotti: «Lo pubblicherò, quando mi si assicurerà che le tipografie
del Regno sono indipendenti e sicure (Vivissimi rumori al centro e a
destra); perché, come tutti sanno, anche durante le elezioni, i nostri
opuscoli furono sequestrati, i giornali invasi, le tipografie devastate
o diffidate di pubblicare le nostre cose. Nella massima parte dei casi
però non vi fu bisogno delle sanzioni, perché i poveri contadini
sapevano inutile ogni resistenza e dovevano subire la legge del più
forte, la legge del padrone, votando, per tranquillità della famiglia,
la terna assegnata a ciascuno dal dirigente locale del Sindacato
fascista o dal fascio (Vivi rumori interruzioni)».
Suardo: «L'onorevole Matteotti non insulta me rappresentante: insulta il
popolo italiano ed io, per la mia dignità, esco dall'Aula. (Rumori –
Commenti) La mia città in ginocchio ha inneggiato al Duce Mussolini,
sfido l'onorevole Matteotti a provare le sue affermazioni. Per la mia
dignità di soldato, abbandono quest'Aula. (Applausi, commenti)».
Teruzzi: «L'onorevole Suardo è medaglia d'oro! Si vergogni, on.
Matteotti». (Rumori all'estrema sinistra).
Presidente: «Facciano silenzio! Onorevole Matteotti, concluda! » .
Matteotti: «lo posso documentare e far nomi. In altri luoghi invece
furono incettati i certificati elettorali, metodo che in realtà era
stato usato in qualche piccola circoscrizione anche nell'Italia
prefascista, ma che dall'Italia fascista ha avuto l'onore di essere
esteso a larghissime zone del meridionale; incetta di certificati, per
la quale, essendosi determinata una larga astensione degli elettori che
non si ritenevano liberi di esprimere il loro pensiero, i certificati
furono raccolti e affidati a gruppi di individui, i quali si recavano
alle sezioni elettorali per votare con diverso nome, fino al punto che
certuni votarono dieci o venti volte e che giovani di venti anni si
presentarono ai seggi e votarono a nome di qualcheduno che aveva
compiuto i 60 anni. (Commenti) Si trovarono solo in qualche seggio
pochi, ma autorevoli magistrati, che, avendo rilevato il fatto,
riuscirono ad impedirlo».
Torre Edoardo: «Basta, la finisca! (Rumori, commenti). Che cosa stiamo a
fare qui? Dobbiamo tollerare che ci insulti? (Rumori – Alcuni deputati
scendono nell'emiciclo). Per voi ci vuole il domicilio coatto e non il
Parlamento! (Commenti – Rumori)».
Voci: «Vada in Russia! »
Presidente: «Facciano silenzio! E lei, onorevole Matteotti, concluda! »
.
Matteotti: «Coloro che ebbero la ventura di votare e di raggiungere le
cabine, ebbero, dentro le cabine, in moltissimi Comuni, specialmente
della campagna, la visita di coloro che erano incaricati di controllare
i loro voti. Se la Giunta delle elezioni volesse aprire i plichi e
verificare i cumuli di schede che sono state votate, potrebbe trovare
che molti voti di preferenza sono stati scritti sulle schede tutti dalla
stessa mano, così come altri voti di lista furono cancellati, o
addirittura letti al contrario. Non voglio dilungarmi a descrivere i
molti altri sistemi impiegati per impedire la libera espressione della
volontà popolare. Il fatto è che solo una piccola minoranza di cittadini
ha potuto esprimere liberamente il suo voto: il più delle volte, quasi
esclusivamente coloro che non potevano essere sospettati di essere
socialisti. I nostri furono impediti dalla violenza; mentre riuscirono
più facilmente a votare per noi persone nuove e indipendenti, le quali,
non essendo credute socialiste, si sono sottratte al controllo e hanno
esercitato il loro diritto liberamente. A queste nuove forze che
manifestano la reazione della nuova Italia contro l'oppressione del
nuovo regime, noi mandiamo il nostro ringraziamento. (Applausi
all'estrema sinistra. Rumori dalle altre parti della Camera). Per tutte
queste ragioni, e per le altre che di fronte alle vostre rumorose
sollecitazioni rinunzio a svolgere, ma che voi ben conoscete perché
ciascuno di voi ne è stato testimonio per lo meno (Rumori)... per queste
ragioni noi domandiamo l'annullamento in blocco della elezione di
maggioranza. Voi dichiarate ogni giorno di volere ristabilire l'autorità
dello Stato e della legge. Fatelo, se siete ancora in tempo; altrimenti
voi sì, veramente, rovinate quella che è l'intima essenza, la ragione
morale della Nazione. Non continuate più oltre a tenere la Nazione
divisa in padroni e sudditi, poiché questo sistema certamente provoca la
licenza e la rivolta. Se invece la libertà è data, ci possono essere
errori, eccessi momentanei, ma il popolo italiano, come ogni altro, ha
dimostrato di saperseli correggere da sé medesimo. (Interruzioni a
destra) Noi deploriamo invece che si voglia dimostrare che solo il
nostro popolo nel mondo non sa reggersi da sé e deve essere governato
con la forza. Ma il nostro popolo stava risollevandosi ed educandosi,
anche con l'opera nostra. Voi volete ricacciarci indietro. Noi
difendiamo la libera sovranità del popolo italiano al quale mandiamo il
più alto saluto e crediamo di rivendicarne la dignità, domandando il
rinvio delle elezioni inficiate dalla violenza alla Giunta delle
elezioni».
Terminato così il suo intervento, Matteotti dice ai suoi compagni di
partito: «Io, il mio discorso l'ho fatto. Ora voi preparate il discorso
funebre per me». —
Ho visto il suo ottimo servizio ben documentato e non di parte .
La storia della targa della Ferrari Testarossa grigia
cabrio di GA che stava nel garage di Frescot entrando sulla
destra e' che io come azionista Ifi l'avevo trovata nelle
immobilizzazioni, chiesi a GA che ci stava a fare e lui la fece
reimatricolare a suo nome con quella targa. Non la usava perche'
mi disse che la trovava scomoda e preferiva le Fiat. L'uso'
Giovanni Alberto Agnelli che ebbe un'incidente sulla
Torino-Milano. Così mi disse Edoardo a cui il padre non la fece
mai guidare. Edoardo aveva le Ferrari in uso direttamente
da Enzo Ferrari.
Chi sta chiudendo la Marelli e' KKR che vorrebbe comprare
la rete Tim pagandola 6 volte il suo valore come Enimont quando
fu venduta da Gardini ad Eni.
A Carlo De Benedetti avevo proposto di acquisire la Fiat prima
che arrivasse Marchionne, mi ha riso al TELEFONO.
Bianca Carretto forse dimentica che prima della Peugeot la Fiat
fu offerta da Jaky a Renault a cui l'ho fatta saltare grazie a
Nissan. Infatti poi i rapporti fra Nissan e Renault sono
cambiati.
Poi Peugeot ha pagato la Fiat 2,9 miliardi rispetto ai 5
richiesti perché non c'era nessuno che volesse comprare FIAT.
Non e' vero che Marchionne ha saputo gestire la Fiat. Non capiva
nulla di auto. Infatti non ha investito su LANCIA , come invece
sta facendo Tavares. Maserati in 5 anni non poteva fare
concorrenza a Porsche che investe da 50 anni !
Marchionne non ha mai saputo scegliere un 'auto nelle
presentazioni, chiedeva di farlo a chi lo avrebbe dovuto
assistere !
La chimera del progetto fabbrica italiana ve la siete
dimenticata tutti ?
Come le condanne per atteggiamento antisindacale a cui è stato
condannato piu' volte Marchionne ?
Come De Benedetti non ne capisce nulla di computer visto che
aveva il padre del Surface con Quaderno e ne' lui ne' Passera lo
hanno capito.
Infatti il progetto della 500 elettrica e' sbagliato e voluto da
Marchionne e realizzato da Jaky investendo tanti soldi .
Proposte d'investimento agli Agnelli e De Benedetti vengono
fatte da sempre da chi guadagna le commissioni, per cui quello
che fa Jaky lo facevano anche Gabetti ed altri a NY con IFINT.
Inoltre i rapporti diretti internazionali sono tantissimo. Io in
un we a Garavicchio a casa di Carlo Caracciolo mi sono trovato
in piscina ed a tavola con il marito di Margherita, Giovanni
Alberto, Edoardo e Carlo Caracciolo che mi ha chiesto come
poteva difendersi da Carlo De Bebedetti. Io gli suggerii di
entrare in Cofide e lui lo fece. 3 mesi dopo GA, dandomi il 5,
mi soprannominò in pubblico Mark Spitz, per comunicarmi che
sapeva tutto .
Il patrimonio di Gianni Agnelli io lo stimo in 100 miliardi ,
con dei parametri approvati da Grande Stevens, per cui a
MARGHERITA hanno dato l'1%.
Il patrimonio di G.A lo gestivano Gabetti e Bormida.
Margherita e' come sua madre , prende tempo per allargarsi .
Edoardo no infatti e' stato ucciso perche' non voleva rinunciare
ai suoi diritto ereditari sulla Dicembre, a cui il Pm di
Mondovi, Bausone non credeva , quando glielo dissi 2 giorni dopo
l'omicidio di Edoardo.
L'ex Bertone finirà come Termoli.
IL RESTO glielo allego come anticipazione di un libro che forse
uscira'.
La proposta del Marocco e' stata fatta ai fornitori gia' a
Torino all'Hotel Ambasciatori nelle stesse ore in cui a 200
metri all'Hotel Concorde c'era il ministro Pichetto, a cui l'ho
detto senza ricevere alcuna risposta, come per la mia proposta
del progetto dell'H2 per autotrazione che rilancerebbe l'intera
economia nazionale, produzione auto compresa che allego.
Tenete conto che dietro ogni persona c'e' un uomo nero, quello
di Jaky per me e' a voi noto :Griva.
Resto a Sua disposizione per ogni chiarimento e documentazione,
Buon lavoro.
Marco BAVA
"L'Avvocato voleva
adottare John Il controllo della Dicembre non cambia"
Jennifer Clark
"
Il libro
Così su La Stampa
Un rapporto difficile, quello dei tre fratelli Elkann con la
madre Margherita, un problema «nato ben prima che lo scontro
arrivasse nelle aule dei tribunali». Jennifer Clark,
giornalista, già caporedattrice per l'Italia di Dow Jones dopo
le esperienze a Bloomberg e Reuters, ha seguito per anni le
vicende degli Agnelli. Recentemente ha pubblicato per Solferino
"L'ultima dinastia" sulla loro saga famigliare.
Clark, in una intervista ad Avvenire John Elkann parla per la
prima volta di "un clima di violenza fisica e psicologica"
subìto da lui e dagli altri due fratelli Elkann da parte della
madre. Da dove nasce, secondo lei, quella tensione?
«Per scrivere il libro ho parlato a lungo con gli esponenti
della famiglia, a partire da John. Il problema dei figli Elkann
con la madre viene da lontano perché, in un certo senso, è la
conseguenza dei problemi di Margherita ed Edoardo con i
genitori, in particolare con il padre, l'Avvocato».
Lei scrive che Gianni Agnelli era un padre poco affettuoso. Che
rapporto c'è tra questo e lo scontro di Margherita con i tre
figli Elkann?
«Lo squilibrio diviene palese quando Margherita divorzia da
Alain Elkann e si risposa con Serge de Phalen. Due mondi quasi
opposti: dallo scrittore parigino bohemien al nobile russo che
sogna il ritorno della grande Russia dei Romanov. Margherita si
converte alla religione ortodossa. Inizia a dipingere icone. E
vorrebbe che diventassero ortodossi anche John, Lapo e Ginevra.
Li costringe a dire le preghiere e a partecipare ai campi estivi
dei nostalgici zaristi in Francia che ogni mattina li fanno
assistere all'alza bandiera con lo stendardo imperiale
dell'aquila a due teste. I figli del secondo matrimonio sono
russi a tutti gli effetti e vivono a loro agio in quel mondo. I
figli Elkann no. A questo punto intervengono i nonni».
In che modo?
«Chiamando sempre più spesso i tre nipoti a trascorrere lunghi
periodi con loro. Per sottrarli a quel mondo estraneo. Per
questo John dice oggi che è stata decisiva per lui e i fratelli
la protezione dei nonni. Ma questo ha finito per rendere i
rapporti tra Margherita e i suoi genitori ancora più difficili».
Il nonno aveva dato ai nipoti l'affetto che era mancato alla
figlia come se l'affettività avesse saltato una generazione?
«Esattamente. Il rapporto tra i nipoti e il nonno è diventato
sempre più stretto al punto che un giorno l'Avvocato accarezzò
l'idea di adottare John. Come si sa poi non se ne fece nulla».
Se i rapporti erano tanto tesi perché allora, alla morte
dell'Avvocato, Margherita accettò di rinunciare alle quote della
Dicembre in cambio di denaro?
«Lei ha sempre sostenuto di averlo fatto nel tentativo di
riportare la pace in famiglia. È anche vero che conosceva l'atto
notarile con cui l'Avvocato, fin dal 1999, consegnava a John la
gestione della Dicembre e quindi deve avere pensato che, persa
la partita per il potere, tanto valeva giocarsi quella del
denaro. Del resto, quell'atto del '99 era stato firmato da tutti
i familiari, anche da lei».
NON E' VERO :
EDOARDO NON LO HA MAI FIRMATO. PER QUESTO LO HANNO UCCISO. Mb
Lei ha poi tentato, e lo sta facendo ancora oggi, di rimettere
in discussione quella scelta…
«Certo e questo è uno dei nodi delle cause legali. Ma la scelta
di non partecipare alla Dicembre ha finito per isolare ancora di
più Margherita. Si diceva che avesse confidato a Lupo Rattazzi
le sue perplessità su futuro della Fiat: "Rischia di fare la
fine della Parmalat". Erano gli anni in cui il fallimento della
Parmalat aveva fatto molto rumore. Come se lei avesse scelto di
scendere dalla nave nel momento di massima difficoltà
dell'azienda. Già nel 2004, al matrimonio di John e Lavinia, la
presenza di Margherita era stata incerta fino all'ultimo».
Da allora in poi la frattura si è andata allargando. Le
battaglie in tribunale contro la madre Marella e ora contro i
figli Elkann hanno aggravato la situazione. Quali conseguenze
potranno avere secondo lei?
«Dal punto di vista della governance della Dicembre, la società
che controlla la Giovanni Agnelli e, per il tramite di questa,
Exor non credo che ci potranno essere conseguenze. L'atto
notarile del 1999 non lascia scampo. Diverso è il discorso se
passiamo dalla governance alle quote. È in teoria possibile che,
se venisse accolta la tesi dei legali di Margherita, si
riconosca il diritto della figlia di Gianni Agnelli ad avere la
sua quota di legittima e dunque un pacchetto di azioni della
Dicembre. Ma non credo proprio che questo impedirebbe a John di
governare come fa oggi».
Si perché
perderebbe il controllo in quanto il 75% passerebbe a Margherita
ed il 25% Jaky 20% . Mb
TAVARES E JAKY NEL 23
Un compenso da 36,5 milioni è adeguato per il
ceo di una società capace di generare 18,6 miliardi di profitti e di
versare ai soci quasi 8 miliardi? Per i proxy advisor […] no. In vista
dell’assemblea del 16 aprile, […] Glass Lewis e Iss hanno raccomandato
agli azionisti di Stellantis di votare contro gli stipendi percepiti […]
dai manager del gruppo.
A loro giudizio, la paga del ceo Carlos Tavares è «eccessiva»: vale 518
volte il salario medio dei dipendenti di Stellantis che, intanto, sta
attuando massicci piani di esuberi […].
[…] Iss ha criticato anche il benefit da 430 mila euro accordato al
presidente John Elkann che ha potuto utilizzare l’aereo aziendale per
scopi personali. I suggerimenti dei proxy sono di norma accolti dai
fondi internazionali. Se al loro si aggiungesse il «no» del governo
francese, socio di Stellantis al 9,9%, la relazione sui compensi
potrebbe incorrere in una sfiducia. Dal valore consultivo, è vero; ma
fortemente simbolico.
IL 10.12.23 PROGRAMMA TELEVISIVO SU
L'OMICIDIO DI EDOARDO AGNELLI SU PIAZZA LIBERTA', il
programma di informazione condotto da Armando Manocchia, su
BYOBLU CANALE 262 DT CANALE
IL GRANDE AMICO DI EDOARDO CON CUI FECE
VIAGGI ERA LUCA GAETANI
EA NON FECE MAI NESSUNA CESSIONE DEI
SUOI DIRITTI EREDITARI
NE' EBBE ALCUN DISSIDIO CON GIOVANNI
ALBERTO AGNELLI, DA CUI SOGGIORNAVA ANDANDO E TORNANDO DA
GARAVICCHIO.
INFATTI QUANDO CI FU L'EPISODIO DEL
KENIA FU GIOVANNI ALBERTO AGNELLI AD ANDARLO A TROVARE.
I LEGAMI CON LA SORELLA MARGHERITA NON
EERANO STRETTI COME QUELLI CON I CUGINI LUPO RATTAZZI ED EDUARDO
TEODORANI FABBRI. INFATTI NON ESISTONO LETTERE FRA EDOARDO E
MARGHERITA .
DEL CAMBIO DELLA SUCCESSIONE DA GIOVANNI
ALBERTO A JAKY EA LO HA SAPUTO DALLA MADRE CHE NE HA CONVITO GIANNI
PER NON PERDERE I PRIVILEGI DELLA PRESIDENZA FIAT,
L'INTERVISTA AL MANIFESTO FU PROPOSTA DA
UN GIORNALISTA DI REPUBBLICA PERCHE' LUI L'AVREBBE VOLUTA FARE MA
NON GLIELO PERMETTEVANO.
NON CI SONO PROVE CHE EA FOSSE DEPRESSO,
LA PATENTE DI EA LA TENEVA LA SCORTA E
NON ERA SUL CRUSCOTTO MA NEL CASSETTO DELLA CROMA EX DELL'AVVOCATO
CON MOTORE VOLVO E CAMBIO AUTOMATICO, NON BLINDATA.
LE INDAGINI SULL'OMICIDIO DI EA SONO
TUTT'ORA APERTE PRESSO LA PROCURA DI CUNEO.
GRIVA QUANDO ENTRA IN SCENA ?
L’IMPERO DI FAMIGLIA: ECCO PERCHÉ ADESSO
RISCHIA DI CROLLARE TUTTO
Estratto dell’articolo di Ettore Boffano per “il Fatto quotidiano”
È l’attacco al cuore di un mito: quello degli Agnelli. E a pagarne le
conseguenze più dure potrebbe essere lui, l’erede che non porta più quel
cognome, John Elkann.
A rischio di veder messo in ballo il ruolo che suo nonno gli aveva
assegnato: la guida dei tesori di famiglia. Tutto passa per la Svizzera,
dove Marella Caracciolo, vedova dell’avvocato, ha sempre dichiarato di
avere la residenza sin dagli anni 70.
E con la cui legge successoria ha poi regolato i conti con la figlia:
per escludere Margherita dalla propria eredità e, soprattutto,
permettere al nipote di diventare il nuovo capo della dinastia.
[…] quella residenza […] ora piomba nell’inchiesta per frode fiscale
della Procura di Torino. E i pm hanno poteri di accertamento rapidi e
quasi immediati […]. Vediamo, punto per punto, che cosa c’è e che cosa
indica quel documento e come potrebbe segnare i clamorosi sviluppi delle
indagini.
1) La residenza svizzera. È decisiva: per stabilire se sono validi sia
l’accordo e il patto firmati da Marella con la figlia a Ginevra nel
2004, sulla successione dell’avvocato e sulla sua, sia il testamento e
le due aggiunte con i quali ha indicato come eredi i nipoti John, Lapo e
Ginevra.
E infine per accertare la possibile evasione fiscale sul suo patrimonio.
Trevisan spiega che la vedova dell’avvocato, dal 2003 sino alla morte
nel 2019, non ha mai vissuto in Svizzera i 180 giorni all’anno necessari
per poter mantenere quel diritto. “Ha trascorso ogni anno, in media,
oltre 189 giorni in Italia, 94 in Marocco e solo circa 68 in Svizzera”.
Se tutto saltasse, Margherita tornerebbe in campo nel controllo
dell’impero Agnelli.
2) Gli “espedienti” sulla residenza. Il legale indica anche le presunte
mosse per mascherare la permanenza di Marella in Italia. […] “Occorreva
non far risultare intestate a Marella Caracciolo le utenze degli
immobili in Italia e i relativi rapporti di lavoro... Un appunto del
commercialista Gianluca Ferrero suggeriva che non fossero a lei
riconducibili né dipendenti né animali, facendo risultare che i
domestici fossero alle dipendenze di Elkann […]”.
3) Il personale delle ville. La ricostruzione di Trevisan […]
sembrerebbe confermare i “consigli” di Ferrero. I magistrati […] stanno
[…] ascoltando le testimonianze di chi gestiva le residenze di famiglia.
Il legale di Margherita ha contato oltre 30 dipendenti […]. I contratti
erano intestati formalmente a Elkann, ma loro erano sempre al servizio
della nonna.
4) I testamenti, veri o falsi. Nell’esposto, Trevisan affida alla
Procura […] il compito di esaminare l’autenticità del testamento di
Marella Caracciolo e delle due “aggiunte”, redatti dal notaio svizzero
Urs von Grunigen. […] il legale aveva già sostenuto che, secondo due
diverse perizie grafiche, almeno nella seconda “aggiunta” la firma della
signora “appare apocrifa, con elevata probabilità”. Giovedì pomeriggio,
la Guardia di Finanza si è presentata alla Fondazione Agnelli, proprio
per acquisire vecchi documenti firmati da Marella e confrontare le
firme.
5) Le fiduciarie di famiglia. Le Fiamme Gialle hanno anche prelevato
migliaia e migliaia di pagine e documenti legati a quattro diverse
fiduciarie, tutte citate nell’esposto di Trevisan. Due di esse, la Simon
Fiduciaria e la Gabriel Fiduciaria facevano riferimento, un tempo,
all’avvocato Franzo Grande Stevens e oggi sono state assorbite nella
Nomen Fiduciaria della famiglia Giubergia e nella banca privata Pictet
di Ginevra.
Che cosa può nascondersi in quegli “scrigni” votati alla riservatezza?
Due cose, entrambe importanti. La prima […] riguarda il fatto se in esse
sia potuto transitare denaro proveniente da 16 società offshore delle
Isole Vergini britanniche, tutte intestate o a Marella Agnelli o a
“membri della famiglia”, come la “Budeena Consulting Inc.” che, da sola,
aveva in cassa 900 milioni dollari.
La seconda riguarda la possibilità che gli inquirenti possano trovare le
tracce degli scambi azionari, tra la nonna e i nipoti, della “Dicembre”,
la società semplice creata dall’avvocato nel 1984 per custodire il
tesoro di famiglia e che oggi consente a John Elkann di gestire, a
cascata, i 25,5 miliardi di patrimonio della holding Exor.
2. INCHIESTA ELKANN: LA GDF A CACCIA DI SOCIETÀ OFFSHORE
Estratto dell’articolo di Marco Grasso per “il Fatto quotidiano”
IL TESTAMENTO DI MARELLA CARACCIOLO CON LE INTEGRAZIONI E LE FIRME
IL TESTAMENTO DI MARELLA CARACCIOLO CON LE INTEGRAZIONI E LE FIRME
Margherita Agnelli […] dà la caccia ai capitali offshore di famiglia,
che le sarebbero stati occultati nell’accordo sull’eredità. La Procura
di Torino cerca i redditi, potenzialmente enormi, che sarebbero stati
occultati al Fisco, attraverso fiduciarie collegate a paradisi fiscali.
Questi due interessi potrebbero convergere se cadesse il baluardo che
finora ha protetto la successione della dinastia più potente d’Italia:
la presunta residenza elvetica di Marella Caracciolo, moglie di Gianni e
madre di Margherita. Se saltasse questo cardine, le autorità italiane
potrebbero contestare reati tributari e sanzioni fiscali agli Elkann, e
questa storia, come una valanga, potrebbe travolgere anche i contenziosi
civili sull ’eredità, aperti in Svizzera e in Italia.
Sono tre gli indagati nell’in chiesta condotta dal procuratore aggiunto
Marco Gianoglio e dai pm Mario Bendoni e Giulia Marchetti: Gianluca
Ferrero, commercialista della famiglia Agnelli e presidente della
Juventus; Robert von Groueningen, amministratore dell’eredità di Marella
Agnelli (morta nel 2019); John Elkann, nipote di Marella, presidente di
Stellantis ed editore del gruppo Gedi.
L’ipotesi è di concorso in frode fiscale e in particolare di
dichiarazione infedele al Fisco per gli anni 2018-2019. In base
all’intesa sulla successione di Gianni Agnelli nel 2004 […] Margherita
accetta l’estromissione dalle società di famiglia in cambio di 1,2
miliardi; ottiene l’usufrutto su vari beni immobiliari e si impegna a
versare alla madre Marella un vitalizio mensile da 500 mila euro. Di
questi soldi non c’è traccia nei 730, da cui mancano in altre parole 8
milioni di euro (3,8 milioni di tasse).
Il perché gli investigatori si concentrino su quel biennio è presto
detto: per chi indaga Marella Caracciolo, malata di Parkinson, era
curata in Italia. La Procura ritiene che passasse gran parte del tempo a
Villa Frescot, a Torino, oltre 183 giorni l’anno, la soglia dopo la
quale il Fisco ritiene probabile che una residenza estera sia fasulla.
Per questo ieri il Nucleo di polizia economico finanziaria di Torino […]
ha sentito sei testimoni vicini alla famiglia: personale che di fatto
lavorava al servizio di Marella, ma che era stato assunto dopo la morte
del nonno da John Elkann o da società a lui riconducibili, un artificio
che avrebbe rafforzato la tesi della residenza estera della nonna.
Questo è l’anello che mette nei guai l’erede della casata. Per i pm il
commercialista Ferrero avrebbe disposto le dichiarazioni dei redditi
infedeli, mentre l’esecutore testamentario svizzero le avrebbe
controfirmate.
Ci sono inoltre le indagini commissionate da Margherita Agnelli
all’investigatore privato Andrea Galli, confluite in un esposto in mano
alla Procura. Lo 007 ha ricostruito le spese nella farmacia di Lauenen,
villaggio nel cantone di Berna in cui sulla carta viveva Marella
Caracciolo: dalle fatture fra il 2015 e il 2018 emergerebbe che le spese
mediche coprivano il solo mese di agosto. […]
GLI INQUIRENTI cercano di ricostruire il flusso di redditi, la
riconducibilità dei patrimoni e documenti originali in grado di
verificare la validità delle firme sui testamenti. Se dovesse essere
rimessa in discussione la residenza di Marella, si aprirebbe un nuovo
scenario: il Fisco potrebbe battere cassa e contestare mancati introiti
milionari per Irpef, Iva, successione e Ivafe (tassa sui beni esteri).
Gli Elkann sono pronti a difendersi dalle accuse, e hanno sempre
contestato la ricostruzione di Margherita.
DOPO 25 ANNI MARGHERITA HA PENSATO AI
FRATELLI DI YAKY, LAPO E GINEVRA , COME GLI AVEVA DETTO EDOARDO:
Margherita Agnelli vuole costringere per via
giudiziaria i suoi tre figli Elkann a restituire i beni delle eredità di
Gianni Agnelli (morto nel 2003) e Marella Caracciolo (2019).
Un’ordinanza della Cassazione pubblicata a gennaio mette in fila,
sintetizzando i «Fatti in causa», le pretese della madre di John Elkann
nella sua offensiva legale. Il punto d’arrivo è molto in alto nel
sistema di potere dei figli: l’assetto della Dicembre, la cassaforte
(60% John e 20% ciascuno Lapo e Ginevra Elkann) azionista di riferimento
dell’impero Exor, Stellantis, Ferrari, Juventus, Cnh ecc. (35 miliardi).
[…] La Corte suprema nella sua ordinanza si occupa di una questione
tecnica laterale, annullando parzialmente […] la decisione del tribunale
di Torino di sospendere i lavori in attesa dei giudici svizzeri. […] la
Cassazione […] sintetizza in modo neutrale le richieste di Margherita e
cioè, innanzitutto, «che sia dichiarata l’invalidità o l’inefficacia del
testamento della madre».
E dunque «che sia aperta la successione legittima, sia accertata in capo
all’attrice (Margherita ndr) la sua qualità di unica erede legittima
della madre, sia accertata la quota della quale la madre poteva disporre
e […] sia accertata la lesione della quota di riserva a essa spettante».
A questo punto ci deve essere «la conseguente reintegra della quota
mediante riduzione delle donazioni, anche dirette e dissimulate, e
condanna dei convenuti (gli Elkann, ndr) alle restituzioni».
Il tema delle donazioni è fondamentale perché potrebbero essere i
«mattoni» con cui si è costruita la governance a trazione John nella
Dicembre. Margherita «in ogni caso ha chiesto la dichiarazione della sua
qualità di erede del padre (...) e la condanna dei convenuti a
restituire i beni dell’eredità del padre».
La manovra legale è dunque tesa ad azzerare tutto, proiettando
Margherita nel ruolo di unica erede legittima della madre. E
nell’eventuale riconteggio dell’eredità materna entrerebbero le
donazioni anche «indirette e dissimulate».
JOHN ELKANN CON LA MADRE MARGHERITA AGNELLI AL SUO MATRIMONIO CON
LAVINIA BORROMEO
JOHN ELKANN CON LA MADRE MARGHERITA AGNELLI AL SUO MATRIMONIO CON
LAVINIA BORROMEO
Nella costruzione dell’attuale assetto della Dicembre con John al
comando sono state decisive alcune transazioni con la nonna Marella dopo
la morte (2003) di Gianni Agnelli. Secondo i figli de Pahlen, […] per il
calcolo della quota legittima, nel perimetro ereditario della nonna
Marella dovrebbe entrare anche il «75% della Dicembre, per il caso in
cui si accertasse la simulazione degli atti di compravendita, il cui
valore è stimato in euro 3 miliardi». Sostengono anzi che la nonna abbia
«effettuato donazioni delle partecipazioni della Dicembre al nipote John
per (...) circa 3 miliardi».
John Elkann e la madre Margherita entrano nella cassaforte come soci nel
1996, con Gianni Agnelli al comando. Nel ’99 l’Avvocato modifica lo
statuto e detta il futuro: «se manco o sono impedito — è il senso —
tutti i poteri vanno a John» che, alla morte del nonno, sale al 58%.
L’anno dopo (2004) Margherita vende per 105 milioni il 33% alla madre ed
esce dalla Dicembre sulla base del patto successorio. Subito dopo la
nonna cede tutto ai nipoti, tenendo l’usufrutto: John si consolida al
60%, una leadership che nel suo entourage giudicano «inattaccabile», a
Lapo e Ginevra il resto. È l’assetto attuale di cui però s’è avuta
notizia ufficiale nel 2021, dopo 17 anni di carte, transazioni e patti
tenuti nascosti. Un bug temporale a dir poco anomalo per una delle più
influenti società in Europa, inspiegabilmente tollerato per anni dalla
Camera di Commercio di Torino. Anche su questo fa leva la strategia di
Margherita per «scalare» il sancta sanctorum degli Elkann.
«La costruzione di una residenza estera
fittizia» in Svizzera di Marella Caracciolo «ha avuto una duplice e
concorrente finalità: da un lato, sotto il profilo fiscale, evitare
l’assoggettamento a tassazione in Italia di ingenti cespiti patrimoniali
e redditi derivanti da tali disponibilità; dall’altro, sotto il profilo
ereditario, sottrarre la successione» della vedova dell’Avvocato
«all’ordinamento italiano»: lo scrivono i magistrati di Torino nel
decreto di sequestro che ha portato al blitz di ieri (7 marzo) della
guardia di finanza, nell’ambito dell’inchiesta sull’eredità Agnelli e
sulle presunte «dichiarazioni fraudolente» dei redditi di Marella
Caracciolo. Per questo, è scattata anche una nuova ipotesi di reato:
«truffa aggravata ai danni dello Stato e di ente pubblico (Agenzia delle
entrate)».
Eredità Agnelli, i 734 milioni di euro lasciati da Marella e l'appunto
sulla residenza svizzera: «Una vita di spostamenti»
CRONACA
Eredità Agnelli, i pm e gli appunti della segretaria di Marella Agnelli:
«Sono la prova che non viveva in Svizzera»
Tra i beni in questione - secondo il Procuratore aggiunto Marco
Gianoglio e i pubblici ministeri Mario Bendoni e Giulia Marchetti - ci
sarebbero 734.190.717 euro, «derivanti dall’eredità di Marella
Caracciolo».
Per la truffa aggravata sono indagati i tre fratelli Elkann, John,
Ginevra e Lapo, lo storico commercialista della famiglia Gianluca
Ferrero e Urs Robert von Gruenigen, il notaio svizzero che curò la
successione testamentaria.
Gli investigatori - emerge dal decreto - hanno messo le mani anche su un
documento di quattro pagine «riepilogante in forma schematica i giorni
di effettiva presenza in Italia di Marella Caracciolo»: morale, nel 2015
la moglie di Gianni Agnelli dimorò «in Svizzera meno di due mesi»,
contro i 298 giorni passati in Italia. Nel 2018 il conto è di 227 giorni
in Italia e 138 all’estero. Significativa anche la denominazione
dell’ultima pagina del documento: «Una vita di spostamenti».
Un secondo "round" si è combattuto ieri
davanti al tribunale del riesame di Torino tra la Procura subalpina e lo
staff di avvocati che difendono i fratelli Elkann, indagati per truffa
ai danni dello Stato per non aver pagato la tassa di successione su una
porzione di eredità della nonna, pari a 734 milioni di euro.
I penalisti hanno impugnato il decreto con cui i pm il 6 marzo hanno
disposto un nuovo sequestro dei documenti […] già acquisiti dai
finanzieri durante le perquisizioni del 7 febbraio. E gli inquirenti
hanno risposto depositando ai giudici materiale investigativo finora
inedito, tra cui delle intercettazioni e soprattutto i tredici verbali
del personale al "servizio" di Marella Caracciolo.
La tesi accusatoria - secondo cui John Elkann avrebbe fatto figurare che
domestici e infermiere lavoravano per lui, «al fine di non compromettere
la possibilità che la defunta nonna fosse effettivamente residente in
Svizzera» - «appare largamente confermato dalle dichiarazioni» degli ex
dipendenti sentiti come testimoni in Procura. In sostanza, quasi tutti
hanno confermato che prestavano assistenza alla signora Agnelli quando
lei risiedeva nelle dimore torinesi, ossia per la maggior parte
dell'anno.
Nel locale caldaie dell'abitazione del pupillo di Gianni Agnelli, […] i
militari del nucleo economico finanziario di Torino hanno trovato una
ventina di faldoni con i documenti di «domestici, cuochi, autisti,
governante, guardarobiera, maggiordomi». Per realizzare quella che i pm
ritengono esser una «strategia evasiva», ossia non pagare le tasse
sull'eredità in Italia, John avrebbe assunto formalmente il personale
delle residenze di Villa Frescot, Villa To e Villar Perosa che
«assisteva di fatto Marella Caracciolo».
A sommarie informazioni è stata sentita anche Carla Cantamessa, che si
occupava della gestione amministrativa delle abitazioni riconducibili
alla famiglia Angelli-Elkann. […] «al momento della perquisizione (del 7
febbraio, ndr) contattava immediatamente Gianluca Ferrero (il
commercialista di famiglia indagato, ndr), avvisandolo dell'arrivo della
Finanza e mostrando timore e preoccupazione per documenti che avrebbe
dovuto "nascondere"».
In quel momento, però, i finanzieri stavano bussando anche alla porta
del commercialista, che quindi ha subito riagganciato il telefono. Tra
il materiale che le è stato sequestrato ci sono anche documenti sui
«giardinieri dismessi dal 2020», ossia successivamente alla morte di
Marella. La "prova del nove" è che quasi tutti i dipendenti assunti da
John sono stati licenziati dopo che sua nonna, il 23 febbraio 2019, è
deceduta.
Secondo i legali degli Elkann non esistono gli estremi del reato di
truffa ai danni dello Stato nel caso di mancato pagamento della tassa di
successione. Avvalendosi anche di un parere del professore Andrea
Perini, docente di diritto penale tributario, hanno specificato […] che
al massimo si tratta di un illecito amministrativo. Per i pm, invece,
gli «artifizi e i raggiri» previsti dal reato di truffa si sono
concretizzati proprio nel trucco della residenza in Svizzera di Marella,
con il quale i tre nipoti avrebbero «indotto in errore» l'Agenzia delle
entrate […], e così facendo avrebbero tratto «l'ingiusto profitto» di
risparmiare tra i 42 e i 63 milioni di euro di tasse.
Tra l'altro, la «strategia evasiva» è esplicitata nel cosiddetto
«vademecum della truffa» redatto da Ferrero, in cui si consiglia a
chiare lettere «di non sovraccaricare la posizione italiana di Marella
Caracciolo», facendo assumere i suoi dipendenti al nipote maggiore.
L'altro punto su cui insistono le difese è il «ne bis in idem», il
principio in base al quale non si può essere giudicati due volte per lo
stesso fatto.
Ma la truffa ai danni dello Stato era già stata ipotizzata dalla Procura
torinese prima che venisse eseguito il secondo sequestro, ora impugnato
dagli Elkann e da Ferrero. I giudici, dopo quasi quattro ore di udienza,
si sono riservati di decidere entro sabato prossimo. […]
EREDITÀ AGNELLI, 'I QUADRI SONO CUSTODITI AL LINGOTTO'
Francesca Brunati e Igor Greganti per l’ANSA
Sarebbero tutte rintracciate e rintracciabili, e donate dalla nonna ai
nipoti Elkann, le 13 opere d'arte, parte del tesoro lasciato da Gianni
Agnelli, e che un tempo arredavano Villa Frescot e Villar Perosa a
Torino e una residenza di famiglia a Roma, e ora reclamate dalla figlia
Margherita, unica erede dei beni immobili dopo la morte della madre e
moglie dell'Avvocato, Marella Caracciolo di Castagneto, la quale ne
aveva l'usufrutto.
E' quanto risulta in sintesi da una relazione depositata alla Procura di
Milano dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Gdf
nell'inchiesta che ha portato il gip Lidia Castellucci ad archiviare la
posizione di un gallerista svizzero e di un suo collaboratore accusati
di ricettazione e a disporre, su suggerimento di Margherita nella sua
opposizione alla richiesta di archiviazione, ulteriori accertamenti.
L'informativa delle Fiamme Gialle è stata redatta in base alle
testimonianze, riportate nell'atto, di Paola Montalto e Tiziana Russi,
persone di fiducia di Marella Caracciolo, le quali si sono occupate
degli inventari dei beni ereditati. Le due donne, sentite come una terza
persona al servizio della moglie dell'Avvocato, hanno ricostruito che
quelle tele di artisti del calibro di Monet, Picasso, Balla e De Chirico
erano alle pareti dell'appartamento romano a Palazzo
Albertini-Carandini, di cui Margherita ha la nuda proprietà, e che
furono poi donate ai tre nipoti John, Lapo e Ginevra dalla nonna.
Dichiarazioni, queste, a cui è stato trovato riscontro: come è emerso
successivamente alle tre deposizioni, quasi tutte le opere d'arte sono
state trovate al Lingotto durante una ispezione della Guardia di
Finanza, delegata dalla Procura torinese nell'indagine principale
sull'eredità. Una invece sarebbe in una casa a St. Moritz e una sua
copia nella pinacoteca di via Nizza.
Dalle consultazioni di una serie di banche dati "competenti", in
particolare quelle del ministero della Cultura e la piattaforma S.u.e.
(Sistema uffici esportazione) è stato appurato che non ci sono state
movimentazioni illecite né esistono particolari vincoli sui quadri e che
il Monet, che si sospettava fosse falso, è stato sottoposto a una
perizia che ne ha acclarato l'autenticità.
Visto gli esiti delle nuove indagini, i pm milanesi coordineranno con i
colleghi di Torino, ai quali, non si esclude potrebbero trasmettere gli
atti per competenza. Sul caso fonti vicine a Margherita chiariscono che
"i quadri oggetto di denuncia nel procedimento di Milano (che prosegue)
non possono essere stati donati, in quanto Marella non ne aveva la
proprietà.
Peraltro, non risulta ad oggi formalizzato alcun documento di donazione.
Comunque, qualora le indiscrezioni fossero confermate, vi sarebbero atti
invalidi e verrebbe richiesta l'immediata restituzione delle opere che
sono e restano di proprietà di Margherita Agnelli". Una questione,
quella della proprietà, che potrà sciogliere solo la magistratura.
FAIDA EREDITÀ AGNELLI: IL GIALLO DEI 13 QUADRI E DEGLI ORIGINALI SPARITI
Estratto dell’articolo di Ettore Boffano e Manuele Bonaccorsi per “il
Fatto quotidiano”
Diventa un giallo milionario […] la verità sulle opere della Collezione
Agnelli finite nell'inchiesta penale sull'eredità della vedova
dell’avvocato, Marella Caracciolo.
Secondo un’annotazione della Guardia di Finanza di Milano, consegnata al
procuratore aggiunto milanese Luca Fusco, 13 di quei quadri non
sarebbero infatti scomparsi dalle dimore italiane della dinastia (come
ha denunciato la figlia di Gianni Agnelli, Margherita), ma sarebbero
state donate dalla nonna Marella ai tre nipoti John, Lapo e Ginevra
Elkann e ora sarebbero “rintracciati e rintracciabili” in un caveau
della Fiat Security al Lingotto e in Svizzera.
Molto diverso, invece, ciò che emergerebbe dalle indagini che stanno
svolgendo la Procura e la Gdf di Torino, dopo un esposto di Margherita
contro i tre figli. Un fascicolo, al quale nei prossimi giorni sarà
allegato quello di Milano, che ha portato i pm torinesi a indagare i tre
Elkann per i “raggiri e gli artifizi” messi in opera per costruire una
“inesistente residenza svizzera” della nonna.
Nei sequestri effettuati lo scorso 8 febbraio, i finanzieri avevano
visitato anche un caveau nella palazzina storica Fiat del Lingotto, dove
erano conservati arredi di valore un tempo presenti nelle residenze
dell’avvocato di Villar Perosa, di Villa Frescot a Torino e
nell’appartamento di Palazzo Albertini davanti al Quirinale.
Il Fatto Quotidiano e Report […] hanno ricostruito però che gli
inquirenti torinesi hanno rinvenuto al Lingotto solo due originali, La
Chambre di Balthus e il Pho Xai di Gérome, e invece tre copie di modesto
valore di altri tre capolavori: il Glacons effect blanc di Monet, La
scala degli addii di Balla e il Mistero e malinconia di una strada di De
Chirico.
Ma dove sono gli originali? Secondo gli Elkann, […] sarebbero sempre
stati a Sankt Moritz, nella villa Chesa Alkyon dell’avvocato. Per il
momento, la Procura torinese sta approfondendo soprattutto le vicende
legate alla residenza svizzera di Marella e agli eventuali resti
fiscali. Ma è probabile che in un secondo tempo, […] i pm ordinino una
perizia per accertare l’esatta datazione delle copie.
Se emergesse, infatti, che esse sono state realizzate dopo il 24 gennaio
2003, giorno della morte di Gianni Agnelli, allora le indagini
potrebbero estendersi a verificare quando e come gli originali hanno
lasciato l’italia per la Svizzera e sostituiti con le copie. Se fosse
mai dimostrato che i tre quadri si trovavano in Italia, allora potrebbe
trattarsi di un reato. E anche piuttosto grave: esportazione illecita di
opere d’arte, punito dal Codice dei beni culturali con una pena dai 2 a
8 anni di reclusione.
Tutto potrebbe essere prescritto: ciò che invece non si prescriverà mai
è il diritto da parte dello Stato di rivendicare il rientro delle opere
in Italia, con un sequestro. A sostegno delle tesi degli Elkann, secondo
la Gdf di Milano, ci sarebbero anche le testimonianze di due segretarie
di Marella, Paola Montaldo e Tiziana Russi, e di un altro domestico che
avrebbero confermato come la nonna avesse donato quei quadri ai nipoti.
Qualcosa che contraddice l’elenco delle opere acquisito dal procuratore
aggiunto Fusco nel 2009, in un’altra inchiesta sull’eredità Agnelli, e
di cui Report e il Fatto Quotidiano sono entrati in possesso. Una lista
ritenuta veritiera da due personaggi chiave: colui che l’ha redatta,
Stuart Thorton, storico maggiordomo inglese di Agnelli, ed Emmanuele
Gamna, ex avvocato di Margherita che trattò la suddivisione delle opere
tra madre e figlia nel 2004.
Il documento riporta quotazione (assai al ribasso) e collocazione delle
opere. Il De Chirico si trovava a Roma: valore 7 milioni. Il Balla
anch’esso era nella Capitale: 2 milioni. C’era infine il Monet che
risultava essere a Villa Frescot: 8 milioni. L’originale non si sa dove
si trovi.
I quadri di Roma […] erano lì almeno fino al 2018, quando un
trasportatore, il torinese Giorgio Ghilardini, li prelevò: la bolla del
trasporto è stata sequestrata dai pm torinesi. Infine, il professor
Lorenzo Canova, direttore scientifico della fondazione De Chirico,
ricorda che il suo maestro, l’insigne storico dell’arte Mauro Calvesi,
aveva visto l’originale di Mistero e melanconia di una strada
nell’appartamento romano dell’avvocato.
“Me lo presterebbe per una mostra”, chiese il critico ad Agnelli.
“Preferirei di no, i quadri a volte voglio scambiarli, questo non voglio
sia notificato al ministero”, avrebbe risposto il “signor Fiat”.
[…] Margherita Agnelli ritiene […]che le opere le siano state sottratte
dall’eredità della madre Marella e, comunque, chiederà la nullità della
presunta donazione ai figli. Ma il punto non è questo. Quelle opere, a
chiunque spettino, devono rimanere in Italia. Così almeno dice la legge
[…]
LA FRAGILITA' UMANA DIMOSTRA LA
FORZA E L'ESISTENZA DI DIO: le stesse variazioni climatiche e
meteriologiche imprevedibili dimostrano l'esistenza di DIO.
Che lo Spirito Santo porti
buon senso e serenita' a tutti gli uomini di buona volonta' !
CRISTO RESUSCITA PER TUTTI GLI
UOMINI DI VOLONTA' NON PER QUELLI DELLO SPRECO PER NUOVI STADI O
SPONSORIZZAZIONI DI 35 MILIONI DI EURO PAGATI DALLE PAUSE NEGATE
AGLI OPERAI ! La storia del ricco epulone non ha insegnato nulla
perché chi e morto non può tornare per avvisare i parenti !
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ATTENZIONE IL MIO EX SITO
www.marcobava.tk e' infetto se volete un buon antivirus
gratuito:
Marco Bava ABELE: pennarello di DIO,
abele, perseverante autodidatta con coraggio e fantasia , decisionista
responsabile.
Sono quello che voi pensate io sia
(20.11.13) per questo mi ostacolate.(08.11.16)
La giustizia non esiste se mi mettessero
sotto sulle strisce pedonali, mi condannerebbero a pagare i danni
all'auto.
(12.02.16)
TO.05.03.09
IL DISEGNO DI DIO A VOLTE SI RIVELA
SOLO IN ALCUNI PUNTI. STA' ALLA FEDE CONGIUNGERLI
PADRE NOSTRO CHE SEI NEI CIELI
SIA SANTIFICATO IL TUO NOME VENGA IL TUO REGNO, SIA FATTA LA TUA VOLONTÀ
COME IN CIELO COSI IN TERRA , DAMMI OGGI IL PANE E LA ACQUA
QUOTIDIANI E LA POSSIBILITA' DI NON COMMETTERE ERRORI NEL CERCARE DI
REALIZZARE NEL MIGLIOR MONDO POSSIBILE IL TUO VOLERE, LA PACE NEL MONDO,
IL BENESSERE SOCIALE E LA COMUNIONE DI TUTTI I POPOLI. TU SEI GRANDE ED
IO NON SONO CHE L'ULTIMO DEI TUOI SERVI E FIGLI.
TU SEI GRANDE ED IO NON SONO CHE
L'ULTIMO DEI TUOI SERVI E DEI TUOI FIGLI .
SIGNORE IO NON CONOSCO I TUOI OBIETTIVI PER ME , FIDUCIOSO MI AFFIDO A
TE.
Difendo il BENE contro il MALE che nell'uomo rappresenta la variabile
"d" demonio per cui una decisione razionale puo' diventare irrazionale
per questa ragione (12.02.16)
Non prendo la vita di
punta faccio la volonta' di DIO ! (09.12.18)
La vita e' fatta da
cose che si devono fare, non si possono non fare, anche se non si
vorrebbero fare.(20.01.16)
Il mondo sta
diventando una camera a gas a causa dei popoli che la riempiono per
irresponsabilità politica (16.02.16)
I cervelli possono
viaggiare su un unico livello o contemporaneamente su plurilivelli e'
soggettivo. (19.02.17)
L'auto del futuro non
sara' molto diversa da quella del presente . Ci sono auto che
permarranno nel futuro con l'ennesima versione come : la PORSCHE 911, la
PANDA, la GOLF perche' soddisfano esigenze del mercato che permangono .
Per cui le auto cambieranno sotto la carrozzeria con motori ad idrogeno
, e materiali innovativi. Sara' un auto migliore in termini di
sicurezza, inquinamento , confort ma la forma non cambierà molto.
INFATTI la Modulo di Pininfarina la Scarabeo o la Sibilo di Bertone
possono essere confrontate con i prototipi del prossimo
salone.(18.06.17)
La siccità e le
alluvioni dimostrano l'esistenza di Dio nei confronti di uomini che
invece che utilizzare risorse per cercare inutilmente nuovi
pianeti dove Dio non ha certo replicato l'esperienza negativa dell'uomo,
dovrebbero curare l'unico pianeta che hanno a disposizione ed in cui
rischiano di estinguersi . (31.10.!7)
L'Italia e' una
Repubblica fondata sul calcio di cui la Juve e' il maggiore esponente
con tutta la sua violenta prevaricazione (05.11.17)
La prepotenza della
FIAT non ha limiti . (05.11.17)
I mussulmani ci
comanderanno senza darci spiegazioni ne' liberta'.(09.11.17)
In Italia mancano i
controlli sostanziali . (09.11.17)
Gli alimenti per
animali sono senza controllo, probabilmente dannosi, vengono
utilizzati dai proprietari per comodita', come se l'animale fosse un
oggetto a cui dedicare il tempo che si vuole, quando si vuole senza
alcun rispetto ai loro veri bisogni alimentari. (20.11.17)
Ho conosciuto
l'avv.Guido Rossi e credo che la stampa degli editori suoi clienti lo
abbia mitizzato ingiustificatamente . (20.11.17)
L'elicottero di Jaky
e' targato I-TAIF. (20.11.17)
La Coop ha le
agevolazioni di una cooperativa senza esserlo di fatto in quanto quando
come socio ho partecipato alle assemblee per criticare il basso tasso
d'interesse dato ai soci sono stato o picchiato o imbavagliato.
(20.11.17)
Sono 40 anni che :
1 ) vedo bilanci
diversi da quelli che vedo insegnati a scuola, fusioni e scissioni
diverse da quelle che vengono richieste in un esame e mi vengono a dire
che l'esame di stato da dottore commercilaista e' una cosa seria ?
2) faccio esposti e
solo quello sul falso in bilancio della Fiat presentato da Borghezio al
Parlamento e' andato avanti ?
(21.11.17)
La Fornero ha firmato
una riforma preparata da altri (MONTI-Europa sono i mandanti) (21.11.17)
Si puo' cambiare il
modo di produrre non le fasi di produzione. (21.11,17)
La FIAT-FERRARI-EXOR
si sono spostate in Olanda perche' i suoi amministratori abbiano i loro
compensi direttamente all'estero . In particolare Marchionne ha la
residenza fiscale in Sw (21.11.17)
La prova che e' il
femore che si rompe prima della caduta e' che con altre cadute non si
sono rotte ossa, (21.11.17)
Carlo DE BENEDETTI un
grande finanziere che ha fallito come industriale in quanto nel 1993
aveva il SURFACE con il nome QUADERNO , con Passera non l'ha saputo
produrre , ne' vendere ne' capire , ma siluro' i suoi creatori
CARENA-FIGINI. (21.11.17)
Quando si dira' basta
anche alle bufale finanziarie ? (21.11.17)
Per i consiglieri
indipendenti l'indipendenza e' un premio per tutti gli altri e' un costo
(11.12.17)
La maturita' del
mercato finanziario e' inversamente proporzionale alla sottoscrizione
dei bitcoin (18/12/17)
Chi risponde
civilmente e penalmente se un'auto o un robot impazziscono ? (18/12/17)
Non e' la FIAT
filogovernativa, ma sono i governi che sono filofiat consententogli di
non pagare la exit-tax .(08.02.18) inoltre la FIAT secondo me ha fatto
più danni all'ITALIA che benefici distruggendo la concorrenza della
LANCIA , della Ferrari, che non ha mai capito , e della BUGATTI
(13.02.18).
Infatti quando si
comincia con il raddoppio del capitale senza capitale si finisce nella
scissione
Tesi si laurea
sull'assoluzione del sen.Giovanni Agnelli nel 1912 dal reato di
agiotaggio : come Giovanni Agnelli da segretario della Fiat ne e'
diventato il padrone :
Prima di educare i
figli occorre educare i genitori (13.03.18)
Che senso ha credere
in un profeta come Maometto che e'un profeta quando e' esistito
Gesu' che e' il figlio di DIO come provato per ragioni storiche da
almeno 4 testi che sono gli evangelisti ? Infatti i mussulmani
declassano Gesu' da figlio di DIO a profeta perché riconoscono
implicitamente l'assurdità' di credere in un profeta rispetto al figlio
di DIO. E tutti gli usi mussulmani rappresentano una palese
involuzione sociale basata sulla prevaricazione per esempio sulle donne
(19.03/18)
Il valore aggiunto per
i consulenti finanziari e' solo per loro (23.03.18)
I medici lavorerebbero
gratis ? quante operazioni non sono state fatte a chi non aveva i soldi
per pagarle ? (26.03.18 )
lo sfregio delle auto
di stato ibride con il motore acceso, deve finire con il loro passaggio
alla polizia con i loro autisti (19.03.18)
Se non si tassa il
lavoro dei robot e' per la mancata autonomia in termini di liberta' di
scelta e movimento e responsabilita' penale personale . Per cui le auto
a guida autonoma diventano auto-killer. (26.04.18)
Quanto poco conti
l'istruzione per l'Italia e' dimostrato dalla scelta DEI MINISTRI
GELMINI FEDELI sono esempi drammatici anche se valorizzati dalla
FONDAZIONE AGNELLI. (26.04.18) (27.08.18).
Credo che la lotta
alla corruzione rappresenti sempre di piu' un fattore di coesione
internazionale perche' anche i poteri forti si sono stufati di pagare
tangenti (27/04/2018)
Non riusciamo neppure
piu' a produrre la frutta ad alto valore aggiunto come i
mirtilli....(27/04/2018)
Abbiamo un capitalismo
sempre piu' egoista fatto da managers che pensano solo ad arraffare
soldi pensando che il successo sia solo merito loro invece che di Dio e
degli operai (27.04.18)
Le imprese dell'acqua
e delle telecomunicazioni scaricano le loro inefficienze sull'utente
(29.05.18)
Nel 2004 Umberto
Agnelli, come presidente della FIAT, chiese a Boschetti come
amministratore delegato della FIAT AUTO di affidarmi lo sviluppo della
nuova Stilo a cui chiesi di affiancare lo sviluppo anche del marchio
ABARTH , 500 , A112, 127 . Chiesi a Montezemolo , come presidente
Ferrari se mi lasciava utilizzare il prototipo di Giugiaro della Kubang
che avrebbe dovuto essere costruito con ALFA ROMEO per realizzare
la nuova Stilo . Mi disse di si perche' non aveva i soldi per
svilupparlo. Ma Morchio, amministratore delegato della FIAT, disse che
non era accettabile che uno della Telecom si occupasse di auto in Fiat
perche' non ce ne era bisogno. Peccato che la FIAT aveva fatto il 128
che si incendiava perche' gli ingegneri FIAT non avevano previsto una
fascetta che stringesse il tubo della benzina all'ugello del
carburatore. Infatti pochi mesi dopo MORCHIO venne licenziato da
Gabetti ed al suo posto arrivo' Marchionne a cui rifeci la proposta. Mi
disse di aspettare una risposta entro 1 mese. Sono passati 14 anni ma
nessuna risposta mi e' mai stata data da Marchionne, nel frattempo la
Fiat-Lancia sono morte definitivamente il 01.06.18, e la Nissan Qashai
venne presentata nel 2006 e rilancia la Nissan. Infatti dal 2004 ad oggi
RENAULT-NISSAN sono diventati i primi produttori al mondo. FIAT-FCA NO !
Grazie a Marchionnne nonostante abbia copiato il suo piano industriale
dal mio libro . Le auto Fiat dell'era CANTARELLA bruciavano le teste per
raffredamento insufficente. Quella dell'era Marchionne hanno bruciato la
Fiat. Il risultato del lavoro di MARCHIONNE e' la trasformazione del
prodotto auto in prodotto finanziario, per cui le auto sono diventate
tutte uguali e standardizzate. Ho trovato e trovo , NEI MIEI CONFRONTI,
molta PREPOTENZA cattiveria ed incompetenza in FIAT. (19.12.18)
La differenza fra
ROMITI MARCHIONNE e' che se uno la pensava diversamente da loro Romiti
lo ascoltava, Marchionne lo cacciava anche se gli avesse detto che
aumentando la pressione dei pneumatici si sarebbero ridotti i consumi.
FATTI NON PAROLE E
FUMO BORSISTICO ! ALFA ROMEO 166 un successo nonostante i pochi mezzi
utilizzati ma una richiesta mia precisa e condivisa da FIAT : GUIDA
DIRETTA. Che Marchionne non ha apprezzato come un attila che ha
distrutto la storia automoblistica italiana su mandato di GIANLUIGI
GABETTI (04.06.18).
Piero ANGELA : un
disinformatore scientifico moderno in buona fede su auto
elettrica. auto killer ed inceneritore (29.07.18)
Puoi anche prendere il
potere ma se non lo sai gestire lo perdi come se non lo avessi mai avuto
(01.08.18)
Ho provato la BMW i8
ed ho capito che la Ferrari e le sue concorrenti sono obsolete !
(20.08.18)
LA Philip Morris ha
molti clienti e soci morti tra cui Marchionne che il 9 maggio scorso,
aveva comprato un pacchetto di azioni per una spesa di 180mila dollari.
Briciole, per uno dei manager più ricchi dell’industria automotive (ha
un patrimonio stimato tra i 6-700 milioni di franchi svizzeri, cifra che
lo fa rientrare tra i 300 elvetici più benestanti).E’ stato, però, anche
l’ultimo “filing” depositato dal manager alla Sec, sul cui sito da
sabato pomeriggio è impossible accedere al profilo del manager
italo-canadese e a tutte le sue operazioni finanziarie rilevanti. Ed era
anche un socio: 67mila azioni detenute per un investimento di 5,67
milioni di dollari (alla chiusura di Wall Street di venerdì 20 luglio
2018 ). E PROSSIMAMENTE un'uomo Philip Morris uccidera' anche la
FERRARI . (20.08.18) (25.08.18)
Prodi e' il peccato
originale dell'economia italiana dal 1987 (regalo' l'ALFA ROMEO alla
FIAT) ad oggi (25.08.18)
L'indipendenza della
Magistratura e' un concetto teorico contraddetto dalle correnti anche
politiche espresse nelle lottizzazioni delle associazioni magistrati che
potrebbe influenzarne i comportamenti. (27.08.18)
Ho sempre vissuto solo
con oppositori irresponsabili privi di osservazioni costruttive ed
oggettive. (28.08.18)
Buono e cattivo fuori
dalla scuola hanno un significato diverso e molto piu' grave perche' un
uomo cattivo o buono possono fare il bene o il male con consaprvolezza
che i bambini non hanno (20.10.18)
Ma la TAV serve ai
cittadini che la dovrebbero usare o a chi la costruisce con i nostri
soldi ? PERCHE' ?
Un ruolo presidenziale
divergente da quello di governo potrebbe porre le premesse per una
Repubblica Presidenziale (11.11.2018)
La storia occorre
vederla nella sua interezza la marcia dei 40.000 della Fiat come e'
finita ? Con 40.000 licenziamenti e la Fiat in Olanda ! (19.11.18)
I SITAV dopo la marcia
a Torino faranno quella su ROMA con costi doppi rispetto a quella
francese sullo stesso percorso ? (09.12.18)
La storia politica di
Fassino e' fatta dall'invito al voto positivo per la raduzione dei
diritti dei lavoratori di Mirafiori. Si e' visto il risultato della
lungimiranza di Fassino , (18.12.18)
Perche' sono
investimenti usare risorse per spostare le pietre e rimetterle a posto
per giustificare i salari e non lo sono il reddito di cittadinanza e
quota 100 per le pensioni ? perche' gli 80 euro a chi lavora di Renzi
vanno bene ed i 780 euro di Di Maio a chi non lavora ed e' in pensione
non vanno bene ? (27.12.18)
Le auto si dividono in
auto mozzarella che scadono ed auto vino che invecchiando aumentano di
valore (28.12.18)
Fumare non e' un
diritto ma un atto contro la propria salute ed i doveri verso la propria
famiglia che dovrebbe avere come conseguenza la revoca dell'assistenza
sanitaria nazionale ad personam (29.12.18)
Questo mondo e troppo
cattivo per interessare altri esseri viventi (10.01.19)
Le ONG non hanno altro
da fare che il taxi del mare in associazione per deliquere degli
scafisti ? (11.02.19)
La giunta FASSINO era
inutile, quella APPENDINO e' dannosa (12.07.19)
Quello che l'Appendino
chiama freno a mano tirato e' la DEMOCRAZIA .(18.07.19)
La spesa pubblica
finanzia le tangenti e quella sullo spazio le spese militari
(19.07.19)
AMAZON e FACEBOOK di
fatto svolgono un controllo dei siti e forse delle persone per il
Governo Americano ?
(09.08.19)
LA GRANDE MORIA DI
STARTUP e causato dal mancato abbinamento con realta' solide (10.08.!9)
Il computer nella
progettazione automobilistica ha tolto la personalizzazione ed
innovazione. (17.08.19)
L' uomo deve gestire i
computer non viceversa, per aumentare le sue potenzialita' non
annullarle (18.08.19)
LA FIAT a Torino ha
fatto il babypaking a Mirafiori UNO DEI POSTI PIU' INQUINATI DI TORINO !
Non so se Jaky lo sappia , ma il suo isolamento non gli permette certo
di saperlo ! (13.09.19)
Non potro' mai essere
un buon politico perche' cerco di essere un passo avanti mentre il
politico deve stare un passo indietro rispetto al presente. (04.10.19)
L'arretratezza
produttiva dell'industria automobilistica e' dimostrata dal fatto che da
anni non hanno mai risolto la reversibilità dei comandi di guida a
dx.sx, che costa molto (09.10.19)
IL CSM tutela i
Magistrati dalla legge o dai cittadini visti i casi di Edoardo AGNELLI
e Davide Rossi ? (10.10.19).
Le notizie false
servono per fare sorgere il dubbio su quelle vere discreditandole
(12.10.19)
L'illusione startup
brucia liquidita' per progetti che hanno poco mercato. sottraendoli
all'occupazione ed illude gli investitori di trovare delle scorciatoie
al alto valore aggiunto (15.10.19)
Gli esseri umani
soffrono spesso e volentieri della sindrome del camionista: ti senti
piu' importante perche' sei in alto , ma prima o poi dovrai scendere e
cedere il posto ad altri perche' nessun posto rimane libero (18.10.19)
Non e' logico che
l'industria automobilistica invece di investire nelle propulsione ad
emissione 0 lo faccia sulle auto a guida autonoma che brucia posti di
lavoro. (22.10.19)
L'intelligenza
artificiale non esiste perche' non e' creativa ma applicativa quindi
rischia di essere uno strumento in mano ai dittatori, attraverso la
massificazione pilotata delle idee, che da la sensazione di poter
pensare ad una macchina al nostro posto per il bene nostro e per farci
diventare deficienti come molti percorsi dei navigatori (24.11.19)
Quando ci fanno
domande per sapere la nostra opinione di consumatori ma sono interessati
solo ai commenti positivi , fanno poco per migliorare (25.11.19)
La prova che la
qualità della vita sta peggiorando e' che una volta la cessione del 5^
si faceva per evitare i pignoramenti , oggi lo si fa per vivere
(27.11.19)
Per combattere
l'evasione fiscale basta aumentare l'assistenza nella pre-compilazione e
nel pagamento (29.11.19)
La famiglia e' come
una barca che quando sbaglia rotta porta a sbattere tutti quanti
(25.12.19)
Le tasse
sull'inquinamento verranno scaricate sui consumatori , ma a chi governa
e sa non importa (25.12.19)
Il calcio e l'oppio
dei popoli (25.12.19)
La religione nasce
come richiesta di aiuto da parte dei popoli , viene trasformata in un
tentativo di strumento di controllo dei popoli (03.01.20)
L'auto a guida
autonoma e' un diversivo per vendere auto vecchie ed inquinanoroti , ed
il mercato l'ha capito (03.01.20)ttadini
Il vero potere della
burocrazia e' quello di creare dei problemi ai cittadini anche se il
cittadino paga i dipendente pubblico per risolvere dei problemi non per
crearli. Se per denunciare questi problemi vai fuori dal coro deve
essere annientato. Per cui burocrazia=tangente (03.01.20)
Gli immigrati tengono
fortemente alla loro etnina a cui non rinunciano , piu' saranno forti le
etnie piu' queste divideranno l'Italia sovrastando gli italiani
imponendoci il modello africano . La mafia nigeriana e' solo un esempio.
(05.01.20)
La sinistra e la lotta
alla fame nel mondo sono chimere prima di tutto per chi ci deve credere
come ragione di vita (07.01.20)
Credo di avere la
risposta alla domanda cosa avrebbe fatto Eva se Adamo avesse detto di no
a mangiare la mela ? Si sarebbe arrabbiata. Anche oggi se non fai
quello che vogliono le donne si mettono contro cercando di danneggiarti.
(07.01.20)
Le sardine rappresenta
l'evoluzione del buonismo Democristiano e la sintesi fra Prodi e
Renzi, fuori fa ogni logica e senza una proposta concreta
(08.01.20)
Un cavallo di razza
corre spontaneamente e nessuno puo' fermarlo. (09.01.20)
PD e M5S 2 stampelle
non fanno neppure una gamba sana (22.01.20)
non riconoscere i propri errori significa
sbagliare per sempre (12.04.20)
la vera ricchezza dei ricchi sono i figli
dei poveri, una lotteria che pagano tutta la loro vita i figli ai
genitori che credono di non avere nulla da perdere ! (03.11.21)
GLI YESMEN SERVONO PER
CONSENTIRE IL MANTENIMENTO E LO SVILUPPO E L'OCCULTAMENTO DEGLI
INTERESSI OCCULTI DEL CAPITALISMO DISTRUTTIVO. (22.04.22)
DALL'INTOLLERANZA NASCE LA
GUERRA (30.06.22)
L'ITALIA E' TERRA DI
CONQUISTA PER LE BANDE INTERNE DEI PARTITI. (09.10.22)
La dimostrazione che non
esista più il nazismo e' dimostrato dalla reazione europea contro Puntin
che non ci fu subito contro Hitler (12.10.22)
Cara Meloni nulla giustifica
una alleanza con la Mafia di Berlusconi (26.10.22)
I politici che non
rappresentano nessuno a cosa servono ? (27.10.22)
Di chi sono Ambrosetti e
Mckinsey ? Chi e' stato formato da loro ed ora e' al potere in ITALIA ?
Lo spunto e' la vicenda Macron . Quanti Macron ci sono in Italia ? E chi
li controlla ? Mckinsey e' una P2 mondiale ?
Mb
Piero Angela ha valutato che
lo sbarco sulla LUNA ancora oggi non e' gestibile in sicurezza ?
(30.12.22)
Le leggi razziali = al Green
Pass (30.03.23)
Dopo 60 anni il danno del
Vaiont dimostra il pericolo delle scelte scientifiche come il nucleare,
giustificato solo dalle tangenti (10.10.23)
LA
mia CONTROINFORMAZIONE ECONOMICA e' CONTRO I GIOCHI DI POTERE,
perche' DIO ESISTE, ANCHE SOLO per assurdo.
IL MONDO HA
BISOGNO DI DIO MA NON LO SA, E' TALMENTE CATTIVO CHE IL BENE NON PUO'
CHE ESISTERE FUORI DA QUESTO MONDO E DA QUESTA VITA !
PER QUESTO IL
MIO MESTIERE E' CAMBIARE IL MONDO !
LA VIOLENZA
DELLA DISOCCUPAZIONE CREA LA VIOLENZA DELLA RECESSIONE, con LICIO GELLI
che potrebbe stare dietro a Berlusconi.
IL GOVERNO
DEGLI ANZIANI, com'e' LICIO GELLI, IMPEDISCE IL CAMBIAMENTO
perche' vetusto obsoleto e compromesso !
E' UN GIOCO AL
MASSACRO dell'arroganza !
SE NON CI
FOSSERO I SOLDATI NON CI SAREBBE LA GUERRA !
Sopravvaluta sempre il tuo avversario , per poterlo
vincere .Mb 15.05.13
Torino 08.04.13
Il mio paese l'Italia non crede nella mia teoria
economica del valore che definisce
1) ogni prodotto come composto da energia e lavoro:
Il costo dell'energia può tendere a 0 attraverso il
fotovoltaico sui tetti. Per dare avvio la volano economico del
fotovoltaico basta detassare per almeno 20 anni l'investimento, la
produzione ed il consumo di energia fotovoltaica sui tetti.
2) liberalizzazione dei taxi
collettivi al costo di 1 euro per corsa in modo tale da dare un lavoro a
tutti quelli che hanno un 'auto da mantenere e non lo possono piu fare
per mancanza di un lavoro; ed inoltre dare un servizio a tutti i
cittadini.
3) tre sono gli obiettivi principali
della politica : istruzione, sanita', cultura.
4) per la sanità occorre un centro
acquisti nazionale ed abolizione giorni pre-ricovero.
LA VITA E' : PREGHIERA, LAVORO
E RISPARMIO.(02.02.10)
Se non hai via di uscita,
fermati..e dormici su.
E' PIU' DIFFICILE
SAPER PERDERE CHE VINCERE ....
Ciascun uomo vale in funzione
delle proprie idee... e degli stimoli che trova dentro di se...
Vorrei ricordare gli uomini
piu' per quello che hanno fatto che per quello che avrebbero potuto
fare !
LA VERA UMILTA' NON SI DICHIARA
MA SI DIMOSTRA, AD ESEMPIO CONTINUANDO A STUDIARE....ANCHE SE
PURTROPPO L'UNIVERSITÀ' E' FINE A SE STESSA.
PIU' I MEZZI SONO POVERI X
RAGGIUNGERE L'OBIETTIVO, PIU' E' CAPACE CHI LO RAGGIUNGE.
L'UNICO LIMITE AL PEGGIO E' LA
MORTE.
MEGLIO NON ILLUDERE CHE
DELUDERE.
L'ITALIA , PER COLPA DI
BERLUSCONI STA DIVENTANDO IL PAESE DEI BALOCCHI.
IL PIL CRESCE SE SI RIFA' 3
VOLTE LO STESSO TAPPETINO D'ASFALTO, MA DI FATTO SIAMO TUTTI PIU'
POVERI ALMENO 2 VOLTE.
LA COSTITUZIONE DEI DIRITTI
DELL'UOMO E QUELLA ITALIANA GARANTISCONO GIA' LA LIBERTA',
QUANDO TI DICONO L'OVVIETÀ' CHE SEI LIBERO DI SCEGLIERE
E' PERCHE' TI VOGLIONO IMPORRE LE LORO IDEE. (RIFLESSIONE DEL
10.05.09 ALLA LETTERA DEL CARDINALE POLETTO FATTA LEGGERE NELLE
CHIESE)
la vita eterna non puo' che
esistere in quanto quella terrena non e' che un continuo superamento
di prove finalizzate alla morte per la vita eterna.
SOLO ALLA FINE SI SA DOVE PORTA
VERAMENTE UNA STRADA.
QUANDO NON SI HANNO ARGOMENTI
CONCRETI SI PASSA AI LUOGHI COMUNI.
L'UOMO LA NOTTE CERCA DIO PER
AVERE LA SERENITA' NOTTURNA (22.11.09)
IL PRESENTE E' FIGLIO DEL
PASSATO E GENERA IL FUTURO.(24.12.09)
L'ESERCIZIO DEL POTERE E' PER
DEFINIZIONE ANDARE CONTRO NATURA (07.01.10)
L’AUTO ELETTRICA FA SOLO PERDERE TEMPO E DENARO PER
ARRIVARE ALL’AUTO AD IDROGENO (12.02.10)
BERLUSCONI FA LE PENTOLE MA NON I COPERCHI (17.03.10)
GESU' COME FU' TRADITO DA GIUDA , OGGI LO E' DAI
TUTTI I PEDOFILI (12.04.10)
IL DISASTRO
DELLA PIATTAFORMA PETROLIFERA USA COSA AVREBBE PROVOCATO SE FOSSE
STATA UNA CENTRALE ATOMICA ? (10.05.10)
Quante
testate nucleari da smantellare dovranno essere saranno utilizzate
per l'uranio delle future centrali nucleari italiane ?
