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Dal Vangelo secondo Luca Lc 21,5-19
“In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». 
Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine». 
Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.
Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere.
Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. 
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».”

 

 

LA FRAGILITA' UMANA DIMOSTRA LA FORZA  E L'ESISTENZA DI DIO: le stesse variazioni climatiche e meteriologiche  imprevedibili dimostrano l'esistenza di DIO.

Che lo Spirito Santo porti buon senso e serenita' a tutti gli uomini di buona volonta' !

CRISTO RESUSCITA PER TUTTI GLI UOMINI DI VOLONTA' NON PER QUELLI DELLO SPRECO PER NUOVI STADI O SPONSORIZZAZIONI DI 35 MILIONI DI EURO PAGATI DALLE PAUSE NEGATE AGLI OPERAI ! La storia del ricco epulone non ha insegnato nulla perché chi e morto non può tornare per avvisare i parenti !  Mb 05.04.12; 29.03.13;

 

 

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Marco Bava ABELE: pennarello di DIO, abele, perseverante autodidatta con coraggio e fantasia , decisionista responsabile.

Sono quello che voi pensate io sia (20.11.13) per questo mi ostacolate.(08.11.16)

La giustizia non esiste se mi mettessero sotto sulle strisce pedonali, mi condannerebbero a pagare i danni all'auto.

(12.02.16)

TO.05.03.09

IL DISEGNO DI DIO A VOLTE SI RIVELA SOLO IN ALCUNI PUNTI. STA' ALLA FEDE CONGIUNGERLI

PADRE NOSTRO CHE SEI NEI CIELI SIA SANTIFICATO IL TUO NOME VENGA IL TUO REGNO, SIA FATTA LA TUA VOLONTÀ COME IN CIELO COSI IN TERRA , DAMMI OGGI  IL PANE E LA ACQUA QUOTIDIANI E LA POSSIBILITA' DI NON COMMETTERE ERRORI NEL CERCARE DI REALIZZARE NEL MIGLIOR MONDO POSSIBILE IL TUO VOLERE, LA PACE NEL MONDO, IL BENESSERE SOCIALE E LA COMUNIONE DI TUTTI I POPOLI. TU SEI GRANDE ED IO NON SONO CHE L'ULTIMO DEI TUOI SERVI E FIGLI.

TU SEI GRANDE ED IO NON SONO CHE L'ULTIMO DEI TUOI SERVI E DEI TUOI FIGLI .

SIGNORE IO NON CONOSCO I TUOI OBIETTIVI PER ME , FIDUCIOSO MI AFFIDO A TE.

Difendo il BENE contro il MALE che nell'uomo rappresenta la variabile "d" demonio per cui una decisione razionale puo' diventare irrazionale per questa ragione (12.02.16)

Non prendo la vita di punta faccio la volonta' di DIO ! (09.12.18)

La vita e' fatta da cose che si devono fare, non si possono non fare, anche se non si vorrebbero fare.(20.01.16)

Il mondo sta diventando una camera a gas a causa dei popoli che la riempiono per irresponsabilità politica (16.02.16)

I cervelli possono viaggiare su un unico livello o contemporaneamente su plurilivelli e' soggettivo. (19.02.17)

L'auto del futuro non sara' molto diversa da quella del presente . Ci sono auto che permarranno nel futuro con l'ennesima versione come : la PORSCHE 911, la PANDA, la GOLF perche' soddisfano esigenze del mercato che permangono . Per cui le auto cambieranno sotto la carrozzeria con motori ad idrogeno , e materiali innovativi. Sara' un auto migliore in termini di sicurezza, inquinamento , confort ma la forma non cambierà molto. INFATTI la Modulo di Pininfarina la Scarabeo o la Sibilo di Bertone possono essere confrontate con i prototipi del prossimo salone.(18.06.17)

La siccità e le alluvioni dimostrano l'esistenza di Dio nei confronti di uomini che invece che utilizzare risorse per cercare  inutilmente nuovi pianeti dove Dio non ha certo replicato l'esperienza negativa dell'uomo, dovrebbero curare l'unico pianeta che hanno a disposizione ed in cui rischiano di estinguersi . (31.10.!7)

L'Italia e' una Repubblica fondata sul calcio di cui la Juve e' il maggiore esponente con tutta la sua violenta prevaricazione (05.11.17)

La prepotenza della FIAT non ha limiti . (05.11.17)

I mussulmani ci comanderanno senza darci spiegazioni ne' liberta'.(09.11.17)

In Italia mancano i controlli sostanziali . (09.11.17)

Gli alimenti per animali sono senza controllo, probabilmente dannosi,  vengono utilizzati dai proprietari per comodita', come se l'animale fosse un oggetto a cui dedicare il tempo che si vuole, quando si vuole senza alcun rispetto ai loro veri bisogni  alimentari. (20.11.17)

Ho conosciuto l'avv.Guido Rossi e credo che la stampa degli editori suoi clienti lo abbia mitizzato ingiustificatamente . (20.11.17)

L'elicottero di Jaky e' targato I-TAIF. (20.11.17)

La Coop ha le agevolazioni di una cooperativa senza esserlo di fatto in quanto quando come socio ho partecipato alle assemblee per criticare il basso tasso d'interesse dato ai soci sono stato o picchiato o imbavagliato. (20.11.17)

Sono 40 anni che :

1 ) vedo bilanci diversi da quelli che vedo insegnati a scuola, fusioni e scissioni diverse da quelle che vengono richieste in un esame e mi vengono a dire che l'esame di stato da dottore commercilaista e' una cosa seria ?

2) faccio esposti e solo quello sul falso in bilancio della Fiat presentato da Borghezio al Parlamento sia andato avanti ?

 (21.11.17)

La Fornero ha firmato una riforma preparata da altri (MONTI-Europa sono i mandanti) (21.11.17)

Si puo' cambiare il modo di produrre non le fasi di produzione. (21.11,17)

La FIAT-FERRARI-EXOR si sono spostate in Olanda perche' i suoi amministratori abbiano i loro compensi direttamente all'estero . In particolare Marchionne ha la residenza fiscale in Sw (21.11.17)

La prova che e' il femore che si rompe prima della caduta e' che con altre cadute non si sono rotte ossa, (21.11.17)

Carlo DE BENEDETTI un grande finanziere che ha fallito come industriale in quanto nel 1993 aveva il SURFACE con il nome QUADERNO , con Passera non l'ha saputo produrre , ne' vendere ne' capire , ma siluro' i suoi creatori CARENA-FIGINI. (21.11.17)

Quando si dira' basta anche alle bufale finanziarie ? (21.11.17)

Per i consiglieri indipendenti l'indipendenza e' un premio per tutti gli altri e' un costo (11.12.17)

La maturita' del mercato finanziario e' inversamente proporzionale alla sottoscrizione dei bitcoin (18/12/17)

Chi risponde civilmente e penalmente se un'auto o un robot impazziscono ? (18/12/17)

Non e' la FIAT filogovernativa, ma sono i governi che sono filofiat consententogli di non pagare la exit-tax .(08.02.18) inoltre la FIAT secondo me ha fatto più danni all'ITALIA che benefici distruggendo la concorrenza della LANCIA , della Ferrari, che non ha mai capito , e della BUGATTI (13.02.18).

Infatti quando si comincia con il raddoppio del capitale senza capitale si finisce nella scissione

Tesi si laurea sull'assoluzione del sen.Giovanni Agnelli nel 1912 dal reato di agiotaggio : come Giovanni Agnelli da segretario della Fiat ne e' diventato il padrone :

https://1drv.ms/b/s!AlFGwCmLP76phBPq4SNNgwMGrRS4

 

Prima di educare i figli occorre educare i genitori (13.03.18)

Che senso ha credere in un profeta come Maometto che e'un profeta quando e' esistito  Gesu' che e' il figlio di DIO come provato  per ragioni storiche da almeno 4 testi che sono gli evangelisti ? Infatti i mussulmani  declassano Gesu' da figlio di DIO  a profeta perché riconoscono implicitamente l'assurdità' di credere in un profeta rispetto al figlio di DIO. E tutti gli usi mussulmani  rappresentano una palese involuzione sociale basata sulla prevaricazione per esempio sulle donne (19.03/18)

Il valore aggiunto per i consulenti finanziari e' solo per loro (23.03.18)

I medici lavorerebbero gratis ? quante operazioni non sono state fatte a chi non aveva i soldi per pagarle ? (26.03.18 )

lo sfregio delle auto di stato ibride con il motore acceso, deve finire con il loro passaggio alla polizia  con i loro autisti (19.03.18)

Se non si tassa il lavoro dei robot e' per la mancata autonomia in termini di liberta' di scelta e movimento e responsabilita' penale personale . Per cui le auto a guida autonoma diventano auto-killer. (26.04.18)

Quanto poco conti l'istruzione per l'Italia e' dimostrato dalla scelta DEI MINISTRI GELMINI FEDELI sono esempi drammatici anche se valorizzati dalla FONDAZIONE AGNELLI. (26.04.18) (27.08.18).

Credo che la lotta alla corruzione rappresenti sempre di piu' un fattore di coesione internazionale perche' anche i poteri forti si sono stufati di pagare tangenti (27/04/2018)

Non riusciamo neppure piu' a produrre la frutta ad alto valore aggiunto come i mirtilli....(27/04/2018)

Abbiamo un capitalismo sempre piu' egoista fatto da managers che pensano solo ad arraffare soldi pensando che il successo sia solo merito loro invece che di Dio e degli operai (27.04.18)

Le imprese dell'acqua e delle telecomunicazioni scaricano le loro inefficienze sull'utente (29.05.18)

Nel 2004 Umberto Agnelli, come presidente della FIAT,  chiese a Boschetti come amministratore delegato della FIAT AUTO di affidarmi lo sviluppo della nuova Stilo a cui chiesi di affiancare lo sviluppo anche del marchio ABARTH , 500 , A112, 127 . Chiesi a Montezemolo , come presidente Ferrari se mi lasciava utilizzare il prototipo di Giugiaro della Kubang che avrebbe dovuto  essere costruito con ALFA ROMEO per realizzare la nuova Stilo . Mi disse di si perche' non aveva i soldi per svilupparlo. Ma Morchio, amministratore delegato della FIAT, disse che non era accettabile che uno della Telecom si occupasse di auto in Fiat perche' non ce ne era bisogno. Peccato che la FIAT aveva fatto il 128 che si incendiava perche' gli ingegneri FIAT non avevano previsto una fascetta che stringesse il tubo della benzina all'ugello del carburatore. Infatti pochi mesi dopo MORCHIO  venne licenziato da Gabetti ed al suo posto arrivo' Marchionne a cui rifeci la proposta. Mi disse di aspettare una risposta entro 1 mese. Sono passati 14 anni ma nessuna risposta mi e' mai stata data da Marchionne, nel frattempo la Fiat-Lancia sono morte definitivamente il 01.06.18, e la Nissan Qashai venne presentata nel 2006 e rilancia la Nissan. Infatti dal 2004 ad oggi RENAULT-NISSAN sono diventati i primi produttori al mondo. FIAT-FCA NO ! Grazie a Marchionnne nonostante abbia copiato il suo piano industriale dal mio libro . Le auto Fiat dell'era CANTARELLA bruciavano le teste per raffredamento insufficente. Quella dell'era Marchionne hanno bruciato la Fiat. Il risultato del lavoro di MARCHIONNE e' la trasformazione del prodotto auto in prodotto finanziario, per cui le auto sono diventate tutte uguali e standardizzate. Ho trovato e trovo , NEI MIEI CONFRONTI, molta PREPOTENZA cattiveria ed incompetenza in FIAT. (19.12.18)

(   vedi :  https://1drv.ms/w/s!AlFGwCmLP76pg3LqWzaM8pmCWS9j ).

La differenza fra ROMITI MARCHIONNE e' che se uno la pensava diversamente da loro Romiti lo ascoltava, Marchionne lo cacciava anche se gli avesse detto che aumentando la pressione dei pneumatici si sarebbero ridotti i consumi.

FATTI NON PAROLE E FUMO BORSISTICO ! ALFA ROMEO 166 un successo nonostante i pochi mezzi utilizzati ma una richiesta mia precisa e condivisa da FIAT : GUIDA DIRETTA.  Che Marchionne non ha apprezzato come un attila che ha distrutto la storia automoblistica italiana su mandato di GIANLUIGI GABETTI (04.06.18).

Piero ANGELA : un disinformatore scientifico moderno in buona fede  su auto elettrica. auto killer ed inceneritore  (29.07.18)

Puoi anche prendere il potere ma se non lo sai gestire lo perdi come se non lo avessi mai avuto (01.08.18)

Ho provato la BMW i8 ed ho capito che la Ferrari e le sue concorrenti sono obsolete ! (20.08.18)

LA Philip Morris ha molti clienti e soci morti tra cui Marchionne che il 9 maggio scorso, aveva comprato un pacchetto di azioni per una spesa di 180mila dollari. Briciole, per uno dei manager più ricchi dell’industria automotive (ha un patrimonio stimato tra i 6-700 milioni di franchi svizzeri, cifra che lo fa rientrare tra i 300 elvetici più benestanti).E’ stato, però, anche l’ultimo “filing” depositato dal manager alla Sec, sul cui sito da sabato pomeriggio è impossible accedere al profilo del manager italo-canadese e a tutte le sue operazioni finanziarie rilevanti. Ed era anche un socio: 67mila azioni detenute per un investimento di 5,67 milioni di dollari (alla chiusura di Wall Street di venerdì 20 luglio 2018 ). E PROSSIMAMENTE  un'uomo Philip Morris uccidera' anche la FERRARI .   (20.08.18) (25.08.18)

verbali assemblee italiane azionisti EXOR :

https://1drv.ms/f/s!AlFGwCmLP76pg3Y3JmiDAW4z2DWx

verbali assemblee italiane azionisti FIAT :

https://1drv.ms/f/s!AlFGwCmLP76phApzYBZTNpkGlRkq

 

Prodi e' il peccato originale dell'economia italiana dal 1987 (regalo' l'ALFA ROMEO alla FIAT) ad oggi (25.08.18)

L'indipendenza della Magistratura e' un concetto teorico contraddetto dalle correnti anche politiche espresse nelle lottizzazioni delle associazioni magistrati che potrebbe influenzarne i comportamenti. (27.08.18)

Ho sempre vissuto solo con oppositori irresponsabili privi di osservazioni costruttive ed oggettive. (28.08.18)

Buono e cattivo fuori dalla scuola hanno un significato diverso e molto piu' grave perche' un uomo cattivo o buono possono fare il bene o il male con consaprvolezza che i bambini non hanno (20.10.18) 

Ma la TAV serve ai cittadini che la dovrebbero usare o a chi la costruisce con i nostri soldi ? PERCHE' ?

Un ruolo presidenziale divergente da quello di governo potrebbe porre le premesse per una Repubblica Presidenziale (11.11.2018)

La storia occorre vederla nella sua interezza la marcia dei 40.000 della Fiat come e' finita ? Con 40.000 licenziamenti e la Fiat in Olanda ! (19.11.18)

I SITAV dopo la marcia a Torino faranno quella su ROMA con costi doppi rispetto a quella francese sullo stesso percorso ? (09.12.18)

La storia politica di Fassino e' fatta dall'invito al voto positivo per la raduzione dei diritti dei lavoratori di Mirafiori. Si e' visto il risultato della lungimiranza di Fassino , (18.12.18)

Perche' sono investimenti usare risorse per spostare le pietre e rimetterle a posto per giustificare i salari e non lo sono il reddito di cittadinanza e quota 100 per le pensioni ? perche' gli 80 euro a chi lavora di Renzi vanno bene ed i 780 euro di Di Maio a chi non lavora ed e' in pensione non vanno bene ? (27.12.18)

Le auto si dividono in auto mozzarella che scadono ed auto vino che invecchiando aumentano di valore (28.12.18)

Fumare non e' un diritto ma un atto contro la propria salute ed i doveri verso la propria famiglia che dovrebbe avere come conseguenza la revoca dell'assistenza sanitaria nazionale ad personam (29.12.18)

Questo mondo e troppo cattivo per interessare altri esseri viventi (10.01.19)

Le ONG non hanno altro da fare che il taxi del mare in associazione per deliquere degli scafisti ? (11.02.19)

La giunta FASSINO era inutile, quella APPENDINO e' dannosa (12.07.19)

Quello che l'Appendino chiama freno a mano tirato e' la DEMOCRAZIA .(18.07.19)

La spesa pubblica finanzia le tangenti e quella sullo spazio le spese militari  (19.07.19)

AMAZON e FACEBOOK di fatto svolgono un controllo dei siti e forse delle persone per il Governo Americano ?

(09.08.19)

LA GRANDE MORIA DI STARTUP e causato dal mancato abbinamento con realta' solide (10.08.!9)

Il computer nella progettazione automobilistica ha tolto la personalizzazione ed innovazione. (17.08.19)

L' uomo deve gestire i computer non viceversa, per aumentare le sue potenzialita' non annullarle  (18.08.19)

LA FIAT a Torino ha fatto il babypaking a Mirafiori UNO DEI POSTI PIU' INQUINATI DI TORINO ! Non so se Jaky lo sappia , ma il suo isolamento non gli permette certo di saperlo ! (13.09.19)

Non potro' mai essere un buon politico perche' cerco di essere un passo avanti mentre il politico deve stare un passo indietro rispetto al presente. (04.10.19)

L'arretratezza produttiva dell'industria automobilistica e' dimostrata dal fatto che da anni non hanno mai risolto la reversibilità dei comandi di guida a dx.sx, che costa molto (09.10.19)

IL CSM tutela i Magistrati dalla legge o dai cittadini visti i casi di Edoardo AGNELLI  e Davide Rossi ? (10.10.19).

Le notizie false servono per fare sorgere il dubbio su quelle vere discreditandole (12.10.19)

L'illusione startup brucia liquidita' per progetti che hanno poco mercato. sottraendoli all'occupazione ed illude gli investitori di trovare delle scorciatoie al alto valore aggiunto (15.10.19)

Gli esseri umani soffrono spesso e volentieri della sindrome del camionista: ti senti piu' importante perche' sei in alto , ma prima o poi dovrai scendere e cedere il posto ad altri perche' nessun posto rimane libero (18.10.19)

Non e' logico che l'industria automobilistica invece di investire nelle propulsione ad emissione 0 lo faccia sulle auto a guida autonoma che brucia posti di lavoro. (22.10.19)

L'intelligenza artificiale non esiste perche' non e' creativa ma applicativa quindi rischia di essere uno strumento in mano ai dittatori, attraverso la massificazione pilotata delle idee, che da la sensazione di poter pensare ad una macchina al nostro posto per il bene nostro e per farci diventare deficienti come molti percorsi dei navigatori  (24.11.19)

Quando ci fanno domande per sapere la nostra opinione di consumatori ma sono interessati solo ai commenti positivi , fanno poco per migliorare (25.11.19)

La prova che la qualità della vita sta peggiorando e' che una volta la cessione del 5^ si faceva per evitare i pignoramenti , oggi lo si fa per vivere (27.11.19)

Per combattere l'evasione fiscale basta aumentare l'assistenza nella pre-compilazione e nel pagamento (29.11.19)

La famiglia e' come una barca che quando sbaglia rotta porta a sbattere tutti quanti (25.12.19)

Le tasse sull'inquinamento verranno scaricate sui consumatori , ma a chi governa e sa non importa (25.12.19)

Il calcio e l'oppio dei popoli (25.12.19)

La religione nasce come richiesta di aiuto da parte dei popoli , viene trasformata in un tentativo di strumento di controllo dei popoli (03.01.20)

L'auto a guida autonoma e' un diversivo per vendere auto vecchie ed inquinanoroti , ed il mercato l'ha capito (03.01.20)ttadini

Il vero potere della burocrazia e' quello di creare dei problemi ai cittadini anche se il cittadino paga i dipendente pubblico per risolvere dei problemi non per crearli.  Se per denunciare questi problemi vai fuori dal coro deve essere annientato. Per cui burocrazia=tangente (03.01.20)

Gli immigrati tengono fortemente alla loro etnina a cui non rinunciano , piu' saranno forti le etnie piu' queste  divideranno l'Italia sovrastando gli italiani imponendoci il modello africano . La mafia nigeriana e' solo un esempio. (05.01.20)

La sinistra e la lotta alla fame nel mondo sono chimere prima di tutto per chi ci deve credere come ragione di vita (07.01.20)

Credo di avere la risposta alla domanda cosa avrebbe fatto Eva se Adamo avesse detto di no a mangiare la mela ?  Si sarebbe arrabbiata. Anche oggi se non fai quello che vogliono le donne si mettono contro cercando di danneggiarti. (07.01.20)

Le sardine rappresenta l'evoluzione del buonismo Democristiano  e la sintesi fra Prodi e Renzi,  fuori fa ogni logica e senza una proposta concreta  (08.01.20)

Un cavallo di razza corre spontaneamente e nessuno puo' fermarlo. (09.01.20)

PD e M5S 2 stampelle non fanno neppure una gamba sana (22.01.20)

non riconoscere i propri errori significa sbagliare per sempre (12.04.20)

la vera ricchezza dei ricchi sono i figli dei poveri, una lotteria che pagano tutta la loro vita i figli ai genitori che credono di non avere nulla da perdere  ! (03.11.21)

GLI YESMEN SERVONO PER CONSENTIRE IL MANTENIMENTO E LO SVILUPPO E L'OCCULTAMENTO DEGLI INTERESSI OCCULTI DEL CAPITALISMO DISTRUTTIVO. (22.04.22)

DALL'INTOLLERANZA NASCE LA GUERRA (30.06.22)

L'ITALIA E' TERRA DI CONQUISTA PER LE BANDE INTERNE DEI PARTITI. (09.10.22)

La dimostrazione che non esista più il nazismo e' dimostrato dalla reazione europea contro Puntin che non ci fu subito contro Hitler (12.10.22)

Cara Meloni nulla giustifica una alleanza con la Mafia di Berlusconi (26.10.22)

I politici che non rappresentano nessuno a cosa servono ? (27.10.22)

Di chi sono Ambrosetti e Mckinsey ? Chi e' stato formato da loro ed ora e' al potere in ITALIA ?
Lo spunto e' la vicenda Macron . Quanti Macron ci sono in Italia ? E chi li controlla ? Mckinsey e' una P2 mondiale ?
Mb

Piero Angela ha valutato che lo sbarco sulla LUNA ancora oggi non e' gestibile in sicurezza ? (30.12.22)

Le leggi razziali = al Green Pass  (30.03.23)

Dopo 60 anni il danno del Vaiont dimostra il pericolo delle scelte scientifiche come il nucleare, giustificato solo dalle tangenti (10.10.23)

 

 

 

LA mia CONTROINFORMAZIONE ECONOMICA  e' CONTRO I GIOCHI DI POTERE,  perche' DIO ESISTE,  ANCHE SOLO per assurdo.

IL MONDO HA BISOGNO DI DIO MA NON LO SA, E' TALMENTE CATTIVO CHE IL BENE NON PUO' CHE ESISTERE FUORI DA QUESTO MONDO E DA QUESTA VITA !

PER QUESTO IL MIO MESTIERE E' CAMBIARE IL MONDO !

LA VIOLENZA DELLA DISOCCUPAZIONE CREA LA VIOLENZA DELLA RECESSIONE, con LICIO GELLI che potrebbe stare dietro a Berlusconi. 

IL GOVERNO DEGLI ANZIANI, com'e' LICIO GELLI,  IMPEDISCE IL CAMBIAMENTO perche' vetusto obsoleto e compromesso !

E' UN GIOCO AL MASSACRO dell'arroganza !

SE NON CI FOSSERO I SOLDATI NON CI SAREBBE LA GUERRA !

TU SEI UN SOLDATO ?

COMUNICAMI cio' pensi !

email

 

 

Riflessioni ....

Sopravvaluta sempre il tuo avversario , per poterlo vincere  .Mb  15.05.13

Torino 08.04.13

Il mio paese l'Italia non crede nella mia teoria economica del valore che definisce

1) ogni prodotto come composto da energia e lavoro:

Il costo dell'energia può tendere a 0 attraverso il fotovoltaico sui tetti. Per dare avvio la volano economico del fotovoltaico basta detassare per almeno 20 anni l'investimento, la produzione ed il consumo di energia fotovoltaica sui tetti.

2) liberalizzazione dei taxi collettivi al costo di 1 euro per corsa in modo tale da dare un lavoro a tutti quelli che hanno un 'auto da mantenere e non lo possono piu fare per mancanza di un lavoro; ed inoltre dare un servizio a tutti i cittadini.

3) tre sono gli obiettivi principali della politica : istruzione, sanita', cultura.

4) per la sanità occorre un centro acquisti nazionale  ed abolizione giorni pre-ricovero.

vedi PRESA DIRETTA 24.03.13

chi e' interessato mi scriva .

Suo. MARCO BAVA

 

I rapporti umani, sono tutti unici e temporanei:

  1. LA VITA E' : PREGHIERA, LAVORO E RISPARMIO.(02.02.10)
  2. Se non hai via di uscita, fermati..e dormici su. 
  3. E' PIU'  DIFFICILE  SAPER PERDERE CHE VINCERE ....
  4. Ciascun uomo vale in funzione delle proprie idee... e degli stimoli che trova dentro di se...
  5. Vorrei ricordare gli uomini piu' per quello che hanno fatto che per quello che avrebbero potuto fare !
  6. LA VERA UMILTA' NON SI DICHIARA  MA SI DIMOSTRA, AD ESEMPIO CONTINUANDO A STUDIARE....ANCHE SE PURTROPPO L'UNIVERSITÀ' E' FINE A SE STESSA.
  7. PIU' I MEZZI SONO POVERI X RAGGIUNGERE L'OBIETTIVO, PIU' E' CAPACE CHI LO RAGGIUNGE.
  8. L'UNICO LIMITE AL PEGGIO E' LA MORTE.
  9. MEGLIO NON ILLUDERE CHE DELUDERE.
  10. L'ITALIA , PER COLPA DI BERLUSCONI STA DIVENTANDO IL PAESE DEI BALOCCHI.
  11. IL PIL CRESCE SE SI RIFA' 3 VOLTE LO STESSO TAPPETINO D'ASFALTO, MA DI FATTO SIAMO TUTTI PIU' POVERI ALMENO 2 VOLTE.
  12. LA COSTITUZIONE DEI DIRITTI DELL'UOMO E QUELLA ITALIANA GARANTISCONO GIA' LA LIBERTA',  QUANDO TI DICONO L'OVVIETÀ'  CHE SEI LIBERO DI SCEGLIERE  E' PERCHE' TI VOGLIONO IMPORRE LE LORO IDEE. (RIFLESSIONE DEL 10.05.09 ALLA LETTERA DEL CARDINALE POLETTO FATTA LEGGERE NELLE CHIESE)
  13. la vita eterna non puo' che esistere in quanto quella terrena non e' che un continuo superamento di prove finalizzate alla morte per la vita eterna.
  14. SOLO ALLA FINE SI SA DOVE PORTA VERAMENTE UNA STRADA.
  15. QUANDO NON SI HANNO ARGOMENTI CONCRETI SI PASSA AI LUOGHI COMUNI.
  16. L'UOMO LA NOTTE CERCA DIO PER AVERE LA SERENITA' NOTTURNA (22.11.09)
  17. IL PRESENTE E' FIGLIO DEL PASSATO E GENERA IL FUTURO.(24.12.09)
  18. L'ESERCIZIO DEL POTERE E' PER DEFINIZIONE ANDARE CONTRO NATURA (07.01.10)
  19. L’AUTO ELETTRICA FA SOLO PERDERE TEMPO E DENARO PER ARRIVARE ALL’AUTO AD IDROGENO (12.02.10)
  20. BERLUSCONI FA LE PENTOLE MA NON I COPERCHI (17.03.10)
  21. GESU' COME FU' TRADITO DA GIUDA , OGGI LO E' DAI TUTTI I PEDOFILI (12.04.10)
  22. IL DISASTRO DELLA PIATTAFORMA PETROLIFERA USA COSA AVREBBE PROVOCATO SE FOSSE STATA UNA CENTRALE ATOMICA ? (10.05.10)
  23. Quante testate nucleari da smantellare dovranno essere saranno utilizzate per l'uranio delle future centrali nucleari italiane ?
  24. I POTERI FORTI DELLE LAUREE HONORIS CAUSA SONO FORTI  PER CHI LI RICONOSCE COME TALI. SE NON LI SI RICONOSCE COME FORTI SAREBBERO INESISTENTI.(15.05.10)

  25. L'ostensione della Sacra Sindone non puo' essere ne' temporanea in quanto la presenza di Gesu' non lo e' , ne' riservata per i ricchi in quanto "e' piu' facile che in cammello passi per la cruna di un ago ..."

  26. sapere x capire (15.10.11)

  27. la patrimoniale e' una 3^ tassazione (redditi, iva, patrimoniale) (16.10.11)

  28. SE LE FORZE DELL'ORDINE INTERVENISSERO DI PIU'PER CAUSE APPARENTEMENTE BANALI CI SAREBBE MENO CONTENZIOSO: CHIAMATO IL 117  PER UN PROBLEMA BANALE MI HA RISPOSTO : GLI FACCIA CAUSA ! (02.04.17)

  29. GRAN PARTE DEI PROFESSORI UNIVERSITARI SONO TRA LE MENTI PIU' FRAGILI ED ARROGANTI , NON ACCETTANO IL CONFRONTO E SI SENTONO SPIAZZATI DIVENTANO ISTERICI ( DOPO INCONTRO CON MARIO DEAGLIO E PIETRO TERNA) (28.02.17)

  30. Spesso chi compera auto FIAT lo fa solo per gratificarsi con un'auto nuova, e basta (04.11.16)

  31. Gli immigrati per protesta nei centri di assistenza li bruciano e noi dobbiamo ricostruirglieli  affinché  li redistruggono? (18.10.20)

  32. Abbiamo più rispetto per le cose che per le persone .29.08.21

  33. Le ragioni  per cui Caino ha ucciso Abele permangono nei conflitti umani come le guerre(24.11.2022)

  34. Quelli che vogliono l'intelligenza artificiale sanno che e' quella delle risposte autmatiche telefoniche? (24.11.22)

     

     

     

     

     

L'obiettivo di questo sito e una critica costruttiva  PER migliorare IL Mondo .

  1. PACE NEL MONDO
  2. BENESSERE SOCIALE
  3. COMUNIONE DI TUTTI I POPOLI.
  4. LA DEMOCRAZIA AZIENDALE

 

L'ASSURDITÀ' DI QUESTO MONDO , E' LA PROVA CHE LA NOSTRA VITA E' TEMPORANEA , OLTRE ALLA TESTIMONIANZA DI GESU'. 15.06.09

 

DIO CON I PESI CI DA ANCHE LA FORZA PER SOPPORTALI, ANCHE SE QUALCUNO VORREBBE FARMI FARE LA FINE DI GIOVANNI IL BATTISTA (24.06.09)

 

IL BAVAGLIO della Fiat nei miei confronti:

 

IN DATA ODIERNA HO RICEVUTO: Nell'interesse di Fiat spa e delle Societa' del gruppo, vengo informato che l'avv.Anfora sta monitorando con attenzione questo sito. Secondo lo stesso sono contenuti in esso cotenuti offensivi e diffamatori verso Fiat ed i suoi amministratori. Fatte salve iniziative autonome anche davanti all'Autorita' giudiziaria, vengo diffidato dal proseguire in tale attivita' illegale"
Ho aderito alla richiesta dell'avv.Anfora, veicolata dal mio hosting, ricordando ad entrambi le mie tutele costituzionali ex art.21 della Costituzione, per tutelare le quali mi riservo iniziative esclusive dinnanzi alla Autorita' giudiziaria COMPETENTE.
Marco BAVA 10.06.09

 

TEMI SUL TAVOLO IN QUESTO MOMENTO:

 

IL TRIBUNALE DI  TORINO E LA CONSOB NON MI GARANTISCONO LA TUTELA DEL'ART.47 DELLA COSTITUZIONE

Oggi si e' tenuta l'assemblea degli azionisti Seat tante bugie dagli amministratori, i revisori ed il collegio sindacale, tanto per la Consob ed il Tribunale di Torino i miei diritti come azionista di minoranza non sono da salvaguardare e la digos mi puo' impedire il voto come e quando vuole, basta leggere la sentenza SENT.FIAT Mb

 

08.03.16

 

TEMI STORICI :

 

VIDEO DELLA TRASMISSIONE TV
Storie italiane
Puntata del 19/11/2019

SULLA MORTE DI EDOARDO AGNELLI

https://www.raiplay.it/video/2019/11/storie-italiane-504278c4-8e8c-4b79-becc-87d5c7a67be6.html

 

10° Convegno
 
La grafopatologia in ambito giudiziario
L’applicazione della grafologia in criminologia, nelle malattie neurologiche e psichiatriche nel contesto giudiziario
 
Roma, 7 Dicembre 2019
 
Auditorium Facoltà Teologica “S. Bonaventura”
Via del Serafico 1 - Roma

 
alle ore 17,50
 
Vincenzo Tarantino
Gino Saladini
 
Elio Carlos Tarantino Mendoza Garofani
Grafologo giudiziario, esperto in fotografia forenseGiornalista, Criminologo
 
Il “suicidio” di Edoardo Agnelli: aspetti medico-legali criminologici e grafopatologici.

 

Edoardo Agnelli è stato ucciso?" - Guarda il video

I VIDEO DELLE PRESENTAZIONI GIA' FATTE LI TROVI SOTTO

LA PARTE DEDICATA AD EDOARDO AGNELLI SU QUESTO SITO

 PERCHE' TORINO HA PAURA DI CONOSCERE LA VERITA' SULLA MORTE DI EDOARDO AGNELLI ?

Il prof.Mario DE AGLIO alcuni anni fa scrisse un articolo citando il "suicidio" di EDOARDO AGNELLI.  Gli feci presente che dai documenti ufficiali in mio possesso il suicidio sarebbe stato incredibile offrendogli di esaminare tali documenti. Quando le feci lui disconobbe in un modo nervoso ed ingiustificato : era l'intero fascicolo delle indagini.

A Torino molti hanno avuto la stessa reazione senza aver visto ciò che ha visto Mario DE AGLIO ma gli altri non parlano del "suicidio" di Edoardo AGNELLI ma semplicemente della suo morte.

Mb

02.04.17

 

 

grazie a Dio , non certo a Jaky,  continua la ricerca della verità sull'omicidio di Edoardo Agnelli , iniziata con i libri di Puppo e Bernardini, il servizio de LA 7, e gli articoli di Visto,  ora il Corriere e Rai 2 , infine OGGI e Spio , continuano un percorso che con l'aiuto di Dio portera' prima di quanti molti pensino alla verita'. Mb -01.10.10

 

LIBRI SULL’OMICIDIO DI EDOARDO AGNELLI

www.detsortelam.dk

www.facebook.com/people/Magnus-Erik-Scherman/716268208

 

ANTONIO PARISI -I MISTERI DEGLI AGNELLI - EDIT-ALIBERTI-

 

CRONACA | giovedì 10 novembre 2011, 18:00

Continua la saga della famiglia ne "I misteri di Casa Agnelli".

Il giornalista Antonio Parisi, esce con l'ultimo pamphlet sulla famiglia più importante d'Italia, proponendo una serie di curiosità ed informazioni inedite

 Per dieci anni è stato lasciato credere che su Edoardo Agnelli, precipitato da un cavalcavia di ottanta metri, a Fossano, sull'Autostrada Torino - Savona, fosse stata svolta una regolare autopsia.

Anonime “fonti investigative” tentarono in più occasioni di screditare il giornalista Antonio Parisi che raccontava un’altra versione. Eppure non era vero, perché nessuna autopsia fu mai fatta.

Ora  Parisi, nostro collaboratore, tenta di ricostruire ciò che accadde quel giorno in un’inchiesta tagliente e inquietante, pubblicando nel libro “I Misteri di Casa Agnelli”, per la prima volta documenti ufficiali, verbali e rapporti, ma anche raccogliendo testimonianze preziose e che Panorama di questa settimana presenta.

Perché la verità è che sulla morte, ma anche sulla vita, dell’uomo destinato a ereditare il più grande capitale industriale italiano, si intrecciano ancora tanti misteri. Non gli unici però che riguardano la famiglia Agnelli.

Passando dalla fondazione della Fiat, all’acquisizione del quotidiano “La Stampa”, dalla scomparsa precoce dei rampolli al suicidio in una clinica psichiatrica di Giorgio Agnelli (fratello minore dell’Avvocato), dallo scandalo di Lapo Elkann, fino alla lite giudiziaria tra gli eredi, Antonio Parisi sviscera i retroscena di una dinastia che, nel bene o nel male, ha dominato la scena del Novecento italiano assai più di politici e governanti.

Il volume edito per "I Tipi", di Aliberti Editore, presenta sia nel testo che nelle vastissime note, una miniera di gustose e di introvabili notizie sulla dinastia industriale più importante d’Italia.

 

 

Mondo AGNELLI :

Cari amici,

Grazie mille per vostro aiuto con la stesura di mio libro. Sono contenta che questa storia di Fiat e Chrysler ha visto luce. Il libro e’ uscito la settimana scorsa, in inglese. Intanto e’ disponibile a Milano nella librerie Hoepli e EGEA; sto lavorando con la distribuzione per farlo andare in piu’ librerie possibile. E sto ancora cercando la casa editrice in Italia. Intanto vi invio dei link, spero per la gioia in particolare dei torinesi (dov’e’ stato girato il video in You Tube. )

http://www.youtube.com/watch?v=QLnbFthE5l0

Thanks again,

Jennifer

Un libro che riporta palesi falsita' sulla morte di Edoardo Agnelli come quella su una foto inesistente con Edoardo su un ponte fatta da non si sa chi recapitata da ignoto ad ignoti. Se fosse esistita sarebbe stata nel fascicolo dell'inchiesta. Intanto anche grazie a queste salsita' il prezzo del libro passa da 15 a 19 euro! www.marcobava.it

SE VUOI COMPERARE IL LIBRO SUL SUICIDIO SOSPETTO DI EDOARDO AGNELLI A 10 euro manda email all'editore (info@edizionikoine.it)  indicando che hai letto questo prezzo su questo sito , indicando il tuo nome cognome indirizzo codice fiscale , il libro ti verrà inviato per contrassegno che pagherai alla consegna. 
NON DIMENTICARE CHE:

Le informazioni contenute in questo sito provengono
da fonti che MARCO BAVA ritiene affidabili. Ciononostante ogni lettore deve
considerarsi responsabile per i rischi dei propri investimenti
e per l'uso che fa di queste di queste informazioni
QUESTO SITO non deve in nessun caso essere letto
come fonte di specifici ed individualizzati consigli sulle
borse o sui mercati finanziari. Le nozioni e le opinioni qui
contenute in sono fornite come un servizio di
pura informazione.

Ognuno di voi puo' essere in grado di valutare quale livello di
rischio sia personalmente piu' appropriato.


MARCO BAVA

 

 

  ENRICO CUCCIA ----------MARCO BAVA

 

SITI SOCIETARI

 

Ø     http://www.aedesgroup.com

Ø     http://www.bancaprofilo.it

Ø     http://www.ngpspa.com

Ø     http://www.centralelatte.torino.it

Ø     http://www.a2a.eu

Ø     https://www.enelgreenpower.com

Ø     http://www.gabettigroup.com

Ø     http://www.mef.it/it/index.html montefibre

Ø     http://www.gruppozucchi.com

M&C SITO :  http://www.mecinv.com/

 

 

 

www.taxjustice.net ; www.fanpage.it

www.ecobiocontrol.bio

www.andreagiacobino.com

 

 

http://www.matrasport.dk/Cars/Avantime/avantime-index.html

 

 

Auto e Moto d’Epoca 2013

 

- Nuovo sistema tutela auto e moto d'epoca;
- 
Veicoli d'interesse storico, la fiscalità e il redditometro;
- 
Norme per la circolazione dei veicoli storici;
- 
Veicoli d'interesse storico e collezionistico: circolazione e fiscalità 

 

 

 

http://delittodiusura.blogspot.it/2011/12/rete-antiusura-onlus.html

http://www.vitalowcost.it

http://www.terzasettimana.org

 www.attactorino.org SITO SOCIALE TORINESE

 

 

 

 http://www.giurisprudenzadelleimprese.it/

 

http://www.avvocatitelematici.to.it/

 

http://www.uibm.gov.it/

 

http://www.obiettivonews.it/

 

http://www.penalecontemporaneo.it

 

http://controsservatoriovalsusa.org/

 

http://www.borsaitaliana.it/borsa/notizie/price-sensitive/home.html?lang=it

 

http://www.societaquotate.com/

 

 

 

http://smarthyworld.com/renault.html

http://www.turbo.fr/renault/renault-avantime/photos-auto/

http://avantimeitalia.forumattivo.it/

http://it.wikipedia.org/wiki/PSA_ES_e_Renault_L7X

http://www.avantime-club.eu/

http://www.centropestelli.it/  scuola di giornalismo torinese

www.foia.it x la trasparenza

http://www.lingottoierieoggi.com la storia del lingotto

www.ipetitions.com PETIZIONI

http://www.casa.governo.it GUIDA AGEVOLAZIONI CASA

http://www.comune.torino.it/ambiente/bm~doc/report-siti-procedimenti-di-bonifica_informambiente.pdf AREE EX SITI INDUSTRIALI TORINESI DA BONIFICARE

 

 

 

 

 

ULTIMO AGGIORNAMENTO 05/12/2023 02.04.52

 

IL 07.12.23 SI TERRA ALLA LIBRERIA FELTRINELLI P.ZA CLN TORINO ALLE ORE 18 LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI ANTONIO PARISI GLI AGNELLI SULL'OMICIDIO DI EDOARDO AGNELLI :

https://youtu.be/_DJONMxixO8?si=rKoapPc2-8JtHha8

https://youtu.be/B05tTBK-w0E?si=O5XxvZFIr61tYU7w

https://www.youtube.com/watch?v=t0OrCSg1IZc

https://www.youtube.com/watch?v=Mhi-IY_dfr4

 

Controlla se scrivo bufale su https://www.poynter.org/

CONTROLLO SICUREZZA EMAIL : https://haveibeenpwned.com/

POTETE 

SCARICARE

LA VERITA' SULLA FIAT E LA FAMIGLIA AGNELLI PERCHÉ QUELLA CHE FINORA E' STATA PRESENTATA NON E' LA VERITA':

  1. GABETTI, GRANDE STEVENS, DONNA MARELLA, MARCHIONNE E JAKY HANNO SFASCIATO TUTTO.

  2. L'AVVOCATO ED UMBERTO NON HANNO CAPITO I DANNI CHE POTEVANO CAUSARE ED HANNO CAUSATO GABETTI GRANDE STEVENS E DONNA MARELLA.

  3. GABETTI CON MARCHIONNE e DONNA MARELLA CON JAKY hanno ucciso la FIAT.

LE LETTERE DI EDOARDO AGNELLI

BOSSI PRODI DE BENEDETI GIANNI AGNELLI SCALFARI 1 SCALFARI 2 PANELLA GIANNI AGNELLI 2

ORIGINALI CUSTODITI DALLA BIBLIOTECA DI SETTIMO TORINESE  LETTERA SETT.T

SE VUOI AVERE UNA COPIA  DELLE LETTERE DI EDOARDO AGNELLI  :

 https://1drv.ms/f/s!AlFGwCmLP76pgSdXDIwzmDgGSLkE

 

COMODATO EA COMODATO D'USO DI VILLA SOLE DOVE VIVEVA EDOARDO AGNELLI

DOCUMENTi SULLA DICEMBRE SOCIETA' SEMPLICE CHE CONTROLLA JUVE, FERRARI, STELLANTIS

DICEMBRE 2021

DICEMBRE 1984

il mio libro sui Piani INDUSTRIALI

Libro Mb

LA MIA TESI DI LAUREA IN GIURISPRUDENZA SUL PROCESSO AL SENATORE AGNELLI  PER AGIOTAGGIO

CON SENTENZA NEL 1912

TESI SEN AGNELLI

 

VEDETE  COME LAVORA UIBM

CACAO&MIELE\7228-REG-1547819845775-rapp di ricerca.pdf

 

IL 24.10.23 E' PASSATO AL SENATO CON LA SOLA OPPOSIZIONE DEL M5S L'ART.11  AER.11 DEL dl 674/23 per consentire IL RAPPRESENTANTE UNICO IN ASSEMBLEA.art.12 dl 674/23

 

POTETE LEGGERE IL RESOCONTO STENOGRAFICO resoconto

Questa norma e' anticostituzionale perche' viola gli art.3 e 47 della Costituzione e alla direttiva Shareholders Right.

La figura che hanno fatto i politici la potete leggere nel resoconto stenografico RESOC GIUSTIFICA L'ANNULLAMENTO DEL VOTO A  TUTTE LE PROSSIME ELEZIONI.

Di fatto questo provvedimento non scaturisce quindi dai politici ma dalle società quotate, che quindi ne giustifica l'uscita da parte dei soci delle società che introdurranno nello statuto il rappresentante unico nelle assemblee con il voto di Trevisan & C. e dai fondi che investono in tali società quotate.

Tanto c'e' BBVA che ci offre il 4% sicuro a vista !

Capiro' i mandanti dei politici in funzione da chi introdurrà nello statuto il divieto di partecipare alle assemblee che grazie all'emendamento del Pd votera' solo Trevisan & C.

Leggere per credere ! STEN

Nella quasi totale assenza di voci critiche, l'introduzione del voto maggiorato a Piazza Affari porterà a minore democratizzazione, minore
contendibilità delle aziende e, in ultima analisi, minore competitività delle nostre società
Con il ddl competitività appena approvato dal Senato si sta consumando una vera e propria controrivoluzione nel sistema finanziario italiano.
Nella quasi totale assenza di voci critiche, si sta superando il principio un’azione-un voto (one share-one vote): le società quotate in Borsa
potranno stabilire che le azioni detenute stabilmente dagli azionisti per ventiquattro mesi dispongano di due voti anziché uno (voto
maggiorato), la possibilità potrà essere estesa a una maggiorazione di un ulteriore voto per ogni ulteriore anno di possesso continuativo fino a
un massimo di dieci voti. Uno dei pochi emendamenti al DDL Capitali accolti dalla Commissione Finanze riguarda l’estensione agli emittenti MTF (art. 135-
undecies.1, TUF), previa modifica dello statuto, della facoltà di disporre che l’intervento e l’esercizio del diritto di voto in assemblea
avvenga unicamente tramite rappresentante designato a cui potranno essere conferite anche deleghe o sub-deleghe ex art. 135-novies,
TUF.
Va segnalata anche la proroga delle disposizioni emergenziali di cui all’articolo 106, comma 7, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, sino al 31 dicembre 2024 (assemblea con la partecipazione del solo rappresentante designato ed esclusivamente in tele/video conferenza).
Potenziamento voto plurimo.

La riforma fiscale e' solo sulla carta io ho chiesto l'applicazione dell'art.20 del dl.111/23 e non me lo hanno consentito . Inoltre con l'approvazione dell'art.11 del dl.674/23 si viola l'art.47 della Costituzione perche' non consente piu' a chi ha investito nelle societa' di partecipare alle assemblee degli azionisti. Solo M5S ha votato contro per cui lo voterò alle prossime elezioni.

 

 

05.12.23
  1. INNESCO:  Operaio spara in aria e mette in fuga i ladri Denunciato, si difende: "Ho avuto paura"
    Un operaio trentacinquenne di Monasterolo di Cafasse, nel Torinese, è stato denunciato dai carabinieri perché, la notte tra domenica e lunedì, ha sparato quattro colpi di pistola in aria per mettere in fuga i ladri. I malviventi stavano tentando di entrare nella sua casa, dopo essersi arrampicati sul tetto dell'abitazione. L'uomo, che è incensurato, agli investigatori lo ha ammesso: «Avevo paura per la mia famiglia, ecco perché ho aperto il fuoco». Dopo l'esplosione dei colpi, i ladri sono fuggiti. L'operaio invece, ieri mattina, è andato in caserma per sporgere la denuncia di tentato furto. All'uomo i militari hanno sequestrato l'arma e lo hanno denunciato per esplosioni pericolose.
  2. PARTE LA SLAVINA : Per dirla con le sue parole, la questione è semplice: «Più che la condanna, mi pesa il fatto che la giustizia non sia stata dalla mia parte. Diciassette anni mi hanno dato. E certo che è una condanna pesante. Ma lo sa perché mi hanno dato 17 anni?».
    Perché ha ammazzato due persone.
    «Perché i giudici non hanno voluto ascoltare le mie ragioni fino in fondo. Ed è questo ciò che più mi pesa. Complimenti ai magistrati». Dopo la sentenza, si è sfogato: «È una follia, viva la delinquenza, viva la criminalità».
    Apre il cancello alle 17. E già nevischia sulle colline del barolo. Lui, Mario Roggero, 69 anni, il gioielliere di Grinzane Cavour, "il pistolero" come l'hanno chiamato subito dopo quella brutta rapina finita nel sangue, due anni fa, è provato da tutto quel che è accaduto, ma – dice – «Non sono vinto». Motivo? «Su queste colline sono nato e cresciuto. Quel che ho me lo sono sudato lavorando, sempre. E quel giorno quei delinquenti sono venuti da me, con violenza e con le armi in mano, per portarmi via tutto un'altra volta. Poi hanno detto che le armi erano finte. Ma si sono dimenticati di dire che la loro violenza era vera. E io quel giorno mi sono difeso».
    E ha sparato, uccidendo. Per quello l'hanno condannata. Non crede?
    «Guardi, io e i miei consulenti avevamo preparato una ricostruzione che non hanno voluto mettere agli atti. Si vede nettamente tutto ciò che è accaduto. Abbiamo fatto un lavorone. Ricostruito ogni istante. Messo insieme gli elementi anche nei punti dove la telecamera non riprendeva. Ma mi hanno detto che era troppo tardi per produrlo. Questa non è giustizia».
    Non mi dica che sperava in una assoluzione?
    «Guardi mi aspettavo una riduzione a 7 o 8 anni. Ne ero convinto, fino a stamattina quando hanno letto il dispositivo. Io so di aver agito in stato di necessità. Per quello ero tranquillo. Non solo un delinquente».
    E anche sua moglie, aveva le sue stesse convinzioni granitiche?
    «No, guardi, lei l'altra notte non ha nemmeno dormito. Non era serena. Ma sa, dopo quella rapina tutto è cambiato. È stato trauma su tutta la linea».
    In che senso tutto è cambiato?
    «Mia moglie non vuole più venire in negozio. Mia figlia Paola, quella che era astata picchiata durante il colpo del 2015 ha aperto un bed&breakfast da un'altra parte. L'altra mia figlia se può evita. E io sono rimasto solo in gioielleria. E l'età avanza. Ho 69 anni, non so fino quando proseguirò con la mia attività».
    La gente del posto come la tratta?
    «Stanno tutti dalla mia parte. Beh, qualcuno che non sta con me c'è. Ma sono pochi».
    E che cosa le dicono?
    «Mi dicono che sono un fascista. Ma io non lo sono. Io voglio la giustizia, il rigore, la certezza della pena. Chi delinque deve essere punito in modo esemplare».
    Quindi politicamente dove sta?
    «Da come parlo credo che lo abbia capito che non sono di Rifondazione comunista. Sto più in là, anzi più spostato ancora...».
    Lo sa che Salvini e la Lega si sono schierati subito al suo fianco dopo la sentenza di condanna pronunciata ad Asti?
    «Me lo hanno detto».
    E Salvini oggi lo ha sentito?
    «Non ancora, ma spero di parlargli presto. Lui sostiene la legittima difesa, e io quel giorno mi sono soltanto difeso da tre rapinatori che volevano portarmi via tutte le mie cose».
    È contento di questa solidarietà?
    «Certo. Ma sono deluso da Meloni, che non ha detto nulla su questa ingiustizia che ho subito. Ah, ma Salvini e gli altri invece voglio proprio sentirli per chiedergli, ragazzi: adesso che cosa facciamo?».
    In che senso?
    «Lo sa che io ho già pagato 300 mila euro alle famiglie di quei delinquenti? E poi ho pagato anche l'avvocato. E non sono pochi soldi. E poi, in aula, alla lettura della sentenza davanti ai parenti dei rapinatori devo sentire quella gente applaudire? Io mi sono girato e li ho guardati così, sorridendo. Lo sa che mi hanno insolentito? Mi dicevano "Che cazzo ridi?"».
    Lei proprio non si tiene, eh.
    «E come potrei? C'era anche la mamma di uno di quelli, venuta ad ascoltare il processo per il figlio morto sul lavoro. Ma dai…».
    Dicono che un partito, dopo quel che accaduto nel 2021, le avesse proposto una candidatura. È vero?
    «Si mi avevano detto che c'era un posto per me. Chi? Non glielo dico e non mi viene neanche in mente il nome: erano quelli che nel simbolo avevano una tartaruga. E comunque il loro programma era buono. Si parlava di sicurezza. Di tutti questi arrivi. Di giustizia».
    Se glielo chiedessero adesso?
    «Non so se lo farei: ho altre cose in testa».
    Torniamo a quella mattina della rapina. Si è pentito di aver sparato?
    «Quel che è accaduto è accaduto. In quei momenti lì le cose vanno devono andare, io avevo la pistola puntata qui, in faccia. E loro contavano: cinque, quattro tre… Credevo di morire».
    Lei, però, ha sparato con una pistola vera..
    «Ma io non sono un amante delle armi. La pistola la avevo perché era di mio nonno».
    E non l'aveva mai usata prima?
    «Mai. Soltanto mio nonno aveva sparato con quell'arma. A chi? A un ladro che era entrato in cortile per rubare la Bmw. Io mai, e da quel giorno non ho più armi. Me le hanno prese tutte. Senza neanche starmi ad ascoltare».
    Ma lei crede nella giustizia?
    «Una giustizia così fa schifo. È vomitevole».
    Quindi non ha più fiducia?
    «Guardi, tutto dipende sotto chi capiti. È sempre un terno al lotto. Ah, ma io non mi fermo eh».
    E che cosa vuole fare?
    «Voglio dire che adesso intendo contattare Roberto Vannacci. Dice cose su cui sono completamente d'accordo: qui c'è tutto che va all'incontrario. E poi voglio chiamare il procuratore Nicola Gratteri: è uno con le palle. Sta dalla parte della gente per bene».
    Quante rapine ha subito?
    «Due. Una nel 2015, che hanno massacrato mia figlia. Quella del 2021, e poi mi hanno fatto delle spaccate in casa. Sa, in questa zona, sono tanti nelle miste stese condizioni. Così non si può andare avanti».
    Ha avuto paura dopo aver ammazzato i due rapinatori?
    «Mi sono guardato molto attorno. Ma non mi hanno mai minacciato. Ho soltanto ricevuto una lettera in cui c'era una specie di fattura con frasi sconnesse contro di me. Poi più nulla».
    Dove va adesso?
    «In negozio. Mi aspetta una troupe per un'intervista».
    Che cosa dirà?
    «Che la giustizia dipende essenzialmente da chi incontri sulla tua strada. Soltanto quello. Se non ti ascoltano quando spieghi le tue ragioni, mi dica lei che giustizia è?».