I POTERI FORTI DELLE LAUREE HONORIS CAUSA SONO FORTI
PER CHI LI RICONOSCE COME TALI. SE NON LI SI RICONOSCE COME FORTI
SAREBBERO INESISTENTI.(15.05.10)
L'ostensione della Sacra Sindone non puo' essere ne'
temporanea in quanto la presenza di Gesu' non lo e' , ne' riservata
per i ricchi in quanto "e' piu' facile che in cammello passi per la
cruna di un ago ..."
sapere x capire (15.10.11)
la patrimoniale e' una 3^
tassazione (redditi, iva, patrimoniale) (16.10.11)
SE LE FORZE DELL'ORDINE
INTERVENISSERO DI PIU'PER CAUSE APPARENTEMENTE BANALI CI SAREBBE
MENO CONTENZIOSO: CHIAMATO IL 117 PER UN PROBLEMA BANALE MI HA
RISPOSTO : GLI FACCIA CAUSA ! (02.04.17)
GRAN PARTE DEI PROFESSORI
UNIVERSITARI SONO TRA LE MENTI PIU' FRAGILI ED ARROGANTI , NON
ACCETTANO IL CONFRONTO E SI SENTONO SPIAZZATI DIVENTANO ISTERICI (
DOPO INCONTRO CON MARIO DEAGLIO E PIETRO TERNA) (28.02.17)
Spesso chi compera auto FIAT lo
fa solo per gratificarsi con un'auto nuova, e basta (04.11.16)
Gli immigrati per protesta nei
centri di assistenza li bruciano e noi dobbiamo ricostruirglieli
affinché li redistruggono? (18.10.20)
Abbiamo più rispetto per le cose che per le
persone .29.08.21
Le ragioni per cui Caino ha ucciso
Abele permangono nei conflitti umani come le guerre(24.11.2022)
Quelli che vogliono l'intelligenza
artificiale sanno che e' quella delle risposte autmatiche
telefoniche? (24.11.22)
L'ASSURDITÀ' DI QUESTO MONDO , E' LA
PROVA CHE LA NOSTRA VITA E' TEMPORANEA , OLTRE ALLA TESTIMONIANZA DI
GESU'. 15.06.09
DIO CON I PESI CI DA
ANCHE LA FORZA PER SOPPORTALI, ANCHE SE QUALCUNO VORREBBE FARMI FARE LA
FINE DI GIOVANNI IL BATTISTA (24.06.09)
IL BAVAGLIO della Fiat nei miei
confronti:
IN DATA ODIERNA HO
RICEVUTO: Nell'interesse di Fiat spa e delle Societa' del
gruppo, vengo informato che l'avv.Anfora sta monitorando con
attenzione questo sito. Secondo lo stesso sono contenuti in esso
cotenuti offensivi e diffamatori verso Fiat ed i suoi
amministratori. Fatte salve iniziative
autonome anche
davanti all'Autorita' giudiziaria, vengo diffidato dal
proseguire in tale attivita' illegale"
Ho aderito alla richiesta dell'avv.Anfora,
veicolata dal mio hosting, ricordando ad entrambi le mie
tutele costituzionali ex art.21 della Costituzione, per
tutelare le quali mi riservo iniziative
esclusive
dinnanzi alla Autorita' giudiziaria COMPETENTE.
Marco BAVA 10.06.09
TEMI SUL
TAVOLO IN QUESTO MOMENTO:
IL TRIBUNALE DI TORINO E LA CONSOB NON MI GARANTISCONO LA
TUTELA DEL'ART.47 DELLA COSTITUZIONE
Oggi si e' tenuta l'assemblea degli azionisti Seat tante bugie
dagli amministratori, i revisori ed il collegio sindacale, tanto per la
Consob ed il Tribunale di Torino i miei diritti come azionista di
minoranza non sono da salvaguardare e la digos mi puo' impedire il voto
come e quando vuole, basta leggere la sentenza
PERCHE' TORINO
HA PAURA DI CONOSCERE LA VERITA' SULLA MORTE DI EDOARDO AGNELLI ?
Il prof.Mario DE AGLIO alcuni anni fa scrisse un articolo
citando il "suicidio" di EDOARDO AGNELLI. Gli feci presente che
dai documenti ufficiali in mio possesso il suicidio sarebbe stato
incredibile offrendogli di esaminare tali documenti. Quando le feci lui
disconobbe in un modo nervoso ed ingiustificato : era l'intero fascicolo
delle indagini.
A Torino molti hanno avuto la stessa reazione senza
aver visto ciò che ha visto Mario DE AGLIO ma gli altri non parlano del
"suicidio" di Edoardo AGNELLI ma semplicemente della suo morte.
Mb
02.04.17
grazie a
Dio , non certo a Jaky, continua la ricerca della verità sull'omicidio
di Edoardo Agnelli , iniziata con i libri di Puppo e Bernardini, il
servizio de LA 7, e gli articoli di Visto, ora il Corriere e Rai 2 ,
infine OGGI , continuano un percorso che con l'aiuto di Dio
portera' prima di quanti molti pensino alla verita'. Mb -01.10.10
ANTONIO
PARISI -I MISTERI DEGLI AGNELLI - EDIT-ALIBERTI-
CRONACA
| giovedì 10 novembre 2011,
18:00
Continua la saga della famiglia ne "I misteri di Casa Agnelli".
Il
giornalista Antonio Parisi, esce con l'ultimo pamphlet sulla
famiglia più importante d'Italia, proponendo una serie di
curiosità ed informazioni inedite
Per
dieci anni è stato lasciato credere che su Edoardo Agnelli,
precipitato da un cavalcavia di ottanta metri, a Fossano,
sull'Autostrada Torino - Savona, fosse stata svolta una regolare
autopsia.
Anonime
“fonti investigative” tentarono in più occasioni di
screditare il giornalista Antonio Parisi che raccontava
un’altra versione. Eppure non era vero, perché nessuna autopsia
fu mai fatta.
Ora
Parisi, nostro collaboratore, tenta di ricostruire ciò che
accadde quel giorno in un’inchiesta tagliente e inquietante,
pubblicando nel libro “I Misteri di Casa Agnelli”, per la
prima volta documenti ufficiali, verbali e rapporti, ma anche
raccogliendo testimonianze preziose e che Panorama di questa
settimana presenta.
Perché
la verità è che sulla morte, ma anche sulla vita, dell’uomo
destinato a ereditare il più grande capitale industriale
italiano, si intrecciano ancora tanti misteri. Non gli unici
però che riguardano la famiglia Agnelli.
Passando dalla fondazione della Fiat, all’acquisizione
del quotidiano “La Stampa”, dalla scomparsa precoce dei
rampolli al suicidio in una clinica psichiatrica di Giorgio
Agnelli (fratello minore dell’Avvocato), dallo scandalo
di Lapo Elkann, fino alla lite giudiziaria tra gli eredi,
Antonio Parisi sviscera i retroscena di una dinastia che,
nel bene o nel male, ha dominato la scena del Novecento italiano
assai più di politici e governanti.
Il
volume edito per "I Tipi", di Aliberti Editore, presenta
sia nel testo che nelle vastissime note, una miniera di gustose
e di introvabili notizie sulla dinastia industriale più
importante d’Italia.
Mondo AGNELLI :
Cari amici,
Grazie mille per
vostro aiuto con la stesura di mio libro. Sono contenta che questa
storia di Fiat e Chrysler ha visto luce. Il libro e’ uscito la settimana
scorsa, in inglese. Intanto e’ disponibile a Milano nella librerie
Hoepli e EGEA; sto lavorando con la distribuzione per farlo andare in
piu’ librerie possibile. E sto ancora cercando la casa editrice in
Italia. Intanto vi invio dei link, spero per la gioia in particolare dei
torinesi (dov’e’ stato girato il video in You Tube. )
Un libro che riporta palesi falsita'
sulla morte di Edoardo Agnelli come quella su una foto inesistente con
Edoardo su un ponte fatta da non si sa chi recapitata da ignoto ad
ignoti. Se fosse esistita sarebbe stata nel fascicolo dell'inchiesta.
Intanto anche grazie a queste falsita' il prezzo del libro passa da 15 a
19 euro! www.marcobava.it
17.12.23
Il Sole 24 Ore:
La Giovanni Agnelli Bv ha deciso
di rivedere anche il sistema di governance. Le nuove disposizioni, […]
identificano tre interlocutori chiave tra gli azionisti: il Gruppo
Giovanni Agnelli, il Gruppo Agnelli e il Gruppo Nasi. Si tratta di tre
blocchi che raggruppano a loro volta gli undici rami famigliari storici.
Il primo quello della Giovanni Agnelli coincide con la Dicembre e dunque
pesa per il 40%. Segue il gruppo Agnelli con il 30% e il gruppo Nasi a
cui fa capo il 20%. I componenti del cda della GA BV sono espressione
proprio di questi tre “macro” gruppi famigliari della dinastia torinese.
Ognuno di loro esprime due rappresentanti nel board della Giovanni
Agnelli Bv e uno nel board di Exor. Oggi il Gruppo Giovanni Agnelli ha
indicato nel board della società olandese Andrea Agnelli e Alexander
Von Fürstenberg. E questo nonostante Andrea Agnelli, che nel
frattempo vive stabilmente ad Amsterdam, di fatto faccia parte di un
altro blocco, quello del Gruppo Agnelli.
Per quest’ultimo i due membri del board sono Benedetto della Chiesa e
Filippo Scognamiglio. Infine, per il gruppo Nasi Luca Ferrero
Ventimiglia e Niccolò Camerana. I consiglieri del Cda della Bv sono
nominati ogni 3 anni e decadono automaticamente al compimento di 75
anni. Ogni gruppo inoltre esprime un proprio rappresentante nel Cda
di Exor che oggi sono Ginevra Elkann (Gruppo Giovanni Agnelli), Tiberto
Ruy Brandolini D’Adda (Gruppo Agnelli) e Alessandro Nasi (Gruppo Nasi).
Accanto al cda dell Bv resta in vita il Consiglio di famiglia, organo
non deliberativo ma consultivo e formato da 32 membri.
Questa la nuova struttura
societaria della Giovanni Agnelli Bv
per quote di possesso.
Dicembre (John Elkann , Lapo e Ginevra): 39,7%
Ramo Maria Sole Agnelli: 11,2%
Ramo Agnelli (Andrea Agnelli e Anna Agnelli): 8,9%
Ramo Giovanni Nasi: 8,7%
Ramo Laura Nasi-Camerana: 6%
Ramo Cristiana Agnelli: 5,05%
Ramo Susanna Agnelli: 4,7%
Ramo Clara Nasi-Ferrero di Ventimiglia: 3,4%
Ramo Emanuele Nasi: 2,5%
Ramo Clara Agnelli: 0,28%
Azioni proprie: 8,2%
Dovranno andare avanti le
indagini della Procura di Milano con al centro il tesoro di Giovanni
Agnelli, 13 opere d'arte che arredavano Villa
Frescot e Villar Perosa a Torino e una residenza di famiglia a Roma,
sparite anni fa e ora reclamate dalla figlia Margherita unica erede dopo
la morte della madre e moglie dell'Avvocato, Marella Caracciolo di
Castagneto, la quale aveva l'usufrutto dei beni.
Mentre riprenderà a Torino la battaglià giudiziaria sull' eredità
lasciata dall'Avvocato, il gip milanese Lidia Castellucci, accogliendo
in parte
i suggerimenti messi nero su bianco da Margherita nell'opposizione alla
richiesta di archiviazione dell'inchiesta, ha indicato al pm Cristian
Barilli e al procuratore aggiunto Eugenio Fusco di raccogliere le
testimonianze di Paola Montalto e Tiziana Russi, entrambe persone di
fiducia di Marella Caracciolo, le quali si sono occupate degli inventari
dei beni ereditati, e di consultare tutte le banche dati «competenti»
comprese quelle del Ministero della Cultura e la piattaforma S.U.E.
(Sistema Uffici Esportazione).
Secondo il giudice, che invece ha archiviato la posizione di un
gallerista svizzero e di un suo collaboratore indagati per ricettazione
in base
alla deposizione di un investigatore privato a cui non sono stati
trovati riscontri (secondo lo 007 avrebbero custodito in un caveau a
Chiasso il
patrimonio artistico), gli ulteriori accertamenti potrebbero essere
utili per identificare chi avrebbe fatto sparire la collezione composta
da
quadri di Monet, Picasso, Balla, De Chirico, Balthus, Gérome, Sargent,
Indiana e Mathieu.
Collezione di cui Margherita ha denunciato a più riprese la scomparsa,
gettando ombre anche sui tre figli del primo matrimonio: John, Lapo e
Ginevra Elkann, e in particolare sul primogenito.
I quali «della sorte o delle ubicazioni di tali opere», hanno saputo
«riferire alcunché».
E poiché ora lo scopo è recuperarle dopo che, per via dei vari
traslochi, si sono volatilizzate, «appare utile procedere
all'escussione» delle due
donne che «si sono occupate degli inventari degli immobili» e che,
quindi, «potrebbero essere a conoscenza di informazioni rilevanti» in
merito agli spostamenti dei quadri e alla «eventuale presenza di
inventari cartacei da esse redatti».
E poi per «verificare le movimentazioni di tali opere, appare opportuno»
compiere accertamenti sulle banche dati comprese quelle del
ministero.
Infine, per effetto di un provvedimento della Cassazione, torna ad
essere discusso in Tribunale a Torino il procedimento penale, promosso
da
Margherita nei confronti dei figli John, Lapo e Ginevra Elkann per una
questione legata all'; eredità di suo padre.
Il processo era stato sospeso in attesa dell'esito di due cause in
Svizzera, ma ieri la Suprema Corte ha respinto il ricorso degli Elkann,
come
hanno fatto sapere fonti legali vicine alla loro madre, e ha stabilito
essere «pienamente sussistente la giurisdizione italiana», annullando
l'ordinanza torinese.
«Nella verifica che tali giudici saranno chiamati ad effettuare -
sottolineano gli avvocati - si dovrà tener conto anche della residenza
abituale
di Marella Caracciolo», che a loro dire era in Italia, «e della
opponibilità dell'accordo transattivo del 2004 nella successione
Agnelli, con
possibili rilevanti ripercussioni sugli assetti proprietari della
Dicembre», la società che fa capo agli eredi.
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dallo stile elegante e ricercato. Comoda solo davanti, ha una discreta
autonomia e molti aiuti alla guida. Ma dietro si vede poco o nulla.
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fatto un buco. Ecco come ha distrutto l'industria automobilistica
italiana grazie al potentissimo Fassino, grazie ai suoi elettori da 40
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borse o sui mercati finanziari. Le nozioni e le opinioni qui
contenute in sono fornite come un servizio di
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rischio sia personalmente piu' appropriato.
Dopo il rifiuto di collaborazione arriva l'intesa tra Comune,
Regione e governo transalpin o
La rivincita di Torino su Milano-Cortina "Il pattinaggio di Francia
20 30 all'Oval" giulia ricci
Dove l'Italia dice no, la Francia ci guadagna. È il caso dell'Oval
di Torino, che ospiterà il pattinaggio di velocità alle Olimpiadi e
Paralimpiadi invernali del 2030. La notizia è arrivata da Parigi,
dove il Cio ha assegnato i Giochi alle Alpi francesi. «È il frutto
di mesi di lavoro in sinergia con la Regione Piemonte», dice il
sindaco della città della Mole Stefano Lo Russo. «Siamo orgogliosi
di questo importante risultato, significa che abbiamo tutte le carte
in regola per ospitare le grandi competizioni internazionali»,
aggiunge il governatore Alberto Cirio. Che nel sottolineare
l'orgoglio sabaudo fa riferimento a tutti i «no» ricevuti dal suo
territorio.
Il primo è arrivato nel 2018, quando i tentennamenti del M5S e
dell'allora sindaca Chiara Appendino hanno portato all'esclusione di
Torino dai Giochi olimpici. L'anno dopo, con la vittoria di
Milano-Cortina, sono iniziati i tentativi di rientrare dalla
«finestra», tentativi che non sono andati a buon fine, complici le
spinte politiche del leader della Lega Matteo Salvini che ha sempre
preferito le regioni più a Est. E così nella primavera dell'anno
scorso la Fondazione Milano-Cortina ha ufficialmente detto no a
Torino per il pattinaggio, nonostante a Rho debba essere costruito
un impianto temporaneo da zero. A fine anno, la pietra tombale con
la bocciatura della pista da bob di Cesana.
Ma ad aiutare la sponda di Lo Russo-Cirio (che fanno politicamente
coppia fissa nonostante le barricate opposte) è stata la scelta del
Cio di organizzare Olimpiadi sostenibili e a impatto zero, e quindi
cercare una sede entro 100 chilometri per non costruire nuovi
impianti. Anche a costo di superare i confini francesi. Ecco perché
i membri italiani del Cio, come Giovanni Malagò e Ivo Ferriani,
avrebbero alzato la mano e indicato l'Oval, che aveva già ospitato
il pattinaggio di velocità nel 2006.
Il suo utilizzo, però, non sarà a costo zero per il Piemonte (che
dovrà cercare l'aiuto finanziario del governo e probabilmente delle
fondazioni bancarie). Come scritto nero su bianco nel vecchio
dossier utilizzato per entrare nella partita Milano-Cortina, la
struttura torinese avrà bisogno di un investimento di almeno 9,5
milioni di euro per ricostruire la pista di pattinaggio, le
palestre, gli spogliatoi e rimettere tutto a norma. L'ultima volta
che ha ospitato un evento sportivo, infatti, risale al 2009. —
A TORINO C'E' UN PROBLEMA 112:
TORINO, IL RACCONTO DEI RESIDENTI:
"ERAVAMO SPAVENTATI"
Quattro chiamate al 112 la notte del pestaggio del giornalista "Ci
minacciavano, ma le forze dell'ordine non sono arrivate"
Quattro telefonate al 112 in un'ora e 23 minuti. «Ci sono cento
persone che esplodono petardi e urlano cori fascisti. Mandate
qualcuno». «Sono minacciosi, abbiamo paura». «Hanno aggredito un
ragazzo, perché non siete ancora passati?». Nella notte - tra sabato
e domenica - in cui il giornalista de La Stampa Andrea Joly è stato
aggredito da un gruppo di sei militanti di Casa Pound fuori dal loro
storico luogo di ritrovo torinese, l'Asso di bastoni, molti
residenti hanno chiesto l'intervento delle forze dell'ordine. «Ma -
denuncia uno di questi - non è venuto nessuno. Io ho telefonato tre
volte: la prima alle 23,43. La seconda alle 23,58. La terza all'una
e zero cinque. Non ho visto alcuna pattuglia. Eppure questi sono
rimasti per tre ore in mezzo alla strada. E ci hanno minacciato
quando, dai balconi, abbiamo urlato loro di fermarsi mentre
picchiavano quel ragazzo».
Quanto descritto dai residenti non sarebbe confermato dalla questura
di Torino che, dopo l'aggressione, aveva fatto sapere che sarebbe
stata operativa una "vigilanza dinamica" con il passaggio di agenti
borghese su auto civetta. «Siamo stati spaventati per tutta la
notte», sottolinea una delle prime persone che ha telefonato al 112
la sera di sabato, alle 23,42. «Ho sentito dei colpi che parevano
essere di armi da fuoco, insieme al suono dei petardi e ai fuochi
d'artificio. Ho chiesto alle forze dell'ordine di intervenire. C'era
un fracasso inquietante. Erano in tanti. Siccome non è arrivato
nessuno, sono scesa per la strada. Speravo che arrivasse una
volante. Invece sono arrivati tre di loro vestiti di nero che mi
hanno detto con fare minaccioso: "Vattene via, qui non c'è niente da
vedere"» Nei telefoni di alcuni residenti in via Cellini e nelle
strade vicine ci sono le tracce delle richieste di aiuto alla
Centrale unica dell'emergenza
Joly, quelle quattro chiamate disperate al 112 "I fascisti ci
minacciano, perché non venite?"
elisa sola
La prima telefonata è delle 23.42. «Per favore mandate qualcuno. Ho
sentito tre colpi che mi sembrano di arma da fuoco. Esplodono
petardi e fuochi d'artificio». La seconda arriva un minuto dopo:
«C'è una folla nera che fa saluti romani. Sento la strofa: "La
Brigata siam di Mussolin". Vedo duecento persone rispondere, al
richiamo di un militante: Presente! È da venti minuti che urlano. E
qui abbiamo paura». Mancano 14 minuti all'aggressione di Andrea Joly.
E in via Cellini, sbatao sera, davanti all'Asso di bastoni, il pub
di CasaPound, più di un residente osserva un contesto che inquieta.
Per questo motivo, già prima che il cronista de La Stampa venga
picchiato, almeno due residenti chiamano le forze dell'ordine. «Ma
non è arrivato nessuno», esclama la persona che ha fatto la prima
chiamata. «Sono scesa per strada ad aspettare. Mi si sono avvicinati
tre signori vestiti di nero. Mi hanno detto: "Vai via. Non c'è
niente da vedere". Non avevo nemmeno il telefono». La terza
telefonata è delle 23.58. Joly è appena stato picchiato. «Ma anche a
quell'ora ci hanno lasciati da soli», dicono adesso, sull'asfalto
che scotta davanti alle palazzine che si affacciano sul pub chiuso,
i residenti che hanno visto l'onda nera. Tutti hanno solo una
domanda: «Perché abbiamo chiesto aiuto e non è venuto nessuno?».
C'è un uomo, che quella notte lavorava al computer di fronte alla
sede degli estremisti di destra che ha fatto tre telefonate in
un'ora e 23 minuti.
Ricorda i particolari di ogni conversazione. La memoria di
un'escalation di paura. «Alle 23.43 - racconta - mi hanno promesso
che avrebbero mandato qualcuno. Non è stato così. Ho richiamato due
minuti prima di mezzanotte urlando che c'era un ragazzo aggredito.
Chiedendo aiuto. E ricordando che avevo già chiamato prima. Ma non è
successo niente».
Dalla seconda alla terza telefonata passa un'ora e dieci minuti.
«Hanno continuato a urlare inni al Duce - ricorda il testimone - e a
esplodere fumogeni come se nulla fosse successo. Anche dopo che
avevano picchiato quel giornalista. Continuavano a fare saluti
romani in mezzo alla strada. Prima e dopo il pestaggio. Hanno
festeggiato per tre ore. Noi avevamo paura perché quella gente ci
sembrava minacciosa. Fuori controllo. Ho richiamato per la terza
volta all'una e zero cinque». Questa è la chiamata più concitata.
Perché Joly è appena stato aggredito. E soltanto perché voleva
filmare una manifestazione. Perché chi ha visto le botte non è
riuscito a fermare il branco. Perché chi dal balcone gridava:
«basta!» si è sentita dire «puttana». Perché anche altri residenti
oltre a lei sui balconi sono stati minacciati.
«Perché non siete ancora arrivati?», tuona alla terza telefonata.
«Lei è in pericolo?», gli chiede l'operatore. Risponde di no.
«Quindi perché chiama?». «Sono spaventato -dice - perché ci sono i
fascisti che inneggiano a Mussolini. Perché hanno aggredito un
ragazzo. Vi abbiamo chiamati prima e dopo e voi non siete venuti.
Come facciamo a stare tranquilli?».
Dalla questura fanno sapere che dalla mezzanotte in avanti, ovvero
nella fascia notturna durante la quale la competenza degli
interventi del 112 spetta alla polizia (prima della mezzanotte era
dei carabinieri), sarebbe arrivata una sola telefonata. La volante è
stata inviata, ma per motivi di ordine pubblico non si sarebbe
fermata in via Cellini. Ma avrebbe atteso indicazioni poco più
avanti, aspettando l'auto civetta della Digos che invece,
mimetizzata, transitava davanti al pub di CasaPound. La pattuglia
era stata chiamata per soccorrere Joly. C'è una testimone che
ricorda di avere visto una volante bianca e blu anche in via Cellini.
«Era l'una e mezza. E' passata senza fermarsi davanti all'Asso dei
bastoni, dava l'idea di andare in un altro luogo, per un altro
intervento, perché non ha rallentato. C'erano ancora una cinquantina
di militanti rimasti per strada. Quando hanno visto la pattuglia
hanno gridato "merde"». L'ultimo messaggio conservato che possa dare
l'idea di quanto sia durata la manifestazione nera che ha spaventato
San Salvario risale all'alba. L'uomo che ha chiamato tre volte il
112 scrive alla sua ragazza: «Alle quattro hanno chiuso il pub e se
ne sono andati a casa. E' stato un inferno».—
NUMERO CHIUSO A MEDICINA: Con il Covid che avanza e
gli anziani con malattie croniche che in vacanza non ci vanno, gli
studi dei medici di famiglia chiudono per ferie. Perché con la
carenza che c'è di camici bianchi quest'anno quelli che giustamente
vogliono andarsene in ferie non trovano i sostituti che portino
avanti i loro studi medici. Così in qualche caso c'è chi proprio
chiude i battenti, anche se per legge non si potrebbe fare, chi si
arrangia, come in Piemonte, con ambulatori di emergenza solo per i
casi più urgenti e chi, magari tornato dalle vacanze, si sobbarca il
compito di prendersi in carico anche i pazienti del collega in
ferie. Con il risultato che i suoi 1.500 pazienti raddoppiano e per
farsi visitare diventa obbligatorio prenotarsi. «Sapendo che
l'appuntamento arriverà bene che vada dopo 5 giorni se non
settimane», spiega il vice segretario nazionale della Federazione
dei medici di base (Fimmg), nonché segretario provinciale di Torino,
Alessandro Dabbene. Che ci tiene a precisare che il quadro è questo
più o meno in tutta Italia, «anche se al Nord va peggio perché qui
di medici di famiglia ce ne sono ancora meno».
«Torino –spiega ancora– non ha grandi problemi, ma più ci
allontaniamo dalle città e più troviamo un deserto, dove gli studi
chiudono e le Asl, falliti gli altri tentativi, tirano su degli
ambulatori di emergenza che però si occupano solo di fatti acuti
come Covid o gastroenteriti oppure del rilascio delle ricette. Senza
una vera presa in carico dei pazienti, con cronici e oncologici che
di fatto non possono essere seguiti».
«A Roma come altrove mancano i sostituti, ovvero i nostri
specializzandi che pagati da noi ci davano il cambio durante il
periodo di ferie, ma che ora o hanno aperto un loro studio o
lavorano con la Asl, perché con la carenza che c'è di medici è
facile trovare lavoro», spiega Pierluigi Bartoletti, anche lui vice
segretario nazionale Fimmg, con uno studio nel quartiere casilino
della Capitale.
La soluzione più semplice è quella di farsi sostituire da un
collega, che di assistiti solitamente ne ha però 1. 500 che a quel
punto diventano 3. 000. Cosa significhi questo per i pazienti ce lo
calcola il centro studi della Federazione. Considerando che a ogni
paziente, proprio ad andare di corsa, bisognerebbe dedicare almeno
sei minuti, immaginando di doverne visitare un decimo vuol dire che
per vederli tutti ci vogliono almeno 30 ore. E poiché l'orario medio
settimanale di apertura di uno studio è di 15 ore (visite a
domicilio escluse), vuol dire che per ottenere un appuntamento
d'estate si rischia di dover attendere due settimane.
La situazione è così al limite che, come ammettono quelli della
Fimmg, c'è chi arriva ad anticipare di un paio di mesi il
pensionamento pur di non dover rinunciare a mare o monti. «L'altro
giorno ho fatto un tampone e ho scoperto di essere positiva al Covid
– racconta Simona L. , impiegata cinquantenne– ebbene quando ho
chiamato il mio medico per avvisarlo e avere la terapia ho scoperto
che era andato in pensione e che, quindi, non ne avevo più uno
assegnato. Mi ha spiegato che non era riuscito a trovare un
sostituto o altri colleghi disponibili a fare da "ponte" nel
frattempo. Quindi, mi sono trovata in difficoltà e, alla fine,
attraverso il portale regionale mi sono associata al primo dottore
di zona che mi è capitato». E non si dica ai nostri dottori di
fiducia che tanto d'estate la gente va di meno dal medico. «Gli
studi e le farmacie – mette in chiaro Cristina Patrizi, segretaria
dell'Ordine dei medici di Roma– sono stracolmi anche in estate.
Senza contare che stiamo assistendo a una recrudescenza di forme
influenzali e virali, anche di Covid. Per i medici di famiglia è un
aggravio enorme, gli studi sono pieni di assistiti in fila che
attendono di essere visitati, sentiti e di avere le prescrizioni,
altro che pazienti in vacanza».
«Arrivano nei nostri studi verso sera, sono i pazienti orfani del
medico di famiglia e non sanno da chi farsi prescrivere farmaci e
certificati», racconta Alberto Vaona, medico di famiglia veronese.
«Sento di colleghi che trascorrono le notti a fare ricette e la
situazione fino al 2025 con i pensionamenti in arrivo andrà ad
aggravarsi. Tanto che la Asl di Verona sta definendo un accordo
affinché le guardie mediche siano aperte anche di giorno la dove ci
sono almeno 500 cittadini rimasti senza medico di riferimento». E i
numeri raccolti da Istat e Agenas confermano che egli ultimi 15 anni
tra medici di base, pediatri e guardie mediche si sono persi per
strada 13. 788 camici bianchi schierati sul territorio. In pratica è
venuto a mancare un medico su cinque. Uno spopolamento che d'estate
si fa deserto.
MEDICI CONTRO MEDICI: l'intervista
Silvestro Scotti
"Tra due anni sarà il deserto 15 milioni privi di assistenza base "
Le soluzioni
"
roma
Dottor Silvestro Scotti, da segretario nazionale della Fimmg, il
sindacato di categoria, da tempo lancia l'allarme. Ma veramente il
nostro caro medico di famiglia è in via di estinzione?
«Ci crede se le dico che tra quelli che andranno in pensione e i
nuovi che non arrivano nel 2026 avremo 15 milioni di italiani senza
medico di famiglia? Oppure in alternativa ognuno di loro si troverà
a dover assistere fino a 2.500 pazienti. Una situazione in entrambi
i casi ingestibile».
Già oggi siamo messi molto male però….
«Si, c'è già una carenza cronica con il 30% in meno dei
professionisti dei quali ci sarebbe bisogno. Il che vuol dire che
già oggi 4 milioni di italiani sono senza medico o ne hanno uno che
deve seguire troppi pazienti. Per questo adesso che arrivano le
vacanze diventa praticamente impossibile trovare un sostituto per
godersi il meritato riposo».
Ma come si è arrivati a questa situazione?
«Per la solita cattiva programmazione. Bastava che qualche anno fa
si andassero a vedere i codici fiscali di chi era in servizio per
scoprire, data di nascita alla mano, che ci sarebbe stata una fuga
verso la pensione tra il 2023 e il 2025. E se una volta i medici di
famiglia chiedevano di poter rimanere in servizio fino a 72 anni ora
scappano in anticipo. Magari quando arriva l'estate per non perdersi
le vacanze. Per non parlare dei carichi di lavoro, perché non solo
sono aumentati gli assistiti da ciascun medico, ma tra loro ci sono
sempre più anziani afflitti da policronicità che richiedono molte
più attenzioni e tempo che non c'è».
Perché un mestiere una volta ambito non attrae più i giovani?
«Che è così ce lo dice il fatto che il 50% delle borse di studio per
la formazione è andata deserta. Ma non deve stupirsene chi durante
il Covid ha fatto un racconto della medicina di base che è quello di
un fallimento. Che se c'è stato è dipeso da chi aveva il compito di
organizzare l'assistenza territoriale, non certo dei medici che sono
rimasti soli a sopportarne il peso. E poi ci stanno caricando sempre
più di pratiche burocratiche. Pensi che durante la pandemia ci hanno
chiesto persino di stampare i Green pass».
Cosa si può fare per rendere la professione nuovamente attraente?
«Tanto per cominciare investire sull'università, inserendo tra le
materie dei primi anni anche la medicina generale, che qualcuno
chiama "di base, ma che poi è quasi sempre ignorata nei corsi. Poi
nella fase successiva di formazione specialistica servirebbe
accreditare gli studi medici che hanno attrezzature e organizzazione
al passo con i tempi. Infine, ma non da ultimo, sburocratizzare e
garantire un coordinamento tra i nostri studi, l'ospedale e le
università, che oggi invece sono corpi separati. I giovani cercano
ancor prima della gratificazione economica quella professionale, mi
creda».
Intanto però manca chi sostituisca chi va in pensione…
«È così. In Lombardia per 1.349 posti vacanti si sono presentati in
399, nelle Marche c'erano da coprire 227 studi medici, sono stati
assegnati solo 15 incarichi. In Piemonte sono stati banditi 440
posti ma si è riusciti ad assegnarne solo 200, di cui 150 a medici
in formazione».
In attesa che ai giovani torni la vocazione quindi che facciamo?
«Con pazienti sempre più anziani e affetti da più malattie croniche
un medico da solo non può farcela. Per questo la mia idea è quella
di promuovere micro-team all'interno degli studi, composti oltre che
dal medico di famiglia anche da un infermiere e un impiegato con
ruoli amministrativi. Così negli studi potremmo assolvere al meglio
l'assistenza di base, lasciando alle Case di comunità il compito di
dare risposte a bisogni di salute più complessi, ma non tali da
richiedere il ricovero.
SE QUESTA E' UNA EDUCATRICE : La 18enne astigiana palpeggiata
durante la gita scolastica: "La dirigente mi ha detto che ormai sono
maggiorenne e responsabile delle mie azioni"
Su La Stampa
"Io molestata, in lacrime dalla preside non mi ha dato neanche un
fazzoletto"
valentina moro
asti
«Sul pullman al ritorno vedevo ancora la faccia di quell'uomo».
Anna, 18 anni, lo ricorda quel viaggio di ritorno dalla gita a
Berlino. E quell'uomo che le ha palpato il sedere. Un episodio che
il liceo di Asti da dove si è appena diplomata ha sminuito.
Rientrata in Italia, Anna l'ha raccontato alla preside ricevendo per
tutta risposta una frase che l'ha raggelata: ti ci devi abituare,
denunciare non serve a niente. Una frase che ieri il questore di
Asti, Marina Di Donato, ha stigmatizzato: ragazze, denunciate
sempre. Una reazione, quella della preside, che ha sconvolto Anna al
punto da indurla a raccontare pubblicamente la sua vicenda.
Cosa ricorda di quel giorno?
«Era l'ultima sera. Avevamo finito di cenare, ero fuori,
all'ingresso dell'ostello. C'era un clima poco rassicurante: il
posto era pieno di uomini adulti ubriachi, non c'erano famiglie».
Era da sola quando è successo?
«No, con due amiche. Dalla hall vedevamo uomini più grandi che
facevano festa. Faceva freddo, ero in tuta. A un certo punto mi
sento una mano sul sedere».
Come ha reagito?
«Mi sono girata e gli ho urlato in italiano: "Che cosa hai fatto?"».
E lui?
«Ridendo si è messo le mani in tasca chiedendomi in inglese se
volessi un accendino. Le mie compagne mi hanno subito portato via,
da uno dei professori che ci accompagnavano».
Cosa gli avete raccontato?
«Inizialmente ha parlato una delle mie amiche: io tremavo, non
riuscivo a dire niente. È intervenuta anche la guida che ci
accompagnava e la guardia di sicurezza dell'ostello. Io ho indicato
l'uomo».
Cosa hanno fatto a quel punto?
«Niente. Mi hanno detto che non si poteva fare niente e non aveva
senso denunciare, visto che saremmo partiti il giorno dopo».
E lei?
«Ero arrabbiatissima: stavano completamente sminuendo il fatto. Sono
scoppiata a piangere e sono andata nella mia stanza. Sono rimasta lì
tutta la notte».
Qual è stata la reazione degli insegnanti?
«Il mio professore è stato gentile, mi ha poi scritto che non si
immaginava nemmeno cosa significhi subire pressioni e violenze
quotidiane e che come scuola educano affinché questi episodi non
avvengano. Gli insegnanti si sono poi dati il turno per fare la
guardia fuori dalla porta della nostra stanza per tutta la notte».
Una volta tornati in Italia cosa è accaduto?
«Ne ho parlato con i miei genitori che hanno chiesto un appuntamento
alla dirigente scolastica, ma la segretaria ha risposto che non
c'era. Noi siamo tornati il venerdì; il martedì dopo mi convoca la
preside nel suo ufficio».
Non c'erano i suoi genitori?
«No, ero sola. La preside mi ha subito detto: "Sei maggiorenne, sei
responsabile delle tue azioni". C'erano anche altri tre insegnanti
tra cui quello che ci ha accompagnati in gita. Sempre la preside mi
chiede: "Cosa vuoi ottenere?". Io volevo solo parlarne».
Ci è riuscita?
«Pochissimo. Continuavano a interrompermi. La dirigente diceva che
ci aveva messo mesi per organizzare una gita che andasse bene. Mi ha
detto: "Sei una bella ragazza, ti ci devi abituare"».
Come si è sentita?
«Piangevo, non mi hanno neanche dato un fazzoletto. Continuavano a
sminuire la cosa. Mi hanno solo voluto spaventare con
quell'incontro, eppure la preside è sempre in prima linea nelle
manifestazioni contro la violenza sulle donne».
La dirigente sostiene che non si tratti di violenza, «al massimo di
un apprezzamento per la gonna corta».
«Non è vero. E io non avevo la gonna ma un giaccone e i pantaloni
lunghi».
Successivamente i suoi genitori hanno incontrato la dirigente?
«No. Hanno provato a ricontattarla per un appuntamento, ma non si è
mai resa disponibile».
Come ha vissuto i suoi ultimi mesi al liceo?
«Dovevo fare la maturità, mi sono buttata sullo studio e non mi sono
permessa di elaborare il trauma. Di starci male. Ma sono rimasta
disgustata».
PIU' CIVILTA' AL SUD CHE NEL NORD DI ASTI: La Corte d'Appello
dell'Aquila: 60 mila euro alla vittima, all'epoca 12enne come il suo
aggressore
Insultata e seguita da un bullo condannata la scuola: non la difese
saverio occhiuto
pescara
La seguiva ovunque e la insultava: «Sei grassa, brutta, sporca come
tua madre. Guardati, sei una p...». Un inferno costante per una
ragazzina di allora 12 anni. Il tutto avveniva nei corridoi di una
scuola media di Pescara che la studentessa e il suo molestatore, un
coetaneo, frequentavano all'epoca dei fatti (9 anni fa). Avveniva in
classe, all'ingresso e all'uscita dell'istituto, tra testimoni,
anche gli stessi insegnanti, indifferenti o comunque pronti a
minimizzare gli atti di bullismo con cui il ragazzo feriva la
compagna con la costanza dello stalker.
Uno stato di sofferenza inaudito per la vittima. Sino a portarla a
rifiutare il cibo, a farle perdere molti chili, a dover ricorrere,
ancora oggi che è una donna di 22 anni, al sostegno psicologico di
specialisti.
Ora, dopo i fatti del 2015, è arrivata la sentenza della Corte
d'Appello dell'Aquila, che condanna la scuola a risarcire la ragazza
con la somma di 60mila euro, ritenendo gli stessi insegnanti
colpevoli di non essere riusciti a far fronte a una situazione che
per quella ex bambina di 12 anni e i suoi genitori era diventata un
buco nero per quasi un anno.
Il bullo se l'era cavata con la sospensione di una settimana dalla
scuola, e secondo i giudici di secondo grado anche questo è un
segnale di sottovalutazione da parte degli insegnanti e della
direzione scolastica, che per un periodo così lungo avrebbero
lasciato la ragazzina in preda ai deliri di un adolescente
pericoloso sia per la salute fisica che mentale della compagna.
Erano stati gli stessi genitori della ragazzina a rivolgersi al
Tribunale, esasperati anche per il modo con cui gli insegnanti
rispondevano a ogni rimostranza su quanto accadeva alla figlia
quotidianamente.
I giudici della Corte d'Appello dell'Aquila ora hanno dato loro
ragione accogliendo, le istanze degli avvocati e stabilendo che quei
genitori avevano visto bene: a forza di ignorare e sottovalutare la
gravità del comportamento del bullo di turno, la loro bambina aveva
rischiato di scivolare in un vortice che avrebbe potuto
comprometterne lo sviluppo in un'età delicatissima, con conseguenze
imprevedibili.
L'ex parlamentare aquilana Stefania Pezzopane conosce bene
l'argomento. Da deputata e componente della Direzionale nazionale
del Pd, ha seguito molto da vicino l'iter dei disegni di legge sul
cyberbullismo. Lei stessa è stata al centro di una campagna di odio
e di insulti pesantissimi via social. Sul caso specifico si affida a
una riflessione: «Le sofferenze di quella ragazza e di tante come
lei producono ferite che durano tutta una vita. Il fenomeno non può
essere sottovalutato, né dal punto di vista sociale, né giudiziario.
È la scuola il luogo dove certe cose spesso accadono, nel silenzio e
nell'omertà. Questo non è più accettabile».
Cinque condanne per 28 anni di carcere;
per un imputato non c'è reato associativo Truffe imprenditori e
traffico di droga il core business della 'ndrina di Ivrea
Ludovica Lopetti
Si è chiuso con cinque condanne tra 3 e 8 anni di carcere il filone
con rito abbreviato del processo nato dall'indagine Cagliostro,
sulla presenza della 'ndrangheta a Ivrea e dintorni. Il gup ieri ha
inflitto 8 anni ad Antonino Mammoliti, 6 anni a Flavio Carta, 5 anni
e 10 mesi a Stefano Marino (l'unico imputato scarcerato con
provvedimento del Riesame), 5 anni e 6 mesi a Maurizio Buondonno e 3
anni a Francesco Vavalà (difesi dagli avvocati Celere Spaziante,
Enrico Scolari, Mario Benni, Leo Davoli, Ferdinando Ferrero ed
Ercole Cappuccio).
Le ipotesi d'accusa formulate dai pm Livia Locci e Dionigi Tibone
della Dda erano di associazione mafiosa, truffa aggravata,
estorsione, ricettazione, usura, violenza privata e detenzione e
porto illegale di armi aggravati dal metodo mafioso. Il gup ha
ritenuto provato il reato associativo per quattro dei cinque
imputati, Marino a titolo di concorso esterno.
Nei confronti di Vavalà invece è stata esclusa l'associazione, ma
per i reati satellite è stata riconosciuta l'aggravante del metodo
mafioso.
L'indagine, condotta a partire dal 2015 dai carabinieri del Nucleo
Investigativo di Torino sotto il coordinamento della Dda del
capoluogo, ha svelato la presenza di una locale di 'ndrangheta tra
Ivrea, Chivasso e zone limitrofe, sotto l'egida della cosca Alvaro
di Sinopoli.
L'esponente di spicco è ritenuto Domenico Alvaro, 45enne residente a
Chivasso nonché figlio del boss Carmine, imputato in veste di
«promotore». Al vertice dell'articolazione secondo i pm c'era anche
Antonio Mammoliti, che, tra le altre attività, si sarebbe occupato
di rintracciare le armi.Secondo gli investigatori, la cellula aveva
due core business: il traffico di droga su scala internazionale e
reati contro il patrimonio, principalmente truffe a imprenditori.
Si svolgerà a Torino anche il processo con rito ordinario nei
confronti di altri 16 indagati tra cui i fratelli Francesco e
Giuseppe Belfiore, Pancrazio Chiruzzi, Piero Speranza e la figlia
Marta. Lo ha stabilito, all'inizio di luglio, il collegio di Ivrea
presieduto dalla giudice Stefania Cugge ritenendo che il processo si
debba celebrare nel tribunale dove sarebbe stata commessa
l'estorsione .
26.07.24
L'attentatore di Trump si era informato sull'assassino di Kennedy su
Internet Ha cercato ispirazione nell'assassinio di Kennedy del 1963
prima di compiere il suo attacco a Butler. Lo rivela l'Fbi dopo le
ultime indagini sull'attentatore di Donald Trump - Thomas Matthew
Crooks - che cercò online informazioni sull'assassinio di John
Fitzgerald Kennedy, concentrandosi in particolare sulla distanza da
cui Lee Harvey Oswald riuscì a mirare - in quel caso con successo -
al presidente degli Stati Uniti, uccidendolo. Un «dettaglio
significativo che descrive il suo stato d'animo», ha dichiarato il
direttore dell''Fbi Christopher Wray in audizione al Congresso.
Intanto le ultime ricerche confermano che Crooks fece volare un
drone nell'area del comizio dell'ex presidente due ore prima
dell'inizio dell'evento elettorale
LICENZIAMENTO IMMEDIATO : La denuncia di Anna, astigiana di 18 anni
, dopo il viaggio a Berlino "Tremavo e non dormivo più , la mia
dignità calpestata due volte"
"Io molestata in gita" La preside minimizza "Ti ci devi abituare"
Le tappe della vicenda Laura Secci
Asti
Non è vero che la vita cambia un po'alla volta. Gli eventi, quelli
importanti, non danno un preavviso. Non li freni, non li capisci, li
subisci e basta. Sentenziano che da quel momento non sarai più la
stessa. E per giorni vorresti diventare la prima che passa, una
qualunque. Tranne te. Poi scatta lo spirito di sopravvivenza o
quello che il lessico un po' arrugginito chiama "amor proprio".
Tutto questo è nello sguardo di Anna, 18 anni, nel suo cercar parole
che nascono, inciampano e si rialzano quando dice «dignità», mentre
si aggiusta meccanicamente la maglia senza spostarla di un
millimetro. «Sono stata molestata in gita e la preside ha sminuito
l'accaduto – racconta tutto d'un fiato scivolando sul bordo della
sedia – Mi hanno tolto la
dignità due volte. Prima l'uomo che mi ha palpato, poi la scuola che
mi ha detto che devo farci l'abitudine. Io non voglio farci
l'abitudine».
È febbraio. Anna è all'estero con il resto della classe di un liceo
astigiano. L'ostello dove passano le ultime notti prima del rientro
a casa è un melting pot di viaggiatori adulti di mezza età con una
comune inclinazione al bere. «Niente famiglie. Solo adulti, maschi,
alcuni ubriachi – ricorda– L'ultima sera, sono fuori dalla hall con
le mie amiche quando sento una mano palparmi con forza il sedere. Mi
giro di scatto, lo guardo e urlo "Ma cosa fai? " in italiano. Lui,
ridendo, si allontana lentamente. Quella risata mi rimbomba ancora
in testa. Come i suoi occhi divertiti». Poi la corsa dal professore,
l'amica racconta l'accaduto, scatta la segnalazione alla guardia di
sicurezza. «Tremavo. Ma il mio insegnante mi ha tranquillizzato. E
per tutta la notte, lui e gli altri docenti, hanno vigilato a turno
davanti alla porta della stanza. Il giorno dopo siamo partiti. Ho
capito che non potevo bloccare tutta la classe lì per sporgere
denuncia – alza gli occhi come a cercare conferme – Sì. Forse ho
sbagliato. Ci ho pensato. Ma neanche io volevo stare in quel posto.
Sentivo solo il bisogno di tornare a casa il prima possibile».
Dimenticare. Cancellare tutto. Come quegli incubi che la mattina
strappano un sospiro di sollievo: menomale, era solo un sogno.
«Invece non riuscivo più a dormire e ho raccontato tutto ai miei
genitori. Erano furiosi e hanno chiesto subito un appuntamento con
la preside. Non c'era». L'incontro avviene pochi giorni dopo, ma
senza di loro.
Il bidello bussa: «Ti aspetta la preside». Pochi passi incerti nel
corridoio che non è mai stato così lungo. Le labbra si muovono
veloci in una conversazione interna che cerca di mettere ordine tra
pensieri sparsi. Non c'è più tempo. La porta è lì. «Ma non ci sono i
miei genitori», l'obiezione, mentre entra nella stanza con la
convinzione di chi vorrebbe trovarsi altrove. «Sei maggiorenne, sei
responsabile delle tue azioni» la risposta. Il dialogo ad Anna è
parso più un monologo. «Perché racconti questo adesso, una settimana
dopo? Ci abbiamo messo mesi a organizzare questa gita. Tu con questo
a cosa vuoi arrivare? Non è successo chissà cosa». Frasi che
seppelliscono quel po'di coraggio raggranellato alla veloce. «Io
volevo solo parlarne. Non ho un'idea precisa». Il silenzio è sospeso
in attesa di una risposta. Arriva ma non è quella sperata. «Ti ci
devi abituare a queste cose». Queste le parole, per chiudere la
questione, raccontate dalla ragazza. Delle ore che seguono ricorda
il senso di impotenza alimentato dall'amarezza. Ma la delusione,
convertita in azione, spesso ha il pregio di esercitare i nostri
diritti senza chiederci il permesso. Nasce così un articolo
pubblicato sul giornalino scolastico regionale dal titolo
"L'arroganza dell'illuso" in cui scrive quello che avrebbe voluto
dire alla preside se le parole non si fossero bloccate in gola. «Non
mi sarei mai aspettata di sentire che è normale che accadano questi
episodi – scrive – Avrei voluto dirvi che non ho la vostra età, non
lo so come va il mondo quanto sapete voi. Però ecco quello che la
scuola mi ha insegnato: se qualcosa non funziona bisogna lottare,
perché è per le donne che hanno fatto la differenza che lei preside
svolge un ruolo importante, non grazie a quelle che si sono abituate
alle molestie. Come è possibile che in una scuola che manifesta
pubblicamente contro la violenza sulle donne, privatamente vengano
dette parole così pesanti? » . Un interrogativo che riapre l'eterna
ferita della doppia morale. Condannare in pubblico ciò che si
tollera nel privato. «In questo liceo mi hanno insegnato che le
molestie sono gravi. Quindi mi aspettavo di sentirmi dire che un
uomo che mi tocca senza consenso è da condannare e basta». La
preside, contattata per un commento, nega con fermezza. «La scuola
disconosce il fatto che ci sia stata violenza. Al massimo avrà avuto
un apprezzamento per la gonna corta. Ma poi cosa avremmo dovuto fare
noi? Ho ascoltato la ragazza, le ho detto che è importante non
allontanarsi per non finire in situazione spiacevoli. Poi è successo
a Berlino. Se nell'ostello c'è qualche deficiente alticcio come
prima cosa ti allontani. Le ho anche detto che se voleva sporgere
denuncia poteva farlo. È maggiorenne. Ho solo aggiunto che secondo
me in casi come questo è sterile». Sulla risposta riferita dalla
ragazza: «Ti ci devi abituare» si riversa in un fiume di parole.
«Mai pronunciato una frase simile. Possiamo averle detto che la vita
è anche questa. Se mia figlia mi raccontasse di essere stata
palpeggiata da un ubriaco le risponderei: ma sei scappata subito,
tesoro? Perché, diciamoci la verità, se uno ti mette la mano sul
sedere qual è la prima cosa che fai? Denunciare? No. È scappare».
Una società che ci insegna fin da piccoli a rendere conto agli altri
di ciò che facciamo ma non ci abitua a rendere conto a noi stessi,
Anna sembra aver trovato il suo modo, non barattabile, di stare al
mondo. Quando una donna dice no. È no. Perché no è una frase di
senso compiuto.
IL VERO VOLTO DEL PCI:L'autore
Anna Maria Ortese
fece licenziare
Quando il Pci
«Sai, passiamo dei periodi come se uno fosse avvelenato, pieno di
cose che ti staccano dal profondo di te». Scriveva così Anna Maria
Ortese alla sua amica Angela, moglie dello scrittore pesarese Fabio
Tombari, in una lettera rimasta fino ad oggi inedita e che siamo in
grado di rivelare grazie a un paziente lavoro di ricerca. Era il 7
novembre del 1948, e la scrittrice era stata ospite della coppia nel
maggio dell'anno precedente, appassionandosi, grazie a loro,
entrambi seguaci di Steiner, all'antroposofia. Nel periodo di cui
parla nella lettera, pur seguitando a collaborare con i quotidiani
napoletani La Voce e Risorgimento, la Ortese aveva colto al balzo
una ghiotta occasione d'assunzione al settimanale milanese Omnibus,
diretto da Salvato Cappelli, che all'epoca ospitava articoli di
Calvino, Vittorini, Pavese e aveva un profondo radicamento con la
linea del Pci di Palmiro Togliatti. Vi era arrivata grazie al suo
amico Pasquale Prunas, che in coppia con Cappelli creò qualche anno
dopo Le ore, un rotocalco rivoluzionario, e che era già
collaboratore della testata.
«Da quando sono partita per Milano la prima volta - scrive la Ortese
all'amica - ho vissuto un'esistenza febbrile e angosciata perché
troppo crudo era il passaggio da un sistema all'altro. Ero con
Omnibus, sai: morivo dal dolore di non vedere più Napoli, di
trovarmi a Milano. Era l'estate, vivevo in casa di Lelj, che è stato
un ottimo carissimo amico (si riferisce con ogni probabilità a
Massimo Lelj, autore Bompiani ed ex inviato di guerra del Corriere
della Sera, ndr); ma non ero lieta! Quanto al lavoro, prendevo lo
stipendio di redazione (ma non facevo nulla, non perché non volevo,
ma perché non c'era lavoro) e il compenso dei radi articoli in cose
di Milano. Il lavoro che mi era stato assegnato non mi piaceva, mi
urtava». In effetti nei pochi servizi da lei firmati in quell'agosto
milanese (sull'ippodromo di San Siro e l'Idroscalo) la sua prosa è
irriconoscibile: legnosa, prevedibile, a tratti burocratica. I
colori con cui dipinge qualunque ambiente sono corruschi,
rispecchiano un profondo disagio interiore. Milano, che in seguito
sarà da lei ampiamente rivalutata, le appare come il luogo dove ogni
cosa reca il cartellino del prezzo. «Si è soli. Molto più soli che a
Napoli» si lagnava con Prunas nel carteggio pubblicato anni fa da
Archinto (Alla luce del Sud, a cura di Renata Prunas e Giuseppe Di
Costanzo). «Ti coprono col mantello dell'ironia, non altro».
Cappelli, pur sapendo che Ortese non è una comunista militante, la
sprona a essere più faziosa e ficcante, ma lei rifiuta «la violenza
di parte»: «I pezzi che vorrei fare per Omnibus - confida a Prunas -
dovrebbero essere una cronaca disintossicata della vita milanese,
del mondo borghese di qui, ma non contro gli uomini veri e propri
(com'è possibile odiare?) solo contro quanto di fatuo e mortale c'è
nel loro costume». Il nodo a quel punto va sciolto: Anna Maria
Ortese è o non è idonea a militare in una testata apertamente
schierata? Cappelli la mette alla prova affidandole un'inchiesta
delicata: «Decisero di mandarmi a Trieste per provare in pieno le
mie possibilità giornalistiche» rivela la Ortese all'amica. «Rimasi
là dieci giorni, molto felice, perché vedevo il mare e gente bella e
serena. Poi tornai a Milano e mi misi a scrivere gli articoli su
Trieste. Dopo aver consegnato il primo, che fu accolto con
entusiasmo, tornai a Napoli».
Trieste era ancora uno staterello autonomo a quel tempo (il
Territorio libero di Trieste), sebbene diviso in due zone: la A
governata dagli Alleati, la B sotto il controllo jugoslavo. Dopo le
elezioni politiche d'aprile e soprattutto dopo la rottura delle
relazioni tra Tito e Stalin, il movimento comunista locale s'era
scisso in due spezzoni: da una parte, la maggioranza kominformista
fedele alla linea di Mosca, capeggiata dal famigerato Vittorio
Vidali, un duro coinvolto in varie vicende di sangue, compreso
l'omicidio di Trotsky; dall'altra, la minoranza filotitina. Il
pendolo del comunismo comandato da Mosca oscillava ora nella
direzione del Pci, anche se questo non significava che il Pci
triestino fosse diventato un partito italiano. E comunque,
l'obiettivo primario, comune sia a Togliatti che alle forze
kominformiste, era liberarsi del controllo angloamericano. La prima
puntata dell'inchiesta ortesiana ("L'amante slavo", 14/10/1948), pur
incentrata sulle posizioni della Lega nazionale, l'associazione
irredentista risorta dalle sue ceneri nel ‘46, suggellava perlomeno
quest'aspirazione: «Solo lo Slavo e nessun altro che lo Slavo
(scaduto per sempre il decorosissimo Austriaco), è grande come
nemico». Per contro, la seconda puntata ("Ma di che cosa è malata
Trieste?", 21/10/1948), spedita da Napoli, esaltava senza mezzi
termini l'irredentismo: «Oggi, a Trieste, non c'è nulla di più
commovente, di più straordinariamente importante della "Lega
nazionale" (…) … gli anni in cui Trieste non ebbe la Lega, non fu
cioè irredentista, ci paiono per Trieste brutti anni, fortunatamente
passati». Giudizio che non poteva esser sottoscritto né da Botteghe
oscure né da un Cappelli ligio osservante dell'ortodossia
togliattiana. «Trovai tutti, a Omnibus, pieni di benevolenza e
simpatia» prosegue laconicamente la Ortese. «Il servizio andava
bene. Ma, dopo pochi giorni, saltò fuori la notizia che il Partito
non era contento, e che bisognava troncare tutto. Rimasi senza
fiato, umiliata e impensierita, anche perché lo stipendio di
redazione non lo prendevo più e anticipi sul lavoro non me ne
potevano dare. Come vivere?».
Con il licenziamento da Omnibus per volere del Pci, inizia per Anna
Maria Ortese un periodo segnato da grandi difficoltà economiche, che
la portò a dipendere da amici e conoscenti per il sostentamento e la
ricerca di alloggi, sempre temporanei. «La verità è che io
appartengo prima di tutto al P.C.D.D. (leggi: Partito Cercatori Di
Dio), io non posso sentire la lotta di classe se non in funzione di
quella contro il Male (bisogna proprio chiamarlo con lettere
maiuscole), ch'è tanto, è solo in parte dovuto al fattore economico,
in gran parte dipende invece da cose più grandi di noi, misteriose
quanto difficili a intendersi», scriveva sempre in quell'estate del
1948 al suo amico Prunas; e mai avrebbe cambiato idea, assumendosi i
rischi che ogni battitore libero della stampa dovrebbe mettere in
conto.
Non per nulla la sua carriera giornalistica è lastricata di trionfi
e crucifige feroci: ai maggiori allori corrisponde quasi sempre una
reazione uguale e contraria di fischi e pollici versi. Tutte
sollevazioni di sinistra, di militanti del Pci e intellettuali di
quell'area in cui anche lei, a quel tempo, si collocava. Il mare non
bagna Napoli, premio giornalistico Saint Vincent e premio letterario
Viareggio 1953, è per metà costituito da inchieste sul campo. Quella
sui Granili, pubblicata sul Mondo nel gennaio del ‘52, smosse
addirittura i vertici dello Stato, il presidente Einaudi, che
decretò ipso facto la smantellamento di quel falansterio degli
orrori. Plausi seguiti da botte fragorose. "Il silenzio della
ragione", l'inchiesta sugli scrittori napoletani che le aveva
commissionato Vittorini, scatenò un finimondo. La Ortese aveva
descritto i vecchi compagni d'avventura di Sud, la rivista ideata e
diretta da Prunas, come dei falliti, dei rinunciatari che avevano
deposto istanze e armi illuministiche. Di più: li aveva messi in
caricatura. Le avevano replicato, sdegnati, Compagnone, Domenico Rea
e Gianni Scognamiglio; e tutto quel mondo di ferventi gazzettieri
idealisti che palpita nelle pagine del Mistero napoletano di Ermanno
Rea s'era riconosciuto nell'attacco sferratole da Nino Sansone sulle
colonne di Rinascita. Era per quella cerchia il racconto d'una
rinnegata, una che non credeva più alle magnifiche sorti e
progressive della capitale del Sud.
L'anno dopo, ovvero nel ‘54, la Ortese partì per un lungo reportage
a puntate tra Praga e la Russia assieme a una delegazione dell'Udi.
Ebbene, con il suo meraviglioso racconto riuscì a scontentare tanto
la destra che la sinistra. «C'era molto sacrificio, molta pena,
molta sofferenza e obbedienza, e questo era sconsigliabile a dirsi
per i Credenti di sinistra; ma anche bontà, speranza, saldezza, e
questo non andava bene per i Credenti di destra». Già era stata
isolata dalle compagne durante il soggiorno per il precedente del
Mare non bagna Napoli; ma, al ritorno, fu anche accolta «con il viso
dell'armi» (parole sue) dal «mondo della sinistra milanese». Tutti
contro, meno Luchino Visconti. L'anno dopo, per quelle straordinarie
corrispondenze e altri servizi giornalistici, le assegnarono un
secondo premio Saint Vincent. Avrebbe continuato a collaborare a
fogli di sinistra come Milano sera e L'Unità, grazie anche
all'appoggio del suo compagno Marcello Venturi, che di quel giornale
era caposervizio cultura, ma a quel punto Anna Maria divorziò per
sempre da Botteghe oscure: «Sono uscita dal partito - dichiarò
lapidariamente - perché volevano che io non ragionassi con la mia
testa ma con la loro».
ANCORA OGGI "Il Partito non gestiva il dissenso Sulla
Jugoslavia divisioni profonde"
Ritanna Armeni
La chiusura
Gli intellettuali
L'indifferenza
La polemica sul Gattopardo
«Io non ero nel Pci, quindi nessuno mi ha potuto cacciare», ricorda
Ritanna Armeni, giornalista, scrittrice e fondatrice del Manifesto
nel 1972. «Sono arrivata al Manifesto quando era un giornale
dissidente, e me ne sono andata perché quell'esperienza aveva
esaurito, per dirla con le parole di Berlinguer, la sua "forza
propulsiva"». Ma di quella intensa fase professionale Armeni dice di
aver ricevuto una lezione fondamentale "di spirito critico", e di
rivedere, nella vicenda di Anna Maria Ortese, alcuni dei dilemmi che
hanno segnato la storia della sinistra.
Il caso di Anna Maria Ortese risale a un'epoca molto precedente agli
strappi che segnarono la storia del comunismo italiano negli anni
Settanta e Ottanta: siamo nel 1948, la guerra è finita da pochi anni
e l'allineamento del Pci con Mosca a quell'epoca non conosceva
esitazioni. Il legame in particolare con la Jugoslavia di Tito, che
per Togliatti rappresentava un esempio positivo di realizzazione
socialista, metteva le rivendicazioni della "Trieste italiana" in
assoluto secondo piano: i comunisti italiani erano infatti convinti
che Trieste e l'Istria, in quanto area con una consistente
popolazione slava, dovesse essere parte della Jugoslavia perché
questo avrebbe facilitato la costruzione del socialismo in entrambi
i paesi.
Ragione per cui il primo reportage di Ortese – "Lo slavo" – fu
approvato, e il secondo – in cui si sostenevano le ragioni
dell'irredentismo e della "Lega Nazionale" – le valse
l'allontanamento definitivo da Omnibus, la rivista per cui lavorava,
su diretta indicazione dei vertici comunisti.
Armeni, il PCI aveva un rapporto difficile con le donne
intellettuali?
«Il Pci aveva un rapporto insieme intenso e difficile con gli
intellettuali in genere: intenso perché il mondo della cultura
faceva riferimento al partito, difficile perché spesso non riusciva
a gestire il dissenso, come dimostra, nel 1969, il fatto che radiò
gli intellettuali che avevano fondato il Manifesto. Non credo che
nel caso di Anna Maria Ortese il problema fosse il suo essere donna.
La Jugoslavia e Trieste erano un problema scottante, anche
all'interno della sinistra. Ortese scrive nel 1948. Ricordo che
Rosario Bentivegna , uno dei Gap protagonisti dell'attentato contro
i tedeschi a via Rasella nel 1944, dopo che era andato a combattere
in Jugoslavia nel 1945 non esitò a criticare la gestione
dell'esercito guidato da Tito, e rimase fermamente anti-titino per
tutta la vita. Questo per dire quanto acceso fosse allora il
dibattito sul tema...».
Il rapporto difficile dunque era in generale con gli intellettuali?
«Assolutamente. Basti pensare all'ostracismo ricevuto in una prima
fase dal Gattopardo, il libro di Tomasi di Lampedusa, e a tutti i
problemi avuti da Luchino Visconti quando voleva realizzarne la
versione cinematografica. Fu ritenuto di destra da Alicata, da
Moravia, da Pratolini. Vittorini non lo pubblicò per l'Einaudi…
Certo, nel caso di Ortese, fa impressione il fatto che si trovasse
in condizioni economiche così precarie, e che questo non fu tuttavia
sufficiente a invocare ripensamenti».
Ortese oltretutto era considerata un'intellettuale vicina alla
sinistra…
«Infatti. Il problema, di nuovo, era il dissenso, che d'altra parte
rappresentava il contraltare dialettico dell'ideologia. Possiamo
arrivare a dire che senza dissenso anche l'ideologia sarebbe andata
in pezzi».
Secondo lei cosa ci dice una storia come questa in un momento in cui
si parla spesso di censura e di scrittori censurati?
«Che la censura è un problema che riguarda la destra. Ma che la
sinistra ha sempre avuto un problema con il dissenso. Non è mai
riuscita a comprenderlo, a dargli la giusta considerazione e
comprensione, né a farne occasione di autocritica. Questo è forse il
motivo per cui la sinistra in genere si divide. Ogni voce
dissenziente o viene allontanata o si allontana. E se non si è
d'accordo ognuno va per i fatti suoi».
Colpa di scelte ideologiche troppo rigide?
«La sinistra si fondava – e uso il passato - su un sistema di
valori, la cosiddetta ideologia. Non la disprezzo. Credo che
l'ideologia intesa come visione del mondo presente sia importante, e
altrettanto importante credo sia addirittura l'utopia, intesa come
visione del tempo futuro. Senza di esse la sinistra non esiste. Ma
non è riuscita a farla convivere con l'altro, con quello che viene
da fuori. Anzi, si è sempre espressa ferocemente contro di esso.
Tornando al caso di Ortese, nel 1948 l'ideologia, lo schieramento di
campo, erano più importanti di tutto. Poi però cinque anni dopo
Ortese vince il premio Viareggio con Il mare non bagna Napoli e dopo
ancora vincerà lo Strega». —
25.07.24
La settimana scorsa la giudice era intenzionata a lasciare
l'incarico Ma dal suo partito, Fratelli d'Italia, ora c'è chi la
spinge a ripensarci
Scandalo Csm Natoli tiene duro e non si dimette irene famà
roma
Rosanna Natoli non ha nessuna intenzione di dimettersi. Così si
mormora nei corridoi di Palazzo Bachelet. La componente del
Consiglio di disciplina del Csm finita al centro dello scandalo del
salvataggio pilotato di una giudice, l'avrebbe fatto capire alla
presidente Cassano e al procuratore generale della Cassazione
Salvato. Prima, così dicono, si sarebbe confrontata con il suo
partito, Fratelli d'Italia. Con chi di preciso, non si sa. Certo è
che la consigliera deve la sua ascesa dalla vita comunale di Paternò
a piazza Indipendenza a Roma grazie al presidente del Senato, e suo
compaesano, Ignazio La Russa. Era stato lui, infatti, a fare il suo
nome. E, a gennaio 2023, il Parlamento la votò tra i quattro laici
in quota meloniana.
La scorsa settimana, lo scandalo. La consigliera ha incontrato, nel
suo studio da avvocato a Paternò, Maria Fascetta Sivillo, giudice
civile di Catania sotto inchiesta disciplinare. Un colloquio molto
più che inopportuno, visto che Natoli è tra chi l'avrebbe dovuta
giudicare. Il tutto viene registrato dalla magistrata sotto accusa.
E reso pubblico durante la commissione disciplinare.
Rosanna Natoli ascolta l'audio. Si alza in piedi. Annuncia
dimissioni immediate dalla commissione. Non dal Csm. E sembra non
sia intenzionata a farlo nemmeno oggi. Al contrario. La consigliera
pare lascerà vuoto il suo posto al Plenum. Partirà per le vacanze.
«Per evitare problemi al Csm», avrebbe spiegato agli amici. «Un modo
per temporeggiare», si sussurra a Palazzo Bachelet. Unica certezza?
Il rinvio della questione a settembre.
È vero. È possibile votare, a scrutinio segreto e con una
maggioranza dei 2/3, la sospensione di un membro del Csm. Ma solo se
è indagato. E qui si apre un altro capitolo della vicenda. Il Csm ha
inviato gli atti - la pennetta usb con la registrazione e la
trascrizione del colloquio - alla procura di Roma, ma il reato
sarebbe stato commesso a Paternò. Quindi, per questione di
competenza territoriale, l'intera faccenda è destinata ad essere
trasferita a Catania. E non esiste una procedura che prevede la
decadenza automatica dal Csm.
Insomma. Rosanna Natoli, spalleggiata e consigliata dai suoi, prova
a restare al suo posto. Un posto che condivide sotto i riflettori
del presidente della Presidente della Repubblica Sergio Mattarella
che è a capo del Consiglio superiore della magistratura. Mattarella,
l'altro ieri ha incontrato il suo vice al Csm Fabio Pinelli. E,
durante un colloquio di quaranta minuti, non avrebbe nascosto di
essere piuttosto sconcertato per una situazione considerata
insostenibile.
Per ricostruire questa intricata faccenda bisogna risalire al
novembre 2023. Rosanna Natoli incontra la giudice Maria Fascetta
Sivillo, condannata a tre anni e sei mesi dal tribunale di Catania
per aver preteso la cancellazione di una cartella esattoriale da
parte dell'agenzia delle riscossioni siciliana. Dovrebbe giudicare
la sua posizione, valutare la sua sospensione, invece le fornisce
consigli. «Sì, sto violando il segreto», dice. «Mi sono presa sto
processo perché lei è amica dei miei amici. E questa situazione la
dobbiamo risolvere. Ma lei ci deve dare una mano».
Sivillo registra. E insieme al suo avvocato, il legale Carlo
Taormina, rende tutto pubblico. Non solo. L'avvocato Taormina, ex
deputato di Forza Italia, l'altro ieri ha presentato in procura una
denuncia di sei pagine contro l'intera sezione disciplinare del Csm
che ha trattato il caso della sua assistita. Perché, questa la
sintesi dell'esposto, Natoli in quella registrazione mostra di
parlare in nome e per conto dei componenti della sezione
disciplinare di cui fa parte.
"
Solo marketing politico"
niccolò carratelli roma
L'ennesimo scontro in tema di sanità pubblica è in programma questa
mattina nell'Aula della Camera. Dove si svolgeranno le dichiarazioni
di voto e il voto finale sul decreto "Liste d'attesa", con le
opposizioni che daranno battaglia fino all'ultimo. Per il Pd
interverrà la segretaria, Elly Schlein, pronta a rilanciare la sua
proposta di legge, affossata dalla maggioranza, per l'incremento
graduale dei fondi al Servizio sanitario nazionale fino al 7,5% del
Pil. Proposta che era stata inserita dentro a uno dei circa 60
emendamenti depositati dai partiti di centrosinistra e tutti
puntualmente respinti. Come sono state bocciate le pregiudiziali di
costituzionalità presentate da Pd, M5s e Avs.
I deputati di questi partiti hanno monopolizzato la discussione
generale, per mettere agli atti critiche e preoccupazioni.
«Riteniamo che questo decreto sia una scatola vuota, senza norme di
sostanza e interventi strutturali – attacca Marco Furfaro,
responsabile Welfare al Nazareno –.
Un provvedimento mirato a distruggere il Servizio sanitario
nazionale e a favorire il sistema privato, che non inciderà per
niente sulle lunghissime liste d'attesa». Mentre il vicepresidente 5
stelle, Riccardo Ricciardi, parla di una «schifosissima operazione
di marketing politico, in cui si individua nei problemi della sanità
un bacino di voti – dice –. Si fa un decreto per prendere dei voti
senza però metterci niente, è una becera e gravissima
strumentalizzazione». Il Movimento ha presentato un emendamento per
potenziare l'assistenza territoriale, con l'assunzione di medici di
base e pediatri di libera scelta, che non sono interessati dal tetto
di spesa.
«Ma per il governo queste non sono priorità – sottolinea la deputata
Gilda Sportiello – sono interessati solo a spot vuoti e giocano con
il diritto alla salute». E la capogruppo di Avs, Luana Zanella,
mette in guardia dalla prospettiva di vedere aumentare «solo la
burocrazia, prevedendo almeno sette decreti attuativi, ma non le
risorse e le assunzioni del personale sanitario». Critiche a cui il
relatore del provvedimento, Luciano Ciocchetti di Fratelli d'Italia,
risponde assicurando che le nuove misure ridurranno «drasticamente i
tempi di attesa nelle prestazioni sanitarie», e potranno anche
«migliorare la trasparenza e l'efficienza del sistema sanitario
nazionale».
In sintesi, il decreto prevede la creazione di una piattaforma
nazionale per le liste d'attesa presso l'Agenzia per i servizi
sanitari regionali (Agenas) con l'obiettivo di monitorare, in tempo
reale e in tutte le Regioni, i tempi di erogazione delle
prestazioni. Se non vengono garantite entro i termini prestabiliti
dalle classi di priorità, le Asl devono assicurarle o attraverso un
centro privato accreditato o in modalità intramoenia, cioè al di
fuori del normale orario di lavoro dei medici ospedalieri. Le cui
ore di straordinario (come quelle degli infermieri) verranno
retribuite con un prelievo fiscale ridotto: una flat tax al 15%
rispetto alla trattenuta attuale che supera il 40%. Le prestazioni
disponibili nelle strutture pubbliche e private convenzionate
saranno raggruppate ovunque in un Cup (centro prenotazioni) unico
regionale o intraregionale, con il divieto per gli ospedali di
sospendere o chiudere le agende. I direttori generali delle Asl
saranno così valutati anche in base alle performance registrate,
attraverso il lavoro dei nuovi responsabili unici regionali
dell'assistenza sanitaria: dopo le proteste dei presidenti di
Regione, infatti, è stata accantonata l'idea di far gestire i
controlli direttamente al ministero della Salute. Lo scontro sul
decreto, del resto, non si è consumato solo tra maggioranza e
opposizione, ma anche dentro la stessa maggioranza, con la Lega che
ha sostenuto le critiche dei governatori, spingendo per una
revisione del testo, in particolare dell'articolo 2, come poi è
avvenuto al Senato. È dovuta intervenire in prima persona la premier
Giorgia Meloni per favorire una soluzione di compromesso.
Scongiurato il rischio di una spaccatura a Palazzo Madama, il
centrodestra ha trovato un accordo sulla versione finale del
provvedimento, che oggi verrà approvato senza alcuna modifica a
Montecitorio.
24.07.24
NO COMMENT : La rivincita del bravo
avvocato
del vigile
La fotografia
Il risarcimento "
Il nuovo impiego
Paolo Isaia
Sanremo
«Ho sempre saputo di non aver fatto qualcosa di sbagliato, l'ho
spiegato a tutti, dal pm ai vari giudici, fin dall'inizio. Avevo
ragione, anche se questo non mi ripaga di 9 anni di sofferenza». Suo
malgrado, Alberto Muraglia resterà per tutti - «il vigile in
mutande». L'immagine mentre timbrava il cartellino in slip e
canottiera, nell'ottobre 2015 ha fatto il giro del mondo. Accusato
di truffa ai danni del Comune di Sanremo, è stato però assolto con
formula piena, e ora è arrivata anche l'ultima sentenza sul suo
licenziamento. La Cassazione ha confermato quanto deciso dalla Corte
d'Appello di Genova: la decisione del Comune era illegittima.
Muraglia, questa sentenza mette la parola fine alla sua vicenda.
Come si sente?
«Ero sereno e lo rimango. Mi aspettavo questa conclusione, perché
conferma quello che ho detto subito al primo giudice del lavoro. Non
mi aveva creduto, e nonostante tutte le testimonianze a mio favore,
aveva respinto il mio ricorso. Ma la corte d'appello di Genova ha
ribaltato tutto perché c'era una logica. Era chiaro che la
timbratura in mutande avvenisse o prima o dopo l'orario di lavoro,
la macchinetta era davanti all'alloggio di servizio. Una volta
dimostrato quello, è finito il discorso».
Ecco, l'immagine di lei in mutande. Secondo lei la procura ha
sbagliato a diffonderla?
«Sì, perché quella fotografia penderà per sempre sulla mia testa.
Ancora oggi esplodono i commenti sui social quando compare. La gente
non si convince che c'è stato un errore di base della magistratura,
c'è stato un giudizio basato su una singola foto. E uno scatto non
poteva certo spiegare che stavo facendo il mio lavoro, le persone
vedevano altro. Un furbetto del cartellino».
Prova rancore nei confronti della procura, o del Comune che l'ha poi
licenziata?
«No. La cattiveria non sta nel mio dna, e nemmeno il rancore. Non ho
motivi contro l'ex amministrazione, o contro la procura, anche se le
indagini, oltre all'immagine rovinata per sempre, mi sono costate 86
giorni di arresti domiciliari, che non auguro a nessuno. Resta solo
un po' di dispiacere per il comportamento dell'ex segretaria
generale del Comune, che mi aveva dato la speranza di essere pronta
ad accogliere la mia tesi, e poi mi ha licenziato. Poteva essere
sufficiente anche una sospensione, in attesa del processo penale».
È stata una battaglia lunga. Non ha mai pensato di perderla?
«Mai, ero nel giusto. Lo sapevo io e lo sapeva la mia famiglia, lei
è stata la mia forza, e io ho avuto la forza di lasciarla fuori.
Ringrazio anche i miei
avvocati, Alessandro Moroni e Luigi Zoboli, per avere sempre creduto
in me. Sono andato sempre avanti a testa bassa per dimostrare la mia
innocenza. Non è stato facile, ero diventato il nemico
pubblico numero uno. Eppure tre giorni dopo gli arresti ero dal gip
a spiegare tutto. Mi aspettavo quasi le scuse, invece hanno aperto
altri tre fascicoli su di me, tutti archiviati. Ho perfino
rinunciato alla prescrizione, non puoi accettarla quando sai di non
avere fatto niente. Ed è arrivata sia l'assoluzione "perché il fatto
non sussiste" che il reintegro sul posto di lavoro».
Reintegro che però non ha accettato. Per quale motivo?
«Da una parte non volevo più lavorare per persone che non avevano
creduto in me, nella mia onestà, nonostante avessi sempre portato la
divisa con onore e dignità. E poi il Comune ha presentato ricorso
anche contro la sentenza di reintegro».
Sperava che fosse finita con il secondo grado?
«Sì, lo ammetto. La decisione dell'amministrazione mi ha sorpreso,
era palese che anche la Cassazione avrebbe deciso a mio favore.
Bastava leggere le carte».
Con il Comune ora il capitolo è definitivamente chiuso?
«Non del tutto, almeno per la questione economica. Mi sono stati
liquidati 132 mila euro, togliendo dalla cifra iniziale di 227 mila
euro quello che secondo i loro calcoli avevo guadagnato nel
frattempo. Invece secondo la mia commercialista c'è una differenza
di 60 mila euro. Quattro mesi fa ho chiesto al Comune come
risultasse la cifra che mi hanno versato, sta ancora aspettando la
risposta».
I guadagni sono arrivati con il lavoro di aggiustatutto, vero?
«Sì, dopo il licenziamento ho aperto un piccolo laboratorio, adesso
va a gonfie vele. Con me c'è mia figlia Aurora, si occupa della
parte amministrativa, delle etichette per citofoni, delle chiavi. Si
sta laureando in informatica, deve solo discutere la tesi. C'è anche
mio nipote».
Crede che un giorno riuscirà a dimenticare questi nove anni?
«Sono io che non voglio dimenticare, anzi. Anche se la mia immagine
è stata rovinata per sempre, e non me lo meritavo, per il resto sono
contento così. È stato un percorso lungo, difficile e doloroso. Ma
ne sono uscito vincente».
23.07.24
CONOSCO BUONO MA NON RIESCO AD IMMAGINARE UN FUTURO PER IL
NUCLEARE: "Una torre accanto al grattacielo di Intesa come sede
italiana del nucleare pulito" leonardo di paco
Nella sede di Lione, a due passi dalla stazione ferroviaria, sulla
facciata di una delle torri più alte della città da qualche giorno
troneggia un'enorme insegna della sua azienda.
Adesso Stefano Buono, fondatore e ceo di newcleo, scaleup
italo-britannica (sede a Londra) nata nel 2021 e impegnata nello
sviluppo di reattori nucleari di ultimissima generazione, si lancia
in un progetto per colmare un vuoto urbano della città che lo ha
adottato: «Costruire una torre completamente nuova a Torino, dove
già lavorano 350 dipendenti di newcleo, prima che l'alta velocità la
colleghi con Lione in poco più di un'ora».
L'area prescelta per la sede di newcleo è quella davanti al
grattacielo di Intesa Sanpaolo e si inserisce nel progetto di
riqualificazione dell'asse che porta dal Politecnico alla stazione
Dora, con la stazione di Porta Susa al centro. Un piano, chiamato
"Torino Innovation Mile", nato pochi mesi fa su spinta di Davide
Canavesio, il fondatore dell'associazione Nexto. Fra i promotori,
oltre alla stessa newcleo, anche Politecnico, Ogr, Environment Park,
Infra.To, Liftt, New Cleo, Nexto e Planet Smart City.
Lo spazio fisico dove far troneggiare la nuova sede di newcleo
abbonda. L'area di oltre 45 mila metri quadrati di superficie è di
FS Sistemi Urbani. E a Buono i capitali non mancano. Entro l'estate
newcleo chiuderà infatti il maxi round di raccolta da un miliardo di
euro annunciato lo scorso marzo.
Ma si tratta solo del primo di una serie di grandi round di
finanziamento. Entro i prossimi 7-8 anni, infatti, la società avrà
bisogno di un totale nel range di 3-4 miliardi di euro per
sviluppare due reattori in Francia e Regno Unito, un prototipo non
nucleare in fase di studio in Italia (nel laboratorio di Brasimone,
sull'Appennino bolognese) e una fabbrica di combustibile nucleare
per soddisfare la richiesta di combustibile radioattivo che non sia
l'uranio proveniente dalla Russia, fra i più grandi produttori al
mondo.
«In Italia c'è sempre più attenzione nei confronti del nucleare,
anche da parte del governo, e se la crescita di newcleo proseguirà
su questi ritmi avremo bisogno di così tante nuove persone da
riuscire a riempire un nuovo grattacielo» spiega Buono, che ipotizza
un luogo dove ospitare «anche delle attività del Politecnico oltre
alla nuova sede di Liftt». Cioè la società di venture capital
specializzata in investimenti deeptech con soci Fondazione Compagnia
di San Paolo e Poli attraverso la Fondazione Links, stabilita da
tempo alle Ogr Tech e presieduta dalla stesso Buono.
Ma prima bisogna dare un'accelerata alle trattative con Fs Sistemi
Urbani, che da tempo prova a vendere l'area. Poi si potrà cominciare
a lavorare per trasformare i rendering della torre in cantieri. La
macchina burocratica si è già messa in moto. Alla fine di marzo si è
tenuto il primo incontro tra il Comitato e la società del gruppo
Ferrovia dello Stato. I tempi per la realizzazione del progetto
dovrebbero essere di tre anni dal momento in cui verrà finalizzato
l'acquisto delle aree.
Buono, per parlare delle tempistiche realizzative della torre, torna
sulla suggestione di vedere Lione e Torino distanti poco più di
un'ora di treno. E lancia una frecciatina sui tempi pachidermici di
realizzazione dell'infrastruttura che renderebbe possibile il
collegamento veloce. «L'intento è rendere il nuovo grattacielo
realtà prima della fine dei cantieri della Tav (oggi l'entrata in
funzione dell'opera è previsto nel 2032, ndr). Se si continua con
questi ritmi, non penso sarà un problema».
Alle Molinette intervento unico in Italia: sette ore in sala
operatoria per rimuovere un aneurisma L'organo è stato estratto,
mantenuto in vita, riparato e poi reimpiantato nel corpo del
paziente
Autotrapianto di rene con robot " È stato una specie di miracolo"
alessandro mondo
«Quando l'ho saputo mi è mancata la terra sotto i piedi. E ancora
adesso ne parlo con fatica. Per fortuna ho trovato persone
splendide, sotto il profilo umano, oltre che professionale, pronte
ad aiutarmi anche sotto il profilo psicologico. Non sono credente ma
per me è stato una specie di miracolo».
Un miracolo che si è dipanato nelle sette ore trascorse da Roberto
Galanti, 56 anni, operaio specializzato nel settore automotive,
salvato da un aneurisma di 2 centimetri a carico dei rami
dell'arteria renale con un intervento autotrapianto di rene, il
primo in Italia, utilizzando il sistema robotico di ultima
generazione "da Vinci Single Port".
E' accaduto all'Ospedale di Molinette di Torino, non nuovo ad
interventi eccezionali, ad opera di diverse équipe. «Mai avuto
sintomi, ho scoperto di questa cosa per caso a seguito di
un'ecografia addominale di routine - spiega Roberto . Certo: alcuni
valori del sangue erano fuori norma, ma mai avrei immaginato. Invece
il radiologo mi ha messo sull'avviso. Poi gli accertamenti urgenti e
le visite in ambulatorio, alle Molinette, dove il quadro clinico è
risultato ancora più grave. Infine l'intervento programmato in
urgenza, ed ora eccomi qua: a due settimane dall'operazione sto
abbastanza bene, i medici mi hanno letteralmente preso per mano».
Era necessario intervenire per prevenire l'elevato rischio di
rottura spontanea dell'arteria, spiegano dalle Molinette, ma la
complessa posizione dell'aneurisma non rendeva possibile un
intervento tradizionale, cioè con il rene nella sua posizione
naturale.
Per questo è stato utilizzato il rivoluzionario sistema robotico,da
tre settimane in dotazione presso l'Urologia universitaria delle
Molinette, diretta dal professor Paolo Gontero. Il nuovo approccio
chirurgico attraverso un'unica piccola incisione di appena 2,5
centimetri ha permesso di prelevare il rene sinistro da riparare.
«L'estrema raffinatezza di questa tecnologia operatoria robotica
unitamente alla capacità di lavorare in uno spazio relativamente
ristretto, tanto quanto una pallina da tennis, ha permesso di
effettuare il prelievo di rene passando al di fuori dell'addome -
spiega Gontero -. Una via di accesso consente una ulteriore
riduzione del trauma chirurgico rendendo possibile una rapida
ripresa postoperatoria».
Il rene è stato estratto mantenendo sempre una via di accesso al di
fuori del peritoneo e posizionato in un apposito campo operatorio,
dove è stato raffreddato e mantenuto in vita con liquidi speciali
per prevenire i danni da ischemia, e quindi sottoposto ad una
delicata riparazione della malformazione da parte del dottor Aldo
Verri (direttore Chirurgia vascolare ospedaliera). Sempre
utilizzando la stessa incisione, è stato effettuato l'autotrapianto.
La parte anestesiologica è stata seguita dall'équipe del dottor
Roberto Balagna. L'intervento è stato coronato da successo
comportando una pronta ripresa della funzione dell'organo d una
dimissione del paziente in buone condizioni.
Tutto ciò è stato reso possibile in primis grazie alla Fondazione
CRT, che mesi fa ha creduto in un progetto di ricerca finalizzato
all'utilizzo di questa tecnologia in ambiti chirurgici urologici
selezionati: grazie alla donazione sarà possibile disporre per un
anno di questa tecnologia per effettuare una cinquantina di
interventi urologici.
22.07.24
Studiosa uccisa in Ucraina. Il ministro dell'Interno di Kiev non
esclude l'ipotesi di un omicidio su commissione
Leopoli, assassinata l'ultra nazionalista Farion Combatteva la
lingua russa, sospetti su Mosca Giuseppe Agliastro
Mosca
Un omicidio ha scosso l'Ucraina. Nella serata di venerdì uno
sconosciuto ha sparato all'ex deputata nazionalista Iryna Farion ed
è subito fuggito. Poche ore dopo la donna è morta in ospedale. Per
"una ferita da arma da fuoco alla testa", fanno sapere gli
investigatori. L'aggressione è avvenuta a Leopoli, importante città
dell'Ucraina occidentale. Ma i motivi di questo terribile crimine
restano al momento ignoti. "Abbiamo già diverse versioni. Le
principali, posso dire, sono collegate alle attività sociali e
politiche di Farion e all'avversione personale verso di lei", ha
dichiarato il ministro dell'Interno, Ihor Klymenko, aggiungendo di
non poter escludere l'ipotesi dell'omicidio su commissione. Mentre
il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha affermato che "vengono
indagate tutte le possibilità: inclusa quella che conduce alla
Russia".
Iryna Farion, deputata del partito di ultra destra Svoboda dal 2012
al 2014, era stata al centro di dure critiche per le sue
dichiarazioni aspramente polemiche in difesa dell'utilizzo della
lingua ucraina. La professoressa di linguistica del Politecnico di
Leopoli l'anno scorso aveva persino puntato il dito contro alcuni
membri del battaglione ucraino Azov per il fatto che parlassero tra
di loro in russo. "Quanto bisogna essere pazzi per combattere
nell'esercito ucraino e parlare russo?" aveva dichiarato secondo la
Bbc bollando il russo come "la lingua del nemico" nonostante sia una
lingua molto diffusa nelle regioni orientali e meridionali
dell'Ucraina (lo stesso Zelensky è russofono). Accusata di "violare
l'eguaglianza dei cittadini" – scrive l'Ukrainska Pravda - Farion
aveva perso la cattedra al Politecnico di Leopoli lo scorso
novembre, ma due mesi fa aveva vinto il ricorso in tribunale ed era
stata reintegrata nella posizione.
La guerra in Ucraina continua intanto a mietere vittime. Le autorità
di Kiev denunciano la morte di due persone e il ferimento di altre
tre in un raid sulla regione di Kharkiv, e l'uccisione di altri
quattro civili in un bombardamento su Mykolaiv. —
almeno 25 vittime negli attacchi su tutta la striscia
Gaza, nuova strage nel campo di Nuseirat Almeno 25 per
sone sono state uccise nei raid
israeliani di ieri nella Striscia di Gaza. Cinque persone sono morte
in seguito ad un attacco nel quartiere Sheikh Radwan di Gaza City.
Altre 4, tra cui due bambini, sono morte in un attacco a Jabalia, e
tre in un attacco nel campo profughi di Bureij. Nuova strage nel
campo profughi di Nuseirat, con dodici vittime in tutto. Infine, una
persona è morta a Khan Younis in un attacco con droni. L'esercito
israeliano ha precisato di aver colpito un edificio nella zona
umanitaria di Deir al-Balah che sarebbe stato utilizzato da una
società legata ad Hamas per convogliare fondi al gruppo
terroristico. L'edificio ospitava gli uffici della società Elkahira,
«parte centrale dell'infrastruttura utilizzata per immagazzinare e
trasferire grandi quantità di fondi alle organizzazioni
terroristiche nella Striscia di Gaza». L'esercito ha dichiarato che
l'attacco è stato eseguito dopo aver ordinato l'evacuazione dei
civili palestinesi nella zona. Caldo anche il fronte al confine
libanese. Quattro persone sono rimaste uccise in un raid israeliano
nel villaggio libanese di Borj al-Mlouk, vicino al distretto di
Marjaayoun. Hezbollah ha risposto con il lancio di 45 razzi sul
Golan e l'Alta Galilea .
Occupazione
forzata
Francesca Mannocchi
Wadi al-Seeq
Il 12 ottobre Abu Bashar si è svegliato nel suo villaggio, a Wadi al
Seeq e non sapeva che sarebbe stato l'ultimo giorno che avrebbe
trascorso lì.
Il pomeriggio cento coloni – alcuni in abiti civili e volto coperto,
e altri in uniformi militari – hanno fatto irruzione nella comunità,
hanno sparato in aria, e hanno dato un'ora di tempo ai palestinesi
per lasciarla. Altrimenti sarebbero stati uccisi.
Poi tre uomini della comunità sono stati picchiati, spogliati,
costretti a terra, legati e fotografati.
I coloni hanno urinato addosso a due di loro e spento sigarette sul
corpo dell'altro.
Wadi al-Seeq era una piccola comunità beduina, le case poco più che
baracche arroccate sulle pietre e la terra arida a Est di Ramallah.
Le trenta famiglie, circa trecento persone che la abitavano, tutti
pastori, da allora non hanno più una casa.
Altre dieci famiglie avevano lasciato le baracche e venduto il
gregge all'inizio del 2023 per cercare un posto sicuro perché già
vittime di ripetuti attacchi da parte dei coloni che avevano già
distrutto la scuola della comunità. E anche gli abitanti di Ein
Samiya, il villaggio vicino, se n'erano già andati, così come quelli
di al-Baqa e Ras al-Tin. Per chi era rimasto a pascolare a Wadi
al-Seeq era chiaro che sarebbe stata solo questione di tempo perché
il progetto dei coloni «è svuotare l'area C di tutti i palestinesi e
dire: non c'è più nessun palestinese qui, è tutto nostro, non ci
resta che costruire ovunque».
Così riassume Abu Bashar quello che sta accadendo nella Cisgiordania
occupata.
Più o meno quello che accadde alla sua famiglia quando nel 1948,
l'anno della Naqba, lasciò il deserto del Negev per non farvi più
ritorno.
È dagli sfollati di settant'anni fa che nacque la comunità di Wadi
al Seeq.
Dopo che i beduini hanno lasciato il villaggio i coloni hanno chiuso
le strade intorno, così per arrivare nelle vicine città di Rammoun e
Taybeh e chiedere ospitalità, i pastori hanno attraversato
chilometri di campi. Con loro il bestiame, i bambini e le poche cose
che sono riusciti a portare via.
Quando sono tornati a vedere cosa restava delle loro baracche, una
settimana dopo, davanti agli occhi hanno trovato un ammasso di
lamiera.
I coloni avevano distrutto tutto. Quello che non era distrutto
l'avevano portato via: cisterne dell'acqua, persino il mangime per
il bestiame.
Avevano saccheggiato gli armadi, distrutto i letti dei bambini.
Oggi, mesi dopo, ci sono a terra ancora pezzi di giocattoli, i
quaderni dei bambini.
È così che da decenni va avanti l'annessione dei territori
palestinesi.
Oggi la sponda è interna al governo. Agli esponenti di estrema
destra sono affidati ministeri chiave. Una è Orit Strock, ministra
degli Insediamenti e delle Missioni Nazionali, a giugno ha visitato
un avamposto vicino Hebron dicendo a chi lo abita che «l'espansione
degli insediamenti è la sua massima priorità».
Strock, membra del partito Sionismo Religioso, ha esortato i
presenti alla sua visita ad avere fiducia perché «per anni i governi
non hanno investito nella zona della Colline a Sud di Hebron, ma –
ha detto – ho sempre promesso a chi mi ha dato fiducia che se un
giorno avessi avuto una posizione influente, avrei per prima cosa
colonizzato questa zona».
L'ha comunicato anche al leader del partito, Bezalel Smotrich, a sua
volta colono e a sua volta ministro, delle finanze.
Il 29 maggio, l'Amministrazione civile dell'esercito israeliano,
istituita nel 1981 per supervisionare tutte le questioni civili per
i coloni israeliani e i residenti palestinesi nell'Area C della
Cisgiordania, ha trasferito il controllo delle normative edilizie e
della gestione di terreni agricoli, all'Amministrazione degli
insediamenti, guidata anch'essa da Smotrich. Che così ha potuto
approvare velocemente i permessi per la costruzione di nuovi
insediamenti israeliani e le demolizioni delle case palestinesi.
Lo scorso aprile aveva assegnato "simboli di località" a Mishmar
Yehuda, Beit Hogla, Shacharit e Asa'el, avamposti che in attesa di
diventare insediamenti riconosciuti. Il "simbolo di località" è il
passo prima della legalizzazione. Consente agli insediamenti di
ottenere fondi governativi per il suo sviluppo, per avere cioè
infrastrutture: strade, scuole, asili, acqua. Tutto ciò che è negato
alle comunità e ai villaggi palestinesi.
I "simboli di località" per gli avamposti ad aprile anticipavano
l'ulteriore espansione cui stiamo assistendo oggi.
Smotrich, cioè colui che nel 2017 pubblicò il suo "Piano decisivo"
sulla rivista Hashiloach, i cui punti principali erano già
l'annessione della Cisgiordania e l'incoraggiamento di «decine e
centinaia di migliaia di residenti a venire a vivere in Giudea e
Samaria» (nomi biblici della Cisgiordania, ndr).
Smotrich, cioè colui dice pubblicamente non solo che l'annessione
israeliana della Cisgiordania sia necessaria e inevitabile, ma anche
che non sia sufficiente.
Cioè guarda a Gaza.
La prova che questi non siano solo proclami e propaganda urlata ai
propri sostenitori la danno i numeri. Senza riavvolgere il nastro e
riassumere cosa è successo negli ultimi decenni, basta avere alla
mano le statistiche degli ultimi mesi.
Due settimane fa il Consiglio Supremo di Pianificazione ha dato il
benestare alla costruzione di 5300 unità in diversi insediamenti in
Cisgiordania e a vari avamposti (illegali persino per la legge
israeliana) tra cui Givan Hanan (quello visitato dalla ministra
Strock) e Eviatar (che La Stampa aveva visitato due mesi fa e che
oggi è un insediamento a tutti gli effetti) e ha dichiarato oltre
3.100 acri nella valle settentrionale del Giordano come territorio
statale. Quindi territorio che in futuro potrà essere edificato e da
cui i palestinesi dovranno andarsene.
In una conferenza stampa congiunta Strock e Smotrich hanno
esplicitato che l'approvazione di tali misure serva a «combattere il
riconoscimento di uno Stato palestinese». Come a dire: più
insediamenti ci sono, più avamposti illegali vengono resi legittimi,
meno sarà possibile garantire la continuità territoriale che è
condizione imprescindibile alla creazione di uno Stato palestinese.
Nonché l'ordinaria mobilità delle persone, di fatto prigioniere nei
loro villaggi.
Smotrich l'ha detto ancor più chiaramente: questi passaggi sono una
risposta alla decisione del procuratore capo della Corte Penale
Internazionale che ha richiesto i mandati di arresto per il Primo
Ministro Benjamin Netanyahu e il ministro della Difesa Yoav Gallant,
nonché un messaggio indiretto a diversi paesi europei che hanno
dichiarato di riconoscere lo stato palestinese.
Ieri, dopo la diffusione della sentenza della Corte internazionale
di Giustizia secondo cui la politica israeliana nei territori viola
il diritto internazionale, Smotrich e l'altro ministro di estrema
destra, quello della Sicurezza Nazionale Itamar Ben Gvir hanno
dichiarato che la sola risposta che hanno per la Corte è
l'annessione di nuove, vaste parti della Cisgiordania.
Peace Now è un'organizzazione non governativa israeliana, nata con
lo scopo di informare l'opinione pubblica e fare pressione sul
governo sulla necessità di giungere a una pace giusta e alla
riconciliazione con il popolo palestinese secondo la formula "pace
in cambio di territori". Per questo da decenni monitorano gli
episodi di violenza nei territori occupati e gli espropri.
Coi loro dati alla mano, gli ultimi permessi abitativi sono «il più
grande sequestro di terra dagli Accordi di Oslo», dati che fanno del
2024 l'anno record di espropri di terreni (cioè un totale di 5800
acri della Cisgiordania occupata dichiarati terreni statali
israeliani dall'inizio dell'anno).
Secondo un'altra organizzazione israeliana che mappa gli abusi nei
territori palestinesi occupati, B'Tselem, «la violenza dei coloni
non è separata dalla violenza dello Stato. È un braccio non
ufficiale dello Stato per impossessarsi della terra palestinese. Era
il loro piano prima, e lo è adesso. Ora in più stanno sfruttando la
guerra a Gaza per impossessarsi in massa della terra palestinese».
Solo dal 7 ottobre sono 18 le comunità pastorali sfollate
forzatamente dalle loro case che hanno lasciato centinaia di
palestinesi in rifugi temporanei o senza casa. Come Wadi al Seeq.
Da quando sono scappati via, la figlia di Abu Bashar che ha undici
anni, non vuole più andare a scuola. Dice solo che ha una «paura
terribile» di incontrare i coloni e i soldati. Così trascorre il
tempo al primo piano di una casa in costruzione di Rammoun, dove due
delle trenta famiglie hanno trovato ospitalità per qualche mese,
insieme al loro gregge.
Le altre sono sparse altrove. È la comunità, prima delle baracche, a
essere stata distrutta. La sua storia, il suo passato e – nella
dispersione di tutti– anche il suo futuro.
Abu Bashar dice che la morte di un villaggio è come la morte di una
persona cara, amata. E dice che la comunità di Wadi al Seeq, che non
esiste più, era come un albero. Che ora è stato strappato via con la
forza dalle sue radici e buttato via.
INACCETABILE : Raid israeliano sullo Yemen in fiamme la città di
Hodeidah QUALE "Risposta ai terroristi"?
«Quando è troppo è troppo», ha sintetizzato un funzionario militare
israeliano commentando i dettagli dell'operazione "Lunga mano". I
jet dello Stato ebraico – 12 aerei da combattimento tra cui F-15 –
hanno colpito «obiettivi militari» nel porto di Hodeidah in Yemen.
Non un porto «innocente», ha precisato il premier Benjamin Netanyahu
commentando la missione alla vigilia della sua partenza per
Washington. Perché Israele ritiene che anche alla regia di questa
nuova ed ennesima accelerata verso il caos nella regione ci sia il
regime degli ayatollah, che nelle parole del capo di Stato maggiore
Herzi Halevi è la «piovra» i cui tentacoli si estendono oltre ogni
confine della guerra multifronte che Israele sta combattendo dal 7
ottobre.
L'attacco, ha dettagliato l'esercito, ha preso di mira «depositi
dove gli Houthi immagazzinavano armi dall'Iran» allo scopo di
inibirne l'importazione e, obiettivo non secondario, danneggiare le
entrate del gruppo islamico sciita. A generare l'impressionante
colonna di fumo e fiamme sono stati «raffinerie di petrolio e
infrastrutture elettriche», ha denunciato il portavoce degli Houthi.
Si è trattato di «target che avevano un duplice utilizzo: come base
per attività terroristiche e altre infrastrutture, incluse alcune
per produrre energia», ha precisato una fonte militare israeliana.
Il bombardamento, rivendicato dal portavoce di Tsahal, è stato
lanciato in «risposta alle centinaia di attacchi sferrati contro lo
Stato di Israele negli ultimi mesi». Ma, inequivocabilmente, la
linea rossa che adesso fa temere un nuovo salto verso l'escalation
regionale è stata varcata dai "Sostenitori di Dio" con il lancio del
drone verso Tel Aviv, nella notte tra giovedì e venerdì, ed esploso
nella micrometropoli sul Mediterraneo, nei pressi dell'ambasciata
statunitense, provocando una vittima civile.
Incassata la solidarietà e la gratitudine di Hamas e registrati
«diversi morti e feriti» in numero imprecisato dal Ministero della
Sanità dello Yemen citato dalla tv Al Masirah e da altri media della
regione, gli Houthi hanno minacciato «una ritorsione efficace»
all'operazione israeliana "Lunga mano" a Hodeidah.
Lasciando il centro di comando dell'aviazione militare dopo la
riunione di aggiornamento con il primo ministro Netanyahu e il
ramatkal Halevi, il ministro della Difesa Yoav Gallant ha commentato
l'azione israeliana compiuta a 2 mila chilometri di distanza.
«L'incendio che sta bruciando a Hodeidah è visibile in tutto il
Medio Oriente – ha detto – e il suo significato è chiaro. Gli Houthi
hanno sferrato oltre 200 attacchi contro di noi. Abbiamo risposto la
prima volta che hanno fatto del male a un cittadino israeliano».
«Israele ha informato gli Stati Uniti, ma l'attacco è stato opera
esclusivamente di Israele», ha precisato il portavoce militare
Daniel Hagari. L'ha confermato la Casa Bianca. Il presidente Joe
Biden ha ricevuto un briefing sugli sviluppi in Medio Oriente ma gli
Usa non sono stati coinvolti e non hanno coordinato la missione in
Yemen. E non c'è stata nemmeno partecipazione dell'Italia,
nonostante la voce sia circolata in rete in Libano e in alcuni Paesi
arabi. L'hanno smentito fonti del governo italiano, definendo tali
indiscrezioni nient'altro che «informazioni false».
Questa sera Netanyahu partirà per Washington. Ha in programma un
incontro con il presidente Biden e il suo staff sta cercando di
ottenere udienza anche dal candidato Donald Trump, favorito da Bibi
(il diminutivo del premier israeliano) che non ne fa mistero.
Mercoledì, scopo ufficiale del viaggio, interverrà al Congresso Usa,
per la quarta volta nel suo ruolo. —
MOLTO BENE : I ribelli
mafia
Riccardo Arena
Giuseppe Legato
Ci sono due narcos (oltre che affiliati di rango) che hanno spostato
tonnellate di cocaina e hashish per i principali cartelli della
‘ndrangheta dai porti di Santos e Paranagua verso l'Italia, passando
dagli scali commerciali di Rotterdam e Anversa. C'è un rampollo del
clan Palermiti di Japigia finito nella maxi retata che a marzo ha
scatenato un putiferio politico a Bari alla vigilia delle elezioni
comunali ed europee, ma anche il killer della mafia etnea. Ci sono –
ancora – l'ex capo stragista della Mafia Garganica e il figlio (e
nipote) dei grande boss di Limbadi, roccaforte della malavita
calabrese in provincia di Vibo Valentia.
La generazione dei trentenni
Tutti hanno tra i 30 e i 40 anni. Alcuni di loro sarebbero stati le
colonne del futuro, sono diventati invece la dinamite per far
saltare in aria almeno un pezzo di passato. Profili e pesi specifici
diversi, ma tutti hanno seguito il copione scelto da Domenico
Agresta di Volpiano (Torino) che nel 2016 ha aperto il libro mastro
delle cosche e si è pentito di fronte alla Dda di Torino a 28 anni
appena compiuti.
Se fosse un film sarebbe "Le mafie tradite dai figli più giovani",
ma questa è una storia vera e racconta come il fenomeno del
pentitismo, negli ultimi tempi, viva una stagione particolare (o
comunque rara) che conta sempre più rampolli, poco più (o poco meno)
che trentenni nei ranghi di chi collabora con lo Stato. Bando a
trionfalismi inopportuni (i numeri non sono rivoluzionari e continua
ad esserci una richiesta di ingresso nella malavita), tantomeno ad
analisi sociologiche complesse e figlie – comunque - di spinte
eterogenee, ma è un fatto che il vincolo di omertà con
organizzazioni chiuse che di questo (dell'omertà) hanno fatto per un
secolo e mezzo il principale muro di contenimento a defezioni e
voltaspalle, vacilli di più all'ombra delle generazioni giovani.
Diranno, i boss ancora in pectore, che «non ci sono più i mafiosi di
una volta» e che i giovani «non reggono più il carcere, non se lo
vogliono fare» (dichiarazioni agli atti di inchieste), ma appare
limitante (e fin troppo interessata) l'analisi in questi termini.
Qualcosa di più dell'esclusiva propria convenienza (che pure esiste)
si intravede dietro queste scelte: in alcune c'è forse un filo che
non è più "corda" e che si rompe. Che non regge alle spinte della
modernità e che tradisce per prima la mafia calabrese così
visionaria nella gestione avanguardistica degli affari, così
incapace di flettere la propria ancestralità per trasportarla nei
tempi contemporanei. Ve ne è ampia traccia in un testo del saggista
Arcangelo Badolati edito da Luigi Pellegrini editore.
Convenienza e famiglia
L'ultimo in ordine di tempo è Vincenzo Pasquino, 34 anni, nato a
Volpiano, provincia di Torino, ma con salde radici a Platì, capitale
delle cosche nel mondo. Se – lo scorso maggio - si è pentito perché
ha accolto in ritardo le richieste della moglie non si sa ancora.
Certo è che i suoi primi tre verbali depositati dall'Antimafia sono
più di un presagio del futuro che attende le cosche del Torinese, in
Lombardia e Calabria. Memorabile la sua (intercettata) professione
di fede di fronte alla consorte che lo metteva in guardia dal farsi
"usare" dai boss di Volpiano: «Non mi chiedere di scegliere tra te e
loro perché se lo fai allora caccio te. Questi mi hanno cresciuto!
Quando non avevo 5 euro per le sigarette loro c'erano».
Agresta, il più giovane padrino della ‘ndrangheta pentito, dice a La
Stampa da una località segreta che per cambiare vita davvero «serve
che fuori dalla mafia ci sia qualcosa che ti affascina di più, che
ti appassiona al tal punto da farti lasciare indietro finte regole e
pseudo valori. Può essere un amore, una moglie, un figlio. Io ho
scelto la mia libertà».
E in nome di una catarsi di questo tenore (almeno negli intenti) si
è pentito lo stragista del Gargano Marco Raduano. Il 24 febbraio
2023 era clamorosamente evaso dal supercarcere Badu e Carros. Il
video era diventato virale sui social sulle note della canzone
"Maresciallo non mi prendi". Una beffa in mondovisione. Ricatturato
dai carabinieri del Ros guidati dal colonnello Massimo Corradetti e
dal procuratore di Bari Roberto Rossi, ha fatto trascorrere poche
settimane e ha scritto una lettera agli inquirenti. Nel carcere
dell'Aquila, lo scorso 20 marzo dice ai magistrati di aver maturato
questa scelta «per dare un futuro a mio figlio, per cambiare vita e
anche perché sono stato vittima di diversi tentativi di omicidio,
perché vorrei condurre una vita da normale cittadino e perché sono
pentito e dispiaciuto per quello che ho fatto». Si è autoaccusato di
5 omicidi «ma sono coinvolto in altri 10».
"Mio padre sempre in carcere"
Ed è di due anni fa una eloquente intervista a uno speciale del Tg1
di Emanuele Mancuso, 36 anni, figlio di Pantaleone "L'Ingegnere" e
di Luigi alias "Il Supremo" principale imputato della più grossa
inchiesta contro la ‘ndrangheta nella storia, Rinascita Scott (445
imputati): racconta che lui decise di saltare il fosso «quando
mancavano 7 giorni alla nascita di mia figlia e io ero in carcere».
Aggiunse: «Volevo un maschio per continuare la tradizione
‘ndranghetista, ma poi quando è nata mia figlia ho sentito qualcosa
dentro che mi ha convinto a pentirmi. Ho vissuto – ha detto -
un'infanzia difficile. Nemmeno il tempo di uscire che mio padre già
era in carcere, avrò trascorso due o tre festività con la mia
famiglia. Mia figlia non deve vedere quello che ho visto io, non
deve vivere come me». Ovvero? «Stavo sempre alla finestra e
piangevo, i carabinieri andavano e venivano da casa mia: era un
incubo». E sempre di famiglia parla nei primi verbali l'ultimo – in
ordine di tempo – collaboratore della mafia barese Michelangelo
Maselli. Sta chiarendo in prima battuta alcuni omicidi del passato:
c'è tempo per raccontare come i clan Palermiti e gli alleati Parisi
abbiano inquinato i gangli vitali del capoluogo pugliese.
La decisione dopo gli arresti
Ha solo 27 anni e fa parte di uno dei clan più sanguinari
irriducibili di Catania: Salvatore Privitera, nel suo ambiente
conosciuto come Sam, si è pentito da pochi giorni, dopo avere
rimediato una condanna all'ergastolo per l'omicidio di Enzo
Timonieri, detto Caterina o il Ballerino, assassinato nel 2021,
quando "Sam" aveva solo 24 anni. La scelta di parlare con i
magistrati è legata alla prospettiva di trascorrere in carcere tutta
la vita, dopo la condanna alla massima pena. La famiglia di Sam
Privitera fa parte del gruppo dei Nizza, legato ai
Santapaola-Ercolano, i signori della mafia etnea, legati – in
particolare don Nitto Santapaola, in cella al 41 bis dal 1993 – agli
stragisti corleonesi della Sicilia occidentale. Nonostante il
collegamento con l'élite di Cosa nostra catanese. Il suo prozio,
omonimo, aveva già intrapreso la strada della collaborazione circa
trent'anni fa. Le sue orme ora sono state seguite dal pronipote,
classe 1997, che all'epoca non era nemmeno nato.
Da un anno e mezzo collabora con i magistrati della Dda di Torino
Vittorio Raso, 42 anni, narcos di livello internazionale di stanza
in Spagna legato mani e piedi («È il loro Vangelo») alle potenti
famiglie Crea egemoni nel Torinese. Nella doppia veste di boss e
broker, ha – per anni – inviato in Italia tonnellate di droga
soprattutto hashish, ma anche cocaina. Il suo "pentimento" arriva
all'esito di una complessa indagine della squadra Mobile di Torino:
viene fermato sull'Avenida dels Banys, località a cinquanta metri
dalla spiaggia di Castelldefels, comune in provincia del capoluogo
catalano dimora di vip e di numerosi giocatori del Barcellona
calcio. A luglio 2023 la procura chiude una grossa inchiesta della
polizia: arrestano fiancheggiatori e fedelissimi, i poliziotti gli
sequestrano quasi 2 milioni di euro in contanti nascosti dentro una
giara dell'olio e imbustati insieme a chicchi di riso per non
ammuffire sottoterra. Ha sul groppone una condanna a 18 anni ormai
definitiva. L'11 agosto atterra all'aeroporto di Caselle e la Mobile
lo aspetta ai piedi della scaletta, lui in quel momento ha già
deciso. Vuole parlare col pm Valerio Longi: «Non voglio più stare
lontano da mio figlio».
21.07.24
"I giudici smentiscono la Lega Il governo cambi la legge quadro" Edoardo Izzo
ROMA
«La decisione della Consulta dimostra che il problema dell'accesso
di nuovi operatori nel mercato del Ncc non è una questione che
riguarda solo il Ministero dei Trasporti, ma ha forti impatti sul
turismo, sull'economia, sulla reputazione del nostro Paese
all'estero e perfino sul diritto alla mobilità negato ai cittadini,
ai lavoratori e alle imprese. A questo punto è necessario un
intervento immediato del governo per riformare la legge quadro».
Francesco Artusa, presidente di Sistema Trasporti, l'associazione
per il trasporto privato di Ncc e bus turistici con più iscritti,
commenta così la sentenza di ieri.
Avete provato a parlare con Salvini?
«Più volte ma le nostre proposte non sono mai state prese in
considerazione. Gli ultimi scioperi dei tassisti, scarsamente
partecipati, hanno dimostrato che Salvini ormai conduce una
battaglia residuale a difesa di una legge di trentadue anni fa che
ormai non ha più senso, mentre l'abusivismo - fenomeno sempre più
dilagante - sembra non interessi a nessuno».
Quali sono gli effetti della sentenza?
«Saltato il blocco, gli oltre 8 mila Comuni italiani potrebbero
teoricamente emettere nuove autorizzazioni Ncc senza alcuna
programmazione, col rischio di passare dalla carenza all'eccesso di
offerta in pochi mesi. Per questo è indispensabile una modifica
della legge quadro che sposti la programmazione a livello regionale,
dove è possibile avere norme in grado di mantenere l'equilibrio tra
domanda e offerta. Lo hanno capito in tutta Europa: solo in Italia
sono ancora i Comuni a ricoprire questo ruolo».
Cosa vi ha colpito di questa sentenza?
«I toni molto duri usati dai giudici nel descrivere un Ministero
totalmente disinteressato ai pareri delle autorità garanti, alla
costituzione, al diritto comunitario, ma ciò che è peggio ai
cittadini. Amministratori senza scrupoli che non esitano a
calpestare tutto e tutti pur di accontentare una categoria ritenuta
amica. La sentenza era già stata ampiamente annunciata con una
ordinanza di un paio di mesi fa. Ciononostante il ministro ha varato
il 2 luglio un decreto attuativo per prolungare il blocco e per
obbligare gli Ncc a violare la privacy dei propri clienti. Per
questo saremo costretti, con la federazione MuoverSì, a impugnare il
decreto davanti al Tar».
Le ripercussioni nei confronto dei taxi?
«La riforma della legge quadro può essere l'occasione per trovare un
compromesso ragionevole tra le parti. Il mondo è cambiato e la
domanda di mobilità non solo è cresciuta in modo esponenziale, ma ha
ancora grandi potenzialità di crescita: penso che ci sia spazio per
tutti. La tensione dipende anche da quella politica che ha
assecondato i tassisti per troppi anni. Ora bisogna sedersi a un
tavolo per trovare una soluzione accettabile per tutti. Noi siamo
disponibili come lo siamo sempre stati»
l'intercettazione tra rossi e moncada
Il tecnico "stupido" e le pubblicità in tv
genova L'editore di Primocanale Maurizio Rossi, nonché numero uno
della Programmazioni Televisive spa (Ptv) e di Terrazza Colombo,
location sopra la quale è posizionato il maxi schermo al centro
delle indagini, intercettato dalla Finanza nello studio di Giovanni
Toti mentre programmava quello che per i pm era un accordo volto al
finanziamento illecito, aveva già una exit strategy ben delineata.
«Io posso dire - spiegava Rossi all'ex manager di Esselunga
Francesco Moncada - che gli do 10 passaggi al giorno (spot
elettorali alla lista Toti, ndr). Poi gliene do 50. Ho uno che fa la
programmazione che la sbaglia regolarmente... è veramente stupido».
Così i finanzieri hanno rintracciato e interrogato quel tecnico
definito «scemo» da Rossi. È una donna, F.C. le sue iniziali, di 49
anni, che è stata sentita il 7 luglio scorso dalle Fiamme Gialle.
Ora quelle parole rischiano di aprire un ulteriore filone di
indagine. La programmatrice ha spiegato ai militari di «essere lei
l'addetta incaricata di inserire il numero di passaggi delle clip».
E ha aggiunto: «Per i contratti della lista Toti ricordo che abbiamo
ricevuto indicazione da Rossi di caricare qualche passaggio in più».
Non è escluso ora che i finanzieri cerchino ulteriori passaggi
"clandestini" a favore di altri partiti politici. Scrive la Procura
nel capo di imputazione, contenuto nell'ordinanza di custodia
cautelare firmata dalla giudice Paola Faggioni: «I passaggi erogati
da Ptv spa sono stati offerti da Esselunga in maniera occulta»
Spot elettorali 2022, nuovi guai per Toti Più vicina l'ipotesi del
processo immediato
Marco Fagandini
Tommaso Fregatti
Genova
Nel giorno in cui il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti,
ora sospeso dalla carica, non risponde alle domande del giudice dopo
aver ricevuto la seconda ordinanza cautelare, a parlare sono le
nuove accuse che, ora dopo ora, vengono meglio cristallizzate dagli
inquirenti. Toti e Maurizio Rossi, ex senatore, responsabile della
società Programmazioni Televisive spa (Ptv) ed editore
dell'emittente locale Primocanale, sono indagati per finanziamento
illecito anche per quanto riguarda la campagna elettorale per le
politiche del 2022. Nel mentre, la Procura sta valutando se
richiedere il processo immediato per Toti, l'imprenditore portuale
Aldo Spinelli e l'ex capo del porto genovese Paolo Emilio Signorini.
Tutti accusati di corruzione e ai domiciliari (Signorini è uscito
dal carcere lunedì).
Le pubblicità nel mirino
Come riferisce anche la gip Paola Faggioni nell'ultima ordinanza
che, giovedì, ha disposto nuovi arresti domiciliari per il
presidente ligure, il nucleo di polizia economico-finanziaria della
Finanza ha ricostruito come Rossi avrebbe di fatto regalato alla
lista "Noi moderati - Italia al centro con Toti", i cui esponenti
erano candidati alle politiche, più di 1.500 spot elettorali sul
maxi schermo gestito da Ptv spa e che sovrasta la sede di
Primocanale. A fronte di un contratto stipulato con il Comitato
Giovanni Toti Liguria per soli 30 passaggi di una clip, per un
totale di 450 euro. Mentre il valore complessivo degli spot
trasmessi sul maxischermo - 1.598 per la precisione - per chi indaga
è stato di 24.420 euro. Chi ha pagato quei 23.970 euro mancanti?
Le ipotesi su cui lavorano gli investigatori, sono di fatto due: o
qualcuno ha pagato i passaggi in più, com'è accusato di aver fatto
l'ex manager di Esselunga Francesco Moncada per le comunali del
2022, oppure sono stati un regalo dello stesso Rossi a Toti. E
quindi l'editore avrebbe violato la legge, erogando un finanziamento
sotto forma di spot «senza alcuna delibera da parte dell'organo
sociale competente, senza una regolare iscrizione a bilancio e senza
procedere ad alcuna dichiarazione congiunta» con lo stesso Toti, da
inviare poi alla Camera dei deputati, come scrive Faggioni
nell'ordinanza. Fondi, quindi, «occulti», spiega la magistrata. I
finanzieri stanno cercando di comprendere se vi siano altri
contratti collegati a questa partita, come ritengono sia accaduto
per Esselunga alle comunali 2022. Oppure se, come ipotizza la
giudice sulla scorta di quanto raccolto sinora dai militari, a
sovvenzionare la lista di Toti sia stato in quell'occasione
direttamente Rossi.
In Cassazione senza Riesame
La nuova ordinanza è relativa all'accusa di finanziamento illecito,
che per chi indaga è alla base dell'episodio corruttivo che riguarda
l'apertura di nuovi punti vendita Esselunga a Sestri Ponente e
Savona. Sono indagati rispetto a questa tranche Toti, Rossi, l'ex
capo di gabinetto della giunta regionale Matteo Cozzani e l'ex
manager di Esselunga Francesco Moncada (gli ultimi due si sono
dimessi dalle loro cariche).
L'avvocato di Toti, Stefano Savi, ha depositato ieri il ricorso in
Cassazione contro la decisione del tribunale del Riesame di non
revocare i domiciliari cui è sottoposto dal 7 maggio il presidente
regionale. Per quanto riguarda l'ultima ordinanza invece, è molto
probabile, ha spiegato il legale, che non vi sia il passaggio al
Riesame, ma un ricorso direttamente alla Corte suprema. Savi, ieri,
ha rivendicato le prerogative della difesa, spiegando che «in questa
fase i diritti dell'indagato sono importanti ma non tantissimi. Non
chiederemo di essere sentiti dai pm, Toti ha già parlato».
I requisiti per il rito immediato
Crescono le possibilità che i pm decidano di chiedere il giudizio
immediato per Toti, Aldo Spinelli e Signorini per l'accusa di
corruzione per le concessioni in porto del Terminal Rinfuse e di
Calata Concenter, per la spiaggia di Punta dell'Olmo, tra Varazze e
Celle Ligure, che Spinelli voleva ad uso privato per collegarla al
proprio complesso residenziale e per l'apertura del nuovo
supermercato Esselunga a Sestri Ponente.
Per chiedere l'immediato, si devono attendere i dieci giorni di
tempo che Toti ha per contestare la nuova ordinanza al Riesame.
Dovesse farlo, l'ipotesi immediato si allontanerebbe, come prevede
la norma. Insomma, ai primi di agosto la richiesta potrebbe partire.
A quel punto il gip fisserebbe la prima udienza saltando la fase
dell'udienza preliminare. La prima seduta potrebbe essere a
novembre.
Il via libera della giudice
In stand by dopo la tempesta della seconda ordinanza di custodia,
ieri gli incontri politici chiesti da Toti sono stati nuovamente
autorizzati (di persona). Ieri non è stato possibile confermare
quello con il leader della Lega Matteo Salvini. E oggi non ci sarà
l'incontro con l'assessore regionale Marco Scajola. Verrà stilato un
nuovo calendario. Che oltre a questi due esponenti includerà, come
autorizzato dalla giudice, anche il vice ministro della Lega Edoardo
Rixi e il coordinatore regionale di Forza Italia Carlo Bagnasco.
La replica dell'Anm a Nordio
«Il ministro della Giustizia non perde occasione per mostrare quanto
sia poco interessato a tutelare nei fatti l'indipendenza della
magistratura e la credibilità dell'istituzione giudiziaria», ha
fatto sapere l'Associazione nazionale magistrati in risposta alle
frasi del Guardasigilli che durante un question time aveva detto di
«non aver capito nulla» del testo del provvedimento che rigettava la
richiesta di revoca dei domiciliari a Toti. «Non v'è spazio nella
nostra democrazia – precisano nella nota - per pretese di impunità
per quanti hanno ricevuto un mandato elettorale, perché anche la
sovranità popolare, di cui gli eletti sono espressione, incontra
limiti, quelli posti in Costituzione».
Un'altra tegola sull'assessore all'Urbanistica della giunta Lo Russo
L'inchiesta a Milano su tre palazzine chiamate "Residenze Lac"
" Abuso edilizio" Mazzoleni indagato per la seconda volta
monica serra
Un'altra piccola frana sulla giunta del sindaco Stefano Lo Russo. Il
suo assessore all'Urbanistica Paolo Mazzoleni è indagato (di nuovo).
A Milano, città di nascita dell'ex presidente degli Architetti, è
stato sequestrato un altro cantiere che anche una giudice, oltre
alla procura diretta da Marcello Viola, ritiene fuori legge. Si
tratta delle "Residenze Lac": tre palazzine di nove, dieci e tredici
piani (per un totale di 77 appartamenti) che sorgono in via Cancano
sulle ceneri di un vecchio sito industriale ormai dismesso davanti
al parco delle Cave, un'area che il piano del governo del territorio
approvato dal Comune riconosce di «interesse ecologico e preordinata
alla realizzazione di interventi naturalistici a tutela degli
elementi rilevanti del paesaggio e dell'ambiente».
Anche questa volta tra gli otto indagati accusati a vario titolo di
lottizzazione abusiva, abuso edilizio, abuso d'ufficio e falso
figura l'assessore all'urbanistica di Torino, Paolo Mazzoleni, in
qualità di progettista incaricato dalla Lake park srl in fase di
istruttoria. L'architetto era già stato indagato ad aprile 2023 con
l'accuso di abuso edilizio nella realizzazione di una palazzina in
fase di costruzione in piazza Aspromonte, zona città Studi, sempre a
Milano.
Su ordine della gip Lidia Castellucci, il Nucleo di polizia
economico finanziaria della Gdf ha ieri messo i sigilli all'intero
cantiere di via Cancano pensato – come si legge nel decreto -
«vanificando la potestà pubblica di programmazione territoriale» a
«vantaggio di interessi privatistici», cioè senza valutare la
«concreta conformazione del territorio» su base «razionale» ed
«equilibrata». Come emerge dall'inchiesta dei pm Marina Petruzzella,
Mauro Clerici e Paolo Filippini, l'opera è stata progettata in base
a una «convenzione urbanistica», stipulata da un dirigente comunale
davanti a un notaio e non sottoposta all'approvazione del Consiglio
o della giunta, perdipiù tramite una semplice Scia e sacrificando
gli oneri di urbanizzazione. Tant'è che il sequestro è motivato
dalla necessità di fermare il «pericolo di aggravamento» dati i
«lavori ancora in corso» e la «prosecuzione delle opere» che
aumentando il «carico urbanistico» provocano il «pericolo, concreto
ed attuale, di lesione degli interessi presidiati dalla normativa
edilizia.
Ma Mazzoleni non è l'unico indagato nella giunta Lo Russo. A fargli
"compagnia" è Marco Porcedda, il neo assessore alla Sicurezza, sotto
accusa per abuso d'ufficio e rivelazione del segreto istruttorio:
avrebbe sfruttato il suo ruolo di militare per aiutare un'amica,
procurandole un documento riservato su una vicenda che la coinvolge
la donna e il suo ex marito. Con lui anche l'assessore ai Grandi
Eventi Mimmo Carretta, che con la presidente del Consiglio comunale
Maria Grazia Grippo (e il deputato dem Mauro Laus) sono iscritti nel
registro degli indagati nell'inchiesta sulla Rear, la cooperativa
multiservizi che si occupa di vigilanza di cui sono stati
dipendenti.
Ad attaccare sulla vicenda è Forza Italia, che si riferisce alla
protesta di piazza in Liguria contro Giovanni Toti: «Il secondo
avviso di garanzia raccolto dall'assessore all'Urbanistica del
Comune di Torino Paolo Mazzoleni ci sconcerta. Forza Italia come
sempre è garantista e coerentemente è convinta che l'assessore
riuscirà ad uscire estraneo agli addebiti. Ci domandiamo però dove
sia il Pd, dove siano le manifestazioni di piazza per chiedere le
dimissioni di esponenti politici raggiunti da provvedimenti
giudiziari».
20.07.24
Chiuso il terzo plenum del partito comunista: misure di emergenza
per il settore immobiliare
Xi punta sull'hi-tech e prenota il potere fino al 2033
lorenzo lamperti
taipei L'era della crescita imponente e sregolata è finita. Da un
po' ne è cominciata un'altra, in cui va anche «mangiata amarezza»,
come ammesso dallo stesso Xi Jinping un anno fa, mentre si completa
la difficile transizione da fabbrica del mondo a società di consumi
ad alta qualità. La Cina prova ad accelerare il processo, come si
evince dalla chiusura del terzo plenum, cruciale vertice del
Comitato centrale del Partito comunista sulle politiche economiche.
Ma dal documento finale, diffuso dopo quattro giorni di incontri a
porte rigorosamente chiuse, non traspaiono quelle imponenti misure
di stimolo alla domanda e al settore immobiliare che diversi
analisti speravano di vedere. E nemmeno grandi riforme, nonostante i
media di stato paragonino Xi a Deng Xiaoping, il leader
dell'apertura al mondo e al mercato.
Tra gli impegni del Partito, ci sono quelli di contenere il debito
dei governi locali e ridurre le disuguaglianze sociali, con una
migliore allocazione delle risorse tra città e campagne. Si legge
poi della necessità di «disinnescare il rischio» del crollo
dell'immobiliare, che lascia pensare a operazioni tampone come
l'acquisto di case invendute. Predisposta anche l'eliminazione delle
restrizioni sul mercato, «garantendo al contempo una
regolamentazione efficace». Tradotto: il guinzaglio alle imprese
private verrà allentato, ma non troppo.
La sensazione è che il focus principale sia su produzione e messa in
sicurezza delle catene di approvvigionamento. Ecco allora la
centralità delle «nuove forze produttive», l'ultimo mantra di Xi. Il
riferimento è ai settori innovativi dello sviluppo high-tech:
microchip e intelligenza artificiale, coi funzionari che testano le
applicazioni generative per garantire che «incarnino i valori
socialisti». Ma anche e soprattutto l'industria tecnologica verde
con batterie, pannelli solari e auto elettriche. Vale a dire il
comparto nel mirino dei dazi dell'Occidente, preoccupato
dall'eccessivo export cinese. Basti guardare agli ultimi dati. Da
una parte, i consumi cresciuti solo del 2% a giugno, quasi la metà
del 3,7 di maggio e ben sotto le attese del 3,3. Dall'altra parte,
il +8,6% dell'export contestuale a un -2,3% dell'import e al record
storico di surplus commerciale dal 1990.
Gli obiettivi fissati dal plenum vanno raggiunti entro il 2029. Un
orizzonte temporale di medio periodo che pare implicitamente
anticipare un quarto mandato di Xi dopo il prossimo Congresso del
2027. Nel frattempo, il leader si è ufficialmente sbarazzato di Li
Shangfu, ex ministro della Difesa espulso per corruzione, e di Qin
Gang, ex ministro degli Esteri di cui il plenum ha accettato le
«dimissioni».
GOVERNO IN CADUTA LIBERA :
Rosanna Natoli, avvocata siciliana e membro laico del Consiglio, ha
incontrato un giudice sotto inchiesta. Registrata di nascosto,
ammette: "Sto violando il segreto"
La pupilla di La Russa dà le dimissioni dal Csm "Ha violato le
regole"
irene famà
roma
Palazzo Bachelet, Olimpo istituzionale delle toghe, ripiomba nella
bufera dopo le trame che avevano travolto Luca Palamara, il più
giovane presidente dell'associazione nazionale magistrati. Rosanna
Natoli, componente della sezione disciplinare, consigliera laica del
Csm in quota Fratelli d'Italia scelta dal suo concittadino più
illustre, il presidente del Senato Ignazio La Russa, si è dimessa
travolta da uno scandalo. A novembre 2023 ha incontrato la giudice
civile Maria Fascetto Sivillo, sottoposta a un procedimento
disciplinare. Un colloquio privato durato tre ore. Con tanto di
consigli su come affrontare la vicenda. Inopportuno, certo. E pure
non consentito. Tra chi deve giudicare e chi dev'essere giudicato.
A documentarlo è stata proprio Maria Fascetto Sivillo. Che ha
registrato tutto. E il suo avvocato, il legale Carlo Taormina, che
martedì, per il suo coup de théâtre, ha scelto la seduta della
commissione disciplinare. Durante il plenum, deposita la pennetta. E
centotrenta pagine di trascrizione del colloquio.
«Ho una cosa grave da raccontare» sarebbero state le parole della
Sivillo. Poi l'intervento dell'avvocato. E Rosanna Natoli che si
alza e annuncia le sue dimissioni. Il vice presidente del Csm, il
leghista Fabio Pinelli, invia pennetta Usb e plico con le
trascrizioni a piazzale Clodio. E l'avvocato Taormina chiede la
ricusazione di tutti i componenti della sezione disciplinare del
Csm.
Nel frattempo resta lo scandalo. C'è la versione della Sivillo e di
chi la rappresenta. Secondo la quale tutto avrebbe origine intorno
al 2016, da una serie di scontri a Catania con la presidente della
sezione Acagnino e alcuni magistrati come Bruno Di Marco. «Loro
erano della corrente di Palamara, la Sivillo no. Non apparteneva a
nessuna corrente». La Sivillo, così raccontano, avrebbe segnalato
alcune prese di posizioni spavalde in merito ad alcune vicende
immobiliari. Da lì sarebbero nate «denunce incrociate».
Sivillo viene condannata a tre anni e sei mesi dal tribunale di
Catania per aver preteso la cancellazione di una cartella
esattoriale da parte dell'agenzia delle riscossioni siciliana.
«Sentenza annullata in secondo grado. Ora siamo all'appello bis –
dice l'avvocato Taormina –. E verrà tutto prescritto». Restano i
procedimenti disciplinari. «Di cui si è occupato Palamara», è la
parola della difesa di Sivillo. Nel 2019, la giudice viene sospesa
dal Csm. «Misura revocata un anno fa. E rimessa dopo un giorno».
Martedì, a palazzo Bachelet, si discuteva proprio di questo.
Il 3 novembre 2023 l'incontro tra Sivillo e Natoli nello studio di
quest'ultima a Paternò. Alla presenza di due avvocati testimoni.
L'intermediario? Un avvocato pure lui che, per conto di Natoli,
avrebbe contattato la Sivillo. «Per chiarire alcuni punti».
«La sua causa l'hanno perorata in tanti», esordisce la consigliera.
«Mi sono presa sto processo perché lei è amica dei miei amici. E
questa situazione la dobbiamo risolvere. Ma lei ci deve dare una
mano». Si parla di correnti. «Ma poi ci sono stati tanti, c'è stata
Claudia Eccher che mi ha chiesto anche un occhio…un occhio di
riguardo su tante cose». E il riferimento è all'avvocata di Matteo
Salvini, laica del Csm in quota Lega.
Natoli continua con i consigli: «La deve smettere di attaccare certi
magistrati. Lei quel giorno, con quel suo sfogo, mi rovinò il lavoro
che avevo fatto. Se lei, anziché parlare e raccontare tutta la sua
vicenda, avesse detto "io ho subito un sopruso dall'Acagnino in
questi anni", noi a quest'ora oggi eravamo alla censura. E lei se ne
usciva alla grande».
Ad un certo punto Sivillo avrebbe reagito con stizza. «Guarda, puoi
fare tutte le denunce che ti pare ma noi ci facemu i pernacchi». Le
discussioni interne al collegio? La consigliera: «Sto violando il
segreto». Dopo aver sentito la registrazione, Natoli ha dato
immediate dimissioni.
19.07.24
La Corte di giustizia dell'Unione europea ha accolto il ricorso di
cittadini ed europarlamentari sulla mancata trasparenza in merito ai
contratti per l'acquisto dei vaccini contro il Covid-19 stipulati
tra Commissione europea e aziende farmaceutiche
Questo mercoledì il Tribunale dell'Unione europea ha dichiarato che
la Commissione europeanon ha fornito al pubblico un accesso
sufficientemente ampio ai contratti di acquisto dei vaccini Covid-19
stipulati durante la pandemia, accogliendo un ricorso presentato da
europarlamentari e privati cittadini contro la gestione degli
accordi da parte dell'esecutivo europeo.
Tra il 2020 e il 2021 la Commissione europea ha firmato una serie di
contratti di grandi dimensioni con diverse aziende farmaceutiche per
assicurarsi i vaccini contro il Covid-19. Alcuni legislatori del
Parlamento europeo e privati cittadini hanno richiesto, come loro
diritto, di esaminare i contratti e i documenti correlati per
comprenderne termini e condizioni e per assicurarsi che l'interesse
pubblico fosse tutelato.
Alla loro richiesta la Commissione ha risposto concedendo solo un
accesso parziale a tali documenti, che sono stati pubblicati online
in una versione censurata con la motivazione di dover proteggere gli
interessi commerciali e il processo decisionale. A quel punto
eurodeputati e privati si sono rivolti alla Corte di giustizia
dell'Unione europea, chiedendo l'annullamento della decisione
dell'esecutivo europeo di oscurare alcune parti dei contratti.
La sentenza del Tribunale dell'Unione europea
Con la sentenza del 17 luglio il Tribunale dell'Unione europea ha
accolto parzialmente entrambi i ricorsi e ha annullato la decisione
della Commissione europea di pubblicare solo versioni ridotte dei
contratti per l'acquisto dei vaccini Covid-19, in quanto ritenuta
irregolare.
La corte europea ha dichiarato che la Commissione non è riuscita a
dimostrare che l'accesso a determinate clausole - oscurate - avrebbe
compromesso gli interessi commerciali delle aziende coinvolte. Il
Tribunale ha inoltre affermato che la Commissione avrebbe potuto
fornire maggiori informazioni sulle dichiarazioni dei membri del
team che ha negoziato i contratti in merito all'assenza di conflitti
di interesse.
La decisione può essere impugnata dalla Commissione europea entro
due mesi.
Dilemma per i Verdi
La sentenza arriva appena un giorno prima che il Parlamento europeo
voti la riconferma di von der Leyen alla presidenza della
Commissione europea.
Finora la questione non ha influito sulla sua candidatura, ma ora
potrebbe rappresentare un dilemma per i Verdi, tra coloro che hanno
presentato il ricorso alla Corte di giustizia europea contro la
Commissione. Negli ultimi giorni il gruppo è stato corteggiato da
von der Leyen, che spera di ottenere il loro endorsement nel voto di
giovedì.
"Questi contratti riguardano la salute pubblica ed è nell'interesse
pubblico che le informazioni che contengono sui prezzi delle dosi,
sulla responsabilità per gli effetti collaterali, sui tempi di
consegna e su altre informazioni essenziali siano il più possibile
trasparenti e accessibili al pubblico", aveva dichiarato
l'eurodeputata olandese Kim van Sparrentak in un comunicato stampa
dopo aver presentato la domanda alla Cgue.
18.07.24
Arrestato l'assessore Boraso, tra i 20 indagati il sindaco Brugnaro.
Un imprenditore edile e un magnate di Singapore al centro di un giro
di mazzette
Venezia, lo scandalo degli appalti pilotati I pm: "Politici a
disposizione dei privati" LAURA BERLINGHIERI
VENEZIA
Per determinati affari, esisteva un "sistema Venezia". Fatto di un
tessuto imprenditoriale che chiedeva di forzare la mano, per
aggiudicarsi gli appalti alle condizioni più favorevoli. E fatto di
politici compiacenti, che non si tiravano indietro nel piegare la
macchina amministrativa per assecondare i privati.
Una metastasi nella "cosa pubblica" veneziana, nuovamente travolta
10 anni dopo lo scandalo del Mose. Coinvolta dalla testa ai piedi:
Giunta, dirigenti, funzionari del Comune e delle sue società
partecipate. Il sindaco Luigi Brugnaro indagato per corruzione in
concorso con il suo capo di gabinetto e direttore generale del
Comune, Morris Ceron, e con il vice capo di gabinetto, Derek
Donadini. L'assessore alla Mobilità Renato Boraso indagato per
corruzione, concussione e autoriciclaggio, arrestato e ora in
carcere a Padova. Indagati anche Giovanni Seno e Fabio Cacco,
direttore generale e responsabile del settore appalti di Avm, la
società del trasporto pubblico locale.
Più di 20 indagati, 15 misure cautelari e sequestri preventivi per
un milione di euro. Duecento agenti della guardia di finanza al
lavoro ieri, dalle prime ore dell'alba: culmine di un'indagine
innescata da un esposto di fine 2021, coordinata dai pm Roberto
Terzo e Federica Baccaglini e che si è svolta soprattutto
nell'ultimo anno e mezzo. «Indagini classiche, con le
intercettazioni telefoniche e ambientali. E con il riscontro di
quanto emerso nelle telefonate» ha spiegato il procuratore capo di
Venezia, Bruno Cherchi.
Dall'ordinanza del gip Alberto Scaramuzza emerge questo: 6 persone
interdette per 12 mesi dai pubblici uffici, 7 funzionari ai
domiciliari e due indagati in carcere in via cautelare. Si tratta
dell'imprenditore edile Fabrizio Ormenese e di Renato Boraso.
È lui l'uomo chiave attorno alla quale ruota buona parte
dell'inchiesta. Si rivolgeva a lui, il 17 marzo 2023, il sindaco
Brugnaro in una telefonata (intercettata): «Tu non mi ascolti, tu
non capisci un c… Mi stanno domandando che tu domandi soldi. Tu non
ti rendi conto, rischi troppo. Se io ti dico di stare attento, ti
devi controllare». E l'assessore lo avrebbe ascoltato, ma un anno
dopo, tentando di disfarsi delle prove a suo carico.
Renato Boraso, una vita nel centrodestra cittadino: da Forza Italia
alla lista Brugnaro, accanto al simbolo di Coraggio Italia, il
partito fondato dal sindaco con Giovanni Toti. Uomo della pubblica
amministrazione, in realtà a disposizione degli imprenditori, per
conto dei quali interveniva sugli uffici comunali – «ridotti al
servizio del privato», si legge nell'ordinanza del gip – per
orientare le aggiudicazioni degli appalti. Uomo della pubblica
amministrazione, che «ha sistematicamente mortificato la propria
pubblica funzione, svendendola agli interessi privati».
La procura gli contesta 11 episodi, dal 2015. Macroscopico è il caso
della vendita al ribasso di Palazzo Papadopoli, a Venezia, dal 2018
di proprietà del magnate Ching Chiat Kwong, riuscito ad
aggiudicarselo per poco più di 10 milioni di euro, nonostante il suo
valore si attestasse attorno ai 14 milioni. Per il favore,
l'assessore avrebbe ottenuto 73.200 euro sotto forma di consulenze -
mai avvenute - da parte della società Stella Consulting, di cui
Boraso è azionista insieme alla moglie.
E alla svendita del palazzo sono legate anche le posizioni di
Brugnaro e dei suoi due collaboratori. I quali – è la teoria della
procura – avrebbero accettato di abbassarne sensibilmente il prezzo
di vendita, «attraverso atti contrari ai doveri di ufficio», per
agevolare un'altra operazione, sempre con il magnate di Singapore,
decisamente più cara al sindaco: la cessione dell'area dei Pili.
Si tratta di un terreno affacciato sulla laguna, di proprietà di
Brugnaro, che lo acquistò per 5 milioni di euro, ma che vide
schizzare il suo valore negli anni della sua amministrazione, grazie
al nuovo Piano comunale urbano di mobilità sostenibile, che proprio
lì avrebbe piazzato il nuovo palasport. Circostanza che aveva fatto
ingolosire Ching Chiat Kwong.
Ha queste coordinate l'imputazione di Brugnaro, Ceron e Donadini. I
quali avrebbero concordato con il magnate di Singapore il versamento
di 150 milioni di euro «in cambio della promessa di far approvare,
grazie al loro ruolo nell'ente comunale, il raddoppio dell'indice di
edificabilità sui terreni in questione e l'adozione delle varianti
urbanistiche che si sarebbero rese necessarie per l'approvazione del
progetto edilizio ad uso anche commerciale e residenziale della
volumetria di 348.000 mq, che sarebbe stato approntato e presentato
da una società di Ching».
Brugnaro nega - le accuse sui Pili e su palazzo Papadopoli, ceduto
«secondo una procedura trasparente» - e si dice a disposizione della
magistratura. Ma intanto ha convocato una riunione urgente della
Giunta, per oggi, mentre l'opposizione ne chiede le dimissioni. —
17.07.24
Otto anni a Masha Gessen in contumacia
La repressione politica in Russia non conosce tregua. Un
tribunale di Mosca ha condannato in contumacia a otto anni di
reclusione la giornalista e attivista per i diritti delle minoranze
sessuali Masha Gessen: una delle voci più critiche nei confronti del
regime di Putin.
Gessen – nota firma del New Yorker e del New York Times - è stata
incriminata in base alla legge bavaglio che di fatto proibisce di
schierarsi apertamente contro l'invasione dell'Ucraina. L'accusa
ufficiale rivolta alla giornalista russo-americana è quella di
«diffusione di notizie false sull'esercito»: un'imputazione di ovvia
matrice politica che secondo la testata online MediaZona deriva
dalla sua denuncia delle terribili atrocità che i soldati russi sono
accusati di aver commesso a Bucha.
L'intervista pare sia stata vista oltre 6,5 milioni di volte in meno
di due anni su YouTube e Masha Gessen era stata inserita nella lista
dei ricercati del regime di Putin già lo scorso dicembre. —
PALESE INGIUSTIZIA :
La Corte d'Appello ha confermato il verdetto del primo grado: "Ci fu
una condotta incauta" I familiari protestano: "Adesso c'è anche la
beffa di dover pagare 26 mila euro di spese legali"
Le tappe della vicenda
L'Aquila, no ai risarcimenti per i ragazzi uccisi dal sisma Un papà:
"Né soldi, né scuse"
flavia amabile
roma
È stata colpa loro se quindici anni fa, mentre la terra tremava a
l'Aquila, sono morti. Ieri la Corte d'Appello ha cancellato le
speranze delle famiglie di sette studenti vittime del crollo della
palazzina in via Gabriele D'Annunzio 14, nel centro storico
dell'Aquila. I giudici hanno confermato la sentenza del tribunale
civile di due anni fa: i giovani non sono morti per effetto delle
parole rassicuranti della Protezione civile. La morte è la
conseguenza di una loro «scelta incauta», senza alcun «nesso» con le
parole arrivate dalle istituzioni. Le famiglie dei sette giovani,
quindi, non solo non hanno diritto al risarcimento ma dovranno
pagare anche le spese legali.
«Ci sono tante cose illogiche in questa sentenza che non riesco a
capire», è il primo commento di Sergio Bianchi, padre di Nicola, una
delle vittime. Le altre sono Ivana Lannutti, Enza Terzini, Michele
Strazzella, Daniela Bortoletti, Sara Persichitti e Nicola Colonna.
Già in primo grado, i familiari delle vittime hanno dovuto
corrispondere circa 12 mila euro di spese processuali a cui si
aggiungono i circa 15 mila del processo in Corte d'Appello, ma
alcune famiglie annunciano il ricorso in Cassazione.
«Come si può demandare la sicurezza ad un ragazzo di 22 anni?»,
chiede Bianchi. «Mio figlio è rimasto a casa perché nessuno gli ha
spiegato come comportarsi. Quella sera spettava alla Protezione
civile creare un'alternativa: non doveva dire di stare tranquilli,
avrebbe dovuto creare un campo con delle tende e spiegare che se si
aveva qualche timore si poteva andare lì. È questo il compito della
Protezione civile».
I giudici la pensano diversamente, sia in primo sia in secondo grado
hanno scagionato la Commissione grandi rischi che pochi giorni prima
aveva rassicurato chi si trovava a L'Aquila nonostante le scosse si
susseguissero da un mese e hanno scagionato la presidenza del
Consiglio dei ministri. «In linea generale, il compendio probatorio
acquisito (convocazione della riunione, verbali della stessa,
deposizioni testimoniali, ndr) - al di là del convincimento del Capo
del Dpc emerso nel corso della conversazione casualmente
intercettata tra lo stesso (Bertolaso, ndr) e l'assessore regionale
(Stati, ndr) - ha smentito o, comunque, non ha dato conferma della
tesi che gli esperti partecipanti alla riunione del 31 marzo - ad
esclusione del De Bernardinis, vice di Bertolaso, il quale,
peraltro, alla stessa non diede alcun contributo scientifico -
avessero, a priori, l'obiettivo di tranquillizzare la popolazione e,
quindi, di contraddire o minimizzare quanto desumibile dai dati
oggetto della loro valutazione scientifica», scrivono i giudici.
La colpa, quindi, è degli studenti, di chi come Nicola Bianchi, che
frequentava da fuorisede la facoltà di Biotecnologie. Veniva da
Monte San Giovanni Campano, un piccolo paese della provincia di
Frosinone, abitava in un appartamento del centro storico e stava
studiando per un esame fissato l'8 aprile, due giorni dopo.
«Mio figlio non poteva sapere che cosa era giusto fare quella notte.
Da anni denuncio le mancanze della Protezione civile e ora non
riesco a non pensare che la sentenza voglia colpire me che da anni
mi espongo e cerco di far capire che cosa non ha funzionato quella
notte. Non hanno capito che non chiedevo risarcimenti stratosferici.