 

04.12.23
  1. GRAVE EMERGENZA :   Emergenza pompieri
    gianni giacomino
    Sono i protagonisti delle emergenze della vita di tutti i giorni. Perché spengono incendi più o meno estesi, liberano persone incastrate nelle lamiere delle auto dopo gli incidenti, si gettano sulle tracce dei dispersi, cercano di salvare chi vuole farla finita, scavano per liberare vite sepolte dal fango e dalle macerie dopo un terremoto e un alluvione, tagliano alberi pericolanti e fanno prevenzione. Solo quest'anno nel Torinese hanno faticato e messo a disposizione la loro professionalità per il crollo dell'antica stazione di Porta Susa, per liberare Bardonecchia dalla colata di fango che l'ha investita e sono intervenuti nella tragedia delle Frecce Tricolori e sulla strage di Brandizzo. Eppure in Piemonte servirebbero 400 vigili del fuoco in più, 150 soltanto nel Torinese dove oggi, tra funzionari ed effettivi ci sono circa 700.
    «Siamo sotto organico da anni ormai, perché vengono indetti pochi concorsi per chi vuole entrare a far parte del Corpo e così si è bloccato il turn over, come in altri settori statali – riflette Innocenzo Alongi, da 33 anni pompiere e oggi anche segretario generale piemontese per la Federazione Nazionale Sicurezza dei vigili del fuoco – Se uno di noi va in pensione, più o meno passa un anno e mezzo prima che venga rimpiazzato. Onestamente è un tempo troppo lungo». «E i prossimi due anni – avverte il sindacalista – saranno davvero complicati perché se ne andranno molti vigili del fuoco effettivi, lasciando gli organici in affanno in tutta la regione che sopperiranno tutto con valanghe di straordinari, come avviene da tempo. Comunque il soccorso è stato e sarà sempre garantito in qualsiasi situazione». Anche se, come precisa ancora Alongi, «ci servirebbe qualche mezzo nuovo in più visto che diversi sono obsoleti. Poi la manutenzione è continua e su certi macchinari, come un'autoscala, è anche lunga e costosa». «Tra l'altro – termina – stiamo lavorando con la politica per cercare di trovare soluzioni abitative ai colleghi che vengono trasferiti da fuori e non sanno dove andare».
    Ma la grande ricchezza dei vigili del fuoco torinesi è garantita pure dai 1.500 volontari che sono sparsi nei 38 distaccamenti della provincia dove di riferimento ci sono Chieri, Susa, Pinerolo e Ivrea, l'aeroporto di Caselle con il nucleo elicotteri e Volpiano con i cinofili. Mentre in città, insieme al comando di corso Regina Margherita, operano Grugliasco, Lingotto e Stura.
    Quest'anno, quando manca ancora poco meno di un mese alla fine di dicembre i pompieri del Torinese hanno effettuato circa 22mila interventi.
    Di questi quasi 8mila sono stati incendi, dalle fiamme che divorano ettari di verde ai roghi che inceneriscono case e aziende. Poi sono dovuti correre su 1.679 incidenti stradali e 1.539 volte per verificare dei dissesti statici di edifici. Il dato che, però, salta all'occhio sono le 6.479 richieste di soccorso a persone, spesso anziane e sole. Un numero che è lievitato soprattutto in città. Non mancano 1.171 chiamate per danni provocati dall'acqua – allagamenti, esondazioni, smottamenti e infiltrazioni – e altre 2.441 per fughe di gas, ricerche di persone scomparse, taglio di alberi. Resta anche 700 interventi per salvare animali in difficoltà. E poi tutta l'attività di formazione e prevenzione e di analisi, sempre più necessaria per un Corpo che guarda al futuro.
  2. caccia al piromane
    Ipotesi dolosa dietro ai 3 incendi nella notte

    Tre incendi a distanza di poche ore l'uno dall'altro hanno agitato la notte tra sabato e domenica nella zona tra Almese e Caselette. Il sospetto è che dietro ci sia la mano di qualcuno, sebbene i primi risultati dei sopralluoghi non hanno consentito di raccogliere tracce utili per confermare il dolo. I carabinieri però stanno indagando in ogni direzione, perché gli incendi potrebbero essere tra quelli che nell'ultimo anno e mezzo hanno colpito cascine e terreni della zona ovest dopo l'azione di piromani. Difficile, in sostanza, immaginare guasti o autocombustioni come causa di tutti e tre i casi.
    Il primo allarme è scattato a Caselette, intorno alle 22 quando ad andare a fuoco sono state roulotte e casette di legno situate in un campeggio di via Molino. Tutto è partito dall'interno di una roulotte che ha preso fuoco mentre era disabitata. Le fiamme si sono propagate ad altri due caravan e a una casetta mobile dove all'interno c'erano due uomini che sono riusciti a scappare appena in tempo. Due ore dopo i vigili del fuoco sono dovuti nuovamente intervenire ad Almese, per domare le fiamme divampate in un vecchio fienile in disuso e poi in frazione Rivera, tra Almese e Avigliana, per spegnere rotoballe di fieno in fiamme. m. ram. —

 

 

 

03.12.23
  1. DOPPIO SPID :  Usiamo lo Spid e ci siamo sottoposti a macchinose procedure di identificazione che hanno portato via tempo - e spesso anche denaro - dietro la promessa di avere un'identità digitale a prova di contraffazione? La puntata di Report - in onda su Rai 3 stasera alle 20,55 - dimostra che invece di sicuro non c'è proprio nulla e che creare un altro Spid con i nostri dati è uno scherzo.
    Tutto inizia con un'indagine sulle truffe ai danni dei diciottenni che hanno diritto ai 500 euro del 18App. Il governo Meloni ha individuato in questo bonus, voluto da Dario Franceschini quando era ministro della Cultura, una delle prime crociate da combattere, spiegando che si erano verificati troppi furti, un po' come per il reddito di cittadinanza. Il problema, però, non è il 18App - come dimostra Report - ma lo Spid.
    «Dall'inchiesta della Procura di Trieste - spiega il giornalista Sigfrido Ranucci durante la trasmissione - è emerso che a oltre 620 giovani, non solo in Friuli ma in tutta Italia, sono stati sottratti circa 300 mila euro di bonus. Numeri che sono destinati a salire, come ha ricordato il procuratore capo di Trieste Antonio De Nicolo. Anche per via di queste truffe il governo Meloni ha deciso di togliere il bonus per tutti e istituire una carta del merito e una carta cultura, ma in base all'Isee. Proprio indagando sul furto del bonus in altre parti d'Italia, la nostra Lucina Paternesi ha scoperto che dietro quello del bonus si nasconde un altro tipo di furto, più inquietante».
    Il meccanismo è semplice e quindi ancora più preoccupante. Lo spiega la giornalista Lucina Paternesi che ha condotto l'inchiesta, mostrando come ha ottenuto un secondo Spid a suo nome: «Ai truffatori è bastato registrare una partita Iva in modo gratuito per poi accreditarsi come librai sul sito del ministero 18App. Ma come è stato possibile, invece, fingersi studenti e accedere per creare i buoni senza violare gli account Spid delle vittime?». Si crea una seconda identità digitale, che durante la puntata viene definito un avatar di cui non abbiamo alcuna consapevolezza, che ritira i soldi dei bonus, ha accesso alle nostre informazioni fiscali, previdenziali e sanitarie, può aprire un conto corrente online, inviare documenti e chiudere un contratto. Come se fossimo noi senza esserlo.
    La truffa si basa sui differenti provider che possono attivare il servizio. Ormai oltre il 60% degli italiani possiede lo Spid, si tratta di quasi 36 milioni e mezzo di persone. A ottobre di quest'anno lo Spid è stato utilizzato 96.390.288 volte per accedere a servizi in rete, quasi il doppio rispetto al 2019. Per ottenere l'avatar dello Spid è sufficiente andare in una cartoleria dove accettano la delega per il rilascio di una firma digitale a nome di qualcun altro. A quel punto - spiega Lucina Paternesi - «basta andare sul sito di uno dei 12 provider che offrono lo Spid e cliccare sul riconoscimento digitale, saltando così il passaggio dell'identificazione». Durante la puntata di Report si mostra poi come si va avanti nella procedura, creando un avatar dello Spid della giornalista inserendo come dati veri solo la residenza e il numero identificativo della tessera sanitaria. «Abbiamo validato il numero di telefono, abbiamo validato la casella di posta elettronica. Ci chiede la residenza, qui mettiamo dati veri. La procedura ha fatto la verifica solo e soltanto sul numero identificativo della tessera sanitaria inserita, mentre su quello della carta d'identità abbiamo inserito un numero inventato», spiega Stefano Fratepietro, esperto di sicurezza informatica. Il provider non effettua alcun controllo sui dati finti inseriti, si usa la firma digitale fasulla per completare la procedura e l'avatar è pronto.
    Report ha segnalato la truffa ad Agid, l'agenzia che ha il dovere di controllare l'attività dei provider. «Agid è stata di parola - spiega Ranucci - e dopo la nostra segnalazione ha avviato le ispezioni». Resta però una domanda a cui non esiste una risposta: quanti doppi Spid ci sono? Quante truffe di cui non ci siamo ancora resi conto?

 

02.12.23
  1. INCOMPETENZA =STA CROLLANDO TUTTO :  Settembre negativo anche per le esportazioni. Come fa sapere l’Istat, le vendite di made in Italy all’estero sono scese del 4,5% rispetto allo stesso mese del 2022.

    Tra le singole destinazioni i cali più forti riguardano Cina (- 13,7%), Stati Uniti (-11,9%), Regno unito (- 11,4%) e il nostro primo partner commerciale, la Germania che segna un – 7,8%. Male anche l’export verso Francia (5,4%) e Spagna (- 4,3%).


    Gli unici paesi con il segno più sono Olanda (+ 1,7%), Giappone ( + 2,4%) ed India (+ 10,5%), tre paesi che però nel loro insieme rappresentano appena il 3,8% delle nostre esportazioni complessive.



    A livello settoriale tutto in negativo salvo poche eccezioni tra cui, [...] meccanica (+ 5,4%) e [...] auto (+ 20%). Il tessile abbigliamento accusa un calo dell’11,5%, la chimica del 13,4%, i mobili del 9,8%, l’alimentare dell’1,2%.



    Diminuisce anche il valore delle importazioni (- 3,1%), soprattutto per il crollo del prezzo del gas rispetto ad un anno fa (- 74%). Ciò fa si che il saldo commerciale (differenza tra valore delle esportazioni e delle importazioni) sia positivo per 2,3 miliardi di euro a fronte del passivo di 6,7 miliardi del settembre 2022. [...]

     
  2.  CLAMOROSO:  Meloni-Gramsci
    cugini d'Italia
    fabio martini
    roma
    Viene da chiedersi come mai non ci fossimo arrivati da soli. Come non capire che la rivendicazione di una "nuova egemonia culturale" da parte dei Fratelli d'Italia non era altro che il riflesso di un segretissimo legame famigliare tra Giorgia Meloni ed Antonio Gramsci, che quella teoria battezzò? Sì, perché l'ultima "scoperta" del sistema mediatico è proprio questa: Meloni e Gramsci sono "parenti", sia pure alla lontanissima. E come se non bastasse questo pindarico legame, si scopre un altro ramo di questa allargatissima famiglia: riguarda Enrico Letta e suo zio Gianni.
    Una storia curiosissima, ma fino a prova contraria una storia vera. La si potrebbe sintetizzare così: Giorgia Meloni, ma anche i due Letta, sono lontanissimi "discendenti" di Antonio Gramsci, perché nel secolo scorso le tre famiglie si sono intrecciate e lambite in terra di Sardegna.
    Una storia di casualità pura, perché al momento non risultano intrecci consapevoli tra le diverse famiglie. Insomma, una storia che proprio a volerla idealizzare, un giorno potrebbe diventare il plot per una saga famigliare, anche se al momento il coronamento più probabile potrebbe essere la rubrica "Strano ma vero" della Settimana enigmistica.
    L'intreccio lo ha scoperto Alessio Vernetti di You Trend, appassionato di genealogia, che dopo aver completato la sua ricerca, ha lanciato un thread su X (Twitter), assicurando che in base alle sue ricostruzioni la nonna di Antonio Gramsci sposò in prime nozze il fratello di una bisarcavola di Meloni, cioè la nonna di una sua bisnonna. Sempre Vernetti racconta che sia Gramsci che Meloni, a loro volta, sono imparentati alla lontanissima con l'ex segretario del Partito democratico Enrico Letta e con suo zio Gianni. Un intreccio, a suo modo, originalissimo, che unisce uno dei padri del Pci, la prima presidente del Consiglio ex missina, il primo presidente del Consiglio Pd nella storia italiana e il braccio destro del Cavalier Berlusconi.
    Vernetti ha raccontato che la sua ricerca era partita da Nino Meloni, il nonno paterno della presidente del Consiglio, che era nato a Ghilarza, il paese sardo di pastori e scalpellini alle falde del massiccio del Monteferru dove crebbe il giovane Gramsci. Il ricostruito albero genealogico delle tre famiglie sembrerebbe dimostrare che i legami lontanissimi tra le famiglie sono comunque tenui perché la parentela tra Meloni e Gramsci è acquisita, e non deriva da un legame di sangue.
    Certo, Vernetti ha fatto il suo lavoro, ma la storia – del tutto casuale e senza nessi tra i protagonisti – è figlia di una stagione nella quale il mercato della politica compra e digerisce anche notizie senza una particolare valenza. E tuttavia la storia di Meloni discendente di Gramsci evoca il rapporto di odio-amore che la destra sociale intrattiene da decenni con la sinistra. Pino Rauti, già leader di Ordine nuovo e poi segretario dell'Msi, esercitò un grande fascino su tanti giovani missini, compresa Giorgia Meloni. E proprio a Rauti non dispiaceva il soprannome di "Gramsci nero". Ma anche la famosa svolta di Fiuggi, il congresso del 1995, che trasformò il nostalgico Msi in Alleanza nazionale, nelle sue tesi finali conteneva un passaggio dedicato a Gramsci, inserito tra i pensatori di quella "cultura nazionale" della quale il nuovo partito si sentiva erede.
    Ma è nei prossimi giorni che Meloni potrebbe spiazzare tutti, rivendicando un qualche legame con la sinistra: il 15 dicembre si apre all'ex Mattatoio di Testaccio una mostra su Enrico Berlinguer, l'ex segretario del Pci, sardo anche lui, in vista del quarantesimo anniversario dalla scomparsa. Manifestazione finanziata dalla Struttura di missione Anniversari della presidenza del Consiglio. Ancora non sono partiti gli inviti ma da quel che trapela, oltre al capo dello Stato, l'Associazione Berlinguer e il Comune inviteranno anche la presidente del Consiglio. E Giorgia Meloni potrebbe decidere di andare.
  3. ALTRO DEBITO PUBBLICO: Mezzo miliardo di euro per aiutare i Paesi vulnerabili colpiti dagli effetti estremi del cambiamento climatico. Ecco il primo risultato concreto della Cop28 di Dubai: il fondo Loss&Damage ("perdite e danni") non è un'utopia come sembrava solo fino a pochi giorni fa, ma ora è realtà. E un quinto della somma arriva dall'Italia, come ha annunciato a sorpresa la premier Meloni a Dubai.
    L'avvio del fondo è un grande successo per la Cop28, nonostante sia iniziata tra contraddizioni e dubbi. Merito del "Sultano" Al Jaber, il ministro-petrolierie emiratino a capo dei negoziati, che ha tessuto le sue trame negli scorsi mesi. Mai in quasi trent'anni di storia di Cop una decisione così grande era stata presa così velocemente. Il fondo era stato ipotizzato già alla fine della precedente Cop in Egitto, ma molti osservatori temevano che non si sarebbe mai concretizzato. A differenza dei piani di finanza verde, che prevedono prestiti e progetti di cooperazione (gli stessi Emirati hanno annunciato, parallelamente, 30 miliardi di investimenti), il fondo è di sostegno alla giustizia climatica: chi ha maggiori responsabilità storiche in termini di emissioni di gas serra deve aiutare chi oggi ha meno colpe ma più ferite causate dagli eventi estremi e dalla siccità, come i Paesi africani o gli Stati insulari. La gestione del fondo spetterà alla World Bank, la Banca mondiale, che però dovrà adottare strumenti e strategie per accontentare i Paesi con trasparenza.
    Il vero costo della crisi
    Per ora gli Stati che hanno promesso di contribuire al fondo sono appena 10 (cresceranno nei prossimi giorni), più l'Unione europea, anche se le cifre variano molto tra i partecipanti: gli Stati Uniti investiranno appena 17 milioni di dollari, preferendo utilizzare altri strumenti di finanza verde. Mezzo miliardo di euro può sembrare una cifra enorme, ma secondo un recente studio dell'Università di Wellington il cambiamento climatico ha causato danni per 140 miliardi di dollari all'anno di media nel decennio 2010-2019. Nel 2022 addirittura si tocca quota 280 miliardi: il calcolo divide in due terzi i costi per le perdite di vite umane e un terzo per strutture artificiali e naturali distrutte. In media di 16 milioni di dollari... all'ora.
    L'agenda "verde"
    Per questo motivo la prima decisione della Cop28 non va festeggiata con eccesso di entusiasmo. Il fondo "Loss&Damage" può essere letto anche come strumento di relazioni diplomatiche e rapporti privilegiati tra gli Emirati, il loro oro nero e i Paesi che vi aderiscono. Il "club del Sultano".
    Ecco perché il vero negoziato è ancora da avviare. Ieri a Dubai è stata la giornata dedicata ai discorsi dei grandi leader. Hanno parlato Carlo III («stiamo entrando in territori inesplorati»), il presidente indiano Modi, che si pone come guida dei Paesi del Sud globale («triplicheremo la produzione rinnovabile entro il 2030»), il brasiliano Lula che chiede un accordo contro la deforestazione. È stato anche il giorno del cibo e dei sistemi alimentari: per la prima volta i Paesi (134, inclusa l'Italia) si sono impegnati a inserire i temi dell'alimentazione e dell'agricoltura nei piani climatici.
    La strada che "invecchia"
    Il tema cruciale di questa Cop però rimane il ruolo dei combustibili fossili. Per gli scienziati non esiste futuro sicuro per il Pianeta se continuiamo a estrarre petrolio e gas, per i Paesi più ricchi di risorse invece sono un mezzo necessario per sviluppare nuove tecnologie verdi. Il segretario Onu Guterres ha provato a coniare una nuova espressione a effetto: «Ho un messaggio per i leader delle compagnie petrolifere: la vostra strada sta invecchiando rapidamente». «Your old road is rapidly aging», una citazione raffinata da The times they are a-changin' di Bob Dylan. A oggi sembra solo una pia illusione.
  4. lo stop di Orban, L'UOMO DI PUTIN IN EU

    L'apertura dei negoziati di adesione con l'Ucraina «non coincide con gli interessi dell'Ungheria». Viktor Orban non era mai stato così esplicito: le sue parole sembrano mettere una pietra tombale sulla possibilità che il Consiglio europeo del 14-15 dicembre accolga la proposta della Commissione di adottare una cornice negoziale con Kiev. Anche perché la decisione va presa all'unanimità e senza il via libera di Budapest non sarà possibile trovare un accordo. Non solo: il premier ungherese ha ribadito la sua contrarietà a finanziare il piano di aiuti per l'Ucraina con il bilancio europeo. Piuttosto, ha suggerito, si crei uno strumento ad hoc fuori dal budget Ue, alimentato da contributi «su base volontaria».
    A meno di due settimane dal vertice di fine anno, sui due capitoli del dossier Ucraina regna il caos a Bruxelles. I leader saranno anche chiamati a decidere se avviare i negoziati di adesione con la Moldavia, se assegnare lo status di Paese candidato alla Georgia e se dare l'ok ai negoziati «condizionati» con la Bosnia-Erzegovina. Se per questi tre Paesi non sembrano esserci troppi problemi, per l'Ucraina c'è l'ostacolo Ungheria che a questo punto sembra insormontabile. Nel corso di un'intervista con l'emittente Kossuth Radio, Orban ha spiegato che Kiev non può far parte dell'Ue perché «non sappiamo nemmeno quanto sia grande il suo territorio e quante persone ci vivono». Ma soprattutto perché «non esistono informazioni su quanti soldi riceverebbe l'Ucraina (se diventasse uno Stato membro, ndr), da dove e da chi». Per questo ha suggerito di offrire, in alternativa, «un partenariato strategico di 5-10 anni in modo da avvicinarli, visto che ora il divario è troppo ampio».
    Orban ha dunque chiesto a Charles Michel di non inserire nemmeno la decisione nell'agenda del prossimo Consiglio europeo. Meglio evitare perché c'è il rischio di «mandare in frantumi l'unità europea». Ma Michel pare intenzionato a non gettare subito la spugna. «Per ora la discussione resta sul tavolo – spiega un alto funzionario Ue - e quando i leader saranno nella stanza vedremo che succederà». Alcune delegazioni hanno suggerito di posticipare la decisione al vertice di marzo, anche perché in ogni caso l'avvio formale dei negoziati potrà partire solo quando l'Ucraina avrà completato le quattro riforme mancanti. Ma vorrebbe dire rinviare il problema, non risolverlo.
    Vera Jourova, vicepresidente della Commissione europea con delega Valori e alla Trasparenza, è da poco tornata da Kiev, dove lunedì ha incontrato gli esponenti del governo per fare il punto sulle riforme e «sostenere gli incredibili sforzi che l'Ucraina sta facendo per mettere fine alla corruzione». Quattro le raccomandazioni di Bruxelles sulle quali Kiev sta lavorando: una più efficiente lotta alla corruzione, il processo di de-oligarchizzazione, la normativa sulle lobby e quella per proteggere i diritti delle minoranze, che riguarda anche quelle di nazionalità ungherese. «Quest'ultima legge – spiegava la commissaria nei giorni scorsi – è stata ispirata da quella rumena e c'è l'impressione che Orban sarà soddisfatto». Ma evidentemente non basta.
  5. BLUFF VACCINI DI DRAGHI E SPERANZA VOTATO PER IGNORANTE SUPERFICIALITA' : Mentre il Covid miete più morti e oramai quasi un ricoverato su dieci è positivo al virus, uno studio europeo svela che il timer dei vaccini fa suonare l'allarme dopo soli tre mesi, passati i quali crolla la copertura sia rispetto al rischio di morte che di finire in ospedale. A rivelarlo è l'Ecdc, il Centro europeo per la prevenzione delle malattie. Numeri allarmanti, che non devono però spingere a ritrarre il braccio, ma al contrario a convincere gli ultraottantenni a mantenere alta la copertura con richiami ripetuti periodicamente.
    Lo studio è stato condotto sulla popolazione over 50 di sei Paesi europei. L'efficacia iniziale della terza dose rispetto al rischio di ospedalizzazione è stata di circa il 50% ma l'effetto è nettamente diminuito dopo 12 settimane per diventare quasi nullo dopo 24, con stime di efficacia tra il 13 e il 17%. Percentuali di protezione più o meno simili si sono rilevate anche per la mortalità. Con la quarta dose la protezione subito dopo la somministrazione sale tra il 76-79% contro il rischio di ricovero e al 76-85% contro quello di morte. Ma dopo 12 settimane la copertura già cala tra il 33 e il 49% contro il pericolo di ricoverarsi e tra il 50 e il 63% contro il decesso. Percentuali che scendono ancora di più per gli ultraottantenni.
    L'efficacia della quinta dose è stata invece testata solo tra gli over 80 in Portogallo e Belgio. Poco dopo la puntura l'efficacia rispetto alla ospedalizzazione è risultata pari al 72%, per scendere quasi a zero dopo circa tre mesi (12 settimane). La barriera protettiva del vaccino rispetto al pericolo di morte arrivati alla quinta dose è stata inizialmente del 64% ma tra le 12 e le 24 settimane è andata rapidamente calando fino a scendere ad un quasi insignificante 3%.
    «La durata della protezione limitata a 12-24 settimane – spiega Giuseppe Remuzzi, direttore dell'istituto di ricerca farmaceutica Mario Negri - è dovuta al fatto che in questo arco di tempo l'Rna sul quale si basano i vaccini si degrada inesorabilmente. In futuro ci si augura che l'efficacia possa prolungarsi nel tempo ma non è una cosa che si faccia dall'oggi al domani. Però nel valutare i dati dell'ottimo lavoro dell'Ecdc - conclude - dobbiamo considerare che si riferiscono alla sola protezione degli anticorpi, ma a offrirci una ulteriore copertura contro gli esiti più gravi c'è anche la memoria immunitaria delle cellule».
    «L'ultimo vaccino della Pfizer - afferma a sua volta Silvio Garattini, «padre» del Mario Negri - è in sostanza simile a quelli che lo hanno preceduto e non è in armonia con le varianti ora dominanti. Anche se - aggiunge - la stessa Pfizer si è fatta ben remunerare questo aggiornamento condotto in poco tempo, portando il prezzo della dose da 14 a 20 euro».
    Se l'Ecdc conclude l'indagine invitando i grandi anziani a vaccinarsi con più frequenza, in Italia sia loro sia i fragili in genere si tengono sempre più alla larga dal nuovo antidoto. Al 30 novembre è stata finalmente superata la soglia del milione di somministrazioni sulle 20 milioni che si sarebbero dovute fare, ma nell'ultima settimana le vaccinazioni invece di accelerare sono ancora calate da 191 mila a 167 mila.
    Questo mentre il Covid, oltre che più contagi, inizia a fare anche più morti e ricoveri. Il monitoraggio settimanale a cura dell'Iss conta oltre 52 mila casi nell'ultima settimana con un aumento pari al 16,1% rispetto alla precedente. Ma a preoccupare sono i decessi (291, più 23,8%) e le ospedalizzazioni, con il tasso di occupazione dei letti nei reparti ordinari passato in soli sette giorni dal 7,7 al 9,2%, mentre quello delle terapie intensive è salito dall'1,5 all'1,9%. Continuando di questo passo sotto Natale solo per il Covid potremo finire per avere almeno il 15% dei letti nei reparti di medicina occupati da pazienti che richiedono anche l'isolamento. E se a questi si aggiungeranno, come avviene ogni anno, anche quelli dell'influenza ancora poco in circolazione, ecco che diventerebbe reale il rischio stress per gli ospedali paventato dall'ex direttore della Prevenzione al ministero della Salute, Gianni Rezza.
    «L'influenza non fa 300 morti a settimana e i casi di Covid sono in aumento», ammonisce Garattini. Che invita fragili e anziani a indossare di nuovo le mascherine alle quali sembrano allergici gli esperti che strizzano l'occhio alla premier Meloni.
  6. MAFIA MASSONERIA E .....A TORINO Operazione della Finanza: nel mirino l'ex Maestro Venerabile della Loggia Grande Oriente d'Italia Delli Paoli in affari col capomafia di Minotauro
    Il boss, il massone e i ristori di Stato per Covid Cosi le 'ndrine rubavano i fondi della pandemia
    giuseppe legato
    Massone. Per sua stessa ammissione, nelle intercettazioni disposte dalla Direzione distrettuale antimafia, ex Maestro Venerabile della Loggia Grande Oriente d'Italia. Solidi rapporti con direttori e direttrici di filiali di banca, amicizie politiche, soprattutto nell'Udc. In passato – e fino al 31 dicembre 2015 – è stato funzionario della Città Metropolitana di Torino, dal giorno dopo – e fino ad oggi – dipendente della Regione Piemonte.
    Saverio Delli Paoli, 64 anni, residente a Rivoli, originario di Biella, si vantava al telefono di essere immune da aggressioni da parte delle cosche calabresi «perché io appartengo a una struttura che si chiama massoneria, che non mi tocca nessuno, non mi vengono a cercare a casa». Alcune ore fa, a casa sua, si sono presentati gli uomini del Nucleo di polizie economico finanziaria della Guardia di Finanza di Torino. Gli hanno notificato la misura cautelare dell'obbligo di firma e tanti saluti a grembiuli e amicizie pericolose. Lo ha disposto il gip Rosanna Croce nell'ambito dell'operazione "Timone", ultima inchiesta del Gico coordinata dai pm Paolo Toso e Francesco Pelosi.
    Si legge agli atti che «è del tutto evidente che Delli Paoli abbia messo a disposizione di un boss e del gruppo di riferimento di quest'ultimo, i suoi "contatti" afferenti al mondo bancario e finanziario nella consapevolezza di prestarsi per un esponente della criminalità organizzata, oltre alle conoscenze e rete di rapporti afferenti alla appartenenza massonica».
    Una cerniera, un trait d'union che emerge chiaramente nelle 450 pagine di atti depositati in procura. Chiariamo subito che il boss è di rilievo: Francesco Napoli da un annetto non c'è più. È morto dopo aver contratto il Covid, ma per decenni è stato uno degli uomini più influenti della ‘ndrangheta di Torino. Dote: Vangelo. Condannato in Minotauro, è uscito dal carcere il 15 ottobre 2019: i rapporti vengono presto riannodati. «I contatti telefonici – scrivono i finanzieri – si fanno subito intensi per non dire quotidiani». Napoli lo chiama "Dottor Saverio" e lui "Grande Franco". C'è confidenza: «È da una vita che ti seguo» dirà il funzionario regionale al boss in una delle centinaia di conversazioni intercettate. Una vita.
    È accusato di averlo aiutato a intercettare fondi stanziati dallo Stato come ristori straordinari nel periodo pandemico: decine di migliaia di euro da istituti di credito nei quali conta amicizie rilevanti a Moncalieri e non solo. Peccato che quei fondi, Napoli, non li possa ricevere perché pregiudicato per mafia. Le ditte attraverso le quali cerca di conquistarli (e li conquista) - essendone il dominus effettivo - sono intestate a prestanome, una addirittura alla moglie. Delli Paoli (che risponde di concorso in truffa) lo sa, ma garantisce, spiega, raccomanda con chi deve istruire le pratiche. Operano dentro il Caat, il più grande mercato ortofrutticolo del Piemonte a Grugliasco (estraneo all'indagine).
    Con metodi mafiosi portano via a un cittadino extracomunitario il suo stand. Gratis: «Tu sei marocchino e noi siamo calabresi, hai capito?» gli dicono alcuni indagati. Tra i contatti che il "Maestro" Delli Paoli cercherà di favorire ci sono altri personaggi dal pedigree rilevante, mafiosamente parlando.
    Come il sedicente commercialista Pasquale Bafunno già oggetto di plurime attenzioni dell'Antimafia torinese. Per i suoi precedenti ha difficoltà ad aprire un conto corrente. Delli Paoli contatta «un Direttore d'area di banca importante» di un grosso istituto di credito nazionale: «Ho parlato con la sede centrale, ma devi lasciare qualcosa. Questo direttore sta andando in pensione e vuole il 20/25%».
    C'è anche il figlio del boss Napoli, Rocco. Consiglierà un altro figlio, quello di Cosimo Iaconis (condannato nell'operazione Cerbero contro le cosche di Platì e Natile) invitandolo a ingaggiare avvocati più capaci («se hai bisogno, un nome serio io su Torino ce l'ho»). E quando Napoli non ricorda il nome di un alto dirigente dell'Udc di Torino che ha conosciuto, con cui il boss ha parlato (ma non è mai stato identificato ndr) chiama il suo amico massone che in quel partito ha trascorsi non trascurabili: nel 2011 si è candidato alle amministrative di Torino appoggiando la corsa a sindaco di Alberto Musy. Con questo manifesto d'intenti: «Ho deciso di impegnarmi in prima persona in questa competizione elettorale spinto dalla volontà di partecipare alla costruzione di una "nuova e sana politica" , in modo tale che il cittadino diventi protagonista e il vero artefice della politica per l'uomo».
    Il boss, che conosce la lingua mafiosa declinata in politichese, chiede favori su favori: «C'è un bravo ragazzo, mi aiuta, guida la macchina, mi porta in giro ha problemi a prendere i ristori: 1000 euro. Se gli dai una mano lui e la sua famiglia saranno tuoi elettori per tutta la vita. Chiaro no?». Sempre a sfondo politico una conversazione del 7 giugno 2021 con Giuseppe Schilirò, cognato del superboss Peppe Gioffrè di Settimo, ucciso in un agguato in Calabria il 29 dicembre 2009 a cokpi di fucile mentre viaggiava insieme al figlio: «Stiamo finendo di realizzare un Rsa che abbiamo costruito per il tuo capo, per Vietti». —

 

 

 

01.12.23
  1. L'incontro con D'Alema "il comunista"
    Personaggio di statura globale, Henry Kissinger ha lasciato anche qualche piccolo ricordo italiano, legato alla sua lunga amicizia con Gianni Agnelli, con cui era solito parlare al telefono tutti i giorni. Uno riguarda la nascita del governo D'Alema, dopo la caduta del Prodi I. Si era pochi giorni prima della presentazione del governo alla Camera, fissata per il 21 ottobre 1998, e l'Avvocato, che aveva tra le sue curiosità quella di una conoscenza diretta del mondo "comunista", come continuava a chiamarlo, malgrado il cambio di nome, voleva incontrare il primo presidente del consiglio incaricato proveniente da quell'esperienza. Tra l'altro D'Alema era l'ultimo ad aver avuto una formazione classica, nella scuola di partito, e una carriera altrettanto tradizionale, al centro e alla periferia.
    L'appuntamento fu fissato nella casa romana di Agnelli, di fronte al Quirinale. E Kissinger fu invitato a partecipare, cosa che certo a D'Alema non dispiacque, perché poteva considerarla come una legittimazione. Dopo più di un'ora, un tempo insolitamente lungo per il ritmo vitale dell'Avvocato, si salutarono. Agnelli, con una delle sue battute, commentò con Kissinger: «Hai visto, non sembra quasi un comunista, sulle maggiori questioni internazionali mi è sembrato allineato. Se solo si tagliasse quei baffi…». E Kissinger: «Sarà, ma coi baffi o senza baffi, per me resta uno di quelli!».
    L'altro ricordo è quello di un'intervista all'ex-segretario di Stato nel suo studio di New York, a cinque anni dalla scomparsa di Agnelli, nel 2008. I tempi della conversazione erano stati rigorosamente fissati in 40 minuti, poi tagliati a 25 per il sopravvenire di imprevisti nell'agenda di quest'uomo già anziano - aveva 85 anni - ma ancora carico di impegni. Kissinger sorrise ricordando che lui e l'Avvocato, nei lunghi anni delle loro conversazioni, ci avevano messo un po' a trovare un orario buono per tutti e due per telefonarsi. Poi d'improvviso si rabbuiò rammentando il giorno dell'ultima uscita pubblica di Agnelli, già malato, in cui lo accompagnò alla Pinacoteca del Lingotto. Mentre parlava, senza accorgersene, cominciò a piangere. Continuava a raccontare, e le lacrime gli scendevano sul viso, a smentire la leggenda dell'uomo considerato tra i più duri e cinici del mondo.
  2. La mossa del Comando generale per rispondere alle accuse di trascurare le segnalazioni
    L'ordine dei carabinieri dopo le polemiche "Interventi tempestivi anche senza denuncia"
    Quando si sospetta una violenza di genere bisogna agire anche senza attendere che sia ufficializzata la denuncia e, in caso di necessità, si potrà fare ricorso ai militari reperibili come nel caso delle calamità naturali. C'è grande disagio tra le forze dell'ordine alle accuse di ritardi, silenzi, indifferenza giunte dopo l'assassinio di Giulia Cecchettin.
    Per rispondere alle critiche il comando generale dei carabinieri ha inviato a tutti i comandi e alle stazioni presenti sul territorio italiano una circolare con le istruzioni per assicurare interventi tempestivi. In caso di segnalazioni di «episodi di maltrattamenti, violenze e atti persecutori nei confronti di vittime vulnerabili», si legge nella nota del 29 novembre, firmata dal generale Arturo Guarino, capo del secondo reparto del comando generale dell'Arma, è fondamentale «un'accurata e tempestiva gestione degli interventi». Ogni segnalazione deve essere «gestita, fin dal primo momento, con la massima attenzione, con adeguata sensibilità e nella piena osservanza delle procedure stabilite».
    Ci sono state molte polemiche sulla segnalazione da parte di un vicino di Giulia Cecchettin della lite avvenuta nel parcheggio nei pressi della casa della ragazza a cui non era seguito l'arrivo di alcuna pattuglia. Il comando dell'Arma aveva spiegato che, mentre l'operatore della centrale riceveva la segnalazione, erano arrivate due altre richieste di intervento.
    Inoltre, il testimone – spiegò l'Arma – aveva detto di non essere in grado di indicare il numero di targa dell'auto su cui si erano allontanati i due giovani. Sarebbe stato difficile, quindi, intervenire, ma nella circolare si chiede comunque un rafforzamento dell'attenzione sul tema e si danno indicazioni di gestire ogni segnalazione di violenza di genere «fin dal primo momento, con la massima attenzione, con adeguata sensibilità e nella piena osservanza delle procedure stabilite». Per non perdere tempo si chiede ai comandi di agire «indipendentemente dalla formalizzazione della denuncia». E viene inviata la richiesta di «istruire il personale dipendente affinché ciascuna segnalazione» venga gestita con la massima attenzione «fin dal primo momento» e fare in modo che ci sia sempre «l'invio sul posto di una pattuglia per contattare il segnalante (vittima, testimone, persona informata) e acquisire elementi utili a delineare un primo quadro di situazione» da riferire ai superiori e «l'attivazione dei reparti territorialmente competenti», anche «ricorrendo ai militari'reperibili». Un punto che trova la reazione critica del sindacato Usmia: «La reperibilità ad oggi, pagata poco più di cinque euro, vale solo in caso di calamità naturali». Se le carenze di personale dovute ai tagli non consentono di «dare risposte efficaci alla richiesta di sicurezza dei cittadini, tutto ciò non può ulteriormente gravare sui militari in servizio, senza, quantomeno, retribuirlo adeguatamente».
  3. LA SPESA DEL VOTATO SPERANZA, CHI LA PAGA ? I SUOI ELETTORI ? Inviati in piena pandemia e mai utilizzati ora si valuta l'opzione delle cliniche veterinarie
    I ventilatori dimenticati nei magazzini delle Asl
    alessandro mondo
    Una certezza di cui, con il senno di poi, si sarebbe fatto volentieri a meno. E una domanda, che aleggia da anni: che farne?
    Più precisamente: che farne degli oltre 500 ventilatori polmonari inviati tra 2020 e 2021 in Piemonte dall'allora struttura commissariale centrale per l'emergenza, quando il Covid picchiava duro e tutte le Regioni erano in forte difficoltà ad attrezzare le terapie intensive per sostenere i pazienti in condizioni critiche?
    Perché da allora la partita dei macchinari spedita nella nostra regione, 85 acquisiti tramite procedura Consip e 445 forniti dall'unico produttore italiano, è rimasta nei magazzini delle Asl (una sessantina solo in quello dell'Asl Città di Torino): impacchettati, periodicamente sottoposti a manutenzione, inutilizzati. La coda, non certo l'epilogo, di una vicenda per molti aspetti paradossale: innescata dal rifiuto dei medici rianimatori piemontesi di impiegare apparecchi giudicati non affidabili, accompagnata dalle proteste dell'allora struttura commissariale, che ne certificava la regolarità, oggetto di una vivace diatriba con la Regione, scandita da test, controtest, perizie e interventi migliorativi che, alla fin fine, non hanno portato a nulla.
    Alla fine la seconda edizione della struttura commissariale, ormai guidata dal generale Figliuolo, finì, quasi per sfinimento, per cedere definitivamente alla Regione, che nel frattempo si era attrezzata comprando altri apparecchi di tasca propria, la proprietà dei macchinari in questione: senza contropartite.
    Resta il fatto che, confermano dall'Asl cittadina, oggi come ieri non si sa se e quale uso farne. «Non sono abbastanza affidabili per le terapie intensive, e anche a seguito delle modifiche apportate in seguito, sono troppo complessi per le terapie domiciliari», spiegano dal settore Ingegneria biomedicale. Una via di mezzo, insomma, che non soddisfa nessuno dei possibili requisiti.
    Il costo della manutenzione è il meno, trattandosi di una cifra ridotta. Il punto è che, come tutte le cose inutilizzate, gli apparecchi rischiano concretamente di finire in malora. E questo, checché se ne pensi.
    Il dottor Carlo Picco, direttore generale dell'azienda sanitaria, conferma lo stallo. «Da parte di alcuni produttori privati sono state avanzate manifestazioni di interesse per acquistare i ventilatori, del tutto o in parte – spiega –. Un possibile approdo potrebbe essere quello delle cliniche veterinarie. Si tratta di capire se e in quali termini l'operazione è possibile: la vendita, o magari una permuta. Vedremo».
    Nel frattempo il Covid si è evoluto decine di volte, una variante rincorre l'altra, per fortuna in forma sempre meno grave, ma i ventilatori restano al loro posto: inamovibili. Una (paradossale) certezza, appunto.

 

 

 

30.11.23
  1. MEGLIO TARDI CHE MAI :  Il laboratorio dei bambini-farfalla è salvo Lo Stato interviene nell'ultimo giorno utile
    L'appello di Antonella Viola
    filippo fiorini
    A 24 ore dallo scadere, con alcune condizioni, ma anche con parole che non lasciano dubbi: «Abbiamo raggiunto una soluzione». Così, ieri, il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha annunciato il salvataggio di Holostem. Questo centro di ricerca modenese ha brevettato per primo in Europa un farmaco per ridare la vista a chi ha particolari lesioni agli occhi e sta sperimentando, segnando un primato mondiale, una terapia per curare i giovani malati delle molte varianti dell'epiderdomolisi bollosa, più spesso definiti bambini-farfalla. Tutti pazienti che avrebbero perso l'accesso ai farmaci o la speranza di averli in futuro.
    L'associazione Le Ali di Camilla, che senza scopo di lucro promuove la ricerca a Holostem, ringrazia di cuore e sintetizza: «Stavamo facendo gli scatoloni per andarcene e ora stappiamo lo champagne». Il laboratorio è un'azienda privata, sorto in seno all'Università di Modena e Reggio Emilia. Nel dicembre 2022, Valline (Gruppo Chiesi) aveva messo in liquidazione la quota di maggioranza (65%), senza però trovare acquirenti. La famiglia farmaceutica più importante d'Italia aveva spiegato che era necessaria «un'industrializzazione delle terapie cellulari e della tecnologia produttiva», nonché «un cambiamento organizzativo e della gestione», possibile solo con «l'intervento di nuovi attori».
    Mentre il personale passava da 80 a 43 dipendenti, i pazienti con ustioni alla cornea, in lista d'attesa negli ospedali di tutta l'Ue, avevano la prospettiva di restare ciechi. Così come i bambini-farfalla e le loro famiglie, le cui speranze di un miglioramento della qualità di vita e una drastica riduzione della mortalità, dipendevano dalle terapie staminali sviluppate qui, non sapevano più se e quando il farmaco in trial sarebbe stato approvato. A schierarsi per la sopravvivenza di Holostem, sono stati i sindacati come la Cgil e gli organi d'informazione, tra cui La Stampa, che aveva lanciato un appello pochi giorni fa con un editoriale della biologa Antonella Viola.
    «Eravamo davanti alla Tv e non credevamo alle nostre orecchie, quando abbiamo sentito il ministro», racconta Stefania Bettinelli, portavoce di Le Ali di Camilla e del professor Michele De Luca, che con la moglie Graziella Pellegrini, sono gli scienziati di riferimento del centro. Le condizioni poste dal governo, per un investimento che avverrà attraverso Enea Tech, sono l'ingresso di un management qualificato, un piano industriale entro sei mesi, l'impegno a cercare altri investitori privati e accettare il supporto di Invitalia. Soddisfatta anche l'Associazione Coscioni, che ha abbracciato la causa.
  2. Appalti, tornano le gare sotto i 5 milioni Busia: Salvini costretto al dietrofront
    PAOLO BARONI
    ROMA
    Sul Codice degli appalti il ministro Salvini è stato costretto a fare dietrofront. Su pressione di Bruxelles, non a caso contestualmente con l'ok alla revisione del Pnrr, il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha diramato una circolare per definire meglio le procedure per l'affidamento delle gare appalto, specificando che le disposizioni contenute nell'articolo 50 del Codice degli appalti, una delle riforme inserite nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, vanno interpretate ed applicate nel solco dei principi e delle regole della normativa di settore dell'Unione europea, che in particolare richiama gli stati membri a prevedere la possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici di applicare procedure «aperte o ristrette».
    In pratica bisogna favorire la concorrenza anziché possibili scelte unilaterali da parte dei committenti. Il risultato è che d'ora poi i comuni non potranno più avere mano libera negli appalti sotto la soglia europea dei 5,3 milioni di euro.
    «La circolare con la quale il Mit interviene sulle procedure sotto soglia è una evidente marcia indietro del governo, e mostra che le nostre obiezioni erano fondate. Lo fanno con una circolare e non – come sarebbe stato necessario - con legge, ma rappresenta comunque un importante passo avanti» sostiene il presidente dell'Autorità anticorruzione, Giuseppe Busia.
    In particolare, come spiega, l'Associazione nazionale dei comuni sul suo sito, le stazioni appaltanti potranno procedere all'affidamento sotto-soglia, anche senza consultazione di operatori economici e assicurando che siano scelti soggetti in possesso di documentate esperienze, solo per importi sotto i 150.000 euro e per l'affidamento diretto dei servizi e forniture (compresi servizi di ingegneria, architettura e attività di progettazione) sino a 140 mila euro. In alternativa le stazioni appaltanti potranno prevedere procedure negoziate senza bando consultando almeno 5 operatori individuati in base a indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, sia per i lavori di importo compreso tra 150.000 ed 1 milione, sia per l'affidamento diretto dei servizi e forniture sopra i 140 mila euro. Per importi sopra il milione dovranno invece essere consultati almeno 10 operatori.
    Secondo Busia «prevedere che sia obbligatorio l'affidamento diretto per tutti i contratti sopra i 140 mila euro e che si arrivi ad assegnare i lavori fino ad oltre 5 milioni senza pubblicare neanche un avviso pubblico rappresentava una forzatura. Numericamente, si tratta infatti della stragrande maggioranza dei contratti. Significava che sarebbero stati sottratti alle più elementari forme di pubblicità, a danno di imprese e casse pubbliche. È infatti evidente che, se per spendere ben oltre centomila euro, l'amministrazione non deve neanche chiedere due preventivi, si rivolgerà alla prima impresa che capita, e questa non avrà alcun interesse a contenere la propria offerta».
    Busia da subito aveva segnalato la forzatura inserita nel Codice degli appalti entrato in vigore a luglio. Ed oggi ricorda che «anche fuori dai casi di piccola o grande corruzione, è chiaro che ad essere premiato sarebbe stato il fornitore più "vicino" o quello già conosciuto, e non quello più bravo. Col risultato di spendere di più, avendo in cambio forniture e servizi di minore qualità o opere destinate a durare meno».
    La novità è accolta positivamente dalle imprese. Secondo la presidente dell'Ance, Federica Brancaccio, la circolare del ministero «chiarisce qualcosa che per noi era già molto chiara perché avevamo fatto una battaglia quando il codice era venuto fuori dal Consiglio di Stato: abbiamo fatto una battaglia politica e l'abbiamo vinta. Noi volevamo anche abbassare la soglia per l'evidenza pubblica, poi c'è stata una mediazione con Comuni e Mit per dare la libertà di andare con procedura aperta o negoziata».
  3. I pm indagano sull'inquadramento dei lavori: prima programmati e poi derubricati a manutenzione La prassi abbatte costi e tempi ma si rischia in sicurezza: al setaccio gli appalti dal 2021 al 2023
    Giallo sulla strage di Brandizzo Il cantiere declassato all'ultimo
    Sulla Stampa
    andrea bucci
    giuseppe legato
    Nel lunghissimo elenco di documenti, atti, regolamenti, verbali e convenzioni che la procura di Ivrea è andata ad acquisire l'altroieri durante una perquisizione di polizia, guardia di Finanza e carabinieri negli uffici Rfi a Torino e Roma, ce ne è uno che assume un valore più centrale di altri. È un accordo quadro firmato nel 2021 che programmava un maxi appalto unico da frazionare in singoli interventi per manutenere la rete ferroviaria. Riguardava anche la zona che da Brandizzo/Chivasso, arriva fino ad Alessandria. L'attenzione – diventata ragionamento investigativo – degli inquirenti di Ivrea si è focalizzata su un cambio di inquadramento, di categoria (se vogliamo) del cantiere diventato teatro di una strage e costato la vita – la notte tra il 30 e il 31 agosto scorsi – a cinque operai della ditta Sigifer travolti sui binari dentro i quali lavoravano pur senza avere ancora l'interruzione di linea.
    In procura si sono fatti l'idea che questo cambio repentino di qualificazione dell'intervento possa – anche - essere nato da una questione di costi e di tempi. Perché nel passaggio da una tipologia di intervento ad altro cambiano le durate (diminuiscono), le spese (idem come i tempi), il numero e la tipologia di personale impiegato. Non è un caso che nell'eventualità di intervento programmato (come gli investigatori avrebbero scoperto che era quello di Brandizzo) i lavori sono preceduti da un briefing che non c'è stato a cui partecipano anche le componenti sindacali. La domanda è chiara: in quanti casi un intervento inizialmente immaginato cosi è stato derubricato con tempi e costi minori? È per questo che si è acquisito quell'accordo quadro e le informazioni su tutti i frazionamenti di cantieri: centinaia di appalti sui quali il faro dei magistrati è acceso. Si vuole capire in quanti di questi si è passati – se è avvenuto – da programmazioni a manutenzioni per così dire urgenti. In via prioritaria saranno analizzati quelli dell'area di competenza della procura di Ivrea, ma non è detto che le verifiche non si estendano ad altre porzioni geografiche sempre del Piemonte.
    L'inchiesta dei pm Valentina Bossi e Giulia Nicodemo, coordinate dalla procuratrice Gabriella Viglione, è a un punto di svolta. Dall'altroieri due manager sono iscritti nel registro degli indagati. Si chiamano Gaetano Pitisci e Andrea Bregolato: in linea diretta, ma non immediata, sono i superiori di Antonio Massa, caposcorta ai cantieri di Rfi, principale indagato per questa tragedia. Massa è l'uomo che – secondo i pm – diede il via libera agli operai a lavorare sui binari senza l'autorizzazione. I neo-indagati rispondono di omicidio colposo plurimo e disastro ferroviario colposo. Hanno profili collegati ma differenti. Pitisci, ingegnere, ad esempio, è considerato un direttore lavori. Responsabile di diversi cantieri nell'area attorno a Brandizzo. È – per capirci – l'uomo che decide il frazionamento degli appalti. Quanto devono durare i singoli interventi, quanto è congruo spendere per pagare le ditte incaricate dei lavori. E c'è ancora la cosiddetta deroga implicita, cioè una contrazione di tempi per accelerare la manutenzione, che ha chiaramente un effetto sulla sicurezza generale del cantiere.
    Infine vi è da integrare l'esito della consulenza sulla motrice del treno che ha investito gli operai depositato in procura nei giorni scorsi. È agli atti la disperata frenata del macchinista (non indagato): un gesto istintivo quanto inutile. Esaminando i dati sulla scatola nera della motrice viene dimostrato come, quella notte, il treno viaggiasse con il verde ad una velocità di 160 km/h. Dalla relazione scritta dal luogotenente Andrea Pellegrini si apprende anche che il macchinista si sia accorto della presenza degli operai poco dopo una curva e solo a quel punto avrebbe azionato il freno. Un gesto calcolato in appena 3 secondi. Troppo poco tempo, dunque, per evitare l'impatto. —

 

 

29.11.23
  1. PAGHIAMO NOI ACQUISTANDO GAS E PETROLIO INVECE CHE FARCI L'H2 A COSTO 0:   Mohammed bin Salman, come i suoi avi, è un uomo del deserto. Ma è un deserto fatto di enormi tende con aria condizionata, fuoristrada giganteschi, computer e megaschermi, e notti passate tra sfide ai videogiochi e film di fantascienza, fino alle prime luci dell'alba. È così che ha migliorato il suo inglese, zoppicante quando è stato proiettato nel potere mondiale, otto anni fa, con la salita al trono del padre. Non aveva ancora trent'anni, nato e cresciuto a Riad, dove ha anche frequentato l'università, con poche sortite all'estero.
    La sua apertura verso il mondo è fatta soprattutto di immaginazione: un Metropolis con la spietatezza degli Hunger Games. Re Salman l'ha scelto come successore per questo: radici ben piantate, ambizioni senza limiti, neppure etici. Mbs ha pagato la mancanza di esperienza internazionale nei primi anni ma adesso ha imparato e comincia a raccogliere i frutti di un'intuizione quasi naturale per l'erede trentenne di un potere detenuto da ottuagenari. Il soft power.
    Ha 38 anni, è un principe ereditario, padrone di un Paese di 35 milioni di abitanti, seduto su un tesoro fatto di oro nero. Ha un modello, l'uomo forte degli Emirati, Mohammed bin Zayed, detto Mbz, prima suo mentore e poi rivale. Ha un nemico molto simile a lui, Tamin bin Hamad Al-Thani, l'emiro del Qatar. Attorno a questi tre uomini gira il potere del Golfo, il potere arabo del Ventunesimo secolo. Soft power. Mbs l'ha visto con i suoi occhi a Dubai, l'ex città di pescatori, poco petrolio, eppure al centro del mondo. Mbz gli spiegava che era in corso una rivoluzione pari a quella seguita alla scoperta dell'America da parte degli europei. Il baricentro del mondo si spostava verso Est, dal centro dell'Atlantico era passato al Mediterraneo orientale e stava per posizionarsi nel Golfo, a metà strada tra la Cina e l'Europa.
    Bastava "gettare la rete" e i pesci sarebbero entrati. Servivano i capitali per costruire le infrastrutture ma dov'era il problema? Riad ha le più grandi riserve di greggio al mondo, facili da estrarre, ne produce 10 milioni di barili al giorno, pari a 300 miliardi di dollari all'anno. Un flusso senza fine, solo da indirizzare nel verso giusto.
    Mbs ha voglia di mettere in pratica la lezione. Troppa. Smania. Da ministro della Difesa, nel 2015, scatena l'offensiva contro i ribelli sciiti Houthi nello Yemen, un anno dopo quasi dichiara guerra all'Iran, con l'esecuzione dell'imam Nimr al-Nimr. Nel 2017 è principe ereditario, elimina il cugino Mohammed bin Nayef, sequestra e picchia il premier libanese Saad Hariri, rinchiude cento principi e uomini d'affari al Ritz-Carlton di Riad, per farsi dare 100 miliardi di dollari da investire nel suo sogno a occhi aperti, la Vision 2030. Impone l'embargo economico e il blocco al Qatar, colpevole di sostenere i Fratelli musulmani, suoi mortali nemici, quanto se non più degli iraniani. È un turbine che si conclude con l'uccisione dell'editorialista del Washington Post Jamal Khashoggi, il 2 ottobre del 2018. L'establishment Usa gli si scatena contro, al G20 di Buenos Aires è isolato. Biden, appena arriva alla Casa Bianca, lo dichiara un "paria".
    La Vision 2030 però va avanti, la modernizzazione anche. Via l'abaya, il soprabito nero imposto alle donne, che ora possono guidare e andare in viaggio da sole. Via i visti per europei, americani, ricchi asiatici, per lanciare il turismo, con il sito di Al-Ula che diventa la «seconda Petra». E sport. Rally, Formula 1, tantissimo calcio. L'America è più lontana. La Russia di Putin no, con lo Zar stringe un patto per alzare il prezzo del petrolio, da 40 a 80 dollari, la soglia giusta, nasce l'Opec+. La Cina diventa il suo primo cliente.
    Mbs non ha più voglia di guerre. Non con Israele. Gli Emirati firmano gli Accordi di Abramo. Lui è tentato, ma un altro suo spin doctor, il ministro del petrolio Abdulaziz bin Salman Al Saud, l'inventore dell'Opec+, gli suggerisce di alzare la posta, e chiedere una soluzione per i palestinesi, in modo da mettersi alla guida dell'opinione pubblica araba moderata. Scelta saggia. Lo stesso Al-Saud lo spinge a far la pace anche con l'Iran, mediata dai cinesi.
    Mbs non vuole più guerre, ma due guerre lo aiutano a tornare al centro dei giochi internazionali. Da protagonista, altro che paria. L'invasione dell'Ucraina nel febbraio 2021 scatena una crisi energetica spaventosa e Biden è costretto a venire a Canossa, vale a dire a Gedda, e stringere la sua mano «insanguinata». E poi arriva il 7 ottobre, l'orrendo massacro di Hamas, la distruzione di Gaza nella rappresaglia israeliana. Il segretario Antony Blinken chiama tutti gli alleati arabi, fa la spola tra le capitali, è costretto a fare anticamera a Riad. Il qatarino Al-Thani media per gli ostaggi ma senza Riad non ci sarà la ricostruzione, l'Egitto non può reggere la crisi, è il ministro degli Esteri saudita a guidare l'offensiva diplomatica arabo-musulmana, e può parlare con tutti, cinesi, russi, europei, americani. Il Qatar ha avuto il Mondiale 2022, Dubai l'Expo 2020, Mbs avrà quella 2030 e il Mondiale 2034. I petrodollari comprano tutto. Forse anche la pace in Medio Oriente.
  2. FALSI AMICI DELL'ITALIA CHE MELONI NON VUOLE VEDERE : Il presidente del Brasile, Luiz Inacio Lula da Silva, è in Arabia Saudita, nella sua prima tappa di un tour in Medio Oriente organizzato - a margine della partecipazione alla Conferenza delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici (Cop28) di Dubai - alla ricerca di nuovi investitori per il piano di opere pubbliche inserite nel Programma di accelerazione della crescita (Pac) lanciato dal governo. «Presenteremo progetti di investimento in Brasile e incrementeremo le relazioni commerciali e di partnership nei settori energetico, agricolo e industriale», ha annunciato Lula. Il capo dello Stato brasiliano incontrerà il principe ereditario, Mohammed bin Salman, e parteciperà a incontri con imprenditori locali organizzati dalla compagnia aeronautica brasiliana Embraer e dall'Agenzia brasiliana per la promozione delle esportazioni e degli investimenti. Il Brasile non ha mantenuto la promessa fatta all'Italia da Lula di votare la candidatura di Roma, perché non ha partecipato alle elezioni. Nemmeno l'Albania di Edi Rama ha votato per il nostro Paese. La premier Meloni ci contava, almeno così sembrava dagli scorsi mesi, dalle vacanze di agosto della premier nel Paese delle aquile. Invece, Tirana ha dato la sua preferenza a Riad, nonostante il tanto decantato accordo bilaterale sui migranti e i rapporti amici tra i due leader.
  3. SOLDI PER COPRIRE 90 MILIARDI DELLA TRUFFA SUPERBONUS : Tutte le banche d'affari lo avevano scritto in tempi non sospetti: la migliore ciambella di salvataggio per l'Italia nell'era dei tassi alle stelle sarebbero state le erogazioni del Piano nazionale di ripresa e resilienza. E così sta accadendo. Ieri la Commissione europea ha dato il via libera al pagamento della quarta rata del Recovery Plan. Vale 16, 5 miliardi e spinge il totale delle risorse erogate a 102 miliardi, più della metà dei 194 complessivamente previsti dagli accordi firmati tre anni fa dal governo Conte e rivisti la scorsa settimana. Giorgia Meloni esulta, e in effetti le premesse con le quali era iniziata la sua esperienza di governo non promettevano bene. La centralizzazione dei poteri di gestione a Palazzo Chigi è costata mesi di ritardi, ma ora la strategia sta portando risultati. Il ministro degli Affari europei Raffaele Fitto e il suo staff sono l'unico interlocutore con gli uffici della Commissione. Nel difficile lavoro di rinegoziazione del Piano l'operazione ha funzionato.
    L'aver ottenuto 102 miliardi non significa comunque il successo a prescindere del Pnrr: una volta ottenuti, i fondi vanno spesi e rendicontati, tenuto anche conto del fatto che meno di un terzo del piano è concesso a fondo perduto – circa 69 miliardi – il resto è a prestito. Il conto delle prime quattro rate dice che l'Italia ha già ottenuto 41 miliardi "gratis" dall'Unione, altri 60, 9 miliardi sono stati ottenuti a tassi vantaggiosi. «Dobbiamo attuare pienamente il Pnrr per rendere l'Italia più competitiva», ha detto la premier in un video diffuso sui social network pochi minuti dopo il sì di Bruxelles. Secondo le ultime stime del Ragioniere generale dello Stato Biagio Mazzotta, il sistema Italia fin qui è riuscito a spendere solo 46 dei 102 miliardi ottenuti, 26 dei quali utilizzati per i superbonus edilizi e gli investimenti in innovazione delle imprese. A precisa domanda, Fitto ha detto che «dopo il completamento della revisione potremo entrare nel merito delle cifre» ed ha rinviato alla relazione semestrale al Parlamento sullo stato di attuazione del Piano «a dicembre».
    Uno dei problemi più grossi, su cui Fitto ha promesso una soluzione in tempi rapidi, è la restituzione ai Comuni dei dieci miliardi di opere minori definanziate con la revisione, e i cui cantieri sono in molti casi già partiti. Secondo le stime del presidente dell'Associazione dei Comuni e sindaco di Bari Antonio Decaro i fondi spesi ammontano a tre miliardi. «Chiediamo certezze sui finanziamenti», dice Decaro. La revisione del Piano e i tempi ormai stretti per la rendicontazione dei cantieri (agosto 2026) costringono a correre. Un caso di scuola è quello dei fondi per l'agricoltura, che grazie alla revisione salgono da 3, 6 a 6, 5 miliardi. «Ora bisogna sostenere la capacità di investimento delle aziende», spiega il direttore generale di Confagricoltura Annamaria Barrile. La quarta rata appena ottenuta era quella in scadenza il 30 giugno di quest'anno. A luglio il governo aveva chiesto la modifica di dieci dei ventisette obiettivi, poi saliti a undici. Fra le richieste, la rimodulazione di una tranche di fondi per finanziare quel che resta da pagare allo Stato del superbonus dell'edilizia, l'ampliamento dei posti negli asili nido (l'obiettivo iniziale era di 265mila posti, sono scesi di circa centomila), la riduzione del numero complessivo delle colonnine di ricarica elettrica. Si era invece aggiunto (perché stralciato dalla terza rata), l'obiettivo intermedio per l'aumento dei nuovi alloggi per gli studenti universitari.
  4. L'UOMO CHE HA CAMBIATO SALVINI: La Corte di Cassazione ha confermato ieri la condanna a 5 anni 6 mesi per l'ex senatore ed ex banchiere Denis Verdini per bancarotta fraudolenta nel fallimento della Società Toscana di Edizioni che pubblicava il Giornale della Toscana.
    Confermate anche le condanne degli altri imputati, 5 anni all'ex deputato di Forza Italia Massimo Parisi, 3 anni ciascuno a Girolamo Strozzi Majorca, Pierluigi Picerno e Gianluca Biagiotti in qualità di amministratori della Ste. Il procuratore generale della Cassazione aveva chiesto l'annullamento della sentenza della corte di appello di Firenze nel maggio 2022 ma i giudici hanno dichiarato inammissibili i ricorsi degli imputati. Per motivi di salute Denis Verdini sta già scontando ai domiciliari, nella sua abitazione di Firenze, una precedente condanna definitiva a 6 anni 6 mesi per il crac del Credito Cooperativo Fiorentino, la banca di cui è stato presidente 20 anni.
  5. FINALMENTE : Svolta nell'inchiesta sull'incidente costato la vita a cinque operai travolti da un treno Anche l'azienda nel mirino della procura: perquisizioni e sequestri a Torino e Roma
    Brandizzo, faro su Rfi Indagati due dirigenti per la strage sui binari

    giuseppe legato
    claudia luise
    torino
    Che l'inchiesta della procura di Ivrea sulla strage ferroviaria di Brandizzo, in cui hanno perso la vita cinque operai della ditta Sigifer travolti da un convoglio di 11 vagoni mentre lavoravano sui binari - senza interruzione di linea - la notte tra il 30 e il 31 agosto scorsi, avrebbe prima o poi investito anche Rfi era qualcosa di più di un ragionamento logico. «Sono i padroni di casa» era un refrain ricorrente tra gli investigatori. «I binari li gestiscono loro». L'assunto fa il paio con quanto accaduto ieri: due manager dell'azienda sono indagati dai magistrati. Si chiamano Gaetano Pitisci e Andrea Bregolato: in linea diretta, ma non immediata, sono i superiori di Antonio Massa, caposcorta ai cantieri di Rfi, principale indagato per questa tragedia. Massa è l'uomo che – secondo i pm – diede il via libera agli operai a lavorare sui binari senza avere l'autorizzazione della dirigente movimento di Chivasso.
    I neo-indagati rispondono di omicidio colposo plurimo e disastro ferroviario colposo. Hanno profili collegati ma differenti. Pitisci, ingegnere, ad esempio, è considerato un direttore lavori. Responsabile di diversi cantieri nell'area attorno a Brandizzo. È – per capirci – l'uomo che decide il frazionamento degli appalti. Quanto devono durare i singoli interventi, quanto è congruo spendere per pagare le ditte incaricate dei lavori. Più di una volta – secondo l'ipotesi di reato contestata – Pitisci avrebbe concesso la cosiddetta deroga implicita, cioè una contrazione di tempi (e quindi costi) per accelerare la manutenzione, che ha chiaramente un effetto sulla sicurezza generale del cantiere. Questo istituto della deroga – sempre secondo i pm - non sconfina nel reato fino a quando si tratta di appalti non programmati (quindi urgenze). Ma quello di Brandizzo era calendarizzato da mesi. Per la proprietà transitiva gli inquirenti immaginano che il tempo stimato per quell'intervento potrebbe essere stato troppo breve. Da qui la discesa sui binari prima dell'inizio ufficiale e senza interruzione di circolazione. Il secondo profilo, quello di Bregolato, è questo: ha mansioni di gestione degli appalti ed è coordinatore della «sicurezza in esecuzione», se ne deduce che la procura contesti – a che grado non è noto – eventuali profili di omissione in tal senso. Sui controlli negli appalti? Sul rispetto delle regole basilari di sicurezza? Si vedrà.
    Ieri mattina la polizia giudiziaria ha consegnato anche una comunicazione giudiziaria a Gianpiero Strisciuglio, amministratore delegato di Rfi. Che non è accusato di alcunché, ma che - come responsabile legale dell'azienda - ha appreso che la stessa società di cui è responsabile legale, è iscritta nel registro degli indagati come persona giuridica. L'azienda Rfi – difesa dal legale Luigi Chiappero - è chiamata in causa dalla procura di Ivrea in base al principio, sancito dalla legge 231, secondo il quale è prevista la responsabilità amministrativa dell'impresa nei casi di omicidio colposo riconducibili a violazioni delle norme sulla sicurezza sul lavoro. Nelle sedi dell'azienda, su indicazione dei pubblici ministeri eporediesi, è stata prelevata la documentazione relativa all'organizzazione interna dei servizi - deleghe, organismi di garanzia, procedure - in materia di tutela dei lavoratori. E ancora: accordi quadro in materia di prevenzione incidenti, protocolli che regolano i controlli sui cantieri anche in regime di sub appalto: un elenco infinito di richieste nonostante Rfi, nelle scorse settimane, abbia consegnato alla procura copioso materiale richiesto prima della formalizzazione delle accuse.
    L'azienda, che da ieri mattina (e fino al tardo pomeriggio) ha subito perquisizioni e sequestri negli uffici di Torino Porta Nuova, Lingotto e Roma - ha diramato una nota in cui spiega di aver fornito «la massima collaborazione in assoluta trasparenza alla polizia e agli organi inquirenti che stanno indagando sulla causa dell'incidente». Nel frattempo è stata depositata la consulenza sulla scatola nera del treno che investì gli operai. Dalla relazione vengono escluse responsabilità del macchinisti.
  6. VACCINATI A RISCHIO Polmoniti in Cina
    "Dati sottostimati, il Covid rialza la testa A Natale doppio picco con l'influenza"
    "