Né i soldi né una sentenza avrebbero potuto restituirmi mio figlio,
mi sarebbe bastato che qualcuno avesse ammesso di aver sbagliato e
mi avesse chiesto scusa. Invece mi hanno colpito di nuovo e ora non
so che fare».
Sergio Bianchi ha lavorato per oltre 40 anni come operatore del 118,
da qualche mese è in pensione. Dal 6 aprile del 2009 la vita
dell'intera famiglia è stata stravolta. «Ho anche una figlia che non
si è mai ripresa dal dolore per la perdita del fratello. Deve
sottoporsi alle visite con il logopedista e lo psicologo», racconta.
«Oltre a tutto questo, devo trovare 26mila euro per pagare le spese
tra primo e secondo grado e non so assolutamente dove trovarli»,
confessa. Poi, aggiunge: «Forse ricorreremo in Cassazione ma non ho
grandi speranze. La decisione è questa e io non so più che fare,
sono avvilito, sfiduciato. Forse scriverò al presidente Mattarella,
spero che almeno lui vorrà ascoltarmi».
Schiaffo alla Crt, resta fuori Lucia Calvosa L'ente torinese resta
senza rappresentanti
La vicenda della Fondazione Crt fa capolino anche dietro le quinte
delle nomine in Cassa depositi e prestiti. Il giorno in cui si era
insediato il nuovo consiglio di indirizzo della fondazione torinese,
l'allora presidente ad interim Maurizio Irrera aveva deciso di
"suggerire" Lucia Calvosa nel board di Cdp. Infatti sarebbe spettato
a Palazzo Perrone scegliere e il nome proposto è stato quello
dell'ex presidente di Eni. Il vento, però, è poi cambiato e
l'indicazione non è stata confermata. Anzi. Alla fine Calvosa è
stata esclusa e sembra che non sia stata nemmeno davvero considerata
nella lista dei personaggi tra cui scegliere. Fondazione Crt intanto
ha votato per Anna Maria Poggi come presidente. E altri enti di
origine bancaria hanno approfittato per far valere le loro
preferenze. Uno schiaffo a Irrerra? Possibile, ma anche un indice di
quanto l'incognita del commissariamento stia incidendo. Da ambienti
romani si vocifera pure di un tentativo dia parte di persone vicine
a Guzzetti di scongiurare commissariamento accettando il cambio
dello statuto con l'ampliamento del numero di consiglieri che ha
portato a superare la questione delle quote rosa. E sempre
sottotraccia si dice anche che a pesare sarebbe stato proprio il
passato dell'avvocata e professoressa universitaria in Eni. A far
discutere erano stati i rimborsi spesa: l'Eni «dal 14 maggio al 31
dicembre 2020 ha sostenuto spese e oneri per servizi di alloggio e
trasporto collegati all'esercizio del ruolo di presidente per 206
mila euro». Da qui la richiesta del cda di limitare l'esborso
dell'alloggio della presidente a centomila euro l'anno.
16.07.24
Sull'abuso d'ufficio Cassese si sbaglia davanti alla Pa il cittadino
sarà indifeso" Grazia Longo
Roma
«Diversamente da Sabino Cassese, non credo che l'abrogazione
dell'abuso d'ufficio sia un bene per il nostro Paese». Così Marcello
Basilico, presidente della sesta commissione del Csm e togato della
corrente progressista Area, replica all'intervista del noto
giurista.
Perché ritiene che l'abolizione non sarà indolore?
«Avremo cittadini privi di tutela verso le condotte prevaricatrici
dei pubblici ufficiali. Il docente che favorisce un candidato perché
figlio di un amico o il sindaco che nega per ritorsione
un'autorizzazione dovuta non saranno perseguibili».
Quali i pericoli maggiori?
«Da un'ipotesi di abuso d'ufficio spesso l'indagine risaliva a reati
più gravi. Ora invece il pubblico ministero non potrà partire da lì.
Peraltro, c'è un pericolo anche per il pubblico ufficiale sospettato
di tale condotta, perché ora potrà essere sentito senza assistenza
del difensore. Inoltre c'è una questione culturale: si accredita
l'idea che esistano cittadini più uguali degli altri».
Si riferisce all'accusa di Cassese ai magistrati di non essere
equilibrati rispetto al governatore ligure Toti?
«Mi sembra che i magistrati stiano applicando le regole processuali.
Finora non ho letto critiche tecniche sul loro operato. Al
contrario, noto che più l'azione dei pm genovesi trova conferme
giudiziarie, più si alza il tiro verso un preteso loro ruolo
politico. Persino le due colleghe del Csm, chiedendo il vaglio
disciplinare sull'ordinanza del tribunale del riesame di Genova, vi
contribuiscono: pretendono di sostituirsi ai soli titolari
dell'azione disciplinare, ministro della giustizia e procuratore
generale presso la Cassazione, e vogliono sottoporre il lavoro dei
giudici a una valutazione sul merito, che compete invece ai gradi
superiori di giudizio».
Chi è stato eletto ha più diritti di un comune cittadino?
«Secondo Cassese il consenso popolare giustificherebbe
un'applicazione meno rigorosa delle cautele verso chi commette
reati. Non saremmo dunque tutti uguali davanti alla legge penale.
Invece, il giudice deve guardare solo al rapporto tra diritto alla
libertà, ed eventualmente alla salute, e tutela dei cittadini verso
le condotte antisociali. Nelle altre democrazie liberali ci si
dimette spesso solo per un sospetto di scorrettezza. Da noi invece
il diritto penale continua a essere la misura dell'affidabilità
politica».
Il Pd disapprova la posizione di Cassese che difende l'ipotesi del
premierato. Qual è la sua posizione?
«Esula dal mio campo di competenza. Ma osservo che l'introduzione
del doppio Csm e dell'Alta Corte disciplinare desta ancora maggiore
preoccupazione se letta alla luce della riforma sul premierato.
15.07.24
HANNO UCCISO PANTANI ?
Venticinque anni di esposti e inchieste giudiziarie non sono ancora
riusciti a fare chiarezza sulla morte dell'indimenticato Marco
Pantani. Neppure sull'inizio della fine quando, poco prima della
penultima tappa del Giro d'Italia del 1999, a un passo dalla
vittoria, il campione fu squalificato dopo i risultati delle analisi
del sangue eseguite a Madonna di Campiglio, in provincia di Trento.
La presunta manipolazione di quegli esami e l'ombra degli interessi
della Camorra, emersi a più riprese ed evidenziati dall'ultima
Commissione parlamentare antimafia, sono finiti al centro di un
nuovo fascicolo d'inchiesta aperto dalla procura diretta da Sandro
Raimondi che indaga, per ora contro ignoti, per associazione per
delinquere finalizzata alle scommesse e collegata, appunto, alla
morte del Pirata, a Rimini, il 14 febbraio del 2004.
Il fascicolo è stato aperto dalla pm della Direzione distrettuale
antimafia Patrizia Foiera che, venerdì mattina, in carcere a
Bollate, ha provato a sentire, come persona informata sui fatti,
l'ex boss della Mala milanese Renato Vallanzasca, ormai
settantaquattrenne e malato. Tanto che, dal poco che trapela, non
sarebbe riuscito ad aggiungere nulla di utile alle indagini che, nel
più stretto riserbo, vanno avanti oramai da quasi un anno.
Era stato proprio il Bel René il primo a parlare degli interessi
della Camorra sulla squalifica del ciclista. In una mail a Tonina,
la madre del campione che da sempre si batte per la verità, e in
seguito davanti ai carabinieri di Forlì (nel corso di un'inchiesta
poi archiviata) aveva spiegato che sei o sette giorni prima della
tappa di Madonna di Campiglio del Giro d'Italia, in prigione, era
stato avvicinato da un detenuto campano che gli proponeva di fare
una «scommessa che non poteva perdere»: Marco Pantani non avrebbe
vinto la gara e non sarebbe arrivato a Milano. Vallanzasca aveva
rifiutato l'offerta. E, nei giorni successivi, nonostante le
vittorie di Pantani, il detenuto avrebbe continuato a ripetere le
sue previsioni fino alla squalifica del 5 giugno, quando
avvicinandolo gli avrebbe detto: «Renà hai visto? A Marco l'hanno
fatto fuori… O'doping! Hai visto che avevo ragione io?». A conferma
della pista, gli investigatori avevano sentito altri detenuti
campani in carcere e acquisito intercettazioni telefoniche raccolte
nell'ambito di un'altra indagine: «Quindi praticamente la camorra ha
fatto perdere il giro a Pantani, cambiando le provette e facendolo
risultare dopato!» .
Tutto questo materiale è stato raccolto e valorizzato anche
dall'ultima relazione della Commissione parlamentare antimafia del
novembre del 2022 che sottolinea le «numerose anomalie» che
«contrassegnarono la vicenda di Madonna di Campiglio». Come si legge
nel testo, «diverse e gravi furono le violazioni alle regole
stabilite affinché i controlli eseguiti sui corridori fossero
genuini e il più possibile esenti dal rischio di alterazioni».
Prendendo spunto da questo lavoro, la famiglia del campione, lo
scorso anno ha presentato un nuovo esposto alla procura di Trento
«chiedendo di indagare sui depistaggi e sulla manipolazione degli
esami - spiega il legale dei genitori, l'avvocato Fiorenzo Alessi -
perché era oramai evidente che i medici che effettuarono quei
controlli antidoping avevano dichiarato il falso rispetto a tempi,
circostanze e modalità». Pantani sapeva di doversi sottoporre a
quegli accertamenti ed era a un passo dal trionfo. Eppure, nel
campione di sangue che gli era stato prelevato di primo mattino, fu
riscontrato un valore di ematocrito di 52, oltre il limite
consentito che è di 50. La squalifica fu immediata.
Ma la procura di Trento è andata oltre alle istanze della famiglia e
ha allargato l'inchiesta anche agli interessi della Camorra sulla
gara. Da quel che emerge, i carabinieri, a cui sono state delegate
le nuove indagini, hanno già sentito numerosi testimoni tra
ciclisti, medici e massaggiatori dell'epoca per provare a svelare
uno dei tanti misteri rimasti irrisolti sulla fine del Pirata.
14.07.24
Stretta social per i dipendenti di Palazzo Civico "Vietato esprimere
giudizi sull'amministrazione"
leonardo di paco
Stop alle fughe di informazioni, ai bisbiglii da corridoio che
diventano notizie di dominio pubblico, a interviste o commenti
sull'attività dell'ente non concordati con l'ufficio stampa. Massima
cautela nell'utilizzo dei social media per esprimere opinioni «che
possano nuocere al prestigio, al decoro o all'immagine
dell'amministrazione comunale» e divieto di comunicazioni (sempre
via social) afferenti al lavoro di Palazzo Civico eccezion fatta
«per esigenze di carattere istituzionale».
Sono le principali novità contenute nell'aggiornamento del codice di
comportamento per i dipendenti del Comune di Torino (7 mila persone)
approvato dalla giunta del sindaco Stefano Lo Russo, che recependo
le indicazioni arrivate dal ministero della Pubblica amministrazione
ha messo mano con severità ai doveri che i dipendenti di Palazzo
Civico sono tenuti ad osservare.
La parte più consistente delle modifiche riguarda l'utilizzo dei
mezzi di informazione e dei social media, ambito fino ad oggi mai
disciplinato. Nell'utilizzo dei propri account, si legge nel nuovo
regolamento, il personale è invitato a utilizzare «ogni cautela»
affinché «le proprie opinioni o i propri giudizi su eventi, cose o
persone, non siano in alcun modo attribuibili direttamente alla
civica amministrazione». Inoltre Palazzo Civico ricorda che «al fine
di garantirne i necessari profili di riservatezza le comunicazioni,
afferenti direttamente o indirettamente, il servizio non si
svolgono, di norma, attraverso conversazioni pubbliche mediante
l'utilizzo di piattaforme digitali o social media». Anche i rapporti
con la stampa saranno "controllati". Il personale dipendente «prima
di rilasciare interviste o giudizi di valore su attività della
Città, diffuse attraverso organi di informazione rivolti alla
generalità della cittadinanza» dovrà sempre «informare
preventivamente il competente ufficio stampa della Città».
Nell'elaborazione del nuovo codice di comportamento è stato anche
inserito un divieto per la pratica del pantouflage, le cosidette
"porte girevoli". Il personale dipendente che negli ultimi tre anni
di servizio, ha esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto
della Città di Torino «non può svolgere, nei tre anni successivi
alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività
lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari
dell'attività della civica amministrazione». L'obiettivo è prevenire
uno scorretto esercizio dell'attività istituzionale da parte degli
ex dipendenti, un conflitto di interessi ad effetti differiti.
Su questo aspetto, spiega la vicesindaca con delega al Personale,
Michela Favaro, per redigere il nuovo regolamento «abbiamo recepito
molti indirizzi e linee guida che arrivano dalla normativa
nazionale. Ci sono sempre più aspetti che rendono le Pa simili ad
un'azienda, anche nell'ambito della concorrenza in ottica di
anti-corruzione».
13.07.24
FINE BLUFF ELETTORALE ANGELUCCI PASSA AL COMANDO DI SALVINI :
la maggioranza si divide sulla sanità
Le Regioni e la Lega vanno all'attacco No al decreto Schillaci
anti-liste di attesa
Regioni e Lega vanno all'attacco del decreto anti-liste di attesa.
Nel mirino di entrambe è finito in particolare l'articolo 2 del
provvedimento, quello che istituisce presso il ministero di Orazio
Schillaci una specie di ispettorato che, supportato anche dai
Carabinieri, dovrebbe controllare l'applicazione delle disposizioni
taglia-coda e irrogare sanzioni che prevedono anche la possibilità
che i direttori generali delle Asl inadempienti perdano la poltrona.
Per i governatori, riuniti ieri in conclave, un atto di lesa maestà,
«con profili di illegittimità costituzionale», puntualizzano nel
documento approvato dalla Conferenza delle Regioni con il solo
laziale Francesco Rocca a smarcarsi.
Lo stralcio dello stesso articolo lo chiede anche la Lega, con un
emendamento a firma del capogruppo al Senato, Massimiliano Romeo,
che ha mandato in fibrillazione la maggioranza. Al punto da far
sospendere al governo la presentazione dei pareri, nonostante il
decreto sia in ritardo sulla tabella di marcia che dovrebbe portarlo
all'approvazione entro il 7 agosto, ma che lo vede ancora fermo alla
prima lettura in Senato.
I partiti di opposizione hanno fatto sapere di voler appoggiare
l'emendamento del Carroccio, che così avrebbe buone possibilità di
passare. Uno smacco per la premier Giorgia Meloni che molto punta
sulle norme anti liste di attesa, che senza l'organismo di controllo
del Ministero della salute rischiano però di essere scritte
sull'acqua. Perché sarà anche vero che la possibilità di andare
senza pagare dal privato quando i tempi di attesa sono più lunghi di
quelli massimi consentiti e le prestazioni da erogare anche nei week
end, per fare due esempi, erano già previste da passati
provvedimenti. Ma è altrettanto vero che sono rimaste a oggi
inapplicate, proprio perché le Regioni non hanno mai esercitato
controlli sulle Asl e i loro vertici. Che sono poi nominati dagli
stessi ipotetici controllori.
Per la leader del Pd, Elly Schlein «questo governo da una parte
sventola la bandiera dell'autonomia dall'altra presenta un decreto
che accentra i poteri e del regole sulle liste d'attesa, senza
metterci un euro» . Il presidente del gruppo Pd al Senato, Francesco
Boccia rileva come «da un lato si spacca l'Italia con la legge
Calderoli dall'altro il partito della premier cerca di accentrare
tutto».Dietro l'assalto delle Regioni al decreto c'è però anche una
questione di soldi. «L'acquisto di prestazioni sanitarie da soggetti
privati accreditati –scrivono le Regioni– l'assunzione di personale
ed il ricorso alle prestazioni aggiuntive, lo svolgimento di
attività sanitaria in orario notturno, prefestivo e festivo, gli
indispensabili adeguamenti tecnologici e gli aggiornamenti
informatici, necessitano di un'adeguata disponibilità di risorse
economiche e di personale». E su questo è difficile dare torto ai
governatori, perché di soldi, a parte 200 milioni scarsi per gli
straordinari dei medici, non c'è traccia nel decreto.
12.07.24
IL DIRITTO ALL'OBLIO CANCELLERA' TUTTO COME SEMPRE :
Sono tre le persone indagate, due
agli arresti domiciliari: decine i lavoratori sfruttati e pagati
meno di 5 euro con turni di nove ore
I caporali nelle vigne delle Langhe "Botte e sprangate a chi si ri
bellava"
Massimiliano Peggio
Lamin e Yaya, arrivati su un barcone dalla Tunisia e poi approdati
nel mare di vigneti delle Langhe, pensavano che quel marocchino, che
reclutava braccianti di fronte alla stazione di Alba, fosse in fondo
dalla loro parte. «Vi do sette euro l'ora per lavorare con me».
L'offerta era allettante e lo hanno seguito fiduciosi. Dopo una
settimana, nove ore tra i filari, hanno chiesto di essere assunti e
pagati. Lui si è infuriato. «Vi do solo 5 euro». I due braccianti
hanno protestato. Si sono rifiutati di tornare tra le vigne. Così
lui li ha caricati a forza sull'auto per riportarli ad Alba e
rispedirli in strada. Lungo il tragitto si è fermato in mezzo al
nulla. Li ha fatti scendere e li ha picchiati con una spranga di
ferro, sradicata da un vigneto. La scena è stata ripresa da un
bracciante con il suo telefonino. Il video è stato consegnato alla
polizia di Cuneo.
Lavoro in nero tra le vigne nobili delle Langhe, braccianti
picchiati per un rifiuto, una grande casa alle porte del paese di
Mango, celebrato nei romanzi di Fenoglio, trasformato in un
dormitorio per schiavi dell'uva. «Uomini trattati come bestie». A
decine, stipati in stanze. Letti a castello, un bagno comune, una
mensa ricavata in un garage. Questo ha svelato l'ultima inchiesta
della procura di Asti, competente per territorio, individuando una
rete di caporali che gestiva manodopera a basso costo per conto di
alcuni produttori di vino. Tre persone indagate: due finite agli
arresti domiciliari, una sottoposta al divieto di esercitare
attività imprenditoriali per 8 mesi. Gli arresti sono scattati per
l'autore del primo episodio, il caporale marocchino, Nabil Aknouz,
39 anni, e il gestore del dormitorio, Demirali Grutkov, 43 anni,
origini macedoni. Il terzo è un albanese, Mirash Lugaj, 48 anni.
L'indagine, coordinata dal pm Stefano Cotti, è stata sviluppata
dalla Squadra Mobile di Cuneo. Sono accusati di sfruttamento di
manodopera, per lo più migranti irregolari, controllati a vista e
minacciati per 6 euro l'ora.
I tre indagati sono titolari di imprese individuali. Tutte con lo
stesso oggetto sociale: «Attività di supporto alla produzione
vegetale». Sembra innocuo, in questa formula commerciale, l'altro
volto del caporalato. In realtà raccoglievano migranti di fronte
alla stazione di Alba, crocevia degli aspiranti braccianti, e li
portavano tra i nobili filari di Treiso, Novello, Farigliano. Ma è
in quel dormitorio di Mango, messo ora sotto sequestro, che si può
toccare con mano lo sfruttamento. Lì, al piano superiore vive
Demirali Grutkov. Quelli inferiori sono dedicati a dormitorio per i
braccianti. La cantina è la mensa: una fila di fornelli tra pile di
pneumatici e cavi della corrente appesi alle pareti. Di fronte alla
casa, nel piazzale lungo la strada, ci sono i furgoni utilizzati per
portare i braccianti nelle vigne. Tutti i mezzi sono marchiati con
il nome del titolare: «Demo, impresa individuale, lavori in vigneti
e noccioleti».
Non tutti i lavoratori sono in nero. Alcuni sono assunti, ma la paga
non supera gli 8 o i 9 euro l'ora. «Lavorare in vigna è duro. Con il
sole è massacrante. Nove ore e mezz'ora di pausa» racconta Alassane,
22 anni, del Mali. Dorme in una stanza con altre cinque persone.
L'edificio ne ospita una ventina. «Qui ci sono stati fino a 60
braccianti» ha detto alla polizia l'ex moglie del titolare, mesi fa,
all'avvio dell'indagine.
La casa era già finita nel mirino delle autorità sanitarie. Il
Comune aveva fatto dei controlli e preso dei provvedimenti nei
confronti dell'imprenditore macedone. Provvedimenti per arginare il
sovraffollamento e ripristinare le condizioni igieniche. «Quell'uomo
è un genio del male» dice il sindaco, Damiano Ferrero, raccontando
la sua battaglia contro il caporalato, diventata anche oggetto della
sua recente campagna elettorale. E aggiunge: «Mi ha anche minacciato
ma non mi fa paura: non può permettersi di trattare quelle persone
come bestie. Ogni anno chiude e riapre una società. Spadroneggia.
Speriamo GRAZIE che questa volta la giustizia riesca a fermarlo».
Roberta Ceretto : "immagini spregevoli che provocano tristezza"
La condanna dei grandi produttori di vino "Scene disumane, ma il
sistema è sano" PER IL DIRITTO ALL'OBLIO ?
ROBERTO FIORI
«Ho visto immagini spregevoli e disumane, che provocano rabbia e
tristezza. Ma diciamolo a voce alta: le Langhe del vino non sono
affatto questo. Qui c'è gente perbene che lavora con grande rispetto
per le persone e per la natura, consapevole della grande fortuna di
vivere in una terra che si chiama Barolo o Barbaresco. Blocchiamo
ogni forma di sfruttamento, ma non facciamo di ogni erba un fascio».
Roberta Ceretto parla dal quartier generale della cantina di
famiglia, alle porte di Alba. «Abbiamo 80 dipendenti che si occupano
dell'azienda agricola e siamo quasi del tutto autonomi, ma capita
anche a noi di dover fare ricorso a manodopera esterna. Selezioniamo
e collaboriamo esclusivamente con chi ci offre tutte le garanzie e
sono sicura che la stragrande maggioranza delle cantine faccia
altrettanto».
Poche colline più in là, a Barolo, anche Maria Teresa Mascarello, si
dice «sconcertata per notizie che mai avrei associato ai nostri
vigneti. Si tratta di veri e propri comportamenti criminali e come
tali vanno perseguiti, punto e basta. Certi atteggiamenti non
appartengono alla nostra cultura e sono inconcepibili anche solo per
il fatto che nessuno vende il Barolo al prezzo dei pomodori.
Tuttavia, la questione della manodopera che scarseggia è reale e
questo deve indurci a creare un sistema in grado di garantire
l'arrivo di lavoratori professionali e completamente in regola».
Per il presidente del Consorzio del Barolo e Barbaresco, Sergio
Germano, «è giusto non nascondersi dietro a un dito e far emergere i
problemi che riguardano gli operai in vigna, ma occorre sottolineare
che i casi di irregolarità o sfruttamento sono estremamente limitati
e che il comparto da anni si sta impegnando per garantire agli
stagionali le giuste condizioni di lavoro e di soggiorno». E
aggiunge: «Proprio lunedì alla Scuola Enologica di Alba presenteremo
i risultati della seconda annualità dell'Accademia della Vigna, la
prima academy a impatto sociale sulla viticoltura».
Un'opera di sensibilizzazione che era stata lanciata due anni fa
dall'ex presidente del Consorzio, Matteo Ascheri. «Non possiamo più
far finta di niente – ribadisce l'ex presidente -: le Langhe hanno
un ruolo e un posizionamento che richiedono un'assunzione di
responsabilità e interventi concreti per contrastare i comportamenti
non eticamente corretti che possono danneggiare l'intera filiera e
incidere negativamente sull'immagine dell'intera produzione di
qualità dei nostri territori».
Per Andrea Farinetti, alla guida di una grande azienda come
Fontanafredda di Serralunga, «le cooperative non sono il male
assoluto, dipende da come operano. Noi siamo certificati Equalitas e
controlliamo scrupolosamente il loro operato. Chi è fuorilegge va
contrastato senza alcun indugio». E aggiunge: «Oggi la sostenibilità
di un'azienda non si misura solo con l'attenzione verso il suolo e i
sistemi di coltivazione, ma con la qualità del lavoro nel suo
complesso. Il rispetto della terra, se non si traduce anche in
rispetto per le persone, è fine a sé stesso e non serve a nulla
11.07.24
Gli esperti confermano: il missile era russo
giuseppe agliastro
mosca
Sono giorni di dolore per l'Ucraina. Ma anche di accuse. Mentre si
fa ancora più drammatico il bilancio delle vittime dei raid che
lunedì hanno scosso il Paese seminando morte e devastazione. Le
autorità ucraine denunciano che almeno 41 civili sono stati uccisi
dalla pioggia di missili che si è abbattuta in pieno giorno su
cinque città. I feriti sarebbero 190. Una strage di innocenti che ha
indignato il mondo. E che non ha risparmiato neanche l'ospedale
pediatrico di Kiev: devastato da un'esplosione mentre ben 627
bambini si trovavano lì per essere curati. Un'esplosione che secondo
le Nazioni Unite è stata «probabilmente» provocata da «un colpo
diretto» di un missile russo. L'Onu punta insomma il dito contro le truppe di Putin che
hanno invaso l'Ucraina. Non si tratta ancora di conclusioni
definitive, ma secondo la responsabile della missione di
monitoraggio dei diritti umani, Danielle Bell, «l'analisi dei
filmati e una valutazione effettuata sul posto» sembrano indicare
che il missile sia stato lanciato dalla Russia. E intanto montano le
accuse di «crimini di guerra». Anche da parte delle stesse Nazioni
Unite. «Condurre attacchi intenzionali contro un ospedale protetto è
un crimine di guerra e i responsabili devono essere chiamati a
risponderne», ha dichiarato la sottosegretaria generale per gli
affari umanitari, Joyce Msuya. Mentre la Corte penale internazionale
ha annunciato di aver inviato a Kiev una squadra di investigatori.
Il Cremlino respinge come sempre ogni imputazione e sostiene che a
colpire l'ospedale sia stato un razzo della contraerea ucraina. Poi
lancia una pesantissima accusa al governo ucraino: parla di
«un'operazione di public relations basata sul sangue», di una
tragedia «utilizzata intenzionalmente per creare uno sfondo per la
partecipazione di Zelensky al vertice Nato». Ma la versione di Mosca
è respinta fermamente da Kiev, che sostiene di aver trovato i resti
di un missile russo Kh-101. E messa in dubbio da diversi esperti.
Uno di questi è Fabian Hoffman, dell'università di Oslo, che sulla
base di un filmato del raid verificato dal New York Times ha detto
al giornale americano di ritenere che a colpire sia stato in effetti
un Kh-101 russo e di sospettare, in base alla traiettoria, che «la
Russia abbia intenzionalmente preso di mira l'ospedale».
Per ora le autorità ucraine danno notizia di due morti e 32 feriti –
tra cui otto bambini – dopo l'attacco all'ospedale. Secondo il
direttore sanitario, nel raid ha perso la vita una dottoressa che
quando era scattato l'allarme aveva portato i suoi piccoli pazienti
in un rifugio antiaereo e poi era tornata a controllare che nessuno
fosse rimasto indietro. —
Il racconto del dottore della struttura colpita dai russi: "In
reparto c'erano pazienti già traumatizzati da altri attacchi Siamo
stati scaraventati a terra nel bunker. Ora, non sappiamo dove
evacuarli. Molti a casa, hanno sospeso le cure"
Kiev, il medico dell'ospedale "I miei piccoli persi per sempre"
letizia tortello
«Questi bambini non si riprenderanno mai più. Una mia paziente era
in cura da me, perché era rimasta gravemente traumatizzata da un
precedente bombardamento nel suo villaggio. Da medico, dico: non so
con che coraggio questi bambini torneranno in ospedale, il luogo che
doveva curarli e proteggerli, dopo quello che è successo». Valery
Bovkun è il capo del dipartimento di microchirurgia ricostruttiva e
plastica dell'ospedale di Okhmatdyt, a Kyiv.
Dopo trentasei ore dal più pesante degli attacchi russi da gennaio,
che ha colpito la più famosa struttura pediatrica di tutta
l'Ucraina, il dottore ha passato la giornata di ieri a fare la spola
tra reparti e sotterranei, dove i piccoli in cura sono stati
evacuati. Ha visitato tutti i baby-pazienti rimasti, ha telefonato a
quelli malati meno gravi, che i sanitari hanno dovuto mandare a
casa. Perché il nosocomio da oltre 600 posti, attualmente, funziona
solo per il dieci per cento. Ci sono danni ovunque. I macchinari che
si sono salvati, sono stati protetti da polvere e detriti che cadono
dai tetti.
Una palazzina è andata distrutta, centrata dal missile da crociera
russo Kh-101, uno dei quaranta piovuti sulla capitale lunedì
mattina: è quella in cui i bambini facevano la dialisi. Sono otto i
piccoli pazienti feriti, su 120 persone ferite in tutta la città,
nel circondario di Okhmatdyt e nel quartiere di Shevchenkiv. Ieri il
bilancio dei morti ne contava 32 in tutta Kyiv.
Il resto dell'ospedale ancora in piedi, un casermone in ferro alto
nove piani, è scoppiato per l'onda d'urto dell'impatto del missile.
Sono esplose porte e finestre, «anche le porte blindate», spiega il
dottore, «solo trenta nel mio reparto, e questo dimostra che cosa
violenta abbiamo vissuto». Trecentocinquanta soccorritori e 76 mezzi
hanno lavorato un giorno per ripulire le macerie più ingombranti,
per riavviare il traffico attorno alla struttura e permettere alle
ambulanze di circolare. Mentre i 627 pazienti bambini sono in via di
trasferimento in altri ospedali, dove c'è posto, oppure sono in
attesa di essere trasportati all'estero, in Germania e Polonia, ma
anche in Italia, dove molte strutture tra cui il Regina Margherita
di Torino si sono date disponibili ad accoglierli.
Il dottor Bovkun racconta a La Stampa le scene del bombardamento, al
telefono, concitato mentre cammina tra un paziente e l'altro. Prova
a spiegare il terrore negli occhi dei "suoi" bimbi, ricoverati
perché affetti da malformazioni dalla nascita, feriti bisognosi di
ricostruzione degli arti e altre operazioni, o traumatizzati. «Sono
sotto choc, hanno lo sguardo fisso, sono terrorizzati – dice –. Da
me non ci sono gli oncologici, ma ovviamente abbiamo anche loro. Da
me c'erano i fragili, quelli che hanno problemi di salute anche
gravi. Hanno cominciato a piangere e non hanno più smesso. Pregano
di andare a casa, dai genitori. Ma molti non possono lasciare le
cure».
La guerra obbliga anche a queste scelte di sopravvivenza, obbliga a
dover decidere chi ha aspettative di vita maggiori degli altri:
«Quelli che hanno problemi minori li abbiamo lasciati andare, ma non
erano certo pazienti da dimettere».
Il film dell'attacco ha dato la possibilità di capire cosa stava
accadendo, pochi secondi prima dell'inferno in cui non sapevi se
restavi vivo o venivi spazzato via per sempre. «Abbiamo sentito il
segnale dell'allarme aereo – continua il medico –. I nostri pazienti
hanno cominciato a scendere nel bunker. Quando la maggior parte era
nei sotterranei, è arrivato il missile. In un secondo, tutto è
andato in frantumi. Polvere, fumo. Siamo stati tutti scaraventati
fuori dalle sale operatorie e nei corridoi. Noi dottori siamo andati
giù per ultimi, per controllare che tutti i reparti fossero
sgomberati». E continua: «La sensazione era che ci fosse cascato il
mondo in testa. C'erano vetri ovunque, in ogni parte della clinica.
Purtroppo, è morta una collega, cinque dottori sono rimasti feriti».
Dai video che ci gira su Telegram, si vedono mamme e papà con in
braccio bimbi di tutte le età che gridano, al buio, tra la polvere.
A un certo punto, anche lo shelter prende fuoco, e chi si è
rifugiato deve uscire in superficie, senza protezione.
Nei bombardamenti a Kyiv, dicono i giornali ucraini, è rimasto
ucciso un bambino ucraino di 10 anni, con la madre e la sorella.
Maksym Simanyuk era un campioncino di karate, gareggiava per la
federazione nazionale.
Bovkun, rispondendo alle nostre domande, si arrabbia quando gli
chiediamo di replicare alle dichiarazioni dei russi, che negano ogni
responsabilità: «Ma li guardate i video? – dice –. Si vede molto
bene che è stato un missile diretto verso la clinica. L'esplosione è
stata così forte che non può essere stata la contraerea. Qui ci sono
e c'erano solo civili. Bambini. Non militari. Ora, non sappiamo
quando l'ospedale ripartirà. Senza contare i danni per i piccoli
pazienti, che devono sospendere le cure».
Ha collaborato Valentina Garkavenko .
C'è solo un luogo in Italia - ed è Roma - in cui quattro mafie e
pezzi dell'ultradestra convivono sotto lo stesso – sterminato -
cielo criminale. Non ci sono grandi dissidi a scuotere i
delicati equilibri capitolini, anzi – a leggere le carte
dell'operazione della Dia ribattezzata "Assedio" – c'è un grande
suk, un network criminale. Oppure per dirla con le parole del gip
che ha firmato 18 arresti, 57 indagati e sequestri per 132 milioni
di euro «un laboratorio». Mafia romana tradizionale, Cosa Nostra,
‘Ndrangheta, Casalesi, Camorra respirano la stessa aria, calpestano
con rigore la stessa mattonella In cui la violenza è poco
raccomandata «e al netto della fisiologica aggressività» spiccano
«nuovi paradigmi e sovrastrutture che vanno alla conquista di uno
spazio economico». Nel caso dell'operazione di ieri il settore è
quello degli idrocarburi «in cui le organizzazioni mafiose italiane
prosperano fino ad assurgere a posizioni dominanti». Fatturazioni
per operazioni inesistenti in materia tributaria, frodi su Iva e
accise, estorsioni, riciclaggio e reimpiego in attività di soldi
«dei clan di ‘ndrangheta Mancuso, Morabito, Piromalli e Mazzaferro,
dal clan di camorra D'Amico/Mazzarella, da elementi storici
dell'ultradestra e dal gruppo Senese operativo nella città di Roma».
Ci sono tutti. C'è Antonio Nicoletti, figlio dell'ex cassiere della
banda della Magliana che eredita il potere del padre e diventa
«punto di riferimento delle dinamiche criminali» e c'è Vincenzo
Senese, figlio di Michele, boss della camorra a Roma. Non manca il
filo dell'eversione nera con Roberto Macori, cresciuto all'ombra di
Massimo Carminati, diventato prima l'alter ego dell'imprenditore
legato alla banda della Magliana Gennaro Mokbel per poi diventare il
principale referente dei clan calabresi. E occuparsi di ripulire i
soldi della malavita con il business degli idrocarburi.
Si spartivano Roma e non solo. Con l'aiuto, così hanno ricostruito
gli inquirenti coordinati dal procuratore aggiunto Ilaria Calò e dal
pubblico ministero Francesco Cascini, di imprenditori del calibro di
Domitilla Strina. Figlia di Lady Petrolio, cantante finita nei guai
già in passato sempre per vicende legate al riciclaggio, prestava il
suo nome in società fantasma. Con l'accortezza della prudenza in una
città complessa non solo nella sua cifra criminale: «Aho'! Non
dobbiamo metterci a fare casino. Perché qua siamo in una Capitale,
mica è Napoli: qua girano politici, vescovi, quello e quell'altro
ancora. E dobbiamo stare calmi, perché qua, se vogliono, ci alzano
da terra in un quarto d'ora» diranno due indagati. Altri
aggiungeranno: «Perché la politica là è mafia...là se vai a Roma
politici onorevoli tutti corrotti, perché è proprio la politica di
Roma che è così». E di questa personalissima interpretazione della
Capitale si farà portavoce anche un imprenditore legato mani e piedi
alle cosche del Vibonese (i Mancuso), tale Piero Monti, uomo che
acquista società legate al petrolio, commette «una serie indefinita
di frodi» e poi «redistribuisce il ricavato tra le organizzazioni
mafiose investitrici». Dirà, intercettato: «Le pompe bianche di
tutto il Triveneto sono tutti clienti miei che io chiaramente non
faccio neanche entrare qua dentro perché mo' stiamo parlando di
soldi. E se devo far intervenire... (qualcuno ndr) io sorpasso la
Campania ed il Molise e vado direttamente a Limbadi (paese di
influenza dei Mancuso ndr) dove sono accolto come un figlio là e poi
facciamo la guerra con tutto il mondo...». In definitiva: «Faccio
quello che mi pare. A Roma faccio proprio la carne di porco, faccio
proprio lo schifo».
È qui, sotto questo cielo, che i vari mondi si incontrano. E che il
produttore cinematografico Daniele Muscariello reclutava gli
imprenditori e metteva tutti in contatto: criminali, uomini
d'affari, forze dell'ordine, istituzioni. C'è un dirigente di
polizia che avvertì alcuni indagati: «Allora state attenti, c'è una
doppia indagine in corso: una ce l'ha la Finanza e l'altra l'abbiamo
presa noi con la squadra Mobile. Siete tutti sotto». —
BIS DI LE PEN È sotto un cielo capriccioso che i deputati del
Nuovo Fronte popolare hanno fatto il loro ingresso all'Assemblea
nazionale francese in vista dell'inizio della nuova legislatura, tra
sprazzi di sole e qualche goccia di pioggia. Un meteo tipicamente
parigino nonostante il periodo estivo, che ben riflette gli umori
della sinistra dopo la vittoria alle legislative, tra il desiderio
di salire al governo nonostante la maggioranza relativa e le
divisioni interne, diventate voragini con il passare del tempo.
Il pomo della discordia è incarnato dal nome del futuro premier da
presentare al presidente Emmanuel Macron, sul quale la gauche non
riesce a raggiungere un accordo. Mentre le trattative continuano
nella speranza di trovare un profilo entro questa settimana come
promesso all'indomani del voto, il segretario del Partito
socialista, Olivier Faure, ha gettato nuova benzina sul fuoco,
dicendosi «pronto ad assumere la funzione» di capo del governo.
L'ennesimo nome nella già lunga lista di papabili, alla quale La
France Insoumise vuole aggiungere a tutti i costi anche quello del
suo tribuno, Jean-Luc Mélenchon, figura sempre più scomoda e
divisiva, assieme alla 33enne Clemence Guetté. In questi ultimi
giorni, però, si parla sempre di più della leader ambientalista
Marine Tondelier.
Ma il malessere nel campo dei vincitori sembra più profondo, come
dimostra l'aria da regolamento di conti che tira all'interno
dell'alleanza. Cinque frondisti de La France Insoumise, tra cui
alcuni volti noti come François Ruffin e Alexis Corbière, hanno
proposto ai comunisti e agli ecologisti di creare un "gruppo comune"
nella Camera bassa. Un modo per vendicarsi del loro ex leader,
Mélenchon, tenendolo fuori dai giochi.
Intanto, il tempo passa e Macron mantiene Gabriel Attal alla guida
di Matignon, sede dell'esecutivo. Per questo il Nuovo Fronte
popolare in un messaggio diffuso nel tardo pomeriggio ha intimato
«solennemente» al capo dello Stato di non prolungare ad oltranza
l'incarico del suo premier. Sarebbe «un tradimento dello spirito
della nostra Costituzione e un colpo di forza democratico al quale
ci opporremo con tutte le nostre forze», promette la sinistra. Ma il
presidente negli ultimi giorni è chiuso in un impenetrabile
silenzio, rimanendo a guardare senza fare nemmeno una telefonata ai
rivali vincitori. Sicuramente una strategia volta a logorare gli
avversari. La sinistra teme un possibile accordo tra la maggioranza
uscente e quello che resta dei Repubblicani, ormai deflagrati tra
coloro che seguono la linea pro-lepenista del loro presidente Eric
Ciotti e quelli che invece vogliono rilanciare il partito con un
altro nome, sotto la guida di Laurent Waquiez, presidente della
regione Auvergne-Rhône-Alpes.
A fare pressione su Macron ci sarebbero anche i suoi fedelissimi
che, secondo quanto riferito da Le Figaro, nelle ultime ore
avrebbero cercato di convincerlo a non partire alla volta di
Washington, dove è atteso oggi per il vertice della Nato, vista la
situazione interna. Ma l'Eliseo alla fine ha confermato il viaggio.
Tra le fila del Rassemblement National, intanto, è arrivato il
momento di far saltare qualche testa dopo il deludente risultato di
domenica scorsa. La prima è quella del direttore generale,
l'eurodeputato Gilles Pennelle, deus ex machina del "Piano Matignon":
un progetto preparato da tempo che prevedeva la strategia da
adottare in caso di elezioni anticipate, soprattutto in merito alla
scelta dei candidati. Troppi quelli che si sono rivelati essere
impresentabili, tra dichiarazioni antisemite, posizioni razziste e
fedine penali non proprio limpide. Un'uscita di scena "prevista" da
tempo nell'ambito di una "riorganizzazione generale del partito, ha
spiegato a Le Monde Philippe Olivier, fedelissimo di Marine Le Pen
(oltre ad essere suo cognato)
Ma la leader dell'estrema destra francese deve tornare a fare i
conti anche con la giustizia, dopo che BfmTv ha rivelato l'esistenza
di un'inchiesta da parte della Procura di Parigi, lanciata il 2
luglio scorso su dei sospetti finanziamenti illeciti della campagna
per le presidenziali del 2022. Il fascicolo è stato aperto su
segnalazione dell'authority responsabile del controllo delle spese
elettorali, che ha riscontrato delle irregolarità su dei rimborsi
previsti dalla legge. I candidati lepenisti non avrebbero rispettato
il tetto massimo previsto per i costi, abusando quindi degli
indennizzi.
Una nuova tegola per il Rassemblement National, che il mese scorso è
stato già condannato dalla Cassazione a una multa di 250 mila euro
per aver gonfiato i prezzi del materiale utilizzato nella corsa
all'Eliseo del 2017, mentre a settembre arriverà il processo per
sottrazione di fondi europei destinati a pagare gli assistenti
parlamentari a Strasburgo. Non proprio la migliore delle situazioni
per ripartire in vista delle presidenziali del 2027. —
SOLUZIONE A MODO SUO : La ex première dame di Francia, Carla
Bruni, è stata messa sotto inchiesta nel caso della clamorosa
ritrattazione del faccendiere Ziad Takieddine, grande accusatore del
marito, Nicolas Sarkozy, nella vicenda dei finanziamenti libici per
la sua vittoriosa campagna elettorale del 2007. È sospettata di
sfruttamento di corruzione di testimone e partecipazione ad
associazione per delinquere allo scopo di truffa alla giustizia.
ISRAELE-RUSSIA STESSI METODI MA COPERTURE POLITICHE DIVERSE :
Colpita un'area di rifugiati alla periferia di Khan Yunis dove
arrivano gli aiuti alimentari. Al Cairo proseguono i negoziati per
il rilascio degli ostaggi
Gaza, nuovo raid israeliano su una scuola "Almeno 29 morti, ci sono
anche bambini"
nello del gatto
gerusalemme
Sono almeno 29, secondo fonti palestinesi, le vittime nella
cittadina di ad Abasan al-Kabira, alla periferia orientale di Khan
Yunis. Si erano rifugiate vicino a una scuola, la Al-Awda, alcune
all'interno dell'edificio, danneggiato, altre tutt'attorno, in una
zona dove arrivano con più regolarità gli aiuti alimentari, e le
famiglie riescono a procurarsi cibo e acqua potabile con più
facilità. Il portavoce dell'ospedale Nasser di Khan Yunis ha
confermato che tra i morti ci sono almeno sette donne e bambini.
Le ostilità sono riprese anche in questa zona, dopo che due giorni
fa era scoppiata una battaglia urbana all'interno di Gaza City, con
decine di morti. Secondo la Ong Save the Children solo nei primi sei
mesi di guerra 26 mila minori sono rimasti uccisi o feriti. E non ci
sono soltanto le armi a uccidere. Esperti nominati dalle Nazioni
Uniti hanno denunciato la morte per malnutrizione di tre piccoli:
«Con la morte di questi bambini per fame nonostante le cure mediche
nel centro di Gaza – si legge nel report Onu –, non c'è dubbio che
la carestia si sia diffusa in tutta Gaza».
Ma la guerra non si ferma, anche per il fatto che l'esercito
israeliano ha un controllo solo parziale della Striscia, lungo gli
assi viari principali, e deve gestire le azioni di guerriglia di
Hamas, fatte da attacchi di cecchini o con razzi anticarro. Il
numero di soldati uccisi nel corso dell'offensiva seguita al
massacro del 7 ottobre è salito a 326, mentre media israeliani hanno
riferito di oltre 9 mila che hanno dovuto ricorrere a centri di
riabilitazione. E in tutto ciò oltre 120 ostaggi, probabilmente per
la metà già deceduti, sono ancora da ritrovare. La carta dei
prigionieri, oltre all'impossibilità di scovare le migliaia di
combattenti ancora attivi in un'area urbana enorme, ridotta in
macerie, è la più importante in mano al movimento islamico
palestinese. Il rilascio dei sequestrati è al centro dei negoziati
che proseguono al Cairo. È un continuo andirivieni di funzionari, ma
anche di speranze e delusioni.
Dopo l'apparente disponibilità di Hamas di accettare una tregua
anche «non permanente», gli israeliani sono tornati nella capitale
egiziana. E oggi la delegazione egiziana si recherà a Doha, in
Qatar, per proseguire i colloqui e arrivare a un cessate il fuoco al
più. Una fonte locale ha fatto sapere all'emittente statale A-Qahera
che Il Cairo «resta fermo nella sua posizione circa la necessità di
una tregua e l'invio di aiuti umanitari». La delegazione israeliana
arrivata ieri ha invece fatto rientro a Tel Aviv accompagnata da
Brett McGurk, consigliere senior del presidente americano per gli
affari del Medio Oriente, mentre il capo della Cia William Burns è
stato ricevuto dal presidente egiziano Abdel Fattah Al-Sisi.
L'attivismo americano serve anche a scongiurare un secondo fronte di
terra al Nord, con il Libano. Da nove mesi Israele e Hezbollah
combattono una guerra di raid, con missili, droni, raid aerei. Ieri
due civili, un uomo e una donna sono e stati uccisi dall'impatto di
un razzo in un attacco sulle alture del Golan. L'ordigno ha colpito
l'auto in cui si trovavano. Hezbollah ha confermato di aver lanciato
decine di razzi contro le alture del Golan prendendo di mira una
base militare dell'Idf. —
10.07.24
ERA ORA : BOEING: MEDIA,
AZIENDA SI DICHIARERÀ COLPEVOLE PER INCIDENTI 737
(ANSA) - Boeing ha accettato di dichiararsi colpevole di un'accusa
di cospirazione per frode criminale per risolvere l'indagine del
Dipartimento di Giustizia americano collegata a due incidenti
mortali di 737 Max, secondo un funzionario governativo Usa citato
dall'agenzia di stampa britannica Reuters.
L'azienda aeronautica americana pagherà anche una multa di 243,6
milioni di dollari, secondo la fonte del Dipartimento di Giustizia
statunitense. L'accusa si riferisce ai due incidenti in Indonesia ed
Etiopia nel 2018 e 2019 che hanno ucciso 346 persone.
BOEING CONFERMA ACCORDO CON IL DIPARTIMENTO DI GIUSTIZIA USA
(ANSA) - La Boeing ha dichiarato di aver "raggiunto un accordo" con
il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti sui due incidenti
mortali del 737 MAX avvenuti più di cinque anni fa. "Abbiamo
raggiunto un accordo di principio sui termini di una risoluzione con
il Dipartimento di Giustizia", ha affermato la società in una nota
inviata all'Afp, aggiungendo che l'accordo è soggetto
"all'approvazione di termini specifici".
Un funzionario governativo Usa citato dall'agenzia di stampa
britannica Reuters aveva affermato in precedenza che la Boeing aveva
accettato di dichiararsi colpevole di un'accusa di cospirazione per
frode criminale per risolvere l'indagine del Dipartimento di
Giustizia americano.
09.07.24
Sanità
business
mafie
Basterebbe raccontare quanto si sa già - e immaginare quanto non si
sa ancora - sugli ultimi quattro anni di latitanza di Matteo Messina
Denaro ricercato in tutto il mondo e malato di tumore «favorito» a
casa sua (Trapani e Palermo) da una fitta rete di medici e
professionisti per spiegare l'inquietante profondità del connubio
tra mafia e sanità nel nostro Paese e delle sue Regioni nelle quali
il 75% (punto più, punto meno) della spesa pubblica confluisce -
appunto - nella sanità. Sul punto il valore della spesa primaria
netta nel settore pubblico allargato ammonta a più di 120 miliardi
di euro in termini reali. Traduzione: la spesa nel settore dei
camici e delle cure è cresciuta del 30% circa rispetto al 2010 con
un +25% per ogni cittadino italiano calcolato sul valore pro-capite.
Chi ha pensato che la mafia non ci mettesse le mani sopra con
tempismo efficace ha sognato ad occhi aperti.
Ed è stata profetica in questo senso un'analisi investigativa della
Dia redatta in pandemia, quindi 3 anni fa, che raccontava come - a
fronte di numeri sovrapponibili a quelli di oggi - erano
«prevedibili importanti investimenti criminali nelle società
operanti nel "ciclo della sanità", siano esse coinvolte nella
produzione di dispositivi medici (mascherine, respiratori, ecc.),
nella distribuzione (a partire dalle farmacie, in più occasioni
cadute nelle mire delle cosche), nella sanificazione ambientale e
nello smaltimento dei rifiuti speciali, prodotti in maniera più
consistente a seguito dell'emergenza». Col senno di poi, bingo.
Leggere per credere i dati sulle Sos, (segnalazioni di operazioni
sospette): 1110 sono risultate ascrivibili all'emergenza sanitaria e
di queste 164 sono confluite - si legge nel penultimo report
disponibile (quello del 2022) - a profili di attinenza alla
criminalità organizzata. Nel primo semestre 2023 (ultima
rilevazione) il dato è stabile con una tipizzazione più dettagliata
sulle segnalazioni: 560 per Covid 19, 141 per finanziamenti Covid e
273 per utilizzo anomalo di fondi di settore. Ergo: il polo
sanitario è per gli 007 dell'Antimafia «un centro di interessi
appetibile sia per le consistenti risorse di cui è destinatario sia
per l'assistenzialismo e il controllo sociale che può garantire,
come dimostrano i commissariamenti per infiltrazioni mafiose». Lo
sottolinea Pier Paolo Romani, presidente di Avviso Pubblico
(associazione di amministratori contro le mafie e la corruzione che
raccorda attorno a sé 541 Comuni, 11 Regioni, 12 Province e tre
Città metropolitane): «La sanità è diventata anche terreno di voto
di scambio con la mafia: quando i casalesi controllavano l'ospedale
di Caserta erano loro che ti prenotavano una tac o una visita».
Il clan Contini padrone del San Giovanni Bosco
E restando in Campania, la storia si è ripetuta di recente.
Dinamiche copia incolla, cambiano clan e strutture. Dice ai
magistrati della Dda di Napoli il collaboratore di giustizia Pasuale
Orefice che «Carmine Botta (vertice del clan camorristico Contini
arrestato due settimane fa,ndr) è anche il referente del gruppo
mafioso per l'ospedale San Giovanni Bosco di Napoli, dove il
sodalizio dispone di alcuni locali, in genere depositi, dove si
effettuano riunioni di camorra per deliberare in merito ad attività
delittuose e/o summit con esponenti di altri sodalizi criminali. Ho
partecipato personalmente a talune di tali riunioni. Ciò avviene con
la complicità di personale dell'ospedale, in particolare del
personale della ditta di pulizia e di vigilanza (ditte intestate a
prestanomi riconducibili di fatto al clan Contini, sulle quali mi
riservo di approfondire), nonché grazie alla connivenza di medici ed
infermieri». E difatti al San Giovanni Bosco, «presidio notoriamente
sotto l'influenza della famiglia Contini» scrivono i pm
nell'ordinanza di custodia cautelare che due settimane fa ha portato
in carcere 11 persone, Botta decideva anche chi far accedere alle
cure della struttura e chi no: «Ha detto Carminiello che questa è
una persona che lui ci tiene! Si deve ricoverare là». Ancora il
collaboratore: «Botta mi disse che controllavano la mensa, lo
spaccio all'interno dell'ospedale. Quando una ragazza che
interessava a noi, ebbe un incidente, dopo che si è svegliata,
entravamo in sala intensiva anche in quattro o cinque mentre lì si
entra un po' alla volta. Gli infermieri già lo sapevano e ci
facevano entrare. Bastava dire loro che appartenevamo alla ragazza
del Parco Verde e gli stessi si mettevano a disposizione. Ci davano
i camici ed entravamo nella sala».
La famiglia Senese e i contatti col Pirellone
Il caso più eclatante in Lombardia, nel blitz Infinito-crimine del
luglio del 2010, fu l'arresto di Carlo Chiriaco, ex direttore
sanitario della Asl di Pavia. Accusato di concorso esterno in
associazione mafiosa, è stato condannato a dodici anni di carcere
fino in Cassazione, perché ritenuto la «cerniera» tra la criminalità
organizzata e il mondo politico. «A disposizione» della ‘ndrangheta,
per i giudici Chiriaco ha favorito il suo radicamento in uno dei
settori più ricchi della Regione. Nel tempo, diverse inchieste della
Direzione distrettuale antimafia diretta da Alessandra Dolci hanno
evidenziato le mire delle cosche su Rsa, ambulanze e, con la
pandemia, sui ricchi appalti per la fornitura di dispositivi di
protezione individuale, come mascherine, e sanificazione. Dalle
carte della recente operazione Hydra - in gran parte bocciata dal
gip di Milano e ora al vaglio dei giudici del Tribunale del Riesame
- sono emersi i tentativi di uomini vicini al clan Senese, radicato
in Campania e nella capitale, di infiltrarsi anche nella sanità
lombarda: «Ma tu ti rendi conto che mazzette? E si, guarda eh... è
una schifezza!», dicevano intercettati dai carabinieri del Nucleo
investigativo di Milano. Sfruttando i contatti col Pirellone e con
la politica romana, Gioacchino Amico - finito in carcere per
traffico di droga ed estorsione, in un caso aggravata dalla finalità
mafiosa - per la pm Alessandra Cerreti avrebbe provato a infiltrarsi
anche nel business delle «forniture legate all'emergenza Covid,
delle procedure di sanificazione e del servizio ambulanza per
trasporto dializzati». «Compare quando apriremo lì a Inveruno faremo
anche la sanificazione certificata contro il virus - diceva Amico
intercettato - quindi iniziamo a prendere locali e ogni
certificazione per la sanificazione… Il minimo in Lombardia per
tutti i locali che devono tenere aperti in zona gialla sono 750
euro… Noi la facciamo a 600 euro e ci prendiamo tutti i locali… Ci
serve solo un piccolo magazzino per le ambulanze e i mezzi per fare
la sanificazione… e i trasporti ai dializzati…».
L'Asp reggina e l'imprenditore delle cosche
E proprio indagando su appalti ventennali (e milionari) per la
sanificazione degli ospedali reggini che, nelle cuffie
dell'Antimafia, è saltato fuori Domenico Chilà, imprenditore di 57
anni, nato a Pavia e residente a Milano, inquadrato dalla Dda e dal
nucleo di polizia economica della Guardia di Finanza del capoluogo
calabrese come «espressione della potente cosca Serraino», famiglia
con radicati collegamenti con la Lombardia, e degli alleati Rosmini.
Nelle scorse settimane, gli investigatori coordinati dal colonnello
Mauro Silvari hanno eseguito un sequestro da 6,5 milioni di euro a
carico di Chilà, la cui impresa al centro dell'inchiesta «Inter nos»
ha sede a Milano, a due passi da piazzale Loreto. Lo spaccato è
inquietante e ha fatto emergere una sorta di cassa comune finanziata
da imprenditori (a loro volta espressione delle famiglie mafiose di
Reggio città) per finanziare un sistema di corruttela «dilagante» a
detta degli inquirenti: «Metti 2 mila tu, metti 2 mila lui, metto 2
mila io… Può darsi che io ho la forza o sono magnanimo… Non che
voglio farvi uno sgarbo - va bene per me mettici pure 3 mila –
allora si raggiunge una quota di 8 mila, 10 mila euro al mese. Bene.
Diamogli da mangiare che è pure giusto». Gare – in ipotesi d'accusa
- «turbate con dirigenti e funzionari compiacenti» realizzando
«macroscopiche illegalità nell'espletamento dei pubblici incanti nel
settore sanitario» Procedure «deviate - si legge negli atti -
nell'interesse di una cordata di imprenditori privati, espressione
di un coacervo di interessi riconducibile a più consorterie
‘ndranghetiste operanti nel Reggino». La corruzione «era la conditio
senza la quale sarebbe stata di certo preferita altra ditta»
scrivono gli investigatori. Ne erano coscienti tutti: «No vabbè la
sanificazione si deve fare eh!.. E chi lo dice che la devi fare tu?
possono chiamare un'altra ditta». Quando infine il dirigente
dell'area finanze finito nei guai nella stessa operazione rischia di
essere trasferito, sono gli imprenditori - si apprende da fonti
investigative - che si attivano per farlo confermare in una
inquietante melassa di aderenze che come nei giorni di scirocco, in
riva allo Stretto, confonde tutti, tranne gli investigatori.
08.07.24
HO CONOSCIUTO MONSIGNOR BETTAZZI A CUI HO DATO LA DELEGA PER
INTERVENIRE NELL'ASSEMBLEA OLIVETTI.
Il vescovo che dialogava con Berlinguer Pioniere di una Chiesa
povera per i poveri
La storia di Luigi Bettazzi è quella di un credente e di un vescovo,
ma anche dell'intera Chiesa italiana. Alberto Chiara, con scrittura
brillante e profondità, ne parla in questo libro, fondandosi su
incontri, interviste, documenti. Ne emerge un volume di grande
interesse, appassionato, che ricostruisce anche vicende inedite del
vescovo. Conosciamo meglio, così, il cristianesimo italiano del
Novecento e la lezione del vescovo di Ivrea, la cui influenza va ben
al di là dei confini diocesani. Bettazzi ha conosciuto i dolori
della Seconda guerra mondiale, mentre erano vive in lui le memorie
del 1915-1918, trasmessegli dal padre, che aveva combattuto sul
Carso. Luigi Bettazzi, nato nel 1923, apparteneva alla generazione
figlia della Prima guerra mondiale, ma consapevole negli anni della
Seconda. Sapeva bene cosa fosse la guerra. Qui sono le radici del
suo impegno per la pace, che lo porta anche alla testa di Pax
Christi nel 1968. La sua presidenza prepara quella di Tonino Bello,
eletto alla guida del movimento nel 1985.
La scuola teologico-pastorale da cui Bettazzi viene è quella della
Bologna conciliare, guidata dal cardinale Giacomo Lercaro, leader
dello schieramento "progressista" al Vaticano II. Bettazzi è
partecipe dei pensieri, degli studi e dei sogni che si sviluppano
nel "laboratorio" bolognese, dove forte è la presenza di don
Giuseppe Dossetti. È il mondo dell'«officina bolognese», per
riprendere il titolo di un libro curato da Giuseppe Alberigo (che ne
fu uno dei protagonisti). L'intervento di Bettazzi al Concilio sulla
collegialità fu ispirato proprio da Dossetti e Alberigo. Il futuro
vescovo di Ivrea era profondamente convinto della necessità della
dimensione collegiale. In un altro intervento al Concilio, propose
la canonizzazione di Giovanni XXIII, che avrebbe dovuto essere il
"santo del Vaticano II". Alberto Chiara mostra come, anche in questo
caso, fosse un'idea di Dossetti e di Alberigo, che Bettazzi portò
avanti convintamente. La sua proposta non fu accettata da Paolo VI,
che non voleva canonizzazioni conciliari e che aveva il problema di
quella di Pio XII, venerato da una parte del mondo cattolico, ma
attaccato per i "silenzi" sulla Shoah. Papa Montini annunciò, in
risposta, l'apertura di entrambi i processi di beatificazione di Pio
XII e di Giovanni XXIII. È una scelta espressiva della posizione
montiniana, che vuole evitare fratture e recuperare l'area
conservatrice e quel mondo romano da cui era stato osteggiato.
Bettazzi, nominato vescovo a Ivrea nel 1966, pur professando affetto
per Paolo VI, ebbe una posizione più tagliente. Il suo agire fu
inquieto, insofferente dei limiti, caratterizzato da un'impronta
evangelica. Non lontano da Dossetti, interpretò però la sua
posizione con semplicità ed estroversione. Un vescovo diocesano non
doveva parlare solo alla sua diocesi.
Un passaggio importante è la sua adesione al "Patto delle
catacombe", firmato da un gruppo di vescovi al Concilio, che
s'impegnavano a svolgere il ministero nel quadro di una Chiesa
povera e per i poveri. Da Ivrea, dal 1967 al 1999, Bettazzi lavorò
per un dialogo a tutto campo con tante diverse personalità. Famosa
la lettera aperta del luglio 1976 al segretario del Pci, Enrico
Berlinguer, che gli valse la qualifica di "vescovo rosso". La
risposta di Luigi Berlinguer arrivò nell'ottobre 1977: definì il Pci
«partito laico e democratico, come tale non teista, non ateista e
non antiteista», mentre prese le distanze dai Paesi dell'Est per le
«manifestazioni di intolleranza ideologica di Stato» e per le
«discriminazioni, anche pesanti, sulla base di criteri ideologici»
(in pratica la lotta contro le religioni).
Un vescovo del Mozambico, governato da un regime socialista vicino
all'Urss, duro contro le religioni, Jaime Gonçalvez, lesse stupito
il carteggio tra Bettazzi e Berlinguer. Sapeva come il Pci fosse un
importante alleato del suo governo, ma notò la diversità della
posizione italiana da quella del Frelimo, il partito unico
mozambicano che aveva limitato l'attività della Chiesa. Maturò
allora l'idea tra il vescovo e pochi suoi amici, fra cui chi scrive
e Matteo Zuppi, d'incontrare Berlinguer e chiedergli un intervento
sui "compagni" mozambicani, in favore della libertà religiosa.
Furono due gli incontri riservati tra Gonçalvez e Berlinguer a
Sant'Egidio nel 1982 e nel 1984. La lettera di Berlinguer a Bettazzi
fu lo spunto. Il primo incontro si concluse con l'impegno del
segretario del Pci a invitare i mozambicani alla pratica della
libertà religiosa. Il che avvenne, aprendo una stagione nuova e più
libera per la Chiesa in quel Paese. Il dialogo audace del vescovo di
Ivrea ebbe ripercussioni anche lontane. Bettazzi è, nel
post-Concilio, un riferimento per tanti, mentre incalza la Chiesa a
prendere con decisione quella che considera la via del Vangelo al
servizio del mondo. Come emerge dalle ricche pagine di Chiara, egli
esprimeva la «continuità teologica» del Concilio assieme alla
«discontinuità pastorale» che, a suo avviso, facevano la «grandezza
del Concilio Vaticano II». Quella grandezza che si riflette anche
nella sua opera e nella sua vita. —
07.07.24
UN CASO ESEMPLARE :
Il provvedimento dell'Ufficio scolastico regionale a carico della
dirigente del liceo Passoni. Una decisione che arriva dopo due anni
di indagini
Sospesa la preside con la segretaria particolare "La usava per il
supermercato e il parrucchiere"
chiara comai
Chiedeva ai collaboratori scolastici di maneggiare i dati personali
di docenti e alunni, anche quelli riservati. Ordinava a
un'assistente amministrativa di gestire la sua agenda personale.
Arrivando a chiederle di recarsi a casa sua per fare la spesa al
mercato e passare in farmacia. La dirigente scolastica Antonella
Accardi Benedettini del liceo artistico Aldo Passoni è stata sospesa
per un mese dalla sua mansione. L'ultimo capitolo di una carriera
ormai volta al termine: andrà in pensione ad agosto. Ma l'Ufficio
scolastico regionale già da due anni ispezionava l'istituto. Tante
le segnalazioni, arrivate da docenti, personale amministrativo e
collaboratori scolastici.
I motivi sono molteplici. Secondo quanto si apprende da fonti dell'Usr,
la dirigente non si sarebbe attenuta al perimetro degli incarichi
dei collaboratori. Chiedeva altro. Ad alcuni "bidelli" aveva
affidato la gestione dei documenti riservati agli alunni Bes, con
bisogni educativi speciali. Mansioni non previste dal contratto di
area di questi collaboratori scolastici. Al personale amministrativo
(impiegati nelle segreterie) faceva amministrare la sua agenda
personale. In particolare, una persona era diventata la sua
«segretaria particolare». Gestiva le email della dirigente,
conoscendo le password e gli accessi. Avrebbe anche preso
appuntamenti per suo conto dal parrucchiere, al cinema, a teatro. E
quando nei primi mesi del 2023 la dirigente era assente da scuola,
l'assistente amministrativa l'avrebbe raggiunta nella sua
abitazione. Le forniva aiuto per le commissioni in farmacia e per
comprare beni alimentari.
Non è finita: durante il periodo del Covid il liceo Passoni, come
altre scuole, ha fornito ad alcune famiglie in difficoltà dei pc
portatili per seguire le lezioni da casa. La preside ne ha gestito
la consegna, chiedendo aiuto sia alla Protezione Civile sia ad
alcune conoscenze personali, come al figlio di un amico. In via
informale e senza alcun modulo che ne attestasse la ricezione.
Tant'è che alla fine, alcuni pc non sarebbero stati restituiti.
Un'ipotesi da approfondire.
Sono queste le motivazioni della sospensione dall'incarico di
Accardi Benedettini, decorsa dal 24 giugno al 22 luglio. È stata lei
stessa a scrivere agli uffici: «Comunico la mia assenza a seguito di
un provvedimento dell'Usr». Congedandosi con un augurio: «Grazie a
tutti per il lavoro svolto in questo difficile periodo».
Contattata, non ha risposto al telefono. Già mesi fa, aveva
replicato così ad alcune segnalazioni dei docenti all'Usr: «In ogni
scuola ci sono lamentele, fanno parte della routine di un dirigente
scolastico. Non ci sono però situazioni che reputo di particolare
preoccupazione. Non so chi abbia fatto queste segnalazioni, credo
però che questi docenti abbiano poca abitudine a confrontarsi»
ERA ORA:
Le garanzie aggiuntive per le Ferrari ibride plug-in
Si chiamano Warranty Extension Hybrid e Power Hybrid e
sono estensioni di garanzia che consentono di coprire
fino al 16° anno d’età della vettura.
I possessori delle Ferrari
SF90 Stradale, SF90
Spider, SF90 XX Stradale, SF90
XX Spider, 296
GTB e 296
GTS, modelli che si distinguono per
un powertrain di tipo ibrido
plug-in, possono dormire sonni
tranquilli. Il costruttore annuncia infatti dei
servizi di garanzia ad
hoc, denominati Warranty Extension Hybrid e
Power Hybrid, che puntano a conservare
inalterate nel tempo le performance di queste
supercar.
I clienti di una vettura ibrida della Ferrari,
che possono già beneficiare di una garanzia di
fabbrica pari a cinque anni sulla componente
ibrida, possono così decidere di avvalersi del
“pacchetto” Warranty
Extension Hybrid per mantenere attiva
la garanzia di fabbrica sull’intera vettura per ulteriori
4 anni (quindi fino agli 8 anni
dell’auto). In quest’ultimo caso, è possibile
beneficiare della sostituzione del pacco
batteria ad alto voltaggio senza costi
aggiuntivi.
> Nelle
due foto qui sopra la Ferrari 296 GTS, qui sotto
la SF90 Spider.
Mentre il servizio Power
Hybrid è dedicato alle auto tra
gli 8 e il 16 anni di vita, e consente
di estendere la garanzia sulle componenti
principali del powertrain ibrido. Anche questo
programma prevede la sostituzione senza costi
aggiuntivi del pacco batteria ibrido al
compimento del sedicesimo anno di vita della
vettura.
Entrambi i servizi sono acquistabili in pacchetti
rinnovabili da due a quattro anni e
possono essere attivati presso ogni
concessionario della rete
Ferrari ufficiale, anche sulle vetture
ormai uscite dalla garanzia di fabbrica (in
questo caso è necessario un’ispezione da parte
dei tecnici della rete Ferrari).
Inoltre, entrambi i servizi garantiscono ai
clienti che, in caso di futuri sviluppi
tecnologici degli accumulatori, il pacco
batteria sostitutivo sarà un componente
all’avanguardia che consentirà di mantenere
inalterate le prestazioni della vettura. Sia il
Warranty Extension Hybrid che il Power Hybrid
possono essere trasferiti ai successivi
possessori della vettura in caso di passaggio di
proprietà.
06.07.24
Caporalato, ancora fermi i 200 milioni del Pnrr
luca monticelli roma
Il governo vuole «velocizzare» la spesa dei 200 milioni di euro
previsti dal Pnrr in chiave anti caporalato, ma dalla cabina di
regia di ieri non sono emerse misure concrete. Nel corso della
riunione a Palazzo Chigi, insieme al ministro Raffaele Fitto erano
presenti la responsabile del Lavoro Marina Elvira Calderone, il
numero uno del Tesoro Giancarlo Giorgetti, il presidente dell'Anci
Antonio Decaro. E' stato fatto il punto con il commissario
straordinario Maurizio Falco, ex prefetto di Latina, nominato un
mese fa proprio per assegnare le risorse ai 37 Comuni dove sono
stati censiti gli insediamenti illegali in cui vivono e lavorano 10
mila braccianti. Entro giugno dell'anno scorso sarebbe dovuto
arrivare il via libera dell'esecutivo ai piani dei Comuni, ma nulla
è stato fatto. Dopo la morte del lavoratore indiano Satnam Singh in
provincia di Latina, si è finalmente acceso un faro sui 200 milioni
non spesi. Palazzo Chigi sostiene che ieri è stato «formalmente
attivato un confronto operativo», ma di fatto si ritorna a gennaio
2023, all'esame dei progetti dei Comuni per la realizzazione delle
opere infrastrutturali. Intanto, mercoledì il Comando dei
carabinieri e l'Ispettorato del lavoro hanno controllato 310 aziende
agricole e 206 sono state pizzicate fuori norma (il 66%). Di 2.051
lavoratori, in 616 sono risultati irregolari (il 30%). «E' la prima
di tante giornate che avranno l'obiettivo di aumentare la nostra
presenza in realtà a rischio», promette Calderone. A Palazzo Chigi,
alla presenza della ministra Annamaria Bernini, si è svolta anche
una cabina di regia sul target degli studentati universitari fissati
dal Pnrr in 60 mila nuovi posti entro giugno 2026. Il commissario
Manuela Manenti ha rimosso dal bando presentato a marzo il vincolo
dei 12 mesi per completare la realizzazione dell'intervento perchè
considerato troppo stringente. —
UN ESEMPIO PER ALTRI : l militare avrebbe ricevuto tangenti e altri
favori in cambio di appalti pilotati. Sotto inchiesta anche il
dirigente del ministero delle Infrastrutture Quinzi
"Corrotto con borse griffate e ticket della Scala" Arrestato il
generale dei carabinieri Liporace
Francesca Del Vecchio
Milano
Appalti truccati in cambio di borse griffate, vacanze e biglietti
per lo stadio Olimpico e il Teatro Alla Scala di Milano: finisce ai
domiciliari il generale dei Carabinieri Oreste Liporace accusato di
aver accettato tangenti in cambio di agevolazioni
nell'aggiudicazione di commesse da centinaia di migliaia di euro tra
il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il Vaticano e la
Scuola sottufficiali Carabinieri di Velletri. Ventidue le
perquisizioni scattate ieri e una lista di indagati molto lunga tra
cui, appunto, l'ex comandante del reggimento allievi marescialli e
brigadieri di Velletri e fino a ieri direttore presso l'Istituto
Alti Studi della Difesa, accusato di corruzione, turbativa e false
fatture su un appalto da quasi 700mila euro per servizi di pulizia
della caserma dal 2019 al 2021. L'inchiesta, partita dal Nucleo di
polizia economico finanziaria della Gdf di Milano e dal pm milanese
Paolo Storari, è articolata in almeno due filoni: il primo
riguarderebbe proprio la commessa per l'impresa di pulizie dei
fratelli Fabbro per la caserma di Velletri. La stessa di cui
Liporace era comandante. Gara truccata insieme all'imprenditore
laziale dei traslochi Ennio De Vellis, anche lui finito ai
domiciliari. Il secondo filone riguarderebbe altri 15 milioni di
euro in appalti di ristorazione della Presidenza del Consiglio
assegnati nel 2020 a un'azienda (la stessa vincitrice della gara per
la Scuola) che, per essere ammessa alla cerchia degli invitati alle
commesse del Dipartimento informazioni e sicurezza nel triennio
2018-2020 ha pagato 165.000 euro all'imprenditore dei traslochi.
Secondo il gip che ha firmato l'ordinanza di arresto per Liporace,
il graduato dell'Arma sarebbe stato corrotto con quattro tipologie
di tangenti: 22mila euro mascherati da canone di locazione per una
foresteria in provincia di Roma intestata alla sorella, tre borse di
Louis Vuitton del valore di circa 11mila euro, diversi biglietti per
lo stadio e il teatro e un servizio di noleggio con conducente a
Milano per un soggiorno di 4 giorni con la famiglia. Tra gli
indagati anche gli imprenditori Massimiliano e William Fabbro della
Fabbro spa, vincitori di diverse gare d'appalto grazie ai favori di
Liporace e De Vellis. «Signor generale, congratulazioni e al
prossimo bagno della greca con Dom Pérignon Vintage 2009!», gli dice
Massimiliano Fabbro in un messaggio per congratularsi per la nomina
a generale. «Raffinato e amico! Ma soprattutto presente nei momenti
importanti!» risponde il carabiniere. «Il vero tesoro è l'amicizia»,
è il messaggio contenuto nelle lunghe chat recuperate sui cellulari.
Secondo il gip Domenico Santoro «sono le parole di Liporace stesso a
testimoniare l'intensità del legame con Fabbro».
Tra gli indagati, poi, c'è anche il dirigente del MiT Lorenzo Quinzi,
a capo del Dipartimento Affari generali del dicastero di Matteo
Salvini. Quinzi, videoregistrato e intercettato nel suo ufficio,
diceva a De Vellis: «Mi prendo in affitto ‘sto palazzo qua (...)
perché devo trasferire 700 persone». Il tema del «bando pubblico
relativo al servizio di trasloco di 750 dipendenti del Mit»,
infatti, come si legge nell'ordinanza, è uno degli ulteriori
approfondimenti investigativi in corso nell'inchiesta di Storari
radicata come competenza territoriale a Milano, perché l'ultima
«utilità» ottenuta dal generale dei carabinieri Liporace sarebbe
stata l'acquisto a Milano di un biglietto per la Scala. Per gli
inquirenti, Quinzi avrebbe voluto «veicolare gli affidamenti» del
Ministero «a favore delle società di De Vellis», anche per il
trasloco dei dipendenti, «in cambio di utilità di varia natura».
Come già si era verificato, Quinzi chiede a De Vellis la
disponibilità di una residenza in montagna a Sestriere per un ponte
invernale, dall'1 al 5 novembre 2023. Insomma, un vero e proprio
«meccanismo» grazie al quale De Vellis «si accaparra le commesse».
Prima di iniziare a parlare con l'imprenditore nel suo ufficio, si
legge nelle carte, «l'alto dirigente avrebbe tirato fuori dal
taschino» della giacca il telefono e «lo avrebbe messo nel «cassetto
della scrivania». E l'altro gli avrebbe detto: «Io l'ho lasciato in
macchina». La conversazione prosegue e De Vellis dice: «Senti mo che
viene la primavera devi venire giù eh… ti voglio far vedere 'sto
castello. Ci facciamo una bella mangiata. Gli inviti falli tu, porta
chi vuoi portare, 5, 6, 10 me ne frega un cazzo. Facciamo
un'ammucchiata tutti quanti. Lo sai che ti voglio bene Lorenzo». Al
centro delle indagini della Procura milanese anche alcuni appalti
dell'Avvocatura dello Stato e diverse gare per i lavori di
ristrutturazione di un convento di Frati Francescani e in Vaticano.
Intanto, mentre l'Arma dei Carabinieri ha sospeso con effetto
immediato Liporace, Salvini in una nota esprime «fiducia a Quinzi,
leale e serio servitore dello Stato», certo che «potrà dimostrare la
correttezza delle sue scelte». —
Chiara Ferragni rinuncia al ricorso pagherà la multa
L'influencer Chiara Ferragni pagherà la multa da un milione di euro
comminata dall'Agcom (autorità garante della concorrenza) per la
pubblicità ingannevole dei pandori Balocco "Pink Christmas" venduti
«per beneficenza». I suoi legali hanno presentato al Tar del Lazio
la rinuncia al ricorso contro la sanzione inflitta alle sue società,
Fenice e Tbs Crew. Secondo fonti vicine all'imprenditrice digitale,
la decisione di Ferragni rientrerebbe in un'intesa informale con
l'Antitrust, che non dovrebbe prendere ulteriori provvedimenti
sull'altro caso aperto, quello relativo alle uova di Pasqua Dolci
Preziosi. L'udienza era fissata per il 17 luglio: Ferragni aveva
chiesto l'annullamento del provvedimento contro le sue aziende
multate rispettivamente per 400 mila e 675 mila euro.
Ancora guai giudiziari per Santanchè L'accusa è falso in bilancio
per Visibilia
MONICA SERRA
ANDREA SIRAVO
MILANO
La procura di Milano chiede per la seconda volta di mandare a
processo la ministra del Turismo Daniela Santanchè.
Dopo l'istanza per la presunta truffa aggravata all'Inps sulla
indebita percezione della cassa integrazione Covid a zero ore per 13
dipendenti di Visibilia Editore e Concessionaria, arriva quella
analoga per una serie di false comunicazioni sociali delle società
Visibilia Editore, quotata a Piazza Affari, che la senatrice di
Fratelli d'Italia avrebbe commesso, a vario titolo, con altri 16
co-imputati dal 2016 al 2022. Per la prima richiesta di processo la
gup Tiziana Gueli ha già fissati l'udienza preliminare, il 9 ottobre
2024. Nei prossimi giorni un altro giudice individuerà sul
calendario la data per la seconda.
Dallo scorso 12 aprile quando la procuratrice aggiunta Laura Pedio e
i sostituti Marina Gravina e Luigi Luzi le fecero notificare
l'avviso di chiusura delle indagini, Santanchè, tramite i suoi
legali, non ha chiesto di essere interrogata né ha depositato una
memoria difensiva. Una strategia legittima che però non ha mutato
l'orientamento degli inquirenti. Le indagini del Nucleo di polizia
economico-finanziaria della Gdf milanese hanno evidenziato nelle
società la «sistematica incapacità del complesso aziendale di
produrre reddito».
Da qui sarebbe emersa la necessità per gli ex amministratori, tra
cui la stessa Santanchè, di «proseguire l'attività, nascondendo al
pubblico le perdite, evitando sia la necessaria costosa
ricapitalizzazione, sia la gestione meramente "conservativa"»
dell'impresa.
Con lei compariranno in udienza preliminare anche l'attuale compagno
Dimitri Kunz D'Asburgo Lorena, l'ex Canio Giovanni Mazzaro, la
sorella Fiorella Garnero e la nipote Silvia Garnero, oltre alle
società coinvolte in base alla legge sulla responsabilità degli
enti: la quotata, la srl e Visibilia in liquidazione.
Per gli ulteriori guai giudiziari non sono mancate le reazioni
politiche con l'opposizione che chiede alla premier Giorgia Meloni
di far dimettere la ministra indagata. «Ed ora basta! C'è un numero
minimo di processi penali che convincano la presidente Meloni a
chiedere le dimissioni della ministra Santanchè?», si chiede Debora
Serracchiani, responsabile Giustizia nella segreteria Pd . «La
ministra Santanchè metta le ali ma dal Governo. Necessarie
dimissioni immediate, non può fare la ministra», le fa eco il
deputato Angelo Bonelli di Alleanza Verdi e sinistra.
Passa l'abolizione dell'abuso d'ufficio Ma a sorpresa nasce un nuovo
reato
Francesco Grignetti
Roma
È quasi legge l'abolizione del reato di abuso d'ufficio. Manca solo
un voto finale della Camera, previsto mercoledì prossimo. Ma se la
maggioranza di destra-centro, con l'appoggio di Azione e Italia
viva, va avanti decisamente, il governo si è reso conto che c'è un
problema ed è corso ai ripari con una norma infilata nel decreto
Carceri licenziato due giorni fa dal Consiglio dei ministri: al
codice sarà aggiunto un articolo 314bis che riguarda l'indebita
destinazione di denaro. È prevista la reclusione da sei mesi a tre
anni per il pubblico ufficiale il quale, avendo la disponibilità di
fondi per via della sua carica, li «destina a un uso diverso da
quello previsto (…) e intenzionalmente procura a sé o ad altri un
ingiusto vantaggio patrimoniale o ad altri un danno ingiusto».
L'abuso d'ufficio formalmente non c'entra, ma in sostanza c'entra
eccome. È una forma particolare di abuso. La norma – spiegano fonti
di governo – è stata adottata in via preventiva per evitare che dopo
l'abolizione dell'abuso d'ufficio questo tipo di atto illecito
restasse giuridicamente "scoperto" o passibile di problemi
interpretativi. Ed è quanto sottolinea polemicamente l'Associazione
nazionale magistrati. Dice il presidente Giuseppe Santalucia: «La
cosa che colpisce è che si abroga il reato di abuso d'ufficio e se
ne introduce un altro, con decreto legge, che è il vecchio peculato
per distrazione. È il segno tangibile che la scelta di abrogare
l'abuso di ufficio è una scelta infelice. Si corre ai ripari con un
provvedimento normativo d'urgenza per introdurre una pezza». E
aggiunge: «Hanno maturato la consapevolezza che il sistema non
regge. Non si può abrogare quella norma, ci sono obblighi
convenzionale che pensano di poter adempiere con una fattispecie
abrogata negli anni ‘90. Era meglio non toccare nulla».
Il caso di un reato che scompare ma poi riappare in forma diversa ha
focalizzato buona parte delle discussioni in Parlamento. Carlo
Nordio ha spiegato che si tratta di due reati e due comportamenti
molto diversi. «Il peculato per distrazione – ha detto – è una
ipotesi completamente diversa dall'abuso d'ufficio. Si parla di
distrazione, che significa veicolare le risorse che hai a
disposizione verso una destinazione che non è quella fisiologica».
La vede in maniera molto diversa l'opposizione. Ed è pungente la
replica di un ex ministro della Giustizia quale Andrea Orlando, Pd:
«Ma è così che si può legiferare? Mentre si abolisce un reato contro
la Pubblica amministrazione con legge, se ne introduce un altro,
sempre contro la Pubblica amministrazione, con un decreto d'urgenza?
Noi non sappiamo come la giurisprudenza interpreterà questa nuova
fattispecie. E tutti i ragionamenti sull'organicità e sulla
completezza degli strumenti, su cui si è ampiamente diffuso in
interviste il ministro, dove vanno a finire? Ci ha spiegato per mesi
che non c'era bisogno di introdurre nuovi reati; anzi, bisognava
toglierne uno. Poi, però, con un decreto, se ne introduce uno
nuovo». —
05.07.24
La conduttrice aveva denunciato in pubblico il caso Scurati
Sanzione per Serena Bortone L'azienda la sospende sei giorni Le tappe della vicenda
MICHELA TAMBURRINO
ROMA
Se la vendetta è un piatto che si serve freddo, in Rai lo si
preferisce addirittura gelato. Arriva ieri la decisione dei vertici
dell'Azienda pubblica di sanzionare, con sei giorni di sospensione,
Serena Bortone per una storia di mesi fa. Questo per aver denunciato
su Instagram la censura occorsa ai danni del pluripremiato scrittore
Antonio Scurati, sollevato all'ultimo dalla sua partecipazione nel
programma condotto appunto da Bortone «Chesará», (programma sparito
dai prossimi palinsesti). Lo scrittore avrebbe dovuto pronunciare
con un monologo in occasione della Festa della Liberazione. Si parlò
di un'ospitata che doveva trasformarsi in gratuita in quanto
l'autore era promozione per un suo libro. Circostanza negata dalla
casa editrice. Bortone subissò di mail i suoi diretti superiori
senza però ottenere risposte. Scurati fu oscurato e Bortone lesse il
monologo.
Il procedimento disciplinare arriva «per aver pubblicato un post su
vicende interne senza aver chiesto e ottenuto la necessaria
autorizzazione in violazione delle norme aziendali». Molto meno del
«meritato licenziamento», come invocato nelle scorse settimane
dall'amministratore delegato della Rai Roberto Sergio. Ma pur sempre
al sapor di ritorsione. Chiusa in un silenzio che non ammette
deroghe, Bortone resta molto amareggiata e ha dato mandato ai suoi
legali di fare ricorso. Sfugge la ratio: nella catena di comando, a
pagare è solo Bortone. Nelle mani dei legali le innumerevoli mail
che chiedevano spiegazioni ai diretti superiori e indicazioni sul da
farsi, passate sotto silenzio. Erano ore convulse e la
giornalista-conduttrice tentava di ottenere dalla dirigenza della
Direzione Approfondimenti lumi sul da farsi mentre dall'altra parte
riceveva mail dall'interdetto Scurati. Mail che fino ad oggi non
sono mai uscite ma che in sede di confronto saranno mostrate. Tutto
questo accade in un momento politicamente molto delicato. Con il
Consiglio di Stato che si dovrà pronunciare tra poche ore sui
criteri di nomina. E se per la Rai verranno annullati, sarà un
pasticcio. Dunque la proposta della Lega sul canone che va in
un'ottica di piena contrapposizione con FdI.
Insorgono i sindacati e l'opposizione. Per il Pd si tratta «di una
brutta pagina per la Rai che sanziona una sua professionista per
aver contestato un'ingiusta imposizione». E dalla festa dell'Unità
la segretaria Elly Schlein attacca: «Telemeloni sanziona giornaliste
libere che hanno protestato contro una censura come quella su
Scurati e dall'altra parte scopriamo che assumono amichetti nel
servizio pubblico». Anche il capogruppo M5s in Commissione di
Vigilanza Rai, Dario Carotenuto, parla di pesi e misure diverse
evocando il recentissimo scandalo «delle assunzioni facili di amici
e dirigenti Rai all'interno dell'azienda. La punizione inferta a
Bortone al termine dell'Audit interno è un duro colpo alla
credibilità della Rai». Vittorio Di Trapani, presidente della Fnsi,
a proposito della sanzione, parla di «vergogna». E aggiunge:
«denunciare la cancellazione del monologo di Scurati è stato un atto
di obbedienza civile». Anche l'Usigrai insorge contro «una sanzione
inaccettabile, uno scaricabarile che rivela il malfunzionamento e
l'assenza di una catena di comando».
04.07.24
ILVA INDAGINI PER TRUFFA:
(AGI) - La Guardia di Finanza di Bari sta eseguendo nelle province
di Taranto, Bari, Milano, Monza-Brianza e Modena un decreto di
perquisizione personale e locale emesso dalla Procura di Taranto nei
confronti di 10 persone (amministratori, procuratori, dipendenti e
collaboratori pro tempore di Acciaierie d'Italia, societa',
attualmente in amministrazione straordinaria che gestisce lo
stabilimento ex Ilva di Taranto). Sono indagati per il reato di
truffa allo Stato.
Dalle indagini e' emersa una "artificiosa manipolazione dei dati
afferenti alle emissioni di CO2 riconducibili alle attivita' di AdI
spa e poste in essere in epoca precedente la sottoposizione della
societa' alla procedura di amministrazione straordinaria",
quest'ultima scattata lo scorso febbraio con la nomina dei
commissari da parte del Mimit.
La gestione precedente della societa' vedeva, invece, ArcelorMittal,
multinazionale dell'acciaio, come socio di maggioranza di AdI, con
Lucia Morselli amministratore delegato. Le indagini hanno consentito
di rilevare, in relazione alla restituzione delle quote CO2
"consumate" nell'anno 2022 e all'assegnazione di quelle a titolo
gratuito per l'anno 2023, varie irregolarita' commesse da Acciaierie
d'Italia.
In particolare la societa', secondo le indagini, avrebbe "attestato
nel piano di monitoraggio e rendicontazione al Comitato ETS (Emission
Trading System) falsi quantitativi di consumi di materie prime
(fossile, gas, ecc.), di prodotti finiti e semilavorati e relative
giacenze, cosi' alterando i parametri di riferimento ("fattore di
emissione" e "livello di attivita'")".
Avrebbe inoltre "dichiarato al registro EU ETS (Sistema Europeo di
Scambio di Quote di Emissione) un numero di quote CO2 inferiore a
quello effettivamente emesso, inducendo in errore il Comitato
ministeriale, che si determinava ad assegnare gratuitamente allo
stabilimento ex Ilva di Taranto, per l'anno 2023, un ammontare di
quote superiore a quello effettivamente spettante".
"Attraverso tali condotte - dichiara la GdF - gli indagati avrebbero
procurato un ingiusto profitto per ADI S.p.A. consistito da un lato
in un risparmio di spesa, realizzato con la restituzione allo Stato
-e, nello specifico, al Comitato ministeriale- di quote CO2
inferiore a quello che la societa' avrebbe dovuto restituire;
dall'altro nei maggiori ricavi determinati dal riconoscimento di
quote di CO2 gratuite in misura eccedente con pari danno del mercato
primario delle "aste pubbliche" dello Stato".
"I riscontri investigativi in corso - precisa la Finanza - sono
finalizzati a rinvenire ulteriori elementi probatori utili al
prosieguo delle indagini, con particolare riferimento alla
documentazione amministrativa e contabile funzionale alla puntuale
ricostruzione delle procedure in esame, nonche' all'esatta
quantificazione delle quote effettivamente". Il sistema europeo in
questione prevede lo "Scambio di Quote di Emissione (EU ETS)".
E' istituito dalla Direttiva 2003/87/CE (Direttiva ETS) che
costituisce il principale strumento adottato dall'Unione Europea per
ridurre le emissioni di gas a effetto serra nei settori energivori a
seguito della sottoscrizione del Protocollo di Kyoto. Il sistema, si
rileva, si basa essenzialmente su un meccanismo di capotrade che
fissa un tetto massimo al livello complessivo delle emissioni
consentite a tutti i soggetti vincolati, permettendo ai partecipanti
di acquistare e vendere sul mercato diritti a emettere CO2 (quote)
secondo le loro necessita' nel rispetto del limite stabilito. Il
meccanismo ha lo scopo di mantenere alti i prezzi dei titoli per
disincentivare la domanda e, pertanto, indurre le imprese europee ad
inquinare meno.
03.07.24
"Andreotti chiese al Papa di licenziarmi Tra i bimbi morti di Aids
dubitai di Dio"
domenico agasso
città del vaticano
«Porto sempre con me la "huipalas" che mi ha donato un'indigena
dell'Ecuador. Questa sciarpa contiene i colori della pace,
attraversati da un filo rosso. Rappresenta il messaggio che tutti i
popoli, culture, religioni possono intersecarsi armoniosamente».
L'indomito padre Alex Zanotelli, simbolo del pacifismo
internazionale, da sempre in prima fila e controcorrente per aiutare
gli ultimi, festeggia 60 anni di sacerdozio a Livo, fra le montagne
di Trento, dove è nato il 26 agosto 1938. Missionario comboniano, ha
abbracciato l'Africa in Sudan e Kenya. Il suo centro sono le
periferie. Oggi il Rione Sanità.
È stato un bravo bambino?
«Non proprio… Ero sbarazzino, diciamo così. Da ragazzino ne ho
combinate tante, non ero un "santerello". Mia mamma era disperata
perché non volevo studiare, in particolare Matematica».
Come si è presentata la vocazione?
«Un giorno, in 5ª elementare, venne un missionario comboniano a
raccontarci la sua attività e chiese se qualcuno volesse spendere la
propria vita così. Alzai la mano. Tutti erano meravigliati».
Dopo il Sudan, nel 1978, nella casa madre, a Verona.
«I Comboniani mi nominarono direttore della rivista Nigrizia. Da
quella posizione ho capito che i problemi africani spesso derivano
da noi».
Non finirà bene…
«Ho iniziato a esaminare la politica italiana verso l'Africa, la
cooperazione e il traffico di armi. Nell'editoriale del gennaio
1986, intitolato "Il volto italiano della fame africana", ho
attaccato la legge proposta da socialisti e radicali sulla fame nel
mondo. Criticavo l'improvviso interesse dei politici italiani per la
fame in Africa, suggerendo che fosse motivato dalla fame di soldi
destinati all'Africa. Questo articolo ha causato un putiferio,
coinvolgendo nomi come Craxi e Piccoli. Poi ho fondato
l'associazione "Beati i costruttori di pace", esortando
all'obiezione fiscale contro le spese militari. Sono esplose feroci
polemiche su di me. Spadolini e Andreotti, con le loro influenze
dentro il Vaticano, hanno fatto pressioni su Papa Wojtyla: Giovanni
Paolo II a sua volta ha pressato il cardinale di Propaganda Fide,
Jozef Tomko, che ha richiesto ai miei superiori di spingermi a
lasciare il mio incarico».
Com'è andata in Kenya?
«Ho vissuto 12 anni tra i baraccati di Korogocho, a pochi metri
dalla più grande discarica del mondo. Lì ho compreso il vero
significato del Vangelo. L'ultimo giorno un gruppo di persone ha
insistito affinché non me ne andassi senza una preghiera "su di me".
È durata tre ore. Alla fine, uno di loro mi ha invitato a
inginocchiarmi. "Imponete le mani su di lui". Sentivo centinaia di
mani sulla mia testa».
Oggi dove vive?
«A Napoli, nel cuore del Rione Sanità. Abito in una casetta ricavata
nel campanile. Ho scelto di aiutare i bisognosi in questa zona dalle
enormi difficoltà sociali. E fin dalle prime pubblicazioni, per
volere di don Tonino Bello, dirigo "Mosaico di pace"».
Il 18 maggio era sul palco dell'Arena di Verona con papa Francesco
per l'evento con le associazioni pacifiste.
«Mai avrei immaginato di sedere alla sinistra del Pontefice, un
posto che ha avuto l'approvazione della Santa Sede, dopo un lungo
periodo in cui il mio nome nei Sacri Palazzi dava fastidio, poiché
ho espresso critiche su diverse questioni anche all'interno della
Chiesa. È stata come una rivalutazione del mio lavoro dopo decenni
di ostilità delle gerarchie».
Ha avuto crisi di fede?
«Sì, tante, soprattutto nell'inferno di Korogocho. Di fronte alla
morte dei bambini e ragazzini per fame, sete, ma anche malattie come
l'Aids, mi sono domandato: Dio dov'è?».
Come le ha superate?
«Mi hanno aiutato i poverissimi dello Slum, che non perdono la
speranza nonostante la miseria estrema e assurda. E in particolare,
mi ha segnato Florence, una ragazzina di 17 anni. Una notte ero al
suo capezzale: soffriva terribilmente a causa dell'Aids, era piena
di piaghe. Eppure, sul letto di morte pregava con una luminosità
impressionante. Le chiesi: ma chi è Dio per te? Mi rispose: "Dio è
mamma"».
Mai innamorato di una donna?
«No».
Mai pentito di essere diventato prete?
«Il sacerdozio spesso diventa potere pericoloso, ma la missione ha
salvato il mio sacerdozio trasformandolo in un servizio radicalmente
dedicato agli esclusi della terra».
Non le è mancato avere figli?
«In realtà ne ho avuti tantissimi (sorride, ndr): la mia è stata una
paternità spirituale nei confronti dei piccoli dimenticati tra le
baracche di Korogocho».
LA PALLA AL PIEDE DEL GOVERNO MELONI :Pichetto presenta a Bruxelles
il Piano energia con il nucleare
LUIGI GRASSIA
Un colpo al cerchio e uno alla botte: l'aggiornamento del Piano per
l'energia e il clima (Pniec) che a nome dell'Italia il ministro
dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin ha presentato ieri a
Bruxelles mira a soddisfare le istanze ecologiste pianificando il
raddoppio delle energie rinnovabili entro il 2030, ma al contempo
prospetta il ritorno al nucleare.
Secondo il nuovo Pniec, le rinnovabili in Italia raggiungeranno una
potenza installata di 131 GigaWatt nel 2030 e rappresenteranno il
39,4% del totale, più che raddoppiando il 19% rilevato nel 2022, e
Pichetto dice che gli obiettivi riguardo alle emissioni «supereranno
gli obiettivi delle regole europee di FitFor55».
Ma la parte controversa del Pniec è quella relativa alla Piattaforma
Nazionale per un Nucleare Sostenibile: si ipotizza un'integrazione
con le rinnovabili, per dare stabilità al sistema. Con l'atomo si
produrrà nel 2050, l'11% dell'energia, con una possibile proiezione
al 22%. Lo scenario nucleare contempla per Pichetto «la fissione a
partire dal 2035 e la fusione a ridosso del 2050».
Critico l'ex ministro Sergio Costa, ora vicepresidente della Camera
con i Cinquestelle, che parla di «abdicazione ad imprese fossili e
nucleare. Il Pniec inviato a Bruxelles basa la transizione
energetica su una fantasia: tale è oggi il nucleare. La crisi
climatica è in atto, ma questo governo sembra non rendersene conto».
—
Il capo del Rn vuole fare il premier, ma a Bruxelles non c'era mai.
E osteggiò il patto con la Tunisia
Jordan, l'eurodeputato fantasma che ha votato a favore della Russia MARCO BRESOLIN
CORRISPONDENTE DA BRUXELLES
Una sola risoluzione in cinque anni, presentata per condannare gli
attacchi di Hamas del 7 ottobre scorso. Una serie di interrogazioni
scritte alla Commissione per contestare l'accordo con la Tunisia
(voluto dal governo Meloni), le sanzioni alla Russia, il green pass
e la tentata acquisizione di Chantiers de l'Atlantique da parte di
Fincantieri. Un solo rapporto in qualità di relatore ombra
sull'intelligenza artificiale e un tasso d'influenza all'Eurocamera
del 16, 19%, secondo l'indice realizzato dalla società Bcw che lo
vede al 657° posto su un totale di 705 eurodeputati. Negli ultimi
cinque anni Jordan Bardella è stato eurodeputato per il gruppo
Identità e Democrazia, ma nonostante la grande visibilità mediatica
è difficile trovare qualcuno che confermi di averlo visto lavorare
seriamente sui dossier.
Quando in campagna elettorale gli avversari politici francesi lo
hanno accusato di assenteismo, l'aspirante premier ha sfoderato le
statistiche che gli assegnano un tasso di presenza del 94%. Il dato
è riferito alle votazioni in plenaria alle quali ha preso parte ed
effettivamente i numeri corrispondono. Ma il punto è che si tratta
di un dato parziale, che racconta soltanto una parte della storia:
le votazioni in Aula si tengono al Parlamento di Strasburgo solo per
quattro giorni al mese e solitamente gli eurodeputati fanno il
possibile per non perdersene nemmeno una, anche perché un elevato
numero di assenze può costare una decurtazione della diaria. Da un
punto di vista quantitativo, il dato non fornisce dunque molte
informazioni. Ma è utile da un punto di vista qualitativo: a
febbraio, Bardella ha votato contro la risoluzione sulle
interferenze russe nei partiti europei e si è astenuto su quella che
chiedeva un «sostegno incrollabile» all'Ucraina, mentre negli anni
scorsi si è detto contrario a definire la Russia uno Stato «sponsor
del terrorismo».
Per valutare l'attività di un eurodeputato è invece più utile andare
a vedere di quanti report è stato relatore, quante interrogazioni ha
presentato oppure cosa ha fatto nella sua commissione parlamentare
di competenza. Insomma, tutto il lavoro che gli eurodeputati fanno a
Bruxelles al di fuori di quei quattro giorni al mese in cui i
riflettori sono puntati sui loro interventi nell'Aula a Strasburgo.
Materiale meno spendibile per i video da pubblicare sui social
network, ma decisamente più utili alla causa. Bardella è stato un
membro della commissione Peti, che sta per "petizioni" e si occupa
di analizzare le richieste che arrivano dai cittadini. Non certo il
binario legislativo tra i più attivi dell'Eurocamera. Secondo una
recente inchiesta di "FranceInfo", il suo tasso di assenteismo in
commissione è stato del 70%. —
Una dinastia? Troppo! Una famiglia? Troppo poco! Mmm… come li
sintetizzi i Le Pen, padre, figlie, generi, nipoti? Un clan! Forse
ci siamo: il clan Le Pen.
Il clan è un'entità che raggruppa, unisce e divide nello stesso
tempo, nel clan ci si ama ma solo fino a un certo punto, fino a
quando il fine, l'interesse del gruppo lo rendono necessario, poi ci
si divide si litiga si combatte a colpi di maledizioni e di carta
bollata, per poi riconciliarsi. Se conviene.
Il clan Le Pen. Ora che stanno per arraffare il Potere (quasi,
forse), ed esistono non più semplicemente come Negazione, lato scuro
nella storia politica della Francia, allora si può dire che quello
che li lega clanicamente è la simulazione.
Tutti Jean Marie e le sue inquietissime donne, Marine, Pierrette,
Marie-Caroline, Yann eccetera hanno svolto bene e benissimo questa
attività che è propria degli attori e che può esprimersi in tante
forme quanti sono i personaggi che si fingono.
Il patriarca, il Presidente, il "Menhir" ha recitato il ruolo del
paras ma senza aver mai partecipato a una vera battaglia, sempre in
ritardo in Indocina, a Suez nel 1956 nei rantoli coloniali, del
torturatore in Algeria come diceva lui «per necessità, perché i
tempi lo richiedevano», e poi il più giovane deputato della storia
di Francia, rissaiolo di strada e di comizio, negazionista,
poujadista, rimestatore dell'anti rivoluzione, aspirante presidente
senza possibilità, babau ma dimenticato secondario, irrilevante.
E lei? Dapprima erede fedelissima, poi rinnovatrice sempre più
imprudente della destra impresentabile, la faccia angelica di una
nuova Vichy, la futura presidente di «tutti i francesi».
E poi ci sono la primogenita Marie-Caroline, ribelle e scissionista
(pentita), e la nipote Marion Maréchal, che ha già tradito anche lei
due volte, passando con il detestato Zemmour e poi ritornata nel
clan. Quante parti, quante maschere scambiandosi le battute e i
toni, commedia, farsa, dramma, cabaret. La Comédie-Française dei Le
Pen.
Ma l'attore si abbandona al suo personaggio e lo incarna pienamente.
Poi, calato il sipario, se ne libera come il serpente lascia dietro
di sé la pelle. Il simulatore mai si abbandona e si scorda di sé
perché se fosse identico alla sua immagine non simulerebbe. La sua
parte è inseparabile, è condannato a recitare tutta la vita perché
tra lui e il personaggio si è stabilità una complicità che nulla può
spezzare. Il fondatore del Front National si era cucito addosso
l'incarnazione dell'altra Francia, quella che non ha mai accettato
la rivoluzione, vandeana, antidreyfusarda, petenista, poujadista,
xenofoba e nostalgica de l'Empire, la Francia della provincia delle
persiane chiuse e della piccola gente che si ritiene eternamente
maltrattata ed emarginata. Più larga e più meschina di quella «di
giocatori di bocce, pescatori della domenica, bevitori di aperitivi,
intellettuali emaciati e larve di biblioteca» contro cui inveiva,
altri tempi altra destra, Drieu la Rochelle. Lo ha fatto da eterno
isolato, da consapevole sconfitto senza possibilità di revanche. Ha
amministrato il suo clan come la casa delle vacanze a La
Trinité-sur-Mer, nel Morbihan, dove i lunghissimi oblii, la
marginalità, le traversate del deserto senza oasi all'orizzonte si
scavalcavano placidamente andando in crociera sul veliero General
Chambronne assieme alla tribù delle figlie. E le svolte politiche si
decidevano in famiglia accapigliandosi davanti alla lampada a
petrolio della nonna. La destra estrema, il partito erano roba sua,
verghianamente. Chi poteva sottrargliela quella trama logora e opaca
di bugie e luoghi comuni? Esser scavalcati dalla Storia è una
rendita spesso sicura.
Infinite ingiustizie, imbarbarimenti, mascherate feroci, eccidi,
pazzie, clamori e discorsi, adorazione di simboli nefasti e pagani,
scompigli disastri e imposture, in una parola la seconda metà del
Novecento hanno prodotto Le Pen padre, condannato alla sconfitta
proprio da quella Storia. Il mondo nuovo ha creato la figlia Marine
che invece prenderà il potere. E questo avviene perché i beveroni e
i fumi che condivano la cucina grossolana, sfacciata e pepata, la
necromanzia storica idiota del padre, lo zibaldone di castronerie
son diventati slogan normali, sono forse maggioranza in questa
Francia vana, ripugnata, stanca che una serie di presidenti e di
settimini intellettuali, di prodigatori di sussiego che credono di
saperla lunga sul conto del secolo e degli uomini, su quel che sono
e quello che vogliono apparire, ha sciaguratamente messo in piedi. E
ora nel deserto delle idee, per trovare una Marna democratica
dell'ultimo minuto o peggio del troppo tardi son costretti a tirar
fuori i "fronti popolari" e le "trincee repubblicane" per rispronare
le loro pigrizie.
Una collega francese a cui chiedo di suggerirmi un simbolo della
saga dei Le Pen non ha esitazioni: è la casa al mare di La Trinitè
dove Jean Marie era nato. Non il castello di Montretout, i 420 metri
quadri a Saint Cloud, munifica eredità dell'industriale finanziatore
del partito creato nel 1972; sfondo delle feste a cui accorrevano
Alain Delon, grandi avvocati d'affari, e ombre titolate uscite dei
Guermantes.
Dove si modellava la storia del clan, tra liti famigliari e lotte di
potere, era nella casa delle vacanze dove il "Menhir'' era nato,
figlio di un pescatore morto nel 1942 per aver urtato una mina. Lì
scintillava e dava scandalo la disinvolta moglie Pierrette che
girava a seno nudo e chiedeva alle vicine la cortesia di lavare da
loro le bambine perché nella casa non c'era abbastanza acqua calda.
Pierette, il primo tradimento si fa per dire: divorzio, lui che
risponde alla Le Pen alle richieste di denaro della separata: «se ha
bisogno di soldi faccia la donna di servizio». E lei replicò con un
esplosivo servizio su Playboy. Il clan chiuse la porta, le figlie a
fianco del padre. Poi riapparve per la festa dei novantanni del
patriarca. Il clan perdona.
Qui nell'87 ha annunciato la candidatura alla presidenza: nelle
immagini dell'epoca girate nel giardino appare per la prima volta
politicamente al suo fianco la diciannovenne Marine. L'erede. È qui
che nel 2015 padre e figlia hanno saldato i conti, lei che sta
cercando di render normale il partito, di rendere meno ammorbante
l'odore di zolfo. Lui, che è ancora presidente, rilascia una serie
di interviste omicide. Dove ribadisce le tesi sulle camere a gas
come «dettaglio», omaggia Petain e si preoccupa del futuro dell'uomo
bianco. È passeggiando sulla spiaggia, raccontano, che Marine decide
di prendere il controllo del partito e di "uccidere" il padre.
02.07.24
E Attal ritira la riforma sulla disoccupazione L'avanzata dell'estrema destra lepenista fa talmente paura al
presidente Emmanuel Macron, che il suo premier Gabriel Attal nella
tarda serata ha sospeso la tanto contestata riforma dell'assurance
chômage, che prevedeva una stretta sul rilascio dei sussidi di
disoccupazione. Ad annunciarlo in extremis l'entourage del capo del
governo, che ha parlato di ulteriori «accordi e discussioni tra le
forze repubblicane» sul dossier. La riforma sarebbe stata
ufficializzata oggi con una pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.
Una mossa puramente elettorale in vista del secondo turno delle
legislative di domenica prossima. Il progetto, fortemente contestato
dai sindacati, prevedeva di ridurre da 18 a 15 mesi la durata
massima della copertura dei sussidi per gli under 57. Tra i punti
c'era anche quello che allungava da sei a otto i mesi di lavoro
necessari per essere indennizzato.
Il testo in commissione. fino a 200 euro per frigoriferi e lavatrici
«green»
Bonus elettrodomestici, c'è il nodo-coperture ROMA
C'è il nodo delle coperture sul nuovo bonus per gli
elettrodiomestici. Un contributo del 30% del costo di acquisto degli
elettrodomestici «green» nel triennio 2023-2025, con un massimo di
100 euro per ciascun apparecchio, elevato a 200 euro per le famiglie
con un Isee sotto i 25.000 euro. Il progetto di legge, all'esame
della commissione Attività produttive della Camera, propone di
introdurre nuovi incentivi per l'acquisto di elettrodomestici a
grande efficienze energetica, con contestuale riciclo degli
apparecchi obsoleti. La proposta, avanzata dalla Lega, ha il
triplice obiettivo di abbassare le bollette delle famiglie grazie ad
elettrodomestici più efficienti, favorire il recupero di quelli non
più utilizzabili, dare slancio al settore dell'elettronica e degli
elettrodomestici, in sofferenza negli ultimi anni. Le audizioni
informali sul progetto dovrebbero concludersi nei prossimi giorni,
per poi permettere di chiudere l'esame del provvedimento, da parte
della X commissione di Montecitorio, prima dell'estate. Aires
(l'associazione che riunisce aziende e gruppi distributivi
specializzati di elettrodomestici ed elettronica di consumo,
aderente a Confcommercio) ha espresso apprezzamento per la misura
proposta, auspicando però che gli incentivi "possano essere più
significativi" in termini economici.
Ma è proprio il tema della coperture il nodo principale da
sciogliere. L'atto chiede di istituire, nello stato di previsione
del ministero dell'Ambiente e della Sicurezza energetica, un fondo
con una dotazione di 400 milioni di euro per ciascuno degli anni
2023, 2024 e 2025.
sottoaccusa per pestaggi di neonazisti Maja estradata dalla
Germania in Ungheria Salis: "È persona non binaria, è in pericolo"
Già si parla di nuovo caso Salis. La Germania ha consegnato
all'Ungheria Maja T., 23 anni, sotto accusa per i pestaggi di
neonazisti avvenuti a Budapest nel febbraio del 2023. Accuse
analoghe a quelle che hanno tenuto in carcere per 15 mesi Ilaria
Salis. L'eurodeputata di Avs lancia l'allarme: «Maja è una persona
non binaria e l'incarcerazione in Ungheria, dove gli attacchi contro
la comunità Lgbtqia+ sono frequenti e diffusi, rischia di esporla ad
un grave pericolo di violenza fisica e psicologica».
La reazione del Colle alle accuse circolate sul web : pronti a
denunciare
Ustica, la rabbia del Quirinale "Sulla Rete falsità ignobili"
«La notizia è palesemente falsa. Il Presidente della Repubblica non
ha alcuna competenza sul segreto di Stato. Il Presidente Mattarella
non ha mai pronunciato le parole che gli vengono attribuite». Lo
sottolinea l'Ufficio stampa del Quirinale in riferimento ai post
pubblicati sui social riguardanti una presunta apposizione del
segreto di Stato sulle vicende di Ustica da parte del capo dello
Stato. «È ignobile e vergognoso –prosegue la nota– far circolare sul
web tali menzogne. Il contenuto del post e dei relativi commenti
sono stati segnalati alle autorità competenti per accertare se
sussistano estremi di reato».
Il riferimento dell'ufficio stampa del Quirinale è a un post di
Matteo Gracis su Facebook, ricondiviso da altri utenti, che commenta
le parole pronunciate da Mattarella il 27 giugno scorso, in
occasione del 44° anniversario della strage di Ustica: «manca la
verità, Paesi amici collaborino». «Questo "signore" (riferendosi al
Presidente Sergio Mattarella, ndr) è lo stesso che nel giugno del
2020 ha prorogato di 8 anni il segreto di Stato proprio sui
documenti relativi al caso Ustica e sapete con quale motivazione?
Riporto testuali parole: "La verità farebbe male all'Italia"»,
scrive Gracis nel post. Il Quirinale fa inoltre notare che «la
notizia è palesemente falsa. Il Presidente Mattarella non ha mai
pronunciato le parole che gli vengono attribuite».
Intanto la polizia postate ha aperto un indagine per identificare
l'autore del post e coloro che l'hanno rilanciato sul Web. Tra i
reati ipotizzabili ci sarebbero la diffamazione o il vilipendio per
chi offende l'onore o il prestigio del capo dello Stato.
01.07.24
Latina
come Dallas Riflettendo sul brutale assassinio del bracciante indiano
Satnam Singh, mi è tornata in mente una frase di Antonino Russo, mio
primo marito e extraparlamentare sessantottino: «Latina è come
Dallas». Più di cinquant'anni fa rispose così a mia madre, che ci
chiedeva dove saremmo andati a vivere dopo il matrimonio. «Quindi,
signora, ovunque tranne che in questa città», aveva aggiunto. Mia
madre era di origine veneta. Con la sua famiglia si era trasferita
negli anni Trenta nell'Agro Pontino per la sua bonifica. «Cos'hai
contro Latina?», gli replicò offesa mentre pensava «Ch'at vègna un
càncher sèk», perché gli stava portando via la sua bambina (allora
ero una diciasettenne). Lui che, oltre alla passione per la
"rivoluzione", era anche un architetto, cominciò a spiegarle:
«Dallas è una città americana di frontiera dove non esiste la legge,
è un Far West».
Oggi mi domando cosa gli avrebbe risposto mio fratello, Antonio
Pennacchi, l'autore di "Canale Mussolini" (Premio Strega 2010). Lo
scrittore che ha dato voce a una comunità di "poveri cristi",
invisibili e tramortiti dalla fatica del lavoro e del vivere, che
amava visceralmente. È lo scrittore che ha restituito la dignità
storica che merita a Latina, alla sua architettura e ai suoi luoghi,
il Circeo, Pontinia, i laghi salmastri, Sabaudia. Ma a cosa si
riferiva il mio ex marito con quella sua sentenza? Probabilmente si
riferiva alla Cassa del Mezzogiorno, che dalla metà degli anni
Sessanta aveva riversato fiumi di denaro nella provincia una volta
fedele al Duce, poi alla Democrazia cristiana e adesso a Giorgia
Meloni. Ecco allora le fabbriche - Findus, Plasmon, Squibb, Bristol
- che avevano trasformato tanti contadini in operai, il più delle
volte non sindacalizzati. Fuggire dalla terra era stato il più forte
desiderio anche di mio padre. La terra era fedifraga, matrigna,
inaffidabile, non sempre generosa con chi si era spaccato le reni
per un misero guadagno. Meglio un lavoro stabile con tuta blu! In
una scena memorabile di "Canale Mussolini", la sua esondazione manda
in malora il raccolto di un anno di sudore dei protagonisti, i
fratelli Peruzzi. Le forze della natura che si accaniscono contro
gli umili ricordano un capolavoro di John Steinbeck, "Furore", che
non per caso mio fratello considerava il suo "primo" romanzo di
formazione.
Ma torniamo alla Latina "texana". Le ingenti risorse finanziarie
investite per industrializzare il basso Lazio avevano attirato una
messe di faccendieri e camorristi, avidi di appalti e dediti alla
speculazione edilizia. È vero, accanto alle case coloniche della
bonifica sono state edificate numerose case e villette in gran parte
abusive. Poi sono state tutte condonate in nome della pace sociale e
del consenso elettorale. Niente di nuovo sotto il sole. Come è noto,
l'Italia è anche questa. Ma cosa è accaduto dagli anni Settanta a
oggi? Cosa è cambiato? La mia prima percezione l'ho avuta quattro
anni fa durante un "tour della rimembranza" con mia sorella Laura.
Nei campi attraversati nella mia giovinezza ora c'erano solo
braccianti africani. Sembrava di essere in Alabama. E poi tutti
quegli indiani in bicicletta con il turbante, che tornavano nel
tramonto a casa stremati. Che era accaduto? Un nuovo esodo di
"dannati della terra", come quello dei nostri avi? E i veneti che
fine avevano fatto, cosa pensavano di quanto è accaduto a Satnam?
Sono stata l'altro giorno a Latina. Non so se sia un test probante,
ma tutti i miei (numerosi) parenti e tutti i loro (numerosi) amici,
appartenenti ai ceti sociali più disparati, mi hanno detto in coro:
«Quei Lovato ci hanno rovinato, hanno infangato la nostra
reputazione di brava gente». Anche perché i Lovato, ironia della
sorte, sono veneti anche loro.
Meloni ha giustamente affermato in Parlamento che l'omicidio di
Satnam è l'emblema «dell'Italia peggiore, quella che lucra sulla
disperazione». Ma quell'Italia peggiore nelle campagne di Latina
esiste da almeno tre decenni. E ciò chiama in causa la
responsabilità delle forze politiche, degli amministratori locali,
la debolezza dei sindacati e, se è concesso, le lungaggini di quella
magistratura che - come si è saputo - da cinque anni indagava
sull'azienda dei Lovato. Marco Omizzolo, un sociologo delle
migrazioni docente alla Sapienza, da molto tempo denuncia il
fenomeno del caporalato e delle agromafie: «Nel basso Lazio
convivono e fanno affari camorra, ‘ndrangheta e mafia, capaci di
tessere relazioni con politica, economia e società. Il denaro sporco
è riciclato nell'edilizia, nel circuito agroalimentare, nella
ristorazione e nelle sale da gioco… Un grosso network criminale,
anche con una organizzazione para-mafiosa indiana che governa,
mediante finti leader, il sistema delle tratte internazionali,
caporalato e gran parte dei servizi». Giovanni Salvi, ex procuratore
generale, aprendo l'anno giudiziario nel 2019 aveva definito il sud
pontino «un'area di delocalizzazione» della mafia: «C'è una
compresenza in quel territorio di un coacervo di gruppi che ha
segnato profondamente il tessuto economico sociale e anche
politico». Torno allora al quesito iniziale. Latina come Dallas?
Sembrerebbe di sì.
Concludo. Marta, mia nipote, mi ha segnalato un articolo di suo
padre Antonio su Pontinia, pubblicato su National Geographic, nel
dicembre 2011: «Magia di palude. Come e quanto è cambiata la terra
promessa che i coloni, soprattutto ferraresi, raggiunsero e
bonificarono ottanta anni fa?». Canta la bellezza di Pontinia, ma
anche tesse le lodi dei sikh. Ne fa un ritratto affettuoso: «Pontinia
è magica, ma non è ferma nel tempo: è una magia la sua, al di sopra
del tempo e dello spazio. Se non fosse, ad esempio per gli indiani,
i pachistani e i sikh col turbante che vedi in giro in bicicletta o
al bar dopo il lavoro, o di giorno in mezzo ai campi sui trattori o
dietro le bestie o gli irrigatori - li portano tutti avanti loro gli
allevamenti oramai, poiché se da una parte ai giovani nostri in
stalla non gli va più tanto d'andarci, dall'altra che vuoi, come le
trattano loro le bestie non le tratta nessuno qui da noi (ahó, per
loro mica puzzano, almeno per loro le bestie sono ancora sacre) - tu
diresti davvero che Pontinia è in Valpadana, altro che Lazio, Agro
Pontino e Bassitalia. "Valpadana" diresti tu. Anche se pure in
Valpadana oramai nelle stalle ci stanno i sikh».
Sospetti sul cantiere del Tenda bis La Corte dei conti accende un
faro
Così su La Stampa
matteo borgetto
massimo mathis
cuneo
Avrebbe dovuto aprire a metà anni ‘90. Non sarà pronto nemmeno il
prossimo inverno. La storia del Tenda bis è la storia di un
fallimento epocale, quello del cantiere infinito per scavare un
nuovo tunnel alpino destinato a ricollegare - finalmente - Italia e
Francia, che dopo inchieste, sospensioni e rinvii è quasi al punto
di partenza.
Cattiva gestione, incompetenza e pure, in passato, corruzione. La
prima galleria doveva essere pronta nell'estate 2017, l'intera opera
(con rifacimento del tunnel storico) a febbraio 2020. Invece -
luglio 2024 - in alta val Vermenagna restano frenetici lavori in
corso (iniziati a novembre 2013, ndr), esempio emblematico del
peggior «made in Italy» sul quale ora ha acceso un faro la Corte dei
Conti. Rivelando che, nonostante i ripetuti annunci dell'ultima
campagna elettorale in Piemonte, la grande opera non sarà pronta
prima del 2025.
Lo riporta la delibera che il Collegio del controllo concomitante ha
inviato al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, alle
commissioni parlamentari di Camera e Senato e al commissario
straordinario Nicola Prisco. A finire sotto la lente dell'organismo
di controllo l'aumento spropositato dei costi e i gravi ritardi
accumulati al mega cantiere sopra Limone Piemonte, dove lo scorso 3
maggio, il magistrato istruttore ha fatto un sopralluogo per la
verifica dello stato dell'arte dei lavori. Poi ha acquisito
ulteriori osservazioni del commissario Prisco e verbali della
Conferenza intergovernativa italo-francese.
Nero su bianco emerge uno scenario più volte denunciato anche da La
Stampa e che oggi non può non destare allarme. Con tanto di
sforamento dei costi preventivati impressionante, cifre da scandalo
internazionale. Dallo stanziamento complessivo iniziale di 209,5
milioni del 10 febbraio 2009 per due gallerie identiche, la spesa è
salita a 254,98 milioni in seguito ai danni della tempesta Alex del
2020 e all'aumento di circa il 50% dei prezzi.
A ottobre, l'impresa Edilmaco ha firmato un «atto di sottomissione»
che la impegna a concludere la nuova galleria, il ponte a scavalco
sul Rio della Cà, i tornanti in valle Roya e le opere accessorie
alla cifra di 126,9 milioni, con l'obiettivo di riattivare la
circolazione entro giugno 2024 e completare i lavori a giugno 2025.
Lo stralcio del rifacimento della vecchia galleria ha comportato un
risparmio di 56,9 milioni, ma l'alesaggio (destinato a una terza
impresa) costerà 132,2 milioni, portando il totale a 330,2 milioni.
I costi per rifare il traforo storico sono lievitati di 75,3 milioni
(132% in più) rispetto all'aggiudicazione dei lavori, 12 anni fa, e
oggi rappresentano oltre due terzi della spesa per il nuovo tunnel.
La Corte dei Conti si concentra poi su Edilmaco e rileva come
nonostante diverse sollecitazioni di Anas, al di là di oggettive
difficoltà causate da problemi tecnici e dal maltempo, l'impresa
accusa evidenti ritardi, non ha rispettato le scadenze e non
riuscirà a raggiungere il nuovo obiettivo, dichiarato a febbraio, di
finire il nuovo Tenda il 5 settembre di quest'anno. In questa
situazione, i magistrati indicano la conclusione della galleria al
termine del 2024, le attività di verifica e collaudo tra fine anno e
inizio 2025, ipotizzando la riapertura effettiva del traffico (a
senso unico alternato, proprio come prima, beffa nella beffa)
soltanto nel corso dell'anno prossimo. Se va bene, in primavera. Ma
potrebbe volerci ancora di più.
La 'ndrangheta tradita dai suoi figli più giovani dopo il baby boss
si pente il narcos Pasquino
giuseppe legato
La 'ndrangheta continua a perdere i suoi figli più giovani. Che le
voltano le spalle per scegliere un'altra vita. Fuori dalle regole
inflessibili dell'associazione criminale calate ormai in un mondo
che non è più quello di una volta oppure, diranno i mafiosi non
senza il loro proverbiale complottismo, per evitare di marcire in
carcere vent'anni.
E così dopo il più giovane padrino delle cosche nel mondo Domenico
Agresta, si pente il grande narcos Vincenzo Pasquino. Che era broker
delle cosche, ma anche boss a tutto tondo. Cresciuto a Volpiano
enclave delle famiglie di Platì e partito, poco meno che trentenne
in Brasile a disegnare le parabole del narcotraffico internazionale
una notte di ottobre del 2019, si era fatto vento. Un fantasma.
Arrestato dalla Policia Federal e dai carabinieri il 24 maggio del
2021. A Torino sanno tutti chi è da tempo, adesso lo conoscerà il
mondo se anche solo un terzo dei verbali depositati l'altroieri a
Reggio Calabria diventeranno pubblici prima e (magari) fiction poi
su come i calabresi governano l'oro bianco del mondo: la coca.
I pm della Dda Paolo Toso e Monica Abbatecola lo hanno indagato a
lungo insieme ai carabinieri del nucleo investigativo a partire dal
2016: un'ambientale in una mansarda di via Spontini registrò
dialoghi surreali sull'asse Brasile-Rotterdam-Italia, poi una fuga
gigantesca di notizie (al momento ancora avvolta nel mistero) fece
saltare pezzi di una grande inchiesta. E assicurarono a Pasquino la
possibilità di lavorare dal Brasile per i principali cartelli della
'ndrangheta nel mondo: Platì, San Luca. E non solo. Primo verbale il
7 maggio di fronte al procuratore aggiunto di Reggio calabria
Giuseppe Lombardo. Nei successivi ci saranno anche preparatissimi
ufficiali del Ros e investigatori del nucleo investigativo di Locri.
Si legge: «Il denaro per pagare i fornitori sudamericani arrivavano
dalla Calabria fino a Torino e Milano. Poi con i cosiddetti "moneiro"
partivano i soldi per tutto il mondo. L'organizzazione era formata
da arabi, cinesi e di altre nazionalità. I soldi giungevano, come
ultima tappa alla "Casa di cambio" di Santos». La cocaina veniva
comprata «a 2000 dollari al chilo». Prezzi che solo le cosche
calabresi riescono a strappare: «Dal Brasile organizzavamo il carico
occultando la droga nella chiglia delle navi con dei sub. Non con
tutti i narcos si tratta: "Alcuni non si muovono per meno di una
tonnellata». Dal Sudamerica l'approdo «è ai porto di Rotterdam e
Anversa". E lì' si collabora«con gli albanesi». Si paga all'arrivo:
«I Mammoliti (famiglia di san Luca ndr) mandavano un milione di euro
con un camion. Spedivamo anche in Australia passando da Singapore.
Abbiamo fatto un gruppo con le chat PGP insieme agli australiani». I
primi verbali sono stati depositati al processo Eureka istruito
dalla Dda di Reggio Calabria guidata dal procuratore Giovanni
Bombardieri: «Ammetto tutto» ha detto Pasquino. L'ultima confessione
il 24 maggio scorso. Ma Pasquino parla anche con la Dda di Torino.
Due mesi fa circa ha disdetto il mandato al suo legale storico, la
moglie ha smesso di rispondere all'avvocato. Si è intuito che
qualcosa fosse successo anche alla luce della fulminea estradizione
dal Brasile. Qui, nell'inchiesta di Toso e Abbatecola, è stato
intercettato in memorabili conversazioni con la moglie che cercava
di dissuaderlo dal continuare a percorrere la strada dei boss lo
aveva messo in chiaro subito: «Non mi piace fare questi discorsi ma
sappi che se mi chiedono di scegliere tra loro e te io caccio te.
Queste – le dice – sono persone che mi hanno cresciuto, io un padre
non l'ho mai avuto. Ero un capraro e mi hanno insegnato a leggere e
scrivere. Quando puzzavo di fame non c'eri tu a portarmi 5 euro per
campare e comprarmi le sigarette».
Una professione di fede mafiosa vista raramente agli atti di
un'indagine. Che lo ha portato lontano in Sud America prima ad
aiutare gli Assisi (Nicola e Patrick altri due grandi broker presi
dai carabinieri del Nucleo investigativo), desaperecidos e poi
arrestati dalla Policia Federal e dai carabinieri di Torino a luglio
2019, e poi addirittura a incontrare Rocco Morabito "Tamunga"
originario di Africo, uno dei primi 10 latitanti più ricercati al
mondo.
Con lui è stato arrestato, si è chiuso nel silenzio fino a qualche
tempo fa: «Voglio fare delle dichiarazioni» ha detto durante
un'udienza brasiliana. Per lui è finita, per la 'ndrangheta di
Piemonte, Calabria e Lombardia è appena cominciata.
ESCLUSIONE COSTITUZIONE DI PARTE
CIVILE , COME AZIONISTA ATLANTIA, NEL PROCESSO A CARICO DI CASTELLUCCI
PER IL CROLLO DEL PONTE MORANDI
Diritti degli azionisti
La Direttiva
2007/36/EC stabilisce diritti minimi per gli azionisti delle societa'
quotate in Unione Europea. Tale Direttiva stabilisce all'Articolo 9 il
diritto degli azionisti a porre domande connesse ai punti all'ordine del
giorno dell'assemblea e a ricevere risposte dalle societa' ai quesiti
posti.
Considerando le
difficolta' che spesso si incontrano nel proporre domande e nel ricevere
risposte in tempo utile, in particolare per quanto riguarda gli
azionisti individuali impossibilitati a partecipare alla assemblea, e
considerando che talvolta vi e' poca chiarezza sulle modalita' da
seguire per porre domande alle societa',
Ritiene la
Commissione:
che il diritto
degli azionisti a formulare domande e ricevere risposte sia
adeguatamente garantito all'interno dell'Unione Europea?
che la
possibilita' di porre domande e ottenere risposte solo nel caso
l'azionista sia fisicamente presente nell'assemblea sia compatibile con
la Direttiva 2007/36/EC?
In che modo la Commissione ritiene che le societa' quotate debbano
definire e comunicare le modalita' per porre domande da parte degli
azionisti, in modo da assicurare che tale diritto sia rispettato
appieno? Sergio Cofferati
IL MIO LIBRO "L'USO
DELLA TABELLA MB nei CASI DI PIANI INDUSTRIALI: FIAT,
TELECOMITALIA ED ALTRI..." che doveva essere pubblicato da
LIBRAMI-NOVARA nel 2004, e' ora disponibile liberamente
Tweet to @marcobava
In data 3103.14 nel corso dell'assemblea Fiat il presidente J.Elkann
mi fa fatto allontanare dalla stessa dalla DIGOS impedendomi il voto
eccone la prova:
Sentenze
1)
IL 21.12.12 alle ore 09.00 nel TRIBUNALE TORINO
aula 80 C'E' STATA LA SENTENZA DI ASSOLUZIONE PER LA
QUERELA DELLA FIAT, PER QUANTO DETTO nell'ASSEMBLEA
FIAT 2008 .UN TENTATIVO DI IMBAVAGLIARMI, AL FINE DI VEDERE COME
DIFENDO I MIEI DIRITTI E DI TUTTI GLI AZIONISTI DI MINORANZA
NELLE ASSEMBLEE .
Mb
il 24.11.14 alle ore
1200 si tenuto al TRIBUNALE DI TORINO aula 50 ingresso 19 l'udienza
finale del mio processo d'appello in seguito alla querela di Fiat per
aver detto il 27.03.2008 all'assemblea FIAT che ritengo "Marchionne
un'illusionista temerario e spavaldo" e che "la sicurezza Fiat e'
responsabile della morte di Edoardo Agnelli per omessa vigilanza". In 1°
grado ero stato assolto anche in 2° e nuovamente sia FIAT che PG hanno
impugnato per ricorso in Cassazione che mi ha negato la libertà di
opinione con una sentenza del 14.09.15.
SOTTO POTETE TROVARE LA
DOCUMENTAZIONE
2) il 21
FEBBRAIO 2013 GS-GABETTI sono stati condannati per
agiotaggio informativo.
SENTENZA DELLA CASSAZIONE SULL'ERRORE DEL TRIBUNALE DI TORINO
NELL'ASSOLVERE GABETTI E GRANDE STEVENS
Come parti civili si erano costituite la Consob e due piccoli
azionisti, tra cuiMarco Bava,
noto per il suo attivismo in molte assemblee. "Non so...
SU INTERNET IL LIBRO DI GIGI MONCALVO SULL'OMICIDIO DI
EDOARDO AGNELLI
Edoardo, un Agnelli da dimenticare
Marco Bernardini non ha le prove del suicidio io ho molte prove
dell'omicidio che sono state illustrate in 5 libri di cui l'ultimo e'
l'ultimo di Puppo :
Sarà operativa dal 9
gennaio la nuova piattaforma per la risoluzione alternativa delle
controversie online messa in campo dalla Commissione europea. Gli
organismi di risoluzione alternativa delle controversie (Adr) notificati
dagli Stati membri potranno accreditarsi immediatamente, mentre
consumatori e professionisti potranno accedere alla piattaforma a
partire dal 15 febbraio 2016, all'indirizzo
PERCHÉ NO AL MINISTRO NUCLEARISTA
PICHETTO DI UN GOVERNO IN CADUTA LIBERA :
IL NUCLEARE RAPPRESENTA I
DINOSAURI SOSTENUTI DA CHI VUOLE GUADAGNARE FACILMENTE
CON IL PASSATO.
I numeri dell’Industria italiana delle rinnovabili
Il risultato? Il rapporto IREX 2024 mostra come il comparto
italiano delle rinnovabili non abbia fermato la crescita,
nonostante una serie di difficoltà oggettive, dal peso
dell’inflazione ai rincari dei materiali passando per le
tante complessità autorizzative. Al punto che vengono
riportate 1.180
iniziative progettuali (in aumento del 23% sul
2022,) per una potenza totale cumulata di 50,9
GW e un valore aggregato di 80,1 miliardi di euro.
In termini di investimenti in progetto si tratta di quasi il
doppio del 2022. E per il 96% si tratta di progetti
destinati all’Italia.
La parte del leone la fa l’agrivoltaico con
368 iniziative del valore aggregato di 14 miliardi e una
potenza pianificata cumulata di ben 15,8 GW. Il fotovoltaico tradizionale
rimane in testa per numero di operazioni ma potenza e
investimenti pianificati si attestano sotto
all’agri-fv: 12,6 GW e 10,4 miliardi di euro. L’eolico
a terra con 254 progetti per 14,GW di potenza
totale cumulata, tocca un valore di 19,2 miliardi di euro.
Più bassi ovviamente i numeri dell’eolico
offshore che tuttavia si fa finalmente notare con
12 operazioni per 8,4 GW e 28,1 miliardi di euro. Gli
investimenti complessivi per i sistemi
di accumulo passano da 3,2 a 8,2 miliardi.
“L’Irex
Annual Report 2024mostra
un settore italiano delle rinnovabili che ha continuato a
crescere nonostante le sfide economiche globali”, ha
spiegato l’amministratore delegato Alessandro
Marangoni, a capo del team
di ricerca.
“Tra gli elementi caratterizzanti […] lo sviluppo
dell’eolico offshore che, sulla carta, è la tecnologia
emergente nel 2023 e il crescente interesse per gli
accumuli, con l’affacciarsi di molti player e progetti”.
Marangoni pone l’accento anche sulla riduzione
della taglia media degli impianti rinnovabili,
scesa dagli 48 MW del 2022 a 44 MW nel 2023. Contestualmente
il rapporto evidenzia l’aumento delle operazioni inferiori a
10 MW, il cui peso sale dal 16% al 30% del totale. Sul
fronte specifico dei sistemi di accumulo il 99% degli
impianti è inferiore ai 20 kW, di cui la maggior parte sotto
i 10 kW (91%).
Il costo livellato dell’energia
Il rapporto IREX 2024 mostra per il
2023 un sensibile ridimensionamento dei prezzi elettrici in
Europa. La media si attesta a 96,1 euro il MWh
(meno 54% sul 2022) ma il Belpaese si contraddistingue come
al solito con uno dei valori più elevati: 127,2 euro il MWh.
Sul fronte degli LCOE,
ossia del costo
medio per unità di elettricità generata, il
documento sottolinea un sensibile aumento dei valori
per le fonti rinnovabili. Il LCOE dell’eolico
offshore varia tra 82,1 euro il MWh del Mare del Nord e
121,1 euro il MWh del Mediterraneo; nel fotovoltaico il
valore medio dell’LCOE degli impianti commerciali si attesta
a 107,4 euro il MWh (+9,8% sul 2022), mentre gli impianti di
taglia industriale presentano un costo medio di 77 euro il
MWh (+10,6% sul 2022).
Il report offre anche qualche previsione
di scenario per il 2024 “con
i prezzi delle materie prime per la costruzione degli
impianti eolici che vedranno variazioni differenziate: in
aumento alluminio e rame, in calo i materiali ferrosi,
stabile il cemento per le fondazioni. Gli effetti saranno
una discesa del LCOE più contenuta per l’onshore (nulla o
fino al 5%) e più marcata per l’offshore (-10%/-15%). Per il
fotovoltaico le pressioni sulla componentistica dovrebbero
portare a ulteriori ribassi, con il costo dei moduli in calo
del 10-15%”.
NON SI RISPETTA VOLONTA' DEGLI
ITALIANI ESPRESSA 2 VOLTE.
IL FUTURO E' LA RETE ELETTRICA
DELLE RINNOVABILI CON LA PRODUZIONE DI H2 NEI PICCHI ,
UTILIZZATO NELLE CARENZE.
L’Italia sta investendo 135 mln in R&D su piccoli reattori
modulari e nucleare 4G
La narrativa che circonda la
“rinascita” del nucleare dipinge i piccoli
reattori modulari di ultima generazione come la
soluzione a tutti i problemi dei vecchi reattori. Gli Small
Modular Reactors (SMR) sarebbero meno costosi e sarebbe
possibile costruirli in poco tempo. Candidati ideali,
quindi, per un
ruolo almeno da comprimario nella transizione energetica,
a fianco delle rinnovabili. E sui quali bisogna investire
subito per avere una flotta di SMR adeguata già nel 2030.
La realtà è completamente diversa: i
loro costi lievitano e i ritardi nei tempi di realizzazione
si accumulano come per le vecchie centrali nucleari,
sostiene un
rapporto dell’Institute for Energy Economics and
Financial Analysis (IEEFA) che ha analizzato tutti i
progetti di SMR in cantiere.
Vecchi/nuovi problemi per i piccoli reattori modulari
La base di partenza è ristretta: sono solo 4 gli SMR
operativi o in costruzione oggi in tutto il mondo. A fronte
di circa 80 diversi concetti di piccoli reattori modulari a
diverse fasi di maturità. Oltre ai dati sui 4 mini-reattori
nucleari, l’IEEFA si è basata anche sulle previsioni sui
costi fornite da alcuni dei principali sviluppatori di
questi progetti negli Stati Uniti.
“I risultati dell’analisi mostrano che poco è cambiato
rispetto al nostro lavoro precedente. Gli SMR sono ancora
troppo costosi, troppo lenti da costruire e troppo rischiosi
per svolgere un ruolo significativo nella transizione dai
combustibili fossili nei prossimi 10-15 anni”,
sintetizza il rapporto.
Per i
3 piccoli reattori modulari operativi (2 in Russia e 1 in
Cina) e per l’unico
altro SMR in costruzione (in Argentina), le spese
effettive di costruzione sono state “notevolmente
sottostimate”. Per i reattori russi l’aumento supera il
300%, ma i dati risalgono al 2015 e probabilmente
l’incremento reale è maggiore. Un aumento analogo è quello
registrato per l’SMR cinese. Per il mini-reattore argentino
va anche peggio: rispetto alle stime iniziali del 2013, i
costi previsti erano lievitati del 600% nel 2021. Per altri
SMR solo proposti i costi sono più che raddoppiati, come nel
caso dei mini-reattori di NuScale. Incrementi che avvengono
prima ancora che i progetti ottengano licenze e via libera
formale.
Sui tempi, i lunghi ritardi nella costruzione “sono
stati la norma, non l’eccezione”, sostiene l’IEEFA. Per
i 4 SMR al centro dell’analisi le tempistiche sono
regolarmente almeno triplicate, passando dai 3-4 anni
preventivati ai 12-13 anni effettivi. Tutti ritardi non
troppo distanti da quelli riscontrati anche dai reattori di
più recente generazione, come gli EPR di Okiluoto e
Flamanville (dai 4-5 anni preventivati a 16-18 effettivi).
Parte della retorica sui supposti tempi ridotti di
realizzazione fa leva sulla modularità degli SMR. Ma
l’approccio modulare è stato impiegato anche in altri
reattori precedenti, sottolinea il rapporto, e senza gli
attesi benefici sulle tempistiche.
A marzo conclusa la 1° fase di lavori per preparare il campo
al ritorno del nucleare in Italia
(Rinnovabili.it) – A marzo la Piattaforma
nazionale per il nucleare sostenibile ha finito
“la prima fase di lavori” e si appresta a formulare una
“strategia nazionale” che entrerà nel PNIEC e prepara la
strada al ritorno del nucleare
in Italia. Lo ha
comunicato il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza
Energetica (MASE) Gilberto Pichetto durante il question time
al Senato dell’11 aprile.
La Piattaforma sta quindi rispettando la tabella di marcia annunciata
lo scorso settembre, che prevedeva una ricognizione del
panorama del nucleare a livello nazionale e internazionale.
Un primo giro di orizzonte su cui costruire una “via
italiana” all’atomo.
“Nelle tre fasi successive si procederà con l’elaborazione
di una road map e la definizione di azioni con le relative
risorse per incentivare la possibile ripresa dell’utilizzo
dell’energia nucleare in Italia attraverso le nuove
tecnologie nucleari caratterizzate da elevati standard di
sicurezza e sostenibilità”, ha specificato Pichetto.
In realtà il governo ha già iniziato a stanziare risorse per
il nucleare in Italia. All’atomo sono stati destinati lo
scorso novembre 135
mln euro, il
25% del totale disponibile sotto il capitolo Mission
Innovation. Destinati ad attività di ricerca e
sperimentazione sui piccoli reattori modulari di terza e
quarta generazione nel breve-medio periodo.
I prossimi passi per il ritorno del nucleare in
Italia
Secondo i piani, la Piattaforma dovrebbe produrre entro
aprile un documento che tracci la strada da seguire, che
saranno poi tradotte entro
giugno in linee guida ben definite che individuano
azioni, risorse, investimenti e tempistiche per riaprire la
porta all’atomo.
Questa strategia nazionale “darà
un contributo che sarà contemplato anche nell’aggiornamento
del Piano nazionale integrato per l’energia e il clima
(PNIEC) e per raggiungere gli obiettivi di
decarbonizzazione”, ha aggiunto il titolare del MASE
rispondendo a un’interrogazione del senatore Zanettin (FI).
Sarà elaborata tenendo conto dei contributi forniti dalle
indagini conoscitive delle commissioni Ambiente di Camera e
Senato e dall’industria nazionale legata alla filiera
dell’atomo.
“La filiera industriale italiana è già fortemente impegnata
a livello internazionale sia nel campo della fissione che in
quello della fusione, in particolare nella produzione di
componentistica richiesta da centrali nucleari estere,
reattori sperimentali e centri di ricerca. Il loro
coinvolgimento risulta fondamentale per far sì che tutta la
filiera che gravita intorno al nucleare sia pronta nel
momento in cui il quadro regolatorio nazionale consentirà la
ripresa di quelle che possono essere le attività e le
relative autorizzazioni”, ha sottolineato Pichetto.
Sono passati undici anni dal referendum indetto per chiedere
il parere degli italiani su un eventuale ritorno al
nucleare; era il mese di giugno del 2011, tre mesi dopo il
disastro di Fukushima. E sono passati ben 35 anni dal
precedente referendum sullo stesso tema delle centrali
nucleari, avvenuto nel 1987, ossia un anno dopo la tragedia
di Chernobyl. In entrambi i casi gli italiani si espressero
in maggioranza contro lo sviluppo del nucleare civile nel
nostro Paese.
Undici anni non sono tanti, ma sono evidentemente
sufficienti per rimuovere dalla coscienza nazionale gli
eventi del passato perché oggi in Italia assistiamo a una
sorta di revival del nucleare; si sta, infatti, diffondendo
molto materiale propagandistico, approfittando dei
comodissimi e ubiquitari social media che permettono con
grande facilità di far circolare idee, giuste o sbagliate
che siano.
In particolare, nel settembre 2022 è apparso su YouTube un
video a cartoni animati di circa 15 minuti dal titolo “Il
nucleare: i dubbi più grossi”, realizzato da un giovane
produttore indipendente. Grazie all’indiscussa abilità del
video maker e a una narrazione tutta giocata su un registro
sardonico e sarcastico, il video ha raccolto in poco tempo
oltre un milione di visite e una pletora di commenti
generalmente entusiasti tra il pubblico, composto in
maggioranza da giovani e giovanissimi.
La trascrizione integrale del parlato a supporto del video
occupa ben sei pagine in formato Word e spazia su
numerosissimi temi: dal funzionamento delle centrali
nucleari alla loro sicurezza, dagli incidenti a questi
impianti agli effetti generati dall’esplosione di una bomba
atomica, dalla sicurezza energetica di una nazione alle
caratteristiche delle fonti rinnovabili e a quelle
dell’industria estrattiva dell’uranio, giusto per citarne
alcuni. L’autore dichiara apertamente di propendere da
sempre per il nucleare e di essersi avvalso di consulenti
chiaramente orientati in questo senso.
Per dare una prima idea di come sia impostato il video,
diciamo subito che racconta i
due gravissimi incidenti sopra citati, Chernobyl e
Fukushima, fornendo diverse spiegazioni sulle cause che li
hanno provocati, ma dimentica del tutto il primo incidente
nucleare grave (grado 5 su scala di 7), che avvenne negli
Usa nel 1979 alla centrale di Three Mile Island, con fusione
parziale del nocciolo e rilascio di radiazioni
nell’ambiente.
L’incidente americano diede impeto al movimento antinucleare
globale che, per esempio, in Italia si oppose per anni,
senza successo, alla costruzione delle centrali, per poi
arrivare alla vittoria con il referendum del 1987. Il
movimento si riaccese a causa dei progetti nuclearisti di
Berlusconi e Scajola (al governo tra il 2001 e il 2006) e,
in particolare, con la decisione di creare in un giacimento
di salgemma nel territorio di Scanzano Jonico il deposito
nazionale dei rifiuti radioattivi (2003). Le manifestazioni
contrarie durarono 15 giorni e la decisione venne ritirata
anche su insistenza dei politici lucani. Tutte cose che il
video non racconta affatto.
All’inizio del video si sente dire che è “molto
facile” costruire e capire come funziona una centrale
nucleare. Questo è il primo messaggio sbagliato perché
l’industria del nucleare non è affatto “molto facile”, anzi
è terribilmente difficile. Siccome si tratta di impianti
intrinsecamente pericolosi e molto complessi, durante la
progettazione, nei controlli preventivi, nella costruzione e
nell’esercizio, vengono esaminati tutti i possibili tipi di
incidenti e vengono previste un’infinità di contromisure per
prevenirli; salvo, poi, dover rifare tutto il ragionamento
ogni volta che si verifica un incidente “imprevisto” (cosa
che successe, ad esempio, dopo Three Mile Island). Questa
complessità aumenta moltissimo tempi e costi, tanto da veder
saltare sempre i budget di previsione e allungare, anche di
decenni, le attivazioni operative degli impianti.
Inoltre, la “semplice” gestione delle centrali non è affatto
banale. Ad esempio, dei 56 reattori francesi, nel corso del
2022 30 sono rimasti fermi: 18 perché sottoposti ad
interventi di manutenzione programmata e 12 per problemi di
“corrosione da stress”; per 16 di loro le autorità francesi
hanno deciso di prolungare il funzionamento oltre i tempi
della quarta revisione periodica dei reattori da 900 MW di
Électricité de France (EDF), decisione molto discutibile
considerato che questi impianti sono stati progettati per 40
anni di attività.
Negli ultimi anni in Francia si sono verificati importanti
problemi in ben quattro centrali: a Civaux, a Cattenom, a
Chooz e infine, solo qualche giorno fa, a Penly, con rischio
classificato al livello 2, appena sotto ciò che si definisce
“incidente grave”, e tale da indurre le autorità a fermare
il reattore.
La débâcle del nucleare francese ha portato la produzione
delle centrali al livello più basso degli ultimi 30 anni. A
risentirne sono stati anche i conti di EDF che ha chiuso il
bilancio 2022 con una perdita di 17,9 miliardi di euro e ciò
nonostante il fatturato sia cresciuto del 70% rispetto
all’anno precedente.
Il Governo francese, dal canto suo, sul finire dello scorso
anno ha lanciato la nazionalizzazione della multiutility con
un esborso stimato in 9,7 miliardi di euro; oggi EDF è per
il 96% di proprietà dello Stato e diverrà interamente
pubblica nel volgere di qualche settimana.
Per non parlare, poi, della dismissione degli impianti
nucleari che è motivo di insostenibilità economica per i
soggetti gestori e fonte di forte preoccupazione per le
autorità e i territori che ospitano gli impianti.
Il video è interamente costellato di sapienti inesattezze.