    Gianni Rezza
    Vaccinazioni flop
    Ondata di influenza
    Paolo Russo
    ROMA
    Gianni Rezza, ex direttore della Prevenzione al ministero della Salute, ora professore straordinario di Igiene all'Università San Raffaele di Milano, non vede pericoli nel boom di polmoniti in Cina, ma lancia l'allarme per Natale quando si sommeranno il picco del Covid con quello dell'influenza. Con i fragili non vaccinati per errori nella logistica e cattiva organizzazione.
    Rezza, in che misura dobbiamo preoccuparci di questa ondata di polmoniti in Cina?
    «Diciamo subito che dopo quanto accaduto con il Covid vorremmo avere dalla Cina dati più dettagliati. Premesso ciò, in base alle informazioni che abbiamo l'allarme non c'è perché parliamo di un batterio, il Mycoplasma pneumoniae, che è sempre circolato anche da noi e che genera quelle che noi chiamiamo "walking pneuomonia", la polmonite che passeggia, perché raramente porta al ricovero. E poi se ci fosse un batterio o un virus nuovo si ammalerebbero tutti, invece vediamo che le polmoniti si stanno diffondendo soprattutto tra i bambini».
    Come mai?
    «Perché la Cina è stata in lockdown fino solo a un anno fa e lì, nel bene e nel male, la quarantena era una vera e propria reclusione. Quindi è plausibile la spiegazione che loro danno, ossia che la maggiore circolazione di questo batterio sia dovuta al fatto che i più piccoli sono venuti su senza mai incontrarlo, diventando così suscettibili a contrarre le infezioni».
    Però anche in Francia si è avuto un aumento del 34% delle polmoniti tra i bambini.
    «Se è per questo anche in Olanda. Ma chi cerca trova e i sistemi di sorveglianza, allertati dopo le notizie dalla Cina, stanno scoprendo casi che sarebbero rimasti nascosti. Un aumento delle polmoniti, così come di bronchioliti da virus sinciziale tra i più piccoli, è possibile che si verifichi anche da noi. Anche se credo in misura minore, perché in Italia le misure di isolamento sono finite prima ed erano comunque meno rigide».
    Come si cura questa forma di polmonite batterica?
    «Con normali antibiotici della famiglia delle tetracicline, come la doxicilina, o del gruppo dei macrolidi, come la claritromicina, l'eritromicina o l'azitromicina».
    Si dice però che il Mycoplasma pneumoniae sia resistente ad alcuni tipi di antibiotici...
    «Poiché le polmoniti che genera portano raramente all'ospedalizzazione, non è tra i più studiati per le antibiotico-resistenze. Può essere che abbia sviluppato qualche forma di resistenza verso l'azitromicina, della quale i No Vax hanno fatto uso improprio durante la pandemia, ma esistono comunque molte alternative terapeutiche per tenere sotto controllo queste polmoniti batteriche».
    Come siamo messi invece con il Covid?
    «Ne gira parecchio. Lo dicono i dati ufficiali, anche se ampiamente sottostimati, e lo si percepisce solo guardandosi intorno. Sapevamo che con il primo vero freddo avrebbe rialzato la testa, come fanno tutti i virus respiratori. L'importante è che non faccia troppi danni. Omicron ha una virulenza minore rispetto a Delta, però tra persone debilitate, anziani soprattutto se più in là con gli anni e immunodepressi può fare ancora danni seri quando si è persa la protezione del vaccino. Per ora registriamo un lento aumento delle ospedalizzazioni, ma la situazione potrebbe peggiorare se i contagi continueranno ad aumentare e le vaccinazioni non decolleranno».
    Perché finora la campagna vaccinale è stata un flop?
    «Per tre ordini di motivi. Il primo è la stanchezza vaccinale, subentrata per via del fatto che non essendo il Covid un virus stagionale come l'influenza ha costretto a fare più somministrazioni in corso d'anno. Poi ci sono stati problemi non risolti di logistica che hanno fatto arrivare in ritardo le fiale in diverse regioni, che a loro volta non hanno stipulato o lo hanno fatto in ritardo gli accordi per le vaccinazioni in farmacia. Ed è chiaro che, se uno è già indeciso e poi trova anche degli ostacoli, finisca per tirarsi indietro. Terzo, ogni fiala contiene sei dosi e questo richiede ai medici di famiglia di organizzare gruppi di pazienti per non sprecare i vaccini. Si sarebbe dovuto passare alla chiamata attiva dei più fragili ma non è andata così».
    Il monitoraggio settimanale dell'Iss va ancora bene o si potrebbe fare di meglio?
    «Il registro di sorveglianza dei dati sottostima i contagi perché si basa sui test che non fa quasi più nessuno. Bisognerebbe passare anche per il Covid, come si fa per gli altri virus, al sistema di rilevazione dei medici sentinella. Purché ci sia una buona adesione da parte dei medici stessi. E per questo c'è ancora da lavorarci su».
    Anche di influenza ne gira molta?
    «In realtà no perché tosse e mal di gola che osserviamo in giro questi giorni sono provocati soprattutto da rinovirus e altri virus parainfluenzali. L'ondata di influenza arriverà più tardi, probabilmente dopo Natale. Il problema è che potrebbe sommarsi al picco del Covid, con il rischio di ingolfare i pronto soccorso e i reparti ospedalieri».
    Cosa bisognerebbe fare per evitare che ciò avvenga?
    «Ovviamente vaccinare la popolazione più a rischio. Poi a costo di essere impopolare dico anche di consigliare ai più fragili l'uso delle mascherine in situazioni di promiscuità. Non da ultimo andrebbe chiesto ai medici di famiglia uno sforzo per tenere aperti più a lungo i loro studi, mentre le ex guardie mediche dovrebbero fare più visite a domicilio. So che i medici sul territorio sono sotto organico ma in questo momento serve uno sforzo collettivo». —
  7. NON C'E FUTURO : Domani inizia a Dubai il più importante appuntamento di diplomazia climatica dell'anno, la Cop28 – dove Cop significa "Conferenza delle parti", organizzata dalle Nazioni Unite, e 28 è il numero dell'edizione, una all'anno dal 1995 (escluso il 2020). Come arriva il mondo all'evento? Come i bambini al primo giorno di scuola: distratti dall'estate e senza aver fatto i compiti per le vacanze. Fuori di metafora: il mondo ribolle, guerre e crisi attirano le principali attenzioni, e gli Stati sono lontanissimi da risultati concreti, nonostante anni di solenni promesse. Oltre ai progressi mancati, ieri è arrivata un'altra pessima notizia. Papa Francesco ha annunciato di non riuscire a partecipare all'evento per motivi di salute. Sarebbe stato il primo pontefice a partecipare a una Cop. Negli scorsi mesi aveva pubblicato l'aggiornamento alla sua enciclica ambientale Laudato Si' chiedendo progressi globali in materia di giustizia climatica. Non è l'unico assente illustre: Biden e Xi hanno già dato forfait (mentre rimane confermato re Carlo III). La Cop inizia ancora più in salita del previsto.
    La febbre del Pianeta
    Inquadriamo il contesto. Il 2023 sarà l'anno più caldo di sempre secondo le proiezioni dell'ente europeo Copernicus. La media delle temperature globali ha già superato la soglia di +1,2°C (1,3°C secondo stime più aggiornate) rispetto l'era pre-industriale. Da quando bruciamo petrolio, gas e carbone la concentrazione di anidride carbonica (la famigerata CO? che genera l'effetto serra) nell'atmosfera ha raggiunto livelli mai visti nella storia della civiltà umana: oltre 420 parti per milione (+40% rispetto i livelli massimi raggiunti negli ultimi 800.000 anni). L'indicatore della CO? è ancora più importante della temperatura. Per fare un altro paragone, è come impostare la potenza del forno: la temperatura si assesta più lentamente. Con gli Accordi di Parigi (Cop 21) gli Stati avevano raggiunto l'accordo di limitare il surriscaldamento entro i +2°C e possibilmente intorno a +1,5°C, l'unica soglia considerata sicura dagli scienziati.
    Il divario nelle emissioni
    L'ente dell'Onu che organizza le Cop, l'Unfccc, ha quantificato il divario tra promesse e realtà. L'Onu ha preso il riferimento delle emissioni 2019: per rallentare il surriscaldamento globale e dimezzare le possibilità di superare i +1,5°C, i Paesi dovrebbero ridurre le emissioni globali del 43% entro il 2030. Ma per come ci stiamo comportando finora siamo destinati a una riduzione di appena il 2%. Una bocciatura completa. Nelle prossime due settimane di negoziati, l'obiettivo è rimettersi in carreggiata. È questo uno dei primi obiettivi di Dubai: accettare che il "Global stocktake", il bilancio da fare ogni 5 anni sugli obiettivi raggiunti o dimenticati, diventi uno strumento non solo di mero studio ma una roadmap per correggere gli errori.
    Fonti fossili e rinnovabili
    Negli Emirati Arabi Uniti saranno presenti 70.000 delegati da tutto il mondo. Nella prima settimana aspettiamo annunci da parte di singoli Stati o gruppi di Paesi: nuovi progetti e promesse "verdi". Nella seconda settimana invece si entrerà nel vivo dell'accordo finale. A guidare i lunghissimi negoziati, in cerca di un documento approvato all'unanimità, ci sarà il sultano Al-Jaber, ministro del Paese e amministratore delegato dell'azienda petrolifera Abu Dhabi National Oil Company. Nell'ultimo anno ha provato a convincere il mondo della sua buona fede, ma proprio due giorni fa un'inchiesta giornalistica ha rivelato i suoi piani sotterranei per siglare durante l'evento nuovi accordi di estrazione.
    Proprio sul tema dei combustibili fossili si gioca la partita più importante. L'Agenzia internazionale per l'energia sostiene che non si possano più avviare nuovi progetti di estrazione, ma i Paesi ricchi di oro nero e idrocarburi sperano che i negoziati possano permettere eccezioni. Sarà con tutta probabilità messo nero su bianco l'impegno globale di triplicare la produzione di energia rinnovabile entro il 2030, forse il risultato più importante sul tavolo (ma i Paesi più "verdi", incluso il blocco Ue, non vogliono che questo giustifichi gli Stati più inquinatori).
    La finanza e gli aiuti
    L'anno scorso la Cop27 si era chiusa con un risultato storico: era stato riconosciuto il principio della giustizia climatica (chi ha inquinato di più, cioè l'Occidente è responsabile e deve sostenere i Paesi più vulnerabili). Era stato approvato il fondo Loss and Damage, ma il dibattito si è arenato sul funzionamento e la gestione dei flussi di denaro. Lo stesso si può dire della finanza verde, grande mito e grande promessa delle Cop ma dai meccanismi operativi ancora lenti.
    Ecco perché le Cop sono come il primo giorno di scuola: arriviamo impreparati, pieni di grandi speranze per il nuovo anno. Pronti con le nostre promesse di studio, consapevoli che una parte sarà disattesa. Speriamo non tutte.
  8. STIAMO MORENDO MA NON VOGLIAMO ACCORGERCENE RIFIUTANDO L'H2: «Diamo sempre per scontata la salute, nostra e del pianeta. Nonostante i grandi progressi, ci sono ancora molte vulnerabilità: il cambiamento climatico è tra queste». La virologa Ilaria Capua da decenni si occupa di salute globale. Sarà collegata oggi per il convegno organizzato da Amref a Torino dedicato a "One Health", una concezione triplice della salute: salute umana, animale e dell'ambiente vanno affrontate insieme.
    Professoressa, a confronto dei rischi del cambiamento climatico, il Covid era solo un "assaggio"?
    «Sono due fenomeni diversi. Ma sono sintomi della stessa patologia, ovvero la mancanza di rispetto per ciò che ci circonda. La pandemia ci ha aperto gli occhi su questo rapporto, il cambiamento climatico sta avendo lo stesso effetto. Dopo decine di anni in cui ne parlavano solo gli scienziati, ora lo vediamo tutti. Per il caldo record, gli eventi meteo estremi. Ci stiamo avvicinando a un punto di rottura con un sistema che ci ospita, che è un sistema chiuso».
    Cosa intende per sistema chiuso?
    «Faccio un esempio: avete presente i terrarium, quelle teche o vasi chiusi al cui interno vengono messe delle piante? Ecco il nostro Pianeta è la stessa cosa: le sue risorse non sono infinite e i nostri gesti nei suoi confronti non sono privi di conseguenze. Il mare non è lo scarico dove buttare tutta la plastica del mondo, alberi e oceani non possono assorbire tutte le emissioni in eccesso. Le zoonosi, ovvero le malattie che si trasferiscono da animali a uomo sono in crescita a causa dei disequilibri causati dall'essere umano. Oggi lo sappiamo e non possiamo più voltare lo sguardo dall'altra parte».
    La rivista Lancet ha ricordato come l'aumento di temperature ha aumentato dell'85% le morti globali nella popolazione anziana rispetto 10 anni fa. Come si affronta il climate change dal punto di vista della salute pubblica?
    «Affrontandolo in maniera multidisciplinare, circolare e sostenibile. Lo stesso concetto di "One health", molto dibattuto da medici e veterinari, necessita di essere aggiornato. La pandemia, e il nostro modo di reagire al virus, con la diffusione del negazionismo, ha dimostrato che è necessario lavorare anche a livello antropologico, sulla comunicazione e il mondo dell'informazione. Ci sono molti fattori che influenzano la salute pubblica, forze legate al nostro comportamento sociale che vanno affrontate».
    Può fare un esempio "pratico"?
    «Uno dei fattori più dirompenti degli ultimi anni è l'inquinamento da plastica, e in particolare le microplastiche. Hanno ripercussione su tantissimi ambiti, dalla biodiversità alla salute umana, visto che ne hanno trovato tracce persino nel cordone ombelicale dei neonati. Secondo uno studio ingeriamo una quantità di plastica pari a una carta di credito a settimana, sette grammi. La plastica ha un forte potere legante, che attira a sé molecole tossiche, metalli pesanti. Questo ruolo di veicolo di sostanze tossiche potrebbero causare effetti sulla nostra salute».
    C'è una bussola da tenere sempre a mente?
    «Il principio guida ce lo insegnano i greci, che avevano capito tutto senza poterlo dimostrare scientificamente. Acqua, terra, aria, fuoco. La salute globale è governata dall'equilibrio di questi elementi, e dell'equilibrio che c'è tra di loro. Abbiamo il compito di non perturbare l'equilibrio, e lavorare agli obiettivi di sostenibilità dettati dalle Nazioni unite: così si ottengono benefici ad ampio spettro».
    Eppure continuiamo a inquinare, e il negazionismo è pervasivo. Come trova motivi di speranza?
    «Il negazionismo della pandemia ha aggravato la situazione. Succede la stessa cosa con il cambiamento climatico. Perciò io credo che investire in consapevolezza possa avere un potere enorme. Sono le persone a generare grandi cambiamenti, non i politici. Ho anche fiducia nella ricerca e nell'educazione: se le risorse economiche vanno nella direzione giusta possiamo ottenere grandi risultati»
  9. LA PUBBLICITA' DEL VELENO CHE INGURGITIAMO: La 28° conferenza sul clima delle Nazioni Unite (Cop28) che inizierà domani a Dubai prende il via in un'atmosfera poco confortante. L'assenza di Biden e di Xi Jinping è sintomo di un progressivo disinteresse? E il forfait all'ultimo di Papa Francesco per malattia depotenzierà il summit? Per il secondo anno di fila, proprio mentre la crisi climatica si manifesta in maniera dirompente e diffusa, la Cop si terrà in un Paese, gli Emirati Arabi, con uno spazio civico chiuso, dove il dissenso e la difesa dei diritti umani possono portare all'incarcerazione. Nei vertici multilaterali del genere la presenza della società civile che si mobilita per chiedere maggiori impegni è fondamentale. E lo è ancora di più quando è ormai certo che il 2023 sarà l'anno più caldo mai osservato: a novembre abbiamo superato per la prima volta i 2°C di aumento della temperatura media globale su base giornaliera. Non esagera dunque Guterres, Segretario Generale dell'Onu, ad affermare che è finita l'era del riscaldamento globale ed è arrivata quella dell'ebollizione. I toni sono meno drammatici, ma la conclusione a cui giunge il sesto rapporto di valutazione del IPCC, il report scientifico più autorevole sui cambiamenti climatici, è la medesima: dobbiamo agire urgentemente. È ancora nelle nostre possibilità limitare l'aumento della temperatura a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali, così come siglato da 195 Paesi nell'Accordo di Parigi del 2015. Cito questo accordo perché durante la Cop28 si analizzeranno i risultati di quell'incontro. Sappiamo già che i progressi fatti sono insufficienti. La governance globale presente al vertice saprà fornire soluzioni concrete e ambiziose che consentano all'umanità di rimettersi in carreggiata nella riduzione delle emissioni? Questo è il vero riscontro che attendiamo.
    In mezzo allo sconforto c'è una nota positiva: dopo che la Cop27 ha ideato per la prima volta un padiglione al cibo, quest'anno la trasformazione dei sistemi alimentari è tra le priorità dell'agenda del vertice. Il 10 dicembre sarà dedicato ad alimentazione, agricoltura e acqua con numerosi eventi tematici e un incontro istituzionale di alto livello. Contestualmente gli Emirati Arabi stanno predisponendo una dichiarazione su agricoltura sostenibile, sistemi alimentari resilienti e azione climatica. D'altronde i sistemi alimentari nel loro complesso - produzione, trasformazione, trasporto e consumo - sono responsabili del 35% delle emissioni di gas serra. Trascurarli o trattarli parzialmente è stata una grave mancanza. Dico questo anche perché i sistemi alimentari hanno la particolarità di essere una sorta di Giano Bifronte; contemporaneamente carnefici e vittime del mutare del clima. A causa del riscaldamento, del cambiamento nelle precipitazioni, dell'aumento in frequenza e intensità di eventi estremi, la crisi climatica sta infatti impattando negativamente sulla sicurezza alimentare e idrica di migliaia di comunità nel mondo (specialmente le più vulnerabili che storicamente hanno contribuito meno a causarla). Le conseguenze sono legate a una minore disponibilità di cibo, a una inferiore qualità della dieta e un aumento di malattie legate alla nutrizione. La positività data dalla rilevanza che avrà il cibo deve però essere accompagnata da cautela e da un attento monitoraggio dei contenuti che entreranno o meno a far parte del dibattito. Cito quello più scomodo: non si può pensare di trasformare i sistemi alimentari senza affrontare le radici dell'attuale insostenibilità. È giunto il tempo di dismettere il modello agroindustriale che ha dominato negli ultimi cinquant'anni causando perdita di biodiversità, deforestazione, degrado e contaminazione di suolo e acqua. Un sistema che in nome della produttività ha brevettato i semi e ha imposto agli agricoltori di piantarli su ampie distese di monoculture privandoli così della loro sovranità alimentare, che ha legittimato lo spreco alimentare come una variabile fisiologica al sistema, e che ha creato un binomio quasi indissolubile tra produzione di alimenti e consumo di fonti fossili; ormai utilizzate in tutte le fasi della filiera: dalla fabbricazione di fertilizzanti e pesticidi, passando per gli imballaggi plastici, il trasporto, senza tralasciare la produzione vera e propria del cibo. Si stima che i sistemi alimentari siano responsabili di almeno il 15% dei combustibili fossili bruciati. In questo senso la transizione energetica verso fonti rinnovabili è condizione necessaria alla transizione dei sistemi alimentari. Il fatto che il presidente della Cop28, il Sultano Ahmed al Jaber, sia anche il capo dell'11° azienda per produzione globale di petrolio e gas, non fa ben presagire. Così come non lo fa l'assenza dal programma dell'agroecologia; pratica riconosciuta dalla FAO, dall'IPCC e da molteplici movimenti per il contributo positivo che la sua adozione ha sulla salute del pianeta e delle persone. Trovano invece ampio spazio innovazioni tecnologiche quali l'agricoltura climate smart, la carne sintetica, l'applicazione dell'intelligenza artificiale al settore agroalimentare etc., che non mettono in discussione il modello lineare, industriale ed estrattivista.
    Senza cambio di paradigma, senza riconciliazione con la natura è però difficile immaginare come poter raffreddare l'ebollizione globale. Il tempo stringe ed è dovere dei presenti alla Cop28 usarlo sapientemente.
  10. ART.21 DELLA COSTITUZIONE ? Don Ruggero Marini, 72 anni, è un parroco di solidarietà militante, di attenzione agli ultimi, di tutela dei più fragili, di lotta per le minoranze. Nessun timore a schierarsi, nemmeno quando la questione è politica. La sua omelia del 3 gennaio 2021, però, è stata considerata dai giudici oltre i limiti e il parroco di La Loggia è stato condannato per diffamazione al pagamento di 400 euro.
    Dal pulpito, don Marini aveva elogiato la scelta del sindaco Domenico Romano di demansionare due fuzionari comunali. «Lo voglio dire ad alta voce, ringrazio il sindaco per queste nuove scelte. Rivisitando dei ruoli ha finalmente sbloccato questo paese». Il parroco aveva poi redarguito i dipendenti pubblici per aver causato la «perdita di Ikea» e di altre «aziende». E di «aver messo in croce tanti privati. Perché certe miopie o la visione del proprio interesse lede il bene comune». E ancora. «Non è un totem il bene comune: è fatto di bambini, di poveri, di malati, di anziani». Il filmato della messa era stato pubblicato su Youtube e sulla pagina facebook della parrocchia. L'omelia era finita sotto il faro della procura e don Marini a processo per diffamazione aggravata «per aver offeso - è scritto nella richiesta di rinvio a giudizio firmata dal pubblico ministero Gianfranco Colace - la reputazione dei due funzionari accusandoli di aver giocato sporco».
    In molti, in quei giorni, si erano andati a confidare con don Marini. A raccontare preoccupazioni. E lui ora non nasconde l'amarezza. È vero, «le sentenze non si commentano, ma si accettano». Spera però «in un intervento illuminato del vescovo a tutela di noi parroci chiamati ad ascoltare e sostenere chi è in difficoltà». Senza fare sconti a nessuno. Questa sentenza, aggiunge don Marini, «la ritengo un impedimento alla mia libertà critica e al mio ruolo di parroco». In particolare quando, «come pastore e testimone del bene comune, sono stato chiamato in causa da numerose persone che in quel momento non si sono sentite né tutelate né protette».

 

 

 

 

28.11.23
  1. Il disappunto di John Schmidtlein, avvocato di Google, dice tutto. Neanche uno squalo del foro come lui […] è riuscito a trattenere una smorfia quando il testimone – un “suo” testimone – ha rivelato il segreto industriale che nessuno doveva conoscere.



    “Trentasei per cento”, si è fatto scappare Kevin Murphy, professore di economia chiamato a supportare le ragioni di Google e che invece potrebbe aver fornito all’accusa, il governo degli Stati Uniti, un’arma formidabile. Trentasei per centro: cioè il prezzo dell’accordo che Google ha stretto con Apple, comprando il privilegio di essere il motore di ricerca predefinito sugli iPhone della Mela e retrocedendole in cambio oltre un terzo dei relativi ricavi pubblicitari.

    Per l’Antitrust americano è la pistola fumante, la prova che Google limita la concorrenza, assicurandosi a suon di miliardi una quantità di traffico e dati impareggiabile. Costruendo una barriera che nessun concorrente può superare.



    Uno squarcio dentro il processo economico del secolo, in cui la prima sfida tra pubblica accusa e privata difesa è stata proprio sulla trasparenza, con Google che ha lottato per secretare il più possibile. Arriva all’ultima settimana di dibattimento, quando sembrava che le carte fossero già tutte sul tavolo.



    E invece, in un rocambolesco autogol, va agli atti il valore dell’accordo degli accordi, quello che conduce a Google chiunque acquisti un iPhone. Nei giorni scorsi il New York Times aveva rivelato che nel 2021 erano stati retrocessi verso la Mela ben 18 miliardi di dollari.



    L’infortunio del professor Murphy aggiunge il valore relativo, pure più rilevante: per comprarsi quel privilegio Google rinuncia a oltre un terzo degli incassi.



    […] La questione da dirimere è intuitiva: Google domina le ricerche online – le nostre vite – perché è il migliore motore di ricerca o perché usa il suo potere per tagliare fuori gli altri?



    […] per provare la condotta illecita il governo americano deve dimostrare vari assunti: che la ricerca e la pubblicità sono mercati ben definiti, che Google li domina, che lo fa attraverso pratiche di esclusione. Punti che la società contesta uno ad uno, per esempio dicendo che lo status “di default” […] non impedisce agli utenti di cambiare impostazioni e usare un motore alternativo. Argomento spalleggiato dalla stessa Apple, rivale di Google in molti campi ma qui interessatissima alleata.

    Eppure, […]la decisione di Amit Mehta, il giudice chiamato a dirimere e, in caso di colpevolezza, rifare i connotati a Google, potrebbe essere influenzata anche dalle impressioni. E il valore del patto d’acciaio con Apple una certa impressione la fa. […]
  2. PUTIN DIAVOLO FRA DIAVOLI INTERNAZIONALI : Come fanno gli oligarchi di Mosca a sfuggire alle sanzioni di guerra? Com'è possibile che restino padroni di società anonime, attive in tutto il mondo, che controllano aziende, fabbriche, impianti di energia, ville, alberghi, yacht, opere d'arte, squadre di calcio? È vero che ci sono politici e giornalisti europei al soldo di Putin? A questi dubbi risponde Cyprus Confidential, un'inchiesta giornalistica internazionale che porta alla luce il lato oscuro del sistema finanziario della piccola nazione europea di lingua greca.



    Cipro è descritta da almeno vent'anni a livello internazionale come «il paradiso degli oligarchi». Prima della guerra in Ucraina, le banche dell'isola erano arrivate a gestire ricchezze russe per oltre 200 miliardi di dollari. Dal 2022, dopo l'attacco di Mosca a Kiev, le autorità cipriote si sono impegnate ad applicare le sanzioni contro il regime di Putin […]

    L'inchiesta Cyprus Confidential mette in dubbio l'efficacia delle sanzioni. I giornalisti hanno potuto esaminare una massa di documenti riservati di sei grandi studi professionali, con base nell'isola, che gestiscono società anonime per ricchi clienti di tutto il mondo: dalle carte sono emersi i nomi di ben 96 oligarchi sanzionati. Almeno 25 di loro risultano sottoposti ai vincoli internazionali fin dal 2014. Ma hanno potuto continuare a muovere fiumi di denaro, segretamente, con la copertura dei fiduciari della nazione europea.



    Cyprus Confidential è il nome di un'inchiesta, coordinata dal consorzio Icij, che ha unito oltre 250 giornalisti di 55 Paesi, tra cui L'Espresso in esclusiva per L'Italia. I cronisti di decine di testate diverse hanno lavorato insieme per più di sei mesi, come una redazione collettiva, per esaminare una montagna di carte riservate, provenienti dai sei studi legali e fiscali di Cipro.
    Si tratta di oltre 3,6 milioni di documenti ottenuti dai reporter tedeschi di Paper Trail Media, con il contributo di DdoSecrets (Distributed Denial of Secrets) e Occrp, che li hanno condivisi con i giornalisti di Icij. […]



    Tra gli studi frequentati dagli oligarchi russi c'è anche quello fondato dal più importante avvocato e politico di Cipro, Nicos Anastasiades, che è stato Presidente della Repubblica dal 2013 fino all'inizio di quest'anno. Quando è diventato capo dello Stato, ha ceduto l'attività professionale alle due figlie, che la gestiscono tuttora. Mentre era presidente, Anastasiades ha incontrato più volte Vladimir Putin a Mosca e si è impegnato pubblicamente a promuovere i rapporti economici tra Cipro e la Russia. Nello stesso periodo, come mostrano le carte riservate, lo studio di famiglia acquisiva la gestione fiduciaria di ricchissime società anonime che risultano controllate da miliardari russi sanzionati per i legami con il regime di Putin. Alle domande dei giornalisti di Cyprus Confidential, lo studio ha risposto che «nessuno dei nostri professionisti è mai stato accusato di alcun tipo di illecito». E ha sottolineato che nel 2019, dopo i primi articoli della stampa internazionale sui rapporti con alcuni oligarchi, «l'Agenzia anti-riciclaggio di Cipro ha aperto un'indagine molto approfondita, che ha escluso qualsiasi coinvolgimento del nostro studio in condotte illegali o attività sospette».

    I documenti alla base dell'inchiesta giornalistica partono dal 1995 e arrivano fino all'aprile 2022. Le carte provengono da sei studi di consulenze legali e fiscali (ConnectedSky, Cypcodirect, Djc Accountants, Kallias & Associates, MeritKapital, MeritServus) e da un sito, I-Cyprus, gestito da una ditta della Lettonia, che pubblica a pagamento gli atti ufficiali di tutte le società registrate a Cipro.



    I risultati dell'inchiesta dimostrano con ampia evidenza l'importanza degli oligarchi nel sistema finanziario dell'isola: tra i 104 miliardari russi censiti da Forbes, almeno 67, cioè due terzi, sono clienti degli studi di Cipro, spesso con tutta la loro ricchissima famiglia. Per ciascun oligarca, oltre a gestire le società cipriote, i fiduciari amministrano costellazioni di offshore, con sedi tra British Virgin Islands, Jersey, Panama, Dubai e altri paradisi fiscali.


    Tra i clienti russi degli studi di Cipro, l'inchiesta ha identificato 44 «persone esposte politicamente»: politici, pubblici ufficiali, dirigenti di aziende pubbliche, che le norme finanziarie internazionali impongono di schedare, con i loro familiari, per prevenire rischi di corruzione e riciclaggio, cioè per evitare che possano usare società estere per nascondere tangenti o altre ruberie. I loro nomi però restano scritti solo nelle carte riservate dei fiduciari e consulenti, finora inaccessibili.



    Cyprus Confidential rivela inoltre che quasi 800 società anonime internazionali (trust e offshore) fanno capo a oligarchi russi sanzionati fin dal 2014. In molti altri casi, le misure sono scattate dopo l'aprile 2022, quando si fermano i documenti disponibili, per cui non è possibile stabilire con certezza se e quali professionisti ciprioti abbiamo continuato a lavorare per quei clienti russi anche dopo le ultime sanzioni. Oggi tutti gli studi interpellati sostengono di non aver mai violato le sanzioni collegate alla guerra in Ucraina da quando sono entrate in vigore, dopo la primavera 2022.

    A Cipro operano anche colossi mondiali delle consulenze come la Pwc, che ha una filiale locale con più di mille dipendenti. I documenti interni mostrano che la sede di Cipro ha aiutato un ricchissimo oligarca, Alexey Mordashov, a trasferire un tesoro da un miliardo e mezzo di euro a misteriose società anonime: un'operazione molto sospetta, perché risulta eseguita lo stesso giorno in cui il patron della Severstal - il gigante russo dell'acciaio, energia e miniere, che fino a pochi anni fa controllava anche l'ex Lucchini di Piombino – veniva colpito dalle sanzioni internazionali.

    Una serie di pagamenti riservati portano anche a Hubert Seipel, giornalista tedesco, scrittore e personaggio televisivo, che da qualche anno è impegnato a difendere pubblicamente il governo di Mosca e la figura di Vladimir Putin, a cui ha dedicato due libri. Seipel è stato ricevuto personalmente dal presidente russo e ha anche diffuso le immagini di una battuta di caccia insieme a Putin. Il giornalista, che oggi ha 73 anni, ha sempre respinto con veemenza («No!») l'accusa di aver ottenuto vantaggi economici in cambio dell'appoggio a Mosca.


    Le società anonime con base a Cipro sono state utilizzate anche da personalità di molte altre nazioni. Tra i politici di fama internazionale c'è l'ex campione di pugilato Vitali Klitschko, eletto per due volte sindaco di Kiev: in passato aveva appoggiato un presidente filo-russo, ma negli ultimi anni si è staccato da Mosca e con l'inizio della guerra è diventato uno dei personaggi simbolo della resistenza ucraina. Con lui, nelle carte delle offshore di Cipro, è registrato suo fratello Vladimir.



    Tra gli altri politici che hanno fatto scalo nel paradiso fiscale europeo c'è l'ex ministro delle finanze austriaco, Karl-Heinz Grasser, e un esponente in carica del governo della Guinea Equatoriale.

    Cipro è stata usata come base per trattative economiche segrete anche da regimi dittatoriali. La Syrian Petroleum Company (Spc), la compagnia petrolifera statale controllata dal governo di Bashar Assad, ha trattato diversi affari, dal 2014 al 2019, utilizzando come tramite una compagnia di Cipro. La Siria è finita sotto embargo internazionale dal 2011, dopo la feroce repressione delle rivolte popolari contro il regime, per cui le compagnie statali non hanno più potuto firmare contratti direttamente con aziende occidentali. Le carte ora mostrano che, attraverso lo studio Demetriades di Cipro, la Spc ha comunque potuto ordinare attrezzature petrolifere a una società americana.



    I documenti disponibili descrivono nei dettagli le merci trattate, ma negli studi di Cipro non ci sono le ricevute di consegna, per cui non è chiaro se la Siria abbia effettivamente ottenuto quei prodotti americani, in plateale violazione dell'embargo. Un portavoce della compagnia statunitense ha assicurato al consorzio Icij di «non avere trovato evidenze» che quelle forniture siano state eseguite. Ma se erano solo parole, come mai le trattative commerciali sono andate avanti per cinque anni, per prodotti sempre diversi? Dalle società interessate, su questo punto, nessuna risposta.


    A partire dal prossimo numero, in edicola da venerdì 17 novembre, L'Espresso pubblica in esclusiva per l'Italia le notizie dell'inchiesta Cyprus Confidential che riguardano aziende, luoghi e personalità del nostro Paese.Nel luglio del 2017 – mentre Roman Abramovich metteva sotto contratto per il Chelsea uno degli allenatori in quel momento più quotati del mondo, l’italiano Antonio Conte, con un contratto da 12,5 milioni di dollari all’anno per due anni – una società delle Isole Vergini Britanniche di proprietà di Abramovich pagava circa 13 milioni di dollari a Federico Pastorello, un agente di calcio italiano che dichiarò al quotidiano The Telegraph di essere stato «molto coinvolto quando [Conte] era manager del Chelsea».



    Non c’è prova che quei soldi della seconda transazione – che avviene nelle stesse settimane del contratto ufficiale dell’allenatore del Chelsea – abbiano a che fare con Conte, e non è emersa prova di reati da parte di Conte. Ma la transazione offshore di Abramovich verso Pastorello, schermata da un network opaco di società offshore, solleva diversi inquietanti interrogativi, che riguardano sia il mondo del calcio sia le operazioni di interferenza dei soldi opachi russi nelle democrazie europee.

    La transazione fa parte di una dozzina circa di accordi che riguardano il mondo del calcio e che sono stati visionati dal Consorzio di giornalisti investigativi Occrp, tutti accordi che riguardano pagamenti effettuati da società offshore di Abramovich.



    I file provengono dai leaks di Cipro dell’azienda fornitrice di servizi aziendali MeritServus, sono stati ottenuti dal gruppo di whistleblower Distributed Denial of Secrets e inizialmente condivisi con Occrp e altre organizzazioni giornalistiche europee, in una collaborazione investigativa globale guidata dall’International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ) e da Paper Trail Media.

    Esperti di finanza dello sport sostengono che Abramovich potrebbe aver usato questi metodi offshore e questi pagamenti di terze parti per aggirare le regole sul fair play finanziario introdotto nel 2011 dalla Uefa.
    Naturalmente c’è poi l’aspetto politico della questione: come gli oligarchi russi hanno usato il calcio come pura leva di influenza in Europa. Altri accordi multimilionari che emergono dall’indagine Cyprus Confidential per esempio collegano Abramovich a John Bico, l’ex agente della stella del Chelsea Eden Hazard, e al miliardario russo Suleiman Kerimov, che a quell’epoca era il proprietario di un club russo (l’Anji Makhachkala) che vendette al Chelsea il bomber Samuel Eto’o e Willian.

    Kerimov, uno degli oligarchi considerati legati al tesoro personale di Putin, aveva convinto Eto’o a lasciare Milano per vivere a Makhachkala, una città segnata da drammatici problemi di criminalità, guerre per bande etniche e violenze religiose (seguito a breve dal brasiliano Roberto Carlos, all’epoca fece scalpore che del pagamento di Kerimov facesse parte una Bugatti dal valore esorbitante).



    Abramovich, stando ai leaks emersi da Cipro, avrebbe anche prestato decine di milioni di dollari, attraverso sue società, a una società che in ultima analisi era di proprietà del figlio del presidente del club russo Cska Mosca. Ulteriore piccolo problema: il Cska era in competizione contro il Chelsea nella Champions League di quell’anno.

    La storia della transazione da Abramovich a Pastorello viene così ricostruita dal Consorzio investigativo internazionale: Abramovich pagò Pastorello per acquisire una partecipazione di maggioranza in una ignota società di sua proprietà nello stato americano del Delaware, chiamata Excellence Investment Fund (Eif Llc).



    L’azienda non svolgeva attività pubblica, non aveva prodotti e attività di mercato, e non è chiaro quale fosse il profilo che giustificasse questo pagamento. Che avvenne tramite una società di Abramovich, Conibair Holdings Limited, del tutto slegata formalmente dal Chelsea, e che aveva incorporato come holding uno dei jet privati di Abramovich.



    Di fronte alle domande di Occrp Pastorello ha rifiutato di commentare, ha solo detto: «Conte non è un nostro cliente». Nel 2021 Pastorello dichiarò al Telegraph di non essere l’agente di Conte, ma ammise di averlo aiutato nel 2017 per un possibile trasferimento di un giocatore che non andò poi a buon fine. Conte non ha risposto alle richieste di commento di Occrp.
  3. IL SANGUE DI GESU' CHE RICADE SULLE GENERAZIONI : Fissiamo il punto essenziale: tra israeliani e palestinesi una pace è possibile? La pace, non una tregua, una "hudna", raccomandata negli astuti manuali di guerra arabi, il cessate il fuoco che conviene ai calcoli di ciascuna delle parti per rafforzarsi o perché la pressione degli "amici" potenti e ricchi, Stati Uniti, Iran, petroemiri, è troppo forte per dire no. Dopo il sette di ottobre può riuscire quello che non è mai stato possibile nei precedenti settantaquattro anni, che sono stati un seguito di tregue e di guerre? Oppure siamo di fronte a un conflitto che non contempla soluzioni, come per chi, affetto da una malattia cronica, non dispone di una cura ma solo di palliativi e rimedi temporanei?
    Diciamolo: il tempo trascorso spaventa. Quando palestinesi ed ebrei hanno iniziato a uccidersi Truman era presidente degli Stati Uniti, a Mosca vigilava il sorriso feroce di Koba il terribile, al Cairo re Faruk in divisa di maresciallo con accanto una bellezza scovata in un night club dirigeva le sgangherate operazioni sul fronte di Gaza e Nasser appena nominato tenente scopriva l'umiliazione di non riuscire a liberare Gerusalemme. Non esistevano l'Olp e i bluff di Arafat. I palestinesi, sudditi del re della Transgiordania, obbedivano alle predicazioni infuocate di Jamal Husseini che non si toglieva mai il corpetto a prova di pugnale che gli aveva regalato il suo grande alleato Hitler. A Tel Aviv c'era la generazione dei fondatori che per la dura realtà stavano riponendo nel cassetto il sogno di una redenzione degli ebrei attraverso il lavoro manuale, uno Stato dove i contadini fossero più importanti dei filosofi.
    Dopo settantaquattro anni il bilancio è desolante. Alcuni Stati arabi hanno accettato Israele ma per coloro che dovrebbero vivere nella stessa terra la sintesi è: terrorismo e contro terrorismo. Il cappio della memoria delle colpe rispettive non si è allentato di un millimetro. Mancano per la pace idee, ipotesi, programmi. Manca tutto. Siamo nell'epoca del precariato diplomatico e militare, si sopravvive di proroghe a tempo determinato. Nulla di ciò che viene proposto ha la minima possibilità pratica di realizzarsi. La formula miracolistica e già sgonfia "due popoli e due Stati" serve solo ai furbi occidentali che fingono di credervi per fare bella figura alle conferenze stampa. Per realizzarla occorrerebbe svuotare la Cisgiordania di centinaia di migliaia di coloni ebrei messi proprio per renderla impossibile. Non sono certo tutti dei bigotti paranoici con intenti messianici, molti sono andati lì perché attratti dalle facilitazioni sulle case e sgravi fiscali. Chi eliminerà lo "Stato dei coloni" dalla carta geopolitica? Chi ordinerà agli ebrei di sparare sugli ebrei?
    E poi ci sono "le soluzioni pacifiche": inutili perdite di tempo. Ovvero la smilitarizzazione di Gaza affidata con un mandato alla Nato (Ancora? Anche qui?) o agli inutili caschi blu? Hamas dovrebbe esser così gentile da annullarsi, consegnare le armi e metter nel cassetto la sua idea costitutiva, ovvero piantare la bandiera di Allah su ogni centimetro quadrato di Palestina. In ogni caso per toglier la voglia ai pacificatori avrebbe pronti i martiri con cintura esplosiva e pensione garantita alle famiglie. Ci sono poi i soliti "Candide", intellettuali e politici che propongono di far sorgere dal libro delle fiabe un solo Stato dove tutti, arabi ed ebrei, avrebbero diritto di voto. Idea fascinosa, ecumenica per la candidatura degli autori al prossimo Nobel della pace o della letteratura. Perché gli ebrei dovrebbero accettare il rischio di diventare minoranza e farsi cacciare con un democratico referendum? Di rilanciare i derelitti fantasmi dell'autorità palestinese di Ramallah non parla più nessuno: la loro corruzione è in uggia soprattutto ai palestinesi.
    Due soli stati d'animo, dunque: combattere e prepararsi a combattere. Forse saranno le nuove generazioni a far giustizia del passato, a esigere, esauste, nei due campi di vivere un tempo nuovo, si sperava. Fino a oggi.
    Ogni tempo ha le sue parole: dette, scritte, sfiorate, mandate alte, divenute storie, immagine, esempio, sfida, fascino, pregiudizio, tentazione al contrario. Ma parola che si ripete oggi purtroppo è: odiare si può. Da un capo all'altro, da una guerra all'altra, dall'Ucraina alla Palestina, dalla Siria all'Africa l'odio insiste. Racconta di me, indossami, cammina in mio nome dove non sanno neppure di attendermi, sorprendili, trova il modo. L'odio si intreccia alla vita di popoli interi come fu negli anni Trenta del Novecento e riluce come una Cattiva Novella perché l'immaginazione ha trovato mille modi per ridirlo, magari con altre parole. Crescono a nord e a sud, a est e a ovest le generazioni dell'odio. Pronte a ripetere gli orribili errori dei padri e dei nonni.
    Il centro di gravità dove bene e male si sovrappongono l'uno all'altro come due liquidi di diversa densità è collocato molto in basso. L'equilibrio del mondo può esser davvero minacciato dalla crescita di bambini ucraini, russi, siriani, palestinesi, israeliani, africani, afghani che non hanno avuto il tempo di conoscere la felicità.
    Il mondo, anche il nostro, è divorato dall'odio, ecco la parola. L'odio dell'altro, quello che è al di là del Muro o del mare, e, come israeliani e palestinesi, non mi sembra siamo in grado di porvi rimedio. Un giorno saremo vinti dal contagio, scopriremo in noi un simile cancro, si può vivere molto a lungo con questo in corpo. Anzi: qualche volta è ciò che ti fa sopravvivere come in Palestina. La cosa non si sente subito. E' una specie di polvere. Andate, venite senza vederla, la respirate, la mangiate, la bevete: è così sottile, così tenera che non scricchiola nemmeno sotto i denti.
    Con l'odio abbiamo familiarità da molto tempo, è possibile che il suo seme sia stato sparso dappertutto e che semplicemente germini qua e là in tempi diversi dove il terreno è favorevole. Quello che mi chiedo è se in tempi recenti abbiamo mai conosciuto la vastità di questo contagio, questa lebbra: una disperazione abortita, una forma turpe della disperazione, fermentazione di una storia decomposta.
  4. UNA SITUAZIONE DA RISOLVERE:«Lasciatemi morire!»: è questo il grido disperato dell'ennesimo ragazzo torturato dalla mafia libica, nel video diffuso ieri pomeriggio. La vittima è un migrante subsahariano: come molti altri ha lasciato la sua terra di origine a causa dell'ingiustizia globale e, come molti altri, è finito nelle mani della mafia libica, che lo ha chiuso nel lager. Lì la mafia libica lo tortura per mandare il video alla famiglia al fine di estorcere loro un riscatto. Il lager in cui si trova questo ragazzo è a Bani Walid, la stessa città dove sono stati girati altri video dell'orrore, diffusi nelle scorse settimane. Il movimento sociale di cui sono protagonisti i migranti stessi, Refugees in Libya, continua a rilanciare questi video per svegliare le coscienze dell'Europa, ma da questa sponda del mare tutto tace.
    La nostra responsabilità nelle torture che subiscono questo ragazzo e tutti gli altri migranti in Libia è altissima, perché, come ha ribadito la stessa Onu nel report uscito in parte su Avvenire grazie a Nello Scavo, c'è un legame diretto tra la cattura dei migranti operata dalla cosiddetta Guardia costiera libica, finanziata dall'Italia, e la loro deportazione nei lager. Di questo grave crimine l'Italia è corresponsabile in particolare da quando, nel 2017, ha deciso di allestire e finanziare la cosiddetta Guardia costiera libica, portando in Italia uno dei principali superboss della mafia libica, Bija, per farlo sedere con i nostri servizi segreti. Successivamente, l'Italia ha sempre rinnovato quegli accordi. La politica non ha mai avuto il coraggio di cambiare e la società civile non è mai stata capace di far sentire ai governanti una pressione tale che li spingesse a smettere di allestire e finanziare questa sistematica violenza disumana e questa complicità di fatto con la mafia libica.
    Dobbiamo chiederci: che Paese è quello che non è capace di reagire davanti al grido di dolore di queste persone, torturate per colpa delle nostre politiche?
    La speranza di un riscatto di umanità non è ancora perduta, perché proprio nel Mediterraneo, dove l'Europa collassa nella sua stessa civiltà, c'è anche un'Europa che rinasce dal basso. È l'Europa che prende carne nelle tantissime persone attiviste provenienti da tutti i Paesi del nostro continente che hanno scelto di opporsi concretamente a questa deriva agendo nella "civil fleet", l'insieme delle organizzazioni della società civile che salvano i migranti dai naufragi e dai respingimenti. In queste persone, e in quelle che operano accanto a Refugees in Libya per la liberazione dei migranti nei lager libici, rinasce dal basso l'Europa che era stata sognata dalle generazioni che l'hanno fondata. In queste pratiche e in queste relazioni, come in quelle costruite da tutti coloro che in ogni città vivono l'accoglienza, prende carne il valore politico della fraternità.
    Il dramma di questa epoca è proprio che abbiamo dimenticato la fraternità: siamo diventati prigionieri dell'individualismo che ci rende sempre più spaventati, sempre più arrabbiati, sempre più in competizione. C'è un legame tra le sofferenze dei migranti nei lager libici e quelle di chi è oppresso in vario modo dai problemi sociali in Italia, che siano gli studenti che soffrono sempre di più a livello di salute mentale, gli universitari che non hanno accesso al diritto alla casa, i lavoratori sfruttati, le persone che subiscono discriminazione per la propria identità sessuale o di genere, l'ambiente devastato dalla catastrofe ecologica e via dicendo: tutte queste sofferenze sono la conseguenza di una società malata, che ha dimenticato la fraternità.
    Non ci sarà salvezza se non diventeremo capaci di costruire insieme una nuova società, che assuma il valore politico della fraternità. Per essere autentica, la fraternità si realizza solo se si parte dagli ultimi. Finché il grido dei migranti che arriva dai lager libici non sarà ascoltato, non ci sarà speranza. Allora che si sveglino le coscienze di noi tutti e che diventiamo capaci di capire che solo se abbiamo il coraggio dell'empatia, dell'amore viscerale, possiamo salvarci.

 

 

27.11.23
  1. IL CAPOGRUPPO DI FI PRESIEDE UNA SOCIETà DI CYBER SECURITY
    L'inchiesta di Report: Gasparri ha un conflitto di interessi Il senatore si difende. L'opposizione attacca: lasci la Vigilanza Rai
    ROMA. Maurizio Gasparri, neo-capogruppo di Forza Italia al Senato, dal 2021 è il presidente della società di sicurezza informatica Cyberealm, ma non ha mai informato della sua attività gli uffici di Palazzo Madama, dove fino a sei giorni fa ricopriva il ruolo di vicepresidente. La vicenda è stata ricostruita da Report su Rai 3. Ieri sera la trasmissione ha mandato in onda un'anticipazione dell'inchiesta integrale che continuerà il 3 dicembre. Secondo Report, per la Cyberealm Gasparri avrebbe «tessuto relazioni istituzionali per l'assegnazione di commesse tenendo all'oscuro il Senato», nello specifico «commesse che riguardano i suoi ruoli istituzionali».
    Il team di inchiesta riconduce all'azienda «manager e collaboratori, sia ufficiali che occulti, con un passato imbarazzante e legati ai servizi segreti di altri Paesi» fra cui soggetti oggi «impegnati nel conflitto israelo-palestinese in attività sensibili».
    Il senatore azzurro, intervistato dalla trasmissione, risponde di non dover giustificare alcuna incompatibilità istituzionale: «La legge prevede che siano da dichiarare le funzioni di sindaco o amministratore e io non sono nell'uno nell'altro». Gasparri sottolinea un ruolo non operativo nella società: «Il presidente dà consigli su quelle che possono essere le scelte strategiche». Secondo le indiscrezioni delle ultime settimane, il 21 novembre il dirigente forzista si sarebbe affrettato a lasciare la vicepresidenza del Senato proprio per l'inchiesta di Report.
    Sulla pagina Facebook del programma si ricorda che Gasparri «si è scagliato più volte contro Report, fino ad arrivare alla convocazione in commissione di Vigilanza Rai del 7 novembre» mentre «sapeva 22 giorni prima che Report aveva scoperto i suoi interessi privati». Per Angelo Bonelli, deputato di Alleanza Verdi e Sinistra italiana, il capogruppo azzurro deve lasciare la commissione Rai. «La domanda sorge spontanea – scrive sui social la deputata M5s Vittoria Baldino – quali sono gli interessi che persegue il senatore e lobbista Gasparri, quelli del Paese, o quelli particolari, della società che rappresenta?»
  2. SANITA' AMMALATA DA SPERANZA: L'appello di Fedez a donare il sangue, lanciato il mese scorso dal rapper appena avuta salva la vita grazie alle trasfusioni, non è caduto nel vuoto tra i donatori, ma deve aver trovato orecchie da mercante nel governo che con un decreto rischia di far saltare la raccolta in almeno la metà dei centri che si appoggiano per i prelievi ai giovani medici specializzandi. Questo perché - secondo associazioni dei donatori e addetti degli stessi centri di raccolta – il decreto a firma dei ministeri di Economia, Salute e Università prevede che gli stessi specializzandi d'ora in avanti lavorino «a titolo gratuito e volontario».
    Non più retribuiti, insomma come avvenuto fino ad oggi, il che lascia immaginare siano in molti a fare un passo indietro da qui a breve se i ministeri competenti non decideranno di tornare sui loro passi.
    «Oppure se non chiariranno che questa forma volontaria non sostituisce le altre, che in base a convenzioni con Università, centri di raccolta sangue e associazioni di volontariato si basano invece sulla retribuzione per la funzione svolta», spiega con un velo di preoccupazione il presidente dell'Avis Emilia-Romagna, Maurizio Pirazzoli. Il quale si fa ancora più scettico quando aggiunge che «per autorizzare un'attività di volontariato non ci voleva di certo un decreto».
    «In realtà nell'incontro con i ministeri firmatari del decreto del 30 ottobre scorso, ma pubblicato in Gazzetta da poco, sono stati gli esponenti dell'Economia a chiarire che non si possono autorizzare le retribuzioni per ragioni di copertura economica», aggiunge un componente del Centro nazionale sangue che preferisce restaste anonimo.
    «In molte regioni e in particolare in Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna, che si poggiano molto su queste convenzioni con i medici specializzandi, se questi se ne vanno a casa salta la raccolta sangue, creando gravi problemi soprattutto riguardo il plasma», denuncia l'avvocato Giovanni Musso, presidente dell'associazione donatori Fidas.
    Se l'Italia, almeno fino all'approvazione di questo decreto ministeriale, ha confermato la sua autosufficienza in materia di sangue (inteso come globuli rossi), con 42 unità ogni 1.000 abitanti, superiore alla soglia di sicurezza fissata a 40 unità, altrettanto non si può dire per il plasma, ossia la parte liquida del sangue, necessaria per la produzione di plasmaderivati adoperati in molte terapie salvavita. Nel 2022 si sono infatti raccolti circa 14,2 kg di plasma per ogni 1.000 abitanti, una quota inferiore a quella che porterebbe all'autosufficienza, che si attesta almeno sui 18 kg.
    Questo ha costretto e costringerà il nostro Paese a ricorrere al mercato internazionale per acquisire medicinali plasmaderivati, non di rado indisponibili. Inoltre secondo le stime elaborate dal Centro nazionale sangue la spesa per l'acquisto all'estero si aggira sui 134 milioni per quel che riguarda le immunoglobuline e intorno ai 46 milioni per l'albumina, per una spesa totale di 180 milioni.
    Probabilmente più di quelli che si intende risparmiare non pagando più i medici specializzandi addetti alla raccolta, mettendola così a rischio.

 

26.11.23
  1. PERCHE' E' MANCATA LA VOLONTA' DI RICOLLOCARE I LAVORATORI DELLA  EMBRACO ? : Nella sala ristoro, ormai in rovina, appeso sulla bacheca sindacale resiste un foglio impolverato. È una vignetta, raffigura gli ex manager in stile banda Bassotti. Hanno le mani piene di banconote e sono vicini ad una cassaforte aperta sulla quale è scritto Embraco/Ventures.
    La scena dei 220 lavoratori della Te Connectivity (Tec) che protestano in piazza richiama alle mente situazioni già vissute. E lo scorrere degli eventi sembra essersi fermato anche all'interno dell'enorme capannone di Riva di Chieri della ex Embraco, gruppo Whirpool, diventata Ventures per pochi mesi prima di chiudere definitivamente i battenti lasciando a casa 400 persone. Una brutta storia industriale che sembra ripetersi con la vertenza Tec. Anche il settore di produzione, gli elettrodomestici, è lo stesso. C'è chi teme che pure l'epilogo possa essere il medesimo.
    Negli Anni '90 alla Embraco lavoravano in 2.400. Che fosse un luogo pensato per ospitare tante persone lo si può intuire dagli spazi sconfinati, oggi abbandonati, dell'impianto di Riva di Chieri. Al suo interno tutto è stato lasciato così com'era prima della dichiarazione di fallimento della Ventures srl, la società italo-israelo-cinese che a fine 2018, con il sostegno del Mise, allora guidato da Carlo Calenda, aveva rilevato la Embraco, lavoratori inclusi, con la promessa di reindustrializzare il sito producendo bici elettriche, robot pulitori di pannelli fotovoltaici e distributori automatici. Con i soldi destinati al rilancio, prima di darsi alla macchia, i manager si erano comprati auto premium tedesche. Nella ex fabbrica tutto racconta di questa brutta vicenda. Dentro gli spogliatoi maschili ci sono ancora i caschi, le tute da lavoro con i loghi Embraco, scarpe anti infortunistica, badge abbandonati. Mancano solo gli operai. Assieme agli oggetti che richiamano al mondo Embraco sono affiancati quelli appartenenti alla disavventura targata Ventures. È un mix confuso, fra pannelli solari dimenticati e oggetti appartenenti all'industria del bianco. Il fallimento della riconversione, da Embraco a Ventures, è racchiuso in questo caos. Sulle pareti delle stanze destinate agli uffici campeggia la scritta Ventures ma nei faldoni lasciati sulle scrivanie i documenti sono ancora quelli delle commesse per la Embraco. Nella gigantesca area destinata alla produzione, oggi occupata solo da qualche piccione rimasto intrappolato, è sparso qualche pannello fotovoltaico, qualche rulliera, ancora incellofanata destinata alla Ventures. Nulla di più. A distanza di qualche anno, osservando i piedistalli vuoti sui quali erano esposti i prototipi di e-bike, si può intuire perché i lavoratori erano così scettici rispetto al piano di rilancio promesso dai vertici Ventures. Come avrebbe potuto un progetto così modesto rilevare un impianto che occupava 400 dipendenti? Anche i cronoprogrammi della produzione, scritti a pennarello su grosse lavagne cancellabili nella zona amministrativa, fanno trasparire improvvisazione. Sono disordinati, poco chiari, sembrano scritti solo per dare l'idea di una pianificazione strutturata.
    «La migliore preparazione per domani è fare il tuo meglio oggi». Questa citazione dello scrittore statunitense H. Jackson Brown Jr, scritta sul muro in sala mensa, avrebbe dovuto motivare i lavoratori. Che fosse efficace o no, ormai non ha più importanza. La conclusione definitiva della vicenda Embraco/Ventures è vicina. A febbraio finirà anche la Naspi per gli operai che lavoravano in questa grande fabbrica, oggi dimenticata, piena di ricordi dolorosi.

 

25.11.23
  1. CI STIAMO SCIOGLIENDO:  deriva
    L'iceberg

    Si chiama semplicemente A-23a ed è attualmente il pezzo di ghiaccio alla deriva più grande del mondo: forse raffredderà un po' le acque dell'Oceano Antartico e magari porterà un incremento di nutrienti per il fitoplancton, ma non è una buona notizia, anzi è l'ennesima pessima novità da un pianeta che sta perdendo la sua assicurazione contro l'accelerazione bestiale che ha preso la crisi climatica quest'anno. Misura circa 4000 kmq (circa due volte l'estensione urbana di Londra), più grosso di quello che a gennaio 2023 era già grande dieci volte Milano e come quelli del 2021 (A-76, ora fuso, che era più grande) e 2019, mentre il più grande di tutti misurava 11.000 kmq ed era stato identificato nel 2000 (B15). Questo non è un dato isolato: il 21 novembre abbiamo registrato il primo giorno sopra la media delle temperature atmosferiche del periodo pre-industriale da quando i sapiens ne tengono nota (dati Copernicus, modello ECMWF e rianalisi ERA-5). E ottobre 2023 è largamente sopra qualsiasi media precedente, spingendo quest'anno a diventare il più caldo da quando abbiamo misurazioni. Non è un cambiamento climatico, è un collasso.
    Si tratta, analizzando nel dettaglio, di una ripresa di un vecchio movimento della massa di ghiaccio, dovuto probabilmente alla riduzione delle dimensioni rispetto al primo parziale distacco avvenuto già circa 40 anni fa (1986), che non aveva portato alla deriva per via del fatto che si era incagliato nel Mare di Weddell, nell'Antartide settentrionale. Le osservazioni satellitari, in buona sostanza, ci rivelano che, siccome fa molto più caldo, i distacchi di blocchi enormi vengono facilitati e favoriti: la metà della massa di ghiaccio perduta dall'Antartide deriva da distacchi come questi, che alterano temperatura, composizione e salinità delle acque dell'oceano verso cui si dirigono alla deriva (in questo caso risalirà l'Oceano Atlantico). Le quantità di acqua dolce e fredda riversate nel mare sono potenzialmente in grado di alterare le correnti oceaniche, soprattutto quelle calde, come quella del Golfo che, vale la pena di ricordarlo, mantiene per ora un clima eccezionalmente mite sulla Scandinavia e le Isole Britanniche. Un grande freddo che nasce dal grande caldo, un'ipotesi vagliata anche dagli specialisti del Pentagono (Randall 2003) per via delle possibili catastrofiche conseguenze.
    Quanto più si disgregano le masse di ghiaccio polari, tanto più rapidamente si riscalderà la temperatura atmosferica e, in ultima analisi, anche quella oceanica, come si può facilmente immaginare comparando i tempi in cui fonde un solo cubetto di ghiaccio in un bicchiere d'acqua rispetto alla stessa quantità ma con cinque cubetti. Tanto più perdi ghiacci, tanto più riduci la superficie e il volume delle calotte, tanto più facilmente ne perderai ancora più rapidamente. Ma, ostinati come siamo nel chiudere gli occhi di fronte al baratro, preferiamo baloccarci ancora con le Olimpiadi invernali o con lo sci di alta quota, contribuendo al disastro anche dei ghiacciai alpini, che avrà le medesime conseguenze. Il fatto è che non abbiamo ancora escogitato un sistema per riparare la nostra criosfera danneggiata e ridotta e, d'altro canto, nulla facciamo nemmeno per agire sulle cause, benché quella siano ben note. Azzerare le emissioni clima alteranti nel più breve tempo possibile, unica soluzione che potrebbe consentire di non perdere solo tempo in programmi di mitigazione visibilmente inefficaci.
    La crisi climatica ha già coinvolto aspetti non reversibili e minaccia da vicino i limiti biologici dei viventi, sapiens in prima fila (VI Report IPCC, 2022), ma noi ci apprestiamo alla prossima Conferenza delle Parti COP 28 (a dicembre a Dubai, forse uno dei non-luoghi climatici più imbarazzanti del pianeta) sapendo già che trascorreremo la prima settimana a descrivere quanto sia grave la situazione e l'altra a rimandare ciò che si dovrebbe fare. Il limite di 1,5°C di incremento delle temperature atmosferiche affermato con grande enfasi a Parigi nel 2015 e ribadito nei consessi internazionali più disparati (G20 romano del 2022 incluso) è nella polvere, mentre, nascosti dietro il paravento che il sistema economico mondiale ha regalato loro da decenni, i veri responsabili, i colpevoli (diciamolo finalmente), continuano a fregarsi le mani per profitti da capogiro che reinvestiranno quasi tutti sempre nel loro medesimo sporco affare. I gaspetrocarbonieri tifano per il nulla di fatto per continuare a cercare, estrarre e bruciare combustibili fossili e sono disposti a tutto per continuare a fare affari come al solito, mentre i megaiceberg vanno alla deriva. Anche basta.

 

24.11.23
  1. Nella legge di Bilancio spunta una norma sui terreni agricoli ceduti alle società che realizzano impianti green
    Arriva la mini patrimoniale sulle rinnovabili Fine degli affitti esentasse, obiettivo 500 milioni
    Luca Monticelli
    roma
    Con buona pace della transizione ecologica, nel testo della manovra c'è una sorta di patrimoniale sulle rinnovabili. Un intervento nato per esigenze di cassa, visto che nel 2025 frutterà quasi mezzo miliardo di euro.
    All'articolo 23 il governo istituisce una nuova tassa sugli «atti costitutivi o traslativi dei diritti reali di godimento». Come spiega la relazione tecnica del provvedimento, l'imposta va a colpire soprattutto «il trasferimento del diritto di superficie, che rappresenta l'ipotesi più ricorrente». Fuori dal lessico giuridico, la platea che dovrà pagare di più è quella dei proprietari agricoli che «affittano» un terreno alle aziende che vogliono realizzare un impianto di energia green per poi venderla.
    Questo articolo della legge di Bilancio impatta su un tipo di contratto, quello del «diritto di superficie», che le imprese del settore delle rinnovabili utilizzano per i loro investimenti. Per fare un esempio, di solito un'azienda che vuole costruire un impianto di pannelli fotovoltaici stipula un contratto con diritto di superficie con un proprietario agricolo, il quale concede «in affitto» un terreno per venti o trent'anni. Il diritto di superficie prevede, a fronte del pagamento di un canone, che la costruzione su quel terreno sia di chi l'ha fatta e non del proprietario del terreno.
    Fino ad oggi questa «cessione» era equiparata alla compravendita di un patrimonio, quindi esentasse, come avviene quando si vende una casa, in cui il venditore incassa interamente il prezzo concordato. Con la norma stabilita dalla manovra, il canone ottenuto dal diritto di superficie non è più considerato un patrimonio ma un reddito, perciò tassato. L'aliquota da applicare rischia di essere il 43% - lo scaglione Irpef più alto che riguarda i redditi oltre i 50 mila euro - visto che il canone medio annuale si aggira intorno ai 30 mila euro. Al proprietario del terreno, per non vedere dimezzata la propria rendita, non rimane che scaricare il costo sull'impresa green.
    Dal 2024 tutti i contratti saranno soggetti al pagamento delle tasse, anche quelli in corso. Le aziende saranno costrette a pagare un affitto più salato e questo avrà un effetto più forte su chi non può ancora produrre energia perché in attesa della fine del procedimento di autorizzazione.
    Si può discutere sull'opportunità di fissare un'imposta sul diritto di superficie, resta però un principio controverso tassare chi investe sulle rinnovabili anziché chi inquina, pensano il Movimento 5 Stelle e il Pd che hanno presentato alcuni emendamenti in commissione Bilancio.
    «È l'ennesima misura che danneggia gli operatori delle rinnovabili e vanificherà anni di lavoro, il governo la elimini», commenta l'Alleanza per il fotovoltaico in Italia che aggiunge: «Da un lato continuiamo a celebrare la transizione energetica, dall'altra creiamo incertezza e diffidenza, impedendo la messa a terra dei progetti».
    Secondo gli operatori «l'effetto di questa patrimoniale sarà quello di allontanare l'Italia dagli obiettivi di transizione energetica del Pnrr».
  2.  Cinque Stelle contro Gasparri "Ha un incarico imbarazzante"
    ANTONIO BRAVETTI
    ROMA
    Più che la staffetta, una fuga. Scoppia il caso Gasparri. Il Movimento 5 stelle punta il dito contro l'ex ministro, che avrebbe lasciato la vicepresidenza del Senato non per un cambio con Licia Ronzulli, ma perché in arrivo un'inchiesta di Report che lo mette sul banco degli imputati. Maurizio Gasparri, sostiene la trasmissione di Rai 3, non avrebbe comunicato al Senato il suo incarico ai vertici di una società che si occupa di cybersicurezza, che nel frattempo si è aggiudicata una serie di commesse. «Uno scenario inquietante - dicono dal partito di Giuseppe Conte - Gasparri deve fare chiarezza».Da martedì l'ex ministro non è più vicepresidente del Senato, ha lasciato l'incarico, al suo posto è stata eletta Ronzulli e lui è diventato capogruppo dei senatori di Forza Italia. Una staffetta, la motivazione ufficiale. C'è dell'altro, secondo i Cinque stelle. Dell'inchiesta, sostiene Report, Gasparri sa da tempo, «ben 22 giorni prima di chiedere la convocazione» in Vigilanza Rai di Sigfrido Ranucci. Quell'audizione, incalzano ora i Cinque stelle, è stato uno «show intimidatorio» nei confronti del giornalista. Cognac e carote. Tutto perché il senatore azzurro sapeva delle scoperte fatte dalla trasmissione. «Si tratta di Cyberealm - rivela Report nell'inchiesta che dovrebbe andare in onda tra un paio di settimane - una misteriosa società di sicurezza informatica, di cui Gasparri è presidente. Ne fanno parte manager e collaboratori, sia ufficiali che occulti, con un passato imbarazzante e legati ai servizi segreti di altri Paesi. Alcuni di loro in questo momento sono impegnati materialmente nel conflitto israelo-palestinese in attività sensibili. Gasparri ha di fatto tessuto per loro relazioni istituzionali per l'assegnazione di commesse tenendo all'oscuro il Senato. Commesse che riguardano tutti i suoi ruoli istituzionali». I Cinque stelle attaccano a testa bassa: «Gasparri siede in commissione di Vigilanza, dove si è reso protagonista di uno show penoso contro Report ben sapendo che stava svolgendo un'inchiesta su di lui, e siede in commissione Esteri e Difesa, che molto ha a che fare con le decisioni e le commesse in materia di cybersicurezza. Pensa davvero Gasparri che essersi dimesso da vicepresidente del Senato lo sollevi dal dovere di fare chiarezza sulle proprie attività parallele?», domanda la vicepresidente del gruppo Alessandra Maiorino. Di «scenario inquietante» parla Dario Carotenuto, capogruppo in Vigilanza Rai. «Sorge forte il dubbio - sostiene - che il suo show in Vigilanza, con tanto di carota e cognac dopo aver imposto la convocazione di Ranucci, fosse finalizzato a gettare discredito sulla trasmissione per far credere che l'inchiesta sia una "vendetta" nei suoi confronti per la convocazione, quando invece sarebbe esattamente il contrario. La sua stessa presenza in commissione non sarebbe più compatibile, perché saremmo di fronte a un inaccettabile uso privatistico di una istituzione».
  3. PERCHE' ANNIENTARE L'UOMO DA PARTE DI  CHI ? Rivelazione di Reuters: dietro alla cacciata dell'ad i dubbi del board di OpenAI sul progetto Q*
    Il piano segreto di Altman "Un'intelligenza artificiale incontrollabile dall'uomo"
    Arcangelo Rociola
    Roma
    Sam Altman sarebbe stato licenziato per paura dell'arrivo di qualcosa che al momento nessuno ha visto. Un'ombra che per mesi avrebbe attraversato i corridoi del quartier generale di OpenAi. Si tratta del timore che da un progetto della società, nome in codice Q*, sarebbe potuta emergere una grave minaccia per l'umanità. I ricercatori che stavano lavorando a Q* (pronuncia "Q star", stella in inglese) avrebbero notato enormi progressi in questa intelligenza artificiale. Al punto che, allarmati, avrebbero inviato una lettera al Consiglio di amministrazione (Cda) della società, accusando Altman di non prestare abbastanza attenzione a quello che stava accadendo.
    È questo l'ultimo capitolo di una delle saghe societarie più rocambolesche e ricche di colpi di scena di sempre. Lo hanno raccontato a Reuters alcuni ricercatori vicini al progetto Q*, preferendo però restare anonimi. La vecchia dirigenza avrebbe preso talmente sul serio i loro timori da inserirli tra i motivi che venerdì scorso hanno portato alla defenestrazione di Altman. Tra i principi fondatori di OpenAI, non a caso, c'è lo sviluppo e la commercializzazione di un'Ai sicura. E mettere sul mercato Q* senza un'attenta valutazione dei rischi avrebbe snaturato la stessa OpenAI. Altman quattro giorni dopo però è stato reintegrato alla guida della società, con tanto di scuse, cambio di consiglio di amministrazione e festa grande di tutti gli 800 dipendenti di OpenAi nella sede di Mission District, San Francisco.
    Al momento queste rivelazioni non hanno conferme. La lettera resta inedita e OpenAi si rifiuta di confermarne l'esistenza. Ma quando si parla di intelligenza artificiale oramai si è abituati a vivere di ipotesi e suggestioni, senza troppo bisogno di fatti o conferme. I timori millenaristici che per sua natura l'Ai solleva rendono la sua narrazione autosufficiente. Timori alimentati dalle posizioni estreme dei ricercatori e degli imprenditori che ne hanno il controllo e ne determinano gli sviluppi. Divisi tra loro in catastrofisti e tecno-ottimisti, guardinghi e accelerazionisti.
    Ecco, lo scenario emerso in queste ore confermerebbe che gli ultimi giorni folli di Altman e OpenAi sarebbero frutto dello scontro in atto tra queste due fronde. Scontro mai sopito. Anzi, esacerbato da un 2023 che ha visto esplodere sia questa tecnologia che gli investimenti in essa. La fronda dei catastrofisti (presenti pare per metà nella composizione del Cda stesso dell'azienda) avrebbe individuato tra le pieghe dei ragionamenti di Q* l'emergere di una super intelligenza artificiale. Il suo nome tecnico è AGI, Intelligenza artificiale generale. Un salto quantico di questa tecnologia capace di acquisire in un momento indefinito un super potere: quello di superare gli umani in ogni ambito dello scìbile. Un'Ia alla fine cosciente e consapevole della propria superiorità e quindi in grado di decidere per conto proprio tutto. Anche la sopravvivenza stessa della razza umana se dovesse considerarla (ragioni sue) superflua.
    Paura antica. Diventata reale a OpenAi per gli sviluppi di Q*. Che, come l'omonimo Q del romanzo di Luther Blissett, presto avrebbe potuto agire come una forza oscura, uscendo dall'ombra e diventando capace di forgiare destini e avviare sconvolgimenti. Fin qui ragioni ideologiche. Paure che ad alcuni potrebbero sembrare fantascientifiche, ma con ogni evidenza capaci di decidere le sorti di una delle aziende più importanti del settore. È innegabile che le intelligenze artificiali miglioreranno. Migliorerà ChatGPT, così come i suoi concorrenti. Ma al momento questi software hanno problemi un po' più concreti da risolvere. Molti studi accademici hanno dimostrato che la maggior parte dei sistemi linguistici di grandi dimensioni almeno una volta ogni dieci tendono a mentire. Meglio: si inventano le risposte. I ricercatori le chiamano "allucinazioni".
    Difficile da calcolare che impatto avranno sulle aziende che le useranno e sulla società. Così come resta un'incognita il loro ruolo sulla disinformazione, sulla privacy, sul mondo del lavoro, sui lavoratori e i cittadini stessi quando nuovi software saranno in grado di passare al setaccio le loro vite.

 

 

 

 

 

 

 

23.11.23
  1. A Domodossola, il convoglio ha proseguito oltre 10 km senza conducente
    Guasto ai freni sul treno merci il macchinista si lancia in corsa
    Luca Bilardo
    Maria Grazia Varano
    Domodossola
    Oltre dieci chilometri. Tanto è durata all'alba di ieri la corsa «libera», senza nessuno in plancia di comando, di un treno merci sulla linea del Sempione. Il macchinista giunto a Varzo, quando stava per iniziare la discesa verso la piana dell'Ossola, si è accorto che i freni non rispondevano come avrebbero dovuto. Ha allertato la centrale, e fortunatamente c'è stato il tempo (una decina di minuti appena) di liberare la stazione di Preglia di Crevoladossola dove c'erano frontalieri sulla banchina ad aspettare un altro convoglio, e passato quel punto, prima di una lunga discesa, si è lanciato nel vuoto finendo nel bosco. Era l'unico membro dell'equipaggio, così il treno è rimasto senza guida.
    Quella che poteva essere una tragedia, alla fine si è conclusa con alcune fratture per il ferroviere quarantenne residente in Ossola, mezz'ora di panico per il personale lungo la linea e un'indagine della Polfer che ora dovrà accertare quanto successo. Il magistrato di turno ieri era il sostituto Fabrizio Argentieri, che probabilmente aprirà un fascicolo per attentato colposo alla sicurezza dei trasporti.
    Passata la stazione di Preglia, dove è andato tutto bene, il macchinista si è fatto prendere dal panico, così ha deciso di lanciarsi in corsa, con il convoglio che viaggiava a sessanta chilometri l'ora.
    Dalla centrale Rfi hanno tentato di contattare la cabina: non avendo ottenuto risposta è scattata l'allerta. Nel frattempo la velocità era diminuita e all'arrivo allo scalo merci «Domo2» non c'è stato un vero impatto.
    Nessun ferito e soprattutto nessun incendio. Il macchinista è stato recuperato alla stazione di Preglia e portato in ospedale di Domodossola: per lui la frattura a un polso. —
  2. Meloni gela lo Zar: "Ristabilire la sovranità dell'Ucraina, via da tutti i territori occupati"
    "Mosca può riportare la pace ritirandosi"

    berlino
    «La Russia potrebbe in ogni momento facilmente riportare la pace in Ucraina ritirandosi dai territori illegalmente occupati e ristabilendo la sovranità e la piena integrità territoriale dell'Ucraina». A dirlo è la presidente del Consiglio Giorgia Meloni durante il suo intervento al G20. Nel mirino della premier, intervenuta a fianco del Cancelliere tedesco Olaf Scholz, il conflitto condotto da Vladimir Putin «anche per le sue conseguenze globali e i danni che ha provocato in questi due anni alle nazioni più povere». Conflitto su cui poche ore prima proprio lo Zar si era detto disposto a un cessate il fuoco: «Dobbiamo pensare a come mettere fine a questa tragedia - aveva sottolineato provocatoriamente -. Comunque la Russia non ha mai rifiutato negoziati di pace con Kiev. Non è stata la Russia, ma l'Ucraina ad annunciare che si ritirava dal processo negoziale».
    La presidente del Consiglio si è poi fatta sentire anche sulla guerra in Israele, per cui ha sottolineato tre concetti fondamentali: «La ferma condanna di Hamas per l'ignobile e sanguinario assalto terroristico contro Israele dello scorso 7 ottobre; il diritto all'autodifesa dello Stato ebraico e, infine, la convinzione che in prospettiva la soluzione del conflitto mediorientale non potrà che passare attraverso la creazione di due Stati».
    Intanto, ha aggiunto, «l'Italia si candida a diventare un ponte con l'Europa per promuovere partenariati reciprocamente vantaggiosi, sostenendo la sicurezza energetica delle Nazioni africane e mediterranee e le esportazioni di energia verde verso il resto del Vecchio Continente». Come reso noto da fonti di Palazzo Chigi, il focus dell'intervento di Meloni al summit è stato incentrato su clima, transizione energetica e Africa. La premier ha quindi toccato alcuni tra i temi politici principali dell'attualità internazionale.
  3. Nel filone madre è stato chiesto il giudizio immediato per Appendino, Fassino e Chiamparino Adesso i pm hanno delegato Arpa ad acquisire tutti gli sforamenti nel periodo Cirio-Lo Russo
    Smog, si allarga l'inchiesta Indagini sugli ultimi 4 anni
    Su La Stampa
    giuseppe legato
    Paolo Varetto
    Si allarga l'inchiesta della procura di Torino sull'inquinamento ambientale che ha attanagliato la città negli ultimi anni. Al primo filone che vede indagati gli ex sindaci Piero Fassino, Chiara Appendino e l'ex presidente della regione Sergio Chiamparino e gli assessori delle rispettive giunte che hanno gestito la delega all'Ambiente dal 2015 alla fine del 2019, se ne è aggiunto un altro. Che è agli albori ma promette sviluppi se è vero come è vero che i procuratori aggiunti Enrica Gabetta e Vincenzo Pacileo e il sostituto Gianfranco Colace hanno incaricato i tecnici dell'Arpa (Agenzia regionale per la protezione ambientale) di acquisire la mappa degli sforamenti, centralina per centralina, da gennaio 2020 a novembre 2023, cioè ad oggi. Si procede per inquinamento ambientale e gli accertamenti sono stati disposti all'interno del fascicolo stralcio che vede ancora iscritti il presidente della Regione Alberto Cirio e il suo assessore Matteo Marnati ma non in relazione al quadriennio ultimo su cui si indaga. I due erano stati inizialmente iscritti insieme a Fassino, Chiamparino e Appendino, ma non si è ritenuto di chiedere – come invece è stato fatto per gli altri – il giudizio immediato banalmente perché il periodo di reggenza del numero uno della Regione e del membro della sua giunta (4 mesi rispetto all'arco temporale considerato dai magistrati) era fin troppo risicato per sostenere un profilo di colpa a fronte di una possibile inerzia nel contrasto al fenomeno. Pur figurando come indagati, per il primo filone le posizioni di Cirio e Marnati, in ottica giudiziaria, non hanno e non avranno seguito. Adesso è chiaro che le cose cambiano, ma Cirio e Marnati non sono indagati per il frame 2020-2023. E la procura al momento non ha chiesto alla polizia giudiziaria di acquisire gli atti messi a regime dagli enti per fermare il Pm10 killer. Lo farà dopo aver visionato i dati e analizzerà le politiche anti-smog attuate dalla giunta regionale e da quella comunale attuali. Solo allora si parlerà – se si parlerà – di nuove contestazioni.
    Un fascicolo gemmato dall'inchiesta aperta dopo l'esposto presentato dal comitato "Torino respira" che – tramite il suo legale Marino Careglio che assiste gli attivisti insieme al collega Giuseppe Civale – aveva dichiarato in una nota: «La Regione Piemonte e il Comune di Torino, titolari di una posizione di garanzia in materia di tutela della qualità dell'aria, non hanno adottato negli anni misure adeguate a raggiungere il rispetto dei valori limite di concentrazione degli inquinanti nell'aria previsti dalla normativa vigente, peraltro molto meno rigorosi di quelli suggeriti sin dal 2005 dall'Organizzazione mondiale della sanità».
    Una vicenda che dal Palazzo di Giustizia aveva già fatto sentire la propria eco anche nelle stanze dalla politica regionale. Perché c'era anche l'azione dei pm tra le concause – compreso il rischio di una sanzione multimilionaria da parte dell'Europa – che avevano convinto proprio la giunta Cirio ad anticipare di due anni il blocco dei veicoli diesel con motorizzazione Euro 5. Scelta poi neutralizzata dall'intervento del governo che ha congelato lo stop per almeno un anno, chiedendo però alle Regioni del bacino padano una revisione dei loro piani per la qualità dell'aria.

 

 

 

 

 

22.11.23
  1. ALTRI DANNI DA VACCINO ?   Vaccini anti-Covid, saltano i paletti: il Piemonte, analogamente ad altre regioni, li proporrà a tutta la popolazione e non soltanto alle categorie più fragili indicate nella circolare ministeriale emanata all'avvio della campagna di immunizzazione. Per farlo, ha già chiesto e ottenuto dal Ministero la possibilità di ottenere altre 150 mila dosi con cui rinforzare le scorte delle Asl.
    Per capire la svolta bisogna ricordare cosa si intende per categorie fragili: persone di età pari o superiore a 60 anni; ospiti delle strutture per lungodegenti; donne che si trovano in qualsiasi trimestre della gravidanza o nel periodo "postpartum", comprese le donne in allattamento;operatori sanitari e sociosanitari addetti all'assistenza negli ospedali, nel territorio e nelle strutture di lungodegenza; studenti di medicina, delle professioni sanitarie che effettuano tirocini in strutture assistenziali e tutto il personale sanitario e sociosanitario in formazione; persone dai 6 mesi ai 59 anni di età compresi, con elevata fragilità, in quanto affette da patologie o con condizioni che aumentano il rischio di Covid grave.
    Adesso si andrà oltre. Obiettivo, a fronte dell'aumento dei contagi e dei ricoveri: aumentare nei limiti del possibile la copertura vaccinale (nei limiti del possibile perchè, come è noto, i vaccini non sono obbligatori). E questo, anche se l'allargamento indiscriminato della platea imporrà uno sforzo organizzativo notevole alle Asl più ancora che ai medici di famiglia (in pochi hanno aderito alla campagna) e ai farmacisti.
    Come si premetteva, il Piemonte si muove nel solco già tracciato da altre regioni: la Lombardia offre gratuitamente a tutti sia il vaccino anti-Covid che l'antinfluenzale, la Toscana ha aperto le prenotazioni per l'anti-Covid anche per gli over 18 non fragili.
    Nel nostro caso, per l'antinfluenzale non cambia nulla: il vaccino è raccomandato e offerto gratuitamente alle categorie più vulnerabili, a pagamento per chi non vi rientra. La novità è, per l'appunto, l'offerta generalizzata e gratuita dell'anti-covid, finora previsto soltanto per la parte più vulnerabile della popolazione.
    I canali di somministrazione restano gli stessi: medici di base e pediatri (quelli che aderiscono), farmacie (idem) e gli hub delle Asl, in questo caso tramite la preadesione sul sito "ilPiemontetivaccina.it" (entro 10 giorni dalla preadesione si riceverà un sms con la data dell'appuntamento sulla base dei tempi di programmazione dei centri vaccinali della propria Asl). Non appena arriveranno le dosi supplementari richieste, si aprirà un nuovo capitolo della campagna vaccinale.

 

 

 

21.11.23
  1. Furti dei catalizzatori: un business colossale
    catalizzatore
    di Nicodemo Angì
    Pubblicato 20 novembre 2023
    Un’inchiesta del New York Times porta alla luce cifre e retroscena di un’attività che frutta alla criminalità internazionale milioni di dollari.
    Furti dei catalizzatori: un business colossale
    DA DOVE VENIVANO I CATALIZZATORI? - Il riciclo e l’economica circolare sono sempre più importanti e l’automotive sta diventando un settore molto attivo in questo senso. Vengono recuperati acciaio, rame e alluminio ma l’attività a più alto valore aggiunto è quella che riguarda i metalli preziosi, quali platino, palladio e rodio (il cosiddetto “gruppo del platino”, PGM) contenuti nei catalizzatori delle auto. Come riporta un’inchiesta del New Yor Times, quest’ultima attività di riciclo è ora al centro di indagini e polemiche negli Stati Uniti perché si è rilevato che molti catalizzatori da riciclare sono risultati rubati. La vicenda coinvolge un’azienda metallurgica nordamericana che per ricavare i metalli PGM lavora sia minerali appena estratti sia i catalizzatori destinati al trattamento dei gas di scarico. Anche i convertitori catalitici non sfuggono alla regola che riciclare un pezzo usato - o gli elementi in esso contenuti - costa meno che costruirne uno ex-novo e questo è ancora più vero per i costosi catalizzatori. La società ha però scoperto che una fetta non trascurabile dei catalizzatori da riciclare, che ha acquistato per 170 milioni di dollari, erano rubati.

    LA RAZZIA DELLE MARMITTE CATALITICHE - L'accusa è nata a seguito di un vera e proprio saccheggio, del valore di miliardi di dollari, di convertitori catalitici asportati da auto in sosta e che accade anche in Italia. Questo furto specializzato non si traduce solo in un danno economico per i proprietari dei veicoli depredati - si parla di almeno 1.000 dollari - ma ha anche comportato sparatorie, omicidi, dirottamenti di camion e altre violenze. Secondo il New York Times l’indagine, che ha vagliato documenti aziendali, post sui social media e le dichiarazioni di decine di funzionari (sparsi in 3 continenti) che hanno rapporti con l’industria, ha evidenziato come i catalizzatori rubati passassero attraverso intermediari, fonderie e raffinerie sia negli Stati Uniti sia all’estero. Questa miriade di passaggi rendeva “opaca” la loro origine e favoriva gli organizzatori dei furti, dando loro alibi e scarse possibilità di essere incriminati.


    FINANZIAMENTI DISCUTIBILI - I metalli PGM di origine truffaldina vengono lavorati miscelandoli con approvvigionamenti legittimi, quali quelli provenienti da miniere e da rottamatori legali, per poi essere venduti principalmente ai produttori di catalizzatori automobilistici anche se altri sbocchi importanti sono le aziende farmaceutiche (per chemioterapici e altri farmaci), la produzione di armi e le banche, che li usano nella compravendita di metalli preziosi. Una volta arrivati alla fine del ciclo sarà quasi impossibile distinguere ciò che è legale da ciò che non lo è. Queste operazioni sono finanziate a breve termine da diverse banche ma secondo Mark Williams, ex ispettore della Federal Reserve Bank. Gli istituti di credito soggetti a regolamenti meno stringenti, le cosiddette “banche ombra”, intervengono quando le banche più controllate non lo fanno.

    BENTORNATO FAR WEST - Quantificare i furti è difficile ma si ritiene che circa il 6% dei 12 milioni di catalizzatori riciclati ogni anno siano di provenienza furtiva: la stima proviene dal National Salvage Vehicle Reporting Program, un gruppo no-profit che lavora a stretto contatto con le forze dell'ordine. Questa percentuale sembra bassa ma si traduce in circa 600.000 auto private dei catalizzatori negli USA nel 2022 e in altrettanti proprietari disperati, o quasi. Il valore dei catalizzatori è tale che un vice sceriffo, che indagava sui furti di convertitori catalitici nella contea di Harris, in Texas, è rimasto ucciso in una sparatoria con tre uomini che tentavano di rubare quello della sua Toyota. In altri Paesi non va meglio: a febbraio, nel sud della Germania, i ladri hanno sequestrato un camion con un carico di catalizzatori del valore di 1,5 milioni di dollari. Julian Kohle, responsabile degli affari governativi presso la International Platinum Group Metals Association, ha poi evidenziato come il Sudafrica abbia sperimentato un’escalation di violenza. Kohle ha citato come esempio un episodio nel quale bande di uomini armati avevano aperto il fuoco contro una guardia rubando poi metalli preziosi per circa 2,5 milioni di dollari da un camion a Port Elizabeth. Un gruppo imprenditoriale sudafricano ha inoltre accusato le organizzazioni criminali internazionali di usare jammer per bloccare i dispositivi di sicurezza e di tracciamento GPS allo scopo di rubare catalizzatori e metalli preziosi usati per costruirli. Una piaga globale, quindi, che richiede azioni decise per contrastarla.

 

 

 

 

20.11.23
  1. ASSURDO :    Aggredito da un collega alle spalle. "Al rientro mi hanno bloccato subito"
    Accoltellato in fabbrica torna e lo licenziano "Non può più lavorare"
    Cosa è successo
    ANTONIO GIAIMO
    pinerolo (torino)
    Vittima di un'aggressione in fabbrica da parte di uno schizofrenico, quando torna al lavoro trova una lettera di licenziamento. La spiegazione della direzione è sconcertante: «Le lesioni che ha riportato hanno provocato l'impossibilità di eseguire le mansioni e non ci sono altri compiti che lui potrà svolgere».
    Era il 19 dicembre dello scorso anno, da poco passate le 7 di mattina, la vittima era di spalle e stava montando un pezzo nella Tama Aernova di Roletto, fabbrica appena fuori Pinerolo che produce sistemi filtranti, quando un suo collega - senza dire una parola - si è avventato su di lui colpendolo alla schiena con un coltello. Alla base dell'aggressione non c'era una lite, non un vecchio rancore, solo un fantasma di quelli che prendono forma nella mente dei malati psichiatrici.
    Per un attimo Sanjay Mensa, 44 anni, adottato da una famiglia di Pinerolo che l'aveva conosciuto nell'orfanotrofio di Madre Teresa di Calcutta, è rimasto in piedi incredulo, poi si è accasciato a terra e quando ha ripreso i sensi si è ritrovato in ospedale. I medici gli avevano salvato la vita, ma la convalescenza e la riabilitazione sono durate mesi. Le ferite alla schiena gli hanno provocato un'invalidità del 16% e il medico della fabbrica ha stabilito che avrebbe potuto certamente tornare al lavoro ma con alcune limitazioni: non sollevare carichi superiori ai 5 chili, fermarsi al secondo scalino in caso di uso della scala e poi alternare momenti di lavoro in piedi ad altri seduto.
    «Ma quando ho varcato il cancello - spiega Sanjay - sono stato bloccato, mi hanno detto che nella fabbrica non c'erano mansioni che facessero al mio caso e che dovevo tornare a casa». E aggiunge: «Mi è crollato il mondo addosso, come è possibile che un'azienda che ha un fatturato di 33 milioni e dice di investire parte dei profitti anche sul sociale, licenzi un padre di famiglia con 4 figli a carico?». Mentre parla nella sua casa, alla periferia di Pinerolo, sono i disegni dei suoi bambini, appesi alle pareti, a fare da cornice a un momento di grande preoccupazione. «Ma per quale motivo la mia ditta ha dato lavoro a una persona che aveva seri problemi psichiatrici e per me, che oggi pago le conseguenze di un fatto violento avvenuto in fabbrica, c'è la lettera di licenziamento? Possibile che lì dentro non ci sia un lavoro diverso che io possa fare?».
    Un'interpretazione chiara arriva dagli uffici di Pinerolo della Cgil, dove si è rivolto per essere assistito: «Tutto risponde a quel principio che guarda solo al profitto e non alla risorsa umana – spiega Simona Petriello dell'ufficio vertenze -. Oggi Sanjay non serve più alla produzione e allora lo vogliono mettere fuori. Il paradosso è che facevano lavorare una persona che, sebbene avesse problemi psichiatrici, era utile nel processo produttivo». La vicenda è seguita da un pool di avvocati: uno si occupa del procedimento penale nei confronti dell'aggressore, un altro della causa di risarcimento nei confronti dell'azienda e un terzo dell'aspetto legato al licenziamento. Si limita a dire il legale Alberto Negro: «Riteniamo inaccettabile il comportamento del datore di lavoro, adotteremo quindi tutte le iniziative di legge finalizzate a tutelare la posizione di Sanjay Mensa».
    Michele Chini, l'ad della Tama Aernova, società che ha anche uno stabilimento a Predaia in Trentino e conta oltre 100 dipendenti, per il momento ha scelto la strada del silenzio. Per lui parlano sia la lettera di licenziamento sia quella con la quale dispone che l'operaio debba lasciare lo stabilimento in attesa dell'incontro che ci sarà con i sindacati nell'ambito della procedura di conciliazione, passaggio obbligatorio per legge. E nero su bianco, in relazione all'incontro del 6 dicembre, l'azienda scrive al dipendente: «Addivenire alla risoluzione del rapporto di lavoro per giustificato motivo oggettivo a seguito della tua inidoneità alle mansioni disponibili in azienda».
  2. UNA STORIA DEFINITA : 'Ndrangheta
    Lo Stato

    giuseppe legato
    I numeri non sono tutto, anche se raccontano un pezzo della storia di questo maxiprocesso: 207 condanne (su 338 imputati), 2.120 anni di carcere inflitti in primo grado dopo tre anni (e centinaia) di udienze in un'aula bunker costruita apposta per portare alla sbarra una mafia nuova con la sua rete di potere, relazioni, connivenze.
    «Rinascita Scott», processo e indagine seconda (statisticamente, ma per citare chi l'ha messa in piedi «le similitudini finiscono qui») solo a quella del «maxi» di Palermo. Eppure anche qui c'è una traccia, una linea di narrazione giudiziaria che va oltre arresti e condanne, disegna (e conferma) le traiettorie della «Cosa Nuova».
    Più dei nomi e dei ruoli (di vertice) dei 13 locali (strutture di base) della ‘ndrangheta nella provincia di Vibo, considerata fino a ieri - con un errore di concetto e racconto - una mafia di serie B, colpisce, ad esempio la condanna di Giancarlo Pittelli. Concorso esterno in associazione mafiosa. Undici anni: ne erano stati chiesti 17. Farà appello. I suoi legali non ci stanno: «È una condanna statuita ad ogni costo perché indispensabile a salvare la credibilità della intera operazione investigativa».
    Massone di rango, già avvocato stimato in processi di grido, deputato e senatore di Forza Italia, Pittelli, una volta passato a FdI nel 2017, incassò l'endorsement di Giorgia Meloni che - ovviamente ignara delle condotte del nuovo acquisto - commentò: «Sarà un valore aggiunto». Che per il gip che ne ordinò l'arresto nello storico blitz del 21 dicembre 2019 si è tramutato in questo: «Ha messo a disposizione della cosca Mancuso il proprio rilevante patrimonio di conoscenze e di rapporti privilegiati con esponenti di primo piano a livello politico-istituzionale, del mondo imprenditoriale e delle professioni».
    Lui si è sempre detto vittima di un complotto: «Lascio l'esultanza a impostori sociali e sciacalli» ha commentato ieri. Ma, intercettato, chiede a ufficiali dell'Arma informazioni segrete su svariati fronti. Le ottiene con una confidenza inquietante. Uno di loro la pagherà: è il colonnello dei carabinieri Giorgio Naselli, condannato ieri a 2 anni e 6 mesi per rivelazione di segreto d'ufficio. Non sapeva di aiutare la ‘ndrangheta, ma si fece scappare qualcosa che doveva restare segreto.
    Parallelamente Pittelli è a contatto con i boss supremi che raggiunge «praticando a piedi posti impervi, facendosi accompagnare da auto staffetta». Modalità «non tipiche di un avvocato, che pure è stato senatore della Repubblica». È lui in definitiva «l'affarista dei boss accreditato nei circuiti della massoneria più potente, in grado di far relazionare la 'ndrangheta con i circuiti bancari, con le società straniere, con le università, con le Istituzioni tutte, fungendo da passepartout del Mancuso».
    E di questa mafia e della sua nuova rete colpiscono i saldi legami con alcuni «atenei universitari», ospedali, enti pubblici, politica (nazionale) e massoneria, nella quale – secondo il pentito Cosimo Virgiglio, già «Venerabile nella Gran Loggia dei Garibaldini d'Italia» a Vibo Valentia - vanterebbe una doppia affiliazione. Il dato era rimasto incastrato nel tempo, ma inquietante perlomeno nelle premesse dei pentiti e dei testimoni. Il 6 marzo del 2014 il professor Giuliano Di Bernardo, già «Gran Maestro D'Oriente d'Italia» e successivamente fondatore della Gran Loggia Regolare d'Italia, riferiva «con riguardo ai rapporti tra ‘ndrangheta e massoneria» di aver appreso già nel 1993 «che in Calabria su 32 logge, 28 erano controllate dalla ‘ndrangheta».
    Il boss Luigi Mancuso, «Il Supremo», docet: «Una volta quelli della ‘ndrangheta erano dei benestanti, poi gliel'hanno lasciata ai poveracci, agli zappatori. E hanno fatto la massoneria perché hanno le stesse regole». Disse Nicola Gratteri, oggi capo dei pm di Napoli, che ha condotto la requisitoria chiedendo più di 4 mila anni di carcere insieme ai colleghi Vincenzo Capomolla, Antonio De Bernardo e Anna Maria Frustaci: «Essere mafiosi e massoni insieme non vuol dire decidere a chi va l'appalto, ma stabilire a monte se l'opera si deve fare o meno». La chiave è qui. Ma servono rapporti trasversali, necessita il contributo di infedeli. Come quello – perlomeno fino a questa pronuncia – dell'ex finanziere in servizio alla Dia e poi passato ai servizi segreti Michele Marinaro, accusato di concorso esterno e rivelazione di segreto d'ufficio (10 anni e 6 mesi). La responsabilità di diversi politici locali è stata ridimensionata, a volte cancellata come nel caso dell'ex presidente dell'Anci Calabria Gianluca Callipo. Ci sono diverse assoluzioni, va detto. Restano invece le condanne comminate all'ex comandante della polizia municipale di Vibo Valentia Filippo Nesci, all'avvocato Francesco Stilo (14 anni), legale a disposizione dei clan non solo per le attività difensive. E a imprenditori. Il mosaico è ampio, come la rete.
  3. UN MODELLO CHE NON HO POTUTO PROPORRE AL VESCOVO DI TORINO : REPOLE ;«In famiglia mi prendevano per pazzo». Era un salto nel vuoto: pagare per salvare il proprio posto di lavoro, diventare padroni di se stessi. Poteva finire malissimo: senza occupazione e con i risparmi polverizzati. E invece oggi Mauro Montà non ha dubbi: «Lo rifarei mille volte. Abbiamo dato una speranza alle nostre vite e a quelle di tanti ragazzi di queste vallate».
    Roccavione è un Comune di 2.500 abitanti a venti minuti d'auto da Cuneo, stretto all'imbocco di due Valli: Vermenagna e Gesso. Nel 1872 i fratelli Pirinoli aprirono una cartiera. Otto anni fa i lavoratori hanno fondato una cooperativa per salvarla dal fallimento dopo tre anni di agonia e una serie di gestioni sballate. Erano 70: ciascuno ha rischiato di tasca propria. Oggi i soci sono 78, i dipendenti 97 e l'azienda ha chiuso il 2022 con un fatturato di 70 milioni e utili per 8. «Lavoravo in amministrazione», racconta il vice presidente Ferdinando Tavella. «Mai visto un bilancio in attivo. Eppure i proprietari di soldi ne investivano. Ma c'erano poco. Per noi invece questo stabilimento è casa».
    Forse la differenza sta qui. A Roccavione si trasforma la carta-spazzatura in cartoncino patinato per le confezioni dei prodotti che compriamo sugli scaffali dei negozi e in cartone grigio (tipo quello dei rotoli di carta igienica). Produce 90 mila tonnellate l'anno e da quando è di proprietà di chi ci lavora non ha chiuso un solo bilancio in perdita in un settore ormai dominato dalle produzioni a basso costo.
    Un'intera comunità ha creduto in questa sfida. Daniele Aime se lo ricorda bene quel giorno del 2014: «Ciascuno di noi ha deciso di investire i denari della propria famiglia, o almeno una parte. Pochi anni prima avevo lasciato un altro impiego, non volevo cambiare di nuovo. Ho fatto la scelta giusta». Laura Beltrano ha quarant'anni, vive in paese, ha due figli piccoli. Aveva smesso di lavorare perché la sua azienda era troppo lontana da casa. «Quattro anni fa qui cercavano qualcuno per la portineria: mi sono fatta avanti». Voleva un part-time, oggi gestisce anche ordini e operazioni di carico e scarico ed è diventata socia della cooperativa, una delle ultime. «È un investimento sul futuro, delle nostre vite ma anche di questi territori un po' sperduti dai quali senza fabbriche come questa la gente sarebbe quasi costretta ad andarsene».
    Fu il commissario che doveva liquidare la cartiera Pirinoli a capire che la soluzione era dentro il capannone. «Lavoravamo fianco a fianco», ricorda Tavella. «Quand'era chiaro che non c'erano speranze, mi disse: "perché non la prendete voi?". Aveva ragione. Avevamo scritto il piano industriale, sapevamo come tenerla in piedi».
    Sono partiti in cinque: Silvano Carletto, che ancora oggi è il presidente, Tavella, uno dei pochi a non vivere in zona (originario di Gioia Tauro, da più di vent'anni fa il pendolare tra Torino e Roccavione) e tre rappresentanti dei lavoratori. Uno era Federico Galliano, assunto nel 1995. Oggi è un caso rarissimo di padrone-sindacalista: socio della fabbrica e rappresentante dei lavoratori al tempo stesso. «Carletto e Tavella erano dirigenti, noi la cinghia di trasmissione con gli altri. Ci siamo guardati in faccia e abbiamo deciso di farlo». Hanno coinvolto i 65 colleghi, fondato la cooperativa. Hanno ristrutturato i cicli di produzione, investito sui macchinari. E poi hanno agito come una famiglia: fatto economie, sopportato rinunce negli anni difficili e respirato in quelli migliori. Non sono mai andati a fondo.
    Eppure le precedenti gestioni investivano milioni. «È vero: la famiglia Eva, di Torino, ha guidato questa fabbrica per quasi un secolo. E anche il gruppo Pkarton ha speso tanti soldi», dice Tavella. «Però non erano di qui, venivano ogni tanto. La cartiera è un oggetto delicato: un errore può costare anche 100 mila euro al giorno». E se dal 2015 i conti non sono più in rosso la ragione probabilmente sta nelle parole di Mauro Montà: «Qui dentro non c'è l'occhio del padrone. Ce ne sono 142, quelli di noi soci».
    Così la cartiera ha superato il Covid restando chiusa appena un giorno. Ha arginato lo choc energetico con una scelta drastica: «A settembre dell'anno scorso il prezzo del gas era oltre dieci volte lo standard. Produrre significava perdere 6 milioni in un mese. Ci siamo fermati. Solo quando i clienti hanno avuto chiaro che i rincari erano inevitabili anche per loro, siamo ripartiti». A luglio, per la terza volta dal 2015 i 78 soci hanno ricevuto una parte degli utili: quattro mesi di stipendio in più. Gli altri 7 milioni di utile sono andati a capitalizzare la cooperativa e a coprire parte dell'ultimo investimento: sostituire alcune parti della linea di produzione per abbattere del 15% i consumi. Alla fabbrica serve gas per 4 milioni l'anno. Ma per farla girare ci vogliono anche quantità enormi di energia elettrica e vapore. Qualche anno fa i soci-lavoratori hanno deciso di costruire una centrale di co-generazione che produce energia elettrica e termica. «È costata 7 milioni, in tre anni siamo rientrati della spesa e ora siamo del tutto autosufficienti, anzi, vendiamo l'energia che avanza», spiega Tavella. Nel 2015, appena rilevata l'azienda, avevano eliminato due dei tre macchinari: la prassi sarebbe usare un impianto per il cartoncino e uno per il cartone ma loro ne impiegano uno per entrambe le lavorazioni. «È stata una delle chiavi del successo. Conosciamo la fabbrica, sapevamo che si poteva fare».
    Il miracolo della cartiera, in fondo, è quello di tutta una comunità: «Io sono nata qui e a Roccavione ci sono due simboli: l'arbu, il castagno, e la fabbrica che qui è sempre stata la cartiera», racconta la sindaca Germana Avena. Tra i soci della cooperativa, nel 2014, c'erano anche lei e il suo vice, «come privati cittadini: era un modo per tutelare i lavoratori e mostrare che le istituzioni ci credevano». Ma anche per dare garanzie a chi doveva finanziare l'operazione: servivano soldi per rilevare i macchinari e avviare la produzione. «Nessuno ci credeva. Mi avevano sconsigliata, mi davano della pazza. Ci sono abituata. È stato un salvataggio di comunità. A cose fatte, siamo usciti dalla cooperativa e sono entrati gli operai. Oggi posso dire che dei miei cinquant'anni in municipio è la cosa di cui vado più orgogliosa».