Per esempio, si lascia intendere che il maremoto del 2011 in
Giappone fosse imprevedibilmente eccezionale e, quindi, “i
danni conseguenti a Fukushima sostanzialmente inevitabili”.
Non è assolutamente così. Viene, infatti, volutamente
ignorato il fatto che la prima centrale nucleare costiera
raggiunta dal maremoto non fu quella di Fukushima, bensì
quella di Okagawa, dove l’impianto, costruito da un’altra
azienda senza badare a spese, resistette sia al terremoto
che allo tsunami, diventando addirittura rifugio per gli
sfollati [1].
Se i proprietari della centrale di Fukushima non avessero
risparmiato sulle protezioni anti-maremoto e i controlli
pubblici giapponesi avessero funzionato bene, il disastro
non sarebbe avvenuto. Questo, che sembra essere un argomento
in favore del nucleare, pone in verità un problema generale
sul nucleare “privato” e sui controlli “pubblici” ed è il
motivo per cui le poche centrali nucleari in costruzione in
Europa sono tipicamente affidate ad aziende statali con
costi impressionanti che gravano solo sulle casse pubbliche.
Per esempio, la centrale nucleare francese di Flamanville,
dopo il fallimento del costruttore Areva, è ora in mano a
EDF che sta realizzando anche la grossa centrale inglese di
Hinkley Point C, insieme al colosso statale nucleare cinese
CNG, con fortissime polemiche sia sull’opportunità politica,
sia sui costi, sia sull’impatto ambientale.h
Il nucleare civile, per quante precauzioni si prendano, non
è a prova di inetto o di avido: basta un singolo
malintenzionato o sbadato nella lunga catena di
progettazione, controllo e gestione degli impianti e del
combustibile per mettere a repentaglio la sicurezza
generale. Questo naturalmente è vero anche per altre grandi
imprese energetiche, come ha dimostrato il disastro del
Vajont (1963), che di fatto, conducendo a migliaia di morti,
fermò per sempre la corsa al grande idroelettrico sulle
nostre montagne.
Venendo a punti specifici, abbiamo rilevato nel video un
numero notevole di errori, imprecisioni, notizie distorte e
dati poco attendibili. Di seguito una breve selezione.
Seguendo la successione cronologica, la prima riguarda il
nocciolo che “non
esploderà mai; al massimo si scalda, si dilata e fonde” e
ben si connette con l’altro travisamento “una
centrale non è una bomba e non può esplodere come una bomba”.
I fatti dimostrano esattamente il contrario: il 10 aprile
2003 nella centrale di Paks in Ungheria fu scongiurato il
pericolo di un’esplosione nucleare grazie ad un pronto e non
semplice intervento di raffreddamento di 30 barre di
combustibile del nucleo del reattore. Dunque, se per un
verso non è possibile escludere a priori il rischio di
esplosione del nocciolo, dall’altro occorre riaffermare –
cosa che l’autore del video si guarda bene dal fare – che
l’autodistruzione del reattore è in sé il maggiore dei
pericoli e che può essere innescato, come accadde a
Fukushima, anche da eventi di “ordinaria amministrazione”
quali, ad esempio, la distruzione dell’impianto refrigerante
e/o la mancata alimentazione delle pompe.
Una centrale nucleare, in caso di incidenti, anche se non
esplode è, comunque, una bomba i cui effetti biologici (ad
es., sindrome acuta da radiazioni e aumento dell’incidenza
del cancro), psicologici e sociali sono estremamente gravi e
duraturi, così come dimostrato da studi condotti sia in
Italia (vedi il caso della Centrale del Garigliano) che
all’estero [2].
Inoltre, il rassicurante messaggio contenuto nel video “ci
preoccupiamo di poche scorie stoccate in barili a prova di
bomba che in 70 anni di attività di un paese occupano un
solo capannone”, è fuorviante perché si limita a
considerare l’aspetto quantitativo, senza toccare i risvolti
più critici.
Da un punto di vista del tutto generale, le scorie, tante o
poche che siano, sono un problema non risolto che lasciamo
sulle spalle delle prossime generazioni; come è stato
giustamente sottolineato in un articolo uscito su
Chemical&Engineening News del 5 maggio 2008 “it is at best
irresponsible, at worst a crime, to leave the waste to be
addressed by generations not yet born.”.
Ad esempio, per quanto riguarda l’Italia, trascorsi oltre 30
anni dalla chiusura degli impianti, la questione delle
scorie è tutt’altro che risolta. In Germania la penetrazione
di una soluzione salina nelle caverne sotterranee del
deposito di Asse, dove dal 1967 al 1978 furono portati
125.787 container di scorie radioattive (per il 90%
provenienti da centrali nucleari), ne ha compromesso la
tenuta stagna.
Parimenti critica risulta la situazione delle scorie in
Francia: ad Aube, dei due centri di stoccaggio che ospitano
il 90% dei residui radioattivi prodotti ogni anno in
Francia, uno si sta avvicinando alla saturazione e per
alcuni rifiuti non c’è ancora una soluzione. Inoltre, una
recente inchiesta della rete televisiva Artè ha svelato che
la Francia ha stoccato in Siberia presso il complesso
atomico di Tomsk-7 e in modo totalmente abusivo (a cielo
aperto) il 13% delle sue scorie radioattive.
Inoltre, non viene toccato il problema della dismissione di
una centrale nucleare che di scorie ne lascia tante e di
difficilissima gestione; il sito che ha ospitato una
centrale porta indelebili i suoi segni: enormi silos, in cui
vengono “tombate” le scorie e le parti dell’impianto, che
per ragioni di sicurezza non possono essere toccati per
tempi lunghissimi e di cui, ancora una volta, si dovranno
occupare le future generazioni.
Sempre nel video si minimizzano gli “effetti
di un attacco militare” agli impianti, materializzatosi
nell’agosto scorso a Zaporizhzhia e in settembre a
Pivdennoukrainsk, in Ucraina.
In generale, gli impianti nucleari non sono progettati in
funzione di un possibile danno derivante da un attacco
militare perché, con una visione assolutamente miope, si
considera quale unica fonte di pericolo il danneggiamento
delle strutture che contengono il reattore. È, invece,
facile dimostrare che per provocare un disastro, ad esempio
simile a quello di Fukushima, sarebbe sufficiente
indirizzare l’attacco militare al sistema di raffreddamento
delle vasche che permettono di controllare la temperatura
dei reattori.
Per il caso di Zaporizhzhia, l’Istituto Affari
Internazionali ha formulato lo “Scenario Fukushima”,
richiamando l’attenzione sulleconseguenze dell’interruzione
della refrigerazione del nocciolo e delle piscine del
materiale spento: esplosioni di idrogeno, incendi locali,
esplosioni di vapore acqueo, rottura delle barre di
combustibile fino alla fusione del nocciolo nel corium e
penetrazione del contenitore, con rilascio di materiale
radioattivo.
Inoltre, qualora fosse bombardata l’area di stoccaggio a
secco del combustibile nucleare esaurito, le strutture di
contenimento del combustibile potrebbero danneggiarsi
liberando isotopi radioattivi che andrebbero a contaminare
le zone circostanti l’impianto, rendendo necessarie
contromisure di sanità pubblica per la popolazione locale.
Il direttore generale dell’Agenzia internazionale per
l’energia atomica (AIEA), Rafael Grossi, a proposito dei
ripetuti attacchi missilistici alla centrale ha dichiarato:
“Ogni volta è come se tirassimo i dadi. E se permettiamo che
questo continui, un giorno la nostra fortuna si esaurirà”.
Nel video si tace, ovviamente, sulla “connessione
tra usi civili ed usi militari” del nucleare; è,
invece, noto che i cicli del combustibile e della fissione
nelle applicazioni pacifiche e non pacifiche funzionano
spesso in parallelo; tecnologie e conoscenze sono spesso
adatte ai due usi, soprattutto negli stati con regimi
autocratici. Il caso tipico è quello dell’Iran, con il suo
programma militare clandestino svolto in parallelo a quello
civile, dove la AIEA ha rilevato particelle di uranio
arricchito all’83,7 per cento, non lontano dalla soglia del
90 per cento necessaria per la produzione di un ordigno.
E, comunque, anche in assenza di programmi militari
clandestini, la catena del nucleare a uso civile ben si
presta ad essere utilizzata per applicazioni militari:
questo vale per gli impianti di arricchimento dell’isotopo
fissile dell’uranio (U-235), per i reattori di ricerca e
commerciali, per gli impianti e la tecnologia di
ritrattamento e, infine, per i siti provvisori di stoccaggio
del plutonio, dell’uranio e di altri materiali fissili.
Affermare poi che “Il
nucleare fa paura perché ci appare ancora misterioso, per
questo ci ricordiamo di quei 2 grossi incidenti successi in
70 anni di attività” è puro negazionismo; in realtà
negli ultimi 50 anni si contano numerosi incidenti, tra i
quali almeno 5 gravi: oltre a Chernobyl (1986) e Fukushima
(2011), si devono aggiungere quello già citato all’impianto
di Three Mile Island (1979) e quelli alle centrali nucleari
di Kyshtym (1957) e di Windscale Piles (sempre 1957). Fra
l’altro, è molto probabile che non tutti gli incidenti
nucleari siano stati dichiarati in quanto legati a sviluppo
di programmi militari clandestini.
Inoltre, il nucleare “fa paura” non perché sia oggetto opaco
e misterioso come si dice nel video, ma proprio perché vi è
consapevolezza dei rischi associati all’opzione nucleare. Ad
esempio e giustamente, l’Italia, pur non avendo centrali
funzionanti sul suo territorio, data la presenza di 13
impianti a meno di 200 chilometri dai suoi confini si è
dotata di un Piano Nazionale per la gestione delle emergenze
radiologiche e nucleari; tra gli obiettivi del Piano
figurano la definizione e l’attuazione di “…misure per la
tutela della salute pubblica e delle produzioni, con
particolare riguardo alle misure protettive e alle strategie
di protezione dei cittadini, nonché i controlli delle
filiere produttive e le restrizioni alla commercializzazione
di prodotti agroalimentari”.
Sui “costi
del nucleare” la narrazione proposta nel video
falsifica la realtà, ignorando la conclusione a cui si
perviene dopo aver analizzato le stime dell’Agenzia
Internazionale dell’Energia (IEA): il nucleare non costerà
poco e sarà in grado di reggersi unicamente in virtù di un
robusto sostegno finanziario di fonte governativa. Non
potrebbe essere altrimenti considerati gli ingenti costi di
realizzazione degli impianti, su cui incide il peso degli
oneri finanziari dovuti ai lunghi tempi di costruzione,
stimati ottimisticamente dalla IEA in 10 anni nel Regno
Unito, 9 in India e negli Usa, e 6 in Cina.
Non solo le vecchie ma anche le nuove centrali non risultano
competitive sia rispetto ai costi che ai tempi di
costruzione: Flamanville 3 in Francia avrebbe dovuto avere
un costo di 5 miliardi di euro lievitati a 13,2, secondo
Electricité de France, e a 19 per la Corte dei conti
francese; la costruzione avviata nel 2007 si sarebbe dovuta
concludere dopo molti ritardi nel 2022, ma secondo Alain
Morvan, direttore del progetto, l’impianto verrà caricato
con il combustibile solo nel primo trimestre del 2024. La
Finlandia ha invece terminato la costruzione di Olkiluoto
con un ritardo di 12 anni rispetto ai tempi pianificati e
con costi triplicati.
La sequela di mistificazioni contenute nel video si alimenta
anche del capitolo relativo “all’impronta
carbonica” delle centrali in rapporto all’energia
prodotta, che l’autore, non senza audacia e con tanto di
grafico, proverebbe essere inferiore rispetto a quella delle
fonti rinnovabili.
La quantità di CO2 emessa
dal nucleare deve essere calcolata tenendo conto di tutte le
fasi del ciclo di vita degli impianti – dall’estrazione
dell’uranio fino alla dismissione delle centrali – senza
tralasciare le emissioni legate al trasporto e allo
stoccaggio delle scorie radioattive.
Ciò premesso, secondo i dati forniti dall’Agenzia per
l’ambiente tedesca, il valore delle emissioni generate dal
nucleare risulta elevato: oltre il triplo del fotovoltaico
(33 g/kWh), circa 13 volte quello delle centrali eoliche
(tra i 9 e i 7 g/kWh) e quasi 30 volte quello degli impianti
idroelettrici (4 g/kWh).
Inoltre, secondo lo studio “Differences
in carbon emissions reduction between countries pursuing
renewable electricity versus nuclear power”, pubblicato
il 5 ottobre del 2020 sulla rivista Nature Energy, le
energie rinnovabili sono fino a 7 voltepiù efficaci nel
ridurre le emissioni di carbonio rispetto all’energia
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L’ostracismo nei confronti delle rinnovabili trova riscontro
in un altro passaggio del video in cui si afferma che “Questa
filiera, in rapporto all’energia prodotta, genera un
inquinamento e un’emissione di CO2 che
supera pure quella del nucleare, facendoci poi dipendere da
stati come la Cina”.
Delle emissioni di CO2 si
è già detto. Quanto alla debolezza della filiera nazionale
ed europea relativa alle rinnovabili e alla conseguente
dipendenza dalla Cina, il nodo è e resta tutto politico. Nel
suo report “Solar PV Global Supply Chain” pubblicato a
giugno di quest’anno, la IEA afferma che “… Le nazioni
possono migliorare la resilienza investendo per
diversificare la produzione e le importazioni”.
Per quanto concerne l’Italia, il PNRR destina risorse alla
realizzazione/modernizzazione di impianti per la produzione
di moduli fotovoltaici nei siti di Modugno (pannelli
flessibili) e Catania, dove ENEL punta a raggiungere
l’obiettivo di produrre 3000 MW di pannelli al 2024.
In merito alla dipendenza dalla Cina, le attuali tecniche
consentono di riciclare fino al 88-90% del modulo
fotovoltaico, generando circa 17-18 kg di materie prime
seconde per ogni pannello. Ragion per cui è importante
investire su nuove tecnologie che consentano di accrescere
la percentuale di riciclo dei moduli, il conseguente
recupero di silicio da utilizzare per nuove produzioni, nel
rispetto dei dettami dell’economia circolare, e, quindi, di
diminuire la dipendenza dai paesi esteri.
Non altrettanto può dirsi del combustibile che alimenta i
reattori, presente in soli cinque paesi al mondo, tra cui
anche la Russia, con le sue 486.000 tonnellate, pari all’8%
delle riserve mondiali, e il Kazakistan, con 906.800
tonnellate, pari al 15% delle riserve mondiali, e primo
produttore al mondo, ma teatro di dure repressioni del
dissenso interno.
Altro punto dolens del video è quello della presunta “assenza
di infiltrazioni mafiose e malavitose” in un settore a
così alta specializzazione. L’accertato “zampino” della
yakuza, la temibile mafia giapponese, nella gestione della
decontaminazione di Fukushima, e alcuni cablogrammi di
Wikileaks che chiariscono il ruolo delle cosche nella
gestione dei traffici illeciti di rifiuti nucleari in
transito dal Porto di Gioia Tauro, smentiscono la fantasiosa
narrazione dell’autore.
Al capitolo “mafia atomica” appartengono anche alcune delle
pagine più oscure e dolorose del nostro paese: l’esecuzione,
avvenuta a Mogadiscio il 20 marzo del 1994, della
giornalista Ilaria Alpi, rea di aver indagato su un traffico
internazionale di armi e rifiuti tossici radioattivi, e la
morte, avvenuta in circostanze misteriose, dell’ufficiale
della Marina Militare, Natale De Grazia, in servizio presso
la Capitaneria di porto di Reggio Calabria e impegnato in
una delicata indagine sull’affondamento delle navi dei
veleni nei mari della Calabria.
La denigrazione delle rinnovabili prosegue associando
allosviluppo
delle rinnovabili l’incremento del consumo di suolo e
richiamando l’avversione
delle comunità locali nei confronti di “pannelli
fotovoltaici e pale eoliche”.
Anche in questo caso la smentita viene dai “freddi numeri”:
secondo un recente studio condotto in Italia [3] nel 2020,
l’energia solare potrebbe alimentare l’Italia senza
utilizzare ulteriore suolo.
Per raggiungere gli obiettivi del Piano Nazionale Integrato
per l’Energia e il Clima (PNIEC), rivisti alla luce del
Green Deal U.E., si prevede che entro il 2030 il
fotovoltaico debba fornire almeno 100 TWh di energia
elettrica, 4 volte in più rispetto al 2020. Ipotizzando che
questa energia venga generata da impianti solari a terra, si
occuperebbe un’area di poco superiore ai 1.000 km2,
grosso modo pari alla superficie della provincia di Pistoia
e corrispondenti a circa il 5% del consumo di suolo in
Italia, contro una quota del 40% ricoperta da strade e circa
del 30% occupata dagli edifici.
Esistono tuttavia diverse alternative per ridurre
ulteriormente il consumo di suolo: ad esempio, attraverso il
revamping e il repowering degli impianti esistenti,
utilizzando moduli più efficienti (passando dall’attuale
21-22% al 30% entro il 2030, si potrebbero produrre 300 TWh,
doppiando abbondantemente il target del Green Deal) e,
anche, con soluzioni riguardanti l’integrazione del
fotovoltaico sui tetti degli edifici o l’uso del
fotovoltaico galleggiante sull’acqua.
Quanto all’atteggiamento delle amministrazioni e delle
comunità locali nei confronti dell’eolico, è dimostrato che
giocano un ruolo a favore della realizzazione dei progetti
fattori quali una buona pianificazione, il concreto
coinvolgimento dei territori, un’informazione preventiva,
tempestiva e trasparente, il rispetto delle norme che
regolano i permessi, il grado di integrazione dei progetti
con il tessuto economico-sociale locale, ecc. (si veda, ad
esempio, il caso dell’impianto eolico in località Tocco da
Casauria, 3,2 MW, anno 2006).
Di contro, sappiamo per certo che in Italia il culmine
dell’opposizione pubblica a piani energetici è stato
raggiunto solamente in occasione delle due consultazioni
referendarie sullo sviluppo del nucleare civile. La prima
consultazione, nel 1987, si articolò su tre quesiti: il
numero dei votanti fu pari al 65,1% degli aventi diritto e
per tutti e tre i quesiti la maggioranza dei votanti di
espresse contro l’opzione nucleare. Stessa sorte toccò al
nucleare nel 2011: il numero dei votanti fu il 54,79% degli
aventi diritto e il 94,5% dei votanti si espresse per la
seconda volta contro lo sviluppo del nucleare in Italia, a
dispetto di quanti, politici e non, avevano fino ad allora
sostenuto e continuavano ad avere un atteggiamento neutrale
nei confronti di quel settore.
Per giustificare la necessità di installare impianti
nucleari il video continua la sua crociata contro le
rinnovabili accusando
queste fonti di una variabilità intrinseca con la
conseguente impossibilità di stabilizzare il sistema
elettrico. In realtà sono sempre più diffusi e facilmente
reperibili studi tecnico-scientifici che mostrano come sia
possibile sviluppare un sistema elettrico basato sul 100% di
rinnovabili, senza utilizzare fonti fossili e senza
costruire nuove centrali nucleari [4]. Un tale obiettivo è
realizzabile anche in Italia; ad esempio, l’amministratore
delegato di Terna, Stefano Donnarumma, intervistato da
diverse testate giornalistiche (vedi Il Messaggero del
5/10/22), non ha mostrato perplessità per l’imponente
crescita delle rinnovabili sul sistema elettrico da lui
amministrato e Francesco Starace, ingegnere nucleare a capo
di Enel Spa, ha dichiarato la sua totale contrarietà a un
nuovo programma nucleare italiano basato sulle tecnologie
oggi disponibili (vedi intervista a Open del 13/1/22).
Nonostante la recente propaganda distorta e dannosa, i
numeri parlano chiaro: in tutto il mondo le rinnovabili sono
in crescita esplosiva, mentre il nucleare è sostanzialmente
residuale o in fase calante. Allora, i nostri giovani
dovrebbero guardare responsabilmente al loro futuro
affidandosi non a un divertente cartone animato, ma a seri
dati scientifici.
di
Enrico Gagliano, Vittorio Marletto, Margherita Venturi – Energia
per l’Italia
Riferimenti
[1] Andrew Leatherbarrow, Melting
Sun: The History of Nuclear Power in Japan and the Disaster
at Fukushima Daiichi, Nielsen, 2022.
[2] “Special Report: Counting the dead”, Nature, 440,
982, 2006 (doi.org/10.1038/440982a); J.-C. Nénot, “Radiation
accidents over the last 60 years”, Journal
of Radiological Protection, 29, 301, 2009
(doi.10.1088/0952-4746/29/3/R01).
L’aggiornamento del PNIEC dovrà essere consegnato a
Bruxelles a giugno 2024
Il nuovo Piano
Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC)
potrebbe contenere il primo accenno concreto all’impiego
dell’energia
nucleare. Non per il medio termine, ovviamente,
quanto piuttosto per lo sforzo di decarbonizzazione al 2050.
A rivelarlo è il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza
energetica Gilberto
Pichetto Fratin un giorno prima del Vertice
G7 di Torino.
Il numero uno del MASE ha da sempre sostenuto la validità
dell’energia dell’atomo come strumento di decarbonizzazione
energetica, nonostante le chiare difficoltà di riuscire ad
inserire una simile fonte nel contesto nazionale. Ecco
perché nel 2023 il dicastero ha istituito la Piattaforma
Nazionale per un Nucleare Sostenibile (PNNS). Il
network, coordinato dal MASE con il supporto di Enea e RSE,
ha l’obiettivo di definire in tempi certi un percorso
finalizzato alla possibile ripresa dell’utilizzo
dell’energia nucleare in Italia e alla crescita della
filiera industriale nazionale (già attiva nel comparto).
Lo scenario nucleare nel PNIEC italiano
Il passaggio nel PNIEC italiano appare come una mossa, per
alcuni versi, abbastanza prevedibile. Il Piano deve essere
consegnato entro giugno 2024 alla Commissione europea nella
sua versione ufficiale, integrando in teoria tutte le
richieste avanzate da Bruxelles rispetto alla bozza
2023. A partire da nuovi dettagli su come il
Belpaese intenda raggiungere gli obiettivi climatici ed
energetici 2030. Con particolare attenzione alle azioni di
riduzione delle emissioni. Secondo
quanto riporta l’esecutivo UE, infatti, “il
piano fornisce proiezioni di emissioni che dimostrano che
con le politiche e le misure aggiuntive proposte nel
progetto di PNEC aggiornato, l’Italia non è sulla buona
strada per raggiungere il suo obiettivo nazionale di gas
serra di -43,7% nel 2030 rispetto ai livelli del 2005.
Secondo le proiezioni dell’Italia, il target sarebbe
inferiore di 6,7-8,7 punti percentuali”.
Il possibile scenario “nucleare” su cui sta lavorando la
PNNS riguarda però il lungo termine, ossia le politiche dal
230 alla metà del secolo. Spiega il ministro Pichetto “L’aggiornamento
del PNIEC, da trasmettere alla Commissione europea entro
giugno 2024, riporterà anche analisi di scenario contenente
una possibile quota di energia prodotta da fonte nucleare
nel periodo 2030-2050. Tale quota sarà ricavata dai dati,
basandosi su valutazioni comparative rispetto al mix
energetico attuale. Tali analisi sono tutt’ora in corso di
studio da parte di uno specifico Gruppo di lavoro della
Piattaforma”.
Si studiano nuove proposte normative e di governance
Ma per portare il nucleare
in Italia e inserire l’atomo nel mix elettrico nazionale
servirà anche mettere
mano a norme, regolamenti e incentivi per non
parlare delle politiche di governance. E al momento l’Italia
fatica anche a realizzare il deposito nazionale dei rifiuti
radioattivi.
Come muoversi su questo fronte? Il Ministro ha rivelato di
aver dato mandato al giurista Giovanni
Guzzetta, di costituire un gruppo di alto livello
per ridisegnare l’ambito legislativo del sistema regolatore
italiano “per
accogliere un eventuale programma di ripresa della
produzione nucleare in Italia“, con la definizione,
inoltre, di “un
quadro normativo specifico per l’energia da fusione”.
Atto Camera
Mozione 1-00295
presentato da
SQUERI Luca
testo presentato
Mercoledì 12 giugno 2024
modificato
Mercoledì 26 giugno 2024, seduta n. 314
La Camera,
premesso che:
1) nel gennaio 2020 l'Italia ha inviato alla Commissione
europea la versione definitiva del Piano nazionale integrato
per l'energia e il clima 2021-2030 (Pniec), adottato in
attuazione del Regolamento 2018/1999/UE, al termine di un
percorso di consultazione pubblica ed elaborazione avviato
nel dicembre 2018. Tra i principali obiettivi: una
percentuale di energia da fonti energetiche rinnovabili
(FER) nei consumi finali lordi di energia pari al 30 per
cento, la riduzione dei «gas serra», rispetto al 2005, per
tutti i settori non ETS del 33 per cento, il phase out del
carbone dalla generazione elettrica al 2025;
2) nel dicembre 2019, la Commissione europea ha presentato
la comunicazione strategica sul Green Deal europeo volta a
conseguire la neutralità climatica entro il 2050. Tale
traguardo, approvato il 12 dicembre 2019 dal Consiglio
europeo, è stato successivamente sancito dalla legge europea
sul clima (regolamento 2021/1119/UE), che ha introdotto
l'obiettivo, da conseguire entro il 2030, di ridurre le
emissioni di almeno il 55 per cento rispetto ai livelli del
1990;
3) il 14 luglio 2021, la Commissione europea ha presentato
un pacchetto di proposte legislative, denominato Fit for 55
(Pronti per il 55 per cento), volte a rivedere la normativa
dell'Ue in materia di riduzione delle emissioni
climalteranti, per consentire il raggiungimento di questo
nuovo più ambizioso obiettivo al 2030;
4) il 18 maggio 2022 la Commissione europea ha presentato il
Piano REPowerEU (COM(2022) 230 final) con l'obiettivo di
ridurre la dipendenza dell'UE dai combustibili fossili russi
accelerando la transizione e costruendo un sistema
energetico più resiliente. Con il regolamento (UE) 2023/435
del 27 febbraio 2023, è stato consentito agli Stati membri
di inserire appositi capitoli REPowerEU nei Piani per la
ripresa e la resilienza (PNRR). Il 7 agosto 2023 il Governo
italiano ha presentato alla Commissione europea le
conseguenti modifiche al Piano nazionale ripresa resilienza,
accolte dalla Commissione europea, (COM(2023) 765 Def) il 24
novembre 2023 e dal Consiglio europeo l'8 dicembre 2023;
5) il 4 agosto 2022 è entrato in vigore, con decorrenza 1°
gennaio 2023, il regolamento delegato 2022/1214 della
Commissione Ue, che include gas e nucleare dalla lista degli
investimenti considerati sostenibili dal punto di vista
ambientale (cosiddetta tassonomia verde). Dal 1° gennaio
2023 è possibile investire in nuove centrali nucleari
realizzate con le «migliori tecnologie disponibili» e fra
gli investimenti sostenibili le attività di ricerca e
sviluppo per le nuove tecnologie è stato inserito il
nucleare di quarta generazione. Quanto al gas, le centrali
con permesso di costruzione rilasciato entro il 2030,
dovranno sostituire vecchi impianti a combustibili fossili
con altri più efficienti del 55 per cento dal punto di vista
delle emissioni ed essere programmate per passare, dal 2035,
a gas rinnovabile;
6) il 16 maggio 2023 è entrato in vigore il Regolamento (UE)
2023/857 (cosiddetto Regolamento Effort Sharing-ESR) che ha
fissato un obiettivo per l'Italia ancor più ambizioso,
prevedendo che le emissioni di gas a effetto serra degli
Stati membri al 2030 rispetto ai livelli nazionali del 2005
determinate in conformità dell'articolo 4, paragrafo 3 del
regolamento stesso (trasporti, residenziale, terziario,
industria non ricadente nel settore ETS, i rifiuti,
l'agricoltura) si riducano entro il 2030 del 43,7 per cento
rispetto ai livelli del 2005;
7) questo complesso di impegni detta l'inquadramento del
percorso di decarbonizzazione del Paese. Ai sensi
dell'articolo 14 del regolamento (UE) 2018/1999, la proposta
di aggiornamento del Piano nazionale integrato energia e
clima, allineata ai nuovi obiettivi, deve essere trasmessa
alla Commissione europea entro il 30 giugno 2023, mentre la
versione finale del documento deve essere trasmessa entro
giugno 2024, sviluppandosi nelle cinque dimensioni
dell'Unione dell'energia: decarbonizzazione (riduzione delle
emissioni e energie rinnovabili); efficienza energetica;
sicurezza energetica; mercato interno dell'energia; ricerca,
innovazione e competitività;
8) in coerenza con gli obiettivi sopraindicati il Ministero
dell'ambiente ha predisposto nell'estate 2023 un documento
di aggiornamento del Piano nazionale integrato energia e
clima 2019, in linea con i nuovi obiettivi, prevedendo per
il 2030 la conseguente riduzione dell'emissione di gas
serra, una quota del 40 per cento di energia proveniente da
fonti rinnovabili nei consumi finali lordi di energia (e del
65 per cento nel settore elettrico);
9) un aumento dell'efficienza energetica che porta i consumi
finali 2030 a 100 Mtep e quelli primari dai 145 Mtep del
2021 ai 122 del 2030; l'abbattimento, rispetto al 2005 del
62 per cento delle emissioni ETS e del 35-37 per cento delle
emissioni ESR, la promozione della produzione industriale a
basse emissioni di carbonio, nonché una maggiore
elettrificazione nel mix energetico;
10) la proposta di aggiornamento Piano nazionale integrato
energia e clima 2023 prevede che per rispettare la
traiettoria emissiva del periodo 2021-2030, rispetto ai
livelli del 2005, sarà necessario avviare da subito una
significativa riduzione delle emissioni pari a oltre il 30
per cento rispetto ai livelli del 2021, da conseguirsi
prevalentemente nei settori trasporti e civile (residenziale
e terziario);
11) nel percorso di decarbonizzazione, in tutti i settori,
l'efficienza energetica rappresenta il driver principale, in
coerenza del principio Energy Efficiency First (efficienza
energetica al primo posto);
12) per quanto riguarda la produzione elettrica da fonte
rinnovabile (FER-E) in termini di potenza installata si
prevede di aumentare, rispetto all'installato di fine 2021,
da 11.290 a 28.140 MW quelle eolica, da 22.594 a 79.921 MW
quella solare, mentre restano sostanzialmente stabili le
potenze installate nei settori dell'idroelettrico e della
geotermia. In calo la produzione da bioenergie. In termini
di produzione annua si prevede di incrementare l'eolico da
20 a 64 TWh, il solare da 25 a 99 TWh, mentre si prevede una
sostanziale stabilità per l'idroelettrico (da 48,5 a 47 TWh)
e un calo per le bioenergie da 19 a 10 TWh) (pagine 77 e 78
del Piano nazionale integrato energia e clima 2023);
13) per quanto riguarda il settore delle rinnovabili
termiche (FER-C), le misure dovranno essere coordinate con
l'efficienza energetica, in particolare per gli edifici. È
previsto l'obbligo di integrazione delle rinnovabili
termiche negli edifici, la riforma del meccanismo delle
detrazioni fiscali, l'obbligo di fornitura di calore
rinnovabile per vendite di calore sopra i 500 tep,
unitamente all'incentivazione della produzione di energia
rinnovabile termica di grande taglia con sistemi
competitivi. Nel settore termico, oltre a una forte spinta
all'elettrificazione dei consumi data dall'ampia diffusione
delle pompe di calore nel settore civile, penetreranno
sempre più i gas rinnovabili (biometano, bioGPL e DME
rinnovabile) e idrogeno (in particolare in ambito
industriale);
14) l'ammontare degli investimenti diretti stimati necessari
per raggiungere gli obiettivi del Piano nazionale integrato
energia e clima al 2030 è stimato dal Ministero
dell'ambiente e della sicurezza energetica in 830,3 miliardi
di euro, tra il 2023 e il 2030 dei quali 524,9 miliardi a
carico del settore dei trasporti (solo veicoli) 134,2
miliardi nel settore dell'edilizia residenziale, 43 miliardi
nel terziario, 37,2 per le reti del sistema elettrico, 69,4
nelle FER-E (di cui 36 miliardi nel fotovoltaico e 24
nell'eolico) e 6,3 miliardi per i sistemi di accumulo
(batterie e pompaggi). In calo invece gli investimenti in
idroelettrico e bioenergie (pagine 411-412 del Piano
nazionale integrato energia e clima 2023);
15) a fronte di questa dimensione epocale di investimenti le
risorse disponibili, tra le misure di finanza sostenibile
individuate dal Piano nazionale integrato energia e clima
2023 e le risorse rese disponibili nei vari fondi europei,
appaiono del tutto esigue e sottostimate, ove si consideri
che la Commissione UE prevede, nelle linee guida per
l'aggiornamento del Piano nazionale integrato energia e
clima, la necessità di valutare gli impatti sociali ed
economici delle misure di transizione, da accompagnare con
politiche che impediscano l'acuirsi delle differenze
sociali, favoriscano la ricollocazione dei lavoratori e
contrastino i fenomeni di povertà energetica. A tale scopo
le risorse del Fondo sociale per il clima (86,7 miliardi di
euro di cui il 75 per cento finanziato con i proventi ETS e
il 25 per cento con risorse proprie degli Stati), sembrano
essere esigue rispetto agli impatti delle diverse politiche
pubbliche messe in campo. Il solo costo della direttiva Case
green è stato stimato a livello europeo in 275 miliardi di
euro l'anno dal 2024 al 2030;
16) è necessario sottolineare che il raggiungimento degli
obiettivi, ambiziosi, previsti dal Piano nazionale integrato
energia e clima non può prescindere dal sostegno di tutte le
fonti rinnovabili e, quindi, da una libertà in merito alle
scelte tecnologiche. Come chiarito dalla direttiva (UE)
2018/2001, le biomasse, la geotermia, l'energia idraulica e
i biogas, appartengono al novero delle fonti rinnovabili,
questo anche nell'ottica di preservare ed accompagnare verso
una graduale transizione anche il sistema produttivo
principale del nostro paese caratterizzato da imprese di
medio-piccole dimensioni;
17) va da sé, inoltre, anche la necessità di avanzare in
sede europea una proposta volta al riconoscimento degli
incentivi a impianti la cui componentistica e tecnologia sia
in gran parte costruita nell'Unione europea anche per
incentivare gli investimenti in Europa e concorrere alle
logiche di filiera industriale che gioverebbe al sistema
Italia;
18) inoltre, è opportuno valorizzare quanto introdotto nel
2023 dall'Unione europea attraverso il Critical Raw material
act quale strumento utile a implementare strumenti di
ricerca, estrazione di terre rare e altre materie prime
critiche e strategiche, riciclo delle stesse e avvio di
processi industriali e tecnologici per la surroga di tali
elementi. Ad oggi il settore mondiale delle batterie sta
conoscendo un'evoluzione esponenziale con un fortissimo calo
dei prezzi e l'introduzione di nuove tecnologie di
sostituzione o complementari. Proprio su questo fronte vi
sono prospettive interessanti per la tecnologia agli
«ioni-sodio» e le batterie termiche dove l'industria
italiana può rivestire un ruolo da assoluta protagonista per
la presenza di importanti progetti in tale settore;
19) per quanto riguarda le biomasse, la superficie boscata
italiana si è triplicata dal 1951, raggiungendo 12 milioni
di ettari, sui 30,1 milioni totali del Paese, ma si utilizza
come fonte rinnovabile solo il 18 per cento
dell'accrescimento, che corrisponde a 7,90 Mtep, e l'Italia
è il primo importatore europeo di materia prima legnosa.
Germania, Francia e Spagna prevedono al 2030 di produrre il
68 per cento dell'energia termica da biomassa. Se si
utilizzasse il 67 per cento dell'accrescimento (media
europea) se ne otterrebbero 30 Mtep, che coprirebbero il 70
per cento dei consumi termici da fonte fossile. La gestione
sostenibile delle foreste, unitamente alla previsione di
politiche per la mitigazione degli incendi, migliora la
capacità di assorbimento del carbonio. In Austria la
capacità di assorbimento della CO2 è triplicata rispetto
all'Italia che dispone di una insolazione molto superiore e
ha grande disponibilità di acqua;
20) per la geotermia, risorsa rinnovabile (calore della
terra) e programmabile, è attribuito (dati RSE-GSE) un
elevato potenziale geotermico presente nel 60 per cento del
territorio italiano. L'Italia con oltre 30 impianti
geotermoelettrici, attivi nel settore elettrico, per una
potenza di 817 MW ed una produzione nel 2022 di 5.837 GWh,
pari al 6 per cento circa della produzione elettrica da FER
e al 2 per cento circa della produzione elettrica
complessiva nazionale, si pone da molti anni al primo posto
dei Paesi dell'Unione Europea in termini di capacità
installata. La risorsa geotermica ai fini energetici è
significativamente utilizzata nel Paese anche nel settore
termico sia attraverso impianti di teleriscaldamento, sia
mediante impianti di sfruttamento diretto del calore
geotermico, che in impianti di sfruttamento del calore
geotermico tramite pompa di calore. La geotermia, oltre ad
essere una delle principali fonti rinnovabili per
riscaldamento, raffreddamento e per la produzione
programmabile di energia elettrica, risulta il mezzo più
sostenibile per estrarre litio e altre materie prime
critiche dai fluidi geotermici;
21) per quanto riguarda l'energia idraulica secondo i dati
contenuti nel Registro italiano dighe, le grandi dighe
(volume d'invaso maggiore di 1.000.000 metri cubi, altezza
maggiore di 15 metri) sono in totale 532. Di queste 497 sono
ancora in attività e sono date in concessione soprattutto
per la produzione di energia idroelettrica (306) dighe cui
seguono gli usi irriguo potabile e industriale. La capacità
d'invaso è di circa 14 chilometri cubi. Con interventi di
manutenzione degli invasi e di ammodernamento delle turbine
secondo alcuni studi si potrebbe avere un incremento di
produzione di 25 TWh annui al 2030 (circa il 40 per cento in
più). In Italia piovono annualmente circa 300 miliardi di
metri cubi d'acqua, dei quali viene trattenuto solo l'11 per
cento, mentre l'obiettivo raggiungibile è del 40 per cento.
L'acqua è centrale per puntare all'autosufficienza
alimentare e aumentare la resa produttiva per ettaro;
22) nel settore del biogas l'Italia è leader in Europa con
1.600 impianti attivi, 1,7 miliardi di metri cubi di
biometano (biogas depurato da CO2) prodotti e 12 mila
occupati. La produzione di biogas si avvale oggi di
tecnologie all'avanguardia, quali la digestione anaerobica
dalla quale deriva un digestato considerato efficace
fertilizzante. La produzione di biogas ha effetti a cascata
sulla filiera agroalimentare, perché oltre all'energia e
alla fertilizzazione, favorisce l'uso efficiente dell'acqua,
accompagna tecniche di produzione basate sul precision
farming e l'innovazione nella meccanica agraria, ma
soprattutto accresce la competitività degli allevamenti
preservando il futuro di una filiera fondamentale per il
made in Italy. Oggi si trasforma in biogas il 15 per cento
dei reflui zootecnici che possono arrivare entro il 2030 a
una percentuale del 65 per cento con una produzione di 6,5
miliardi di metri cubi e la creazione di altri 25 mila posti
di lavoro. Nel Piano nazionale ripresa resilienza la
Missione 2 nella Componente C1 «Economia circolare e
agricoltura sostenibile» è previsto lo sviluppo del
biometano di origine agricola o da Forsu (frazione organica
dei rifiuti urbani) (1,92 miliardi di euro) da destinare al
greening della rete gas, pari a circa 2,3-2,5 miliardi metri
cubi, per rispondere alla domanda crescente di
decarbonizzazione sia del settore dell'industria,
soprattutto quella Hard To Abate che non può essere
elettrificata, e sia del settore trasporti, in forma liquida
(bioGNL) o gassosa in aggiunta al biometano, l'Italia è
fortemente impegnata nello sviluppo delle produzioni di
bioGPL e di altri gas rinnovabili (es. DME);
23) è necessario, infine, tener conto delle evidenze
geopolitiche internazionali: la Cina è attualmente
superpotenza nel settore delle energie rinnovabili,
acquisendo in sostanza una leadership tecnologica,
industriale, commerciale nell'eolico e nel fotovoltaico,
nella supply chain della mobilità elettrica (delle terre
rare, dalle materie prime alle batterie). Grazie ai massicci
investimenti effettuati nelle rinnovabili, l'industria
cinese è quasi monopolista nella produzione mondiale di
pannelli solari e delle turbine eoliche, con una quota
superiore ai due terzi. Se non adeguatamente sorretto da una
industria europea, il mantra della transizione energetica al
dopo-fossili affermatosi nei Paesi occidentali, rischia di
trasformarsi in una dipendenza eccessiva dalle forniture
cinesi e di mettere a repentaglio importanti catene di
valore della meccanica europea;
24) viceversa, nelle tecnologie relative ai settori delle
turbine (idrauliche e non), dello sfruttamento delle
biomasse, della geotermia, della produzione di biogas
l'Italia è all'avanguardia o comunque svolge un ruolo da
protagonista. Quanto all'efficienza energetica il sistema
produttivo del nostro Paese presenta valori d'intensità
energetica primaria (definita dal rapporto tra il consumo
interno lordo di energia e il prodotto interno lordo)
inferiori alla media dei Paesi dell'Unione europea;
25) con riferimento infine all'energia nucleare, la Camera
il 9 maggio 2023 ha approvato la mozione 1-00083, nella
quale si impegna il Governo a valutare l'opportunità di
inserire nel mix energetico nazionale anche il nucleare
quale fonte alternativa e pulita per la produzione di
energia e ad adottare iniziative volte ad includere la
produzione di energia atomica all'interno della politica
energetica europea, riaffermando in quella sede una
posizione volta a mantenere nella tassonomia degli
investimenti verdi la messa in esercizio di centrali
nucleari realizzate con le migliori tecnologie disponibili;
26) in ambito nucleare, si ricorda che l'Italia possiede il
secondo settore industriale europeo, sia in termini di
competenze che di capacità, avendo sempre mantenuto attività
nel settore, a livello EU e internazionale. Inoltre,
l'Italia forma circa il 10 per cento degli ingegneri
nucleari europei. I ricercatori italiani e alcune
infrastrutture sperimentali sono ben conosciuti e apprezzati
nel mondo. Grazie a queste caratteristiche, l'Italia è
oggetto di particolare attenzione, in particolare dalla
Francia ed ultimamente dagli Stati Uniti, per la
costituzione di una supply chain nucleare europea,
finalizzata a realizzare: lo sviluppo delle nuove
tecnologie; la formazione delle risorse umane; la
realizzazione di nuove politiche energetiche che integrino
in maniera sinergica fonti rinnovabili e nucleare;
27) nel nuovo quadro regolatorio europeo, l'Italia può
quindi giocare un ruolo da protagonista, partecipando sia
allo sviluppo sia alla realizzazione delle nuove tecnologie
nucleari in programmazione nei Paesi EU, seguendo le
storiche orme dei «due Enrico»: Fermi, inventore
dell'energia nucleare nel 1942, e Mattei, il primo a
realizzare una centrale nucleare in Italia, a Latina, nel
1960;
28) nella definizione della strategia energetica nucleare
del nostro Paese, occorre considerare la definizione di
partnership con gli altri Stati europei impegnati sul tema,
anche al fine di incrementare il know how e le capacità
industriali. In tale percorso sarebbe opportuno valutare la
definizione di un'autorità indipendente di sicurezza
nucleare nazionale con un'adeguata dotazione organica;
29) in linea con le raccomandazioni dell'Agenzia
internazionale per l'energia atomica, appare necessario
individuare altresì una Nuclear energy programme
implementing organization (Nepio) con il compito di valutare
lo stato delle infrastrutture di base necessarie per avviare
un programma nucleare nazionale e fornire al Governo le
indicazioni necessarie per il loro completo sviluppo e
operatività. Tale Nepio dovrebbe anche avere il compito di
coinvolgere e coordinare tutti i soggetti pubblici e privati
interessati, al fine di uno sviluppo organico e coerente di
tutte le infrastrutture di base,
impegna il Governo:
1) in relazione all'adozione della versione definitiva del
Piano nazionale integrato energia e clima ad adottare
iniziative volte:
a) a prevedere, per quanto di competenza, opportune forme di
rendicontazione al Parlamento circa lo stato di avanzamento
del Piano nazionale integrato energia e clima;
b) a rafforzare nell'ambito del Piano nazionale integrato
energia e clima, sulla base del principio della neutralità
tecnologica, l'apporto di tutte le fonti rinnovabili o
sostenibili con bassa emissione di CO2, sia termiche che
non, tenendo conto della necessità di valorizzare la filiera
produttiva nazionale, al contempo ottimizzando il rapporto
costi/benefici per il sistema Paese, valutando il differente
grado di programmabilità e garantendo il positivo apporto in
termini di miglioramento della qualità dell'aria;
c) nel settore civile, a prevedere riforme delle misure in
vigore a supporto della riqualificazione edilizia, che
garantiscono una maggiore efficacia e un impiego più
efficiente delle risorse pubbliche;
d) nel settore trasporti, a rafforzare le misure volte a
favorire lo shift modale delle persone e delle merci verso
modalità più efficienti e decarbonizzate, quali il trasporto
pubblico e ferroviario, e, contemporaneamente, a supportare
lo sviluppo delle produzioni dei biocarburanti e delle altre
fonti rinnovabili;
e) nel settore industriale, a prevedere lo sviluppo di
diverse opzioni tecnologiche per la decarbonizzazione dei
settori hard to abate quali l'efficienza energetica,
l'idrogeno, il biometano e la Carbon capture and storage
(Ccs), con un approccio integrato che non escluda nessuna di
queste opzioni, ma che allo stesso tempo promuova e faciliti
l'accesso a quelle più efficaci per ciascun ambito;
f) a prevedere nel Piano un approfondimento riguardo la
valutazione sugli effetti dell'eventuale adozione,
nell'orizzonte temporale successivo al 2030 e traguardando
gli obiettivi 2050, di tecnologie di generazione energetica
basate sulla fonte nucleare, quali a titolo esemplificativo
i reattori nucleari di piccole dimensioni (Smr), i piccoli
reattori nucleari avanzati (Amr), i microreattori e le
macchine a fusione;
2) al fine di conseguire in modo efficace i target del Piano
nazionale integrato energia e clima al 2030, ad adottare
iniziative di competenza volte a:
a) anche in ambito europeo, a individuare le risorse e gli
strumenti di programmazione economica necessari ad attuare
il Piano nazionale integrato energia e clima 2023-2030,
valutando non solo ex ante, ma anche in itinere l'impatto
economico, finanziario, sociale nonché sul sistema
produttivo delle misure poste in essere per il
raggiungimento dei target;
b) a proseguire i tavoli di approfondimento già avviati sul
settore civile, dei trasporti e sulle tematiche
socio-economiche, per un efficace attuazione delle politiche
previste dal Piano nazionale integrato energia e clima e per
il monitoraggio della sostenibilità sociale, con particolare
riferimento alla sostenibilità degli oneri per la
riqualificazione energetica degli edifici residenziali e
alle risorse necessarie per la formazione dei lavoratori nei
settori che saranno maggiormente coinvolti dalla transizione
energetica;
c) ad adottare meccanismi di incentivazione, con ottimale
rapporto costi/benefici, a sostegno dello sviluppo delle
rinnovabili (elettriche, termiche e nei trasporti) e degli
interventi di efficientamento energetico, con particolare
attenzione a progetti integrati ed ai progetti di
decarbonizzazione di impianti industriali;
d) a sfruttare tutto il ventaglio delle tecnologie termiche,
tenendo conto delle specificità nazionali, proseguendo
altresì nel processo di efficientamento nella produzione di
energia termica e di riduzione costante dei livelli
emissivi;
e) a semplificare i processi autorizzativi in ambito
geotermico e delineare una strategia nazionale di
massimizzazione dello sfruttamento di tale risorsa;
f) ad avviare un processo di efficace manutenzione degli
invasi e di ammodernamento delle turbine degli impianti
idroelettrici, al fine di massimizzarne la producibilità;
g) in ambito europeo per il superamento degli ostacoli che
impediscono il rapido avvio degli investimenti per
l'ammodernamento e il potenziamento delle infrastrutture
idroelettriche, in considerazione degli evidenti benefici,
anche in termini di stabilità della rete, derivanti dalla
programmabilità della produzione di energia idroelettrica e
della necessità, a fronte della estremizzazione degli eventi
climatici, di incrementare lo stoccaggio della risorsa
«acqua»;
h) a proporre soluzioni anche in sede di Unione europea,
finalizzate ad eliminare le distorsioni di prezzo tra i
diversi Stati dell'Unione che vanno a discapito della nostra
competitività industriale;
i) a realizzare la transizione verso una mobilità
sostenibile che tenga in dovuta considerazione la necessità
di intervenire anche su settori quali l'aviazione e il
marittimo, ove la decarbonizzazione può essere meno
supportata dall'elettrificazione dei consumi;
l) a continuare l'incentivazione della produzione di
biometano utilizzando tutto il potenziale disponibile di
feedstocks, valorizzando il settore agricolo ed
agro-industriale nazionale oltre che quello della Forsu,
attraverso nuovi sistemi di incentivi per il periodo post
2026 che, tenendo conto dei tempi di autorizzazione e
realizzazione degli impianti, arrivino oltre il 2030, per
rispondere alla domanda crescente di decarbonizzazione del
settore dell'industria che non può essere elettrificata, e
sia del settore trasporti, in forma liquida (bioGNL) o
gassosa, nonché ad implementare misure di sostegno allo
sviluppo delle produzioni di gas rinnovabili liquefatti
(bioGPL e DME) a sostegno della decarbonizzazione del
settore industriale e di quello dei trasporti;
m) a completare il quadro normativo relativo alla Carbon
capture and storage (Ccs), per poter avviare le iniziative
progettuali, a partire da quelle nell'area dell'Alto
Adriatico, individuando la governance della filiera, la
regolazione tecnico economica delle attività di trasporto e
stoccaggio, dei sistemi di supporto e degli strumenti di
garanzia;
n) a limitare la dipendenza tecnologica da Paesi posti al di
fuori dell'Unione europea;
o) a risolvere il problema della saturazione virtuale della
rete elettrica di trasmissione e garantire un efficace
meccanismo di gestione delle richieste di connessione,
attraverso la commisurazione del costo della connessione non
solo alla capacità impegnata ma anche alla durata
dell'impegno e, contemporaneamente, mediante la
determinazione della decadenza delle richieste di
connessioni non supportate da ragionevoli aspettative di
conferma e attivazione;
p) anche nella prospettiva dell'aggiornamento del Pniec, a
valutare la possibilità di istituire, nel rispetto delle
normative internazionali ed europee e compatibilmente con le
esigenze di finanza pubblica, un'apposita autorità
amministrativa indipendente di regolamentazione competente
in materia di autorizzazione tecnica, certificazione,
realizzazione, gestione e dismissione degli impianti
nucleari, di sicurezza nucleare e di radioprotezione con le
funzioni e i compiti di Autorità nazionale per la
regolamentazione tecnica e le istruttorie connesse ai
processi autorizzativi, le valutazioni tecniche, il
controllo, anche ispettivo, e la vigilanza degli impianti,
nonché a valutare l'opportunità di incrementare programmi di
finanziamento per la ricerca e il potenziamento
dell'industria nazionale nel settore nucleare, nell'ottica
di renderla più competitiva rispetto agli attori
internazionali, creando le migliori condizioni per lo
sviluppo di una filiera italiana;
q) a valutare l'opportunità della creazione, in linea con le
raccomandazioni dell'Agenzia internazionale per l'energia
atomica, di una Agenzia con il compito di valutare lo stato
delle infrastrutture di base necessarie per avviare un
programma nucleare nazionale e fornire al Governo le
indicazioni necessarie per il loro completo sviluppo e
operatività.
(1-00295) (Testo modificato nel corso della seduta) «Squeri,
Mattia, Zinzi, Cavo, Cortelazzo, Zucconi, Barabotti,
Alessandro Colucci, Battistoni, Benvenuti Gostoli, Bof,
Semenzato, Casasco, Foti, Montemagni, Mazzetti, Iaia,
Pizzimenti, Polidori, Lampis, Milani, Fabrizio Rossi,
Rotelli, Rachele Silvestri».
Nel cuore del Verbano-Cusio-Ossola,
in Piemonte, c’è un piccolo paese di poco più di
200 abitanti, in cui il sole non brilla da novembre a
febbraio.
Stiamo parlando di Viganella, il piccolo
paese immerso nella Valle Antrona che, però, non
è rimasto in penombra e, grazie all’impegno del suo ex sindaco, ha
ritrovato la luce con una soluzione ingegnosa.
Viganella e lo “Specchio del Sole”
Gli abitanti del piccolo borgo di Viganella hanno saputo adattarsi
agli 83 giorni di buio, che ogni anno
caratterizzano l’inverno del paese, da novembre a febbraio.
Viganella, infatti, si trova in una posizione particolare, proprio
in mezzo ad alcune montagne che impediscono al sole di
raggiungerlo durante i mesi invernali.
La penombra è però finita nel 2006, quando
l’allora sindaco del paese, Franco Midali, con
la collaborazione dell’amico architetto GiacomoBonzani, ha inaugurato il cosiddetto “Specchio
del Sole”.
Si tratta di uno specchio
gigante – 8 metri di larghezza per 5 di altezza – situato in
una posizione strategica su una montagna vicina, che
riflette i raggi del sole sul paese.
Tramite un sistema di motori elettrici comandati da computer, lo
specchio viene ruotato in modo da catturare i raggi solari e
rifletterli sul paese, creando così un’illuminazione
artificiale durante i mesi invernali.
Nella notte viene riposizionato in modo che il mattino seguente
possa ripartire dalla posizione prestabilita e fare il proprio lavoro
durante l’arco della giornata.
Sei ore di sole assicurate ogni giorno fino al 2
di febbraio, data in cui il sole torna a illuminare il piccolo borgo,
evento festeggiato in grande dagli abitanti di Viganella.
Cosa vedere a Viganella: curiosità
Lo specchio gigante di Viganella non è la
sola attrazione di questa curiosa località: posto a 1000 metri sopra il
mare e a ridosso del confine svizzero, Viganella è la meta
perfetta per gli amanti delle escursioni alpine.
Proprio dal centro di Viganella, nei
pressi della chiesa seicentesca dedicata alla natività di Maria Vergine,
parte un sentiero che porta alle tracce ancora esistenti delle miniere di ferro di Ogaggia.
Un altro consiglio? Percorrete il sentiero che da
Viganella conduce all’Alpe Cavallo, passando attraverso
diversi alpeggi, tra foreste e ruscelli di montagna.
Le telecomunicazioni sono un
asset strategico per la crescita e lo sviluppo sostenibile del Paese. La
disponibilità di una infrastruttura di telecomunicazioni performante è
determinante ai fini della competitività. È dunque essenziale essere
informati su quello che sta accadendo nel settore anche per capire in
che direzione sta andando il Paese.
Ecco una lista delle fonti più affidabili.
Mimit: il ministero per le Imprese e Made in Italy è diviso in sezioni.
La sezione “Comunicazioni” è organizzata in due sotto-sezioni: una
dedicata alla banda ultralarga dove è possibile accedere al catasto
delle infrastrutture e al portale bandaultralarga.italia.it dove è
possibile monitorare lo stato dei lavori. L’altra sezione è dedicata a
Internet con tutte le info relative all’Internet governance, la
sicurezza informatica, le autorizzazioni ai provider e la normativa
sull’accessibilità. Nella sezione Media disponibili gli ultimi annunci e
azioni del ministero per accelerare sulla diffusione della connettività
in Italia.
Infratel: la società di Invitalia è impegnata in interventi di
infrastrutturazione del Paese, per il superamento del digital divide e
l’abilitazione alla diffusione di servizi di connettività avanzati. Si
può accedere alla Data Room, lo spazio online progettato per condividere
i dati che sono alla base degli interventi di infrastrutturazione
digitale su tutto il territorio nazionale. Inoltre è presente il link al
portale del piano nazionale banda ultralarga per monitorare lo stato dei
lavori e aanche quello del progetto “Wifi Italia”.
Corecom: i Comitati regionali per le comunicazioni sono gli organi
funzionali di Agcom sul territorio. Sui portali regionali attività,
stato dell’arte sulla diffusione delle reti e ricerche.
FONTI ISTITUZIONALI EUROPEE E INTERNAZIONALI
Dg Connect: è la direzione della Commissione europea per le Reti di
comunicazione dove è possibile trovare tutto il programma di lavoro
della Commissione, i piani strategici e di gestione e infine le
relazioni annuali delle attività con i risultati e risorse utilizzate
dalla direzione anno per anno.
Etsi: lo European Telecommunications Standards Institute è un organismo
internazionale, indipendente e senza fini di lucro, responsabile della
definizione e dell’emissione di standard nel campo delle Tlc in Europa.
Tutti gli standard sono disponibili online.
Itu: l’International Communication Union è l’agenzia Onu per le
telecomunicazioni. Il portale istituzionale elenca e approfondisce le
azioni strategiche che l’ente sta mettendo in campo per ridurre il
digital divide in tutto il mondo e una serie di interviste ad esperti e
membri dell’Agenzia stessa sulle strategie da adottare per un mondo più
connesso.
LE ASSOCIAZIONI ITALIANE
Asstel: l’associazione che raccoglie le grandi telco italiane a
disposizione notizie sulle attività, le legislazioni di riferimento del
settore e lo stato dell’arte sul mondo del lavoro e sulle relazioni
industriali.
Aiip: l’associazione italiana internet provider raccoglie le telco medie
e piccole. Sul portale è possibile accedere ai contenuti sulle attività
dell’organizzazione e degli associati e sul ruolo delle Pmi del settore
per uno sviluppo sostenibile del settore.
Assoprovider: l’associazione rappresenta gli internet service provider.
Online sul portale una serie di contenuti su attività, legislazione e
strategie.
Quadrato della Radio: raccoglie manager, esperti e ricercatori che
“studiano” l’evoluzione delle Tlc in Italia e nel mondo. Sul sito
disponibili tutte le attività e le ricerche.
LE ASSOCIAZIONI INTERNAZIONALI
Etno: l’European Telecommunications Network Operators’ Association
raccoglie le telco europee. Il sito fornisce aggiornamenti sulle ultime
notizie e comunicati stampa relativi alle attività di Etno e
all’industria delle telecomunicazioni in generale nonché una serie di
documenti, rapporti e pubblicazioni su argomenti chiave per l’industria
delle telecomunicazioni.
Ecta: la European Competitive Telecommunications Association raccoglie
gli operatori alternativi, compresi gli Mnvo. Su sito le informazioni
sull’associazione, comprese le posizioni e le advocacy rispetto ai temi
che riguardano gli operatori concorrenti in Europa. Disponibili anche
report, analisi e informazioni sulle tendenze del settore.
Ftth Council Europe: è un’organizzazione senza scopo di lucro che
rappresenta gli operatori di rete a banda larga in fibra ottica in
Europa. Sul portale sono disponibili informazioni sui vantaggi della
tecnologia Ftth, report e analisi sugli impatti economici e sociali
della fibra su economia e società e risorse tecniche e informative per
aiutare le telco nella pianificazione e nella realizzazione di reti
Ftth.
Gsma: la Global System for Mobile Communications Association, è
un’organizzazione internazionale che rappresenta gli operatori di Tlc
mobili di tutto il mondo. Disponibili notizie e aggiornamenti sulle
ultime tendenze, innovazioni e sviluppi nel settore delle
telecomunicazioni mobili e anche analisi e studi di mercato. Online
anche risorse e best practice per gli operatori di telefonia mobile,
come linee guida operative, documenti tecnici, standard e regolamenti.
TESTATE E PORTALI ONLINE
CorCom: testata del Gruppo Digital360, è il più importante quotidiano
online italiano che si occupa di tematiche inerenti le Tlc. Sono
disponibili news, approfondimenti e interviste ai protagonisti del
settore che raccontano come sta evolvendo il mondo delle Tlc e l’impatto
su economia e società. Ogni giorno è inviata una newsletter con le
notizie più rilevanti.
Techflix360: è il nuovo centro di risorse del Gruppo Digital360. Un vero
e proprio “knowledge hub” sull’innovazione digitale e le
telecomunicazioni che consente di approfondire gli argomenti di
interesse attraverso white paper, webcast, eBook, infografiche, webinar.
Telecompaper: fornisce notizie, analisi, rapporti di settore e servizi
di consulenza per le industrie delle telecomunicazioni, dei media e
della tecnologia. Telecompaper monitora costantemente l’evoluzione del
settore, raccogliendo informazioni da diverse fonti e fornendo
aggiornamenti sulle tendenze, gli sviluppi e le innovazioni nel campo
delle telecomunicazioni.
Total Telecom: il sito offre notizie, approfondimenti e interviste a
protagonisti del settore delle Tlc europeo e internazionale. Disponibili
anche podcast e webinar.
Mobile World Live: è una piattaforma online che fornisce notizie,
analisi e informazioni sul settore delle telecomunicazioni e della
tecnologia mobile. È gestita dalla Gsma e offre una copertura
dettagliata degli eventi e delle novità dell’industria, tra cui le
ultime tendenze, gli sviluppi tecnologici, le partnership commerciali e
le iniziative di innovazione nel campo delle comunicazioni mobili.
Fierce Telecom: il sito online fornisce aggiornamenti sulle ultime
tendenze, sviluppi e innovazioni nell’industria delle telecomunicazioni.
Fierce Telecom copre una vasta gamma di argomenti, tra cui reti di
comunicazione, servizi di connettività, infrastrutture, tecnologie
emergenti, regolamentazione e molto altro.
l’H2 e’ una riserva di energia non e’ un vettore energetico visto che il
suo rapporto energetico e’ di 2 a 1? Per cui la produzione corretta di
H2 da stoccaggio e’ a km0 .
Vettore energetico significa trasportare l’energia come il gas la
trasporta dai giacimenti nei gas dotti.
H2 e’ una riserva di energia che viene prodotta e conservata in un luogo
definito in funzione dell’uso che se ne puo’ fare in una centrale
elettrica in termini di tempo oppure per l’auto in termini di spazio per
viaggiare . L’H2 e’ un trasporto mediato dell’elettricita’.
Alla base dell’H2 ci sono l’elettricità’ da fonte rinnovabile e l’acqua.
Si produce l’H2 perché dove c’e’ bisogno di energia non si può portare
con un filo elettrico. Per cui l’H2 e’ una riserva di energia che viene
prodotta e posizionata dove e quando serve. Per cui a H2 e non ha senso
produrre H2 con elettricità rinnovabile per poi tornare a produrre
elettricità. A questo punto ha molto più senso produrre elettricità,
prendere un filo elettrico e portare l’elettricità’ dove e quando serve.
Ci sono dei casi in cui l’elettricità’ non può essere portata con un
filo, come per l’autotrazione e quindi si usa l’H2 come riserva di
elettricità da usare in movimento senza un filo o una batteria. Quindi
con l’elettricità’ e l’acqua si produce l’H2 , che poi si libera
rilasciando elettricità con uno spostamento d’acqua dal luogo di
produzione dell’H2 a quello di utilizzo. In una centrale elettrica dove
l’H2 viene prodotto per costituire una riserva, quando l’H2 si
riutilizza anche l’acqua viene recuperata . Sia per l’autotrazione sia
per le centrali elettriche la produzione ottimale e’ a KM0 . Cioe’ il
distributore e la produzione di energia elettrica. Ecco perche’ non ha
senso H2MED.
PROGETTO ITH2 per;
1) un progetto nazionale integrato energia-clima PNIEC
2) PRODUZIONE DELLA TOYOTA PRIUS H2 A TORINO
Premessa: La produzione dell’H2 e’ quella di una infrastruttura che
produca energia rinnovabile con fotovoltaico che non consumi territorio
e con boe marine per produrre H2 a KM0 con idrogenatori.
OBIETTIVO : H2 KM0 e’ l’obiettivo finale in quanto il rapporto energico
fra la produzione ed il risultato e’ di 2 a 1. Significa che per
produrre 1 di H2 con idrogenatore occorre utilizzare 2 energia
elettrica. Per cui non hanno senso gli idrogenodotti per trasportare H2,
in quanto ha una convenienza produrre H2 dove viene utilizzato. Ecco
perche’ ha piu’ senso trasportare l’elettricità con elettrodotti, da
fonte rinnovabile per produrre H2 dove quando serve.
A COSA PUO’ SERVIRE L’H2 ?: 2 possono essere gli utilizzi dell’H2
1) Autotrazione
2) Produzione di energia elettrica quando le energie rinnovabili non
sono disponibili.
PROGETTI DI SVILUPPO: Sviluppando rapidamente una rete dell’H2 per
autotrazione attraverso la GDO ed AUTOGRILL si possono realizzare
pensiline fotovoltaiche per produrre energia elettrica per l’H2.
Con una base distributiva dell’H2 si creano le premesse ed un modello
europeo per la domanda di H2 e delle auto ad H2 per cui si può arrivare
a produrre negli stabilimenti Pininfarina la futura top dell’H2 : TOYOTA
PRIUS H2.
L’8 settembre 1943 a Modena
La sera dell’8 settembre 1943 il generale Matteo Negro presidia il
Palazzo ducale di Modena. I militari presenti sono troppo pochi per
tentare una difesa. Diversi sono impegnati nel campo estivo alle Piane
di Mocogno, agli ordini del colonnello Giovanni Duca.
Negro, tutt’altro che ostile ai
nazisti, decide di consegnarsi alle forze occupanti. In città
cerca di resistere soltanto un reparto del 6° reggimento di artiglieria,
che punta alcuni pezzi contro i nazisti. Poco dopo, tuttavia, il comando
ordina di desistere e la Wehrmacht trova via libera.
Il mattino del 9 settembre i modenesi si risvegliano sotto l’occupazione
nazista. La situazione è molto confusa, ma il cronista Adamo Pedrazzi
non teme che si scatenino particolari violenze. La città sembra ordinata
e piuttosto pronta ad abituarsi alla nuova situazione. Le cose sono però
molto diverse là dove la fame si fa sentire.
In vari luoghi della provincia i civili prendono d’assalto ammassi e
salumifici per evitare che le scorte finiscano nelle mani dei militari.
I più disperati cercano di accaparrarsi quel cibo che è sempre più raro.
Da qualche parte la foga è tale da generare veri e propri pericoli. A
Castelnuovo Rangone i nazisti intervengono con le armi mentre tante
persone cercano di portare via qualcosa dal salumificio Villani.
Passano alcuni giorni e la situazione diventa più chiara. I nazisti non
sembrano voler infierire con la violenza, ma
i fascisti della Repubblica
sociale italiana si mostrano subito determinati ad affermare la propria
autorità. Pretendono che le famiglie restituiscono il cibo prelevato
dagli ammassi e gli oggetti abbandonati dai militari in fuga. Non
vogliono che nessuno sgarri. Pur di evitare il tradimento del patto con
la Germania nazista, sono disposti a scatenare una guerra civile.
STRAGI DI STATO PER SPECULAZIONE
INTERNAZIONALE DA VACCINI
«Qual
è l’incidenza assoluta di ictus ischemico e attacco ischemico
transitorio dopo una vaccinazione bivalente COVID-19?».
A questa domanda hanno cercato di rispondere in uno studio pubblicato su
MedRxiv i ricercatori del Kaiser Permanente Katie Sharff, Thomas K
Tandy, Paul F Lewis ed Eric S Johnson che hanno rilevato ben 100mila
casi di ictus ischemico tra pazienti americani over 65 del Nord-Ovest
vaccinati con i sieri genici mRNA Pfizer o Moderna.
L’ischemia cerebrale è una condizione in cui il cervello non riceve
abbastanza sangue da soddisfare i suoi bisogni metabolici. La
conseguente carenza di ossigeno può portare alla morte del tessuto
cerebrale, e di conseguenza all’ictus ischemico. E’ pertanto una
patologia che mette in correlazione due note reazioni avverse dei sieri
genici Covid mRNA o mDNA: le patologie cardiovascolari e quelle
neurocerebrali, vergognosamente occultate dalla Pfizer nei suoi trial
clinici.
«Abbiamo condotto uno studio di coorte retrospettivo su
pazienti Kaiser Permanente Northwest (KPNW) di età pari o superiore a 18
anni che sono stati vaccinati con la formulazione Pfizer o Moderna del
vaccino bivalente COVID19 tra il 1 settembre 2022 e il 1 marzo 2023. I
pazienti sono stati inclusi nello studio studiare se fossero iscritti al
KP al momento della vaccinazione e durante il periodo di follow-up di 21
giorni. Abbiamo replicato la metodologia di analisi del ciclo rapido
Vaccine Safety Datalink (VSD) e cercato
possibili casi di ictus ischemico o TIA nei 21 giorni successivi alla
vaccinazione utilizzando i codici diagnostici ICD10CM sia nella
posizione primaria che in qualsiasi posizione».
E’ quanto si legge nell’Abstract della ricerca intitolata
“Rischio
di ictus ischemico dopo la vaccinazione di richiamo bivalente COVID-19
in un sistema sanitario integrato (Risk of Ischemic Stroke
after COVID-19 Bivalent Booster Vaccination in an Integrated Health
System)”.
Lo
studio dei ricercatori americani di Kaiser Permanente – link a fondo
pagina
«Abbiamo aspettato 90 giorni dalla fine del follow-up (21 marzo 2023)
per l’accumulo completo dei dati non KP prima di analizzare i dati per
tenere conto del ritardo nell’elaborazione delle richieste di
risarcimento assicurativo al di fuori dell’ospedale – proseguono i
ricercatori di Kaiser Permanente – Due medici hanno giudicato possibili
casi rivedendo le note cliniche nella cartella clinica elettronica. Le
analisi sono state stratificate per età pari o superiore a 65 anni per
consentire confronti con i VSD che hanno riferito alla riunione
dell’Advisory Committee on Immunization Practices (ACIP) l’incidenza di
ictus ischemico o TIA (incidenza riportata da VSD; 24,6 casi di ictus
ischemico o TIA per 100.000 pazienti vaccinato)».
I
risultati dello studio sono stati sconcertanti ed hanno confermato anche
la ricerca tedesca che per prima aveva segnalato la pericolosità dei
booster bivalenti che erano stati testati solo sui topi ma, nonostante
ciò, furono raccomandati dal Dipartimento della Salute USA e dal
Ministero della Salute italiano anche per i bambini.
«L’incidenza di ictus ischemico o TIA è stata di 34,3 per 100.000 (IC al
95%, da 17,7 a 59,9) nei pazienti di età pari o superiore a 65 anni che
hanno ricevuto il vaccino bivalente Pfizer, sulla base di un codice
diagnostico nella posizione primaria del pronto soccorso o dell’ospedale
scarico. L’incidenza è aumentata a 45,7 per 100.000 (IC 95% da 26,1 a
74,2) quando abbiamo ampliato la ricerca a una diagnosi in qualsiasi
posizione e non ci siamo pronunciati per la conferma. Tuttavia, la
maggior parte di queste diagnosi aggiuntive di ictus apparente o TIA
erano diagnosi di falsi positivi basate sul giudizio dei medici. La
stima dell’incidenza basata sulla posizione primaria concordava
strettamente con la stima dell’incidenza basata su qualsiasi posizione e
giudizio medico: 37,1 su 100.000 (IC 95% da 19,8 a 63,5). Il 79% dei
casi di ictus ischemico sono stati ricoverati in ospedali non di
proprietà del sistema di consegna integrato».
«Abbiamo identificato un aumento del 50% nell’incidenza di ictus
ischemico per 100.000 pazienti di età pari o superiore a 65 anni
vaccinati con il vaccino bivalente Pfizer, rispetto ai dati presentati
dal VSD. Il 79% dei casi di ictus ischemico sono stati ricoverati in
ospedali che non sono di proprietà del sistema di consegna integrato e
un ritardo nell’elaborazione delle richieste di risarcimento
assicurative esterne all’ospedale è stato probabilmente responsabile
della discrepanza nell’accertamento dei casi di ictus ischemico. Il
giudizio medico di tutti i casi in questo studio ha consentito stime
accurate dell’incidenza assoluta dell’ictus per 100.000 destinatari del
vaccino ed è utile nel calcolo del beneficio netto per le
raccomandazioni politiche e il processo decisionale condiviso».
«Poiché i vaccini COVID-19 caricano il corpo con il codice genetico per
la proteina trombogenica e letale Wuhan Spike, coloro che prendono un
vaccino sono vulnerabili a una catastrofe se vengono infettati da
SARS-CoV-2 dopo aver recentemente preso uno dei vaccini» il famoso
cardiologo americano Peter McCullough ha commentato così lo studio del
professor Fadi Nahab dei Dipartimenti di Neurologia e Pediatria della
Emory University a cui avevamo dedicato ampio risalto.
«Nahab e colleghi di Emory hanno analizzato un database statale di
destinatari del vaccino COVID-19. Circa 5 milioni di georgiani adulti
hanno ricevuto almeno un vaccino COVID-19 tra dicembre 2020 e marzo
2022: il 54% ha ricevuto BNT162b2, il 41% ha ricevuto mRNA-1273 e il 5%
ha ricevuto Ad26.COV2.S. Quelli con concomitante infezione da COVID-19
entro 21 giorni dalla vaccinazione avevano un aumentato rischio di ictus
ischemico (OR = 8,00, 95% CI: 4,18, 15,31) ed emorragico (OR = 5,23, 95%
CI: 1,11, 24,64)» scrive McCullough nel suo Substack citando l’abstract
dello studio.
«Questa analisi mostra uno dei tanti grandi pericoli presenti nello
sviluppo e nel lancio rapidi di un vaccino senza una sicurezza e un
monitoraggio dei dati sufficienti. L’ictus è un risultato devastante e
sembra che un gran numero di casi debilitanti avrebbe potuto essere
evitato se i vaccini COVID-19 fossero stati ritirati dal mercato nel
gennaio 2021 per eccesso di mortalità. I pazienti in questo studio
sarebbero stati risparmiati da ictus e disabilità» aggiunge il
cardiologo americano rilevando l’importanza dello studio.
Verissimo! Ma quanti ictus avrebbero potuto essere evitati se lo studio
fosse stato revisionato e pubblicato mesi fa sia sulla prestigiosa
rivista che poi su PUBMED, la libreria scientifica dell’Istituto
Nazionale della Salute americano (NIH) che l’ha ripreso?