 

 

 

 

19.11.23
  1. l1Che cos'è la carne coltivata (definita erroneamente anche "carne sintetica")?
    È prodotta dalle cellule staminali di un animale: le cellule vengono coltivate in un ambiente privo di contaminanti e senza antibiotici.
    l2Come si lavora la cellula?
    In un fermentatore, le cellule alimentate con ossigeno, mangime e calore crescono come farebbero nel corpo di un animale, sfruttando la capacità delle staminali di replicarsi indefinitamente. Una volta matura, la carne viene raccolta, ed eliminato il liquido di mangime rimanente, si ottiene un prodotto simile al macinato con fibre lunghe che viene compattato sottovuoto.
    l3In quali Paesi si consuma?
    Israele, Regno Unito, Singapore e Stati Uniti.
    l4Gli scienziati italiani stanno facendo ricerca?
    Sì, con la startup trentina Bruno Cell, Politecnico di Torino e università.
    l5Quali i vantaggi?
    Secondo i produttori non produce scarti, riduce l'emissione di gas serra del 98% rispetto agli allevamenti tradizionali, riduce del 99% l'uso di acqua e sfrutta il 99% in meno dei terreni.
    l6Quali gli svantaggi?
    Scienziati e studiosi sono divisi: alcuni sollevano dubbi sui meccanismi che nascono dalle staminali e bloccherebbero alcuni geni, come il P53, che frenano lo sviluppo di cellule tumorali.
    l7 Qual è la differenza tra sintetica e vegetale?
    La carne vegetale usa principalmente legumi e le proteine presenti come sostituti della carne: con aromi e altri ingredienti si cerca di riprodurre consistenza e sapore del prodotto animale. —

 

 

 

 

 

18.11.23
  1. TRAGICO:   Quei bambini traumatizzati che ora comunicano solo a versi
    Tamar Verete-Zehavi
    Nelle ultime settimane ho lavorato come volontaria in un asilo d'infanzia dentro uno degli hotel di Gerusalemme che sono stati trasformati in una specie di campo profughi di lusso.
    Ci sono quaranta bambini, tutti evacuati dalle zone in cui si combatte il conflitto tra Israele, Hamas ed Hezbollah. Alcuni di questi bambini hanno trascorso moltissime ore dentro i rifugi, ascoltando i rumori dei terroristi di Hamas che all'esterno massacravano i loro parenti, gli amici e gli animali domestici. Molti dei loro familiari sono stati rapiti e portati a Gaza. Ci sono due fratelli che sono rimasti nascosti a lungo dentro un mobile in cui la madre li aveva infilati, ordinandogli di rimanere in silenzio, «altrimenti vi ammazzano!». A questi bambini non leggo storie, a malapena riusciamo a parlare di quello che hanno vissuto. Passo le giornate a dirgli che gli voglio bene, a farli giocare e disegnare, due attività che aiutano la guarigione dell'anima.
    Ruth, 6 anni, ha deciso di cominciare a parlare come una bambina piccola. Ha detto: «Aaaaa bbbbb». Le ho risposto: «Fffff ddddd». E così abbiamo cominciato a comunicare. E questa è l'unica lingua che mi sembra possibile parlare in questi giorni; l'unica lingua che mi permette di entrare in contatto con tutti i bambini che soffrono nel mondo.
    Capite bene quindi che non sono in grado di esporre il mio punto di vista e le mie posizioni rispetto alla realtà della zona di guerra in cui vivo. Non ho parole per descrivere l'orrore. Forse però posso far comprendere la mia prospettiva sugli eventi tramite i libri per bambini e ragazzi che ho scritto in passato.
    Quando ero una giovane madre, non trovavo libri per bambini che parlassero del conflitto israelo-palestinese, una situazione politica che inevitabilmente influisce, oggi come allora, sulla vita di tutti gli abitanti di questa parte del mondo. Così, quei libri li ho scritti io, rivolgendomi ai lettori più giovani: è tuttora la mia missione di attivista.
    All'inizio erano lavori bilingue, li scrivevo insieme al mio amico palestinese Abdelsalam Yunis: lui in arabo, io in ebraico. La scrittura condivisa era già un atto politico e testimoniava che la condivisione era possibile. Nessuno ha dovuto rinunciare alla propria identità, né alla propria lingua. Ci siamo divisi la pagina, c'era spazio per entrambi. E quando i bambini leggono nella loro lingua madre, l'altra lingua è lì accanto, dove possono vederla.
    Quando i miei figli sono cresciuti, ho cominciato a scrivere romanzi per adolescenti in cui giovani ebrei e giovani palestinesi si confrontavano coraggiosamente su questo sanguinoso conflitto, tentavano di risalirne le origini, e chiedevano e rivendicavano per se stessi la possibilità di amarsi.
    Tutti i miei libri che parlano del conflitto tra Israele e Palestina vengono da mie esperienze personali, vere: non ho inventato mai. Il romanzo Sruta, per esempio, l'ho scritto all'epoca della Seconda Intifada, un periodo caratterizzato da terribili attentati terroristici in tutto il Paese e in particolare nella mia città, Gerusalemme. L'odio degli arabi era tutto intorno a me, e aumentò ulteriormente dopo l'attentato a un supermercato nel mio quartiere. Allora mi dissi che avevo di fronte una grande sfida: dare un altro senso a quell'attentato.
    La canzone di Rosie (Gallucci) l'ho scritto invece dopo aver svolto attività di volontariato insieme alla mia amica Naama a Hebron (città palestinese nei territori occupati). Per un anno abbiamo insegnato l'ebraico a un gruppo di donne palestinesi, che volevano impararne i rudimenti per poter comunicare meglio con i soldati e gli ufficiali del comando militare. Andammo lì convinte che il dialogo potesse aiutare a contrastare la violenza.
    Ho le lacrime agli occhi quando penso a Yaffa and Shounra, un libro bilingue per bambini che ho scritto quest'anno con la mia amica palestinese cristiana Tarez Saada Ladkani. È illustrato da Alla Martini, rifugiata siriana musulmana, e racconta la storia di due gatti, uno di Gaza e l'altro di un kibbutz poco oltre il confine. Il primo è il gatto di Ahmed, il secondo il gatto di Noa. Tre donne - una cristiana, una musulmana e un'ebrea - hanno tentato di creare insieme un'immagine di pace e riconciliazione. Ma dov'è Noa adesso? È stata uccisa il 7 ottobre, quando i terroristi di Hamas hanno massacrato la gente del suo kibbutz? È stata rapita e ora è a Gaza? E dov'è il piccolo Ahmed? È riuscito a sfuggire alle bombe o è sepolto sotto le macerie? Non lo so. Aaaaa bbbbb. Non ho parole. —
    *Scrittrice israeliana nata a Gerusalemme nel 1959, si è occupata per anni di educazione alla convivenza tra ebrei e arabi,
  2. L'EREDITA' SPERANZA PD : Senza
    medico
    Paolo Russo
    roma
    «Arrivano nei nostri studi verso sera, sono i pazienti orfani del medico di famiglia e non sanno da chi farsi prescrivere farmaci e certificati». Verona, Italia. Perché la desertificazione dei dottori di medicina generale descritta da Alberto Vaona, segretario provinciale veronese della Fimmg (il sindacato dei medici di base), è in atto un po' in tutto il Paese. «Sento di colleghi che trascorrono le notti a fare ricette e la situazione fino al 2025 con i pensionamenti in arrivo andrà ad aggravarsi. Tanto che la Asl sta definendo un accordo affinché le guardie mediche siano aperte anche di giorno laddove ci sono almeno 500 cittadini rimasti senza medico di riferimento», racconta sempre Vaona. E i numeri raccolti da Istat e Agenas, l'Agenzia pubblica per i servizi sanitari regionali, gli danno ragione. Negli ultimi 15 anni tra medici di base, pediatri e guardie mediche si sono persi per strada 13.788 camici bianchi schierati nel grande ammalato del nostro Ssn, il territorio. In pratica è venuto a mancare un medico su cinque.
    Nel 2012 di medici di famiglia se ne contavano oltre 46 mila. Poi anno dopo anno l'erosione: 42.426 nel 2019, 41.707 nel 2020, 40.250 l'anno successivo per arrivare da qui al 2025 a contarne solo 36.628, qualcosa come diecimila in meno in 12 anni, durante i quali la popolazione sarà pure leggermente diminuita ma è anche invecchiata. E sono proprio gli anziani a fare più spesso visita agli ambulatori dei camici bianchi del territorio. Il problema è che già oggi la maggior parte di loro ha oltre 25 anni di servizio alle spalle e il ricambio generazionale non è in vista. Anzi, secondo l'Enpam, l'ente previdenziale dei dottori, i giovani formati da qui al 2031 copriranno solo la metà dei 20 mila medici di famiglia destinati ad andare in pensione, visto che oltre la metà di loro ha già più di 60 anni.
    Ma già oggi i medici che hanno a proprio carico più di 1.500 assistiti sono il 38% secondo l'ultima rilevazione Istat: essendo il massimo previsto da contratto, sono costretti a rimandare al mittente le nuove richieste di iscrizione da parte dei cittadini. Che magari si ritrovano a dover scegliere un dottore più lontano o che non conoscono affatto. Così come diventa un'impresa cambiare medico. Un problema più sentito al Nord, dove in media ogni medico ha 1.326 assistiti, mentre al Centro a ciascuno ne toccano 1.159 e al Sud 1.102. Ma la situazione varia parecchio da Regione a Regione. Così a star messo paggio è l'Alto Adige, con 5,47 medici ogni 10 mila abitanti, seguito da Lombardia (5,8), Calabria (5,86) e Trentino (6,09). Sotto la soglia di guardia di 7 medici ogni 10 mila abitanti sono anche Veneto, Valle d'Aosta, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Campania, Piemonte, Liguria e Marche. Ma tra due anni tutte le Regioni saranno a «rosso fisso», con il serbatoio di medici quasi svuotato. «Il problema - spiega Anna Lisa Mandorino, segretario nazionale di Cittadinanzattiva - è che spesso le carenze di medici di famiglia sono concentrate nelle zone più periferiche del Paese, a bassa intensità abitativa, che abbiamo definito per questo deserti sanitari».
    A invertire questa tendenza potrebbero essere le nuove leve, visto che grazie anche ai soldi del Pnrr il governo ha messo a disposizione dei neo laureati 900 borse di studio per specializzarsi in medicina generale, portando così il totale dei posti a 2.779 l'anno da qui al 2025. Peccato però che all'appello si siano presentati meno candidati delle borse a disposizione. Senza calcolare che parte degli iscritti abbandona anzitempo i corsi. Eppure, come spiega Silvestro Scotti, Segretario nazionale Fimmg, «oggi intraprendere la specializzazione in medicina generale può essere più conveniente rispetto a una specialità ospedaliera. Questo perché agli 850 euro mensili della borsa di studio si possono sommare allo stipendio di guardia medica o a quello di medico di famiglia, visto che gli specializzandi, fino al 2026, possono sin dal primo anno ricoprire entrambi i ruoli, pur sotto la supervisione di un tutor». Peccato però che questa opportunità, introdotta per legge lo scorso anno, sia sconosciuta ai più, come sostiene lo stesso Scotti. Che sollecita a sua volta una norma di legge che consenta alle Regioni a corto di medici di famiglia «di poter attingere alle graduatorie di quelle confinanti». Opportunità da sfruttare al più presto per ridare un medico di famiglia a quei due milioni di italiani che sono rimasti senza e che diventeranno 5 milioni da qui a tre anni se non si farà qualcosa.
  3. In Italia corsi di tre anni all'estero la specialità
    «Nei prossimi cinque anni mancheranno 45 mila medici di base, è vero. Ma chi va più da loro? Oggi nel mio paese vanno a farsi fare la ricetta, ma chi ha meno di 50 anni va su internet a cercarsi lo specialista. Il mondo in cui ci si fidava del medico di famiglia è finito». Le parole pronunciate due anni fa da Giorgetti fecero infuriare i medici di base. I quali però, se sono a volte considerati di serie B rispetto ai colleghi ospedalieri, lo devono al fatto che questi dopo la laurea si fanno 5 o 6 anni di specializzazione universitaria, mentre loro se la cavano con corsi regionali di soli tre anni, spesso gestiti da uomini del potente sindacato di categoria, la Fimmg, o dalla loro società scientifica, la Simg. Un'anomalia tutta italiana, visto che negli altri Paesi europei la formazione in medicina generale è sempre universitaria e dura dai 4 ai 5 anni. Ad esempio la Spagna prevede 5 anni di università con tirocinio finale e interscambi didattici con altri dipartimenti specialistici. In Olanda, Danimarca e Regno Unito si fanno sempre 5 anni di specializzazione universitaria, che Oltremanica è divisa in due anni comuni a tutte le specializzazioni mediche e tre suddivisi tra attività medica di base e ospedaliera
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17.11.23
  1. Se non lo consideriamo un problema, il debito non calerà
    La prossima settimana arriverà la valutazione della Commissione europea sulla nostra legge di Bilancio.
    Con ogni probabilità, ci saranno parecchie indicazioni che conosciamo, e anche molto bene. Del resto, cambiano i governi, si ricompongono le maggioranze, talvolta anche in maniera creativa, ma i problemi del Paese sono sempre gli stessi: crescita asfittica, produttività stagnante, tassi di disoccupazione giovanile e femminile in cima alla classificazione europea e, soprattutto, debito pubblico che non scende. Anzi, sale.
    In base alla ultime previsioni pubblicate da Bruxelles qualche giorno fa, il nostro stock di passivi in rapporto al Pil dovrebbe passare dal 139,8% del Pil di quest'anno al 140,8 del 2025. Una simile dinamica la registra solo la Francia, sebbene su livelli assai più moderati, ossia dal 109,6 al 110 per cento. Questa situazione non è certamente una novità degli ultimi anni. Il nostro debito è mediamente sempre aumentato. Il motivo è semplice: non è considerato un problema. E, invece, il debito costa. Ogni anno lo Stato deve pagare gli interessi a chi lo detiene. Per il 2026 l'attuale governo prevede una cifra monstre di circa cento miliardi, la più elevata in Europa. Con così tante risorse si potrebbe intervenire proprio su quelle debolezze che affliggono la nostra economia a cominciare dalla disoccupazione giovanile, quindi la scuola. Il debito, poi, rende meno flessibili. Lo abbiamo visto durante la crisi pandemica e anche durante quella energetica. L'Italia poteva disporre di margini di manovra, ossia della possibilità di prendere risorse a prestito per sostenere l'economia senza creare tensioni sui mercati finanziari, ben più ridotti di quelli a disposizione di competitor come la Germania.
    Il debito, infine, rende più vulnerabili. In caso di choc, un Paese ad alto debito può essere oggetto di attacchi speculativi. Si diventa dunque fonte di instabilità anche per gli altri, ovvero l'anelo del contagio finanziario. In altre parole, un'economia che non riesce a mettere il proprio debito su una traiettoria decrescente è un rischio per l'intera area.
    Questi aspetti sembrano banali, eppure non sono mai davvero entrati nel dibattito pubblico. Il debito è stato presentato come un'opportunità, una fonte di finanziamento a cui ricorrere migliore delle altre, ossia del taglio delle spese e dell'aumento delle tasse, perché ci è stato spiegato che era persino buono. Abbiamo, quindi, speso molto. Troppo. C'era davvero bisogno di prendere 120 miliardi di debito europeo per il Piano nazionale di ripresa e resilienza? Certamente no. La scelta è stata miope. Oggi ci troviamo in una situazione complessa. Incertezza crescente e tassi alti non aiutano le economie ad alto debito.
    C'è, poi, un aspetto tutto politico che riguarda la partita delle regole. In questi giorni si discute la revisione del Patto di Stabilità e Crescita. Il governo fa bene a essere perplesso su un impianto per nulla trasparente. Prima di firmare una riforma che si spera sia destinata ad essere vigore senza troppe cambiamenti per un lungo periodo di tempo, bisogna essere certi di poterla rispettare. In passato non siamo stati campioni. Va precisato, tuttavia, che in diverse occasioni la Commissione è stata complice: ha chiuso un occhio di troppo concedendo ampi margini di flessibilità che si sono tradotti in maggiore debito per finanziare spesa corrente, a cominciare dal bonus 80 euro di Renzi.
    A guardar bene, però, il problema non riguarda solo le regole europee ma anche quelle italiane che ci siamo dati noi stessi. In base all'articolo 81 della Costituzione rivisto nel 2012 durante il governo Monti, «il ricorso all'indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e al verificarsi di eventi eccezionali». Tradotto: si aumenta il debito solo in caso di emergenza. Noi, però, l'emergenza l'abbiamo trasformata in una situazione permanente: si è ricorso ai cosiddetti "scostamenti", quindi a maggiore debito, anche in fase espansiva del ciclo. Ovvero proprio quando si dovrebbe risparmiare. Una violazione ripetuta della nostra Costituzione di cui quasi nessuno si è scandalizzato.
  2. IL SOLITO DOPPIO GIOCO DI SALVINI : l'emendamento del leghista massimo garavaglia
    Tassa da 3 euro sui viaggi in nave e aereo per finanziare il risanamento dei Comuni
    Una tassa d'imbarco per i passeggeri degli aerei, delle navi da crociera e dei traghetti, fino a 3 euro a persona, per finanziare il risanamento del debito dei Comuni italiani che sottoscrivono un «patto virtuoso» con il governo. Una sorta di tassa di soggiorno aggiuntiva, che i Comuni potranno decidere come fosse un'addizionale e che potranno applicare a uno o a tutti i vettori. L'ex ministro del turismo Massimo Garavaglia, insieme ai colleghi leghisti Testor e Dreosto, ha depositato in Commissione Bilancio al Senato un emendamento che sblocca l'operazione attraverso un prelievo diretto all'emissione del biglietto da parte delle compagnie di navigazione o aeree (o alle agenzie cui è affidato il servizio). Le imprese che non eseguissero il prelievo sarebbero soggette a una sanzione fino al 200% del diritto d'imbarco fissato dal Comune di competenza. La misura, inizialmente prevista per i Comuni in dissesto o in rosso, è stata estesa a tutti i capoluoghi di provincia con i bilanci in pari ma con un indebitamento superiore ai mille euro pro-capite. L'emendamento di Garavaglia fa riferimento al decreto legge 50 del 2022 firmato dal governo Draghi e fatto proprio dall'esecutivo Meloni, che mancava soltanto dello strumento d'incasso. Molte città metropolitane hanno già stipulato il patto con l'esecutivo. Genova, che ha già azionato una delle leve innalzando l'aliquota addizionale Irpef, ha già preparato le carte per applicare la tassa sui biglietti d'imbarco: 3 euro a persona per i passeggeri dei traghetti e delle navi da crociera (aerei esclusi, al momento). L'introito previsto è poco inferiore ai dieci milioni. Venezia starebbe pensando al prelievo sui soli passeggeri degli aerei, Napoli e Palermo sarebbero orientati al prelievo su tutti e tre i vettori.
  3. Black Amazon
    andrea rossi
    torino
    Un dipendente dello stabilimento Amazon di Torrazza Piemonte, provincia di Torino, ha accumulato 41 giorni di sospensione per avere – in più occasioni – guardato il telefono durante l'orario di lavoro. Non aveva comunicato, all'inizio del turno, che avrebbe potuto ricevere una chiamata d'emergenza, dunque non era autorizzato a usare il cellulare. Le emergenze si chiamano così perché accadono inaspettate, eppure ad Amazon vanno anticipate, altrimenti chi risponde a una telefonata si prende un provvedimento disciplinare. Che l'ispettorato del lavoro ha annullato.
    Un'addetta di Novara, invece, ha ricevuto una contestazione per essersi rifiutata di mostrare agli addetti alla sorveglianza il contenuto del portafogli. Il metal detector sotto il quale tutti devono passare prima di godersi i 30 minuti di pausa aveva suonato. Ma il portafoglio appartiene a quei beni che solo le forze dell'ordine – e nemmeno sempre – possono esigere.
    A un suo collega di Vercelli è bastato staccare la presa di corrente che alimenta le casse che sparano musica a tutto volume nei reparti – a quanto pare per imprimere maggiore ritmo all'attività – per finire nei guai. Aveva mal di testa, aveva più volte chiesto ai responsabili di abbassare il volume; quando non ha più retto ha fatto da sé, «senza autorizzazione» e «di fatto manomettendo un asset aziendale», scrive Amazon nella lettera con cui gli concede dieci giorni per difendersi.
    Nella settimana del Black Friday – la promozione che garantisce centinaia di migliaia di prodotti a prezzi scontati – e all'inizio della lunga corsa verso Natale, il periodo in cui il gigante dell'e-commerce realizza una parte consistente dei profitti dell'anno, i lavoratori dei cinque poli piemontesi (4 mila assunti in totale) hanno deciso di ridurre il ritmo del tumultuoso ingranaggio che consegna milioni di prodotti nelle case. Al picco di lavoro da smaltire risponderanno attuando da domani «un moderato calo dell'attività e un eventuale rifiuto alla richiesta di mansioni non contemplate nel contratto», annuncia un documento della Uiltrasporti, il sindacato più rappresentativo in Piemonte negli stabilimenti Amazon. «Ogni pressione o atteggiamento "minaccioso" da parte del management dovrà essere segnalato ai rappresentanti».
    È una protesta che nasce da lontano, arriva al culmine di mesi in cui nei capannoni Amazon in Piemonte è successo di tutto. «Non comprendiamo come un'azienda di tali dimensioni possa riservare ai dipendenti un trattamento lesivo della dignità e al limite della tutela della salute», spiega Massimo Carli, funzionario della Uil. «E siamo sconcertati dalle mancate risposte alle nostre richieste, a cominciare da quella di un incontro con i vertici dell'azienda».
    In Piemonte la multinazionale ha cinque stabilimenti: tre (Torrazza, Vercelli, Novara) sono gestiti da Amazon logistic, lì vengono stoccati i prodotti e preparati i pacchi. Gli altri due, Brandizzo e Grugliasco, fanno capo ad Amazon Transport che gestisce il servizio di consegna: qui non ci sono problemi, i sindacati parlano di «rapporti di reciproca soddisfazione». Eppure anche a Brandizzo e Grugliasco da domani l'attività è destinata a rallentare «per senso di gruppo e solidarietà; la nostra azione va interpretata come un "basta" a ogni sopruso».
    Le ragioni della protesta sono racchiuse nelle cause che con allarmante regolarità finiscono davanti agli ispettorati territoriali del lavoro cui si rivolgono gli addetti sanzionati. E quasi sempre si concludono con una conciliazione o una pronuncia a favore del dipendente. Ci sono i controlli all'ingresso dei servizi igienici: a chi arriva viene chiesto il motivo per cui sta andando in bagno. Ci sono le ispezioni: un'addetta ha dovuto aprire il borsello dove teneva gli assorbenti per mostrarne il contenuto. Verifiche per scongiurare furti e appropriazioni, spiega Amazon, esattamente come i metal detector da attraversare all'uscita per la pausa o la fine del turno. «Controlli ossessivi, al limite dell'umiliazione», ribattono i sindacati.
    C'è un'opprimente attenzione agli orari: «Alle 14,55 lei era previsto in reparto per poter presenziare al briefing di metà turno ma si palesava solamente due minuti dopo la fine della pausa; tale ritardo non era stato approvato dal supervisore di turno», contesta Amazon a un addetto. «Al rientro dall'orario di fine pausa l'area manager la incontrava in un'ala dello stabilimento alle 3,28 nonostante l'orario di fine pausa fosse previsto alle 3,25», si legge in un altro verbale. E non è ammesso alcun calo del ritmo: «Durante il consueto giro di verifica del reparto l'operation manager la incontrava mentre, interrompendo l'attività lavorativa, era intento a conversare con una collega assegnata la postazione adiacente. Nello specifico veniva visto appoggiato con ambo le braccia alla postazione della collega e la testa appoggiata sulle mani».
    Descrizioni minuziose che restituiscono il clima cui è sottoposto chi lavora in quegli stabilimenti. Un mese fa a Vercelli un'addetta si fa male a un braccio mentre armeggia con un pacco da 5 chili sul nastro trasportatore. Nella concitazione del momento non aziona la corda di sicurezza che ferma il rullo. Immediata l'azione disciplinare: «La sua condotta viola le vigenti regole di sicurezza con riferimento alle quali lei è stata debitamente informata e formata». Colpevole di essersi infortunata. Qualche mese fa, una sera, un lavoratore di Torrazza si sente male: ha forti dolori all'addome. Sono le otto. Va in infermeria, chiede di chiamare un'ambulanza. La responsabile glielo vieta. «Inutile», riferiscono i delegati sindacali che accorrono sul posto, subito allontanati dato che «il lavoratore non è iscritto». Solo dopo la mezzanotte, e dopo aver chiamato il 118 di sua iniziativa, viene portato in pronto soccorso.
    «Siamo orgogliosi delle condizioni che offriamo ai nostri dipendenti, stipendi e benefit competitivi; il loro benessere è la nostra priorità», è la replica di Amazon. «L'azienda intrattiene relazioni costruttive con tutte le sigle sindacali. L'ultimo incontro risale al 31 ottobre e sono stati affrontati collaborativamente diversi temi, pianificando contestualmente altri incontri».
    «L'obiettivo che stiamo perseguendo, sotto l'egida del segretario generale Uil Trasporti Claudio Tarlazzi e del segretario nazionale logistica Marco Odone, è la tutela della salute e della dignità dei lavoratori», racconta Carli, che coordina tutte le rsa di Amazon in Piemonte. «La nostra campagna contro le morti sul lavoro riguarda anche le sofferenze "morali" e "psicologiche" che si verificano ogni giorno a causa delle pressioni subite». Pressioni che sconfinano anche nell'intromissione nella sfera privata. Un dipendente dello stabilimento di Novara qualche settimana fa è stato licenziato per aver minacciato un superiore. «Appena ti becco ti ammazzo», gli ha scritto. Fatto grave, ma avvenuto sulla chat del calcetto di un gruppo di lavoratori e fuori dall'orario di servizio. Eppure è bastato per cacciarlo. Il sindacato ha impugnato il licenziamento riservandosi di fare denuncia penale. È l'ennesima conferma di un fatto: l'efficienza pressoché assoluta di Amazon è ottenuta a condizioni che hanno un impatto pesantissimo sugli addetti, dentro e fuori gli stabilimenti, prima, durante e dopo l'orario di lavoro. E proprio quell'efficienza hanno deciso di minare i lavoratori del Piemonte, nella settimana più calda dell'anno. «Il picco (dei pacchi, delle consegne, degli affari, ndr) ve lo fate voi»
  4. Si indossa come un orologio: un tasto avvisa i carabinieri
    Un angelo chiamato smartwatch salva le donne dalla violenza

    «Mobil angel», lo smartwatch contro la violenza di genere. Una sorta di bodyguard tecnologico per le donne vittime di maltrattamenti che, al primo segnale, attiva l'intera rete di soccorso. Carabinieri, familiari, associazioni.
    Quindici i dispositivi a disposizione del comando provinciale dei carabinieri di Torino, cinque ad Ivrea. Quattro attivi, uno in fase di restituzione perché il marito violento è finito in manette.
    Il funzionamento è semplice: basta sfiorare l'icona per attivare l'allarme acustico destinato alla centrale operativa che geolocalizza la vittima e invia una pattuglia. Non solo. Un allarme viene inviato anche al referente dei carabinieri che ha seguito il caso e un familiare o amico segnalato come contatto d'emergenza.
    «Il dispositivo consente di mettere la donna vittima di violenza al centro di una rete istituzionale», spiega il comandante provinciale, colonnello Roberto De Cinti.
    L'iniziativa, sperimentata a Torino, Milano e Napoli e nata dalla collaborazione tra l'Arma dei carabinieri, la Fondazione Vodafone Italia e Soroptimist International, prende il via da una considerazione. E la riassume bene il prefetto Donato Giovanni Cafagna: «La tecnologia può essere uno strumento utile per combattere la violenza di genere». Uno strumento non di controllo sulla donna, ma di aiuto alla sua libertà.
    E sempre più sono i casi di maltrattamenti che finiscono sul tavolo dei magistrati torinesi. «Su 6000 procedimenti l'anno, oltre 700 sono relativi alla violenza di genere», spiega la procuratrice capo di Ivrea Gabriella Viglione. «Sei pubblici ministeri su otto si occupano di procedimenti di codice rosso. Che vengono trattati come procedimenti d'urgenza». A Ivrea, come a Torino, il procura pone un'attenzione particolare alle donne vittime di violenza. «La legislazione è sufficiente- riflette la procuratrice reggente di Torino Enrica Gabetta - È necessario però intervenire anche sulla cultura maschile»
  5. Pubblicati su Nature gli esiti dello studio condotto insieme da Milano e Torino: "Innescato dalle cellule immunitarie"
    Pancreas, la svolta nella ricerca "Trovata una causa del tumore
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    alessandro mondo
    Cellule immunitarie che possono determinare l'innesco del tumore e, quando questo è in fase iniziale, favorirne lo sviluppo: un paradosso, dall'esito sovente letale, di cui si è scoperta l'esistenza e che apre nuove prospettive.
    Il tumore è quello del pancrea, il più aggressivo della variegata famiglia delle neoplasie, con cui ha dovuto combattere, tra molti altri, Fedez. Le cellule si chiamano macrofagi, e non sono cellule qualsiasi. La scoperta rimanda ad uno studio " made in Italy", che ha permesso di scoprire, per l'appunto, uno dei fattori di innesco del tumore del pancreas.
    Protagonisti della ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica internazionale Nature, i ricercatori dell'Istituto San Raffaele di Milano Telethon per la Terapia Genica in collaborazione con il Laboratorio di Immunologia dei Tumori dell'Ospedale Molinette e con il Dipartimento di Biotecnologie Molecolari e Scienze della Salute dell'Università di Torino, coordinato dai professori Francesco Novelli e Paola Cappello, i cui lavori sono da anni supportati da Fondazione Ricerca Molinette Ets. Un lavoro di squadra, insomma, tra professionisti delle due città.
    Lo studio si è focalizzato sul ruolo dei macrofagi, un tipo di cellula immunitaria che svolge un ruolo fondamentale nella difesa delle invasioni microbiche ma anche nell'innesco dell'infiammazione. Premessa: anche la famiglia dei macrofagi è popolosa, e non del tutto conosciuta. Non a caso, l'importanza del lavoro è stata quella di individuare una nuova classe di macrofagi i quali, anziché contrastare il tumore, ne promuovono la crescita.
    Analizzando il tumore dei pazienti con carcinoma del pancreas, sono stati individuati macrofagi associati al tumore: queste cellule, interagendo con quelle pancreatiche, sono in grado di stimolare la crescita della malattia attraverso la secrezione di molecole infiammatorie.
    In particolare, lo studio suggerisce che è proprio la vicinanza fisica tra macrofagi e cellule tumorali a sostenere la progressione della tumore.
    Come sempre, in ambito scientifico, resta da capire cosa determini questo "patto scellerato", diciamo così, tra cellule e cellule: ogni scoperta non è un punto di arrivo ma di ripartenza, nel senso che apre una nuova sfida. Anche così, gli esperimenti in laboratorio per impedire questo legame ed interferire con questo circuito sono stati molto incoraggianti, spiegano i ricercatori, con una riduzione dell'infiammazione e un rallentamento della crescita del tumore del pancreas.
    I risultati dello studio saranno importanti non solo per la terapia ma per una potenziale prevenzione. Lo sviluppo del tumore del pancreas, infatti, è associato ad una forte componente infiammatoria: pancreatiti ricorrenti, cioè infiammazioni dell'organo, rappresentano uno dei fattori di rischio per l'insorgenza della malattia. Bloccare le molecole infiammatorie rilasciate dai macrofagi, che alterano le cellule pancreatiche nelle persone predisposte al tumore, potrebbe rivelarsi un approccio utile anche in chiave preventiva.
    Significa migliorare l'aspettativa di vita dei pazienti di una forma tumorale che ancora ai giorni nostri riscontra esiti infausti. Le malattie pancreatiche, benigne e maligne, risultano in costante crescita: quasi 15 mila, secondo i dati della Associazione Italiana Oncologia Medica, le nuove diagnosi in Italia nel 2022. —

 

 

16.11.23
  1. L'ultimo rapporto sul 2022: uno su dieci non conduce una vita considerabile come dignitosa. E il fenomeno ormai è diventato strutturale
    Sei milioni di italiani in povertà assoluta La Caritas: "Una sconfitta per la società"
    Valeria D'Autilia
    Una povertà ormai «strutturale» che diventa «sconfitta per l'intera società». E non risparmia neppure i minori - anello debole di una iniquità sociale che ne compromette il futuro - né chi un lavoro ce l'ha. Nell'Italia dell'ultimo rapporto Caritas, i poveri assoluti sono 5 milioni 674 mila: rappresentano il 9,7% della popolazione. Molti sono stranieri. A conti fatti, un residente su dieci non ha un livello di vita dignitoso. Senza l'aiuto dei volontari e dei sussidi statali sarebbe il baratro. In parallelo, per oltre 14 milioni di persone – che rappresentano il 24,4% del totale - si registra anche un rischio di finire nelle maglie più deboli.
    L'edizione 2023 dello studio che analizza povertà ed esclusione sociale è lo specchio di un Paese che, in tre decenni, ha visto mutare radicalmente il fenomeno. Sia nei numeri, in crescita, che nei profili sociali. «Tutto da perdere», oltre a rappresentare il titolo scelto per il rapporto di quest'anno (presentato in vista della Giornata mondiale dei Poveri di domani), è la fotografia impietosa di un'Italia che cambia. In peggio. Basti pensare che tra le nuove forme di povertà s'incasellano anche quella energetica, legata al costo delle bollette, separati e famiglie con figli a carico.
    Dal 2021 al 2022 i poveri assoluti sono aumentati di 357mila unità. E in questa categoria rientrano anche i cosiddetti "working poor", i lavoratori poveri. In nero, in grigio – con una regolarità solo apparente – ma anche con part time forzati e salari inadeguati. Deboli, penalizzati e privi di aspettative, sono 2,7 milioni: cercano soltanto di «sopravvivere». Rappresentano quasi il 23% dell'utenza della Caritas. E così accade che ci siano nuclei con il capofamiglia occupato, ma nel 47% dei casi classificabili in povertà assoluta. Un numero che, nelle famiglie di soli stranieri, s'impenna e supera l'81%.
    Accanto alle nuove povertà, ci sono ovviamente quelle croniche. Ma ci si può ritrovare nella vulnerabilità sociale da un momento all'altro, a causa di «eventi svolta». Persino il diventare genitori può portare a uno stato di bisogno: i due terzi degli utenti Caritas ha figli.
    E poi ci sono, appunto, i più piccoli. «Tutti – commenta la Caritas - possiamo dirci vinti di fronte a 1,2 milioni di minori indigenti, costretti a rinunciare a opportunità di crescita, salute, integrazione. Chi nasce povero, molto probabilmente, lo sarà anche da adulto». E non è un caso che nel nostro Paese la trasmissione inter-generazionale di condizioni di vita sfavorevoli è più intensa rispetto al resto d'Europa. In queste situazioni di deprivazione, i principi di uguaglianza - pilastro delle democrazie occidentali – risultano disattesi. Oltre a colpire i diretti interessati, la povertà ha risvolti più ampi per l'intera collettività con la perdita di capitale umano, sociale e relazionale che impatta sull'economia.
    A far riflettere è anche il dato degli stranieri che, nonostante rappresentino soltanto l'8,7% della popolazione, costituiscono il 30% dei poveri assoluti. E le diseguaglianze tra loro e gli italiani, negli ultimi 12 mesi, si sono acuite.
    Il report analizza anche il passaggio dal Reddito di cittadinanza alle due nuove misure di sostegno che lascerebbero «scoperte» alcune specifiche tipologie di poveri. «Uno scenario ancora confuso» nel quale però, stando alle stime, circa 400mila famiglie che beneficiavano del reddito non avranno diritto all'assegno di inclusione. E poi «dubbi sulla possibilità di trovare un'occupazione entro i 12 mesi di copertura economica per la formazione», mentre un plauso va alla possibilità che circa 50mila nuclei di stranieri potranno accedere per la prima volta alla misura.
    Intanto, per i più bisognosi, mense o pacchi alimentari si rivelano indispensabili. La Coldiretti, in base ai dati del Fondo per l'aiuto europeo agli indigenti, stima che in Italia a beneficiarne siano stati oltre 3,1 milioni. Un quinto del totale degli assistiti sono bambini sotto i 15 anni di età. La platea della fame coinvolge anche anziani, disabili, migranti e senza fissa dimora. —
  2. "Famiglie e imprese sempre più indebitate Così che si finisce nelle mani degli usurai"
    eleonora camilli
    roma
    Un fenomeno allarmante e in crescita, che spesso rimane sommerso nonostante la sua pervasività nell'economia reale. L'usura preoccupa gli imprenditori italiani: uno su quattro conosce casi nella propria zona di attività; in molti, soprattutto al Sud, si sentono esposti al rischio. Lo dice l'indagine di Confcommercio "Sotto Strozzo": «lo riteniamo peggiore dell'estorsione, perché più subdolo» sottolinea la vicepresidente della confederazione con delega alla legalità, Patrizia Di Dio, «nell'estorsione c'è la minaccia, nell'usura l'idea che qualcuno abbia risolto un problema. In realtà si entra in un vortice ed è l'inizio della fine».
    Di Dio, nel vostro rapporto denunciate una crescita dell'usura nella percezione degli imprenditori italiani. A cosa è dovuto questo incremento?
    «L'usura si nutre delle fragilità dell'economia. La crisi economica ha incentivato dunque il fenomeno, ma non ne è l'unica causa. Un problema è per esempio anche il mancato accesso al credito legale. Può succedere così che l'unica mano tesa sia quella dello strozzino, che molto spesso viene considerato uno spregiudicato criminale isolato, quando invece è un tassello della criminalità organizzata, che attraverso l'usura tende a sottrarre le aziende. C'è, dunque, un doppio risvolto negativo: non si fa solo un danno all'imprenditore che perde la sua azienda ma a tutto il mondo economico perché aumenta la pervasività della criminalità organizzata. È un fenomeno allarmante che permette alla mafia di controllare i territori più fragili. E, impossessandosi delle aziende, di creare un'economia falsata riciclando denaro sporco».
    Che tipo di imprenditore finisce più facilmente nelle mani dell'usura?
    «Solitamente si tratta di persone che hanno un sovraindebitamento che riguarda non solo l'impresa ma anche la famiglia. Questo manda la situazione fuori controllo, perché c'è una sovrapposizione tra la situazione dell'impresa e quella familiare, le cose si intrecciano e non si riesce a gestirle».
    Cioè?
    «L'esempio classico è quando inizia a mancare liquidità per pagare i fornitori ma anche per pagare il mutuo della casa, per pagare le bollette o le rate della macchina del figlio. In genere per le nostre realtà, che sono imprese familiari, finisce per essere tutto collegato. Così la persona perde il controllo. Il comune denominatore è il senso di solitudine, l'isolamento e la vergogna. Non ci si sente adeguati e si cerca spasmodicamente denaro. Ci si rivolge all'amico o all'amico dell'amico, peccato che quello diventi un tunnel senza via d'uscita. Nessuna attività imprenditoriale sana e onesta può pagare i tassi degli usurai».
    Esiste un sistema oggi per aiutare chi è finito nelle mani dell'usura?
    «Le vittime possono rivolgersi alle associazioni di categoria e alle associazioni antiracket e antiusura, che ci sono ormai su tutti i territori. Anche noi siamo attrezzati. Ma spesso si fa fatica a chiedere aiuto, ci si continua a rivolgere alle stesse persone alimentando il sistema senza fine. Noi stiamo cercando di fare sistema per prevenire il fenomeno e organizzare una tutela, non solo per portare le persone a denunciare, che è il punto di partenza, ma anche per restituire stabilità economica all'impresa e alla famiglia. Serve poi una sana cultura d'impresa che parta da una alfabetizzazione finanziaria. Abbiamo fatto anche un appello pubblico».
    Avete trovato ascolto?
    «Alla presentazione del nostro report c'era la presidente della commissione antimafia, Chiara Colosimo, e il commissario straordinario per le vittime di usura, non c'erano rappresentanti istituzionali. Ma le nostre richieste le faremo in maniera più strutturata al governo».
  3. Esiste un'indiscutibile questione salariale in Italia, ma non solo. Nella maggior parte dei Paesi Ocse la crescita dei salari ha rallentato dopo la crisi del 2008 e l'inflazione ha eroso significativamente il potere d'acquisto dei lavoratori. Ma da nessuna parte come in Italia il problema è così profondo e radicato nel tempo. Tra il 1990 e il 2020, i redditi da lavoro annuali in parità di potere d'acquisto sono scesi del 1%, mentre, nello stesso periodo, sono aumentati del 48% negli Usa del 33% in Francia, del 30% in Germania. Anche la Spagna che ha avuto una performance non lusinghiera ha comunque registrato un +3%. Quello che differenzia l'Italia da Usa, Francia e Germania sono salari stagnanti, ma soprattutto la crescita del tempo parziale e dei contratti temporanei (un elemento in comune con la Spagna).
    Di chi è la colpa? Com'è noto dal Dopoguerra fino agli Anni ‘90 l'Italia è cresciuta rapidamente, registrando una rapida convergenza verso le economie più ricche, una sorta di "Cina d'Europa". Dalla metà dei Novanta, il processo di convergenza si è interrotto. L'indiziato numero uno dietro questo stop abbastanza improvviso è un blocco del carburante principale della crescita economica che è la produttività, cioè quanto "bravi" siamo a produrre con le risorse disponibili. Dopo decenni di crescita, la produttività oraria del lavoro, cioè quanto si produce per ogni ora di lavoro, era arrivata nel 1995 persino a superare quella degli Usa. Poi, come si vede nel grafico in pagina, la crescita della produttività si è sostanzialmente fermata. E non solo la produttività del lavoro. Tra il 1995 e il 2021, la crescita media annua della produttività del capitale, cioè la capacità del capitale di creare valore aggiunto, è scesa dello 0,7 mentre la produttività totale dei fattori, che riflette l'efficienza complessiva del processo produttivo, è rimasta ferma a zero. Il problema è particolarmente marcato nel settore dei servizi e nelle micro-imprese. Ma anche la manifattura, che resta una riserva di lavoro di qualità e buoni salari, la produttività cresce meno che negli altri Paesi.
    Il rallentamento della crescita della produttività è un fenomeno che tocca molti altri paesi e le cause non sono del tutto chiare. Secondo alcuni, è dovuta a innovazione inferiore in quantità e qualità rispetto a quella di 50 o anche solo 30 anni fa in una situazione di invecchiamento della popolazione e minor domanda di investimenti. Secondo altri, invece, è principalmente un problema di misura: l'impatto delle nuove tecnologie (molte disponibili gratuitamente online) non è ben catturato nel calcolo del Pil. Infine, per altri, i "tecno-ottimisti", è solo questione di tempo: le nuove tecnologie tipo l'intelligenza artificiale devono ancora dispiegare tutto il proprio potenziale.
    In Italia, a questi fenomeni globali si sommano problematiche tutte nazionali che vanno dal funzionamento del settore pubblico, anche a livello locale, a investimenti in tecnologia scarsi, fino alla scarsa meritocrazia o a una contrattazione aziendale ancora poco sviluppata. Una spiegazione che personalmente trovo convincente (anche se sicuramente non è l'unica) è che l'Italia abbia mancato la rivoluzione informatica degli Anni '90 per una serie di ragioni legate alla struttura delle aziende e alla loro organizzazione interna. Per sfruttare appieno i vantaggi delle tecnologie informatiche, infatti, non basta attaccare un computer alla presa. Si devono riorganizzare i luoghi di lavoro utilizzando un modello di gestione meritocratico e orientato ai risultati. Negli Usa a partire dagli Anni Novanta, questo è stato fatto e la produttività ha accelerato. In Europa molto meno, anche Francia e Germania hanno perso terreno ma l'Italia più di tutti gli altri.
    Ancora oggi il Paese si trova in un equilibrio al ribasso con scarso investimento in formazione e scarsa domanda di competenze da parte delle imprese. Da una parte, più di 13 milioni di adulti hanno competenze linguistiche e matematiche di basso livello e l'investimento in capitale umano è modesto. Dall'altra parte, la domanda di formazione, in particolare nelle piccole imprese, resta limitata nonostante le risorse private, nazionali ed europee a disposizione. E le competenze degli imprenditori, proprietari d'azienda e manager stessi sono inferiori a quelle che si riscontrano in altri Paesi. Bassa offerta e bassa domanda di competenze fanno dell'Italia un'economia che in certi segmenti sembra più in concorrenza con gli Emergenti che con i propri partner europei e Ocse. Ma invece di essere un vantaggio per il sistema economico, questo costituisce la condanna definitiva perché, in una competizione basata sul salario più basso, ovviamente i Paesi in via di sviluppo hanno un vantaggio evidente.
    In conclusione, è chiaro che dietro alla questione salariale italiana non c'è un solo problema e quindi non ci può essere una sola soluzione. Una strategia complessiva deve attaccare il problema da più lati: da una parte garantire minimi salariali adeguati (per legge o via la contrattazione) e assicurare che poi questi vengano rispettati modernizzando gli strumenti di controllo e ispezione a partire da un uso più intelligente dei dati già a disposizione. In parallelo, il sistema di welfare deve essere disegnato in modo tale da incentivare al massimo l'occupazione e il lavoro a tempo pieno. Infine, serve affrontare le debolezze macroeconomiche e di politica industriale e gli investimenti in istruzione e formazione, con l'obiettivo di aumentare quantità e qualità del lavoro nel nostro Paese. Vasto programma certo (ma qualcuno pensa si possano recuperare trent'anni di stasi con un colpo di penna?). Ma che assomiglia molto a quello del Pnrr. Motivo in più per augurarsi che funzioni.

 

 

15.11.23

Il punto non sono tanto i tempi, comunque lunghi (i lavori potrebbero essere avviati entro giugno 2024), e i costi, più che considerevoli (un investimento di 10 milioni stanziati dalla Regione).
Il punto sono le modalità per permettere al più grande pronto soccorso di Torino, con quello del Maria Vittoria, di ammodernarsi, garantendo nel contempo i servizi o parte dei servizi. Dove nel caso delle Molinette, l'ammodernamento del pronto, 65 mila accessi l'anno, fa rima con rifacimento, indispensabile per adeguare un "polmone " essenziale - datato a vari livelli (dai materiali alla concezione nell'uso degli spazi) alle moderne esigenze della prima linea della Sanità torinese.
Non a caso, se ne parla già adesso, e nei prossimi mesi sarà un crescendo. Non solo nella quarta commissione del Consiglio regionale, dove l'assessore Luigi Icardi ha relazionato sullo stato dell'arte del progetto in risposta ad una interrogazione di Daniele Valle, ma a vari livelli. Cominciano dalla Città della Salute, naturalmente, dove Giovanni La Valle e Lorenzo Angelone, rispettivamente direttore generale e direttore sanitario, valutano con Azienda Sanitaria Zero le possibili opzioni.
In sostanza, sono due. Gestire l'intervento in house, garantendo tutti i servizi o parte di essi (i codici rossi, gialli e in parte verdi) tramite il montaggio di una tensostruttura nel cortile principale delle Molinettte o sul retro, lato via Santena, con funzione di triage e smistamento dei pazienti lungo i percorsi esterni e interni. Contestualmente, si potrebbe riconvertire temporaneamente ad uso ps il primo piano dell'ospedale. La seconda soluzione sarebbe appoggiarsi - almeno per i codici bianchi, che comunque rappresentano la parte maggioritaria degli accessi - ai pronto soccorso di altri ospedali di Torino e del Torinese, con la movimentazione dei pazienti e le prevedibili difficoltà. Trattandosi di ipotesi, non sono escluse vie di mezzo, all'attenzione di una task force dedicata.
Una corsa contro il tempo per soccorrere un pronto soccorso importante. Il San Martino di Genova, per esempio, ha 80 mila passaggi l'anno: con la differenza che serve anche l'Ostetricia, l'Ortopedia, la Pediatria ed altre specialità, che nel caso della Città della Salute, di cui le Molinette fanno parte, sono coperte da altri ospedali (Cto, sant'Anna, Regina Margherita). Un pronto che, come il resto dell'ospedale, è il risultato di una sedimentazione incoerente, e quindi poco funzionale: per i pazienti, come me per chi ci lavora.
In questi giorni è in fase di individuazione il raggruppamento temporaneo di professionisti che cureranno la progettazione degli interventi di adeguamento del Dea, ha precisato Icardi: entro i primi due mesi del 2024, sarà approvato il progetto esecutivo e bandita la gara per l'esecuzione dei lavori, che presumibilmente, per l'appunto, potrebbero essere avviati entro giugno 2024. Partita aperta. —

 

 

 

 

 

 

 

 

15.11.23
  1. L'attualità di Casalegno una lezione per i ragazzi"
    Se un ventenne degli anni '70 racconta a un ventenne di oggi la stagione terribile del terrorismo rosso, una cosa lo colpisce: il ragazzo di oggi è quasi incredulo. Stenta a capire che in una città come Torino, qualche decennio fa, potesse succedere che un avvocato, un giornalista, un poliziotto venissero uccisi, a colpi di pistola, uscendo di casa, rientrando in studio o (come accadde al maresciallo Rosario Bernardi) mentre attendevano il tram su cui ogni mattina salivano per andare in ufficio. Uomini colpiti, con spietatezza, in solitudine, perché persone di valore, perché facevano bene il loro mestiere. E la cosa che oggi pare incredibile è che ciò avveniva in anni che furono di grandi battaglie civili, di riforme (lo Statuto dei lavoratori è del 1970), di nobili passioni ideali.
    Il 16 novembre di 46 anni fa toccò a Carlo Casalegno, vicedirettore di questo giornale.
    Laureato in Legge, appassionato di Cavour, aperto alla cultura europea, nel 1942 (a 26 anni) partecipa alla costituzione del Partito d'Azione a Torino. Collabora al quotidiano Italia libera e poi a GL. Nel 1947 entra a La Stampa. Nel 1968 ne diventa vicedirettore. Ai tempi della direzione di Alberto Ronchey, nel 1969, inizia una sua rubrica che titola «Il nostro Stato». C'è, in quel titolo, l'essenza dell'uomo Casalegno: l'idea che lo Stato democratico, conquistato dalla Resistenza, va costruito e migliorato con il lavoro tenace e paziente di tutti i giorni.
    Quando scoppia il '68, Casalegno è interessato a capire quello che sta succedendo nelle Università. I suoi editoriali sono ispirati all'idea di un attento dialogo ai cambiamenti della società. Ma in nessun momento egli indulge in comodi cedimenti delle proprie radicate convinzioni. Nel 1969, nel pieno delle lotte studentesche e del fenomeno del «18 politico», scrive un impegnato editoriale che tesse le lodi della meritocrazia: «Quest'ondata di proteste ci appare inquietante per lo stato d'animo da cui nasce: il rifiuto del principio stesso di prova. Si tende sempre di più a vedere l'indulgenza come un obbligo, la promozione come un diritto; a negare la validità dell'esame, a respingere i criteri di selezione».
    Il suo rigore si accentua con l'insorgere del terrorismo. Nei suoi editoriali è sempre inflessibile nell'indicare la necessità di tagliare le complicità e le radici della lotta armata. E insiste sulla necessità di cogliere la linea di distinzione tra espressione di un'opinione, che per quanto estremista va comunque salvaguardata, e la vera e propria apologia di reato, che invece va sempre perseguita.
    Nel settembre ‘77 chiede al direttore Arrigo Levi di essere inviato a Bologna per seguire il convegno del Movimento e dei gruppi dell'autonomia operaia. Vuole «avere le idee più chiare, per capire e per dialogare, o per scontrarsi». Nei processi che anni dopo saranno celebrati, i collaboratori e i dissociati racconteranno che quel convegno fu un vivaio in cui i terroristi delle Brigate Rosse e di Prima Linea attinsero per reclutare nuovi militanti. Casalegno lo capisce prima di tutti e torna da Bologna ancor più convinto che la battaglia contro il terrorismo vada condotta con processi più veloci e non accettando mai «un'involuzione autoritaria o la pratica della controviolenza». Perché la rinuncia alla democrazia, nel voler difendere la democrazia, sarebbe la vera vittoria politica dei terroristi. Bisogna piuttosto applicare le leggi che ci sono, senza tirarsi indietro, per codarda comodità, di fronte alla violenza e alla sopraffazione. Casalegno è, insomma, uno di quei democratici che avrebbero voluto rendere più efficiente, più moderna e più vicina ai cittadini, la nostra democrazia. Per i terroristi, è il peggiore dei nemici. Al processo per il suo omicidio si saprà che l'articolo che convinse i brigatisti a sparargli in testa anziché alle gambe come avevano programmato, è un pezzo di taglio basso titolato «Non occorrono leggi nuove, basta applicare quelle che ci sono - Terrorismo e chiusura dei covi».
    Gli sparano quattro colpi in faccia, alle 13,40 del 16 novembre 1977, nell'androne della sua casa di corso Re Umberto 54 (con la stessa pistola con cui il 28 aprile era stato ucciso l'avvocato Fulvio Croce). Morirà tredici giorni dopo.
    La sera dell'agguato, il sindaco Diego Novelli e il direttore Arrigo Levi parlano sul palco di piazza San Carlo. Levi conclude: «Questa è ancora una città. Essere città è essere civiltà, è mantenere il senso della propria identità... La città è gente. Dico ai giovani: proteggete questa società democratica, perché al di fuori di questa c'è solo il disastro».
    È trascorso quasi mezzo secolo ma è bene ricordare. Perché quei lutti ci dicono che qualunque fanatismo (politico o religioso) genera mostri, perché trasforma le persone in simboli, spogliandoli del loro valore umano. E che le parole di odio, che inneggiano alla violenza, prima o poi si trasformano in pallottole. Questa lezione vale anche oggi, ragazzi. —

  2. "Dietro le cure all'estero c'è la criminalità Lavoriamo a un fondo per l'assistenza"
    Carlo Ghirlanda presidente dell'Andi, l'associazione dei dentisti cala il suo asso nella manica con un nuovo fondo integrativo per coprire i costi delle cure dentarie. Madenuncia: «Dietro il business delle cure all'estero c'è la criminalità organizzata».
    State studiando qualcosa per facilitare l'accesso alle cure dentarie?
    «Stiamo lavorando alla creazione di un fondo integrativo per l'assistenza odontoiatrica. Come associazione stiamo mettendo da parte le risorse necessarie a sostenere l'impatto economico dei rimborsi. Partiremo con dei contratti collettivi, poi passeremo a quelli individuali rivolti a singoli cittadini».
    Ma come funzionerà?
    «Chi aderisce al fondo avrà un voucher che potrà essere speso dal dentista di fiducia. Il tutto con bassi costi di adesione. Tanto più se si accede ai premi previsti per chi fa prevenzione e controlli semestrali».
    Quale il vantaggio rispetto a una polizza assicurativa?
    «Che non ci sarà nessuna selezione in partenza perché tutti, malati e non, potranno aderire al fondo. Che essendo integrativo beneficerà di una deducibilità fiscale del 19%».
    Intanto molti per curarsi i denti vanno all'estero. Con quali rischi?
    «In alcuni di questi Paesi dell'est non c'è sicurezza alcuna. In Italia abbiamo dei regolamenti regionali che impongono regole nell'utilizzo dei materiali e sulle dimensioni e l'igiene degli studi che altrove se le sognano. E poi si praticano in un giorno cure che necessiterebbero di settimane. A volte senza nemmeno garantire la disinfezione. Poi parliamo di attività dove non di rado si cela la criminalità organizzata».
    Scusi?
    «Ha capito bene. Ci sono colleghi in Puglia che hanno ricevuto minacce per essersi interessati del fenomeno. E molti dei loro pazienti che hanno subito danni non denunciano per paura di ritorsioni».
    Pericoli li corre anche chi si affida a odontotecnici e finti dentisti però…
    «Questa è un'altra piaga che come Andi stiamo combattendo insieme a Federconsumatori puntando, tra le altre cose, a contrastare l'abusivismo insieme alle autorità di controllo, a regolamentare meglio la pubblicità in ambito sanitario, il tutto promuovendo l'odontoiatria sociale, in modo da non gettare nelle mani degli impostori quanti non possono permettersi cure che più di tanto non possono essere economiche, se non a discapito della salute dei pazienti».—
  3. Lo rivela un'inchiesta del Guardian su 3,6 milioni di file ricevuti da fonti confidenziali
    Cipro è la nuova banca degli oligarchi russi

    Gli oligarchi russi hanno trasferito beni per centinaia di milioni a Cipro nonostante le sanzioni per la guerra in Ucraina. Lo rivela un'inchiesta del Guardian basata su 3,6 milioni di file ribattezzati Cyprus Confidential, fatti trapelare da una fonte anonima e di cui sono entrati in possesso il Consorzio Internazionale dei giornalisti investigativi (Icij) e la tedesca Paper Trail Media, che ha condiviso l'accesso con il Guardian e altri partner giornalistici. Il governo cipriota ha risposto all'inchiesta promettendo «tolleranza zero» nei confronti di chi viola le sanzioni. L'inchiesta Cyprus Confidential rivela il ruolo di Cipro come porta d'ingresso per l'Europa per l'élite collegata al Cremlino. Tra i 104 miliardari russi identificati dalla rivista Forbes nel 2023, due terzi appaiono con familiari come clienti di studi legali e società di consulenza dell'isola, segnala il giornale britannico, che partecipa al consorzio investigativo che associa circa 250 giornalisti di 55 Paesi.
    Figurerebbero 71 clienti russi sanzionati dal febbraio 2022, dopo l'invasione dell'Ucraina. I documenti riservati analizzati, che partono dalla metà degli Anni 90 fino all'aprile 2022, riguardano circa 800 società anonime internazionali, trust e società offshore - delle quali 650 a Cipro - riconducibili a oligarchi e loro familiari sanzionati dal 2014, anno dell'invasione russa della Crimea. PwC Cyprus e altri consulenti avrebbero aiutato, ad esempio, uno degli oligarchi più potenti della Russia, Alexei Mordashov, a tentare di trasferire un miliardo di sterline in una società pubblica il giorno stesso in cui è stato sottoposto alle sanzioni dell'Ue. Il trasferimento è oggetto di un'indagine penale «in corso» a Cipro, secondo quanto segnalato dalle autorità locali al quotidiano britannico. Almeno 600 mila euro in bonifici non dichiarati da parte di società collegate all'oligarca e a un influente giornalista tedesco, Hubert Seipel, considerato fra i massimi esperti della Russia, per la pubblicazione di due libri su Vladimir Putin. —
  4. Il supporto tecnologico, applicato da Officina Ortopedica Maria Adelaide, costa 130 mila: lo Stato, tramite l'Asl, ne rimborsa solo 15 mila
    "Con questa sfida ho cambiato il mio destino" Ma il braccio bionico è a carico dell'utente
    alessandro mondo
    Ormai è solo questione di pratica. E questo "ormai" racchiude la sfida, nata da un dramma, di un uomo che ha deciso di non arrendersi al destino.
    Un incidente devastante, di quelli che segnano una intera esistenza. Un apparecchio straordinario, che rappresenta uno spartiacque tra il prima e il dopo. Non ultimo, anzi, la possibilità di permetterselo, in termini di costi. La prima è la storia di un uomo di 68 anni, che sta recuperando la funzionalità del braccio e della mano. La seconda è la storia di un paradosso, meglio: di uno scandalo, tutto italiano.
    «Un incidente: un momento prima avevo il braccio, un momento dopo non c'era più, strappato dalla macchina». Sergio Greco, 68 anni, nato a Roccaverano (Asti) nel 1955 e residente a Settimo Torinese, all'inizio del 2023 ha perso il braccio destro a livello transomerale a causa di un incidente con il trattore. Un doppio trauma: fisico e psicologico. Dopo un periodo di riabilitazione, e dopo essersi informato presso l'Ospedale Cto, si è rivolto all'Officina Ortopedica Maria Adelaide di Torino per l'applicazione di una particolare protesi di braccio interamente meccanizzata, realizzata con componenti prodotti all'estero, dall'Inghilterra alla Germania, che fosse in grado di renderlo più autonomo e migliorare la sua quotidianità.
    Tutta la protesi è stata realizzata in fibra di carbonio per limitare al minimo il peso. Due elettrodi posti sui muscoli del braccio (bicipite e tricipite) captano la scossa elettrica, sviluppata dai muscoli stessi durante la contrazione, e originano un segnale che attiva dei servomotori: permettono la flesso-estensione del gomito e l'apertura e chiusura della mano bionica COVVI, attivando fino a 14 prese differenti, utili per effettuare i gesti quotidiani più comuni.
    La mano di questa particolare protesi, veloce e leggera, permette la rotazione elettromeccanica del polso. La mano è stata progettata sulla base di numerosi dati, misurati e raccolti per essere più anatomicamente proporzionata e adattata per ogni singolo utente. Inoltre, la motorizzazione della presa e della rotazione del pollice viene utilizzata in modalità dinamica simultaneamente, permettendo un controllo intuitivo del dito. «Non sarà mai come un arto naturale ma comincio a farci l'abitudine, familiarizzare», spiega Sergio, assistito dalla figlia, ancora incredulo delle potenzialità tecnologiche.
    Una tecnologia che, purtroppo, non è per tutti. Come spiega Roberto Ariagno, direttore Officina Ortopedica Maria Adelaide, «questo particolare supporto ha un costo di circa 130 mila euro, che non può essere rimborsato totalmente dalle Asl di competenza, a causa del nomenclatore tariffario delle protesi, rimasto fermo al 1999. Di conseguenza, la Asl di Torino ha potuto contribuire solo con 15 mila euro». Tutto detto. —

 

14.11.23
  1. Ogni anno 5 milioni di italiani rinunciano ad andare dal dentista mettendo così a rischio non solo il sorriso ma la propria salute. Perché come documenta l'Oms le malattie orali quando non curate fanno aumentare di cinque volte il rischio di ammalarsi di diabete, malattie cardiovascolari e tumori, oppure di avere complicanze quando si è malati già. Il problema è che se per tutte le altre cure la sanità pubblica arretra, nella nostra bocca non ha mai fatto nemmeno capolino. Basti vedere i dati di spesa: 8 miliardi l'anno quella sostenuta di tasca propria dagli italiani, appena 85 milioni, lo 0,07% del totale, quella coperta dal Servizio sanitario nazionale. Che almeno sulla carta dovrebbe garantire, dietro pagamento di un ticket, emergenze come ascessi, fratture dentali o sospette neoplasie. Il resto, come impianti o una semplice otturazione lo Stato le passa solo a pazienti «con particolari vulnerabilità sanitarie che rendono indispensabili le cure dentarie o in caso di vulnerabilità sociale». Questo sempre sulla carta, perché nei pochi ospedali pubblici dove il dentista è di Stato i tempi di attesa sono incompatibili con il dolore che spesso i denti scatenano quando si ammalano.
    E allora non resta che pagare. Tanto, se si sceglie di andare da un vero dentista "made in Italy". Abbiamo chiesto un preventivo per tre impianti e a Roma il conto che ci hanno presentato è di 6.100 euro. Quasi la metà di quei 13 mila l'anno con cui in media tira avanti un pensionato. E molti rinunciano. Magari facendo come Denis che racconta: «Ho imparato a parlare senza mostrare i vuoti che ho nella bocca, ma non mastico praticamente più. Avrei bisogno di vari impianti perché una malattia mi ha fatto spaccare i denti, ma ci vogliono 20 mila euro. Cifre che non posso permettermi».
    Dal 2018 al 2021, dicono i dati elaborati per noi dall'Andi, l'associazione dei dentisti, la fetta di italiani che si è recata dal dentista in un anno è scesa dal 50,8 al 40,2%, come dire che 5 milioni hanno rinunciato alle cure dentarie. Non parliamo poi rispetto all'Europa, dove la percentuale di chi va almeno una volta l'anno dal dentista è del 56,5%, con punte dell'88% come in Danimarca. E non è che ci si vada di più perché i denti oltralpe siano più fragili, ma semplicemente perché sono di più coloro che possono sostenere i costi. Da noi impossibili anche per quella piccola fetta, tra il 12 e il 15% della popolazione, riferisce sempre l'Andi, che ha una assicurazione o una mutua che copra le spese odontoiatriche. Una statistica elaborata navigando su Facile.it rileva che i costi di una polizza variano dai 190 ai mille euro l'anno, ma con copertura totale solo delle spese per cure canalari, carie e pulizia dentale. Mentre per tutto il resto scattano le franchigie da 500 a 2.000 euro e con tempi di rimborso che vanno dai 6 ai 18 mesi.
    Ecco allora che in molti scelgono due alternative. Entrambe pericolose. La prima è quella di affidarsi, coscientemente o no, nelle mani di odontotecnici o comunque falsi dentisti che praticano prezzi stracciati senza avere una laurea. Un sommerso di 15 mila abusivi contro 60 mila "regolari".
    La seconda alternativa è andare a curarsi all'estero. Lo fanno 50 mila italiani ogni anno, per un totale di 6 milioni da quando è iniziato questo turismo delle cure dentarie a buon mercato. I Paesi più gettonati sono Slovenia, Croazia, Serbia, Romania e Albania. Basta sbarcare a Tirana per vedere pareti e fiancate dei taxi tappezzati di pubblicità in italiano di studi odontoiatrici. Come spiega Artdur Dema, direttore di una clinica dentale albanese, i costi sono bassi «perché qui le tasse sono solo del 15% e un'assistente di poltrona costa 500 euro, contro i 1.500 minimo dell'Italia». Ma a volte, come documentano i pazienti di ritorno dall'Est, ci sono anche materiali scadenti – «mi hanno messo denti più bianchi dei confetti», racconta Marco - oppure si applica la formula «la cura in un giorno», spesso incompatibile con la sicurezza. «Il 30% dei miei pazienti ha fatto un'esperienza all'estero sottoponendosi a cure veloci. Ma senza una buona preparazione ante intervento e controlli successivi si rischia di perdere l'impianto così come prima si sono persi i denti», spiega Pietro Felice, direttore della Chirurgia orale all'Università di Bologna. «Si costringono i pazienti a terapie mediche somministrate in tempi che non sono quelli necessari da un punto di vista biologico e così gli insuccessi dopo sono inevitabili», gli fa eco la presidente dell'Ordine degli odontoiatri del Friuli Venezia Giulia, Alessandro Serena. Ma per catturare clienti si reclamizzano le cure in un giorno che scongiurerebbero spese di viaggio altrimenti più alte del risparmio. Salvo poi finire per spendere di più. Come è successo sempre a Marco in Albania. «Fatta tutta una serie di impianti in un solo giorno dopo una settimana dal mio ritorno in Italia continuavo ad avere dolori atroci. Telefonavo in clinica ma nessuno mi rispondeva. Alla fine mi sono finto un nuovo paziente e mi hanno fatto tornare per tre volte con le spese di viaggio a mio totale carico», racconta. Esperienze infelici alle quali si affiancano quelle di chi è tornato con il sorriso smagliante. Fermo restando che bisognerà studiare qualche alternativa a viaggi della speranza dai quali non sempre si torna sorridenti.

 

 

 

13.11.23
  1. La vendetta del Cervino la tempesta cancella le gare
    Mario Tozzi. Se a qualcuno sembra normale, anzi salutare, come sostenuto dai protagonisti dell'impresa, muoversi con le ruspe sui ghiacciai di alta quota per spostare neve dentro crepacci e fratture in modo da trasformare un circo o una lingua glaciale in una pista da sci, allora vuol dire che non restano più tante speranze di resipiscenza per una specie destinata al declino proprio mentre si sente padrona del mondo.
    Vedere le immagini delle ruspe sul ghiaccio del Cervino trasformare l'antica icona della montagna per antonomasia nell'ennesimo «oggetto» di consumo, però, non fa solo dubitare dell'intelligenza dei sapiens, desta anche un sano risentimento contro chi si permette di utilizzare i suoli demaniali, seppure legittimamente (e spero scopriremo come sia potuto accadere), per un uso privato. Si potrebbe anche dire che nel nostro tormentato Paese questa è una pratica comune: gli stabilimenti balneari che si appropriano per decenni, con strutture invasive e non removibili, delle coste demaniali o perfino i ristoratori che hanno ormai occupato manu militari molto più degli spazi esterni che erano stati loro concessi in tempi di pandemia. Però forse questa è proprio l'occasione per porre un limite, prima di ritenere che ogni cosa sia fattibile purché sia possibile.
    Qualsiasi intervento dei sapiens sui ghiacciai comporta una reazione da parte dei ghiacciai stessi che, come si dovrebbe sapere, sono elementi dinamici del territorio e del paesaggio, cioè sono in continuo, perenne movimento. Fratture e crepacci sul «dorso» sono la reazione fragile del movimento plastico di scorrimento sul fondo. I ghiacciai creano e spostano sedimenti (le morene) e, un tempo, crescevano e poi diminuivano, mentre oggi tristemente diminuiscono soltanto, di superficie e di volume. Sono il nostro termometro naturale: di fronte allo scettico che nega che oggi faccia più caldo che in passato, puoi sempre mostrare il confronto tra le immagini di venti o trent'anni fa e quelle di oggi di uno stesso ghiacciaio, e vedrai che anche il più irriducibile si ricrederà. Ma sarebbero anche la nostra più grande protezione rispetto alla crisi climatica: come un cubetto di ghiaccio solitario in un bicchiere fonde quasi subito, così un ghiacciaio isolato e ridotto di dimensioni cederà più facilmente al riscaldamento globale. Per questo non si devono assolutamente toccare i ghiacciai e, anzi, bisognerebbe lasciarli in pace: nessun impianto di risalita, niente eliski (per carità), nessuna infrastruttura, niente neve artificiale. Meno li tocchi, meglio staranno.
    Infine i ghiacciai sono la più grande riserva di acqua dolce a disposizione dei sapiens e degli altri viventi: solo il 3% delle acque del pianeta Terra è dolce, e circa il 70% è immobilizzata nei ghiacciai. Non dovrebbe essere difficile perciò comprendere che i ghiacciai sono di tutti, esattamente come il Colosseo non appartiene soltanto ai romani, ma a tutto il mondo, e non sarebbe sopportabile che venisse trasformato in un autosilo perché nella capitale non ci sono parcheggi. Per tutte queste ragioni sono condivisibili le spiegazioni addotte da Paolo Cognetti (Repubblica, 8 novembre) per lottare contro lo scempio che si sta mettendo in atto sotto il Cervino: resistere a queste forzature micidiali per l'ambiente e per il paesaggio è un dovere morale e si deve tradurre un una pratica, rispettosa, ma non negoziabile che costringa a rivedere la follia di una logica di profitto che non ha alcun senso se non per chi lo ricava.
    Ma si può anche andare oltre. Il tempo degli sport invernali, sia nella versione di massa che in quella elitaria dei ghiacciai, sta per finire ed è inutile tentare di rianimare un malato agonizzante o tentare sciagurate operazioni per soli ricchi come quella di infrastrutturare le altissime quote delle Alpi per poter disporre ancora di neve nelle stazioni invernali di lusso. Né tantomeno ha senso proporre coppe del mondo e Olimpiadi su piste che saranno tanti striminziti nastri biancastri in mezzo al mondo dei boschi verdi (quando va bene) o in mezzo alle frane e ai torrenti di fusione delle nevi perenni. L'innevamento artificiale è una iattura ambientale che va evitata come il fumo negli occhi, comportando problemi di struttura della neve, di consumo di acqua spesso esotica e di energia. E inducendo un uso diseducativo della montagna, secondo cui tutto ciò che sia possibile, solo per quella ragione, si fa. Ripensare le montagne provando a visitarle comunque, in questo momento di passaggio epocale, in maniera dolce, senza toccarle più, cancellando finalmente centinaia di chilometri di impianti e infrastrutture che già oggi non si utilizzano più, chiudendo al traffico veicolare i passi più frequentati, che si intasano come Milano al rientro domenicale, cancellando la stessa dizione di industria della montagna, che già solo scritta fa accapponare la pelle. Sostituire il verbo godere al verbo sfruttare già ci farebbe fare un considerevole passo in avanti, che mai come questa volta consiste soprattutto in un passo indietro. —
    Cosa poteva accadere per rimettere in carreggiata quel manipolo di sapiens ignoranti e avidi che pensavano di imporre al re delle montagne alpine uno inconcepibile sfregio, per di più condiviso fra Svizzera e Italia, sulla pista di sci transfrontaliera più alta che c'è? Che la montagna e il tempo meteorologico si ribellassero più di quanto non abbiamo fatto noi cittadini, seppure pavidi amanti delle Alpi, che non ci eravamo ancora mossi in corteo per costringere al ritiro le ruspe in alta quota con l'interposizione dei nostri petti nudi. Il vento stavolta, ma in altri casi potrebbe essere la neve o la sua assenza, cioè tutto quello che ancora oggi, vorrei dire, almeno in questi casi, per fortuna, non ci riesce di controllare.
    Ammettiamolo, 3. 700 metri di pista per 885 metri di dislivello (con pendenze del 60%) sono già forse eccessivi, se li si tracciano fra 2. 800 e 3. 800 metri di quota suonano addirittura come una provocazione.
    Così la gara di sci si rinvia, speriamo sine die, e magari possiamo approfittare della pausa per ripensare il significato degli sport invernali in questo scorcio di secolo che sembra condurre alla loro inevitabile fine. A meno di non accontentarci di panorami finti innevati artificialmente, lontani mille chilometri dal godimento dei silenzi immacolati di anni fa.
    Grande è, invece, la delusione degli organizzatori e di chi era pronto a lucrare sulla pelle dei ghiacciai almeno qualche spicciolo: ci rimangono male per non aver potuto disporre della natura come fanno di tutto il resto. Dovrebbero invece mettere energie e risorse in una nuova visione della montagna in cui non saranno neppure pensabili interventi come quelli di riempire i crepacci con la neve per poterci sciare sopra. In cui innevare artificialmente sarà considerata la follia ambientale che è, e violare le vette più alte in elicottero per sciare a valle tornerà a essere un sacrilegio. Un ghiacciaio "toccato" si deteriora prima e più a fondo di uno lasciato in pace. E dei ghiacciai intatti ha bisogno tutta l'umanità, anche quella che non li ha mai visti, perché regolano la temperatura dell'atmosfera e mitigano il riscaldamento globale.
    Ma se pure questa sciagura fosse allontanata, si susseguono i progetti faraonici per far durare la stagione tutto l'anno e collegare le 38 vette italo-svizzere più alte attraverso 580 km di impianti, buttando 75 milioni di euro nel buco nero della crisi climatica. E si propongono nuovi chilometri di impianti che a tutto serviranno fuorché per sciare. Dimenticando che un futuro naturale per questi sport è, al momento attuale, altamente improbabile. E realizzando il pronostico del professore argentino (Gioele Dix) che ricordava che "el chi" (lo sci) non è prerogativa dell'uomo.
    Ma i sapiens sono fatti così, si credono superiori agli altri viventi perché superano allegramente i limiti, come se questi fossero costrizioni opinabili e non opportunità ineluttabili, opportunità di vivere armonicamente nel contesto e non sentirsene padroni. Invece c'è una sola differenza fra noi e il resto dei viventi non umani, e non è certamente l'intelligenza, la comunicazione o l'uso di strumenti. Non è che noi amiamo o abbiamo paura e gli altri viventi no, come se le emozioni non derivassero direttamente dall'evoluzione biologica e dunque non fossero terreno comune. Quella differenza è l'accumulo, l'avidità, la predisposizione a fare capitale economico del capitale naturale, per definizione fisso e di tutti.
    Nessun vivente accumula al di là di quanto occorre nell'immediato, e rimarremo sorpresi nel vedere un leone catturare diverse gazzelle per poi venderne una al mercato, conservarne un'altra sotto sale, destinarne una ai nipoti e non condividere con nessuno l'ultima. Invece, se lo fa un sapiens, ci sembra normale e lo onoriamo come un grande uomo. Il tempo dell'infrastrutturazione selvaggia delle montagne, delle piste dovunque e dello sci a ogni costo è finito: l'aggressione ai ghiacciai dimostra solo la nostra ignoranza e la inesauribile avidità di una specie che non comprende la differenza tra un prezzo e un valore, onorando il primo e svilendo il secondo.
  2. QUANDO IL BITCOIN CROLLERA' LA LEGA NORD LI RISARCIRA' CON FONDI PUBBLICI ?   Mille esercenti coinvolti, la maggior parte nelle regioni del Nord, tra Piemonte, Lombardia e Veneto. Banca d'Italia avverte: "Non è una valuta"
    Il boom dei negozi che accettano Bitcoin "Piacciono ai giovani, è una filosofia"
    arcangelo rociola
    Il mercato è ancora piccolo. Ma è in rapida ascesa. In Italia può capitare con più frequenza rispetto al passato di trovare esercenti che accettano pagamenti in criptovalute. La "B" di Bitcoin è l'adesivo attaccato al registratore di cassa che indica la possibilità di usare la criptovaluta per gli acquisti. E Bitcoin è la cripto più usata, anche se cominciano a farsi strada anche altri strumenti digitali. Nel 2023 sono saliti a mille i negozi che accettano cripto: grandi catene di distribuzione, supermercati, perfino notai e avvocati che accettano asset digitali come strumenti di pagamento. Tutti finiti nell'elenco di Coinmap, che ha pubblicato una mappa per individuarli, dal Nord al Sud della Penisola.
    A livello globale è stato calcolato da Chaianalysis che, solo nel 2022, 170 miliardi di beni materiali e immateriali sono stati venduti in Bitcoin. In aumento del 500% circa rispetto al 2021. La regina delle criptovalute è di gran lunga la più usata con circa il 60% degli scambi registrati. In queste settimane anche Ferrari ha deciso di aprire agli acquisti di auto in criptovalute, aggiungendosi a Tesla, Microsoft e Starbucks, solo per citare alcune delle aziende più capitalizzate al mondo ad averlo fatto. È il Nord Italia a farla da padrone in questo mercato: Piemonte, Lombardia e Veneto sono le regioni in assoluto più vivaci in questo settore. In questi giorni il valore di Bitcoin ha raggiunto il suo massimo da giugno 2022, schizzando in pochi giorni a 34.630 dollari, +120% da gennaio 2023. La sua capitalizzazione è tornata a circa 700 miliardi di dollari, mentre quello di tutto il comparto cripto si attesta a 1.300 miliardi.
    «Perché lo accettiamo? Perché funziona. Solitamente da noi pagano con frazioni di criptovalute soprattutto studenti del Politecnico, comunque con una fascia d'età che va dai 25 ai 40 anni». Non dobbiamo pensare solo ai grandi negozi del centro. Alessandro Boi gestisce una pizzeria a Grugliasco, Torino.
    Classica attività familiare, ma con una particolarità: la passione del gestore per le criptovalute l'ha portata a diventare una delle prime attività commerciali nel Nord Ovest ad accettare pagamenti in Bitcoin. «La nostra attività è in piedi da tanti anni. Io sono appassionato di tecnologia, quando ho scoperto i Bitcoin me ne sono appassionato. È un sistema efficiente per i pagamenti. Al di là di chi li possiede per specularne sui rialzi, è un sistema perfetto anche per i pagamenti. Ne ho accettato la filosofia», racconta.
    Nel Nord Ovest secondo uno studio di CoinMap ci sono circa 150 esercenti che accettano pagamenti in criptovalute. A sfogliare l'elenco, si trova di tutto. Idraulici, affittacamere, bar, ristoranti, legali. Così come a Milano, con un numero di avvocati sensibilmente superiore, soprattutto in centro città. Solo nel Nord Italia ci sono più della metà di negozi e studi che accettano cripto nel Paese.
    Nel Quadrilatero della moda accettava Bitcoin Lanieri, ex startup e-commerce degli abiti su misura, oggi nome noto nella moda. Lo ricordano al negozio di via Palermo: «Siamo stati la prima startup ad aver lavorato con le criptovalute, ma col tempo ci siamo accorti che sempre meno persone le usavano per gli acquisti, molti se li tengono per provare a guadagnare coi rialzi di prezzo. E così abbiamo deciso di chiudere i nostri portafogli in cripto». Altro tema. Altro fenomeno. Perché in effetti se è vero che il numero di esercenti che accettano bitcoin è aumentato e continua ad aumentare, il numero delle transazioni non avviene con troppa regolarità. Almeno non nei canali fisici, dove si preferisce pagare in contanti o con carta. Bitcoin è un di più. Un'offerta al cliente. Che però non sempre viene accettata.
    A Verona WannaBeAPro è un'azienda/movimento sportivo che aiuta i portieri a migliorare le proprie performance in campo. Accettava Bitcoin, ora non lo fa più. Perché? «Semplice, nessuno ci ha mai pagato in Bitcoin, non aveva senso». Stessa discorso nel mondo delle bici per Hybrid Bikes di Roma: «Siamo stati tra i pionieri dei pagamenti con criptovalute, ma oggi non lo fa più nessuno», spiega il proprietario. Bitcoin è un bene molto volatile. Può oscillare di migliaia di euro in poche ore. E questo lo rende difficile da usare come strumento di pagamento. Bankitalia nei suoi documenti ricorda spesso che le criptovalute non sono una valuta. Le chiama criptoasset proprio per sottolinearne una natura diversa. Per non confondere la moneta, come l'euro, con questi strumenti. Ma il movimento cripto ha radici antiche. Profonde. E una capacità di convinzione che va ben oltre lo strumento di pagamento. Il mondo Bitcoin è una filosofia.
    «Noi li accettiamo da un anno almeno. C'è una piccola frazione di clienti che paga in Bitcoin, ma abbiamo creduto in questa tecnologia e speriamo che possa portare bene, anche all'economia». Simone Toffolo è titolare di BastianOsteria a Treviso. Conosce il mondo di Bitcoin e del trading. E precisa: «Dal punto di vista fiscale tutto si finalizza con un normale scontrino. È solo il pagamento che è diverso. E altrettanto efficiente». Il Nord Italia sembra più dinamico. Meno il Sud. Con qualche eccezione.
    A Napoli ci sono diverse attività che accettano Bitcoin. Una pasticceria specializzata in pastiere, un negozio di moda del centro. E diversi legali. Meno a Bari e Palermo. Nessuno in Molise. In Calabria ci sono bar sperduti nella campagna di Spezzano Albanese (Cosenza), che accettano curiosamente Bitcoin. Ma al telefono non risponde nessuno. Alcuni telefoni sembrano del tutto inesistenti. Altri riattaccano subito, rendendo difficile capire se il dinamismo del Nord sia presente in qualche modo al Sud.
  3. Studio di Fondazione Finanza Etica sul credito
    Dalle banche europee fondi per 88 miliardi ai signori delle armi

    Milano
    Il ritorno della guerra in Occidente, con l'aggressione della Russia sull'Ucraina, già prima che un'altra grande crisi scoppiasse tra Israele e Hamas, riaccende i riflettori sull'industria bellica e il sostegno a quest'ultima da parte delle banche. A illuminare questo aspetto è, in un suo capitolo, il sesto rapporto "Finanza Etica in Europa" a cura di Fondazione Finanza Etica, Fundación Finanzas Éticas e Febea, che ricorda, citando l'Istituto internazionale di ricerche sulla pace di Stoccolma (Sipri), come da un lato le spese militari globali siano aumentate in termini reali, nel 2022, del 3,7% a 2.240 miliardi di dollari, «la cifra più alta mai monitorata».
    Dall'altro, facendo riferimento uno studio della Ong olandese Pax, segnala che tutte le 15 maggiori banche europee «offrono servizi finanziari a produttori che forniscono armi a Stati in cui c'è un alto rischio che esse vengano usate contro i civili». Tali prestiti e sottoscrizioni a produttori (tra le altre cose) di armi assommerebbero (dati di un anno fa) a 87,7 miliardi di euro. Le banche più coinvolte, secondo la ricerca, sono Bnp Paribas, che avrebbe fornito servizi finanziari per 16 miliardi di euro, quindi Deutsche Bank, con 14,89 miliardi e Crédit Agricole con 9,18 miliardi di euro. La prima delle italiane è Unicredit, al settimo posto con 5,73 miliardi, mentre Intesa Sanpaolo è al tredicesimo posto, con 1,28 miliardi di euro.
    Nel rapporto si cita anche lo studio "Don't bank on the bomb" e si spiega come tra gennaio 2020 e luglio 2022 globalmente 306 tra banche e finanziarie risultino legate a 24 società «fortemente coinvolte» nella produzione di armi nucleari. Legame che si traduce in un sostegno da 746 miliardi di dollari, 61,5 miliardi in più rispetto a quanto si segnalava nel rapporto 2021. I primi dieci grandi finanziatori sono banche Usa. C'è poi la questione delle bombe a grappolo, proibite dalla convenzione delle Nazioni Unite. Nonostante ciò nel 2018 c'erano ancora 88 banche che investivano 8,7 miliardi di dollari in 7 società produttrici.

 

 

12.11.23
  1. Tre giorni al Cottolengo "Questo è il rifugio di tutti i veri mostri sono fuori"
    C'è un registro che annota quando tutto ha avuto inizio. «Giuseppe Dana, calzolaio, malato di tisi, ricoverato il 17 gennaio 1828 e dimesso il 9 aprile. Guarito». L'ultima persona ad aver bussato è una donna: ieri sera ha chiamato il centralino presidiato da suor Giuseppina. «Cercava un posto dove dormire. Telefonano in tanti e per tante cose, a volte solo per una preghiera».
    Il chilometro quadrato dei santi sociali di Torino si stende quasi tutto dietro Porta Palazzo: lì hanno lasciato le proprie tracce Giovanni Bosco, i marchesi Giulia e Tancredi Falletti di Barolo, Giuseppe Cafasso. Poco distante c'è il Sermig. Nel mezzo la Piccola casa della Divina Provvidenza fondata da Giuseppe Benedetto Cottolengo. La spalla su cui Torino (e non solo) cerca conforto. Una cittadella di 112 mila metri quadrati - quindici campi di calcio - che somiglia a una fortezza: mura alte, cunicoli sotterranei, camminamenti sopraelevati che in 190 anni hanno dato vita a leggende e credenze. Il ricovero dei mostri, ad esempio. «Ma io, che sono qui da quarant'anni, non ne ho mai visto uno. In compenso ne ho visti fuori da qui», sorride don Carmine Arice, Padre generale della Piccola casa, eletto nel 2017 per guidare un'istituzione che ha ramificazioni in tutta Italia, 31 missioni e 43 comunità in quattro continenti ma il cui cuore è incardinato a Torino, quartiere Valdocco. La «valle degli uccisi»: nel 1800 era un luogo infestato da corsi d'acqua malsani, violenza, perdizione. Ma i terreni costavano poco, ed è lì che Giuseppe Cottolengo trasferì le due stanze aperte in via Palazzo di Città. Aveva dato l'estrema unzione una donna francese di 35 anni. Si chiamava Maria Gonnet, aveva tre figli e un quarto in grembo: tutti gli ospedali l'avevano rifiutata. Quella sera Cottolengo cambiò la sua vita e anche un pezzo della storia di Torino.
    «La sua casa accoglieva chi era stato respinto altrove, chi non aveva rifugio. Le vittime della cultura dello scarto, come direbbe papa Francesco», racconta padre Arice. «Lo facciamo ancora oggi», anche se ora lo scarto non è chi viene rifiutato dalla propria famiglia ma chi lo Stato non può o non sa proteggere e chi - anche il più coraggioso - da solo non riesce ad accudire: un anziano colpito da devastanti malattie degenerative, una persona con una grave disabilità, un bimbo fragile. Tutti trovano un posto in questo grande villaggio della mescolanza in continuo movimento, dove chiunque viene accolto in base alle proprie necessità, dove la suora a riposo guarda i bambini a giocare a pallone, il migrante musulmano dà una mano a chi non gli ha chiuso la porta in faccia, il laico incontra il religioso, il bambino delle elementari fa la recita per gli anziani della Rsa e il vecchio volontario trasmette ciò che ha e che sa a un ragazzo disabile. Una città che solo in apparenza vive di vita propria e agisce in nome di una parola che corre sulla bocca di tutti: «Provvidenza».
    La porta del Cottolengo è aperta per chi non ha un medico cui rivolgersi oppure non ha soldi per il dentista. Anna Ferraro, dopo quindici anni da assistente sociale nelle Rsa, guida il centro d'ascolto. A lei fanno capo la mensa che serve 70 mila pasti l'anno, il dormitorio, il punto che distribuisce vestiti e scarpe a 2.800 persone in un anno e quello che dona 2.500 pacchi viveri. «All'inizio mi dicevo: sei una tappabuchi, dai un pasto, un vestito, e poi? Poi ho capito che per queste persone siamo una famiglia, chi si prende cura di loro, la porta aperta verso la strada». E la strada, da qualche anno, è sempre più affollata. «La marginalità cresce. Persone precipitate dalla propria realtà, senza più certezze: lavoro, casa, famiglia».
    Qui nessuno pensa di avere soluzioni definitive. Ma, instancabile, agisce. Emerge un bisogno? Si cerca una risposta. Due anni fa è stata aperta una specie di officina. L'hanno chiamata «Ci manca 1 rotella», perché tra l'altro questo è un villaggio che coltiva l'ironia e rifugge la cupezza. Si stoccano carrozzine, deambulatori, stampelle a disposizione di chi è in difficoltà o in attesa dell'Asl. L'ospedale che Cottolengo aveva eretto per assistere gli ultimi è diventato un polo da 450 mila prestazioni l'anno, con punte di eccellenza: «Formiamo gli infermieri per conto dell'Università, siamo la seconda struttura in Piemonte per la cura del tumore al seno e l'unico privato accreditato con un reparto di lungodegenza», rivela padre Arice. «Ma soprattutto garantiamo le specialità poco remunerative dal punto di vista economico. Almeno finché la Provvidenza ce lo permette». È il faro che guida anche le residenze per anziani, dove ciascuno contribuisce a seconda delle sue possibilità. «Le rette sono stabilite quasi su misura, dopo un'analisi della situazione economica dell'ospite», spiega il direttore Giovanni Tarantino. «L'eventuale differenza è a carico nostro».
    Gli immensi dedali del Cottolengo sono un luogo di visionarie invenzioni. Quasi tutto è nato come reazione a un'esigenza che nessuno sapeva come soddisfare. «Avevo vent'anni, facevo la fisioterapista», racconta suor Clara. «C'erano tante ospiti con la sindrome di down, era difficile fare attività con loro, serviva un posto accogliente e dover poter lavorare con pesi più leggeri. Noi giovani suore abbiamo insistito per realizzare una piscina d'acqua calda a uso terapeutico». La prima in Italia, oltre cinquant'anni fa: lunga venti metri, larga cinque. «Di grandi così non se ne fanno più: motivi igienici, mantenerla richiede uno sforzo immenso. Ma è stata una svolta; qualche tempo dopo abbiamo cominciato a fare terapia anche con i disabili. All'epoca non esisteva niente di simile, i fisioterapisti venivano a imparare qui». Anni dopo si è posto un nuovo problema: come aiutare i ragazzi autistici ad avere una chance di futuro oltre la scuola. Don Andrea Bonsignori ha immaginato di sfruttare una delle principali doti di chi soffre di questo disturbo: la dedizione alla precisione. «Chi è il miglior caricatore di un distributore automatico di bevande e snack se non un ragazzo autistico?». Così è nata un'impresa sociale - che oggi vive di vita propria fuori dal Cottolengo - partita da tre apparecchi e arrivata a gestirne oltre mille. «Dovevamo dare non una speranza, ma una risposta oltre queste mura. I ragazzi finivano la scuola dopo 10-15 anni di integrazione e dopo? In questo paese chi soffre di disturbi mentali e la sua famiglia sono persone sole». La stessa filosofia, ma con una prospettiva opposta, ha portato ad aprire un'officina meccanica: «L'idea venne con Sergio Marchionne: far arrivare qui ragazzi con la passione per i motori e insegnare loro la manutenzione di primo livello, il tagliando, perché poi potessero trovare a lavoro nelle officine».
    Nel 1997 don Andrea ha fondato la Giuco, oggi una delle sei associazioni sportive in Italia dove i ragazzi normodotati e disabili giocano insieme: calcio, basket, volley, rugby, arti marziali, danza. «L'idea era declinare nello sport la nostra filosofia, perché almeno fino a una certa età l'integrazione può funzionare: non si crea un gap tra i ragazzi, anzi, si tirano fuori risorse inattese». La dimostrazione è che tre atleti della Giuco quest'anno hanno esordito nella nazionale under 20 di rugby.
    La Giuco altro non è che un'appendice di ciò che avviene nelle classi materne, elementari e medie delle undici scuole cottolenghine in Italia. La più grande è dentro la cittadella di Valdocco: circa 400 ragazzi, il 13% ha una forma di disabilità. «Nelle scuole pubbliche la percentuale scende al 3,5%, nelle paritarie all'1,5», spiega don Andrea. «Quasi la metà delle famiglie non paga nulla o usufruisce di uno sgravio. E ciononostante tanti ci scelgono anche se non hanno problemi economici perché diamo un'istruzione di qualità». E non solo. «Un genitore mi ha detto che qui suo figlio è riuscito a capire di non essere sfortunato ad avere solo sei paia di scarpe ma fortunato perché ha due piedi in cui indossarle».
    Hanno scelto uno slogan che è il rovesciamento della cultura dominante: «La scuola che non fa la differenza». «Il Cottolengo spesso è stato visto come un ricettacolo di sfigati», ragiona don Andrea, «ma al contrario è un luogo in cui la convivenza civile e l'accoglienza della diversità diventano qualcosa di reale. E dove tra chi ha un disturbo e chi no a guadagnarci di più da questa convivenza forse è quest'ultimo».
    Quest'incessante opera - che include altri servizi, dall'housing ai progetti di autonomia per donne con disabilità, dai 400 alloggi affittati a prezzi calmierati ai centri di accoglienza per donne in difficoltà - per padre Arice ha un nome: investimenti carismatici. «Ciò che si fa per l'utilità collettiva, per chi ha poco o nulla da dare in cambio». Come gli ospiti "storici", nati e vissuti qui, o i religiosi che dopo essersi consumati per gli altri ora vengono accuditi. «Continuiamo a seguire l'esempio del Cottolengo: costruire ciò che manca, rispondere alla domanda che la città ci rivolge». Oltre 190 anni fa il bisogno era accogliere gli invalidi, i ciechi, gli orfani; oggi è l'includere i bambini autistici, curare la vita fino al suo passo finale. Le ultime due strutture inaugurate sono un hospice, a Chieri, e uno studentato con 180 posti, appena aperto e già pieno. «In questo caso la necessità era offrire posti letto a prezzi accessibili agli studenti», spiega Roberta, 30 anni, che dopo otto anni di volontariato ha trovato lavoro proprio allo studentato. «Dopo la laurea in Economia cercavo un progetto sociale per cui spendermi. Averlo trovato qui, dove mi sento a casa, è la cosa migliore che mi potesse capitare. Qui c'è una possibilità per tutti e una cura per tutto».
    Anche in questo intreccio di religiosi e laici c'è il segreto di un immenso villaggio che guarda avanti tornando sempre alle origini. Cottolengo aveva iniziato la sua opera circondandosi di laici: medici, geometri, ricchi nobili che elargivano donazioni. Per dare continuità ha poi fondato 12 famiglie religiose. «Ma ora che la nostra presenza si è fatta più esigua è cresciuto nuovamente il peso dei laici, come alle origini», rivela suor Maria Teresa, un'altra colonna di questa istituzione che conta in totale circa 900 suore, un centinaio di preti, quasi 2.500 collaboratori. E più di mille volontari, meno di un tempo, eppure tenaci, come Carlo De Grandi, che a 93 anni viene ancora tutti i giorni. «E non solo io: ci sono mia moglie, mio figlio e mia nuora». Da quarant'anni Carlo, ex bancario, dà una mano a chi tiene i conti di un'istituzione con un bilancio di 150 milioni. «Perché continuo? Semplice: in questo luogo respiro pace e serenità».
    «Qui si dà un senso alla vita. O lo si recupera. Con l'aiuto della Provvidenza», dice suor Maria Teresa. Già, la Provvidenza. È ciò cui ci si aggrappa quando servirebbero le risorse o quando bisogna spiegare quel che in apparenza spiegazione non ha. «Qualche sera fa è arrivata una richiesta per un progetto; ci chiedevamo dove avremmo preso i soldi quando è arrivata una sorella con un sacco pieno di vestiti e una busta piena di banconote. Poco tempo fa in magazzino è arrivato un paio di scarpe gigantesche, pensavamo non sarebbero mai servite e invece il giorno dopo si presenta un migrante dai piedi enormi; gli calzavano perfettamente. Vede cosa fa la Provvidenza?». O forse sono i frutti dell'opera incessante di queste persone.
    A Torino anni fa per etichettare una persona stupida non era raro che venisse usata la parola «cutu». Era come dire, sei uno del Cottolengo, retaggio di quella credenza secondo cui queste mura tenevano il resto del mondo al riparo da ciò che non si doveva né poteva vedere. È un'etichetta che per decenni ha accompagnato il Cottolengo. «A volte c'è bisogno di figurarsi qualcosa di straordinario per giustificare la normalità del bene», riflette suor Maria Teresa. Padre Arice non si scompone: «In fondo vuol dire che i torinesi a questo posto vogliono così bene e vi sono così legati da averlo fatto entrare nel loro vocabolario». Perché è la spalla su cui sanno di potersi appoggiare quando intorno non resta più niente. —
  2. SOLDI AI PARTITI :   Dal 1° gennaio 2022 al 28 settembre dello stesso anno, ultimo dato disponibile, il Pd ha ricevuto donazioni per 2,7 milioni di euro. E i soldi sono arrivati anche da aziende e imprenditori. Tra le prime figurano con 10mila euro a testa le due farmaceutiche Farmaservizi e Promofarma, entrambe legate all'associazione dei farmacisti, Federfarma. Altri 20mila euro li ha donati Confagricoltura, ma il massimo sforzo l'ha compiuto l'ex ministro dei Lavori pubblici democristiano, Francesco Merloni, che ha versato 100mila euro. Una somma rilevante, 60mila euro, li ha donati anche la Milano Krea Design, specializzata in mobili e arredi per alberghi, ristoranti e attività varie. La società è a maggioranza controllata dall'imprenditore Gianfranco Librandi, candidato senza successo con Più Europa di Emma Bonino.
  3. Il Papa caccia il vescovo Usa ultra-conservatore
    Il Papa «solleva» dal governo pastorale della diocesi di Tyler, in Texas, il vescovo Joseph E. Strickland, monsignore tradizionalista vicino all'ultra-destra americana. Francesco «caccia» dunque un Presule critico verso il pontificato, e al suo posto nomina il pastore di Austin, monsignor Joe Vasquez. Strickland, 65 anni, è un vigoroso difensore delle posizioni dottrinali e dogmatiche della Chiesa cattolica sul matrimonio, la vita umana e la libertà religiosa. È un duro oppositore delle aperture della Chiesa al mondo Lgbtq. Nel giugno scorso ha ricevuto una visita apostolica: l'indagine è stata affidata dalla Santa Sede a due vescovi americani, Gerald Kicanas e Dennis Sullivan; secondo alcuni l'inchiesta era dovuta alla propaganda ultra-conservatrice del vescovo, inconciliabile con il nuovo corso avviato da Bergoglio. Tra le contestazioni di Strickland, anche quella contro il Sinodo sulla sinodalità - assise su cui il Vescovo di Roma punta moltissimo per il futuro della Chiesa - paventando innovazioni «inaccettabili» in materia di matrimonio, eucarestia, sessualità. Ha scritto che «il programma del Papa mina il Deposito della Fede». Attivissimo su X, Strickland ha più volte attaccato anche i vaccini contro il Covid.
  4. FINALMENTE UNA DONNA VERA : Francesca Bergesio, figlia del senatore leghista Giorgio Maria Bergesio, è la nuova miss Italia. È nata a Bra (Cuneo) e abita a Cervere, è alta 1, 80 ed è diplomata al Liceo Classico Europeo. Frequenterà la facoltà di Medicina. Ha vissuto 5 anni in un convitto dove ha scoperto la passione per la recitazione. Si definisce «pacata, riservata, determinata». Dal palco, tra le lacrime, ringrazia tutti: «Vorrei specializzarmi in cardiochirurgia e affiancare al mio lavoro la moda o il cinema, al quale non rinuncio».

 

 

 

 

 

 

11.11.23
  1. IL BERLUSCONISMO E' FINITO :  In 300 per La Russa e Santanchè il presidio di FdI fa peggio della Lega
    I punti in comune
    martina mazzeo
    milano
    Flop di Fratelli d'Italia in piazza a Milano che, con non più di 300 persone, fa peggio della Lega una settimana fa. Se il Carroccio non era riuscito a riempire largo Cairoli, portando comunque 1.000 persone, ieri, in piazza Cordusio, a Fratelli d'Italia non è andata meglio, nonostante la presenza dei big del partito, la coordinatrice lombarda e ministra Daniela Santanchè e il presidente del Senato Ignazio La Russa. All'appello del partito di Giorgia Meloni per «celebrare la libertà» e la fine dell'ideologia comunista a 34 anni dal crollo del Muro di Berlino non hanno dunque risposto in tanti. «Noi la piazza non l'abbiamo mai abbandonata - risponde Santanchè -. Poi dagli altri partiti ci sono i leader, è ovvio che quando hai Giorgia Meloni lei fa la differenza». Urne piene piazza vuota. Non sfugge a La Russa: «Come siete appiccicati, avete freddo? Allargatevi, allargatevi», scherza appena salito sul palco. Una presenza scarsa che non passa inosservata nemmeno a chi fa shopping - «ma chi sono questi quattro gatti?» - a dispetto del grande palco. Comunismo, terrorismo islamico, euroburocrazia, utero in affitto, teoria gender, carne sintetica, follie green con il volto di Greta Thunberg, gli obiettivi da abbattere scritti sul muro di cartone fatto crollare. «Ora l'impegno è quello di abbattere ogni muro, come quello della guerra, dell'odio, della conflittualità», le parole della seconda carica dello Stato che non risparmia la stoccata a quanti «brucia da pazzi che a presiedere il Senato ci sia uno della nostra storia».
  2. PARTITI GAMEOVER :
    Fossero una società quotata in Borsa i partiti politici italiani avrebbero già dovuto presentare i libri contabili in tribunale e dichiarare fallimento. Perché i loro bilanci sono in profondo rosso e come se non bastasse il loro patrimonio, immobili e quant'altro, va sempre più assottigliandosi. Come dire che il fondo del barile è già stato raschiato e che, d'ora in avanti, le perdite di gestioni costose e sempre meno compensate dalle donazioni di simpatizzanti e lobby non potranno essere più coperte vendendo qualche gioiello di famiglia.
    A essere messa peggio è Forza Italia, priva ora del suo grande finanziatore e fondatore, Silvio Berlusconi. Ma anche sulla Lega pesa il fardello dei debiti accumulati nei confronti dello Stato quando era ancora "Nord", mentre Pd e Movimento 5 Stelle non sanno come turare le falle nei conti aperti dai loro stessi parlamentari morosi. Mal comune mezzo gaudio, si dirà. Ma non è così perché un partito con il bilancio sano c'è ed è proprio quello di maggioranza nel governo, Fratelli d'Italia, che può diventare così arbitro della sorte dei concorrenti, impedendo loro di uscire dall'angolo con un qualche provvedimento di legge che alzi l'asticella del finanziamento, basato oggi su 2 per mille e donazioni. Tempo addietro ci ha provato il Pd, proponendo un ritocco non da poco della riforma Letta, portando da 20 a 45 milioni di euro il fondo per il 2xmille, ma soprattutto con la ridistribuzione della quota di quello stesso fondo, che ogni anno resta inutilizzata perché parte dei cittadini non ne vuol sapere di finanziare i partiti. Anche altre formazioni politiche propongono ricette analoghe, salvo il M5S, che dopo essersi iscritto lo scorso anno nel registro dei partiti riconosciuti ai sensi della legge n.13 del 2014 per accedere al 2xmille, ora ha presentato una proposta per abbassare da 100mila a 18mila euro annui il tetto delle donazioni liberali da parte di persone fisiche e società. Ma a sbarrare la strada lo scorso anno all'inserimento in manovra dell'innalzamento della quota di tasse devoluta dai cittadini ai partiti è stato guarda caso il partito della Meloni. Che così tiene per la collottola oppositori e alleati di governo. Perché portare avanti senza soldi l'attività politica ordinaria, per non parlare delle campagne elettorali, non è per niente facile. Ed espone ad un altro rischio, quello di diventare scalabili dalle lobby.
    Ma la necessità di aumentare un finanziamento che è di fatto pubblico è sentita oramai da quasi tutti i partiti. Anche se poi c'è chi se la passa peggio di altri. Prima di tutti Forza Italia, che in base agli ultimi dati disponibili, come quelli di Open Polis o Pagella Politica, ha debiti per 99 milioni di euro, un disavanzo di esercizio di oltre 340mila euro ma soprattutto un disavanzo patrimoniale di 106 milioni. «La riduzione dei parlamentari eletti nonché la discontinuità dei versamenti provenienti da essi e dai consiglieri regionali rappresentano la causa primaria del risultato negativo della gestione caratteristica», ha ammesso il senatore-tesoriere degli Azzurri, Alfredo Messina, il giorno dopo la morte di Silvio Berlusconi. Che anche all'ultimo ha lanciato una ciambella di salvataggio alla sua creatura politica con la rinuncia a un milione e 796mila euro di interessi sul credito vantato dall'ex Presidente. Ma il problema è che FI del 2xmille raccoglie solo le briciole, meno di un milione dei 20,4 milioni del fondo.
    Ne fa invece incetta il Pd, che ne incassa quasi 7,4 milioni. I Dem sono però anche secondi nella classifica dei debiti, con un fardello di 5,5 milioni. Ma quel che è più grave è la scomparsa del loro patrimonio netto, passato dai 20,3 milioni di euro del 2010 ad appena 23mila euro. I conti starebbero peggio se non ci fosse stato il tesseramento straordinario per il congresso che ha incoronato Elly Schlein. Ma la performance difficilmente si ripeterà, mentre gli eletti continuano a non autotassarsi e sul bilancio pesano sempre 119 dipendenti, fra cui 18 giornalisti.
    Sulla Lega grava invece il fardello dei 49 milioni che il partito di Salvini deve versare nelle casse dello Stato in base a sentenze della magistratura, ora ridottisi a 18 milioni e 148mila euro. Il nuovo corso del Capitano non sta però dando i risultati sperati, visto che l'ultima perdita è di 3,9 milioni di euro mentre c'è da saldare una rata di un milione e mezzo di debiti. Scarso l'apporto del 2xmille: appena 1,2 milioni devoluti dai cittadini, centomila euro in meno di quelli andati ad Azione di Calenda.
    I Cinque Stelle sono quasi in pareggio. Ma questo si deve al fatto che, nonostante i morosi siano anche qui tanti, da parte della marea di eletti nella passata legislatura sono affluiti nelle casse del Movimento 7,4 milioni. Ora però i parlamentari sono molti meno e più morosi, tant'è che verso di loro e i consiglieri regionali il partito di Conte vanta un credito d 2 milioni e 552mila euro. Questo mentre le spese sono lievitate a 6,8 milioni.
    A festeggiare resta così solo Giorgia, che con un bilancio ancora formato da partitino porta a casa un utile di 527mila euro e un patrimonio netto con il segno più per 2,6 milioni. Ed è anche su questi numeri che si gioca la battaglia per la leadership politica del Paese

 

 

 

 

10.11.23
  1. L'allarme dell'Oms: "Dilagano le infezioni colpiti soprattutto i bambini sotto i 5 anni"
    L'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha messo in guardia sulla rapida diffusione delle malattie infettive a Gaza. Le infezioni batteriche si stanno diffondendo per l'acqua contaminata e per l'accumulo di rifiuti, soprattutto tra i bambini sotto i 5 anni. La situazione è particolarmente preoccupante per i quasi 1,5 milioni di sfollati presenti in tutta Gaza, in particolare per coloro che vivono in rifugi sovraffollati
  2. Sentenza contro Riccardo De Simone vicino al boss pentito Vittorio Raso
    Traffico di droga col narcos delle cosche condannato a 9 anni il figlio del poliziotto
    giuseppe legato
    Nove anni, 10 mesi e 20 giorni di carcere. L'accusa: associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di droga. Con interdizione perpetua dai pubblici uffici. La sentenza (di primo grado) è di ieri mattina, è stata emessa dal giudice Ludovico Morello in un processo celebrato con rito abbreviato (con annesso sconto di un terzo sulla pena quindi) e riguarda un signore che si chiama Riccardo De Simone. Avrebbe fatto parte – insieme ad altri (tutti condannati a pene pesanti che vanno da 4 a 10 anni) che sono poi la batteria – secondo gli investigatori – legata a Vittorio Raso, super narcos della ‘ndrangheta che da mesi sta parlando con la Dda di Torino avendo intrapreso un percorso di collaborazione. In uno dei primi verbali resi all'esperto magistrato Valerio Longi ha detto. «Riccardo lavorava con me». Sarebbero condanne come tante nell'articolato mondo del mercato degli stupefacenti se non fosse che De Simone non è un tipo qualunque. È il figlio di un commissario di polizia, oggi in pensione: per anni stimato e poi finito (anche lui) in una brutta inchiesta per aver gestito (ipotesi d'accusa) alcune fonti investigative in maniera un po' troppo disinvolta. Nell'elenco dei traffici a cui il giovane avrebbe collaborato figurano diversi episodi di cessioni di droga peraltro tutti molto ravvicinati che raccontano un iperattivismo sul punto: 19 maggio 2021, 25 maggio, 27 maggio, 29 maggio, 3 giugno, 4 giugno. Le quantità sono in alcuni casi imprecisate in altri ammontano fino a 60 kg di hashish e marijuana. Ma la rete di Raso, al netto di De Simone, era ampia e qualificata e la Mobile ci ha messo anni di indagini a smantellarla facendo step by step terra bruciata attorno al grande broker dei calabresi. Particolarmente interessante la posizione di tale Lisiam Spagna, di Nichelino condannato a 7 anni, imprenditore. Si sarebbe addirittura recato a trovare Raso in Spagna durante il periodo di latitanza. Otto anni a Jacopo Riva, sei anni e 3 mesi ad Angelo Misiti, otto anni e otto mesi a Gennaro Delise, quattro anni a Francesco e Marco Carnazza, cinque anni e otto mesi a Salvatore Di Gioia. Ancora Luca Sanna (5 anni e 8 mesi), Marilena Valanzano (4 anni e 5 mesi), Luca Scardina (3 anni), Teodoro Russo (2 anni e 10 mesi).

 

 

 

09.11.23
  1. L'Italia dello stragismo istituzionale Tobagi indaga su depistaggi e segreti
    Sifar, Ufficio Affari Riservati, Sid, Sismi, Sisde: quante volte queste sigle sono risuonate nelle aule dei tribunali, scritte negli atti giudiziari e sono state citate nella saggistica sulla storia del terrorismo italiano.
    Al complesso e spesso conflittuale rapporto tra l'intelligence, la magistratura e il governo, la fresca vincitrice del Premio Campiello, Benedetta Tobagi, ha dedicato un appassionato lavoro di ricerca storica dal titolo Segreti e lacune, potendo consultare, tra gli altri, gli archivi resi fruibili dalla cosiddetta "Direttiva Renzi" del 2014 per la declassifica e per il versamento straordinario di documenti all'Archivio centrale dello Stato.
    È, infatti, negli archivi che risiede lo straordinario potere detenuto dai servizi segreti in ogni parte del mondo. «Secondo l'antico adagio che chi controlla il passato controlla il futuro, la pura e semplice gestione dei documenti - scrive l'autrice - resta, ancora oggi, un grandissimo strumento di potere. Gli archivi non sono orpelli polverosi e irrilevanti delle pubbliche amministrazioni, ma per molti versi rimangono veri e propri arsenali del potere».
    Anche per questo motivo, proprio i documenti d'archivio, la gestione degli stessi con la sottesa autonomia di occultare e se necessario distruggere le carte, sono stati l'oggetto di infinite contese tra i magistrati impegnati nella ricerca della verità giudiziaria, con relativi responsabili e mandanti delle stragi e i vertici dei nostri servizi, con un ruolo, talvolta ambiguo, dello stesso governo di turno.
    Se alcune regole auree, come la tutela della segretezza delle fonti e la gestione manipolatrice delle stesse, sono alle basi dell'agire dei servizi di intelligence in tutto il mondo, la situazione nel panorama italiano a partire dal secondo dopoguerra è stata resa peculiare dalla posizione geopolitica dell'Italia nella Guerra Fredda, Paese di frontiera e di importanza strategica per l'Alleanza Atlantica.
    In particolare, nel libro viene posta sotto la lente di ingrandimento la dialettica tra i diversi poteri dello Stato in relazione alle inchieste e ai processi per le stragi avvenute tra il 1969 (piazza Fontana, 12 dicembre) e il 1980 (stazione di Bologna, 2 agosto), passando per Gioia Tauro (22 luglio 1970), Peteano (31 maggio 1972), questura di Milano (17 maggio 1973), piazza della Loggia a Brescia (28 maggio 1974), treno Italicus (4 agosto 1974).
    Non c'è stato procedimento giudiziario su queste stragi che non abbia visto almeno un'agenzia d'intelligence impegnata in attività di protezione delle organizzazioni terroristiche di estrema destra, fino al punto che lo «stragismo istituzionale» rappresenta, secondo la Tobagi, una tragica specificità della storia dell'Italia Repubblicana, direttamente collegata al ruolo centrale dell'Italia nel sistema militare difensivo della Nato e al contrasto alla diffusione del comunismo in Occidente.
    Negli anni si è andato così diffondendosi, come scrisse per la prima volta, nel 1989, lo storico Franco De Felice, un conflitto permanente tra «lealtà al proprio Paese e lealtà ad uno schieramento», che può essere letto, per la Tobagi, anche come «conflitto tra due principi di legittimazione», l'antifascismo, che è tra i fondamenti della Costituzione formale promulgata nel '48, e l'anticomunismo, cardine della «costituzione materiale». In concreto questo ha comportato, ad esempio, la necessità di possedere il nullaosta di sicurezza Nato come precondizione per essere nominati in posizioni apicali degli apparati di sicurezza italiani, servizi segreti compresi. Il tutto avvenne (e forse avviene ancora) in via informale e riservatissima, anche se è storicamente acclarato e ha contribuito ad alimentare l'immagine dell'Italia come una nazione a «sovranità limitata».
    È contro il muro della «doppia lealtà» che si sarebbero scontrate le richieste di leale collaborazione, formulate in più occasioni dalla magistratura ai vertici della nostra intelligence. Negli anni della cosiddetta strategia della tensione, infatti, era dominante negli ambienti dell'oltranzismo atlantico la teoria del «destabilizzare per stabilizzare». I responsabili delle stragi nere andavano quindi protetti attraverso una serie di azioni di contrasto all'azione investigativa degli inquirenti, a cominciare dai depistaggi e con buona pace di leggi, circolari e della stessa Costituzione italiana.
    Come testimonia il lavoro dell'autrice sui materiali d' archivio, non tutti i vertici della nostra intelligence hanno avuto comportamenti contrari alla legge. Nonostante le leggi di riforma a partire da quella del 1977, però, la «doppia lealtà» è rimasta un guida costante nel rapporto con gli altri settori dello Stato, sempre correlata a un legame strutturale dei nostri apparati con quelli degli Stati Uniti, che in alcune fasi hanno fatto uso, con estrema disinvoltura, delle cosiddette operazioni coperte. Non a caso, sul finire degli anni Settanta, il capo della Cia, William Colby, definì l'Italia il loro «più grande laboratorio di manipolazione politica clandestina», sebbene si sia dimostrato che gli Stati Uniti fossero contrari alla prospettiva di un golpe militare sul modello della Grecia dei colonnelli.
    Ci furono, a più riprese, anche tentativi di inquinamento della vita politica attraverso l'uso spregiudicato di dossier alimentato dai servizi sulla vita privata di molti esponenti dei partiti di maggioranza e di opposizione e, in alcuni casi, anche di magistrati colpevoli di ricercare con eccessiva tenacia investigativa la verità sulle stragi nere.
    Nel libro, infine, viene correttamente ridimensionato il mito dell'importanza del «segreto di Stato» da abolire e la funzione salvifica della desecretazione dei documenti, perché è nella gestione degli archivi che trae origine il potere di oscurare la reale attività dei servizi segreti con buona pace della trasparenza e del «diritto a sapere» (nel rispetto dei vincoli temporali di segretezza) che dovrebbero, in teoria, differenziare le democrazie contemporanee dagli Stati totalitari.—

 

 

 

 

 

08.11.23
  1. Nei verbali dell'inchiesta Caccia, il racconto delll'ex gip Salvadori che firmò gli arresti: "Si lamentavano della mia severità, avvertì il pericolo"
    Le minacce dei boss alla giudice di Minotauro "L'esplosivo per lui era già pronto in Calabria"
    giuseppe legato
    La firma sui 156 arresti che svegliarono Torino, il Piemonte e il Nord Ovest all'alba di 12 anni e cinque mesi fa (8 giugno 2011) con la maxi operazione Minotauro è la sua. E già all'epoca, vedendola entrare e uscire dal lavoro con una tutela personale delle forze di polizia si era capito che a certificare il rischio per la vita dell'ex gip Silvia Salvadori fosse stata una seria minaccia della ‘ndrangheta. Adesso se ne ha certezza. Nei verbali depositati dalla procura generale di Milano nell'ambito dell'inchiesta sull'assassinio del procuratore capo di Torino Bruno Caccia (oggi si decide se archiviare il procedimento a carico degli ultimi due indagati), è la stessa giudice, oggi in forza alla Procura generale di Cassazione a Roma, a raccontare le allerte sulla sua sicurezza generate da quell'inchiesta storica che disarticolò 9 locali (strutture di base della malavita organizzata calabrese) svelando una mafia «silente, mimetica e unitaria», paradigma giudiziario coniato dal pm di punta di quel pool Roberto Sparagna (oggi responsabile della Dna nel quadrante del Nord Ovest italiano) e diventata, di lì a seguire, giurisprudenza a tutti gli effetti per le future misure e pronunce.
    «Un episodio – racconta a verbale Salvadori al procuratore generale di Milano Galileo Proietto - che in concreto delineava una situazione di pericolo nei miei confronti fu la notizia pervenuta da fonte confidenziale che nel carcere di Saluzzo era stata raccolta un'informazione secondo cu stavano progettando un attentato nei miei confronti. In Calabria erano pervenute notizie di sequestri di esplosivi di cui io sarei stata la destinataria». Un fatto tutt'altro che infondato in termini probabilistici se è vero come è vero che nel 2012 «una telefonata pervenne alla mia cancelleria. Parlava una persona con marcato accento calabrese. Disse: "Questa volta alla dottoressa è andata bene". Ancora a febbraio 2012 «si verificò un fatto che mi fece realmente sentire in pericolo». Ovvero: «Ricordo che camminavo per strada a piedi in piazza Vittorio, nelle cui vicinanze vivevo, con gli agenti di scorta. La mia protezione notò che ci stava seguendo un personaggio che a un certo punto si girò verso di me ed ebbe un atteggiamento aggressivo, si voltò di scatto guadandomi fisso negli occhi e con un sorriso provocatorio. C'era ancora un altro uomo che seguiva me e la scorta e sembrava agisse in sintonia col primo. Mi creò molto allarme. In quell'occasione fui letteralmente presa e spinta nella macchina blindata dalla mia tutela».
    E anche se in tal senso non sono mai tate sollevate contestazioni penali alcune «ricordo che dopo l'emissione delle misure cautelari, l'avvocato di Francesco D'Onofrio (considerato un elemento di primissimo livello delle cosche a Torino) si recò direttamente dal mio presidente dell'epoca Francesco Gianfrotta a lamentarsi per la mia indisponibilità a una modifica (carcere versus domiciliari ndr) della misura cautelare. Le lamentele riguardavano comunque in generale la mia eccessiva severità nella conduzione del procedimento». Dopo di allora nulla accadde e il livello di protezione della giudice scese al terzo livello (il grado di pericolosità è decrescente) fino alla sospensione della tutela. Che gli è stata però riassegnata dopo aver firmato gli arresti di ‘ndrangheta nell'operazione "Geenna", babele di accuse alle ‘ndrine che hanno colonizzato pezzi della Valle d'Aosta.