Il 13 novembre, mi sono unito alla deputata statunitense Marjorie Taylor
Greene e a sette suoi colleghi repubblicani della Camera, in
un'audizione intitolata Injuries Caused by COVID-19 Vaccines, che
ha esplorato i potenziali collegamenti tra la vaccinazione COVID-19 e
gli eventi avversi tra cui miocardite, pericardite e coaguli di sangue.
, danni neurologici, arresto cardiaco, aborti spontanei, problemi di
fertilità e altro ancora. Il gruppo ha ascoltato le testimonianze sugli
eventi avversi dei vaccini da parte degli esperti medici Dr. Robert
Malone e Dr. Kimberly Biss e ha anche ascoltato l'avvocato Thomas Renz
che rappresentava gli informatori del Dipartimento della Difesa (DOD)
che hanno rivelato aumenti di diagnosi mediche tra i membri del servizio
registrati in un DOD Banca dati. Scopri di più in questo comunicato
stampa .
Il British Medical Journal ha accusato la
Food and Drug Administration, l’ente americano regolatore dei farmaci,
di aver occultato il risultato di un grande studio di farmacovigilanza
attiva, quindi non basato solo su segnalazioni individuali e gratuite a
database (EudraVigilance gestita da EMA nell’Unione Europea e VAERS da
CDC negli Stati Uniti), si è invece concentrato anche sul follow-up di
alcuni vaccinati.
La ricerca statistica denominata “Sorveglianza della sicurezza del
vaccino COVID-19 tra le persone anziane di età pari o superiore a 65
anni” è stata finalmente rilasciata dalla FDA e pubblicata il 1°
dicembre 2022 dalla rivista specializzata Journal of Vaccine and
Elsevier di Science Direct.
Il primo firmatario è Hui-Lee Wong,
Direttrice associata per l’innovazione e lo sviluppo dell’Ufficio di
biostatistica ed epidemiologia, Centro per la valutazione biologica
della Food and Drug Administration statunitense, Silver Spring, MD, USA.
Lo studio si concentra sui dati relativi a 30.712.101 persone anziane.
DOPO
I VACCINI 15 INCIDENTI DI BUS PER MALORI DEI CONDUCENTI
Piazzola sul Brenta (PD), Marzo 2022, “Malore dopo l’incidente a
Piazzola sul Brenta, grave un autista di bus. Il conducente 44enne ha
tamponato un autocarro. Dopo la telefonata a BusItalia si è accasciato
sul volante perdendo i sensi”;
Cesena, Dicembre 2022, “Cesena, malore mentre guida l’autobus: 9 auto
danneggiate”;
Trento, Aprile 2023, “Paura a Trento, l’autista ha un malore e il bus
esce di strada: il mezzo resta in bilico sul muretto del giardino di una
casa”;
La Spezia, Maggio 2022, “Malore improvviso per l’autista dello
scuolabus, mezzo fa un volo di venti metri”, Catania, Ottobre 2022,
“Catania: autista si sente male, bus si schianta”;
Limone Piemonte, Marzo 2023, “maestra interviene per malore autista”;
Sandrà di Castelnuovo del Garda (VR), “Verona, l’autista ha un malore:
il bus degli studenti esce di strada e finisce in un vigneto”
(conducente di soli 26 anni);
Alessandria, Aprile 2022, “Autista di pullman muore alla guida per un
malore”;
Settingiano (CZ), Luglio 2023, “Accosta ai primi sintomi: autista salva
passeggeri bus prima di morire di infarto”;
Venezia, Ottobre 2022, “Malore improvviso prima di prelevare una
scolaresca: Oscar Bonazza muore a 63 anni;
Roma, Dicembre 2022, “Roma, bus con 41 bimbi a bordo finisce fuori
strada per malore autista”;
Cittadella (PD), Gennaio 2023, “Autista di scuolabus muore alla guida
per un malore e centra un pullman a Cittadella. Il conducente aveva
appena lasciato gli alunni a scuola”;
Genova, Luglio 2023, “Autobus sbanda e colpisce le auto in sosta per un
malore dell’autista. L’autista è stato accompagnato al Pronto soccorso
un condizioni di media gravità”;
Cagliari, Maggio 2023, “Malore improvviso, l’autista perde il controllo
del bus, esce di strada e abbatte due semafori: strage sfiorata”;
Piacenza, Aprile 2023, “Autobus di linea contro un albero dopo il malore
dell’autista”… Il più curioso, guardacaso, è poi questo;
L’Aquila, Luglio 2023, “Troppo caldo a bordo del bus, autista
dell’Azienda mobilità aquilana (Ama) viene colpito da un malore”.
27.11.23
Su 326 autopsie di vaccinati morti «un totale
di 240 decessi (73,9%) sono stati giudicati in modo indipendente come
direttamente dovuti o a cui ha contribuito in modo significativo la
vaccinazione COVID-19».
A scriverlo nero su bianco è una ricerca pubblicata in pre-print (ovvero
ancora in attesa di revisione paritaria che potrebbe arrivare tra un
mese o tra due anni) dal sito Zenodo che non può essere ritenuta una
piattaforma poco affidabile in quanto è gestito dal CERN per OpenAIRE.
Zenodo è un archivio open access per le
pubblicazioni e i dati da parte dei ricercatori. Il suo nome deriva da
Zenodotos di Ephesos, il primo Direttore della grande biblioteca di
Alessandria che ha messo le basi per la costruzione della
biblioteconomia.
L’Organizzazione europea per la ricerca nucleare, comunemente conosciuta
con la sigla CERN, è il più grande laboratorio al mondo di fisica delle
particelle, posto al confine tra la Francia e la Svizzera, alla
periferia ovest della città di Ginevra, nel comune di Meyrin. La
convenzione che lo istituiva fu firmata il 29 settembre 1954 da 12 stati
membri mentre oggi ne fanno parte 23 più alcuni osservatori, compresi
stati extraeuropei.
OpenAIRE è un partenariato senza scopo di lucro di 50 organizzazioni,
fondato nel 2018 come entità giuridica greca, OpenAIRE A.M.K.E, per
garantire un’infrastruttura di comunicazione accademica aperta e
permanente a sostegno della ricerca europea.
Lo studio è stato presentato dal laureato in
science (BS) Nicolas Hulscher presso il Dipartimento di Epidemiologia
dell’Università del Michigan lo scorso venerdì 17 novembre 2023 durante
una “poster session”. In ambito accademico l’esposizione di un “poster”,
in un congresso o una conferenza con un focus accademico o
professionale, è la presentazione di informazioni di ricerca sotto forma
di poster cartaceo che i partecipanti alla conferenza possono
visualizzare.
Il giovane Hulsher è stato accreditato con un progetto approvato
denominato “Systematic Review of Autopsy Findings in Deaths after
COVID-19 Vaccination – Revisione sistematica dei risultati dell’autopsia
nei decessi dopo la vaccinazione COVID-19” in cui ha potuto fregiarsi di
mentor senior di fama mondiale soprattutto nell’ambito delle inchieste
sui danni da sieri genici mRNA o mDNA.
McCullough, che ha dato risalto all’evento
sul suo substack, è il noto cardiologo americano che per primo ha
denunciato i pericoli di miocarditi letali, confermati dagli studi FDA,
CDC e infine anche dall’EMA, mentre Makis è l’oncologo canadese che ha
scoperto il fenomeno del turbo-cancro.
Nei mesi scorsi lo studio era stato pubblicato anche dalla nota rivista
britannica The Lancet che però lo aveva ritirato dopo 24 ore perché
aveva scatenato – giustamente – una bufera sui media, sui social e di
conseguenza nella comunità scientifica internazionale.
presentazione ufficiale presso l’Università
de Michigan e dalla pubblicazione sul sito Zenodo gestito dal CERN.
D’altronde soltanto una volontà paranoica di censura potrebbe oscurarlo
essendo basato su una semplice analisi di documenti pubblicati sul più
importante archivio medico del mondo: la libreria PUBMED gestita
dall’NIH, ovvero l’Istituto Nazionale per la Salute del Governo USA.
«Il rapido sviluppo e l’ampia diffusione dei vaccini contro il COVID-19,
combinati con un elevato numero di segnalazioni di eventi avversi, hanno
portato a preoccupazioni sui possibili meccanismi di danno, tra cui la
distribuzione sistemica delle nanoparticelle lipidiche (LNP) e
dell’mRNA, il danno tissutale associato alle proteine spike, la
trombogenicità, disfunzione del sistema immunitario e cancerogenicità.
Lo scopo di questa revisione sistematica è indagare i possibili
collegamenti causali tra la somministrazione del vaccino COVID-19 e la
morte utilizzando autopsie e analisi post mortem».
Si legge nell’Abstract della ricerca che fa
riferimento a problematiche già certificate separatamente da altre
decine di studi come quello del biochimico italiano Gabriele
Segalla sulle nanoforme e sugli eccipienti tossici del siero genico
Comirnaty di Pfizer-Biontech autorizzato dall’European Medicines Agency
nonostante non potesse “non sapere della tossicità delle inoculazioni”.
«Abbiamo cercato tutti i rapporti autoptici e necroscopici pubblicati
relativi alla vaccinazione COVID-19 fino al 18 maggio 2023 – riferiscono
Hulsher et al. – Inizialmente abbiamo identificato 678 studi e, dopo lo
screening dei nostri criteri di inclusione, abbiamo incluso 44 documenti
che contenevano 325 casi di autopsia e un caso di necroscopia. Tre
medici hanno esaminato in modo indipendente tutti i decessi e hanno
determinato se la vaccinazione contro il COVID-19 fosse la causa diretta
o avesse contribuito in modo significativo alla morte».
«Il sistema di organi più implicato nella
morte associata al vaccino COVID-19 è stato il sistema cardiovascolare
(53%), seguito dal sistema ematologico (17%), dal sistema respiratorio
(8%) e da sistemi multipli di organi (7%). In 21 casi sono stati colpiti
tre o più apparati. Il tempo medio dalla vaccinazione alla morte è stato
di 14,3 giorni. La maggior parte dei decessi si è verificata entro una
settimana dall’ultima somministrazione del vaccino. Un totale di 240
decessi (73,9%) sono stati giudicati in modo indipendente come
direttamente dovuti o a cui ha contribuito in modo significativo la
vaccinazione COVID-19» si legge nello studio consultabile su Zenodo
(link a fondo pagina).
Ecco quindi le considerazioni finali dei ricercatori scientifici e
medici:
«La coerenza osservata tra i casi in questa revisione con eventi avversi
noti del vaccino COVID-19, i loro meccanismi e il relativo eccesso di
morte, insieme alla conferma dell’autopsia e alla decisione della morte
guidata dal medico, suggerisce che esiste un’alta probabilità di un
nesso causale tra COVID-19 vaccini e morte nella maggior parte dei casi.
Sono necessarie ulteriori indagini urgenti allo scopo di chiarire i
nostri risultati».
«Il sistema di organi più implicato nella
morte associata al vaccino COVID-19 è stato il sistema cardiovascolare
(53%), seguito dal sistema ematologico (17%), dal sistema respiratorio
(8%) e da sistemi multipli di organi (7%). In 21 casi sono stati colpiti
tre o più apparati. Il tempo medio dalla vaccinazione alla morte è stato
di 14,3 giorni. La maggior parte dei decessi si è verificata entro una
settimana dall’ultima somministrazione del vaccino. Un totale di 240
decessi (73,9%) sono stati giudicati in modo indipendente come
direttamente dovuti o a cui ha contribuito in modo significativo la
vaccinazione COVID-19» si legge nello studio consultabile su Zenodo
(link a fondo pagina).
Ecco quindi le considerazioni finali dei ricercatori scientifici e
medici:
«La coerenza osservata tra i casi in questa revisione con eventi avversi
noti del vaccino COVID-19, i loro meccanismi e il relativo eccesso di
morte, insieme alla conferma dell’autopsia e alla decisione della morte
guidata dal medico, suggerisce che esiste un’alta probabilità di un
nesso causale tra COVID-19 vaccini e morte nella maggior parte dei casi.
Sono necessarie ulteriori indagini urgenti allo scopo di chiarire i
nostri risultati».
La
ricerca pubblicata sul sito Zenodo gestito dal CERN – link al fondo
dell’articolo tra le fonti
Brevetto Moderna ammette i problemi di tumori
nel DNA da laboratorio
Bre
Leggiamo infatti nel brevetto dell’agosto 2019 sui vaccini
mRNA contro il virus parainfluenzale umano 3 (HPIV-3) quanto segue:
“L’iniezione diretta di DNA geneticamente modificato (ad esempio DNA
plasmidico nudo) in un ospite vivente fa sì che un piccolo numero delle
sue cellule producano direttamente un antigene, determinando una
risposta immunologica protettiva. Da questa tecnica, tuttavia, derivano
potenziali problemi, inclusa la possibilità di mutagenesi inserzionale,
che potrebbe portare all’attivazione di oncogeni o all’inibizione di
geni oncosoppressori”.
La soppressione del gene che contrasta lo sviluppo dei tumori
è proprio quel meccanismo che molti oncologi ritengono sia responsabile
delle forme anomale di turbo-cancro rilevate tra le persone vaccinate
coi sieri genici mRNA Covid
21.10.23
Giovedì Health Canada ha confermato la
presenza di contaminazione del DNA nei vaccini Pfizer COVID-19 e ha
anche confermato che Pfizer non ha rivelato la contaminazione
all’autorità sanitaria pubblica. La contaminazione del DNA include il
promotore e potenziatore Simian Virus 40 (SV40) che Pfizer non aveva
precedentemente rivelato e che secondo alcuni esperti rappresenta un
rischio di cancro a causa della potenziale integrazione con il genoma
umano.
Health Canada, l’autorità sanitaria pubblica del paese, ha dichiarato a
The Epoch Times che mentre Pfizer ha fornito le sequenze complete di DNA
del plasmide nel suo vaccino al momento della presentazione iniziale, il
produttore del vaccino “non ha identificato specificamente la sequenza
SV40”.
“Health Canada si aspetta che gli sponsor identifichino qualsiasi
sequenza di DNA biologicamente funzionale all’interno di un plasmide
(come un potenziatore SV40) al momento della presentazione”, ha
affermato.
L’ammissione di Health Canada è arrivata dopo che due scienziati, Kevin
McKernan e Phillip J. Buckhaults, Ph.D., hanno scoperto la presenza di
DNA plasmidico batterico nei vaccini mRNA COVID-19 a livelli
potenzialmente 18-70 volte superiori ai limiti stabiliti dagli Stati
Uniti. Food and Drug Administration (FDA) e Agenzia europea per i
medicinali. L’immunologo virale Dr. Byram Bridle dell’Università di
Guelph in Canada, commentando l’ammissione di Health Canada ha scritto
sul suo Substack: “Questa è un’ammissione di proporzioni epiche”.
Bridle ha anche scritto:
“Bisogna chiedersi perché la Pfizer non abbia voluto rivelare la
presenza di una sequenza di DNA biologicamente funzionale a un ente
regolatore sanitario. Alla Pfizer è stato richiesto di rivelare alle
agenzie di regolamentazione sanitaria tutte le sequenze bioattive nel
DNA plasmidico batterico utilizzato per produrre le loro
iniezioni.Bridle ha osservato che sono trascorsi “818 giorni in totale”
da quando l’Università di Guelph gli ha vietato di accedere al suo
ufficio e al suo laboratorio per aver tentato di condurre ricerche
simili, mentre altri ricercatori “sono stati al centro di attacchi da
parte di molti cosiddetti ‘esperti di disinformazione’, ” anche se
nessuno “è stato in grado di confutare le proprie scoperte”.
L’immunologa, biologa e biochimica Jessica Rose, Ph.D., ha dichiarato a
The Defender: “DNA residuo è stato trovato nei prodotti Pfizer e Moderna
– e soprattutto Pfizer -, in fiale più vecchie e più nuove, incluso il
monovalente per adulti XBB.1.5 [ vaccino].”
Rose ha affermato che ciò indica che tale contaminazione “è un problema
continuo”.
In osservazioni separate fatte mercoledì al programma “Good Morning CHD”
di CHD.TV, Rose ha detto che McKernan “ha anche esaminato il vaccino
Janssen [Johnson & Johnson] e ha scoperto DNA residuo a livelli molto
alti”. “Il DNA plasmidico viene utilizzato nella produzione di
vaccini mRNA e dovrebbe essere rimosso a un livello inferiore a una
soglia stabilita dalle agenzie di regolamentazione sanitaria prima che
il prodotto finale venga rilasciato per la distribuzione”, ha riferito
The Epoch Times.
La scoperta di McKernan ha reso “possibile per Health Canada confermare
la presenza del potenziatore sulla base della sequenza di DNA plasmidico
presentata da Pfizer rispetto alla sequenza del potenziatore SV40
pubblicata”, ha affermato Health Canada.
L’SV40 è spesso utilizzato nella terapia
genica per la sua capacità unica di trasportare geni alle cellule
bersaglio.
Nel processo di produzione del vaccino, l’SV40 “viene utilizzato come
potenziatore per guidare la trascrizione genetica”, ha scritto The Epoch
Times. McKernan il mese scorso “ha avvertito che la presenza di plasmidi
di DNA nei vaccini significa che potrebbero potenzialmente integrarsi
nel genoma umano”.
Descrivendo la ricerca di McKernan come “ineccepibile”, Kirsch ha
scritto sul suo Substack: “Il DNA dura per sempre e, se si integra nel
tuo genoma, produrrai il suo prodotto per sempre”.
“Ciò può far sì che la cellula appena
programmata si riproduca e produca mRNA con le risultanti proteine
spike per un tempo sconosciuto, potenzialmente per sempre e persino
per la generazione successiva”.
23.09.23
L'Asl
To5 l'aveva sospesa nel periodo Covid perché non vaccinata bloccando la
retribuzione, ora dovrà restituire stipendi e interessi Il tribunale dà ragione alla dipendente No Vax
massimiliano rambaldi
L'Asl To 5 l'aveva sospesa dal suo lavoro d'ufficio nel periodo Covid,
perché si era rifiutata di vaccinarsi interrompendole anche il pagamento
dello stipendio. Una volta rientrata, alla fine delle restrizioni
previste, la donna aveva fatto causa all'azienda sanitaria nonostante in
quel periodo ci fossero delle direttive ben chiare sull'obbligo
vaccinale. Dieci giorni fa la decisione, per certi versi inaspettata,
del tribunale del lavoro di Torino: con la sentenza 1552 i giudici hanno
infatti accolto il ricorso della dipendente, accertando e dichiarando
«l'illegittimità della sospensione dal servizio – si legge nel documento
pubblicato dall'azienda sanitaria di Chieri – condannando quindi l'Asl
To 5 a corrispondere alla dipendente il trattamento retributivo
richiesto, oltre agli interessi, rivalutazione e compensazione delle
spese di lite». In sostanza, secondo quel giudice, l'Asl non poteva
sospendere la donna dal posto di lavoro e men che meno negarle lo
stipendio. E ora, nell'immediato, dovrà pagarle tutto, interessi
compresi nonché le spese legali. Questo perché, nonostante l'azienda
sanitaria abbia già deciso di ricorrere in appello contro tale sentenza:
«in ragione della provvisoria esecutività della stessa – spiegano dalla
direzione nella medesima documentazione - pur non essendo passata in
giudicato, l'Asl è tenuta all'ottemperanza». Gli importi dovuti e i
giorni di sospensione della dipendente non sono stati resi noti.
La dipendente in questione lavora in ambito amministrativo e non è a
contatto con pazienti di un ospedale specifico. Ricordiamo tutti, però,
che il governo si era dimostrato estremamente rigoroso contro chi non
voleva ricevere il vaccino. In assenza di motivazioni valide (l'unica
accettata era una certificata grave patologia pregressa) la persona no
vax non poteva più esercitare la propria professione e, qualora fosse
stato possibile, doveva essere destinata a mansioni alternative. In caso
di impossibilità a spostamenti, sarebbe scattata l'immediata sospensione
non retribuita che poteva terminare solo una volta effettuata la
vaccinazione. Altrimenti il divieto di andare al lavoro sarebbe
continuato fino al completamento della campagna vaccinale. In sostanza
quello che è capitato nel caso in questione. La dipendente aveva però
deciso di intraprendere le vie legali perché pretendeva di essere
regolarmente pagata e di lavorare ugualmente, anche senza aver seguito
il percorso anti Covid. Presentando a sua difesa documentazioni che il
giudice del lavoro, a quanto pare, ha ritenuto valide. «La decisione e
la linea interpretativa del tribunale del lavoro non può essere
condivisa – spiegano dall'azienda sanitaria -, in quanto non è coerente
con il dispositivo contenuto nel decreto legge 172 del 2021, anche alla
luce del diverso orientamento espresso sul punto dalla Corte d'Appello
di Torino, sezione lavoro». Immediata quindi la decisione di ricorrere
in appello, affidando la questione ai legali di fiducia.
—
22.09.23
Testimonianza coraggiosa del dottor Phillip Buckhaults dell'Università
della Carolina del Sud.
I “vaccini” Covid non sono stati adeguatamente testati e i loro danni
non sono stati adeguatamente indagati. La FDA e il CDC devono ammettere
i propri fallimenti normativi ed essere onesti con il pubblico.
La Ricerca delle Università Australiane
basata su 253 Studi Internazionali
L’hanno pubblicata gli scienziati autraliani Peter I Parry dell’Unità
clinica di ricerca sulla salute dei bambini, Facoltà di Medicina,
Università del Queensland, South Brisbane, Australia, Astrid
Lefringhausen, Robyn Cosford e Julian Gillespie, Children’s Health
Defense (Capitolo Australia), Huskisson, Conny Turni, Ricerca
microbiologica, QAAFI (Queensland Alliance for Agriculture and Food
Innovation), Università del Queensland, St. Lucia, Christopher J. Neil,
Dipartimento di Medicina, Università di Melbourne, Melbourne, e Nicholas
J. Hudson, Scuola di Agricoltura e Scienze Alimentari, Università del
Queensland, Brisbane.
E’ un colossale lavoro di letteratura
scientifica basato su ben 253 studi nei quali vengono citati i più
significativi sulla tossicità della proteina Spike e dei vaccini che la
innesca nell’organismo attraverso i vettori mRNA. Vengono infatti
menzionati lavori sulle malattie autoimmuni della biofisica Stephanie
Seneff, scienziata del prestigioso MIT (Massachusetts Institute of
Technology) di Cambridge, del cardiologo americano Peter McCullough
(fonte 29 nello studio linkato a fondo pagina), quelli sui rischi di
tumori dell’oncologo britannico Angus Dalgleish (fonti 230-231), quelli
dell’esperto di genomica Kevin McKernan sulla replicazione cellulare dei
plasmidi di Dna Spike nel corpo umano (fonte 91), quelli della chimica
americana Alana F. Ogatache fu tra le prime a denunciare la pericolosità
dei sieri genici mRNA Moderna (fonte 52), ed ovviamente non poteva
mancare lo strepitoso e rivoluzionario del biochimico italiano Gabriele
Segalla sulle nanoparticelle tossiche del vaccino Comirnaty di
Pfizer-Biontech (fonte 61).
“Spikeopatia”: la proteina Spike del COVID-19
è patogena, sia dall’mRNA del virus che da quello del vaccino.
di Parry et al. – pubblicata in origine su Biomedicine (link allo studio
completo a fondo pagina)
La pandemia di COVID-19 ha causato molte malattie, molti decessi e
profondi disagi alla società. La produzione di vaccini “sicuri ed
efficaci” era un obiettivo chiave per la salute pubblica. Purtroppo,
tassi elevati senza precedenti di eventi avversi hanno messo in ombra i
benefici. Questa revisione narrativa in due parti presenta prove dei
danni diffusi dei nuovi vaccini anti-COVID-19 mRNA e adenovettoriali ed
è innovativa nel tentativo di fornire una panoramica approfondita dei
danni derivanti dalla nuova tecnologia nei vaccini che si basavano sulla
produzione di cellule umane di un antigene estraneo che presenta
evidenza di patogenicità.
Questo primo articolo esplora i dati
sottoposti a revisione paritaria in contrasto con la narrativa “sicura
ed efficace” collegata a queste nuove tecnologie. La patogenicità delle
proteine spike, denominata “spikeopatia”, derivante dal virus
SARS-CoV-2 o prodotta dai codici genetici del vaccino, simile a un
“virus sintetico”, è sempre più compresa in termini di biologia
molecolare e fisiopatologia.
La trasfezione farmacocinetica attraverso tessuti corporei distanti dal
sito di iniezione mediante nanoparticelle lipidiche o trasportatori di
vettori virali significa che la “spikeopatia” può colpire molti organi.
Le proprietà infiammatorie delle nanoparticelle utilizzate per
trasportare l’mRNA; N1-metilpseudouridina impiegata per prolungare la
funzione dell’mRNA sintetico; l’ampia biodistribuzione dei codici mRNA e
DNA e le proteine spike tradotte, e l’autoimmunità attraverso la
produzione umana di proteine estranee, contribuiscono agli effetti
dannosi.
Questo articolo esamina gli effetti
autoimmuni, cardiovascolari, neurologici, potenziali oncologici e le
prove autoptiche per la spikeeopatia. Con le numerose tecnologie
terapeutiche basate sui geni pianificate, una rivalutazione è necessaria
e tempestiva.
Discussione
Abbiamo iniziato questo articolo citando la risposta dell’ente
regolatore sanitario australiano, il TGA, alla domanda di un senatore
australiano sui rischi dei vaccini genetici che inducono le cellule
umane a produrre la proteina spike SARS-CoV-2. La risposta è stata che
la proteina Spike non era un agente patogeno. Abbiamo presentato prove
significative che la proteina spike è patogena. Ciò vale quando fa parte
del virus, quando è libero ma di origine virale e quando è prodotto nei
ribosomi dall’mRNA dei vaccini COVID-19 mRNA e adenovettoreDNA. I
meccanismi fisiopatologici d’azione della proteina spike continuano ad
essere chiariti.
Abbiamo stabilito che la proteina spike
provoca danni legandosi al recettore ACE-2 e quindi sottoregolando il
recettore, danneggiando le cellule endoteliali vascolari. La proteina
spike ha un dominio legante simile alla tossina, che si lega a α7 nAChR
nel sistema nervoso centrale e nel sistema immunitario, interferendo
così con le funzioni di nAChR, come la funzione di ridurre
l’infiammazione e le citochine proinfiammatorie, come IL-6. Il
collegamento con le malattie neurodegenerative avviene anche attraverso
la capacità della proteina “spike” di interagire con le proteine che
formano l’amiloide leganti l’eparina, avviando l’aggregazione delle
proteine cerebrali.
La persistenza della proteina spike causa un’infiammazione persistente
(infiammazione cronica), che potenzialmente alla fine sposta il sistema
immunitario verso la tolleranza immunitaria (IgG4). Un effetto
particolare per le donne e la gravidanza è il legame della proteina
Spike al recettore alfa degli estrogeni, che interferisce con il
messaggio degli estrogeni.
La proteina Spike è citotossica all’interno
delle cellule attraverso l’interazione con i geni soppressori del cancro
e causando danni mitocondriali. Le proteine spike espresse sulla
superficie delle cellule portano alla risposta autoimmune citopatica.
La proteina spike libera si lega all’ACE-2 su altre cellule di organi e
sangue. Nel sangue la proteina Spike induce le piastrine a rilasciare
fattori di coagulazione, a secernere fattori infiammatori e a formare
aggregati leucociti-piastrine. La proteina spike lega il fibrinogeno,
inducendo la formazione di coaguli di sangue.
Esiste anche un’omologia problematica tra la
proteina spike e le proteine chiave nel sistema immunitario adattativo
che portano all’autoimmunità se vaccinati con l’mRNA che produce la
proteina spike.
I fattori farmacocinetici contribuiscono alla fisiopatologia. Come
accennato, lo studio sulla biodistribuzione di Pfizer (dove il 75% delle
molecole trasportatrici di nanoparticelle lipidiche ha lasciato il
deltoide per tutti gli organi entro 48 ore) per il PMDA giapponese era
noto alla TGA australiana prima dell’autorizzazione provvisoria dei
vaccini mRNA COVID-19 per l’Australia popolazione [5]. Poiché causano la
replicazione della proteina Spike in molti organi, i vaccini basati sui
geni agiscono come virus sintetici.
Il trasportatore di nanoparticelle lipidiche dell’mRNA e il PEG
associato che rende il complesso mRNA-LNP più stabile e resistente alla
degradazione, hanno i propri effetti tossici; le nanoparticelle
lipidiche principalmente attraverso effetti proinfiammatori e il PEG
mediante anafilassi in individui sensibili.
Röltgen et al. [53] hanno scoperto che l’mRNA
stabilizzato con N1-metilpseudouridina nei vaccini COVID-19 produce
proteine spike per almeno 60 giorni. Altre ricerche citate sulla
retroposizione del codice genetico [249] suggeriscono la possibilità che
tale produzione di una proteina patogena estranea possa potenzialmente
durare tutta la vita o addirittura transgenerazionale.
Un ampio corpo di ricerche emergenti mostra che la stessa proteina
spike, in particolare la subunità S1, è patogena e causa infiammazione e
altre patologie osservate nel COVID-19 acuto grave, probabilmente nel
COVID-19 lungo, e nelle lesioni da vaccino mRNA e adenovettoriDNA
COVID-19 . La parola “spikeopatia” è stata coniata dal ricercatore
francese Henrion-Caude [98] in una conferenza e dati gli effetti
patologici vari e sostanziali della proteina spike SARS-CoV-2,
suggeriamo che l’uso del termine avrà un valore euristico.
La piccopatia esercita i suoi effetti, come
riassunto da Cosentino e Marino [86] attraverso l’aggregazione
piastrinica, la trombosi e l’infiammazione correlate al legame
dell’ACE-2; interruzione delle glicoproteine transmembrana CD147 che
interferiscono con la funzione cardiaca dei periciti e degli eritrociti;
legandosi a TLR2 e TLR4 innescando cascate infiammatorie; legandosi
all’ER alfa probabilmente responsabile delle irregolarità mestruali e
dell’aumento del rischio di cancro attraverso le interazioni con p53BP1
e BRCA1. Altre ricerche mostrano ulteriori effetti spikeo-patologici
attraverso la produzione di citochine infiammatorie indotte da ACE-2, la
fosforilazione di MEK e la downregulation di eNOS, compromettendo la
funzione delle cellule endoteliali.
Effetti particolarmente nuovi della proteina spike comportano lo
squilibrio del sistema colinergico nicotinico attraverso l’inibizione di
α7 nAChR, portando a vie biochimiche antinfiammatorie alterate in molte
cellule e sistemi di organi, nonché a un alterato tono vagale
parasimpatico.
Le lesioni provocate dal vaccino mRNA e adenovettoriale del COVID-19 si
sovrappongono alla grave malattia acuta da COVID-19 e al COVID lungo, ma
sono più varie, data la più ampia biodistribuzione e la produzione
prolungata della proteina spike.
La miopericardite è riconosciuta ma spesso è
stata minimizzata come lieve e rara, tuttavia l’evidenza di una
miopericardite subclinica correlata al vaccino COVID-19 relativamente
comune [113,115] e l’evidenza autoptica [246,247,248] suggeriscono un
ruolo nelle morti improvvise in persone relativamente giovani e in forma
[116,117 ]. Le proteine spike hanno anche meccanismi per aumentare la
trombosi attraverso l’infiammazione correlata all’ACE-2, il disturbo del
sistema dell’angiotensina [119], il legame diretto con i recettori ACE-2
sulle piastrine [1], l’interruzione dell’antitrombina [122], ritardando
la fibrinolisi [123] (prestampa) e riducendo la repulsione
elettrostatica degli eritrociti che porta all’emoagglutinazione [124].
Le malattie autoimmuni di nuova insorgenza dopo la vaccinazione COVID-19
potrebbero riguardare l’omologia della proteina spike e, nella malattia
virale che include altre proteine SARS-CoV-2, con le proteine umane
[5,138].
Il complesso mRNA-LNP attraversa la BBB e i
disturbi neurologici sono altamente segnalati nei database di
farmacovigilanza a seguito dei vaccini COVID-19. Numerosi meccanismi di
spikepatia vengono chiariti come disturbi sottostanti che coinvolgono:
permeabilità del BBB [128]; danno mitocondriale [168]; disregolazione
dei periciti vascolari cerebrali [169]; Neuroinfiammazione mediata da
TLR4 [170]; morte delle cellule dell’ippocampo [171]; disregolazione
delle cascate del complemento e della coagulazione e dei neutrofili che
causano coagulopatie [173] (prestampa); neuroinfiammazione e
demielinizzazione tramite disregolazione microgliale [174,177,180];
aumento dell’espressione di α-Syn coinvolta nella malattia
neurodegenerativa [175]; livelli elevati di chemochina 11 del motivo CC
associati all’invecchiamento e alla successiva perdita di cellule
neurali e mielina; legandosi al recettore nicotinico dell’acetilcolina
α7 (nAChR), aumentando i livelli di IL-1b e TNFα nel cervello causando
elevati livelli di infiammazione [172,177]; la subunità S1 è
amiloidogenica [185]; disautonomia [96], mediante danno neuronale
diretto o meccanismi immunomediati indiretti, ad esempio inibizione di
α7 nAChR; anosmia causata sia dal vaccino che dalla malattia [44],
anch’essa prodromica alla malattia di Parkinson.
Inoltre, gli autoanticorpi nel dominio
C-terminale globulare possono causare la malattia di Creutzfeldt Jakob
(CJD) [218], miR-146a è alterato in associazione con COVID-19 [222] e
associato sia a infezioni virali che a malattie da prioni nel cervello,
e È stato dimostrato che S1 induce senescenza nelle cellule trasfettate.
La quantità di possibili meccanismi di danno mediato dai picchi nel
cervello è pari nella vita reale alla prevalenza di effetti avversi
neurologici e neurodegenerativi e richiede urgentemente ulteriori
ricerche.
Il cancro, anche se non è stato dimostrato con certezza che sia causato
dai vaccini, sembra seguire da vicino la vaccinazione e abbiamo
esaminato le possibili cause sotto forma di interazioni delle proteine
spike con fattori di trascrizione e geni soppressori del cancro.
Il vaccino doveva proteggere le persone di
età superiore ai 60 anni con il maggior rischio di mortalità da COVID-19
[10], tuttavia un’analisi del rischio condotta da Dopp e Seneff (2022)
[250] ha mostrato che la probabilità di morire a causa dell’iniezione è
solo 0,13 % inferiore al rischio di morte per infezione nelle persone di
età superiore a 80 anni.
Inoltre, l’invecchiamento naturale è accompagnato da cambiamenti nel
sistema immunitario che compromettono la capacità di rispondere
efficacemente ai nuovi antigeni. Similmente alle risposte ai virus
stratificate per età, ciò significa che i vaccini diventano meno
efficaci nell’indurre l’immunità negli anziani, con conseguente ridotta
capacità di combattere nuove infezioni [251].
La vaccinazione con mRNA COVID-19 a due dosi
ha conferito una risposta immunitaria adattativa limitata tra i topi
anziani, rendendoli suscettibili all’infezione da SARS-CoV-2 [252].
Secondo uno studio di Vo et al., (2022) [253], il rischio di malattie
gravi tra i veterani statunitensi dopo la vaccinazione è rimasto
associato all’età. Questo rischio di infezioni intercorrenti era anche
maggiore se erano presenti condizioni di immunocompromissione.
Infine, abbiamo esaminato le migliori serie di casi di autopsia
attualmente disponibili, eseguite in Germania, che stabiliscono le
connessioni tra spikeopatia e fallimenti multipli di organi, neuropatie
e morte.
Conclusioni
In questa revisione narrativa, abbiamo stabilito il ruolo della proteina
spike SARS-CoV-2, in particolare della subunità S1, come patogena. Ora è
anche evidente che le proteine spike ampiamente biodistribuite,
prodotte dai codici genetici dell’mRNA e del DNA adenovettoriale,
inducono un’ampia varietà di malattie. I meccanismi fisiopatologici e
biochimici sottostanti sono in fase di chiarimento.
I trasportatori di nanoparticelle lipidiche
per i vaccini mRNA e Novavax hanno anche proprietà proinfiammatorie
patologiche. L’intera premessa dei vaccini basati sui geni che producono
antigeni estranei nei tessuti umani è irta di rischi per disturbi
autoimmuni e infiammatori, soprattutto quando la distribuzione non è
altamente localizzata.
Le implicazioni cliniche che seguono sono che i medici in tutti i campi
della medicina devono essere consapevoli delle varie possibili
presentazioni della malattia correlata al vaccino COVID-19, sia acuta
che cronica, e del peggioramento delle condizioni preesistenti.
Sosteniamo inoltre la sospensione dei vaccini COVID-19 basati sui geni e
delle matrici portatrici di nanoparticelle lipidiche e di altri vaccini
basati sulla tecnologia mRNA o DNA vettoriale virale. Una strada più
sicura è quella di utilizzare vaccini con proteine ricombinanti ben
testate, tecnologie virali attenuate o inattivate, di cui ora ce ne sono
molti per la vaccinazione contro la SARS-CoV-2.
di Parry et al. – pubblicata in origine su Biomedicine
BIOMEDICINE – ‘Spikeopathy’: COVID-19 Spike Protein Is Pathogenic, from
Both Virus and Vaccine mRNA
14.09.23
Fondata nel 1945, Kaiser Permanente è
riconosciuta come uno dei principali fornitori di assistenza sanitaria e
piani sanitari senza scopo di lucro d’America. Attualmente opera in 8
stati (California del Nord, California del Sud, Colorado, Georgia,
Hawaii, Virginia, Oregon, Washington) e nel Distretto di Columbia.
«La cura dei membri e dei pazienti si concentra sulla loro salute
totale. I medici, gli specialisti e i team di operatori sanitari di
Permanente Medical Group guidano tutte le cure. I nostri team medici
possono avvalersi di tecnologie e strumenti leader del settore per la
promozione della salute, la prevenzione delle malattie, l’erogazione
delle cure e la gestione delle malattie croniche» spiega
l’organizzazione medica.
«Abbiamo condotto uno studio di coorte
retrospettivo su pazienti Kaiser Permanente Northwest (KPNW) di età pari
o superiore a 18 anni che sono stati vaccinati con la formulazione
Pfizer o Moderna del vaccino bivalente COVID19 tra il 1 settembre 2022 e
il 1 marzo 2023. I pazienti sono stati inclusi nello studio studiare se
fossero iscritti al KP al momento della vaccinazione e durante il
periodo di follow-up di 21 giorni. Abbiamo replicato la metodologia di
analisi del ciclo rapido Vaccine Safety Datalink (VSD) e cercato
possibili casi di ictus ischemico o TIA nei 21 giorni successivi alla
vaccinazione utilizzando i codici diagnostici ICD10CM sia nella
posizione primaria che in qualsiasi posizione».
E’ quanto si legge nell’Abstract della ricerca intitolata “Rischio di
ictus ischemico dopo la vaccinazione di richiamo bivalente COVID-19 in
un sistema sanitario integrato (Risk of Ischemic Stroke after COVID-19
Bivalent Booster Vaccination in an Integrated Health System)”.«Abbiamo
identificato un aumento del 50% nell’incidenza di ictus ischemico per
100.000 pazienti di età pari o superiore a 65 anni vaccinati con il
vaccino bivalente Pfizer, rispetto ai dati presentati dal VSD. Il 79%
dei casi di ictus ischemico sono stati ricoverati in ospedali che non
sono di proprietà del sistema di consegna integrato e un ritardo
nell’elaborazione delle richieste di risarcimento assicurative esterne
all’ospedale è stato probabilmente responsabile della discrepanza
nell’accertamento dei casi di ictus ischemico. ».
18.08.23
Il procuratore generale del Texas Ken Paxton
ha cercato di fare luce sulla sicurezza dei vaccini Covid e sugli
esperimenti americani Gain of Function (GOF) per il potenziamento dei
virus SARS in laboratorio, condotti dal virologo Anthony Fauci tra gli
USA (University of North Carolina) e il Wuhan Institute of Virology, ma
è stato subito colpito da un impeachment (per altre ragioni politiche)
che ha bloccato la sua inchiesta.
Ora quattro famiglie americane delle vittime Covid hanno presentato una
formale denuncia per quelle pericolosissime ricerche prendendo di mira
il famigerato zoologo di origini britanniche Peter Daszak, presidente
della società EcoHealthAlliance di New York che fu finanziata dalla Bill
& Melinda Gates Foundation e soprattutto dall’Istituto Nazionale
Allergie e Malattie Infettive diretto da Fauci (fino al dicembre 2022)
per i progetti di costruzione di coronavirus chimerici del ceppo SARS
chimerici nel centro virologico cinese.
l dottor Zhou Yusen misteriosamente morto tre
mesi dopo aver brevettato un vaccino contro il Covid-19 nel febbraio
2020 che, secondo gli investigatori americani, sarebbe morto
misteriosamente proprio cadendo dal tetto del WIV di Wuhan.
Nel giugno 1998 durante il vertice
sino-americano in Cina il presidente Bill Clinton siglò una “Convenzione
sulla armi biologiche” con il presidente cinese Jiang Zemin,
Nell’aprile 2004 la Commissione Europea
presieduta dall’italiano Romano Prodi e composta anche dal commissario
Mario Monti diede il primo finanziamento di quasi 2milioni di euro al
Wuhan Institute of Virology grazie al quale la direttrice del Centro di
Malattie Infettive Shi Zengli, soprannominata bat-woman per i suoi
esperimenti sui coronavirus dei pipistrelli cinesi a ferro di cavallo,
creò il primo virus chimerico ricombinante potenziando un ceppo di SARS
con plasmidi infettati dal virus HIV.
16.08.23
l’instabilità del sistema colloidale di
nanomateriali lipidici (e il conseguente maggior rischio tossicologico)
della prima versione di Comirnaty sia sostanzialmente dovuta alla
presenza, in quella formulazione, di fattori destabilizzanti, quali,
appunto, i composti inorganici elettrolitici in eccesso, costituiti
principalmente dai componenti del tampone pH PBS utilizzato da
Pfizer-BioNTech».
Evidenzia il dottor Segalla illustrando le differenti caratteristiche
della stabilizzazione del farmaco concorrente Spikevax di Moderna.
«A questo proposito, però, quanto riportato nel brevetto della stessa
BioNTech (co- titolare, insieme a Pfizer, del vaccino Comirnaty) US
10,485,884 B2 RNA Formulation for Immunoterapy [Formulazioni a RNA per
immunoterapia] del 26 novembre 2019, risulta ancor più esplicito al
riguardo della “elevata tossicità” attribuita a “liposomi e lipoplexes”
caricati positivamente».
«Ciò si riferisce a formulazioni a base di RNA incapsulato in
nanoparticelle lipidiche cationiche – del tipo cioè di quelle usate nel
Comirnaty – e denominate, in questo contesto, “lipoplexes”. Nella
descrizione del brevetto, si spiega, fra l’altro, come le nanoparticelle
cationiche contenenti RNA si formino soprattutto grazie a determinati
rapporti di massa/carica tra i lipidi cationici (+) e le componenti
anioniche (-) dell’ RNA, e come tali rapporti giochino un ruolo
fondamentale anche per quanto riguarda il passaggio delle nanoparticelle
contenenti RNA attraverso la membrana cellulare e il conseguente
trasferimento dell’RNA all’interno della cellula (trasfezione) per
modificarne le caratteristiche funzionali:
Con una minore carica positiva in eccesso, l’efficacia della trasfezione
scende drasticamente, andando praticamente a zero. Sfortunatamente,
però, per liposomi e lipoplexes [nanoparticelle lipidiche] caricati
positivamente è stata segnalata un’elevata tossicità, che può essere un
problema per l’applicazione di tali preparati come prodotti
farmaceutici. [corsivi aggiunti] (Figura 26)».
«Le ragioni per cui i tamponi pH del tipo PBS non vanno assolutamente
bene in preparati a base di nanoparticelle cationiche inglobanti RNA
sono spiegate molto chiaramente nella sezione del brevetto intitolata
“Effects of Buffers/ Ions on Particle Sizes and PI of RNA Lipoplexes”
[Effetti dei tamponi / composti ionici sulle dimensioni e Indice di
polidispersione delle nanoparticelle lipidiche contenenti RNA] del
suddetto brevetto di BioNTech US 10,485,884 B2, 44 (47-50), 45 (4-6), 45
(31- 33)».
In condizioni fisiologiche (cioè a pH 7,4; 2,2 mM Ca++), è imperativo
assicurarsi che ci sia un rapporto di carica prevalentemente negativa, a
causa dell’ instabilità delle nanoparticelle lipidiche neutre o caricate
positivamente. [corsivi aggiunti] (Figura 27)
«In altre parole, sulla base di quanto scientificamente documentato e
riportato in un brevetto della stessa BioNTech, in aggiunta a quanto già
descritto riguardo alla pericolosità intrinseca delle nanoparticelle
lipidiche caricate positivamente, apprendiamo che un sistema colloidale
di nanoparticelle lipidiche cationiche inglobanti mRNA.
NON dovrebbe contenere nella propria formulazione un tampone ionico come
il PBS, al fine di prevenire fenomeni di aggregazione, agglomerazione,
flocculazione delle nanoparticelle lipidiche, con tutte le conseguenze
di ordine tossicologico sopra descritte.
NON dovrebbe contenere nella propria formulazione composti ionici (come
ad es. cloruro di sodio), al fine di prevenire fenomeni di aggregazione,
agglomerazione, flocculazione delle nanoparticelle lipidiche, con tutte
le conseguenze di ordine tossicologico sopra descritte.
NON dovrebbe essere iniettato per via intramuscolare, a causa della sua
instabilità quando viene a trovarsi nelle condizioni fisiologiche del
distretto extracellulare (pH 7,4; 2,2 mM Ca++).
«Tutte e tre queste rigorose raccomandazioni, riportate nel succitato
brevetto di BioNTech del 2019, sono spudoratamente disattese, o
ignorate, nel 2020, sia da Pfizer-BioNTech sia dagli enti certificatori,
sia nel merito della formulazione (ionico/ elettrolitico) sia in quello
della destinazione d’uso (inoculazione intramuscolare) del preparato
Comirnaty» rimarca il biochimico italiano segnalando che tali
«criticità» sono «in palese contrasto con le specifiche e pertinenti
raccomandazioni asserite dalla stessa BioNTech nel suo sopramenzionato
brevetto US 10,485,884 B2»
14.08.23
«Per i suesposti motivi, questo giudicante
ritiene non legittima e non conforme ai Principi Generali
dell’Ordinamento e della Costituzione la normativa in materia di obbligo
vaccinale, che pertanto va disapplicata. Con riguardo alle spese di
giudizio sussistono giustificati motivi per compensarle, attesa la
“particolarità” della materia trattata».
L’anonimo italiano over 50 che ha fatto ricorso al Giudice di Pace di
Santa Maria Capua a Vetere contro l’imposizione della vaccinazione Covid
e la conseguente multa da 100 euro emanata dall’Agenzia delle Entrate
per conto del Ministero della Salute dovrà pagare solo una ventina di
euro. Ovvero la metà dell’ammontare delle spese giudiziarie per ricorsi
inferiori a 1.100 euro.
Non è il primo e non sarà l’ultimo
pronunciamento giudiziario che contesta l’obbligatorietà dei sieri
genici sperimentali. Il caso più famoso è ovviamente quello della
giudice Susanna Zanda del Tribunale Civile di Firenze che, avendo osato
anche segnalare i decessi per presunte reazioni avverse ai vaccini alla
Procura della Repubblica di Roma, è finita nel fuoco incrociato della
Procura Generale della Corte di Cassazione che ha aperto un procedimento
disciplinare nei suoi confronti subito dopo le esternazioni politiche
del Ministro della Giustizia Carlo Nordio.
«Ebbene, al di là delle pronunce del
Consiglio d’Europa che ha avuto occasione di occuparsi della tematica
della vaccinazione Covid (con la Risoluzione 2361 del 2021) e di
decisioni, invece, contrarie, a parere di questo giudice, appaiono
decisive le circostanze, ormai conclamate, che il non vaccinato — a
prescindere dalle decisioni relative all’età — non ha determinato alcun
rischio maggiore per la salute pubblica rispetto ai soggetti vaccinati
provvisti di green pass, perché l’idoneità dei vaccini (quale strumento
di prevenzione del contagio), non solo non è pari o vicina al 100 % ma
si è di fatto rivelata prossima allo zero (Trib. Napoli marzo 2023)
«Il Tribunale del Lavoro di Catania, con la
decisione del 14.03.2022, ribadisce che “sebbene non si ignori che
l’impianto del D.D. 44/2021 sia ispirato alla finalità “di tutelare la
salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza
nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza” (art. 4, co. 1,
D.L. 44/2021), nell’ambito di una situazione emergenziale e del tutto
straordinaria, le conseguenze che esso implica nella sfera del
dipendente non vaccinato — e che si sono irrigidite a seguito delle
modifiche apportate all’originaria formulazione del decreto – appaiono
tuttavia eccessivamente sproporzionate e sbilanciate, nell’ottica della
necessaria considerazione degli altri valori costituzionali coinvolti,
tra cui, tra i primi, la dignità della persona, bene protetto da co. 2,
36,41 Cost. plurime previsioni della Carta: artt. 2, 3»
«Sebbene la legge possa prevedere
l’obbligatorietà di determinati trattamenti sanitari, sono rarissimi, ed
ancorati a precisi presupposti, ì casi in cui l’ordinamento consente la
possibilità di eseguirli contro la volontà della persona (ad es., è il
caso del TSO), valendo da sempre il principio che gli accertamenti ed i
trattamenti obbligatori debbano essere ‘accompagnati da iniziative
rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi vi
è obbligato”…»
«E ciò a conferma della consapevolezza del
legislatore che l’obbligo al trattamento sanitario costituisce pur
sempre un’eccezione rispetto al principio, di cui è espressione l’art.
32 Cost., della libera determinazione dell’individuo in materia
sanitaria».
In virtù di questi motivi ha accolto «il ricorso annullando il
provvedimento opposto» dall’avvocato Alessandra De Rosa contro l’avviso
di addebito di 100 euro al suo assistito.
08.08.23
Un manager della Pfizer in Oceania ha ammesso
che agli impiegati australiani dell’azienda farmaceutica di New York
sono somministrati dati lotti di vaccini differenti da quelli
distribuiti al pubblico.
Lo ha dichiarato durante un’Audizione davanti al Senato Australiano che,
a differenza dei politici dell’Unione Europea foraggiati dalle ONG di
Bill Gates, ha già avviato un’inchiesta formale per indagare sulla
natura dei sieri genici acquistati, sull’occultamento dei dati dei
trials clinici e sui danni causati ai vaccinati.
L’ammissione è arrivata durante una rigorosa
sessione di interrogatorio mercoledì, in cui il direttore medico
nazionale di Pfizer Australia, il dott. Krishan Thiru, e il capo delle
scienze normative, il dott. Brian Hewitt, hanno parlato davanti al
“Comitato per la legislazione sull’istruzione e l’occupazione” del
Senato australiano sui vaccini sperimentali contro il COVID-19, aggiunge
Gateway Pundit
23.07.23
I vaccini Covid contengono proporzioni
considerevoli di residui di DNA in grado di integrarsi permanentemente
nel genoma umano, causando malattie croniche e tumori. Questo potrebbe
anche spiegare l’eccesso di mortalità osservato dall’inizio delle
campagne di vaccinazione.
L’ex banchiere svizzero Pascal Najadi e'
l’autore di una denuncia penale per abuso di potere contro il presidente
della Confederazione Alain Berset è vaccinato tre volte e altrettante
volte si è costituito contro le autorità sanitarie da quando un’analisi
del suo sangue gli ha rivelato che il suo organismo continua a produrre
la proteina spike del vaccino più di 18 mesi dopo la sua ultima
iniezione Pfizer/BioNTech.
Contattato, l’interessato ci ha fornito i risultati del laboratorio
oltre ad una lettera del Prof. Sucharid Bhakdi confermando che “i
risultati del test indicano chiaramente che il signor Najadi soffre di
effetti irreparabili a lungo termine causati dal prodotto di mRNA
iniettato fabbricato da PfizerBiontech.
L’ex banchiere aveva consultato l’Ufficio
federale della sanità pubblica in Svizzera su questo argomento.
Quest’ultimo non è stato in grado di dargli risposte, sostenendo che non
poteva commentare un singolo caso. Pascal Najadi ne aveva dedotto che
l’ufficio in realtà non controllava nulla riguardo a queste nuove
tecnologie vaccinali.
La persistenza della presenza della proteina spike rilevata a Najadi e
altri iniettati rimane ufficialmente inspiegabile ed è ben oltre i 14
giorni comunicati quando sono state lanciate le campagne di vaccinazione
contro il Covid.
Tutti conoscono il DNA, rappresentato da una
doppia elica e contenente il nostro codice genetico. L’RNA è costituito
solo da un singolo filamento. La cellula lo produce secondo necessità
leggendo parte del DNA che servirà poi come specifiche per la produzione
di una proteina.
Una dose di “vaccino” Covid a RNA messaggero contiene miliardi di
filamenti di RNA messaggero, che innescheranno la produzione di
altrettante proteine spike del virus SARS-CoV-2 nelle cellule che
raggiungono. Queste proteine spike attiveranno una risposta del
sistema immunitario.
a proteina avanzata è stata anche presentata
come sostanza innocua durante le campagne di vaccinazione quando è nota
per essere tossica per l’organismo umano e causare la maggior parte
delle complicanze del Covid, comprese le reazioni infiammatorie e
allergiche.
Per comunicare, i batteri si scambiano
importanti “messaggi” genetici con l’aiuto dei cosiddetti plasmidi. Ad
esempio, se un batterio trova un nuovo meccanismo che aumenta la sua
resistenza agli antibiotici, incapsula questa informazione in plasmidi,
che verranno prodotti e ‘diffusi’ ad altri batteri.
Il processo di produzione dei filamenti di RNA dei vaccini Covid
richiede appunto di passare attraverso la manipolazione genetica dei
batteri mediante plasmidi, nei quali sarà stata precedentemente
introdotta la sequenza di DNA corrispondente alla proteina spike di
SARS-CoV-2.
Il plasmide viene propagato nei batteri e
utilizzato come stampo per la produzione di massa di RNA messaggero che
sarà in grado di innescare la produzione di proteine spike nelle
cellule vaccinate. Il DNA deve poi essere rimosso e l’RNA messaggero
viene poi miscelato con i lipidi per produrre nanoparticelle in grado di
portare l’mRNA nelle nostre cellule
Nell’ambito dell’autorizzazione
all’immissione in commercio del vaccino Pfizer, l’Agenzia europea per i
medicinali (Ema) si è quindi dovuta accontentare di consultare i dati
forniti dal produttore. EMA ha espresso sorpresa al produttore per il
fatto che il prodotto finale non fosse stato sequenziato geneticamente
per garantire che contenesse solo RNA messaggero e nessun DNA o altri
residui, apprende lo scienziato tedesco Florian Schilling in una
presentazione
Pfizer ha risposto di aver rinunciato
volontariamente al sequenziamento, ammettendo che non era certo
ottimale, ma che era giustificato per ridurre i costi. Anche altri
produttori hanno rinunciato a questo sequenziamento genetico come parte
della loro garanzia di qualità.
Tra le tecniche alternative di valutazione del prodotto utilizzate da
Pfizer c’è l’elettroforesi, che conta gli elementi presenti in una
soluzione in base alla loro dimensione.
Nei documenti forniti da Pfizer alla WEA,
l’RNA messaggero della proteina spike del vaccino è rappresentato da un
alto picco centrale. L’anomalia sono le “pendenze” su entrambi i lati
del picco, che rappresentano misteriosi “oggetti” genetici che non
corrispondono alle dimensioni dell’RNA messaggero e non dovrebbero
essere presenti in una soluzione purificata.
Anche l’EMA aveva voluto saperne di più e aveva richiesto i dati grezzi
a Pfizer. Il produttore aveva accettato di fornirli ma ad oggi non sono
ancora stati consegnati.
Un gruppo di ricercatori, preoccupato in
particolare per le conseguenze delle iniezioni di Covid sui giovani, ha
deciso all’inizio del 2023 di prendere in mano la situazione e mettere
in sequenza lotti di “vaccini” di Pfizer e Moderna. Il loro intero
approccio è spiegato in dettaglio in un primo articolo e nel suo
supplemento scritto da Kevin McKernan, biologo molecolare, specialista
in manipolazione genetica e sequenziamento, che ha partecipato
all’analisi.
Le loro scoperte sono di natura inquietante:
Quantità di DNA anormalmente elevata – La presenza di plasmidi
contenenti DNA proteico spike è stata confermata in proporzioni notevoli
per i “vaccini” di Pfizer e Moderna: tra il 20 e il 35%, ben oltre i
limiti di contaminazione fissati dall’EMA (0,033%) . Una singola dose
contiene quindi diversi miliardi di questi plasmidi che servivano per
produrre l’RNA messaggero e che poi avrebbero dovuto essere eliminati.
Queste informazioni sono già prova della non conformità di questi
prodotti alle normative vigenti.
Accelerazione della resistenza agli antibiotici – Fatto preoccupante, il
DNA di questi plasmidi contiene geni che li rendono resistenti a due
antibiotici: neomicina e kanamicina. L’introduzione di miliardi di geni
di resistenza agli antibiotici in plasmidi altamente replicabili,
consentendo la selezione di batteri resistenti a questi trattamenti nel
microbioma, dovrebbe sollevare preoccupazioni sull’accelerazione della
resistenza agli antibiotici su scala globale. Alcuni esperti stimavano
già prima della crisi del Covid che entro il 2050 non avremmo più avuto
antibiotici efficaci.
Elevato fattore di errore di copia – Gli scienziati affermano che la
presenza di un nucleotide chiamato pseudouridina è molto preoccupante
poiché è noto che ha un tasso di errore di copia di uno su 4000
nucleotidi, ovvero tra 5 e 8,5 milioni di possibili errori di copia per
dose di vaccino. E nessuno può dire a cosa corrispondano questi errori
poiché sono imprevedibili.
Integrazione permanente e transgenerazionale: i plasmidi vaccinali
possono raggiungere un batterio o una cellula umana. Quest’ultimo caso è
considerato problematico perché è possibile che il filamento di DNA
contenuto nel plasmide sia permanentemente integrato nel codice genetico
della cellula umana, permettendole in qualsiasi momento di produrre
autonomamente la proteina spike del vaccino, per tutta la vita. Con ogni
probabilità, questo è ciò che sta accadendo ai clienti di Pascal Najadi
e Me Ulbrich in Germania. L’insegnante. Bhakdi ha ricordato a questo
proposito che ogni divisione cellulare è un’opportunità per questo DNA
importato di modificare il genoma dell’ospite. Se questa integrazione
avviene in una cellula staminale, ovulo o spermatozoo, la modificazione
genetica verrà trasmessa alle generazioni successive.
Questo è grave perché oggi la scienza non
offre uno strumento per rimuovere un gene. Più incomprensibilmente, il
DNA del plasmide utilizzato da Pfizer contiene una sequenza (SV 40) che
gli permette di essere trasferito nel nucleo anche quando la cellula non
si sta dividendo e quindi di influenzare le cellule. La sua presenza è
comunque inutile per la produzione di RNA messaggero nei batteri. Questa
sequenza è assente dai plasmidi utilizzati da Moderna.
l vaccino Covid di Johnson & Johnson presenta
un rischio di integrazione ancora maggiore perché si basa su un virus a
DNA e utilizza un promotore molto più potente dell’SV 40, chiamato CMV.
Ciò comporta un rischio molto più elevato di oncogenesi e continua
produzione di proteine spike rispetto agli RNA messaggeri, afferma
Marc Wathelet, biologo molecolare e specialista di coronavirus che
abbiamo consultato (vedi intervista alla fine dell’articolo).
Poiché il DNA della proteina spike del plasmide prende di mira le
cellule dei mammiferi, ci sono pochissime possibilità che si integri
permanentemente nel genoma di un batterio intestinale. Non riuscendo a
diventare fabbriche proteiche avanzate, questi batteri – che non sono
cellule umane – potrebbero invece moltiplicare i plasmidi del vaccino e
contribuire così ad aumentare il rischio di contaminazione con cellule
umane, chiamato “bactofezione” o “trasfezione”.
Marc Wathelet conferma che se “il rischio di
contaminazione dei batteri nel microbioma rimane basso, sono i rischi di
infiammazione e soprattutto di tumori legati alla contaminazione delle
cellule del corpo delle persone vaccinate da parte del DNA che sono più
preoccupanti”.
L’esperto sottolinea che è “impossibile quantificare questo rischio”.
Trova “un aumento di alcuni tumori, ma non è chiaro se sia dovuto a DNA,
mRNA, un indebolimento del sistema immunitario, lipidi nelle
nanoparticelle o una combinazione di questi fattori
21.07.23
Come risulta, la proteina spike e l’mRNA non
sono gli unici rischi di queste iniezioni. Il team di McKernan ha anche
scoperto i promotori del virus della simmia 40 (SV40) che, da decenni,
sono sospettati di provocare il cancro negli esseri umani, compresi
mesoteliomi, linfomi e tumori del cervello e delle ossa.3 I
risultati4,5,6,7 sono stati pubblicati su OSF Preprints all’inizio di
aprile 2023. Come spiegato nell’abstract:8
“Sono stati utilizzati diversi metodi per valutare la composizione degli
acidi nucleici di quattro fiale scadute dei vaccini mRNA bivalenti
Moderna e Pfizer. Sono stati valutati due flaconi di ciascun fornitore…
Molteplici test supportano una contaminazione da DNA che supera i
requisiti dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) di 330ng/mg e della
FDA [Food and Drug Administration] di 10ng/dose…
Come riportato in una recensione del libro di
Lancet “The Virus and the Vaccine: The True Story of a Cancer-Causing
Monkey Virus, Contaminated Polio Vaccine and the Millions of Americans
Exposed”:13
“Nel 1960, gli scienziati e i produttori di vaccini sapevano che i reni
delle scimmie erano fogne di virus scimmieschi. Tale contaminazione
spesso rovinava le colture, comprese quelle di una ricercatrice del NIH
di nome Bernice Eddy, che lavorava sulla sicurezza dei vaccini… La sua
scoperta… minacciava uno dei più importanti programmi di salute pubblica
degli Stati Uniti…”.
Eddy cercò di informare i colleghi, ma fu
imbavagliata e privata dei suoi compiti di regolamentazione dei vaccini
e del suo laboratorio… [Due] ricercatori della Merck, Ben Sweet e
Maurice Hilleman, identificarono presto il virus del rhesus, poi
chiamato SV40, l’agente cancerogeno che era sfuggito a Eddy.
“Nel 1963, le autorità statunitensi decisero di passare alle scimmie
verdi africane, che non sono ospiti naturali dell’SV40, per produrre il
vaccino antipolio. A metà degli anni ’70, dopo studi epidemiologici
limitati, le autorità conclusero che, sebbene l’SV40 causasse il cancro
nei criceti, non sembrava farlo nelle persone.
“Arriviamo agli anni ’90: Michele Carbone, allora all’NIH [National
Institutes of Health], stava lavorando sul modo in cui l’SV40 induce i
tumori negli animali. Uno di questi era il mesotelioma, un raro tumore
della pleura che nelle persone si pensa sia causato principalmente
dall’amianto. L’ortodossia riteneva che l’SV40 non causasse tumori
nell’uomo.
“Incoraggiato da un articolo del 1992 del
NEJM [New England Journal of Medicine] che aveva trovato ‘impronte’ di
DNA di SV40 nei tumori cerebrali infantili, Carbone ha analizzato
biopsie di tumori umani di mesotelioma presso il National Cancer
Institute: Il 60% conteneva DNA di SV40. Nella maggior parte di esse, il
virus della scimmia era attivo e produceva proteine.
“Carbone pubblicò i suoi risultati su Oncogene nel maggio 1994, ma l’NIH
rifiutò di renderli pubblici… Carbone… si trasferì alla Loyola
University. Lì ha scoperto come l’SV40 disabilita i geni soppressori del
tumore nel mesotelioma umano e ha pubblicato i suoi risultati su Nature
Medicine nel luglio 1997. Anche studi in Italia, Germania e Stati Uniti
hanno mostrato associazioni tra SV40 e tumori umani”.
“Incoraggiato da un articolo del 1992 del
NEJM [New England Journal of Medicine] che aveva trovato ‘impronte’ di
DNA di SV40 nei tumori cerebrali infantili, Carbone ha analizzato
biopsie di tumori umani di mesotelioma presso il National Cancer
Institute: Il 60% conteneva DNA di SV40. Nella maggior parte di esse, il
virus della scimmia era attivo e produceva proteine.
“Carbone pubblicò i suoi risultati su Oncogene nel maggio 1994, ma l’NIH
rifiutò di renderli pubblici… Carbone… si trasferì alla Loyola
University. Lì ha scoperto come l’SV40 disabilita i geni soppressori del
tumore nel mesotelioma umano e ha pubblicato i suoi risultati su Nature
Medicine nel luglio 1997. Anche studi in Italia, Germania e Stati Uniti
hanno mostrato associazioni tra SV40 e tumori umani”.
Torniamo alle scoperte di McKernan, che
oltre al video in evidenza sono discusse anche nel podcast di Daniel
Horowitz qui sopra. In breve, il suo team ha scoperto livelli elevati di
plasmidi di DNA a doppio filamento, compresi i promotori SV40 (sequenza
di DNA essenziale per l’espressione genica) che sono noti per innescare
lo sviluppo del cancro quando incontrano un oncogene (un gene che ha il
potenziale di causare il cancro).
Il livello di contaminazione varia a seconda della piattaforma
utilizzata per la misurazione, ma indipendentemente dal metodo
utilizzato, il livello di contaminazione del DNA è significativamente
superiore ai limiti normativi sia in Europa che negli Stati Uniti,
afferma McKernan. Il livello più alto di contaminazione del DNA
riscontrato è stato del 30%, un dato piuttosto sorprendente.
Come spiegato da McKernan, quando si utilizza un tipico test PCR, si
viene considerati positivi se il test rileva il virus SARS-CoV-2
utilizzando una soglia di ciclo (CT) di circa 40. In confronto, la
contaminazione del DNA viene rilevata con TC inferiori a 20. Ciò
significa che la contaminazione è di un milione di milioni di unità.
Ciò significa che la contaminazione è un
milione di volte superiore alla quantità di virus che si dovrebbe avere
per risultare positivi al test COVID-19. “Quindi, c’è un’enorme
differenza per quanto riguarda la quantità di materiale presente”,
afferma McKernan.
Nel suo articolo su Substack14 , McKernan sottolinea anche che chi
sostiene che il DNA a doppio filamento e l’RNA virale siano una falsa
equivalenza, perché l’RNA virale è in grado di replicarsi, si sbaglia.
“La maggior parte dell’sgRNA che state rilevando in un tampone nasale
nel vostro naso NON È ADEGUATO ALLA REPLICAZIONE, come dimostrato da
Jaafar et al.15 È solo un frammento di RNA che dovrebbe avere una
longevità inferiore nelle vostre cellule rispetto ai frammenti
contaminanti di dsDNA”, scrive.
Se si sequenzia il DNA, si scopre che
corrisponde a quello che sembra essere un vettore di espressione usato
per produrre l’RNA… Ogni volta che vediamo una contaminazione del DNA,
come quella dei plasmidi, finire in un prodotto iniettabile, la prima
cosa a cui si pensa è se sia presente l’endotossina dell’E. coli
(Escherichia coli, ndr), perché crea anafilassi per chi viene iniettato.
Mentre i deceduti non vaccinati sono stati
soltanto 304 e quelli vaccinati con ciclo incompleto (senza seconda
dose) 25. Il periodo preso in considerazione dalla tabella ISS è quello
che va dal 29 aprile al 29 maggio 2022.
La
tabella del Bollettino Covid-19 pubblicato il 24 giugno scorso
dall’Istituto Superiore della Sanità di Roma – link a fondo pagina
«Numerosi studi riportano l’insorgenza di
reazioni autoimmuni a seguito della vaccinazione contro il COVID-19
(Gadi et al., 2021; Watad et al., 2021; Bril et al., 2021; Portoghese et
al., 2021; Ghielmetti et al., 2021; Vuille – Lessard et al., 2021;
Chamling et al., 2021; Clayton-Chubb et al., 2021; Minocha et al., 2021;
Elrashdy et al., 2021; Garrido et al., 2021; Chen et al., 2022; Fatima
et al., 2022; Mahroum et al., 2022; Finsterer, 2022; Garg & Paliwal,
2022; Kaulen et al., 2022; Kwon & Kim, 2022; Ruggeri, Giovanellla &
Campennì, 2022). I dati istopatologici forniscono una prova
indiscutibile che dimostra che i vaccini genetici presentano una
distribuzione fuori bersaglio, provocando la sintesi della proteina
spike e innescando così reazioni infiammatorie autoimmuni, anche in
tessuti terminali differenziati».
Furono proprio gli esami patologici del
medico tedesco Morz a rilevare l’anomala persistenza nel corpo umano
della proteina Spike di cui un altro studio americano asseverato dalla
virologa Jessica Rose spiegò la proliferazione attraverso i plasmidi di
RNA.
«In generale, i potenziali rischi dei vaccini genetici che inducono le
cellule umane a diventare bersagli per l’attacco autoimmune non possono
essere valutati completamente, senza conoscere l’esatta distribuzione e
cinetica di LNP e mRNA, nonché la produzione e la farmacocinetica della
proteina spike».
Lo studio sottoscritto anche da Donzelli e
Bellavite poi conclude:
«Poiché il corpo umano non è un sistema strettamente compartimentato,
questo è motivo di seria preoccupazione per ogni vaccino genetico
attuale o futuro che induca le cellule umane a sintetizzare antigeni non
self. Infatti, per i tessuti terminalmente differenziati, la perdita di
cellule determina un danno irreversibile con prognosi potenzialmente
fatale. In conclusione, alla luce delle innegabili prove di
distribuzione fuori bersaglio, la somministrazione di vaccini genetici
contro COVID-19 dovrebbe essere interrotta fino a quando non saranno
eseguiti accurati studi di farmacocinetica, farmacodinamica e
genotossicità, oppure dovrebbero essere somministrati solo in
circostanze quando i benefici superano di gran lunga i rischi».
L’invito a indagare sui danni da sieri genici e a fermarne
l’inoculazione è giunto anche da una ricercatrice dell’Istituto
Superiore della Sanità e dalla sentenza del Tribunale di Firenze che ha
inviato gli atti alla Procura della Repubblica di Roma per un’accurata
inchiesta.
di Peter McCullough – pubblicato in origine
sul suo Substack
Mi viene spesso chiesto: perché tante persone che hanno assunto il
vaccino COVID-19 stanno apparentemente bene, mentre altre subiscono
danni al cuore, ictus, coaguli di sangue e finiscono per essere invalide
o morte? Da molti mesi si sospetta che ci possano essere variazioni nei
lotti o nelle partite di vaccino che potrebbero spiegare in parte queste
osservazioni. In altre parole, non tutti ricevono la stessa dose di
mRNA.
In base all’autorizzazione all’uso in emergenza, le aziende produttrici
di vaccini e i loro subappaltatori non effettuano alcuna ispezione delle
fiale finali riempite e finite. Si tratta di una situazione senza
precedenti per un prodotto di largo uso di qualsiasi tipo.
È possibile che le nanoparticelle lipidiche
si aggreghino in sospensione e quindi alcuni lotti potrebbero contenere
più mRNA di altri. Allo stesso modo, poiché le dimensioni dei lotti sono
variate nel tempo, è possibile che i contaminanti del processo di
produzione si concentrino in alcuni lotti più piccoli rispetto a quelli
più grandi.
Infine, il trasporto, la conservazione e l’uso del prodotto possono
essere fattori che denaturano l’mRNA, tra cui il riscaldamento, l’aria
iniettata nelle fiale e gli aghi multipli immersi nella sospensione.
Il problema della contaminazione è emerso quando il Giappone ha
restituito milioni di dosi e sono stati riscontrati detriti visibili sul
fondo delle fiale. Inoltre, poiché i contactor di biodifesa utilizzano
sfere metalliche, è possibile che i lotti iniziali più piccoli avessero
detriti magnetici che spiegavano il “magnetismo” nel braccio in cui
veniva somministrata l’iniezione, come riportato all’inizio della
campagna vaccinale.
Un rapporto di Schmeling e collaboratori sul
vaccino Pfizer BNT162b2 mRNA COVID-19 ha rilevato che il 71% degli
eventi avversi gravi proveniva dal 4,2% delle dosi (lotti ad alto
rischio), mentre <1% di questi eventi proveniva dal 32,1% delle dosi
(lotti a basso rischio). La variazione spiegata per i lotti ad alto e
moderato rischio è stata rispettivamente del 78 e dell’89%. Pertanto,
più dosi sono state somministrate da quelle fiale, maggiore è stato il
numero di effetti collaterali segnalati. Ciò significa che la maggior
parte del rischio risiede nell’iniezione e non nella persona che l’ha
ricevuta.
Si tratta di risultati di importanza
cruciale. Essi implicano che la debacle del vaccino COVID-19 è
effettivamente un problema di prodotto e non è dovuta alla
suscettibilità del paziente nella maggior parte delle circostanze.
Inoltre, la mancanza di ispezioni ha portato a un disastro di sicurezza.
Alcuni sfortunati pazienti ricevono una quantità eccessiva di mRNA, di
contaminanti o di entrambi e sono quindi esposti a iniezioni dannose e,
in alcuni casi, letali.
IN
ITALIA
Il trait d’union tra questa nuova ricerca
sponsorizzata dalla Commissione Europea e Rappuoli è proprio la
Fondazione Toscana Life Sciences (TLS) che ha creato un park science
accentratore di aziende operanti in campo sanitario medico, diagnostico
e farmaceutico.
TOSCANA LIFE SCIENCES NEL BIOTECNOPOLO DI SIENA
TLS è anche deputata a diventare uno dei pilastri del progetto del
Biotecnopolo di Siena, in fase di realizzazione nell’ex caserma in Viale
Cavour, che riceverà una cospicua dotazione finanziaria dal Piano
Nazionale Ripresa e Resilienza (PNNR) così suddivisa: 9 milioni di euro
per il 2022, 12 milioni per il 2023 e 16 milioni per il 2024. Ma la
fetta più grossa spetta proprio all’hub antipandemico (Centro Nazionale
Antipandemico – CNAP), che riceverà 340 milioni di euro da qui al 2026.