 

07.11.23

  1. TIM: FIRMATO IL TRANSACTION AGREEMENT PER NETCO
    Roma, 6 novembre 2023

    TIM comunica che, in esecuzione delle deliberazioni assunte ieri dal Consiglio di Amministrazione della Società, in data odierna è stato sottoscritto con Optics BidCo (società controllata da Kohlberg Kravis Roberts & Co. L.P. “KKR” e come ulteriore investitore Azure Vista, società interamente controllata da Abu Dhabi Investment Authority) il transaction agreement relativo a Netco che disciplina:
    il conferimento da parte di TIM di un ramo d'azienda - costituito da attività relative alla rete primaria, all’attività wholesale e dall’intera partecipazione nella controllata Telenergia - in FiberCop, società che già gestisce le attività relative alla rete secondaria in fibra e rame, e
    il contestuale acquisto da parte di Optics Bidco dell’intera partecipazione detenuta da TIM in FiberCop medesima, all’esito del predetto conferimento (FiberCop post conferimento “Netco”).
    Il transaction agreement prevede che alla data del closing dell’operazione si proceda alla sottoscrizione di un master services agreement che regolerà i termini e le condizioni dei servizi che saranno resi da NetCo a TIM e da TIM a NetCo a seguito del completamento dell’operazione.

    Il perfezionamento dell’operazione è atteso per l’estate del 2024, una volta completate le attività prodromiche e soddisfatte le condizioni sospensive (completamento del conferimento della rete primaria, autorizzazione Antitrust, autorizzazione in materia di sovvenzioni estere distorsive e Golden Power).10 miliardi di capitali da banche di tutto il mondo per un progetto che rappresenta uno dei più grandi deal infrastrutturali per Kkr. La partita Netco vede in campo 11 colossi bancari. Si tratta di Unicredit, Mediobanca, Bper, Paribas Jpm, Citi, Crédit Agricole, Morgan Stanley, Bpm, Natixis e Bofa.
  2. TRA 6 MESI LA MELONI FUORI DAL GOVERNO DEL PAESE ANCHE SE Il colosso americano gestisce 500 miliardi di dollari. In Italia tra Tlc e industria, il nodo Magneti Marelli
    Da Fibercop alla scalata "fantasma" Per il fondo decisivo l'assist del Tesoro

    Tre lettere: Kkr. Sono le iniziali dei tre fondatori che danno il nome al fondo destinato a essere il futuro padrone americano – accanto al Tesoro e a F2i – della rete di Tim. Si tratta di tre ex superbanchieri di Bear Stearns: i cugini Henry Kravis e George Roberts, insieme con il loro mentore Jerome Kohlberg, mancato nel 2015.
    Nel 1976 creano un colosso degli investimenti che oggi ha attività in gestione per oltre 500 miliardi di dollari. Cominciano dal mercato americano, dal 1996 con l'espansione in Europa, il salto globale. Nato come un fondo di private equity per investire nel capitale di rischio delle società non quotate in Borsa, Kkr si ramifica nei gangli della finanza: immobiliare, credit, mercato dei capitali, assicurazioni e dal 2009 anche nelle infrastrutture. Tra i partner, perfino un generale, David Petraeus, proprio quello della guerra in Iraq.
    In Italia Kkr arriva a metà degli anni 2000. Spazia tra i lubrificanti di Selenia e le tlc di Sirti, senza trascurare i distributori automatici di Argenta. Oggi ha il packaging di Cmc e occupa le cronache anche per un'altra, difficile vicenda, quella della Magneti Marelli, acquisita nel 2019 tramite la controllata di Kkr, Calsonic Kansei, quella che ora sta portando avanti il piano di tagli che toglie il sonno ai sindacati, anche per questo sospettosi nel vedere il fondo acquisire la rete di Telecom. Ma Kkr è già una vecchia conoscenza per Corso d'Italia. Risale infatti al 31 agosto del 2020 l'accordo con cui Kkr entra nel business della rete di Tim. Il primo passo è infatti l'acquisto del 37,5% di FiberCop, società dove è stato scorporato un primo pezzo di rete, quella secondaria che va dall'armadietto stradale fino alle case e agli uffici.
    È un'operazione dettata, come pure quella di oggi, dalla necessità di fare cassa e abbattere il debito. È l'allora ad Luigi Gubitosi a organizzare la gara che il fondo Usa vince. Il soccorso del 7° Cavalleggeri ha però un prezzo. È il fondo a dettare le regole, ottiene diritti di veto nella governance e rendimenti minimi garantiti in ultima istanza proprio da Tim. Ma Kkr non si ferma lì. Sul finire del 2021 il fondo torna alla carica e non pago di avere una piccola fetta della rete, punta al colpo grosso. Kkr lancia la "bomba" finanziaria: si propone per un'Opa sul 100% del capitale di Tim a un prezzo che – guardando i valori di ieri sera, ossia 25,10 centesimi alla chiusura di Piazza Affari – pare astronomico: 50,5 centesimi.
    La proposta però viene subordinata a una due diligence, un esame dei conti che lo stesso cda, anche su spinta di Vivendi (ai tempi ancora presente in consiglio), rifiuta di concedere. L'Opa insomma viene derubricata a «operazione fantasma», sostanzialmente un ballon d'essai. Tutto sembra finire lì. Ma Kkr, che punta a rivalutare la rete Tim usando la cassa che questa genera per sostituire il vecchio rame con la moderna fibra, non si arrende. E quando Tim si decide a vendere l'infrastruttura, torna in pista e sbaraglia la concorrenza di Cdp e Macquarie. La rete parlerà americano, in un'operazione in cui l'avallo di Palazzo Chigi e il concreto sostegno del Tesoro, che avrà il 20%, si rivelano le carte vincenti.

 

 

06.11.23
  1. il report dell'ispra
    Aumenta il consumo di suolo in Italia in testa Lombardia, Veneto e Campania
    Aumenta il consumo di suolo in Italia e l'Ispra nel suo rapporto annuale ne ha da poco certificato la crescita del 10% nel 2022 rispetto all'anno precedente a livello nazionale. Osservate speciali, sul "podio" delle regioni che registrano il consumo percentuale maggiore rispetto alle superfici totali, sono la Lombardia (12,16%), il Veneto (11,88%) e la Campania (10,52%), seguite da Emilia-Romagna, Puglia, Lazio, Friuli-Venezia Giulia e Liguria, con valori sopra la media nazionale e compresi tra il 7 e il 9%. Anche l'Abruzzo lo scorso anno ha superato la soglia del 5% del consumo di suolo, portando così il numero delle regioni in cui questa soglia è superata a 15. La Valle d'Aosta rimane la regione con la percentuale più bassa (2,15%) ma, ricorda l'Ispra, per interpretare correttamente i dati va considerata anche la diversa morfologia del territorio sia la sua evoluzione. La Toscana flagellata in questi giorni dal maltempo è al 6,17% con un incremento dello 0, 17% rispetto all'anno precedente, un valore relativamente basso. Sul fronte dell'aumento percentuale della superficie artificiale tra il 2021 e il 2022 il valore più elevato è quello della Sardegna (+0,67%), seguono Molise e Puglia. Sopra la media nazionale (+0,33%), ci sono anche Campania, Sicilia, Piemonte, Lazio, Veneto e Marche. Nel rapporto si sottolinea come la tendenza evidenziata da questi dati «sarà difficile da contenere in ottica degli obiettivi di sviluppo sottoscritti dal nostro Paese in ambito comunitario e internazionale».
  2. UN DOCENTE DA BOCCIARE:   Sentenza d'appello della Corte dei Conti nei confronti del professore Giuseppe Nano nominato da Schmidheiny Dall'ex Ilva alla fabbrica di Casale, ha incassato parcelle senza avvertire l'ateneo milanese in cui lavora a tempo pieno
    Scandalo sulle consulenze nascoste al Poli "l'esperto di Eternit restituisca 1,6 milioni"
    giuseppe legato
    Il professor Giuseppe Nano insegna Ingegneria Chimica al Politecnico di Milano. Un corso di studi (sul sito risulta «non attivo») che ha ottimi riscontri «con alta opinione degli studenti». Ma se professionalmente nulla questio, non vale lo stesso per la Corte dei Conti che nelle scorse settimane lo ha condannato a restituire all'Ateneo 1,68 milioni di euro. La sentenza segue a omologa pronuncia di primo grado di marzo 2022 di fronte alla quale il ricorso imbastito dai legali del docente non ha avuto esito favorevole.
    Tutta colpa di un extramoenia lunga anni (dal 2012 al 2016) e decine di consulenze prestate – e ben pagate – per multinazionali «pari al quadruplo – scrivono i giudici – del suo stipendio universitario»). Che lui però non avrebbe mai comunicato formalmente all' ente universitario per il quale svolgeva un incarico a tempo pieno realizzando «un illecito espletamento degli incarichi». Tutti lo ricordano in un'interminabile udienza di una decina di anni fa a Torino mentre difende l'ex patron mondiale di Eternit Stephan Schmidheiny, 75 anni, imprenditore svizzero a capo dell'impero delle fibre assassine che da anni, oltre a diventare uno degli uomini più ricchi del pianeta (patrimonio 2,3 miliardi di dollari), si è riciclato come guru della sostenibilità. Coi suoi indici di rischio correlati a soggettive stime di esposizione alle fibre di amianto «aerodisperse» nell'ambiente di lavoro i danni da eternit - a suo avviso - avrebbero dovuto essere infinitesimali, da 0,1 o poco più. Praticamente, in quei capannoni, non avrebbe potuto essersi ammalato nessuno. Lo scorso 8 giugno Schmidheiny, che anche in questo più recente procedimento penale si è avvalso della consulenza del professor Nano, è stato condannato dalla Corte d'Assise di Novara a 12 anni di carcere per omicidio e disastro colposi a seguito di un'inchiesta del pm torinese Gianfranco Colace. Ma nelle contestazioni dei magistrati contabili della Lombardia Eternit è solo una voce – costante, ma per nulla isolata – delle super parcelle pagate al docente dagli imputati di diversi processi. I numeri dei guadagni contestati: 298 mila euro complessivi nel 2012, 274 mila nel 2013, 389 mila nel 2014, 382 mila nel 2015 e via discorrendo. Tra i clienti più facoltosi che hanno conferito incarico a nano figurano Edison che ha chiesto aiuto all'ordinario di Chimica a proposito dell'esposizione dei lavoratori ai tossici industriali nei siti di Spinetta, Bussi, Crotone, Mantova e Pallanza. Ma anche Ilva (e Ilva Taranto), Luxottica, Eternit appunto, Marzotto, Pirelli, AnsaldoBreda, Iren Energia, Tamoil, Bridgestone. Tutto è nato da una segnalazione della Guardia di Finanza datata 4 ottobre 2019.
    Ne sarebbe generato un «danno erariale imputabile a titolo di dolo».
    Lui si è difeso su più fronti: intanto la consulenza esercitata in ambito giuridico non rientrerebbe secondo i suoi legali nei limiti di «libera attività professionale» proprio per il contesto (tribunale) in cui è stata svolta. Ma per i magistrati contabili una cosa è una perizia disposta da un giudice terzo, altra storia è una pur articolata consulenza di parte. Ancora: il portale dell'università per questo tipo di comunicazione sarebbe stato fuori uso, ma altro modo – sempre per i giudici – vi sarebbe stato di comunicare all'Ateneo gli incarichi (a voce, per iscritto). Il fatto che l'attività del docente sia stata effettivamente svolta «alla luce del sole» non lo esime dalle leggi per i pubblici dipendenti dello Stato a tempo pieno.

 

 

 

05.11.23

  1. TIM: IL CDA APPROVA L’OFFERTA DI KKR PER NETCO
    L’OFFERTA VALORIZZA LA RETE FISSA FINO A 22 MILIARDI DI EURO E CONSENTE AL GRUPPO UNA RIDUZIONE DEL DEBITO DI CIRCA 14 MILIARDI DI EURO
    PERFEZIONAMENTO ATTESO ENTRO L’ESTATE DEL 2024
    CONFERITO UN MANDATO ALL’AMMINISTRATORE DELEGATO PER RICEVERE UN’OFFERTA MIGLIORATIVA PER SPARKLE

    Milano, 5 novembre 2023

    Il Consiglio di Amministrazione di TIM, riunitosi sotto la presidenza di Salvatore Rossi nelle giornate del 3, 4 e 5 novembre, ha esaminato l’offerta vincolante presentata lo scorso 16 ottobre da Kohlberg Kravis Roberts & Co. L.P. (“KKR”) relativamente all’acquisto di attività relative alla rete fissa di TIM (la cd. NetCo), inclusa FiberCop, da parte di una società (Optics BidCo), controllata da KKR, nonchè l’offerta non vincolante sull’intera partecipazione detenuta da TIM in Sparkle.

    Il Consiglio, all’esito di un ampio e approfondito esame, condotto con l’assistenza di primari advisor finanziari (Goldman Sachs, Mediobanca e Vitale & Co per la Società ed Equita e Lion Tree individuati dagli Amministratori indipendenti) e legali (Gatti Pavesi Bianchi Ludovici Studio legale associato per la Società e Studio Carbonetti per gli Amministratori indipendenti), ha approvato a maggioranza (con 11 voti favorevoli e 3 contrari) l’offerta vincolante per NetCo presentata da KKR.

    In particolare, a seguito dell’approvazione consiliare si procederà alla sottoscrizione di un transaction agreement che disciplina:

    Il conferimento da parte di TIM di un ramo d'azienda - costituito da attività relative alla rete primaria, all’attività wholesale e dall’intera partecipazione nella controllata Telenergia - in FiberCop, società che già gestisce le attività relative alla rete secondaria in fibra e rame;
    Il contestuale acquisto da parte di Optics Bidco (come detto, veicolo controllato da KKR) dell’intera partecipazione detenuta da TIM in FiberCop medesima, all’esito del predetto conferimento (FiberCop post conferimento “Netco”). Inoltre, il transaction agreement prevede la sottoscrizione alla data del closing dell’operazione di un master services agreement che regolerà i termini e le condizioni dei servizi che saranno resi da NetCo a TIM e da TIM a NetCo a seguito del completamento dell’operazione.
    Il Consiglio ha altresì deliberato a maggioranza (con 11 voti favorevoli e 3 contrari), sulla base dei pareri forniti dai professori Piergaetano e Carlo Marchetti, Andrea Zoppini, Giuseppe Portale, Antonio Cetra, Claudio Frigeni e dall’Avvocato Luca Purpura, che la decisione sull’offerta è di competenza esclusiva consiliare. Il Consiglio ha quindi dato mandato all’Amministratore Delegato di finalizzare e sottoscrivere i contratti vincolanti relativi all’offerta.

    L’offerta vincolante valorizza NetCo (esclusa Sparkle) a un Enterprise value di 18,8 miliardi di euro, senza considerare eventuali incrementi del predetto valore derivanti dal potenziale trasferimento di parte del debito a NetCo e da earn-out legati al verificarsi di determinate condizioni che potrebbero aumentare il valore sino a 22 miliardi di euro.

    In particolare, l’offerta ipotizza che il closing avvenga entro l’estate 2024 e prevede che il prezzo del ramo d’azienda oggetto di conferimento in FiberCop sia soggetto ad aggiustamento (usuale per questa tipologia di operazione) al closing in relazione a determinati parametri e target predefiniti, quali, inter alia, la cassa e il debito trasferiti, il livello del capitale circolante, il costo registrato negli ultimi 12 mesi dei dipendenti trasferiti e il rispetto di alcuni obbiettivi di investimento e di installazione della rete in fibra ottica.

    Il pagamento di eventuali earn-out a favore di TIM è, invece, legato al verificarsi di eventi futuri quali, in particolare:

    Il completamento, durante i 30 mesi successivi alla data del closing, di alcune potenziali operazioni di consolidamento che riguardino NetCo e all’eventuale introduzione di modifiche regolamentari idonee a generare benefici a favore di NetCo, che potrebbero comportare il pagamento a favore di TIM di un importo massimo di 2,5 miliardi di euro;
    All’introduzione ed entrata in vigore entro il 31 dicembre 2025, di incentivi di settore che potrebbero comportare il pagamento a favore di TIM di un importo massimo di 400 milioni di euro.
    L’operazione dà attuazione al piano di cosiddetto delayering avviato da TIM nel corso del 2022 – con l’obiettivo di perseguire il superamento dell’integrazione verticale di TIM attraverso la separazione degli asset infrastrutturali di rete fissa dai servizi che TIM continuerà a fornire ai propri clienti retail - e consente a TIM di ridurre il proprio indebitamento finanziario di circa 14 miliardi di euro al momento del closing (senza considerare l’impatto degli aggiustamenti di prezzo di cui sopra e gli eventuali earn-out), con un risultato migliorativo, nonostante il deterioramento delle condizioni macro-economiche, rispetto alle previsioni presentate in occasione del Capital Market Day del 7 luglio 2022. Grazie all’operazione, TIM, oltre a ridurre l’indebitamento e a liberare risorse, avrà l'opportunità di operare nel mercato domestico beneficiando della riduzione di alcuni vincoli regolatori e potrà contribuire al mantenimento della flessibilità strategica prevista dal piano di delayering.

    Al closing, TIM beneficerà di una struttura di capitale solida con un rapporto fra debito netto ed Ebitda inferiore a 2 volte (after lease).

    Il perfezionamento dell’operazione è atteso per l’estate del 2024, una volta completate le attività prodromiche e soddisfatte le condizioni sospensive (completamento del conferimento della rete primaria, autorizzazione Antitrust, autorizzazione in materia di sovvenzioni estere distorsive e Golden Power).

    Quanto all'offerta non vincolante su Sparkle, il Consiglio, avendola ritenuta non soddisfacente, ha dato mandato al CEO di verificare la possibilità di ricevere un'offerta vincolante a un valore più elevato una volta completata la due diligence, il cui termine è stato esteso fino al 5 dicembre.

    Infine, il Consiglio ha preso atto della comunicazione inviata da Merlyn Partners e RN Capital Partners, ritenendola non in linea con il piano di delayering della Società, come presentato agli investitori nel già citato Capital Market Day.
  2. INEVITABILE :   L'alluvione in Toscana (e in Veneto) ci manda alcuni segnali molto diretti, forse gli ultimi, su chi amministra il territorio, sulle previsioni meteorologiche, sulla crisi climatica e sui costi. E ci suggerisce una soluzione, probabilmente l'unica. Parto da quest'ultima, perché sugli altri segnali sappiamo molto, mentre su come rimediare ci siamo sempre mossi tardi e male, arrivando al punto di peggiorare le cose.
    È evidente che la prevenzione è la soluzione, non solo perché un euro speso in prevenzione ne fa risparmiare nove in emergenza, ma soprattutto perché l'attuale crisi climatica non lascia alcuna alternativa: o ti dai da fare prima (vorrei dire subito) con intelligenza o subisci vittime e danni. Il problema sta tutto nell'intelligenza, oltre che nei tempi, e di questa ce ne abbiamo messa poca, assoggettati come siamo al pensiero economico, non ambientale, dominante che il dissesto idrogeologico sia una questione di opere: magari fosse così, basterebbe investire denari e impiegare forza lavoro.
    Gli ultimi eventi ci dicono chiaramente che le opere servono in alcuni casi cittadini e in particolari realtà, come il Bisagno a Genova, il Seveso a Milano o l'Arno a Firenze e poche altre. In tutti gli altri casi non solo non servono, ma sono dannose e accrescono il rischio, non lo diminuiscono. In tutti gli altri casi dobbiamo agire esattamente al contrario: sottrarre opere e cemento e ridare spazio alla natura e ai fiumi. Più un fiume è libero di esondare a monte delle città, meno danni provoca. Se, però, occupiamo ogni metro quadrato di territorio nelle piane alluvionali (indovina perché si chiamano così…), l'acqua arriverà sempre nelle case, testimoniando che esse si trovano nel posto sbagliato.
    E qui c'entrano gli amministratori sul territorio. Forse è ora di smetterla con la litania dei sindaci lasciati soli in balìa delle catastrofi naturali, perché le catastrofi non esistono, esistono gli eventi naturali i cui effetti diventano catastrofici solo ed esclusivamente per colpa nostra, che abbiamo costruito all'inverosimile e consumato territorio come se non ci fosse un domani. E chi ha consentito di costruire dovunque, non ha bloccato i soliti abusi e non abbatte le costruzioni illegittime?
    Chi non ha saputo dire di no al capannone nel greto del fiume, alla casetta alle pendici della collina, all'infrastruttura dispendiosa ma inutile? La risposta la conosciamo, però ancora si richiede lo stato d'emergenza quando si sarebbe dovuti intervenire in tempo di pace, preservando le aree di pertinenza fluviale contro ogni forma di occupazione. Ma li avete sentiti voi questi dinieghi alla bulimia costruttiva degli italiani? Io non li sento da decenni, in un Paese di montagna che si illude di vivere in pianura. E hai voglia a ripetere che le precipitazioni sono cambiate, che in un giorno può cadere tutta la pioggia di un anno e che ciò può avvenire senza tanto preavviso: sembra che nessuno ascolti.
    Non ci si può più affidare al fatto che in un dato luogo il periodo di ritorno di alluvioni disastrose sia secolare, si deve tirare una linea e affermare chiaramente che da oggi la nuova regola è che non si tratterà più di aspettare decenni, ma anni o addirittura meno. E che prevedere con precisione questi fenomeni nella loro piena entità è, al momento, complicato, ragione per cui siamo anche sguarniti dell'arma della previsione. Per una ragione precisa: non siamo più al tempo della grande piena del Po degli anni '50 o '90 del XX secolo, quando aspettavi con trepidazione la piena a Pontelagoscuro. Qui si tratta, invece, di aste fluviali corte, di torrenti sconosciuti fino al giorno prima, di territori che non riescono più ad assorbire acqua in profondità, come dovrebbero, non solo per via del cemento e dell'asfalto con cui li abbiamo ricoperti, ma anche per le prolungate siccità che li rendono impermeabili. Fenomeni in parte nuovi, ma che devono entrare da subito nei nostri orizzonti di rischio. E spingerci alla prevenzione vera, quella per cui dalle zone pericolose si fa un passo deciso indietro. Quella per cui si riqualificano i fiumi come si fa in tutta Europa: restituendo loro natura e liberandoli dal cemento, in modo che facciano meno danni e siano recuperati alla comunità.
    Questa nuova visione è difficile da accettare, perché significa non trattare più il fiume come un canale artificiale, abbattere gli argini invece di innalzarli, eliminare briglie e ostacoli, ripristinare la vegetazione riparea e assolutamente non dragare i corsi d'acqua, cosa che peggiora i fenomeni alluvionali e priva dei sedimenti le pianure e le spiagge. Più natura significa più sicurezza, come suggeriscono ormai ingegneri, naturalisti e idrogeologi moderni e coscienziosi. E significa spendere meno e bene, evitando il prezzo salatissimo dell'inazione: non fronteggiare la crisi ambientale ha un costo che sembra essere a carico di nessuno e che invece insiste sulle spalle della comunità intera. Ma in un Paese in cui ancora c'è chi si attarda a negare il ruolo dei sapiens nel collasso climatico, contro il parere dell'intera comunità scientifica, e preferisce prendersela ipocritamente con Ultima Generazione, scambiando l'effetto con la causa, appare difficile che si riesca ad uscire dal fango che inevitabilmente ci sommerge e continuerà a farlo.

 

 

04.11.23
  1. QUANTI MORTI PER LA GIUSTIZIA TRIBUTARIA ?    “Rovinato”, Martino Benzi aveva avuto la cartella del Fisco prima di uccidere moglie, figlio e suocera
    Prima di compiere una strage ad Alessandria, dove ha ucciso moglie, figlio e suocera, il 66enne Martino Benzi aveva ricevuto delle cartelle esattoriali per decine di migliaia di euro per Iva non versata. Nel biglietto di addio aveva scritto: “Io rovinato, non c’è scampo”.

    "Sono rovinato, non c'è via scampo. La colpa è soltanto mia", così aveva scritto in un biglietto il 66enne Martino Benzi prima di fare una strage ad Alessandria dove ha ucciso moglie, figlio e suocera nel settembre scorso prima di togliersi la vita. Un messaggio col quale l’uomo, oltre al delitto, aveva confessato le sue preoccupazioni per i problemi economici che lo attanagliavano, Problemi economici che, secondo quanto accertato ora dagli inquirenti, erano in gran parte dovuti a debiti col Fisco.

    L’ingegnere di Alessandria infatti aveva da poco ricevuto delle cartelle esattoriali per decine di migliaia di euro quando ha ucciso a coltellate in casa la moglie Monica Berta di 55 anni e il figlio Matteo di 17 anni, raggiungendo poi l'anziana suocera nell'istituto in cui risiedeva, ammazzando anche lei. Secondo quanto riporta Repubblica, Martino Benzi doveva al fisco oltre 50mila euro per una cartella esattoriale di 30mila euro mai pagata e lievitata ancora di più.


    Un debito enorme che lo aveva convinto di non avere più nessuna possibilità, aggravando il suo stato depressivo. Martino Benzi infatti era un libero professionista, titolare di uno studio di consulenza informatica e di progettazione e realizzazione di siti web.
    Cosa sappiamo dell'inchiesta sulle coop per migranti dopo l'arresto di moglie e suocera di Soumahoro
    In quel bigliettino, appoggiato sul tavolo della cucina prima di compiere la strage e togliersi la vita, gli inquirenti avevano capito che poteva esserci il movente della strage che ha distrutto una intera famiglia e sconvolto una comunità. Le indagini su conti correnti e società hanno confermato i sospetti.

    Nonostante le difficoltà economiche, però, Martino Benzi pare non avesse confessato a nessuno dei suoi timori o almeno non nei termini in cui potessero fare sospettare quanto accaduto. Al fratello aveva rivelato il precedente debito di 30mila euro con l’Agenzia delle Entrate per Iva non versata ma aveva detto che era riuscito ad ottenere una rateizzazione e stava pagando regolarmente.

    "Diceva di non avere problemi economici, ad agosto mi aveva chiesto un prestito di 2mila euro, parliamo di una cifra modesta e quando si è liberi professionisti come lo era lui, è sufficiente che due clienti ritardino il pagamento che ci si ritrova in difficoltà” ha spiegato il fratello che, nonostante quella cartella esattoriale, non riesce a spiegare coi problemi economici quanto accaduto il 27 settembre scorso.
  2. DISUMANO : Volete una definizione, semplice, svelta, per stringere in pugno subito tutto? Eccola: i popoli mendicanti sono quelli che vivono ai margini. Sono quelli che fanno storia come i malati fanno la malattia. Sì, sopravvivono davanti ai Muri, vecchi trucchi costruiti alla fine di ogni guerra, in strisce di sabbia e di roccia, luoghi forse un tempo ameni, dove c'erano alberi e acqua, chissà, forse ma chi ne ha memoria? E oggi c'è polvere o fango a seconda delle stagioni, o magari solo polvere e fango perché perfino le stagioni con i loro labili segni sono fuggite via. I popoli mendicanti sono quelli che sono stati ridotti nel confine più drastico che esista, quello della assoluta inutilità. In terre incognite ricavate a ridosso di frontiere che sfumano nel Nulla.
    Non basta? volete qualcosa di ancor più forte, per capire che parliamo di genti con cui fare della sociologia, usare concetti astratti ha un gusto un po', come dire, feroce? I popoli mendicanti sono composti da coloro a cui è immorale porre la domanda: che cosa hai mangiato oggi? La domanda giusta è: hai mangiato oggi? Perché i popoli mendicati vivono della carità internazionale, per trovarli basta sfogliare i faldoni delle agenzie umanitarie delle Nazioni unite o delle fondazioni caritative laiche o jihadiste. Loro però sono fuori dallo spazio e dal tempo, non illudetevi di spendere utilmente la vostra buona volontà, appartengono solo a sé stessi e sono solo dentro di sé.
    Attenzione: addentratevi con prudenza in queste righe. Questo articolo non è che lo specchio di un fallimento. Sì, perché i popoli mendicanti sono l'istantanea della nostra Storia-disastro, affollata da milioni di uomini. Gli ultimi a irrompervi: i palestinesi rannicchiati nell'angolo meridionale della Striscia di Gaza, tra due Muri con diverse bandiere. Le loro baracche resteranno lì dove, forse, sfumerà la risacca della guerra; o semplicemente, come ipotizza qualcuno, scivoleranno dall'altra parte, nelle bibliche sabbie del Sinai. Chissà. Una volta tanto non voglio fare il ripasso: se nel 1948 avessero scritto meglio le risoluzioni per la nascita di Israele..., se i trionfi dei famosi Sei giorni nel 1967 fossero stati meno arroganti... se Arafat non fosse stato una "padre della patria" così discutibile e corrotto... se Hamas non fosse Hamas se.. . Voglio raccontare solo i popoli mendicanti, quelli di Gaza come sono ora, durante questa guerra, e come ahimé! temo saranno.
    Le città dei popoli mendicanti sono queste distese senza fine di baracche, di tende, di capanne, legno, plastica, cartone, latta; nascono in un attimo, sono abili con le mani i popoli mendicanti uomini donne bambini a tirar su questi luoghi dove incredibilmente gli uomini vivono e che hanno per me, anche se li incontro da anni, sempre un che di astratto e di assurdo. E di tremendo. Piatte, flessibili, di una materia un po' molle, l'occhio vi affonda, crescono quando le guerre che restano infinite, inguaribili, diventano per un po' guerre raffreddate da manuale di storia.
    Elenchiamo, volete? Somali, Karen, saheliani di molte inutili bandiere, i nigeriani del nord , sudanesi, siriani, Saharawi, afghani, haitiani… chiedo venia, so che dimentico. Qualcuno ne è uscito, pochi. Tanti vi entrano ed escono da decenni, come i palestinesi.
    La condanna dei popoli mendicanti è che non "producono". Come farebbero confinati in questi luoghi eternamente provvisori? La guerra anche quando non c'è più, quando non alzeranno continuamente lo sguardo al cielo per paura di sentire il rumore degli aerei, sta sempre intorno, è appiccicata addosso. E poi non ci sono energia elettrica sicura, acqua strade… neppure il più spregiudicato dei capitalisti di rapina avrebbe vantaggi a venir qui a delocalizzare salari da fame per mettere insieme pezzi di plastica o cucire scarpe. Per quello ci sono i popoli poveri, la miseria è un dato certo. Dunque, si aspetta. Si aspetta che tutto anche qui diventi permanente solido definitivo, e potrà raccattare i suoi "operai" magari bambini.
    Il momento chiave della vita dei popoli mendicanti è la distribuzione: del cibo che altro! Il centro delle comunità umane è la piazza, la chiesa o la moschea, un monumento che ricapitola la storia del luogo e degli abitanti. Per i popoli mendicanti è lo spiazzo dove si fermano i camion con i sacchi di farina o le scatole con le razioni di cibo e di acqua potabile. Il cibo, come se fosse nella sporcizia di quella vita l'unica cosa pura sulla terra.
    I palestinesi di Gaza nei giorni scorsi, nell'infuriare dei bombardamenti, hanno assaltato i depositi dove erano immagazzinate le scorte alimentari dalle Nazioni unite. A poco a poco quando saranno raccolti nella parte della Striscia che la guerra concederà loro, questo non accadrà più. I popoli mendicanti imparano in fretta ad essere disciplinati. Dipendono.
    E questo obbliga ad essere miti. Ogni giorno, all'ora stabilita, si metteranno in fila per ricevere la razione prevista. I funzionari Onu o della mezzaluna rossa o delle sigle del Qatar e della Arabia saudita, spunteranno via via dagli elenchi i nomi di chi ha ritirato la sua parte giornaliera. Ai bambini resterà il compito, come a Dadab, in Mozambico, sulle rive del lago Ciad, ad Aleppo di raccogliere le briciole, sì le briciole, quello che è caduto a terra dai sacchi o dimenticato nei rimorchi dei camion.
    Giorno dopo giorno anno dopo anno quello sarà il momento chiave della vita. il resto sono le donne sedute sugli usci delle capanne, i bambini che fanno rotolare latte vuote o palloni bucati, nel fumo di fuochi accesi all'aperto tra due pietre dove cuoce il cibo della carità internazionale, mescolato alla polvere che il vento solleva come una nebbia mossa e biancastra da terra.
    A poco a poco, come sempre, la città dei mendicanti si organizzerà, acquisterà un ordine, una sua struttura, già: una forma. Compaiono nomi di strade e di incroci, qualcuno più ingegnoso monta piccoli negozi e traffici; spuntano le antenne paraboliche, sulle pareti delle baracche compaiono slogan minacce simboli bandiere. Arrivano le notizie dal mondo, ronzano come mosche sul tavolo. E con loro nuovi barlumi di rabbia rivoluzionaria.
    Mentre in remote sale congressi, luminose e accoglienti, signori in cravatta e segretarie in tailleur, i bottegai della luccicante Misericordia senza frontiere, montano bilanci, fatturati e richieste urgenti! Di fondi, i ribelli iniziano a rimpolpare i miti fondativi, a ricordare e a raccontare cosa è accaduto. E quelle storie diventeranno miti. Dapprima parleranno in tono sommesso nelle lunghe ore in attesa dell'arrivo dei camion, poi i vecchi capi spariranno con la loro rassegnazione e prudenza. Alla vita ideale, sognata, lontana dalla angustia del presente con cui i popoli mendicanti hanno riempito i primi tempi, si sostituiranno le sconfinate possibilità della vendetta: «Siete pronti? Andiamo ad abbattere quel muro…». —

 

03.11.23
  1. Strage di Brandizzo, interrogato dalla Procura di Ivrea il capocantiere Gibin: "Sono sopravvissuto ma è un destino atroce"
    "Quella notte non siamo impazziti Massa ci ha dato l'autorizzazione"
    andrea bucci
    giuseppe legato
    Passando da un'entrata secondaria, accompagnato dal suo legale Massimo Mussato, è entrato a Palazzo di Giustizia mentre a Ivrea pioveva ed erano le 14. Berretto scuro da baseball in testa, giubbotto blu e in mano un piccolo zainetto a tracolla, Andrea Girardin Gibin si è sottoposto ad un lungo interrogatorio di cinque ore (si è concluso in serata, alle 19,30) nell'ufficio del pubblico ministero Valentina Bossi che coordina l'inchiesta sulla strage di Brandizzo insieme alla collega Giulia Nicodemi e alla procuratrice Gabriella Viglione. Affrontato con più di una pausa rotta da momenti di commozione. «Non eravamo dei pazzi, quella sera Massa ci ha dato l'autorizzazione a cominciare i lavori e a scendere sui binari. Iniziare prima del disbrigo delle pratiche e dell'autorizzazione formale era una prassi abituale, non era una condizione così fiscale». Sul fatto che Massa (che nega ogni addebito ndr), parlando con lui quella notte, si sia attribuito la responsabilità di quanto successo, ha dato conferme ai magistrati.
    Andrea Girardin Gibin, capo cantiere della Sigifer di borgo Vercelli, è uno dei due sopravvissuti al disastro ferroviario di Brandizzo avvenuto la notte tra il 30 e il 31 agosti scorsi costato la vita a cinque operai. Il più giovane aveva 22 anni si chiamava Kevin Laganà, gli altri erano Michael Zanera, Giuseppe Sorvillo, Saverio Giuseppe Lombardo, Giuseppe Aversa. Travolti da un treno che trasportava undici convogli vuoti. Annunciato, atteso e che è transitato a 150 km/h con semaforo verde travolgendo gli operai che erano già al lavoro sui binari senza che ci fosse l'autorizzazione del dirigente movimento Rfi di Chivasso Vincenza Repaci. La stessa (non indagata) ai pubblici magistrati di Ivrea ha confermato di «aver negato per ben tre volte il nulla osta a Massa».
    Sopravvissuto, ma anche indagato insieme al tecnico Rfi addetto alla scorta del cantiere, Antonio Massa (oltre ai quattro vertici della Sigifer) al quale ieri, nell'interrogatorio, ha ricondotto la decisione di iniziare a lavorare sui binari liberando la massicciata. Accusati entrambi di disastro ferroviario e omicidio con dolo eventuale. Girardin, al pari di Massa, avrebbe – per i pm - dovuto impedire alle cinque vittime di scendere sui binari prima del rilascio (telefonico) dell'autorizzazione. Proprio loro due avrebbero dovuto attendere e compilare un modulo che non esiste e non è mai stato "riempito" fisicamente. Sul punto, Gibin, lucido e preciso nel rendere dichiarazioni, ha spiegato come si trattasse «di un protocollo sulla carta». Il modulo da compilare per esteso e per iscritto «veniva riempito a lavori in corso o al termine». Più precisamente: «Un optional».
    Di lui si sa che per settimane intere non ha dormito, che si è rivolto a uno psicologo per farsi aiutare a superare un disturbo post traumatico da stress che da quella notte lo attanaglia: «Ero a lavorare con loro ed ero rivolto verso il treno. Ho visto una luce e quando sono saltato fuori dalla ferrovia e mi sono girato il treno stava ancora passando. Un secondo in più e sarei morto. Sono un sopravvissuto, ma è un destino atroce». Non legge i giornali, così gli hanno chiesto i medici. Non guarda la televisione. Lo stato emotivo difficile che sta attraversando è stato confermato dall'andamento dell'interrogatorio.
  2. EREDITA' DEGLI ELETTORI DI SPERANZA : l report del sindacato Anaao: "Aumentano i costi, diminuisce la qualità " In crisi pronto soccorso, pediatria, ginecologia, rianimazione e radiologia
    i poliambulatori
    "Medici a gettone In soli due anni spesa raddoppiata"
    Casa della Salute cresce in Piemonte
    alessandro mondo
    Stop ai gettonisti, si tratti di medici o infermieri, aveva dichiarato poche settimane fa il ministro della Salute, Orazio Schillaci, auspicando un patto tra le Regioni: «I medici ci sono, il problema è la carenza in alcune specialità»: la cornice era, per l'appunto, la Conferenza delle Regioni e delle Provincie autonome ospitata a Torino.
    Perplessità da parte dei governatori, Cirio in primis, pacato ma chiaro nel ribadire che, oggi come oggi, l'esternalizzazione dei servizi è una necessità: a meno di chiudere interi reparti. La conferma arriva da un bel report del sindacato Anaao Assomed Piemonte ( dati della Corte dei Conti) in cui si dà conto del crescente ricorso alle agenzie di somministrazione lavoro, quindi ai gettonisti, dal 2020 al 2022: una curva che promette di salire anche nel 2023. L'Asl di Torino, stando al prospetto 2023, spenderà 200 mila euro per esternalizzare servizi infermieristici e assistenziali, quasi 400 mila euro per i servizi medici, 626 mila per i centri vaccinali.
    Il che è un problema, rimarca Anaao: per il personale che con i gettonisti lavora fianco a fianco, e per i pazienti. «Questa modalità costa non solo in termini economici, ma di qualità del lavoro - spiega Chiara Rivetti, segretaria regionale -. Perché il senso di equipe e la possibilità di formare un gruppo affiatato viene meno con le prestazioni occasionali di colleghi che oggi ci sono e domani non più. Perché i medici a gettone non conoscono l'organizzazione della struttura, il software di gestione delle cartelle dei pazienti e l'azienda non ha interesse ad investire nella loro formazione. Perché gli ospedali delegano la valutazione delle competenze dei medici alle cooperative stesse».
    Non ultmo: demotiva il personale dipendente, che lavora gomito a gomito con colleghi che guadagno il doppio ed hanno molta più autonomia e flessibilità di orari». Quanto alle ricadute per i cittadini, è presto detto: il rapporto medico-paziente, e prima ancora la conoscenza del quadro clinico più e meno pregresso, viene inevitabilmente meno.
    Ecco perchè il report rappresenta un nuovo, assordante campanello di allarme. In Piemonte, negli anni considerati, solo quattro aziende non hanno fatto ricorso ai medici a gettone : Asl TO3, Aso San Luigi, Aso Città della Salute di Torino, Aso di Cuneo. I reparti con maggiore necessità di appoggiarsi alle coop sono il pronto soccorso, seguito da Pediatria, Ginecologia, Rianimazione e Radiologia. Se nel 2020 le specialità che dovevano esternalizzare erano 7 , nel 2022 salgono a 14.
    In particolare, dal 2022 compare la spesa di oltre un milione per la psichiatria, negli anni precedenti non c'era, e in un anno decuplica la spesa per la neurologia (oltre 600 mila euro). Ma iniziano a doversi appoggiare a medici a gettone anche l'oncologia, la nefrologia, la medicina interna. La spesa per i reparti di medicina quadruplica in 2 anni, idem l'ortopedia.
    Più in generale, la spesa complessiva per le esternalizzazioni aumenta dal 2021 a 2022 del 130%, ben più del doppio. Numeri che si commentano da soli.
  3. UNA AMMINISTRAZIONE CHE NON CONTROLLA I LAVORI CHE PAGA : NIzza Millefotni, viaggio nel capolinea della metropolitana: inaugurato nel 2021 è inaccessibile alle carrozzine
    Ascensori rotti e scale mobili ferme Stazione Bengasi dimentica i disabili
    Pier Francesco Caracciolo
    Non si entra né si esce. Non se si è su una sedia a rotelle. O se, più in generale, si ha qualche difficoltà motoria, come capita a chi cammina con l'ausilio di un deambulatore. La stazione della metropolitana in piazza Bengasi, a Nizza Millefonti, la più moderna delle 23 della linea 1, si presenta così: inaccessibile ai disabili. Questo perché all'interno della stazione, capolinea Sud inaugurato nel 2021, che ogni giorno attira migliaia di pendolari dalla prima cintura, tutti gli impianti sono fuori uso. È out of order l'unico ascensore che, dalla piazza, porta giù al piano interrato, ai tornelli superati i quali si raggiungono i binari. E sono fuori servizio le due scale mobili, ai due lati della stazione, che dovrebbero agevolare la salita verso la piazza o la discesa verso i binari. Tutto bloccato, con tanto di paletti e nastro bianco e rosso per segnalare il disservizio. Risultato: «Molti utenti con disabilità non possono utilizzare la metro a causa di questi guasti» scrive Marco, un nostro lettore, su Specchio dei tempi.
    E dire che una settimana fa i tecnici di Gtt erano scesi nella stazione Bengasi per mettere mano alle apparecchiature. Nel caso specifico, avevano alzato di 60 centimetri le barriere in vetro ai tornelli di accesso ai binari. Da un metro e 20 centimetri a uno e 80, per fermare i furbetti del biglietto, coloro i quali cioè scavalcavano le barriere stesse per accedere ai treni senza titolo di viaggio. In quell'occasione, assicurano alcuni passeggeri, le due scale mobili e l'ascensore erano già fuori uso.
    L'ascensore, a quanto si racconta, è fermo da un mese. A essere in panne, spiegano da Gtt, è il motore che regola il funzionamento delle porte. Una delle due scale mobili è invece bloccata da luglio. Anche questo un problema tecnico: ad essere difettose, in particolare, le morsettiere. Non chiare le cause dello stop dell'altra scala mobile. Per capire come questo guasti si traducano in disagi basta fermarsi pochi minuti in stazione. Si incontrano prima una mamma con passeggino, appena arrivata a Bengasi, costretta a chiedere aiuto a un altro passeggero per uscire dalla stazione utilizzando le scale in pietra. E poco dopo una coppia di anziani che si lamentano con un (incolpevole) tecnico: «È una vergogna».
    Va per altro detto che quelli al capolinea Sud non sono gli unici impianti fermi lungo la linea 1. Ieri gli ascensori guasti erano quattro: gli altri tre, alle stazioni Bernini, Porta Susa e Spezia. Da Gtt spiegano di essere al lavoro per risolvere i problemi di Bengasi. La riparazione a una delle scale mobili guaste, che rientra negli interventi di manutenzione ordinaria, dovrebbe avvenire in pochi giorni. Più lunghi i tempi la riattivazione dell'ascensore, di cui si occupa una ditta esterna, che sta facendo i conti con la mancanza di ricambi: la riparazione, spiegano da Gtt, sarà eseguita entro sette settimane.
  4. GIUSTO: Coro di proteste per il verbale da quasi 100 mila euro consegnato al parroco di Carmagnola La sindaca: "Sarebbe bastato un avviso per sospendere le trasmissioni ed evitare la sanzione"
    Maxi multa alla parrocchia "Colpiscono chi fa del bene"
    Massimiliano Rambaldi
    «Multare una parrocchia per una cosa del genere è folle». «Ma non potevano far spegnere la radio e basta? ». Il giorno dopo la notizia della maxi multa affibbiata alla parrocchia Collegiata di Carmagnola, in città non si parla d'altro. Nelle piazze, sui social e (ovviamente) anche nelle istituzioni si commenta il blitz degli ispettori del ministero delle Imprese e Made in Italy. Nel loro legittimo lavoro di controllo delle frequenze e trasmissioni radio, è il sentore comune, forse prima di far cadere sulla testa una multa da circa 100 mila euro ci poteva essere una proroga per mettersi in regola. Oppure dismettere subito il servizio, per ottemperare alle norme, ma senza la mannaia della sanzione. Invece ora saranno gli avvocati incaricati dal parroco don Dante Ginestrone a cercare di cancellare, o quanto meno ridurre, un importo che rischia di mettere in ginocchio le attività di una parrocchia di provincia.
    Il controllo della radio parrocchiale carmagnolese era in un elenco abbastanza fitto degli ispettori. Non è escluso che altre, in zona, vengano presto controllate per capire se ci siano o meno irregolarità. La sanzione, ricordiamo, nasce perché le frequenze utilizzate dalla Collegiata per diffondere le celebrazioni religiose e i momenti di preghiera sono entrate da qualche tempo in quelle riservate al settore militare italiano. E quindi non possono più essere usate. Difficile che in parrocchia lo sapessero. «Intanto bisogna ricordare che nel periodo Covid quella radio è stata molto preziosa per i fedeli che non potevano recarsi in chiesa – ricorda il sindaco, Ivana Gaveglio – Credo però che si debba aggiungere un'altra questione: i controlli in questione erano stati annunciati oppure no? Ritengo ci potessero essere delle soluzioni diverse per risolvere la situazione». Elemento che rimarca anche Pino Mandarano, responsabile del centro ascolto Samaritano e stretto collaboratore della Collegiata: «Se l'ente di controllo ha accertato una violazione credo sarebbe stato più consono dare un primo avvertimento. In questo modo la questione poteva venire regolarizzata bonariamente. Parliamo di un servizio nato anni fa, con il solo spirito di avvicinare i fedeli alla parrocchia. Nessuno ha lucrato o guadagnato da quel progetto. Se la parrocchia dovrà pagare saranno soldi in meno da mettere a disposizione per chi ha bisogno. Noi ogni settimana forniamo 50 pacchi di alimenti ad altrettante famiglie bisognose».

 

 