Una somma ingente in considerazione che le finalità sono praticamente
analoghe a quelle del Fondazione Centro Nazionale di Ricerca “Sviluppo
di terapia genica e farmaci con tecnologia a RNA” che vede come capofila
l’Università di Padova e come partner altri atenei italiani ma,
soprattutto, le Big Pharma dei vaccini Pfizer, Biontech e AstraZeneca.
Dal canto suo la Fondazione Toscana Life
Sciences (TLS) fin dall’agosto 2022 aveva subito accolto «con estremo
favore la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (GU) della Repubblica
Italiana dello Statuto della Fondazione Biotecnopolo, che avrà sede
legale e operativa a Siena. Un passo molto atteso che include la
partecipazione della Fondazione Toscana Life Sciences in qualità di
“nuovo fondatore” attraverso la stipula di un atto convenzionale entro
sessanta giorni dall’adozione dello Statuto stesso. Sono soci fondatori
il Ministero dell’Università e della Ricerca, il Ministero della Salute,
il Ministero dell’Economia e delle Finanze e il Ministero dello Sviluppo
Economico, cui si aggiungerà la Fondazione TLS come “nuovo fondatore”
Esaote (che ha sede a Genova ma una filiale a
Firenze) e TLS, nella primavera 2021, si trovarono insieme a un vertice
convocato dalla Regione Toscana per costruire un eco-sistema per un
vaccino anti Covid-19 made in Tuscany. All’incontro presero parte, oltre
agli assessori Simone Bezzini (Sanità) e Leonardo Marras (Attività
produttive), i rappresentanti del Gruppo farmaceutico Menarini, di
Kedrion, Eli Lilly, Molteni Farmaceutici, Diesse Diagnostica, Aboca,
Abiogen, e di Gsk Vaccines.
Ora il Biotecnopolo di Siena e Toscana Life Sciences si assumeranno
l’onere di portare avanti questo obiettivo puntando sulla figura di
Rappuoli.
La Fondazione Toscana Life Sciences è il
soggetto operativo che coordina e gestisce le attività del Distretto
Toscano Scienze della Vita, il cluster regionale che aggrega tutti i
soggetti pubblici e privati che operano nei settori delle biotecnologie,
del farmaceutico, dei dispositivi medici, della nutraceutica, della
cosmeceutica e dell’Ict applicato alle life sciences.
E’ nata nel 2011 per iniziativa della Regione Toscana allora governata
dal presidente Alberto Monaci, bancario e ex deputato della Democrazia
Cristiana e poi del Partito Democratico, ed oggi rappresenta un
ecosistema dell’innovazione che raggruppa oltre 32 Centri Ricerca e 14
Enti di Ricerca, incluse le Università toscane (Firenze, Pisa, Siena);
le Scuole Superiori (Scuole di Alta Formazione Sant’Anna e Normale di
Pisa e Istituto di Alti Studi Imt di Lucca); gli Istituti del CNR. Sono
affiliate al Distretto oltre 200 aziende del settore pharma, medical
devices, biotech, ICT for health, nutraceutica, servizi correlati, per
oltre 6 miliardi di fatturato.
Tra queste spicca il nome della
bio-farmaceutica Kedrion della famiglia Marcucci dell’ex senatore del PD
Andrea Marcucci (non riconfermato alle elezioni del 2022) che attirò
l’attenzione dei media per l’interessamento a gestire a livello
industriale (con una società Israeliana del Gruppo della Big Pharma
americana Moderna finanziata da Gates) le cure del Covid-19 col plasma
del medico Giuseppe De Donno, primario di Pneumologia dell’ospedale Poma
di Mantova, morto suicida in circostanze misteriose dopo che la
sperimentazione fu sottratta dal governo al suo centro di ricerca e
assegnata a quello di Pisa.
NO
AL NUCLEARE , SULL'H2-FOTOVOLTAICO NON SI SPECULA
IL RAZIONAMENTO ENERGETICO NON RISOLTO
CON LE RINNOVABILI PUO' ESSERE USATO PER GIUSTIFICARE IL
NUCLEARE CHE UCCIDE VEDI RUSSIA E GIAPPONE.
CON LA SCUSA DEL NUCLEARE SI PUO' FAR
PAGARE 10 QUELLO CHE VALE 1
MENTRE LA FRANCIA INVESTE PER SANARE LO
SFASCIO DEL NUCLEARE L'ITALIA CI VUOLE ENTRARE ?
GLI INCIDENTI NUCLEARI IN RUSSIA E
GIAPPONE NON CI HANNO INSEGNATTO NULLA ? NE VOGLIAMO UNO ANCHE IN
ITALIA ?
LA CHIMERA MANGIA-SOLDI DELLA FUSIONE NUCLEARE
QUANTE RINNOVABILI SI POSSONO FARE ? IL CNR SPENDE PIU' PER IL FINTO
NUCLEARE CHE PER LA BANCA DEL SEME AGRICOLO.
IL FUTURO H2 CHE
NON SI VUOLE VEDERE
E' ASSURDO CONTINUARE A PENSARE DI GESTIRE A COSTI BASSI
ECONOMICAMENTE VANTAGGIOSI LA FUSIONE NUCLEARE QUANDO ESISTONO ENERGIE
RINNOVABILI MOLTO più CONTROLLABILI ED EFFICIENTI A COSTI più BASSI,
COME DIMOSTRA IL :
https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/ip_22_3131
IL DOPPIO SACRILEGIO DELLA BESTEMMIA
RICETTA LIEVITO MADRE
RICAMBIO POLITICO BLOCCATO
L'Ucraina in fiamme - Documentario di Igor Lopatonok Oliver Stone 2016
(sottotitoli italiano)
"Abbiamo creato un archivio online per documentare i crimini di guerra
della Russia". Lo scrive su Twitter il ministro degli Esteri ucraino,
Dmytro Kuleba. "Le prove raccolte delle atrocità commesse dall'esercito
russo in Ucraina garantiranno che questi criminali di guerra non
sfuggano alla giustizia", aggiunge, con il link al sito in inglese
Cosa c’entra il climate
change con l’incidente al ghiacciaio della Marmolada?
Temperature di 10°C a 3.300 metri di altezza
da giorni, anomalie termiche pronunciate da maggio. Sono questi i
fattori alla base del crollo del seracco che ha travolto due cordate di
alpinisti domenica 3 luglio sotto Punta Penia
Il ghiacciaio
della Marmolada si sta ritirando di 6 metri l’anno
(Rinnovabili.it) – Almeno 10 morti, 9
feriti e un disperso. È il bilancio provvisorio dell’incidente che
ha coinvolto il 3 luglio due cordate di alpinisti nella zona di
Punta Rocca, proprio sotto il ghiacciaio della Marmolada.
Una parte del ghiacciaio è collassata per le temperature elevate,
scivolando rapidamente a valle in una enorme valanga di ghiaccio,
pietre e acqua fusa.
La dinamica dell’incidente
Verso le 14 del 3 luglio ha ceduto un seracco del ghiacciaio della Marmolada, la vetta
più alta delle Dolomiti, tra Punta Rocca e Punta Penia a oltre 3000
metri di quota. La scarica che si è creata è stata imponente, alta 60 metri con un fronte largo circa 200, e
ha investito un tratto della via normale per la cima di Punta Penia
precipitando a 300 km/h.
Il punto di distacco del seracco è ben visibile in alto
a destra. Crediti:
Local Team.
Ogni ghiacciaio ha dei seracchi, blocchi
di ghiaccio che assomigliano a dei pinnacoli e si formano con il
movimento del corpo glaciale. Scorrendo verso il basso, il
ghiacciaio incontra delle variazioni nella pendenza della montagna.
Queste deformano il ghiacciaio e provocano la formazione di
crepacci, che a loro volta danno luogo a delle “torri” di ghiaccio,
i seracchi. Queste formazioni, seppur normali, sono per
loro natura instabili. Tendono a cadere a valle,
ricompattandosi con il resto del corpo glaciale, ed è difficile
prevedere quando esattamente un evento del genere si può verificare.
Il climate change sul ghiacciaio della
Marmolada
Il distacco del seracco dal ghiacciaio
della Marmolada, con ogni probabilità, è stato facilitato e reso più
rovinoso dal cambiamento climatico. Negli ultimi giorni,
anche sulle cime di quel settore delle Dolomiti il termometro è
salito regolarmente a 10°C. Ma è da maggio che si
registrano
anomalie termiche molto pronunciate.
Anomalie che investono tutto l’arco
alpino. Sulla cima del monte Sonnblick, in Austria, 100
km più a nord-est, uno degli osservatori con le serie storiche più
lunghe e affidabili della regione alpina ieri segnalava il quasi
completo scioglimento del manto nevoso. Un dato che illustra molto
bene quanto l’estate del 2022 sia eccezionale: lì la neve non si era
mai sciolta prima del 13 agosto (capitò nel 1963 e nel caldissimo
2003).
Che legame c’è tra il crollo del seracco e le
temperature elevate? Secondo la società meteorologica
alpino-adriatica, “il ghiacciaio si è destabilizzato alla
base a causa della grande disponibilità di acqua di fusione
dopo settimane di temperature estremamente elevate e superiori alla
media”. Il caldo ha accelerato lo scioglimento del
ghiacciaio: “la lubrificazione dell’acqua alla base (o negli
interstrati) e l’aumento della pressione nei crepacci pieni d’acqua sono
probabilmente le cause principali di questo evento catastrofico”.
Normalmente, il ghiaccio sciolto – acqua di
fusione – penetra fra gli strati di ghiaccio o direttamente sul fondo
del ghiacciaio, incuneandosi tra massa glaciale e rocce sottostanti, per
sgorgare poi al fondo della lingua glaciale. Questo processo “lubrifica”
il ghiacciaio, accelerandone lo scivolamento, ma può anche creare delle
“sacche” piene d’acqua che non trova uno sfogo e preme sul resto del
ghiacciaio.
Come tutti gli altri ghiacciai alpini, anche
il ghiacciaio della Marmolada è in veloce ritirata a causa del
riscaldamento globale. L’ultima campagna di rilevazioni, condotta dal
Comitato Glaciologico Italiano e da Arpa Veneto lo scorso agosto, ha
segnalato un ritiro di 6 metri in appena 1 anno, mentre la
perdita complessiva di volume raggiunge il 90% in 100 anni.
Il cambiamento climatico corre più veloce
sulle Alpi che nel resto del pianeta, facendo delle
terre alte uno dei settori più vulnerabili. Un aumento della
temperatura globale di 1,5 gradi si traduce in un innalzamento, sulle
montagne italiane, di 1,8 gradi (con un margine d’errore di ±0,72°C).
Superare i 2 gradi a livello globale significa invece Alpi
2,51°C più calde (±0,73°C). Ma durante i mesi estivi,
l’aumento di temperatura è ancora più pronunciato e può arrivare,
rispettivamente, a 2,09°C ±1,24°C e a 2,81°C ±1,23°C.
«Il
22 maggio 1988 il sommergibile Nautile esplora il Mar Tirreno alla
ricerca del Dc9 Itavia. Alle 11,58 le telecamere inquadrano una forma
particolare. Uno dei due operatori dell’Ifremer scandisce in francese la
parola “misil”. Alle 13,53 s’intravede un’altra classica forma di
missile. Le ricerche della società di Tolone vengono sospese tre giorni
dopo. L’ingegner Jean Roux, dirigente della sezione recuperi
dell’Ifremer, subisce uno stop inspiegabile dall’ingegner Massimo Blasi,
capo della commissione dei periti del Tribunale di Roma» si legge ancora
nell’articolo.
«I due missili non vengono raccolti neppure durante la seconda
operazione di recupero affidata a una società inglese. Forse, perché la
Stella di Davide è intoccabile? – si domanda Lannes – Trascorrono tre
anni prima che i periti di parte abbiano la possibilità di visionare i
nastri dell’operazione Ifremer. Secondo un primo tentativo di
identificazione di tratta di un “Matra R 530 di fabbricazione francese”
e di uno “Shafrir israeliano”. I dati tecnici parlano chiaro. Quel Matra
è “lungo 3,28 metri, ha un diametro di 26 centimetri con ingombro alare
di 110, pesa 110 chilogrammi: è munito di una testata a frammentazione e
può colpire il bersaglio a 3 km di distanza con la guida a raggi
infrarossi e a 15 km con la guida radar semiattiva”. L’altro missile è
“lungo 2,5 metri, 16 centimetri di diametro e 52 di apertura alare, pesa
93 kg e ha una gittata di 5 km”. Entrambi i missili erano in dotazione
ai caccia di Israele, in particolare: Mirage III, Kfir, F4, A4, F15,
F16. Uno di quei missili è stato lanciato contro il Dc9».
Lannes ha aggiunto particolari agghiaccianti.
«Qualche anno fa – accompagnato alla Procura della Repubblica di Roma da
due poliziotti della scorta della Polizia di Stato – ho riferito, o
meglio verbalizzato ai magistrati Amelio e Monteleone quanto avevo
scoperto indagando per dieci anni sulla strage di Ustica. Ed ho indicato
loro alcuni testimoni (ex militari) mai interrogati dall’autorità
giudiziaria. Uno di essi (un ex ufficiale della Marina Militare) ha
dichiarato che il 27 giugno 1980 era in corso un’imponente esercitazione
aeronavale della NATO nel Mar Tirreno. E che l’unità su cui era
imbarcato, la Vittorio Veneto non ha prestato alcun soccorso, pur
essendo vicina al luogo di impatto del velivolo civile, ma ricevette
l’ordine di far rientro a La Spezia. Due di questi ex militari, già
appartenenti all’Aeronautica Militare sono stati minacciati, ed uno di
essi ha subito addirittura un trattamento sanitario obbligatorio messo
in atto dall’Arma Azzurra».
IL
VERO OBBIETTIVO DELLA MAFIA ESSERE LEGITTIMATA A TRATTARE ALLA PARI CON
LO STATO.
QUESTO LA HA FATTO LO GIURISPRUDENZA DELLA
TRATTATIVA STATO MAFIA CHE HA LEGITTIMATO DI FATTO LA MAFIA A
TRATTARE ALLA PARI CON LO STATO.
LA RESPONSABILITA' DEI SERVIZI SEGRETI NELLA
MORTE DI FALCONE E BORSELLINO , E PALESE.
I SERVIZI SEGRETI DIPENDONO DELLA PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO
Dichiarazione di Giuliano AMATO
«Stragi del '92 con matrice oscura. Giusto l'intervento di Pisanu» -
INTERVISTA
(02 luglio 2010) - fonte: Corriere della Sera - Giovanni Bianconi -
inserita il 02 luglio 2010 da 31
«Certo che il nostro è uno strano Paese», esordisce
Giuliano Amato, presidente del
Consiglio nel 1992 insanguinato dalle stragi di mafia, e dunque
testimone diretto di quella drammatica stagione rievocata nella
relazione del presidente della commissione parlamentare antimafia
Giuseppe Pisanu.
Perché, presidente?
«Perché quando un personaggio di primissimo rango come Giulio Andreotti
esce indenne da un lungo processo si dice che questo capita se si
confonde la responsabilità penale con quella politica, mentre quando un
presidente dell`Antimafia come Pisanu si sforza di cercare
responsabilità politiche laddove non ne sono state individuate di penali
gli si risponde che bisogna lasciar lavorare i giudici. Ma allora che
bisogna fare?».
Secondo lei?
«Secondo me il lavoro di Pisanu è legittimo e prezioso, perché può
aiutare la politica a cercare delle chiavi di lettura che non possono
sempre venire dalla magistratura. E a trovare finalmente il giusto modo
di affrontare la questione mafiosa. Provando a capire che cosa è
accaduto in passato si può affrontare meglio anche il presente».
Il passato, in questo caso, sono le stragi del 1992 e 1993. Lei divenne
capo del governo dopo la morte di Giovanni Falcone e prima di quella di
Borsellino. Ha avuto la sensazione di «qualcosa di simile a una
trattativa», come dice Pisanu?
«Sinceramente no. L`ho detto anche ai procuratori di Caltanissetta
quando mi hanno interrogato.
Io in quelle settimane ero molto impegnato ad affrontare l`emergenza
economico-finanziaria, dovevamo fare una manovra da 30.000 miliardi di
lire per il`92 e impostare quella del `93. La strage di via D`Amelio ci
colse nel pieno dei vertici economici internazionali.
Ricordo però che dopo quel drammatico avvenimento ebbi quasi un ordine
da Martelli, quello di far approvare subito il decreto-legge sul carcere
duro per i mafiosi varato dopo l`eccidio di Capaci. Andai di sera dal
presidente del Senato Spadolini, ed ottenni una calendarizzazione ad
horas del provvedimento».
Dei contatti tra alcuni ufficiali del Ros dei carabinieri e l`ex sindaco
mafioso di Palermo Ciancimino lei sapeva qualcosa, all`epoca?
«No, però voglio dire una cosa. Che ci sia stato un certo lavorio di
qualche apparato a livello inferiore è possibile, ma pensare che dei
contatti poco chiari potessero avere una sponda in Nicola Mancino che
era stato appena nominato ministro dell`Interno è un ipotesi che
considero offensiva, in primo luogo per lo stesso Mancino. Sulle ragioni
della sua nomina è Arnaldo Forlani che può fare chiarezza».
Perché?
«Perché la Dc di cui allora era segretario decise, o fu spinta a
decidere, che bisognava tagliare Gava dal governo. Ma a Gava bisognava
comunque trovare una via d`uscita onorevole, individuata nella
presidenza del gruppo al Senato che era di Mancino».
L`ex presidente del Consiglio Ciampi ha ripetuto che dopo le stragi del
'93 lui, da Palazzo Chigi, ebbe timore di un colpo di Stato. Lei pensò
qualcosa di simile, nello stesso posto, dopo le bombe del '92?
«No, ma del resto non ebbi timori di quel genere nemmeno dopo le stragi
degli anni Settanta. All`indomani di via D`Amelio non ebbi allarmi
particolari dal ministro dell`Interno, né dal capo della polizia Parisi
o da quelli dei servizi segreti. Parisi lo trovai ai funerali di
Borsellino, dove io e il presidente Scalfaro subimmo quasi
un`aggressione e avemmo difficoltà ad entrare in chiesa.
Ma attribuimmo l`episodio alla rabbia contro lo Stato che non era
riuscito ad evitare quella morte. Il problema che ancora oggi resta
insoluto è la vera matrice di quelle stragi».
Che intende dire?
«Che per la mafia furono un pessimo affare. Non solo quella di via
D`Amelio, dopo la quale Martelli applicò immediatamente il regime di
carcere duro a centinaia di boss, ma anche quella di Capaci. Certo,
Falcone era un nemico, ma in quel momento un`impresa economico-criminale
come Cosa Nostra avrebbe avuto tutto l`interesse a stare lontana dai
riflettori, anziché accenderli con quella manifestazione di violenza.
Quali interessi vitali dell`organizzazione mafiosa stava mettendo in
pericolo, Falcone?
La spiegazione che volevano eliminare un magistrato integerrimo, come
lui o come Borsellino, è troppo semplice. In ogni caso potevano
ucciderlo con modalità meno eclatanti, come hanno fatto in altre
occasioni. Invece vollero colpire lui e insieme lo Stato, imponendo una
devastante dimostrazione di potere».
Chi può esserci allora, oltre a Cosa nostra, dietro gli attentati che
per la mafia furono controproducenti?
«Purtroppo non lo sappiamo, ma è questa la domanda-chiave a cui dovremmo
trovare la risposta. Perché vede, per le stragi degli anni Settanta si
sono trovate molte spiegazioni; compresa quella che sosteneva il
prefetto Parisi, il quale immaginava un ruolo dei servizi segreti
israeliani per punire la politica estera italiana sul versante
palestinese. E per le stragi del 1993 io trovo abbastanza convincente la
tesi di una ritorsione per il carcere duro affibbiato a tanti boss e
soprattutto al loro capo, Riina, arrestato all`inizio dell`anno. Per
quelle del`92, invece, non riesco a immaginare motivazioni mafiose
sufficienti a superare le ripercussioni negative. E questo conferma
l`ipotesi di qualche condizionamento esterno rispetto ai vertici di Cosa
nostra.
Perciò ha ragione Pisanu a interrogarsi e chiedere di fare luce».
Anche laddove i magistrati non riescono ad arrivare?
«Ma certo. Noi siamo arrivati al limite del giuridicamente accettabile
con il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, che io
condivido ma che faccio fatica a spiegare all`estero.
Al di là di quel reato, però, non ci sono solo i boy scout; possono
esistere rapporti pericolosi, magari meno diretti o meno importanti, ma
pur sempre rapporti. E di questi dovrebbe occuparsi la politica, prima
dei magistrati».
Infatti Andreotti e Cossiga, agli ordini
di Henry Kissinger, se ne interessarono con Delle Chiaie che
rappresentava un estremismo di destra che teneva rapporti con la mafia
di Rejna , secondo Lo Cicero.
PERCHE' IL PRESIDENTE BIDEN NON
GRAZIA ASSANGE dimostrando di essere migliore dei suoi
predecessori ?
FATTI
NO BLA BLA BLA
DELLA STAMPA PER CONDIZIONARE LA VITA DELLE PERSONE CHE NON PENSANO
PRIMA DI AGIRE
LE NON RISPOSTE DI DRAGHI E CINGOLANI
DOCUMENTATE DA REPORT
QUALE E' LA VERITA' SUI MANDANTI DELLA MORTE DI
FALCONE E BORSELLINO ?
Era il 23 maggio del 1992 quando Giovanni Falcone
guidava la Fiat Croma della sua scorta che lo accompagnava
dall’aeroporto di Punta Raisi a Palermo.
Assieme a lui c’erano la moglie Francesca Morvillo, e l’autista Giuseppe
Costanza che quel giorno sedeva dietro.
Nel corteo delle auto che accompagnano il magistrato palermitano c’erano
anche altre due auto, la Fiat Croma marrone sulla quale viaggiavano gli
agenti Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo, e la Fiat Croma
azzurra sulla quale erano presenti gli agenti Paolo Capuzza, Gaspare
Cervello e Angelo Corbo.
Alle 17:57 circa, secondo la ricostruzione della versione ufficiale,
viene azionato da Giovanni Brusca il telecomando della bomba posta sotto
il viadotto autostradale nel quale passava il giudice Falcone.
La prima auto, quella degli agenti Montinaro, Schifani e Dicillo viene
sbalzata in un campo di ulivi che si trovava vicino alla carreggiata.
Muoiono tutti sul colpo.
L’auto di Falcone e di sua moglie Francesca viene investita da una
pioggia di detriti e l’impatto tremendo scaglia entrambi contro il
parabrezza della macchina.
In quel momento sono ancora vivi, ma le ferite riportate sono molto
gravi ed entrambi moriranno nelle ore successive all’ospedale.
L’autista Giuseppe Costanza sopravvive miracolosamente alla strage ed è
ancora oggi vivo.
Mai in Italia la mafia era riuscita ad eseguire una operazione così
clamorosa e così ben congegnata tale da far pensare ad un coinvolgimento
di apparati terroristici e militari che andavano ben oltre le capacità
di Cosa Nostra.
Capaci è una strage unica probabilmente anche a livello internazionale.
Fu fatta saltare un’autostrada con 200 kg di esplosivo da cava. Appare
impossibile pensare che furono soltanto uomini come Giovanni Brusca o
piuttosto Totò Riina soprannominato Totò U Curtu potessero realizzare
qualcosa del genere.
Impossibile anche che nessuno si sia accorto di come nei giorni
precedenti sia stata portata una quantità considerevole di esplosivo
sotto l’autostrada senza che nessuno notasse nulla.
È alquanto probabile che gli attentatori abbiano utilizzato dei mezzi
pesanti per trasportare il tritolo e il T4 utilizzati per preparare
l’ordigno.
Il via vai di mezzi deve essere stato frequente ed è difficile pensare
che questo passaggio non sia stato notato da nessuno nelle aree
circostanti.
Così come è impossibile che gli attentatori sapessero l’ora esatta in
cui Falcone sarebbe sbarcato a Palermo senza avere una qualche fonte
dall’interno che li informasse dei movimenti e degli spostamenti del
magistrato.
Capaci per tutte le sue caratteristiche quindi è un evento che appare
del tutto inattuabile senza il coinvolgimento di elementi infedeli
presenti nelle istituzioni che diedero agli attentatori le informazioni
necessarie per eseguire la strage.
Senza i primi, è impossibile sapere chi sono i veri mandanti occulti
dell’eccidio che è costato la vita a 5 persone e che sconvolse l’Italia.
E per poter comprendere quali siano questi mandanti occulti è necessario
guardare a cosa stava lavorando Falcone nelle sue ultime settimane di
vita.
Senza posare lo sguardo su questo intervallo temporale, non possiamo
comprendere nulla di quello che accadde in quei tragici giorni.
La stampa nostrana sono trent’anni che ci offre una ricostruzione
edulcorata e distorta della strage di Capaci.
Ci vengono mostrate a ripetizione le immagini di Giovanni Brusca. Ci è
stato detto tutto sulla teoria strampalata che vedrebbe Silvio
Berlusconi tra i mandanti occulti dell’attentato, teoria che pare aver
trovato una certa fortuna tra gli allievi liberali montanelliani, quali
Peter Gomez e Marco Travaglio.
Non ci viene detto nulla però su ciò che stava facendo davvero Giovanni
Falcone prima di morire.
L’indagine di Falcone sui fondi neri del PCI
All’epoca dei fatti, Falcone era direttore generale degli affari penali,
incarico che aveva ricevuto dall’allora ministro della Giustizia,
Claudio Martelli.
Nei mesi prima di Capaci, Falcone riceve una vera e propria richiesta di
aiuto da parte di Francesco Cossiga, presidente della Repubblica.
Cossiga chiede a Falcone di fare luce sulla marea di fondi neri che
erano piovuti da Mosca dal dopoguerra in poi nelle casse dell’ex partito
comunista italiano.
Si parla di somme da capogiro pari a 989 miliardi di lire che sono
transitati dalle casse del PCUS, il partito comunista dell’Unione
Sovietica, a quelle del PCI.
La politica del PCUS era quella di finanziare e coordinare le attività
dei partiti comunisti fratelli per diffondere ed espandere ovunque
l’influenza del pensiero marxista e leninista e dell’URSS che si
dichiarava custode di quella ideologia.
Questa storia è raccontata dettagliatamente in un avvincente libro
intitolato "Il viaggio di Falcone a Mosca" firmato da Francesco Bigazzi
e da Valentin Stepankov, il procuratore russo che stava collaborando con
Falcone prima di essere ucciso.
Il sistema di finanziamento del PCUS era piuttosto complesso e spesso si
rischia di perdersi in un fitto dedalo di passaggi e sottopassaggi nei
quali è spesso difficile comprendere dove siano finiti effettivamente i
fondi.
I finanziamenti erano erogati dal partito comunista sovietico agli altri
suoi satelliti nel mondo e di questo c’è traccia nelle carte esaminate
da Stepankov.
Ricevevano fondi il partito comunista francese e persino il partito
comunista americano rappresentato da Gus Hall che a Mosca assicurava
tutto il suo impegno contro l’imperialismo americano portato avanti da
Ronald Reagan.
Il partito comunista italiano era però quello che riceveva la quantità
di fondi più ingenti perché questo era il partito comunista più forte
d’Occidente ed era necessario nell’ottica di Mosca assicurargli un
costante sostegno per tenera aperta la possibilità di spostare l’Italia
dall’orbita del patto Atlantico a quella del patto di Varsavia.
Una eventualità che se fosse mai avvenuta avrebbe provocato non solo la
probabile fine della stessa NATO ma anche un probabile conflitto tra
Washington e Mosca che si contendevano un Paese fondamentale, allora
come oggi, per gli equilibri dell’Europa e del mondo.
Ed è in questa ottica che va vista la strategia della tensione ispirata
e attuata da ambienti atlantici per impedire che Roma si avvicinasse
troppo a Mosca.
Nell’ottica di questa strategia era necessario colpire la popolazione
civile attraverso gruppi terroristici, ad esempio le Brigate Rosse,
infiltrati da ambienti dell’intelligence americana per eseguire azioni
clamorose, su tutte il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro.
Il sangue versato dall’Italia nel dopoguerra per volontà del cosiddetto
stato profondo di Washington è stato versato per impedire all’Italia di
intraprendere un cammino politico che avrebbe potuto allontanarla troppo
dalla sfera di dominio Euro-Atlantica non tanto per approdare in quella
sovietica, ma piuttosto, secondo la visione di Moro, nel campo dei Paesi
non allineati né con un blocco né con l’altro.
Nel 1992 questo mondo era già crollato e non esisteva più la cosiddetta
minaccia sovietica. A Mosca regnava il caos. Una epoca era finita e
l’URSS era crollata non per via della sua struttura elefantiaca, come
pretende di far credere una certa vulgata atlantista, ma semplicemente
perché si era deciso di demolirla dall’interno.
La perestrojka, termine russo che sta per ristrutturazione, di cui l’ex
segretario del PCUS, Gorbachev, fu un convinto sostenitore fu ciò che
preparò il terreno alla caduta del blocco sovietico.
Gorbachev era ed è un personaggio molto vicino agli ambienti del
globalismo che contano e fu uno dei primi sovietici ad essere elogiato e
sostenuto dal gruppo Bilderberg che nel 1987 guarda con vivo interesse e
ammirazione alla sua apertura al mondo Occidentale.
Al Bilderberg c’è il gotha della società mondiale in ogni sua
derivazione politica, economica, finanziaria e ovviamente mediatica
senza la quale sarebbe stato impossibile perseguire i piani di questa
struttura paragovernativa internazionale.
Uno dei membri di spicco di questo club, David Rockefeller, ringraziò
calorosamente alcuni anni dopo gli esponenti della stampa mondiale,
soprattutto quella anglosassone, per aver taciuto le attività di questa
società segreta che senza il silenzio dei media non sarebbe mai riuscita
a portare avanti indisturbata i suoi piani.
Nella visione di questi ambienti, l’URSS, di cui, sia chiaro, non si ha
nostalgia, era comunque diventata ingombrante e doveva essere rimossa.
Il segretario del partito comunista, Gorbachev, attraverso le sue
“riforme” ebbe un ruolo del tutto fondamentale nell’ambito del
raggiungimento di questo obbiettivo.
I signori del Bilderberg avevano deciso che gli anni 90 avrebbero dovuto
essere gli anni della globalizzazione e della concentrazione di un
potere mai visto nelle mani della NATO che per poter avvenire doveva
passare dall’eliminazione del blocco opposto, quello dell’Unione
Sovietica.
Il crollo dell’URSS ebbe un impatto devastante sulla società
post-sovietica russa. Moltissimi dirigenti, 1746, si tolsero la vita. Un
numero di morti per suicidio che non trova probabilmente emuli nella
storia politica recente di nessun Paese.
Alcuni suicidi furono piuttosto anomali e si pensò che alcuni influenti
notabili di Mosca in realtà siano stati suicidati per non far trapelare
le verità scomode che sapevano riguardano ai finanziamenti del partito.
A Mosca era iniziato il grande saccheggio e le svendite di tutto quello
che era il patrimonio pubblico dello Stato.
L’URSS era uscita dall’era della proprietà collettivizzata per entrare
in quella del neoliberismo più feroce e selvaggio così come avvenne per
gli altri Paesi dell’Europa Orientale che furono messi all’asta e
comprati da corporation angloamericane.
Il procuratore russo Stepankov voleva far luce sulla enorme quantità di
soldi che era uscita dalle casse del partito. Voleva capire dove fosse
finito tutto questo denaro e come esso fosse stato speso.
Per fare questo, chiese assistenza all’Italia e il presidente Cossiga
girò questa richiesta di aiuto all’allora direttore generale degli
affari penali, Giovanni Falcone.
Falcone accettò con entusiasmo e ricevette a Roma nel suo ufficio il
procuratore Stepankov per avviare quella collaborazione, inedita dal
secondo dopoguerra in poi, tra l’Italia e la neonata federazione russa.
Al loro primo incontro, Falcone e Stepankov si piacciono subito.
Entrambi si riconoscono una integrità e una determinazione
indispensabili per degli inquirenti determinati a comprendere cosa fosse
accaduto con quella enorme quantità di denaro che aveva lasciato Mosca
per finire in Italia.
I fondi venivano stanziati in dollari e poi convertiti in lire ma per
poter completare questo passaggio era necessaria l’assistenza di
un’altra parte, che Falcone riteneva essere la mafia che in questo caso
avrebbe agito in stretto contatto con l’ex PCI.
I legami tra PCI e mafia non sono stati nemmeno sfiorati dai media
mainstream italiani. La sinistra progressista si è attribuita una sorta
di primato morale nella lotta alla mafia quando questa storia e questa
indagine rivelano invece una sua profonda contiguità con il fenomeno
mafioso.
L’indagine di Falcone rischiava di mandare a monte il piano di Mani
Pulite
Giovanni Falcone era determinato a fare luce su questi legami, ma non
fece in tempo. Una volta iniziata la sua collaborazione con Stepankov la
sua vita fu stroncata brutalmente nella strage di Capaci.
Era in programma un viaggio del magistrato nei primi giorni di giugno a
Mosca per continuare la collaborazione con Stepankov.
Il giudice si stava avvicinando ad una verità scabrosa che avrebbe
potuto travolgere l’allora PDS che aveva abbandonato la falce e martello
del partito comunista due anni prima nella svolta della Bolognina
inaugurata da Achille Occhetto.
Il PCI si stava tramutando in una versione del partito democratico
liberal progressista molto simile a quella del partito democratico
americano.
Il processo di conversione era già iniziato anni prima quando a
Washington iniziò a recarsi sempre più spesso Giorgio Napolitano che
divenne un interlocutore privilegiato degli ambienti che contano negli
Stati Uniti, soprattutto quelli sionisti e atlantisti.
A Washington avevano già deciso probabilmente in quegli anni che doveva
essere il nuovo partito post-comunista a trascinare l’Italia nel girone
infernale della globalizzazione.
Il 1992 fu molto di più che l’anno della caccia alle streghe
giudiziaria. Il 1992 fu una operazione internazionale decisa nei circoli
del potere anglo-sionista che aveva deciso di liberarsi di una classe
politica che, seppur con tutti i suoi limiti, aveva saputo in diverse
occasioni contenere l’atlantismo esasperato e aveva saputo esercitare la
sua sovranità come accaduto a Sigonella nel 1984 e come accaduto anche
con l’omicidio di Aldo Moro, che pagò con la vita la decisione di voler
rendere indipendente l’Italia dall’influenza di questi centri di potere
transnazionali.
Il copione era quindi già scritto. Il pool di Mani Pulite agì come un
cecchino. Tutti i partiti vennero travolti dalle inchieste giudiziarie e
tutti finirono sotto la gogna mediatica della pioggia di avvisi di
garanzia che in quel clima da linciaggio popolare equivalevano ad una
condanna anticipata.
Il PSI di Craxi fu distrutto così come la DC di Andreotti. Tutti vennero
colpiti ma le inchieste lasciarono, “casualmente”, intatto il PDS.
Eppure era abbastanza nota la corruzione delle cosiddette cooperative
rosse, così come era nota la corruttela che c’era nel partito comunista
italiano che riceveva fondi da una potenza straniera, allora nemica, e
poi li riciclava attraverso la probabile assistenza di organizzazioni
mafiose.
Questa era l’ipotesi investigativa alla quale stava lavorando Giovanni
Falcone e questa era la stessa ipotesi che subito dopo raccolse Paolo
Borsellino, suo fraterno amico e magistrato ucciso soltanto 55 giorni
dopo a via d’Amelio.
Mai la mafia era giunta a tanto, e non era giunta a tanto perché non era
nelle sue possibilità. C’è un unico filo rosso che lega queste due
stragi e questo filo rosso porta fuori dai confini nazionali.
Porta direttamente in quei centri di potere che avevano deciso che tutta
la ricchezza dell’industria pubblica italiana fosse smantellata per
essere portata in dote alla finanza anglosionista.
Questi stessi centri di potere globali avevano deciso anche che dovesse
essere il nuovo PDS a proseguire lo smantellamento dell’economia
italiana attraverso la sua adesione alla moneta unica.
E fu effettivamente così, salvo la parentesi berlusconiana del 94. Il
PDS portò l’Italia sul patibolo dell’euro e di Maastricht e privò della
sovranità monetaria il Paese agganciandola alla palla al piede della
moneta unica, arma della finanza internazionale.
E fu il turbare di questi equilibri che portò alla prematura morte dei
magistrati Falcone e Borsellino. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino
avevano messo le mani sui fili dell’alta tensione. Quelli di un potere
così forte che fa impallidire la mafia.
I due brillanti giudici sapevano che il fenomeno mafioso non poteva
essere compreso se non si guardava al piano superiore, che era quello
costituito dalla massoneria e dal potere finanziario.
Cosa Nostra e le altre organizzazioni sono solamente della manovalanza
di un potere senza volto molto più potente.
È questa la verità che non viene raccontata agli italiani che ogni anno
quando si celebrano queste stragi vengono sommersi da un fiume di
retorica o da una scadente cinematografia di regime che mai sfiora la
verità su quanto accaduto in quegli anni e mai sfiora il vero potere che
eseguì il colpo di Stato del 1992 e che insanguinò l’Italia nello stesso
anno.
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono due figure che vanno ricordate
non solo per il loro eroismo, ma per la loro ferma volontà e
determinazione nel fare il loro mestiere, anche se questo voleva dire
pagare con la propria vita.
Lo fecero fino in fondo sapendo di sfidare un potere enormemente più
forte di loro. Sapevano che in gioco c’erano equilibri internazionali e
destini decisi da uomini seduti nei consigli di amministrazione di
banche e corporation che erano i veri registi della mafia.
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino vanno ricordati perché sono due eroi
italiani che si sono opposti a ciò che il Nuovo Ordine Mondiale aveva
deciso per l’Italia e pur di farlo non hanno esitato a sacrificare la
loro vita.
Oggi, trent’anni dopo, sembra che stiano per chiudersi i conti con
quanto accaduto nel 1992 e l’Italia sembra più vicina all’avvio di una
nuova fase della sua storia, una nella quale potrebbe esserci la seria
possibilità di avere una sovranità e una indipendenza come non la si è
avuta dal 1945 in poi.
Autovelox mobili: la multa non è
valida se non sono segnalati
multe autovelox
La Cassazione ha confermato che anche gli autovelox posti sulle
pattuglie delle varie forze dell’ordine devono essere adeguatamente
segnalati.
Autovelox mobili: la multa non è valida se non sono segnalati
AUTOVELOX MOBILI - Subire una multa per eccesso di velocità non è
certamente piacevole, soprattutto perché questo comporta la necessità di
dover mettere mano al portafoglio per una spesa imprevista. Ci sono però
delle situazioni in cui la sanzione può essere ritenuta non valida e
quindi annullata, come indicata da una recente sentenza emessa dalla
Corte di Cassazione. Che ha così chiarito i dubbi su cosa può accadere
nel caso in cui l’autovelox presente in un tratto di strada non sia
opportunamente segnalato: l’obbligo è valido anche per gli autovelox
mobili montati sulle auto della polizia.
UNA LUNGA TRAFILA LEGALE - La vicenda trae origine da un’automobilista
di Feltre (Belluno) aveva subito sei anni fa una multa per eccesso di
velocità dopo essere stato sorpreso a 85 km/h in un tratto di strada in
cui il limite era invece di 70 m/h. Una pattuglia della polizia presente
sul posto dotata di autovelox Scout Speed aveva provveduto a
sanzionarlo. L’uomo era però convinto di avere subito un’ingiustizia e
aveva così deciso di fare ricorso. Alla fine, nonostante la trafila sia
stata particolarmente lunga, è stato proprio il conducente a vincere
fino ad arrivare alla sentenza della Cassazione emessa pochi giorni fa.
LA SENTENZA - Nella quale si legge: "In attuazione del generale obbligo
di preventiva e ben visibile segnalazione, contempla la possibilità di
installare sulle autovetture dotate del dispositivo Scout Speed messaggi
luminosi contenenti l'iscrizione “controllo velocità” o “rilevamento
della velocità”, visibili sia frontalmente che da tergo. Molteplici
possibilità di impiego e segnalazione sono correlate alle
caratteristiche della postazione, fissa o mobile, sicché non può dedursi
alcuna interferenza negativa che possa giustificare, avuto riguardo alle
caratteristiche tecniche della strumentazione impiegata nella postazione
di controllo mobile, l'esonero dall'obbligo della preventiva
segnalazione".
per non fare diventare l'ITALIA un'hotspot
europeo dell'immigrazione in quanto bisogna resistere come italiani nel
nostro paese dando agli immigrati un messaggio forte e chiaro : ogni
paese puo' svilupparsi basta impegnarsi per farlo con le risorse
disponibili e l'intelligenza , che significa adattamento nel superare le
difficolta'.
Inventarsi un lavoro invece che fare
l'elemosina.
Quanti miracoli ha fatto Maometto rispetto a
Gesu' ?
1)
esame d'italiano e storia italiana per gli immigrati
2)
lavori socialmente utili
3)
pulizia e cucina autonoma
3 gennaio 1917, Suor Lucia nel Terzo segreto di Fatima: Il sangue dei
martiri cristiani non smetterà mai di sgorgare per irrigare la terra e
far germogliare il seme del Vangelo. Scrive suor Lucia: “Dopo le
due parti che già ho esposto, abbiamo visto al lato sinistro di Nostra
Signora un poco più in alto un Angelo con una spada di fuoco nella mano
sinistra; scintillando emetteva grandi fiamme che sembrava dovessero
incendiare il mondo intero; ma si spegnevano al contatto dello splendore
che Nostra Signora emanava dalla sua mano destra verso di lui: l’Angelo
indicando la terra con la mano destra, con voce forte disse: Penitenza,
Penitenza, Penitenza! E vedemmo in una luce immensa che è Dio: “Qualcosa
di simile a come si vedono le persone in uno specchio quando vi passano
davanti” un Vescovo vestito di Bianco “abbiamo avuto il presentimento
che fosse il Santo Padre”. Vari altri vescovi, sacerdoti, religiosi e
religiose salire una montagna ripida, in cima alla quale c’era una
grande croce di tronchi grezzi come se fosse di sughero con la
corteccia; il Santo Padre, prima di arrivarvi, attraversò una grande
città mezza in rovina e mezzo tremulo con passo vacillante, afflitto di
dolore e di pena, pregava per le anime dei cadaveri che incontrava nel
suo cammino; giunto alla cima del monte, prostrato in ginocchio ai piedi
della grande croce venne ucciso da un gruppo di soldati che gli
spararono vari colpi di arma da fuoco e frecce, e allo stesso modo
morirono gli uni dopo gli altri i vescovi, sacerdoti, religiosi e
religiose e varie persone secolari, uomini e donne di varie classi e
posizioni. Sotto i due bracci della croce c’erano due Angeli ognuno con
un innaffiatoio di cristallo nella mano, nei quali raccoglievano il
sangue dei Martiri e con esso irrigavano le anime che si avvicinavano a
Dio”.interpretazione del
Terzo segreto di Fatima era già stata offerta dalla stessa Suor Lucia in
una lettera a Papa Wojtyla del 12 maggio 1982. In essa dice: «La
terza parte del segreto si riferisce alle parole di Nostra Signora: “Se
no [si ascolteranno le mie richieste la Russia] spargerà i suoi errori
per il mondo, promuovendo guerre e persecuzioni alla Chiesa. I buoni
saranno martirizzati, il Santo Padre avrà molto da soffrire, varie
nazioni saranno distrutte” (13-VII-1917). La terza parte del segreto è
una rivelazione simbolica, che si riferisce a questa parte del
Messaggio, condizionato dal fatto se accettiamo o no ciò che il
Messaggio stesso ci chiede: “Se accetteranno le mie richieste, la Russia
si convertirà e avranno pace; se no, spargerà i suoi errori per il
mondo, etc.”. Dal momento che non abbiamo tenuto conto di questo appello
del Messaggio, verifichiamo che esso si è compiuto, la Russia ha invaso
il mondo con i suoi errori. E se non constatiamo ancora la consumazione
completa del finale di questa profezia, vediamo che vi siamo incamminati
a poco a poco a larghi passi. Se non rinunciamo al cammino di peccato,
di odio, di vendetta, di ingiustizia violando i diritti della persona
umana, di immoralità e di violenza, etc. E non diciamo che è Dio che
così ci castiga; al contrario sono gli uomini che da se stessi si
preparano il castigo. Dio premurosamente ci avverte e chiama al buon
cammino, rispettando la libertà che ci ha dato; perciò gli uomini sono
responsabili».
Le storie
degli immigrati occupanti che cercano di farsi mantenere insieme alle
loro famiglie , non lavoro come gli immigrati italiani all'estero:
1) Mi
trovavo all'opedale per prenotare una visita delicata , mentre stato
parlando con l'infermiera, una donna mi disse di sbrigarmi : era di
colore.
2) Mi
trovavo in C,vittorio ang V.CARLO ALBERTO a Torino, stavo dando dei
soldi ad un bianco che suonava una fisarmonica accanto ai suoi pacchi,
arriva un nero in bici e me li chiede
3) Ero su un
bus turistico e' salito un nero ha spostato la roba che occupava i primi
posti e si e' messo lui
4) Ero in un
team di startup che doveva fare proposte a TIM usando strumenti della
stessa la minoranza mussulmana ha imposto di prima vedere gli strumenti
e poi fare le proposte: molto innovativo !
5) FINO A
QUANDO I MUSSULMANI NON ACCETTANO LA PARITA' UOMO DONNA , ANCHE SE LO
SCRIVE IL CORANO E' SBAGLIATO. E' INACCETTABILE QUESTO PRINCIPIO CHE CI
PORTA INDIETRO.
6) perche'
lITALIA deve accogliere tutti ? anche gli alberghi possono rifiutare
clienti .
7) Immigrazione ed economia sono
interconnesse in quanto spostano pil fuori dal paese.
8) Gli
extracomunitari ti entrano in casa senza chiedere permesso. Non solo
desiderano la roba d altri ma la prendono.
Forse il primo insegnamento sarebbe il rispetto della liberta' altrui.
09.01.19
Tutti i nulllafacenti immigrati Boeri dice che
ne abbiamo bisogno : per cosa ? per mantenerli ?
04.02.17l
L'ISIS secondo me sta facendo delle prove di
attentato con l'obiettivo del Vaticano con un attacco simultaneo da
terra con la tecnica dei camion e dal cielo con aerei come a NY
l'11.09.11.
Riforma sostenuta da una maggioranza
trasversale: «Non razzismo, ma realismo» Case Atc agli immigrati La
Regione Piemonte cambia le regole Gli attuali criteri per le
assegnazioni penalizzano gli italiani .
Screening pagato dalla Regione e affidato alle
Molinette Nel Centro di Settimo esami contro la Tbc “Controlli da marzo”
Tra i profughi in arrivo aumentano i casi di scabbia In sei mesi sono
state curate un migliaio di persone.
Il Piemonte è la quarta regione italiana per
numero di richiedenti asilo. E gli arrivi sono destinati ad aumentare.
L’assessora Cerutti: “Un sistema che da emergenza si sta trasformando in
strutturale”. Coinvolgere maggiormente i Comuni.In Piemonte ci sono
14.080 migranti e il flusso non accenna ad arrestarsi: nel primo mese
del 2017 sono già sbarcati in Italia 9.425 richiedenti asilo, in
confronto ai 6030 dello scorso anno e ai 3.813 del 2015. Insomma, serve
un piano. A illustrarlo è l’assessora all’Immigrazione della Regione
Monica Cerutti, che spiega come la rete di accoglienza in questi anni
sia radicalmente cambiata, trasformando il sistema «da emergenziale a
strutturale».
La Regione punta su formazione e compensazioni
mentre aumentano i riconoscimenti In Piemonte 14 mila migranti Solo 1200
nella rete dei Comuni A Una minoranza inserita in progetti di
accoglienza gestiti dagli enti locali umentano i riconoscimenti delle
commissioni prefettizie, meno rigide rispetto al passato prossimo: la
tendenza si è invertita, le domande accolte sono il 60% rispetto al 40%
dei rigetti. Non aumenta, invece, la disponibilità a progetti di
accoglienza e di integrazione da parte dei Comuni. Stando ai dati
aggiornati forniti dalla Regione, si rileva che rispetto ai 14 mila
migranti oggi presenti in Piemonte quelli inseriti nel sistema Sprar -
gestito direttamente dai Comuni - non superano i 1.200. Il resto lo
troviamo nelle strutture temporanee sotto controllo dalle Prefetture.
Per rendere l’idea, nella nostra regione i Comuni sono 1.2016. La
trincea dei Comuni Un bilancio che impensierisce la Regione, alle prese
con resistenze più o meno velate da parte degli enti locali: il
termometro di un malumore, o semplicemente di indifferenza, che impone
un lavoro capillare di convincimento. «Di accompagnamento, di
compensazione e prima ancora di informazione contro la disinformazione e
certe strumentalizzazioni politiche», - ha precisato l’assessora Monica
Cerutti riepilogando le azioni previste nel piano per regionale per
l’immigrazione. A stretto giro di posta è arrivata la risposta della
Lega Nord nella persona del consigliere regionale Alessandro Benvenuto:
«Non esistono paure da disinnescare ma necessità da soddisfare sia in
termini di sicurezza e controllo del territorio, sia dal punto di vista
degli investimenti. Il Piemonte ha di per sé ben poche risorse, che
andrebbero utilizzate per creare lavoro e risolvere i problemi che
attanagliano i piemontesi, prima di essere adoperate per far fare un
salto di qualità all’accoglienza». Progetti di accoglienza Tre i
progetti in campo: «Vesta» (ha come obiettivo il miglioramento dei
servizi pubblici che si relazionano con i cittadini di Paesi terzi),
“Petrarca” (si occupa di realizzare un piano regionale per la formazione
civico linguistica), “Piemonte contro le discriminazioni” (percorsi di
formazione e di inclusione volti a prevenire le discriminazioni).
Inoltre la Regione ha attivato con il Viminale un progetto per favorire
lo sviluppo delle economie locali sostenendo politiche pubbliche rivolte
ai giovani ivoriani e senegalesi. Più riconoscimenti Come si premetteva,
aumentano i riconoscimenti: 297 le domande accolte dalla Commissione di
Torino nel periodo ottobre-dicembre 2016 (status di rifugiato,
protezione sussidiaria e umanitaria); 210 i rigetti. In tutto i
convocati erano mille: gli altri o attendono o non si sono presentati. I
tempi della valutazione, invece, restano lunghi: un paio di anni,
considerando anche i ricorsi. Sul fronte dell’assistenza sanitaria e
della prevenzione, si pensa di replicare nel Centro di Castel D’Annone,
in provincia di Asti, lo screening contro la tubercolosi che dal marzo
sarà attivato al Centro Fenoglio di Settimo con il concorso di Regione,
Croce Rossa e Centro di Radiologia Mobile delle Molinette.
INTANTO :«Non sono ipotizzabili anticipazioni di
risorse» per l’asilo che Spina 3 attende dal 2009. La lunga attesa aveva
fatto protestare molti residenti e c’era chi già stava perdendo le
speranze. Ma in Circoscrizione 4, in risposta a un’interpellanza del
consigliere della Lega Carlo Morando, il Comune ha messo nero su bianco
che i fondi dei privati per permettere la costruzione dell’asilo non ci
sono. Quella di via Verolengo resta una promessa non rispettata. Con la
crisi immobiliare, la società Cinque Cerchi ha rinunciato a costruire
una parte dei palazzi e gli oneri di urbanizzazione versati, spiegò mesi
fa l’ex assessore Lorusso, erano andati per la costruzione del tunnel di
corso Mortara. Ad ottobre c’è stata una nuova riunione. L’esito è stata
la fumata nera da parte dei privati. «Sarà necessario che la
progettazione e la realizzazione dell’opera vengano curate direttamente
dalla Città di Torino», scrive il Comune nella sua risposta. Senza
specificare come e dove verranno reperiti i fondi necessari, né quando
si partirà.
20 gen 2011 -L'immigrazione"circolare"
è quella in cui i migranti, dopo un certo periodo di lavoro
all'estero, tornano nei loro Paesi d'origine. Un sistema più ...
Tutto è iniziato quando è stato chiuso il bar. I
60 stranieri che erano a bordo del traghetto Tirrenia diretto a Napoli
volevano continuare a bere. L’obiettivo era sbronzarsi e far scoppiare
il caos sulla nave. Lo hanno fatto ugualmente, trasformando il viaggio
in un incubo anche per gli altri 200 passeggeri. In mezzo al mare, nel
cuore della notte, è successo di tutto: litigi, urla, botte, un
tentativo di assalto al bancone chiuso, molestie ai danni di alcuni
viaggiatori e persino un’incursione tra le cuccette. La situazione è
tornata alla calma soltanto all’alba, poco prima dell’ormeggio, quando i
protagonisti di questa interminabile notte brava hanno visto che sulle
banchine del porto di Napoli erano già schierate le pattuglie della
polizia. Nella nave Janas partita da Cagliari lunedì sera dalla Sardegna
era stato imbarcato un gruppo di nordafricani che nei giorni scorsi
aveva ricevuto il decreto di espulsione. Una trentina di persone, alle
quali si sono aggiunti anche altri immigrati nordafricani. E così a
bordo è scoppiato il caos. Il personale di bordo ha provato a riportare
la calma ma la situazione è subito degenerata. Per ore la nave è stata
in balia dei sessanta scatenati. All’arrivo a Napoli, il traghetto è
stato bloccato dagli agenti della Questura di Napoli che per tutta la
giornata sono rimasti a bordo per identificare gli stranieri che hanno
scatenato il caos in mezzo al mare e per ricostruire bene l’episodio.
«Il viaggio del gruppo è stato effettuato secondo le procedure previste
dalla legge, implementate dalle autorità di sicurezza di Cagliari – si
limita a spiegare la Tirrenia - La compagnia, come sempre in questi
casi, ha destinato ai passeggeri stranieri un’area della nave, a
garanzia della sicurezza dei passeggeri, non essendo il gruppo
accompagnato dalle forze di polizia. Contrariamente a quanto
avvenuto in passato, il gruppo ha creato problemi a bordo per tensioni
al suo interno che poi si sono ripercosse sui passeggeri». A bordo del
traghetto gli agenti della questura di Napoli hanno lavorato per quasi
12 ore e hanno acquisito anche le telecamere della videosorveglianza
della nave. Nel frattempo sono scoppiate le polemiche. «I protagonisti
di questo caos non sono da scambiare con i profughi richiedenti asilo -
commenta il segretario del Sap di Cagliari, Luca Agati - La verità è che
con gli sbarchi dal Nord Africa, a cui stiamo assistendo anche in questi
giorni, arrivano poco di buono, giovani convinti di poter fare cio’ che
vogliono una volta ottenuto il foglio di espulsione, che di fatto è un
lasciapassare che garantisce loro la libertà di delinquere in Italia.
Cosa deve accadere per far comprendere che va trovata una soluzione
definitiva alla questione delle espulsioni?» In ostaggio per ore
Per ore la nave è stata in balia dei sessanta scatenati, che hanno
trasformato il viaggio in un incubo per gli altri 200 passeggeri
21.02.17
Istituto comprensivo Regio Parco La crisi spegne
la musica in classe Le famiglie non pagano la retta da 10 euro al mese:
a rischio il progetto lanciato da Abbado, mentre la Regione Piemonte
finanzia un progetto per insegnare ai bambini italiani la lingua degli
immigrati non viceversa.
Qui Foggia Gli sfollati di una palazzina
crollata nel 1999 vivono in container di appena 24 mq Qui Messina Nei
rioni Fondo Fucile e Camaro San Paolo le baracche aumentano di anno in
anno Donne e bambini Nei rioni nati dopo il sisma le case sono coperte
da tetti precari, spesso di Eternit Qui Lamezia Terme Oltre 400
calabresi di etnia rom vivono ai margini di una discarica a cielo aperto
Qui Brescia Nelle casette di San Polino le decine di famiglie abitano
prefabbricati fatiscenti Da Brescia a Foggia, da Lamezia a Messina.
Oltre 50 mila italiani vivono in abitazioni di fortuna. Tra amianto,
topi e rassegnazione Caterina ha 64 anni e tenacia da vendere. Con gli
occhi liquidi guarda il tetto di amianto sopra la sua testa: «Sono stata
operata due volte di tumore, è colpa di questo maledetto Eternit».
Indossa una vestaglia a righe bianche e blu. «Vivo qui da vent’anni.
D’estate si soffoca, d’inverno si gela, piove in casa e l’umidità bagna
i vestiti nei cassetti. Il dottore mi ha detto di andare via. Ma dove?».
In fondo alla strada abita Concetta, che tra topi e lamiere trova la
forza di sorridere: «A ogni campagna elettorale i politici ci promettono
case popolari, ma una volta eletti si dimenticano di noi. Sono certa che
morirò senza aver realizzato il mio sogno: un balcone dove stendere la
biancheria». Antonio invece no, lui non ride. Digrigna i denti rimasti:
«Gli altri li ho persi per colpa della rabbia. In due anni qui sono
diventato brutto, mi vergogno». Slum, favela, bidonville: Paese che vai,
emarginazione che trovi. Un essere umano su sei, nel mondo, vive in una
baraccopoli. In Italia sono almeno 53 mila le persone che, secondo
l’Istat, abitano nei cosiddetti «alloggi di altro tipo», diversi dalle
case. Cantine, roulotte, automobili e soprattutto baracche. Le storie di
questi cittadini invisibili (e italianissimi) sono raccontate nel
documentario «Baraccopolis» di Sergio Ramazzotti e Andrea Monzani,
prodotto da Parallelozero, in onda domenica sera alle 21,15 su Sky
Atlantic Hd per il ciclo «Il racconto del reale». Le baraccopoli sono
non luoghi popolati da un’umanità sconfitta e spesso rassegnata. Donne,
uomini, bambini, anziani. Vittime della crisi economica o di circostanze
avverse. Vivono in stamberghe all’interno di moderni ghetti al confine
con quella parte di città degna di questo nome. Di là dal muro la
civiltà. Da questo lato fango, calcinacci, muffa, immondizia, fogne a
cielo aperto. A Messina le abitazioni di fortuna risalgono ad oltre un
secolo fa, quando il terremoto del 1908 rase al suolo la città. Qui
l’emergenza è diventata quotidianità. Fondo Fucile, Giostra, Camaro San
Paolo. Eccoli i rioni del girone infernale dei diseredati. Legambiente
ha censito più di 3 mila baracche e altrettante famiglie. I topi,
invece, sono ben di più. A Lamezia Terme oltre 400 calabresi di etnia
rom vivono ai margini di una discarica. Tra loro c’è Cosimo, che
vorrebbe andare via: «Non per me, ma per mio figlio, ha subìto un
trapianto di fegato». A Foggia gli sfollati di una palazzina crollata
nel 1999 vivono nei container di 24 mq. Andrea abita invece nelle
casette di San Polino a Brescia, dove un prefabbricato fatiscente è
diventato la sua dimora forzata: «Facevo l’autotrasportatore. Dopo due
ictus ho perso patente e lavoro. I miei figli non sanno che abito qui.
Non mi è rimasto nulla, nemmeno la dignità». Sognando un balcone «Il mio
sogno? È un balcone dove stendere la biancheria», dice la signora
Caterina nIl documentario «Baraccopolis» di Sergio Ramazzotti e Andrea
Monzani, prodotto da Parallelozero, andrà in onda domani sera alle 21.15
su Sky Atlantic Hd per il ciclo «Il racconto del reale». Su Sky Atlantic
Il documentario 3 domande a Sergio Ramazzotti registra e fotografo “Così
ho immortalato la vita dentro quelle catapecchie” Chi sono gli abitanti
delle baraccopoli? «Sono cittadini italiani, spesso finiti lì per caso.
Magari dopo aver perso il lavoro o aver divorziato». Quali sono i tratti
comuni? «Chi finisce in una baracca attraversa fasi simili a quelle dei
malati di cancro. Prima lo stupore, poi la rabbia, il tentativo di
scendere a patti con la realtà, la depressione, infine la
rassegnazione». Cosa ci insegnano queste persone? «È destabilizzante
raccontare donne e uomini caduti in disgrazia con tanta rapidità. Sono
individui come noi. La verità è che può succedere a chiunque».
Baraccopolid’Italia
01.03.17
GLI ITALIANI AIUTANO più FACILMENTE GLI
EXTRACOMUNITARI RISPETTO AGLI ITALIANI.
SE VUOI SCRIVERTI UN BREVETTO CONSULTA dm.13.01.10
n33
La Commissione
europea, tre anni dopo aver condannato quattro tra le più grandi banche
europee per aver truccato il tasso di interesse che incide sui mutui di
milioni di cittadini europei, ha finalmente tolto il segreto al testo
della sentenza. E quel documento di trenta pagine potrebbe valere, solo
per gli italiani che hanno un mutuo sulle spalle, ben 16 miliardi di
euro di rimborsi da chiedere alle banche.
La storia parte
con la scoperta di un'intesa restrittiva della concorrenza, ovvero un
cartello, tra le principali banche europee. Lo scopo, secondo
l'Antitrust europeo, era di manipolare a proprio vantaggio il corso
dell'Euribor, il tasso di interesse che funge da riferimento per un
mercato di prodotti finanziari che vale 400mila miliardi di euro. Tra
questi ci sono i mutui di 2,5 milioni di italiani, per un controvalore
complessivo stimabile in oltre 200 miliardi. L'Euribor viene calcolato
giorno per giorno con un sondaggio telefonico tra 44 grandi banche
europee, che comunicano che tasso di interesse applicano in quel momento
per i prestiti tra banche. Il risultato del sondaggio viene comunicato
all'agenzia Thomson Reuters che poi comunica il valore dell'Euribor agli
operatori e al pubblico. L'Antitrust ha scoperto che alcune grandi
banche, tra il 2005 e il 2008, si erano messe d'accordo per falsare i
valori comunicati e manipolare il valore del tasso secondo la propria
convenienza. «Alcune volte, -recita la sentenza che il Giornale ha
potuto visionare- certi trader (omissis...) comunicavano e/o ricevevano
preferenze per un settaggio a valore costante, basso o alto di certi
valori Euribor. Queste preferenze andavano a dipendere dalle proprie
posizioni commerciali ed esposizioni»
Il risultato
ovviamente si è riflettuto sui mutui degli ignari cittadini di tutta
Europa, che però finora avevano le unghie spuntate. Un avvocato di
Sassari, Andrea Sorgentone, legato all'associazione Sos Utenti, ha
subissato la Commissione di ricorsi per farsi consegnare il testo della
sentenza dell'Antitrust che condanna Deutsche Bank, Société Genéralé,
Rbs e Barclay's a pagare in totale una multa di oltre un miliardo di
euro.
La Ue ha sempre
rifiutato adducendo problemi di riservatezza delle banche, ma alla fine
l'avvocato ha ottenuto una copia della sentenza, seppur in parte
«censurata». E ora il conto potrebbe salire. E non solo per quelle
direttamente coinvolte, perché il tasso alterato veniva applicato ai
mutui variabili da tutte le banche, anche le italiane, che ora
potrebbero dover pagare il conto dei trucchi di tedesche, francesi e
inglesi. Sorgentone si dice convinto di poter ottenere i risarcimenti:
«Secondo le stime più attendibili -dice- i mutuatari italiani hanno
pagato interessi per 30 miliardi, di cui 16 indebitamente. La sentenza
europea è vincolante per i giudici italiani. Ora devono solo
quantificare gli interessi che vanno restituiti in ogni rapporto mutuo,
leasing, apertura di credito a tasso variabile che ha avuto corso dal 1
settembre 2005 al 31 marzo 2009».
27.01.17
Come creare un meeting su
Zoom? In un
periodo in cui è richiesto dalla società il distanziamento sociale,
la nota app per le videoconferenze diventa uno strumento importante
per molte aziende e privati. Se partecipare a un meeting è un
processo estremamente semplice, che non richiede neppure la
registrazione al servizio, discorso diverso vale per gli utenti che
desiderano creare un meeting su Zoom.
Ecco dunque una semplice guida per semplificare
la vita a coloro che hanno intenzione di approcciare alla
piattaforma senza confondersi le idee.
Come si crea un meeting su Zoom
Dopo aver
scaricato e installato Zoom, e aver effettuato la registrazione,
si dovrà dunque effettuare l’accesso premendo Sign In
(è possibile loggare direttamente con il proprio account Google o
Facebook, comunque). A questo punto, bisogna procedere in questo
modo:
Fare tap su New Meeting
(pulsante arancione)
Scegliere se avviare il meeting con la
fotocamera accesa o spenta, tramite il toggle Video On
Premere Start a Meeting
A questo punto è stata creata la
videoconferenza, ma affinché venga avviata è necessario invitare i
partecipanti. Per proseguire sarà necessario quindi:
Fare tap su Participants
(nella parte in basso dello schermo)
Premere su Invite
Scegliere il mezzo attraverso cui
inviare il link di partecipazione ai mittenti (tramite e-mail o
messaggio, per esempio)
Una volta invitati gli utenti, chi ha creato
il meeting avrà la possibilità di fare tap su ognuno di essi per
utilizzare diverse funzioni: per esempio si potranno silenziare,
piuttosto che chiedergli di attivare la fotocamera, eccetera.
Facendo tap sul pulsante Chats
(in basso a sinistra dello schermo), inoltre, si potranno inviare
messaggi di testo a tutti i partecipanti o solo a uno di essi. Una
volta terminata la videoconferenza, la si potrà chiudere facendo tap
sulla scritta rossa End in alto a destra: si potrà
in ultimo scegliere se lasciare il meeting (Leave Meeting),
permettendo agli altri di continuare a interagire, o se scollegare
tutti (End Meeting).
Windows File Recovery
recupera i file cancellati per sbaglio
È la prima app di questo tipo
realizzata direttamente da Microsoft.
A tutti - beh, a quanti non hanno un
backup efficiente - sarà capitato di cancellare per errore un file,
non solo mettendolo nel Cestino, ma facendolo sparire apparentemente per
sempre.
Recuperare i
file cancellati ha tante più possibilità di riuscire quanto meno la
zona occupata da quei file è stata sovrascritta, ed è un lavoro per
software specializzati.
Fino a oggi, l'unica possibilità per i sistemi
Windows era scegliere programmi di terze parti. Ora Microsoft ha
rilasciato una piccola
utility che si occupa proprio del recupero dei file.
Si tratta di un programma privo di
interfaccia grafica: per adoperarlo bisogna quindi superare la
diffidenza per la linea di comando che alberga in molti utenti di
Windows.
L'utility ha tre modalità base di funzionamento.
Default, suggerita per i drive
Ntfs, si rivolge alla Master File Table (MFT) per individuare i
segmenti dei file. Segment fa a meno della MFT e si basa invece
sul rilevamento dei segmenti (che contengono informazioni come il nome,
la data, il tipo di file e via di seguito). Signature, infine, si
basa sul tipo di file: non avendo a disposizione altre informazioni,
cerca tutti i file di quel tipo (Microsoft consiglia questo sistema per
le unità esterne come chiavette Usb e schede SD).
Windows File Recovery è in grado di tentare il
recupero da diversi filesystem - quali Ntfs,
exFat e ReFS - e per apprendere il suo utilizzo Microsoft ha messo a
disposizione una
pagina d'aiuto (in inglese) sul sito ufficiale.
Qui sotto, alcune schermate di Windows File
Recovery.
Non si può dire che Windows 10 sia un
sistema operativo essenziale: ogni nuova installazione porta con sé,
insieme al sistema vero e proprio, tutta una serie di applicazioni che
per la maggior parte degli utenti si rivelano inutili, se non
fastidiose, senza contare le aggiunte dei singoli produttori di Pc.
Rimuoverle a mano una a una è un compito
tedioso, ma esiste una piccola applicazione che facilita l'intera
operazione:
Bloatbox.
Nata come estensione per
Spydish, app utile per gestire le informazioni condivise con
Microsoft da
Windows 10 e più in generale le impostazioni del sistema che
coinvolgono la privacy, è poi diventata un software a sé.
Il motivo è un po' la medesima
ragione di vita di Bloatbox: non rendere
Spydish troppo "grasso" (bloated), ossia ricco di funzioni
che, per quanto utili, vadano a incidere sulla possibilità di avere
un'applicazione compatta, efficiente e facile da usare.
Bloatbox si scarica da GitHub sotto forma di
archivio.zip da estrarre sul Pc. Una volta compiuta questa
operazione non resta altro da fare che cliccare due volte sul file
Bloatbox.exe per avviare l'app.
La
finestra principale mostra sulla sinistra una colonna in cui è
presente la lista di tutte le app installate in Windows, tra cui anche
quelle che normalmente non si possono disinstallare - come il Meteo,
Microsoft News e via di seguito - e quelle installate dal produttore del
computer.
Ciò che occorre fare è selezionare quelle app
che si intende rimuovere e, quando si è soddisfatti, premere il
pulsante, che le aggiungerà alla colonna di destra, dove si
trovano tutte le app condannate alla cancellazione.
A questo punto si può premere il pulsante
Uninstall, posto nella parte inferiore della
colonna centrale, e il processo di disinstallazione inizierà.
L'ultima versione al momento in cui scriviamo
mostra anche, nella colonna di destra di un pratico link per effettuare
una "pulizia
generale" di una nuova installazione di Windows 10, identificato
dalla dicitura Start fresh if your Windows 10 is loaded with bloat....
Cliccandolo, verranno aggiunte all'elenco di
eliminazione tutte le app preinstallate e considerate
bloatware. Chiaramente l'elenco
può essere personalizzato a piacere rimuovendo da esso le app che si
intende tenere tramite il pulsante Remove selected.
Il sito che installa tutte le
app essenziali per Windows 10
Bastano pochi clic per ottenere
un Pc perfettamente attrezzato, senza dover scaricare ogni singolo
software.
Reinstallare il sistema operativo è solo il primo passo, dopo un
incidente al Pc che abbia causato la necessità di ripartire da capo, tra
quelli necessari per arrivare a riavere un computer perfettamente
configurato e utilizzabile.
A quel punto inizia infatti il processo di configurazione e di
installazione di tutte quelle grandi e piccole applicazioni che svolgono
i vari compiti ai quali il computer è dedicato. Si tratta di
un'operazione che può essere lunga e tediosa e che sarebbe bello poter
automatizzare.
Una delle alternative migliori da tempo esistente è Ninite, sito che
permette di selezionare le app preferite e si occupa di scaricarle e
installarle in autonomia.
Da quando però Microsoft ha lanciato un proprio gestore di pacchetti
(Winget) sono spuntate delle alternative che a esso si appoggiano e,
dato che funziona da linea di comando, dette alternative si occupano di
fornire un'interfaccia grafica.
Una delle più interessanti è Winstall, che semplifica l'installazione
delle app dai repository messi a disposizione da Microsoft.
Winstall è una Progressive Web Application (Pwa), ossia un sito da
visitare con il proprio browser e che permette di scegliere le app da
installare sul computer; in questo senso, dal punto di vista dell'uso è
molto simile al già citato Ninite.
Diverso è però il funzionamento: se Ninite scarica i singoli installer
dei vari programmi, Winstall si appoggia a Winget, che quindi deve
essere preventivamente installato sul Pc.
Inoltre offre una propria funzionalità specifica, che il suo
sviluppatore ha battezzato Featured Pack.
Si tratta di gruppi di applicazioni unite da un tema o una funzionalità
comune (browser, strumenti di sviluppo, software per i giochi) che si
possono selezionare tutte insieme; Winstall si occupa quindi di generare
il codice da copiare nel Prompt dei Comandi per avviare l'installazione.
In alternativa si può scaricare un file .bat da eseguire, che si occupa
di invocare Winget per portare a termine il compito.
I Featured Pack sono infine personalizzabili: gli utenti sono invitati a
creare il proprio e a condividerlo.
Leggi l'articolo originale su ZEUS News -
https://www.zeusnews.it/n.php?c=28369
Cos’è e a cosa serve la pasta madre
La pasta madre è un lievito naturale che permette di preparare un ottimo
pane, ma anche pizze e focacce. Conosciuta anche come pasta acida, la
pasta madre è un impasto che può essere realizzato in diversi modi. Ad
esempio, la pasta madre si può ottenere prelevando un impasto del pane
da conservare grazie ai “rinfreschi”, oppure preparando un semplice
impasto di acqua e farina da lasciare a contatto con l’aria, così che si
arricchisca dei lieviti responsabili dei processi fermentativi che
consentono la lievitazione di pane e altri prodotti da forno.
Gli impasti preparati con la pasta madre hanno generalmente bisogno di
lievitare per diverse ore, ma il risultato ripaga dell’attesa: pane,
pizze e focacce risulteranno infatti più gonfi, più digeribili,
conservabili più a lungo e con un sapore decisamente migliore.
La pasta madre, inoltre, accresce il valore nutrizionale del pane e di
altri prodotti da forno. Negli impasti preparati con la pasta madre
diverse importanti sostanze rimangono intatte e, grazie alla
composizione chimica della pasta madre, il nostro organismo riesce ad
assimilare meglio i sali minerali presenti nelle farine.
I lieviti della pasta madre, poi, favoriscono la crescita di batteri
buoni nell’intestino, favorendo un buon equilibrio del microbiota e
migliorando così la digestione. È importante anche notare che il pane
preparato con lievito naturale possiede un indice glicemico inferiore
rispetto al pane realizzato con altri lieviti. Questo significa che
quando i carboidrati presenti nel pane vengono assimilati sotto forma di
glucosio, questo si riversa più lentamente nel flusso sanguigno,
evitando picchi glicemici.
Oltre a conferire al pane proprietà organolettiche e nutrizionali
migliori, la pasta madre presenta altri vantaggi. Grazie ai rinfreschi,
si può infatti avere a disposizione questo straordinario lievito
naturale a lungo; in più, la pasta madre può essere preparata con vari
tipi di farine, anche senza glutine.
La dieta senza glutine è l’unica terapia per le persone celiache e per
chi presenta sensibilità verso le proteine del frumento e in altri
cereali come orzo e farro. Inoltre, ridurre il consumo di glutine può
migliorare alcuni disturbi intestinali ed è consigliato anche a chi
vuole seguire un regime alimentare antinfiammatorio.
ATTENZIONE MOLTO
IMPORTANTE PER LA TUA SALUTE :
La tecnologia di riferimento
per le Cellule Tumorali Circolanti