02.11.23
  1. LA FORZA DELLA BICI:    Designer. Scrittore. Grafico. Divulgatore. Videomaker. Attivista. Omar Di Felice nei suoi 42 anni è stato tutte queste cose. Le è ancora, tutte insieme, ma se dovessimo dare un nome al suo mestiere dal 2017 sarebbe questo: Superman sui pedali.
    «Ciclista estremo», suggerisce lui, ma non può bastare per raccontare gli ultimi sei anni in cui il grande amore per la bicicletta «nato guardando Pantani alla tv» è diventato il suo lavoro a tempo pieno. Ha pedalato da Parigi a Roma non-stop (1.600 chilometri). Ha raggiunto il campo base dell'Everest in inverno, primo uomo nella storia a compiere questa impresa. Ha compiuto il Giro dell'Artico nel 2022. Ha vinto la più lunga e iconica gara di ultracycling in autonomia, la Trans America (7 mila chilometri) appena lo scorso giugno. L'ultima grande avventura inizia domani quando partirà con l'aereo per il Cile, la prima tappa di un viaggio che lo porterà all'avventura «più estrema e difficile mai realizzata su una bicicletta»: attraversare l'Antartide d'inverno, 1.550 chilometri di salite, venti catabatici e temperature che scendono fino a meno 40 gradi. Tutto in solitaria, direzione Polo Sud.
    La passione per le due ruote nasce all'età di 13 anni: «Ho dato ai miei genitori un ultimatum: volevo fare ciclismo. Con un po' di timore, alla fine l'ho spuntata...». Migliaia di ore e chilometri dopo, nel 2007 approda nel professionismo: «Ma "correre" non faceva per me: la mia vera passione era l'endurance, percorrere grandi distanze. Lascia i pro e si laurea in Design, lavorando nel settore per una decina di anni: «Ho sempre fatto ciò che amavo, anche quel lavoro era pieno di soddisfazioni. Mi allenavo per il piacere di farlo, forse anche per non darla vinta a chi, da piccolo, mi ha detto che il mio corpo non fosse adatto per il ciclismo. Poi è arrivata l'illuminazione». Nel 2012 prende cinque giorni di ferie e pedala da Lourdes a Santiago di Compostela: «Ho fatto un piccolo video dell'esperienza, Sky mi ha chiamato per mandarlo in onda. Ho capito la mia strada».
    Da quel giorno a oggi ci sono migliaia di chilometri in bicicletta sono diventati storia da raccontare, ma anche un modo per sensibilizzare «una causa, come quella del cambiamento climatico, per cui è nato il progetto di divulgazione "Bike to 1.5°C" (l'aumento massimo della temperatura globale a causa del cambiamento climatico per contenerne gli effetti, ndr). Andiamo nelle scuole, uniamo scienza e sport per lanciare un messaggio che io vivo tutti i giorni». Un esempio? «Ogni anno vado in Islanda per un training camp: ogni volta che salgo sul ghiacciaio, faccio più strada. Ma senza andare lontano: vivo sotto il ghiacciaio dei Forni (il secondo per estensione in Italia, ndr), di anno in anno si restringe a occhio nudo...».
    L'etichetta da influencer non gli piace: «Nulla contro, ma l'attuale accezione non mi rappresenta». Per quella di attivista ha qualcosa da dire: «Lo sono, ma non nella declinazione italiana. Qui definiamo "attivisti" solo quelli che scendono in piazza: non è il mio modo di sensibilizzare». Un riferimento a Ultima Generazione? «La loro forma di protesta è discutibile, è vero, ma il contenuto è giusto. Dovremmo giudicare in modo così spietato i politici, non i giovani che si battono per una causa di vitale importanza...». Forse, per, è un po' entrambe le cose: «Parto, pedalo, racconto ciò che vedo a chi mi segue, propongo cause che secondo me meritano più attenzione». Molte sue storie sembrano contenere una morale, come le favole, ma rivolta alla società. «Sono rimasto bloccato nel deserto del Gobi allo scoppio della prima pandemia - racconta - Molte famiglie lì vivono in tenda e fanno fatica a mettere qualcosa in tavola a cena, ma mi hanno subito offerto un letto e del cibo. Mentre qui scegliamo chi e come accogliere, servirebbe imparare di più da chi ha tantissimo di meno». Cartoline simili anche in India, Nepal, Groenlandia. E i suoi viaggi si intrecciano con la storia dei Paesi che attraversa, come nel febbraio del 2022: «Mentre pedalavo in territorio russo inizia l'invasione dell'Ucraina. Sono scappato fuori dai confini appena in tempo».
    Il 12 novembre riproverà ad attraversare l'Antartide, a un anno dal primo tentativo interrotto per motivi personali: «Quando sei lì, in condizioni estreme, non devi avere pensieri negativi. Altrimenti è finita». Le sue imprese hanno molto a che vedere coi muscoli, la preparazione, ma ancora di più con la solitudine e la paura del fallimento. Sulla solitudine Di Felice non ha segreti: «Oggi nessuno passa più del tempo solo con se stesso: bombardati dal rumore delle città e sempre connessi, si è persa l'abitudine a stare da solo. Ma alla fine faccio ciò che l'uomo ha sempre fatto, quando non c'era la tecnologia, e sto benissimo». E la paura di fallire? «C'è chi può dire: "un anno fa ha interrotto il viaggio, ha perso la sua sfida". Sono di quelli che pensa: "O vinco o imparo". Ai giovani, atleti e non, bisognerebbe cancellare questo culto della vittoria e parlare più del percorso emotivo di certe sfide. Se non riuscirò ad attraversare l'Antartide neanche quest'anno avrò comunque imparato qualcosa di nuovo». Non solo perché, dopo aver percorso chilometri a meno trenta gradi e montato per un'ora la tenda sfidando il vento, Omar Di Felice studia dal suo e-book per gli esami di Scienze Ambientali: «È una crescita emotiva: quando rimani solo con un telefono satellitare in mezzo al ghiaccio, e senti la voce di chi ami dall'altra parte, impari molte lezioni. Sulla vita e su te stesso»
  2. ITALIA NELLE SABBIE MOBILI DELLA BUROCRAZIA MAFIOSA: Lost in transition. Persi nella transizione ecologica. Distratti dalle guerre, dalle crisi economiche e dai dibattiti politici, ci siamo dimenticati che dobbiamo affrontare la crisi climatica prima che sprigioni i suoi effetti peggiori. L'Italia è indietro e non solo: alcuni indicatori mostrano addirittura delle involuzioni.
    La lenta corsa
    agli impianti rinnovabili
    Per ridurre il cambiamento climatico la strada è ben chiara: ridurre le emissioni di gas serra, quindi abbandonare i combustibili fossili che le provocano e sfruttare quote sempre più grandi di energia rinnovabile. L'Italia è un Paese relativamente poco energivoro e a oggi i nostri consumi energetici rinnovabili si aggirano intorno al 30% del totale (incluso l'idroelettrico). Ma l'indicatore più utile per capire i progressi in questo campo è quello delle installazioni di capacità rinnovabile. Entro il 2030, per rimanere entro gli obiettivi europei (riduzione del 55% delle emissioni nette di gas serra), dovremmo installare circa 65 Gigawatt di impianti solari ed eolici. Significa una media di 9 GW all'anno. Negli ultimi anni, però, siamo rimasti ben al di sotto dei quattro, e addirittura tra 2013 e 2021 siamo rimasti stabilmente sotto quota 2 GW, mentre la media europea cresceva del 10% all'anno. Secondo i dati di Terna, società che gestisce la rete elettrica nazionale, il 2022 ha fatto registrare 3,4 GW di nuovo installato, per un totale di 206.600 nuovi impianti. Il bilancio 2023 si prospetta più felice: nel primo semestre l'incremento è stato di 2,5 GW, potremmo superare quindi i 5 GW entro la fine dell'anno.
    Purtroppo, non tutto ciò che luccica è verde e bisogna fare i paragoni con chi va più veloce di noi: la Germania l'anno scorso ha installato 11 GW, la Spagna 6. Le rinnovabili italiane in Italia vanno più piano per le nostre tipiche lentezze burocratiche, politiche e tecniche che il decreto «semplificazioni» della scorsa primavera ha provato a ridurre. Il Pnrr ha alimentato la transizione ma quest'anno alcuni progetti sono stati esclusi dal governo, ufficialmente per l'impossibilità di rimanere entro le scadenze di realizzazione.
    Il piano nazionale: qualità
    aria, suolo e risorse idriche
    La decarbonizzazione non è l'unico obiettivo verde del nostro Paese. Prendiamo in analisi altri tre punti fondamentali del Piano di transizione ecologica italiano. Primo, la qualità dell'aria: l'Europa registra 300 mila vittime premature causate dall'inquinamento atmosferico da particolato sottile (e vuole azzerarle per il 2050): ben 53 mila sono in Italia (dato fornito dall'Agenzia ambientale Ue). La Pianura Padana è sull'infausto podio dei luoghi più inquinati d'Europa e non ci sono segni di vero miglioramento. Secondo, il consumo di suolo: secondo i dati Ispra, consumiamo 2,4 metri quadrati al secondo di territorio, ovvero cementifichiamo zone naturali. Secondo gli ultimi dati disponibili, il 2022 ha registrato i valori più alti dal 2011 e rispetto all'anno precedente è cresciuto del 10%. Ormai il 7,1% del suolo nazionale è consumato da opere di cementificazione: siamo quasi al doppio rispetto alla media europea del 4,2% e il quinto peggior Paese d'Europa. Ispra stima che la perdita dei servizi ecosistemici legati al suolo costi all'Italia 9 miliardi ogni anno.
    Terzo, le risorse idriche: il cambiamento climatico ci ha costretto a periodi di siccità prolungata, che si sommano a una dispersione delle infrastrutture (oltre il 40%) e a un consumo pro capite primo in Europa.
    Siamo ancora i maestri
    dell'economia circolare
    Ci sono però buone notizie. E arrivano dall'economia circolare: siamo tra i Paesi più virtuosi per riutilizzo dei materiali e per riciclo dei rifiuti (83,4% del totale). Lo certifica il rapporto GreenItaly della Fondazione Symbola: quasi un quarto delle imprese italiane hanno previsto investimenti verdi nello scorso biennio.
    Le pagelle sugli obiettivi
    di sviluppo dell'Onu
    Per riassumere la nostra situazione, prendiamo le pagelle dell'Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, che ha giudicato i progressi rispetto agli obiettivi di sviluppo sostenibili dettati dalle Nazioni unite, i famosi 17 goal dell'Agenda 2030. Rispetto al 2010 peggioriamo in sei indicatori: la povertà (Goal 1), i sistemi idrici e sociosanitari (6), la qualità degli ecosistemi terrestri e marini (14 e 15), la governance (16) e la partnership (17). C'è una sostanziale stabilità per cibo (2), disuguaglianze (10) e città sostenibili (11). Mentre per gli altri otto obiettivi i miglioramenti sono inferiori al 10% in 12 anni, eccetto che per la salute (3) e appunto l'economia circolare (12), per i quali l'aumento è leggermente superiore. Ci siamo persi nella transizione sostenibile: ritrovare la strada è fondamentale per la salute del Paese e del pianeta, ma anche per la nostra economia. —
  3. IGNORANZA ENERGETICA CAUSATA DA ELETTORI IGNORANTI: Grecia e Olanda da record Londra fa dietrofront Cop 28, il pianeta al bivio
    Manca meno di un mese alla Cop 28 di Dubai, la grande conferenza annuale degli Stati dedicata alla lotta al cambiamento climatico. Una grande assemblea di condominio per salvare il pianeta. Arriviamo dall'estate più calda di sempre. Il cambiamento climatico non è un'incognita del futuro, ma è diventato un problema quotidiano. Secondo uno studio pubblicato a fine settembre su Nature, le conseguenze degli eventi meteo estremi causano oggi danni da 135 miliardi all'anno. E sono destinati a crescere. «Sul clima non stiamo facendo nulla», per usare le parole di Papa Francesco, che con tutta probabilità sarà a Dubai, il primo Pontefice a partecipare a una conferenza dell'Onu sul climate change. Ma come ci arrivano i Paesi a questo importante appuntamento?
    Le diverse velocità
    dell'Unione europea
    Partiamo dall'Europa, che ha obiettivi comuni ma velocità e strategie diverse. A partire dalle fonti energetiche da preferire. Nella scelta, infatti, non incidono solo gli obiettivi climatici ma anche le strategie geopolitiche a seguito del conflitto in Ucraina e la perdita delle forniture di gas russo. La Germania quest'anno ha chiuso le sue ultime centrali nucleari, preferendo il carbone (la fonte che emette più CO?). Una scelta che sembrava temporanea, ma proprio ieri il ministro delle finanze tedesco Christian Lindner ha confermato la scelta: «Fino a quando non sarà chiaro che l'energia è disponibile e accessibile economicamente, dovremmo smettere con i sogni di un'eliminazione dell'energia elettrica a carbone entro il 2030». Eppure la Germania corre con le rinnovabili: secondo l'agenzia EY è il secondo Paese al mondo per attrazione di investimenti verdi dopo gli Stati Uniti.
    Se l'Italia ha puntato a diventare «hub energetico» per il gas che arriva dal Mediterraneo, un altro Paese mediterraneo, la Grecia, vuole essere hub per l'energia rinnovabile. L'anno scorso è diventato il primo Stato di medie-grandi dimensioni a coprire l'intero fabbisogno con l'energia da eolico e solare. Il risultato è durato solo quattro ore, ma gli investimenti vanno tutti in quelle direzione: dal 2005 sono scese del 64% le emissioni di gas serra.
    Un altro Stato europeo leader è l'Olanda. Nonostante le piccole dimensioni dei Paesi Bassi e l'alta densità abitativa, la concentrazione del fotovoltaico è da record: 48 milioni di pannelli solari, più di due procapite (al 1° posto nel mondo). I Paesi Bassi, insieme all'Italia e altri 8 Paesi Ue, lo scorso 23 ottobre hanno inviato una lettera all'Ue per accelerare l'adozione delle rinnovabili, riducendo i paletti e cooperando «senza frontiere».
    La retromarcia
    del Regno Unito
    Uniti si vince. Disuniti si perde. Come nel caso della Gran Bretagna, che ha fatto la sua Brexit anche rispetto alla transizione. Fino a pochi anni fa era un modello internazionale: sempre meno carbone e risultati invidiabili per l'eolico offshore, ma quest'estate il premier Rishi Sunak ha iniziato il dietrofront sulle politiche climatiche. L'obiettivo delle zero emissioni di anidride carbonica «verrà rispettato ma in maniera graduale, pragmatica e proporzionata» e meno «ideologica».
    Il resto del mondo
    tra realismo e speranza
    L'ente Climate Tracker analizza i progressi climatici dei Paesi. In un calcolo di fine 2021 aveva scoperto che di tutti i Paesi del G20 nessuno era in linea con gli Accordi di Parigi. Solo il Gambia, tra i Paesi analizzati, era stato promosso. La Cina ha rimandato i suoi obiettivi climatici al 2060, l'India al 2070. Gli Stati Uniti stanno recuperando gli anni perduti con Trump, ma Joe Biden per farsi approvare la riforma ambientale ha dovuto allargare le maglie degli incentivi, aprendo a una manovra più generalizzata contro l'inflazione. Per l'Agenzia internazionale dell'energia, però, c'è ancora speranza per mantenere il surriscaldamento globale entro +1,5 °C rispetto all'era pre-industriale (oggi +1,2 °C). Per farlo bisogna ridurre il consumo di fonti fossili globale dell'80% entro il 2050. Una speranza provata dalla scienza, ma tutta da dimostrare da parte dell'umanità.
  4. I NODI VENGONO AL PETTINE :  Niente soldi all'Ucraina fino a quando non saranno stanziate le risorse necessarie per far fronte alle sfide dei flussi migratori, soprattutto dai Paesi africani. La posizione del governo italiano al tavolo negoziale di Bruxelles è persino più oltranzista di quella che la premier Giorgia Meloni ha espresso al suo interlocutore al telefono, convinta di parlare con il presidente dell'Unione Africana. Alla domanda se tutti i fondi Ue ora andranno all'Ucraina, la presidente del Consiglio ha assicurato: «Sto lavorando per fare in modo che vadano anche all'Africa».
    Roma sta difendendo questa linea da circa due mesi, nonostante l'allarme di chi teme che lo stallo nei negoziati tra gli Stati Ue lascerà Kiev senza il necessario sostegno economico europeo a partire dal 1 gennaio 2024. Proprio per questo alcuni governi, in primis quello tedesco, hanno proposto di scorporare dalla trattativa i 50 miliardi destinati a Kiev e di affrontare le altre questioni senza l'urgenza del calendario. Ma l'Italia si è opposta, difendendo la cosiddetta "logica di pacchetto", secondo la quale «finché non c'è accordo su tutto, non c'è accordo su nulla». La motivazione addotta dal governo italiano, secondo fonti diplomatiche europee, è stata la seguente: «Come possiamo giustificare ai nostri cittadini un aumento dei contributi all'Ucraina se in cambio non otteniamo un sostegno economico per far fronte alle sfide legate ai flussi migratori?».
    Prima dell'estate, Ursula von der Leyen ha messo sul tavolo una maxi-proposta di revisione del bilancio settennale dell'Unione europea (2021-2027) per i restanti quattro anni. I fondi stanziati ormai tre anni fa sono stati superati dagli eventi perché nel frattempo sono emerse nuove criticità e nuove spese da sostenere. E se non si vogliono tagliare i progetti già finanziati, bisogna mettere mano al portafogli. Secondo la proposta della Commissione, gli Stati dovrebbero aumentare i loro contributi per un totale di 66 miliardi di euro. Proposta che al momento sta incontrando fortissime resistenze.
    Il piano di aiuti per Kiev vale 50 miliardi di euro, ma solo 17 sono sovvenzioni a fondo perduto, i restanti 33 sono prestiti secondo uno schema simile a quello del Recovery Fund (soldi in cambio di riforme e investimenti). Per l'immigrazione, invece, sul piatto ci sono 15 miliardi: fino a quando non ci sarà un'intesa su queste risorse e sui 10 miliardi per l'industria, i fondi per Kiev dovranno attendere.
  5. L'EQUILIBRISTA SANTANCHE': Caso Santanchè, doppia mossa anti-crac Pagati in extremis i dipendenti Ki Group
    Da una parte sono stati pagati in extremis i dipendenti di Ki Group srl. Dall'altra è stato sventato - per ora - il rischio fallimento di Bioera, attraverso l'apertura della «composizione negoziata della crisi», un piano di risanamento che non passa dal vaglio del Tribunale.
    Doppio colpo di scena guarda caso alla vigilia dell'inizio del processo civile (si apre oggi), in cui la procura ha chiesto la liquidazione giudiziale - il vecchio fallimento - di gruppo per Ki Group srl, la holding e Bioera: il gioiellino del bio caduto in disgrazia, per l'accusa, dopo la gestione di Daniela Santanchè (uscita dalla governance nel 2022) e dell'ex Canio Mazzaro. Era stata proprio la ministra a garantirlo in Parlamento: «I dipendenti verranno integralmente soddisfatti riguardo a tutti i loro diritti di credito», stipendi e Tfr inclusi. E la promessa è stata mantenuta dopo 4 mesi «non si sa bene da chi», spiega l'avvocato Davide Carbone che per cinque dipendenti e sei agenti di commercio aveva chiesto la liquidazione giudiziale della srl. Con un unico bonifico partito dallo studio del legale Salvatore Sanzo, che assiste l'azienda, sono state versate le somme richieste dai primi, in tutto 140 mila euro, non dai secondi che vantano ulteriori 350 mila.
    Nel frattempo, il 30 ottobre, sul sito, la quotata Bioera ha comunicato «l'iscrizione nel registro delle imprese del nominativo dell'esperto per la composizione negoziata», nonché, con l'avvocato Fabio Cesare, «l'iscrizione delle misure protettive». Che - se il piano di salvataggio dovesse proseguire regolarmente - preserveranno la società dalla minaccia di fallimento per 120 giorni prorogabili: 8 mesi in tutto.
    L'unico versante che al momento sembrerebbe scoperto nell'azione intrapresa dai pm Marina Gravina e Luigi Luzi con l'aggiunta Laura Pedio (che indagano sulla gestione della ministra e sulla crisi di Ki Group con la Gdf) è la holding per cui è stato schierato lo studio Bonelli Erede, a meno di ulteriori colpi di scena. Davanti al Tribunale, le società annunciano battaglia, ritenendo una «forzatura» la richiesta di fallimento di gruppo avanzata dai pm, per via dei debiti milionari delle tre società, «in evidente stato di insolvenza a danno dei creditori». Che sono numerosi, a partire dal Fisco.
  6. ESISTONO ANCHE MEDICI MENEFREGHISTI IRRESPONSABILI : La cronistoria della propria esistenza che Sabrina Di Girolamo tiene sui social è un racconto del prima e del dopo. Prima era una 36enne capace di vincere un concorso di bellezza, parrucchiera a Terracina (Latina), sposata, madre di due bambine. Dopo, c'è quello che lei chiama «inferno» e che la scienza definisce invece «tetraplegia», ovvero, la paralisi di braccia, gambe e torso. In mezzo, un giorno: il 22 agosto 2017.
    Quel giorno Sabrina percorre 600 chilometri verso nord. Raggiunge l'Azienda ospedaliera di Verona. Deve essere operata per un tumore benigno alla testa. Le dicono che è una cosa facile e l'intervento in sé riesce, ma il neurochirugo si assenta e affida la manovra di posizionamento a uno specializzando, che sbaglia tutto. Eccolo, il giorno in cui le stavano «rovinando la vita». Quello che ha dato inizio alle peregrinazioni per i centri di riabilitazione, senza speranze di poter recuperare la capacità di movimento. Quello che ha dato inizio anche a due processi, ora finalmente risolti con un patteggiamento che la sta portando a ottenere un risarcimento importante: circa 1 milione e 600 mila euro.
    Il momento lei lo riassume così: «Hanno fatto morire la Sabrina di prima. Sempre sorridente, attiva. Facevo di tutto per le mie bambine. Ora sono diventate ragazze senza che nemmeno me ne accorgessi. In questi anni sono riuscita ad andare avanti per loro e cercherò di farlo perché sono la mia vita. Per la mia famiglia, che mi sopporta e supporta in ogni momento. Per le mie amiche, che ci sono sempre». Oppure così: «Avevo solo 36 anni, due figlie da crescere e tanti sogni. In questo maledetto giorno mi hanno tolto tutto. Mai e poi mai riuscirò ad elaborare questa nuova realtà. Il sorriso è per le persone che mi vogliono bene. Le lacrime le ho nel cuore ogni momento di questa maledetta vita».
    Il giudice Luigi Pagliuca, nel pronunciamento di condanna emesso in sede civile scrive così: «La craniectomia retro mastoidea destra prevedeva la collocazione, in anestesia totale della paziente, in posizione semi seduta, con fissaggio della testa su una tastiera a tre punte, leggermente flessa in avanti e ruotata verso destra. In quella posizione avrebbe dovuto permanere per tutta la durata dell'intervento. Gli accertamenti, però, evidenziavano immediatamente la presenza di una sofferenza endomidollare acuta, con importante edema, attribuibile alla manovra di posizionamento scorrettamente eseguita. Questo, ha provocato il trauma che avrebbe poi determinato l'attuale condizione di tetraplegia». Secondo quanto riportato dalla stampa locale veronese, a occuparsi del posizionamento sarebbe stato uno specializzando, lasciato in sala dal neurochirurgo che se n'era andato. Quest'ultimo, in quanto responsabile dell'intervento, unitamente all'Ausl e alle assicurazioni, è il soggetto riconosciuto colpevole. In una nota l'Ausl di Verona ha spiegato quello che viene confermato anche da Valentina Tirotta, avvocata di Sabrina: «Il tribunale ha condannato l'Azienda ospedaliera e i medici convenuti a risarcire, in solido tra loro, la somma complessiva di 1 milione 636.910 euro, oltre alle spese legali. In sede di mediazione, è stato raggiunto un accordo che ha previsto la ripartizione tra le parti della somma indicata in sentenza, a tacitazione definitiva delle ulteriori pretese della signora e dei familiari». Di questi, 769mila euro sarebbero a carico dell'Ausl, mentre il resto dovrebbe essere coperto dalle assicurazioni. Nel frattempo, Sabrina passa da una clinica di riabilitazione all'altra, aiutata soprattutto dal padre. Il Centro traumatologico ortopedico dell'Azienda ospedaliero-universitaria di Careggi, a Firenze. L'Ospedale di Riabilitazione di Montecatone a Imola, Bologna. Per suo padre, Sabrina, ha scritto: «Ho il cuore a pezzi, perché a un certo punto la tua vita è cambiata. Ti sei privato, annullato e hai lasciato tutto per seguirmi, hai dovuto imparare a vestirmi, a prendermi in braccio. Anche se tante volte vedo la sofferenza per il mal di schiena che patisci, mi dici sempre di no per non farmi preoccupare». Per sua madre, invece: «Mamma, scusami se improvvisamente ti è venuta a mancare la tua spensieratezza, la tua libertà. Ti sei vista crollare il mondo addosso e trovata a prenderti cura di me e delle mie figlie. Vedo ogni giorno nei tuoi occhi il dolore di una figlia che sta su una sedia a rotelle».
    Anche esercitare il diritto di voto, ad esempio, lo scorso 15 maggio alle amministrative di Latina, per Sabrina è stato impossibile. Non avendo una delega, non hanno permesso al padre di accompagnarla in cabina. «Per il nervoso, ho buttato a terra la matita e la scheda», racconta. Per questo, dice anche: «Nessuna cifra mi risarcirà di tutto il dolore che provo. I soldi mi servono solo per curarmi».

 

 

 

01.11.23
  1. ESEMPLARE :    L'iniziativa del Comune di Ozegna per ridurre i costi del canile e incentivare le adozioni di animali La custodia di ogni cane catturato costa alle casse del Comune circa 800 euro l'anno
    Niente tassa rifiuti per 5 anni a chi decide di adottare i
    Si chiama Filippo, taglia media. Un meticcio multicolore con due occhioni grandi così. E' in canile in attesa della sua casa per sempre, così come altre centinaia di cani (e gatti) che sperano di trovare casa.
    Ma Filippo ha una «dotazione» particolare, riservata ai residenti di Ozegna: chi lo adotta non pagherà la bolletta dei rifiuti per i prossimi cinque anni. E' l'iniziativa del Comune varata dall'amministrazione del sindaco Sergio Bartoli. Palazzo civico risparmia sulle spese del canile, sgrava la struttura di un cucciolo da accudire e, soprattutto, regala una famiglia ad un trovatello. Del resto, pallottoliere alla mano, la custodia di ogni cane catturato sul territorio di competenza costa alle casse del Comune circa 800 euro annui. Fondi pubblici che, in questo modo, il municipio punta a risparmiare. Il sistema è semplice: per i residenti di Ozegna adottare un cane recuperato sul territorio comunale da una struttura convenzionata dà diritto immediatamente allo sconto del 100% della Tari. «Il Comune, riconoscendo la funzione sociale e l'alto senso di civiltà derivanti dall'affidamento di cani randagi da parte di soggetti privati, esenta per cinque anni la famiglia dalla tassa rifiuti - conferma il primo cittadino - la domanda di adozione deve essere presentata in municipio. L'ente, dopo aver valutato il possesso dei requisiti del richiedente, disporrà l'autorizzazione per l'adozione del cane, previa ulteriore verifica di idoneità che verrà effettuata dalla struttura che accudisce il trovatello». In questo caso il canile rifugio «Oasi per un Amico» di Settimo Torinese. Filippo, va detto, è al rifugio già da qualche tempo e per lui non è arrivata alcuna richiesta di informazioni. Per questo è rientrato di diritto nel progetto varato dall'amministrazione comunale.
    Il regolamento prevede che i richiedenti, residenti a Ozegna, siano maggiorenni, in regola con il pagamento delle tasse comunali, in grado di garantire l'adeguato trattamento e il mantenimento dell'animale in buone condizioni nella propria casa e in ambiente idoneo ad ospitarlo. Chi pensa di poter sfruttare un cagnetto abbandonato per risparmiare sulle tasse avrà a che fare con i controlli a sorpresa che palazzo civico e la polizia locale effettueranno a campione, proprio per verificare lo stato di salute dei cani adottati. Chi smarrisce, abbandona o maltratta i cani adottati non solo perderà lo sconto ma andrà incontro anche alle relative conseguenze penali. E in un piccolo centro come Ozegna, non c'è dubbio che ogni comportamento «fuori norma» non sfuggirà agli enti preposti, oltre che agli stessi ozegnesi. —
  2. LA MILANO DEL LUSSO ANNEGA:   Le strade trasformate in corsi d'acqua non sono una novità per gli abitanti dei quartieri di Niguarda, Isola, Maggiolina e Bicocca, a nord di Milano. La scena e i disagi si ripetono da cinquant'anni dopo ogni acquazzone. Non a causa della pioggia, ma soprattutto pervia dell'acqua che fuoriesce dai tombini.
    Anche ieri mattina, così come nelle precedenti 117 volte dal 1975, è stato il fiume Seveso ad allagare strade e sottopassi. Ingrossato dal nubifragio notturno che ha scaricato dalle 4.30 del mattino 70 millimetri d'acqua all'ora. Una «bomba di notevoli dimensioni» per usare le parole del sindaco Giuseppe Sala. Una quantità che pochi minuti prima delle cinque ha fatto esondare il torrente «tombato», quando l'acqua piovana mescolata a quella del canale fognario non ha trovato altro spazio per defluire se non la strada.
    È della metà degli anni Cinquanta la decisione di sotterrare nel cemento gli ultimi nove chilometri del fiume Seveso che nasce 41 chilometri a nord nella provincia di Como. Sono state poi l'urbanizzazione lungo tutto il percorso e le colate di cemento a ridurre la permeabilità del suolo a causare negli ultimi vent'anni circa 2,5 piene all'anno. Un quadro in cui il cambiamento climatico con le piogge sempre più violente e improvvise è diventato un fattore non secondario.
    Il problema del Seveso è noto da decenni e anche la soluzione è stata individuata da tempo. Si tratta di quattro vasche di contenimento che in altrettanti punti strategici a Nord (Lentate e Varedo, nel Monzese, Senago e Bresso, nel Milanese) dovrebbero risparmiare finalmente la metropoli. Il condizionale è d'obbligo perché nessuna di loro è ancora in funzione. Lo dovevano essere da quest'anno, ma i ritardi dovuti alla pandemia, alla fornitura di materiali e ai contenziosi amministrativi hanno allungato i tempi. L'obiettivo ora è il 2025. Solo la prima vasca è in dirittura d'arrivo: quella nel Parco Nord capace di accogliere 250mila metri cubi di acqua. Il cantiere di Bresso è partito nel luglio di tre anni fa e i collaudi sono in programma a giorni.
    «E qualcuno dice ancora che le vasche non servano. La vasca di Milano è in collaudo, ma le altre, quelle di Regione Lombardia sono indietro», ha accusato l'assessore comunale, Marco Granelli. Una stoccata alla giunta regionale a cui è seguita l'immediata replica del governatore Attilio Fontana: «Credo che Granelli si dovrebbe occupare di gestire meglio la città perché non sono mai successe tante situazioni come queste, che dimostrano un completo abbandono. Noi il nostro lavoro lo stiamo facendo: le vasche di laminazione saranno pronte, la prima verrà consegnata entro la fine di gennaio, la seconda entro marzo, stiamo rispettando i tempi».
    Secondo uno studio dell'Agenzia interregionale per il fiume Po, con la sola vasca di Bresso, per tre su cinque esondazioni non si sarebbe verificata la piena a Milano. Una previsione che non trova d'accordo Legambiente. «Eventi come quello di ieri - ha spiegato il vicepresidente lombardo Lorenzo Baio - si caratterizzano per portate fino a 150 metri cubi al secondo: significa che se la vasca di laminazione del Parco Nord a Bresso fosse già stata in funzione, si sarebbe riempita in meno di un'ora».
    Mentre montava la polemica politica, i cittadini milanesi hanno dovuto fare i conti con allagamenti di negozi e cantine, blackout, traffico in tilt e scuole chiuse. «Qui è peggio di Venezia», ha ironizzato un abitante con i piedi in trenta centimetri d'acqua. Solo a mezzogiorno l'esondazione è terminata mentre già due ore prima il sole splendeva su Milano. Sono stati un centinaio gli interventi dei Vigili del fuoco in città: per fortuna non si sono registrati feriti, solo richieste di aiuto per rimuovere rami caduti e fango dai locali. L'ondata di maltempo ha colpito anche la Brianza e l'area del lago di Como, esondato ieri mattina con l'acqua che ha invaso piazza Cavour.
  3. NON STA IN PIEDI : Tutte le opinioni sono rispettabili ma ritengo che associare il ponte sullo Stretto di Messina all'immane tragedia del Vajont non trovi alcun fondamento se non quello di insinuare timori ingiustificati.
    A beneficio dei lettori, ricordo informazioni più volte presentate. Il progetto definitivo dell'Opera è stato sottoposto a un complesso iter di approvazione, verifica, controllo e validazione, mai realizzato prima in Italia per le opere pubbliche. Iter che ha coinvolto i massimi esperti mondiali, con controlli indipendenti. Per gli aspetti ambientali è in corso l'aggiornamento dello Studio di Impatto Ambientale, Studio di Incidenza Ambientale, Relazione Paesaggistica, che saranno sottoposti all'iter approvativo previsto dalle norme. L'aggiornamento dell'analisi costi-benefici si è conclusa positivamente e diversi studi indipendenti mettono in luce i benefici del ponte in termini socioeconomici, anche in riferimento al costo dell'insularità per la Sicilia, stimato in circa 6,54 miliardi di euro pari al 7,4 per cento del Pil regionale (a valori correnti dell'anno 2018).
    I ponti sospesi come il ponte sullo Stretto sono strutture con una caratteristica insensibilità ai terremoti grazie alla loro sostanziale estraneità alle frequenze delle azioni sismiche. L'azione sismica sul ponte, con particolare attenzione alle opere a terra, è stata oggetto di grandissima attenzione sin dalle fasi iniziali degli studi per la progettazione. Il potenziale sismogenetico dell'area dello Stretto non è in grado di produrre terremoti di magnitudo più elevata di quello di progetto considerato per il ponte (7,1 scala Richter). Con un sisma di questa magnitudo, il ponte rimane in campo elastico, ossia non subisce danni, mantenendo quindi ulteriori margini di sicurezza oltre la soglia prevista. Decenni di studi hanno determinato il consolidamento delle conoscenze sul terremoto del 1908 (7,1 Richter) e della faglia principale che lo ha generato classificandolo come un evento estremamente raro con tempi di ritorno di oltre duemila anni. Inoltre, in sede di aggiornamento del progetto definitivo, il quadro sismo-tettonico dell'area dello Stretto è stato rivisto al 2023.
    Il passaggio dei treni sul ponte Akashi è stato escluso per mutate esigenze trasportistiche, senza che questo fosse in alcun modo connesso a difficoltà tecniche realizzative. Per il ponte sullo Stretto l'analisi di percorribilità ferroviaria è stata eseguita simulando l'incrocio in velocità in qualsiasi posizione di due convogli pesanti da 750 metri. L'analisi statica è stata calcolata con la presenza di quattro treni di 750 metri, due treni su ciascun binario.
    Nel quadro trasportistico, il ponte sullo Stretto di Messina, aperto a treni e auto 24 ore su 24 per 365 giorni l'anno, è la migliore risposta alla domanda di un più efficiente e moderno sistema di collegamento tra la Sicilia, la Calabria e il resto del Continente. È una tessera del mosaico trasportistico nazionale ed europeo e rende sostenibile il prolungamento del sistema di alta velocità-capacità ferroviaria nazionale ed europeo in Calabria e in Sicilia. Ad oggi l'opera si inserisce in un contesto di sviluppo infrastrutturale più ampio che mira a potenziare la rete dei trasporti. Gli investimenti del governo al 2030, in corso di attuazione sulla rete stradale e ferroviaria in Sicilia e Calabria, ammontano a circa 70 miliardi.
    Sottolineo inoltre che il progetto del ponte comprende 40 km di raccordi stradali e ferroviari di collegamento al territorio. Verranno realizzate tre fermate ferroviarie in sotterraneo (Papardo, Annunziata, Europa) che unite alle stazioni di Messina, Villa S. Giovanni e Reggio daranno concretezza al sistema metropolitano interregionale tra Messina e Reggio Calabria, al servizio degli oltre 400.000 abitanti dell'area dello Stretto. Queste opere, fondamentali per il territorio, sono tutte ricomprese nel costo dell'intero progetto del ponte, stimato in 12 miliardi.
  4. TUTTO GIUSTO: Ferdinando Principiano è il primo barolista ad aver scelto la strada dell'ulivo. Produttore di grandi vini rossi nella rinomata Monforte, di fronte a una natura che chiede i fare conti con sempre maggiore insistenza, ha deciso di investire in un'agricoltura più sostenibile, mettendo a dimora un migliaio di piante in un terreno di tre ettari a Murazzano, in Alta Langa, dove un tempo c'erano solo prati. Ma invece di pensare alle redditizie barbatelle di nebbiolo, pinot noir e chardonnay, Principiano ha optato per leccino, leccio del corno, maurino, frantoio e pendolino, cultivar di olivo resistenti al freddo che promettono di adattarsi ai climi non ancora del tutto mediterranei del Piemonte. Entreranno in produzione tra tre anni, diventando il primo progetto imprenditoriale di una certa consistenza sulle colline di Langa, dove gli esperimenti per produrre l'extra vergine non mancano. D'altra parte, l'olivicoltura è in forte ascesa in tutto il Piemonte: dall'anno scorso, l'incremento è stato del 30% e ha portato l'estensione a 350 ettari e 300mila piante, con una produzione tra i 200 e i 300 ettolitri. E sulla spinta della rinascita dell'olivicoltura (già nel ‘700, accanto alle vigne, c'erano anche gli oliveti) è nato il Consorzio per la tutela dell'olio extra vergine di oliva Piemonte, che oggi conta una decina di soci e punta alla Dop.
    Ma quella di Principiano non è solo una scelta imprenditoriale. «Il periodo del Covid - racconta il produttore cinquantenne - ha spinto me e la mia famiglia a un ripensamento più complessivo. Lavoriamo da anni in regime biologico, ma nonostante ciò la conduzione del vigneto è diventata troppo intensiva e impattante, sia a livello ambientale, sia di qualità della vita. Mi sono dato l'obiettivo di cambiare rotta, di cercare qualcosa più sostenibile anche nelle relazioni e nella quotidianità. Siamo fortunati, dalle nostre vigne abbiamo ricevuto tanto, ma credo sia arrivato il momento di restituire qualcosa in termini di consapevolezza e di rispetto del territorio. Occorre tirare il freno ora che la macchina è in corsa, non quando rallenterà per cause esterne sempre più evidenti».
    Ecco allora l'idea di puntare su colture meno tradizionali per le colline albesi. «Credo che gli uliveti possano contribuire a rendere unico il paesaggio a mosaico dell'Alta Langa. Rispetto ai vigneti, non richiedono molti trattamenti e passaggi di macchinari, non hanno bisogno di acqua e non temono la siccità. Dovremo avere un po' di fortuna con le gelate primaverili, ma ormai il cambiamento climatico è un dato di fatto e i presupposti per realizzare un olio di qualità ci sono tutti, senza tanto stress». Ma non ci sono solo gli ulivi. «A Murazzano possediamo 50 ettari di terreno - spiega Principiano -. La metà è mantenuta a bosco, dove andiamo a raccogliere funghi e castagne e al massimo recuperiamo i pali per i nostri vigneti, come si faceva un tempo. Ho impiantato tre ettari di lavanda, altra coltivazione che mi appassiona e che vorrei ampliare con altre erbe officinali. I prati li ho messi a disposizione di un allevatore di bovini di razza fassona che, invece di andare in alpeggio, è venuto per la prima volta a fare il "langheggio". Sono tentato anche dalle mandorle, ma vedremo».
    E il vino? «Abbiamo 20 ettari tra Monforte, Serralunga e Serravalle, produciamo circa 120mila bottiglie e non ci lamentiamo affatto, anzi. Ma fare il vino oggi non è più come una volta, la monocoltura intensiva e la commercializzazione in tutto il mondo creano inevitabili distorsioni. Sono stati i miei figli Laura e Paolo, 30 e 20 anni, a farmi aprire gli occhi. A farmi capire che anche in cantina non è sempre necessario crescere, che si può rallentare e cercare nuove strade con più serenità».

 

 

 

 

ESCLUSIONE COSTITUZIONE DI PARTE CIVILE , COME AZIONISTA ATLANTIA, NEL PROCESSO A CARICO DI CASTELLUCCI PER IL CROLLO DEL PONTE MORANDI

COST PONTE M

 

 

 

 

Diritti degli azionisti

La Direttiva 2007/36/EC stabilisce diritti minimi per gli azionisti delle societa' quotate in Unione Europea. Tale Direttiva stabilisce all'Articolo 9 il diritto degli azionisti a porre domande connesse ai punti all'ordine del giorno dell'assemblea e a ricevere risposte dalle societa' ai quesiti posti.

 

Considerando le difficolta' che spesso si incontrano nel proporre domande e nel ricevere risposte in tempo utile, in particolare per quanto riguarda gli azionisti individuali impossibilitati a partecipare alla assemblea, e considerando che talvolta vi e' poca chiarezza sulle modalita' da seguire per porre domande alle societa',

 

Ritiene la Commissione:

che il diritto degli azionisti a formulare domande e ricevere risposte sia adeguatamente garantito all'interno dell'Unione Europea?

che la possibilita' di porre domande e ottenere risposte solo nel caso l'azionista sia fisicamente presente nell'assemblea sia compatibile con la Direttiva 2007/36/EC?

 

In che modo la Commissione ritiene che le societa' quotate debbano definire e comunicare le modalita' per porre domande da parte degli azionisti, in modo da assicurare che tale diritto sia rispettato appieno? Sergio Cofferati

 

 

IL MIO LIBRO "L'USO DELLA TABELLA MB nei CASI DI PIANI INDUSTRIALI: FIAT, TELECOMITALIA ED ALTRI..." che doveva essere pubblicato da LIBRAMI-NOVARA nel 2004,  e' ora disponibile liberamente  CLICCA QUI 

 

In data 3103.14 nel corso dell'assemblea Fiat il presidente J.Elkann mi fa fatto allontanare dalla stessa dalla DIGOS impedendomi il voto eccone la prova:   

DOC DIGOS

 

Sentenze  

1) IL 21.12.12  alle ore 09.00 nel TRIBUNALE TORINO aula 80 C'E'  STATA LA SENTENZA DI ASSOLUZIONE  PER LA QUERELA DELLA  FIAT,  PER QUANTO DETTO nell'ASSEMBLEA FIAT 2008 .UN TENTATIVO DI IMBAVAGLIARMI, AL FINE DI VEDERE COME  DIFENDO I MIEI DIRITTI E DI TUTTI GLI AZIONISTI DI MINORANZA NELLE ASSEMBLEE .

 Mb

SCAPARONE     SENT Mb

il 24.11.14 alle ore 1200 si tenuto al TRIBUNALE DI TORINO aula 50 ingresso 19 l'udienza finale del mio processo d'appello in seguito alla querela di Fiat per aver detto il 27.03.2008 all'assemblea FIAT che ritengo "Marchionne un'illusionista temerario e spavaldo" e che "la sicurezza Fiat e' responsabile della morte di Edoardo Agnelli per omessa vigilanza". In 1° grado ero stato assolto anche in 2° e nuovamente sia FIAT che PG hanno impugnato per ricorso in Cassazione che mi ha negato la libertà di opinione con una sentenza del 14.09.15.

SOTTO POTETE TROVARE LA DOCUMENTAZIONE

SENT 2013   FIAT 2013  PM 2013 SENT 2015  FIAT 2015  PG 2015  SCA 14.11.14 SCA 24.11.14  SENT CASS

2) il 21 FEBBRAIO 2013  GS-GABETTI sono stati condannati per agiotaggio informativo.

SENTENZA DELLA CASSAZIONE SULL'ERRORE DEL TRIBUNALE DI TORINO NELL'ASSOLVERE GABETTI E GRANDE STEVENS

SENT CASS  SENT AP TO

 

Ifil-Exor: no risarcimento a parti civili, Consob punta a Cassazione

Borsa Italiana-21/feb/2013

Come parti civili si erano costituite la Consob e due piccoli azionisti, tra cui Marco Bava, noto per il suo attivismo in molte assemblee. "Non so ...

 

SU INTERNET IL  LIBRO DI GIGI MONCALVO  SULL'OMICIDIO DI EDOARDO AGNELLI

PRES LIBRO   COP LIBRO DICEMBRE

Edoardo, un Agnelli da dimenticare

 

Marco Bernardini non ha le prove del suicidio io ho molte prove dell'omicidio che sono state illustrate in 5 libri di cui l'ultimo e' l'ultimo di Puppo :

EDOARDO AGNELLI, UN GIALLO TROPPO COMPLICATO - DIRITTO DI CRONACA

Ma Lapo ricorda il suo cane :

http://www.today.it/rassegna/morto-cane-lapo-elkann-comodino.html

 

 

La vostra voce in Europa - Consultazioni aperte - IT

 

 

www.italiachecambia.org

www.jobyourlife.com

www.osservatoriodannoallapersona.org

www.valserena.it PER PRODOTTI NATURALI

 rowdfundingbuzz.it

http:/fliiby.com/marcobava/?utm_source=in150&utm_medium=email&utm_campaign=life_cycle

http://paoloferrarocdd.blogspot.it/

 

Sarà operativa dal 9 gennaio la nuova piattaforma per la risoluzione alternativa delle controversie online messa in campo dalla Commissione europea. Gli organismi di risoluzione alternativa delle controversie (Adr) notificati dagli Stati membri potranno accreditarsi immediatamente, mentre consumatori e professionisti potranno accedere alla piattaforma a partire dal 15 febbraio 2016, all'indirizzo

http://ec.europa.eu/consumers/odr/

 

 

http://www.freevillage.it/ sito avv.Mario Piccolino ucciso il 29.05.15

 

VIDEO Mb

https://youtu.be/ACwrglgdOeA

https://youtu.be/gQoC1u6yWOM

https://youtu.be/pJ3Y_oSqMV8

https://youtu.be/cSQo3ljpM-Y

 

 

 

 http://www.barattobb.it/

 

 

 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Videoinforma :  www marcobava.it

 

SE VUOI VEDERE COME VA IL MOND0 VAI SU : https://youtu.be/3sqdyEpklFU

 

 

Sistema di Gestione e Controllo PRNN

https://www.mase.gov.it/pagina/pnrr/sistema-di-gestione-e-controllo

 

 

 

 

Le telecomunicazioni sono un asset strategico per la crescita e lo sviluppo sostenibile del Paese. La disponibilità di una infrastruttura di telecomunicazioni performante è determinante ai fini della competitività. È dunque essenziale essere informati su quello che sta accadendo nel settore anche per capire in che direzione sta andando il Paese.

Ecco una lista delle fonti più affidabili.

Mimit: il ministero per le Imprese e Made in Italy è diviso in sezioni. La sezione “Comunicazioni” è organizzata in due sotto-sezioni: una dedicata alla banda ultralarga dove è possibile accedere al catasto delle infrastrutture e al portale bandaultralarga.italia.it dove è possibile monitorare lo stato dei lavori. L’altra sezione è dedicata a Internet con tutte le info relative all’Internet governance, la sicurezza informatica, le autorizzazioni ai provider e la normativa sull’accessibilità. Nella sezione Media disponibili gli ultimi annunci e azioni del ministero per accelerare sulla diffusione della connettività in Italia.

Infratel: la società di Invitalia è impegnata in interventi di infrastrutturazione del Paese, per il superamento del digital divide e l’abilitazione alla diffusione di servizi di connettività avanzati. Si può accedere alla Data Room, lo spazio online progettato per condividere i dati che sono alla base degli interventi di infrastrutturazione digitale su tutto il territorio nazionale. Inoltre è presente il link al portale del piano nazionale banda ultralarga per monitorare lo stato dei lavori e aanche quello del progetto “Wifi Italia”.

Corecom: i Comitati regionali per le comunicazioni sono gli organi funzionali di Agcom sul territorio. Sui portali regionali attività, stato dell’arte sulla diffusione delle reti e ricerche.

FONTI ISTITUZIONALI EUROPEE E INTERNAZIONALI
Dg Connect: è la direzione della Commissione europea per le Reti di comunicazione dove è possibile trovare tutto il programma di lavoro della Commissione, i piani strategici e di gestione e infine le relazioni annuali delle attività con i risultati e risorse utilizzate dalla direzione anno per anno.

Etsi: lo European Telecommunications Standards Institute è un organismo internazionale, indipendente e senza fini di lucro, responsabile della definizione e dell’emissione di standard nel campo delle Tlc in Europa. Tutti gli standard sono disponibili online.

Itu: l’International Communication Union è l’agenzia Onu per le telecomunicazioni. Il portale istituzionale elenca e approfondisce le azioni strategiche che l’ente sta mettendo in campo per ridurre il digital divide in tutto il mondo e una serie di interviste ad esperti e membri dell’Agenzia stessa sulle strategie da adottare per un mondo più connesso.

LE ASSOCIAZIONI ITALIANE
Asstel: l’associazione che raccoglie le grandi telco italiane a disposizione notizie sulle attività, le legislazioni di riferimento del settore e lo stato dell’arte sul mondo del lavoro e sulle relazioni industriali.

Aiip: l’associazione italiana internet provider raccoglie le telco medie e piccole. Sul portale è possibile accedere ai contenuti sulle attività dell’organizzazione e degli associati e sul ruolo delle Pmi del settore per uno sviluppo sostenibile del settore.

Assoprovider: l’associazione rappresenta gli internet service provider. Online sul portale una serie di contenuti su attività, legislazione e strategie.

Quadrato della Radio: raccoglie manager, esperti e ricercatori che “studiano” l’evoluzione delle Tlc in Italia e nel mondo. Sul sito disponibili tutte le attività e le ricerche.

LE ASSOCIAZIONI INTERNAZIONALI
Etno: l’European Telecommunications Network Operators’ Association raccoglie le telco europee. Il sito fornisce aggiornamenti sulle ultime notizie e comunicati stampa relativi alle attività di Etno e all’industria delle telecomunicazioni in generale nonché una serie di documenti, rapporti e pubblicazioni su argomenti chiave per l’industria delle telecomunicazioni.

Ecta: la European Competitive Telecommunications Association raccoglie gli operatori alternativi, compresi gli Mnvo. Su sito le informazioni sull’associazione, comprese le posizioni e le advocacy rispetto ai temi che riguardano gli operatori concorrenti in Europa. Disponibili anche report, analisi e informazioni sulle tendenze del settore.

Ftth Council Europe: è un’organizzazione senza scopo di lucro che rappresenta gli operatori di rete a banda larga in fibra ottica in Europa. Sul portale sono disponibili informazioni sui vantaggi della tecnologia Ftth, report e analisi sugli impatti economici e sociali della fibra su economia e società e risorse tecniche e informative per aiutare le telco nella pianificazione e nella realizzazione di reti Ftth.

Gsma: la Global System for Mobile Communications Association, è un’organizzazione internazionale che rappresenta gli operatori di Tlc mobili di tutto il mondo. Disponibili notizie e aggiornamenti sulle ultime tendenze, innovazioni e sviluppi nel settore delle telecomunicazioni mobili e anche analisi e studi di mercato. Online anche risorse e best practice per gli operatori di telefonia mobile, come linee guida operative, documenti tecnici, standard e regolamenti.

TESTATE E PORTALI ONLINE
CorCom: testata del Gruppo Digital360, è il più importante quotidiano online italiano che si occupa di tematiche inerenti le Tlc. Sono disponibili news, approfondimenti e interviste ai protagonisti del settore che raccontano come sta evolvendo il mondo delle Tlc e l’impatto su economia e società. Ogni giorno è inviata una newsletter con le notizie più rilevanti.

Techflix360: è il nuovo centro di risorse del Gruppo Digital360. Un vero e proprio “knowledge hub” sull’innovazione digitale e le telecomunicazioni che consente di approfondire gli argomenti di interesse attraverso white paper, webcast, eBook, infografiche, webinar.

Telecompaper: fornisce notizie, analisi, rapporti di settore e servizi di consulenza per le industrie delle telecomunicazioni, dei media e della tecnologia. Telecompaper monitora costantemente l’evoluzione del settore, raccogliendo informazioni da diverse fonti e fornendo aggiornamenti sulle tendenze, gli sviluppi e le innovazioni nel campo delle telecomunicazioni.

Total Telecom: il sito offre notizie, approfondimenti e interviste a protagonisti del settore delle Tlc europeo e internazionale. Disponibili anche podcast e webinar.

Mobile World Live: è una piattaforma online che fornisce notizie, analisi e informazioni sul settore delle telecomunicazioni e della tecnologia mobile. È gestita dalla Gsma e offre una copertura dettagliata degli eventi e delle novità dell’industria, tra cui le ultime tendenze, gli sviluppi tecnologici, le partnership commerciali e le iniziative di innovazione nel campo delle comunicazioni mobili.

Fierce Telecom: il sito online fornisce aggiornamenti sulle ultime tendenze, sviluppi e innovazioni nell’industria delle telecomunicazioni. Fierce Telecom copre una vasta gamma di argomenti, tra cui reti di comunicazione, servizi di connettività, infrastrutture, tecnologie emergenti, regolamentazione e molto altro.

 

 

 

CAMERA DEI DEPUTATI – TESTO UNIFICATO – Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull’operato del Governo e sulle misure da esso adottate per prevenire e affrontare l’emergenza epidemiologica del COVID- 19

 

 

TO.11.06.23

H2 Mb

l’H2 e’ una riserva di energia non e’ un vettore energetico visto che il suo rapporto energetico e’ di 2 a 1? Per cui la produzione corretta di H2 da stoccaggio e’ a km0 .
Vettore energetico significa trasportare l’energia come il gas la trasporta dai giacimenti nei gas dotti.
H2 e’ una riserva di energia che viene prodotta e conservata in un luogo definito in funzione dell’uso che se ne puo’ fare in una centrale elettrica in termini di tempo oppure per l’auto in termini di spazio per viaggiare . L’H2 e’ un trasporto mediato dell’elettricita’.
Alla base dell’H2 ci sono l’elettricità’ da fonte rinnovabile e l’acqua. Si produce l’H2 perché dove c’e’ bisogno di energia non si può portare con un filo elettrico. Per cui l’H2 e’ una riserva di energia che viene prodotta e posizionata dove e quando serve. Per cui a H2 e non ha senso produrre H2 con elettricità rinnovabile per poi tornare a produrre elettricità. A questo punto ha molto più senso produrre elettricità, prendere un filo elettrico e portare l’elettricità’ dove e quando serve. Ci sono dei casi in cui l’elettricità’ non può essere portata con un filo, come per l’autotrazione e quindi si usa l’H2 come riserva di elettricità da usare in movimento senza un filo o una batteria. Quindi con l’elettricità’ e l’acqua si produce l’H2 , che poi si libera rilasciando elettricità con uno spostamento d’acqua dal luogo di produzione dell’H2 a quello di utilizzo. In una centrale elettrica dove l’H2 viene prodotto per costituire una riserva, quando l’H2 si riutilizza anche l’acqua viene recuperata . Sia per l’autotrazione sia per le centrali elettriche la produzione ottimale e’ a KM0 . Cioe’ il distributore e la produzione di energia elettrica. Ecco perche’ non ha senso H2MED.

PROGETTO ITH2 per;
1) un progetto nazionale integrato energia-clima PNIEC
2) PRODUZIONE DELLA TOYOTA PRIUS H2 A TORINO

Premessa: La produzione dell’H2 e’ quella di una infrastruttura che produca energia rinnovabile con fotovoltaico che non consumi territorio e con boe marine per produrre H2 a KM0 con idrogenatori.

OBIETTIVO : H2 KM0 e’ l’obiettivo finale in quanto il rapporto energico fra la produzione ed il risultato e’ di 2 a 1. Significa che per produrre 1 di H2 con idrogenatore occorre utilizzare 2 energia elettrica. Per cui non hanno senso gli idrogenodotti per trasportare H2, in quanto ha una convenienza produrre H2 dove viene utilizzato. Ecco perche’ ha piu’ senso trasportare l’elettricità con elettrodotti, da fonte rinnovabile per produrre H2 dove quando serve.

A COSA PUO’ SERVIRE L’H2 ?: 2 possono essere gli utilizzi dell’H2
1) Autotrazione
2) Produzione di energia elettrica quando le energie rinnovabili non sono disponibili.

PROGETTI DI SVILUPPO: Sviluppando rapidamente una rete dell’H2 per autotrazione attraverso la GDO ed AUTOGRILL si possono realizzare pensiline fotovoltaiche per produrre energia elettrica per l’H2.
Con una base distributiva dell’H2 si creano le premesse ed un modello europeo per la domanda di H2 e delle auto ad H2 per cui si può arrivare a produrre negli stabilimenti Pininfarina la futura top dell’H2 : TOYOTA PRIUS H2.

Marco BAVA
 

https://www.youtube.com/watch?v=dDCfk3u9vU0 (VIDE MINISTRO PICHETTO)

https://www.youtube.com/watch?v=Cr1FmAgE-WY (video integrale DR QUADRINO)

 

 

BENITO MUSSOLINI : PERDENTE

L’8 settembre 1943 a Modena
La sera dell’8 settembre 1943 il generale Matteo Negro presidia il Palazzo ducale di Modena. I militari presenti sono troppo pochi per tentare una difesa. Diversi sono impegnati nel campo estivo alle Piane di Mocogno, agli ordini del colonnello Giovanni Duca. Negro, tutt’altro che ostile ai nazisti, decide di consegnarsi alle forze occupanti. In città cerca di resistere soltanto un reparto del 6° reggimento di artiglieria, che punta alcuni pezzi contro i nazisti. Poco dopo, tuttavia, il comando ordina di desistere e la Wehrmacht trova via libera.

Il mattino del 9 settembre i modenesi si risvegliano sotto l’occupazione nazista. La situazione è molto confusa, ma il cronista Adamo Pedrazzi non teme che si scatenino particolari violenze. La città sembra ordinata e piuttosto pronta ad abituarsi alla nuova situazione. Le cose sono però molto diverse là dove la fame si fa sentire.

In vari luoghi della provincia i civili prendono d’assalto ammassi e salumifici per evitare che le scorte finiscano nelle mani dei militari. I più disperati cercano di accaparrarsi quel cibo che è sempre più raro. Da qualche parte la foga è tale da generare veri e propri pericoli. A Castelnuovo Rangone i nazisti intervengono con le armi mentre tante persone cercano di portare via qualcosa dal salumificio Villani.

Passano alcuni giorni e la situazione diventa più chiara. I nazisti non sembrano voler infierire con la violenza, ma i fascisti della Repubblica sociale italiana si mostrano subito determinati ad affermare la propria autorità. Pretendono che le famiglie restituiscono il cibo prelevato dagli ammassi e gli oggetti abbandonati dai militari in fuga. Non vogliono che nessuno sgarri. Pur di evitare il tradimento del patto con la Germania nazista, sono disposti a scatenare una guerra civile.

 

STRAGI DI STATO PER SPECULAZIONE INTERNAZIONALE  DA VACCINI

«Qual è l’incidenza assoluta di ictus ischemico e attacco ischemico transitorio dopo una vaccinazione bivalente COVID-19?».

A questa domanda hanno cercato di rispondere in uno studio pubblicato su MedRxiv i ricercatori del Kaiser Permanente Katie Sharff, Thomas K Tandy, Paul F Lewis ed Eric S Johnson che hanno rilevato ben 100mila casi di ictus ischemico tra pazienti americani over 65 del Nord-Ovest vaccinati con i sieri genici mRNA Pfizer o Moderna.

L’ischemia cerebrale è una condizione in cui il cervello non riceve abbastanza sangue da soddisfare i suoi bisogni metabolici. La conseguente carenza di ossigeno può portare alla morte del tessuto cerebrale, e di conseguenza all’ictus ischemico. E’ pertanto una patologia che mette in correlazione due note reazioni avverse dei sieri genici Covid mRNA o mDNA: le patologie cardiovascolari e quelle neurocerebrali, vergognosamente occultate dalla Pfizer nei suoi trial clinici.

«Abbiamo condotto uno studio di coorte retrospettivo su pazienti Kaiser Permanente Northwest (KPNW) di età pari o superiore a 18 anni che sono stati vaccinati con la formulazione Pfizer o Moderna del vaccino bivalente COVID19 tra il 1 settembre 2022 e il 1 marzo 2023. I pazienti sono stati inclusi nello studio studiare se fossero iscritti al KP al momento della vaccinazione e durante il periodo di follow-up di 21 giorni. Abbiamo replicato la metodologia di analisi del ciclo rapido Vaccine Safety Datalink (VSD) e cercato possibili casi di ictus ischemico o TIA nei 21 giorni successivi alla vaccinazione utilizzando i codici diagnostici ICD10CM sia nella posizione primaria che in qualsiasi posizione».

E’ quanto si legge nell’Abstract della ricerca intitolata “Rischio di ictus ischemico dopo la vaccinazione di richiamo bivalente COVID-19 in un sistema sanitario integrato (Risk of Ischemic Stroke after COVID-19 Bivalent Booster Vaccination in an Integrated Health System)”.

Lo studio dei ricercatori americani di Kaiser Permanente – link a fondo pagina

«Abbiamo aspettato 90 giorni dalla fine del follow-up (21 marzo 2023) per l’accumulo completo dei dati non KP prima di analizzare i dati per tenere conto del ritardo nell’elaborazione delle richieste di risarcimento assicurativo al di fuori dell’ospedale – proseguono i ricercatori di Kaiser Permanente – Due medici hanno giudicato possibili casi rivedendo le note cliniche nella cartella clinica elettronica. Le analisi sono state stratificate per età pari o superiore a 65 anni per consentire confronti con i VSD che hanno riferito alla riunione dell’Advisory Committee on Immunization Practices (ACIP) l’incidenza di ictus ischemico o TIA (incidenza riportata da VSD; 24,6 casi di ictus ischemico o TIA per 100.000 pazienti vaccinato)».

I risultati dello studio sono stati sconcertanti ed hanno confermato anche la ricerca tedesca che per prima aveva segnalato la pericolosità dei booster bivalenti che erano stati testati solo sui topi ma, nonostante ciò, furono raccomandati dal Dipartimento della Salute USA e dal Ministero della Salute italiano anche per i bambini.

«L’incidenza di ictus ischemico o TIA è stata di 34,3 per 100.000 (IC al 95%, da 17,7 a 59,9) nei pazienti di età pari o superiore a 65 anni che hanno ricevuto il vaccino bivalente Pfizer, sulla base di un codice diagnostico nella posizione primaria del pronto soccorso o dell’ospedale scarico. L’incidenza è aumentata a 45,7 per 100.000 (IC 95% da 26,1 a 74,2) quando abbiamo ampliato la ricerca a una diagnosi in qualsiasi posizione e non ci siamo pronunciati per la conferma. Tuttavia, la maggior parte di queste diagnosi aggiuntive di ictus apparente o TIA erano diagnosi di falsi positivi basate sul giudizio dei medici. La stima dell’incidenza basata sulla posizione primaria concordava strettamente con la stima dell’incidenza basata su qualsiasi posizione e giudizio medico: 37,1 su 100.000 (IC 95% da 19,8 a 63,5). Il 79% dei casi di ictus ischemico sono stati ricoverati in ospedali non di proprietà del sistema di consegna integrato».

«Abbiamo identificato un aumento del 50% nell’incidenza di ictus ischemico per 100.000 pazienti di età pari o superiore a 65 anni vaccinati con il vaccino bivalente Pfizer, rispetto ai dati presentati dal VSD. Il 79% dei casi di ictus ischemico sono stati ricoverati in ospedali che non sono di proprietà del sistema di consegna integrato e un ritardo nell’elaborazione delle richieste di risarcimento assicurative esterne all’ospedale è stato probabilmente responsabile della discrepanza nell’accertamento dei casi di ictus ischemico. Il giudizio medico di tutti i casi in questo studio ha consentito stime accurate dell’incidenza assoluta dell’ictus per 100.000 destinatari del vaccino ed è utile nel calcolo del beneficio netto per le raccomandazioni politiche e il processo decisionale condiviso».

«Poiché i vaccini COVID-19 caricano il corpo con il codice genetico per la proteina trombogenica e letale Wuhan Spike, coloro che prendono un vaccino sono vulnerabili a una catastrofe se vengono infettati da SARS-CoV-2 dopo aver recentemente preso uno dei vaccini» il famoso cardiologo americano Peter McCullough ha commentato così lo studio del professor Fadi Nahab dei Dipartimenti di Neurologia e Pediatria della Emory University a cui avevamo dedicato ampio risalto.

«Nahab e colleghi di Emory hanno analizzato un database statale di destinatari del vaccino COVID-19. Circa 5 milioni di georgiani adulti hanno ricevuto almeno un vaccino COVID-19 tra dicembre 2020 e marzo 2022: il 54% ha ricevuto BNT162b2, il 41% ha ricevuto mRNA-1273 e il 5% ha ricevuto Ad26.COV2.S. Quelli con concomitante infezione da COVID-19 entro 21 giorni dalla vaccinazione avevano un aumentato rischio di ictus ischemico (OR = 8,00, 95% CI: 4,18, 15,31) ed emorragico (OR = 5,23, 95% CI: 1,11, 24,64)» scrive McCullough nel suo Substack citando l’abstract dello studio.

«Questa analisi mostra uno dei tanti grandi pericoli presenti nello sviluppo e nel lancio rapidi di un vaccino senza una sicurezza e un monitoraggio dei dati sufficienti. L’ictus è un risultato devastante e sembra che un gran numero di casi debilitanti avrebbe potuto essere evitato se i vaccini COVID-19 fossero stati ritirati dal mercato nel gennaio 2021 per eccesso di mortalità. I pazienti in questo studio sarebbero stati risparmiati da ictus e disabilità» aggiunge il cardiologo americano rilevando l’importanza dello studio.

Verissimo! Ma quanti ictus avrebbero potuto essere evitati se lo studio fosse stato revisionato e pubblicato mesi fa sia sulla prestigiosa rivista che poi su PUBMED, la libreria scientifica dell’Istituto Nazionale della Salute americano (NIH) che l’ha ripreso?

 

Il 13 novembre, mi sono unito alla deputata statunitense Marjorie Taylor Greene e a sette suoi colleghi repubblicani della Camera, in un'audizione intitolata Injuries Caused by COVID-19 Vaccines, che ha esplorato i potenziali collegamenti tra la vaccinazione COVID-19 e gli eventi avversi tra cui miocardite, pericardite e coaguli di sangue. , danni neurologici, arresto cardiaco, aborti spontanei, problemi di fertilità e altro ancora. Il gruppo ha ascoltato le testimonianze sugli eventi avversi dei vaccini da parte degli esperti medici Dr. Robert Malone e Dr. Kimberly Biss e ha anche ascoltato l'avvocato Thomas Renz che rappresentava gli informatori del Dipartimento della Difesa (DOD) che hanno rivelato aumenti di diagnosi mediche tra i membri del servizio registrati in un DOD Banca dati. Scopri di più in questo comunicato stampa .

Altre notizie sul COVID-19

ASCOLTA - La verità con Lisa Boothe Podcast: Rivendicato con il senatore Ron Johnson

LEGGI - New York Post: Il senatore Johnson richiede un colloquio con il consigliere di Fauci, i dati chiave del COVID "profondamente preoccupati" sono stati distrutti

VEDI - Post su X: "E-mail confidenziale del consulente di Fauci che descrive in dettaglio gli sforzi per eludere la mia supervisione sulle origini del COVID-19 . Maggiori dettagli nel comunicato stampa.

GUARDA - Solo la Notizia: "Nessuno vuole ammettere di aver sbagliato". - Il senatore Johnson sugli ultimi numeri del vaccino COVID

 

Il British Medical Journal ha accusato la Food and Drug Administration, l’ente americano regolatore dei farmaci, di aver occultato il risultato di un grande studio di farmacovigilanza attiva, quindi non basato solo su segnalazioni individuali e gratuite a database (EudraVigilance gestita da EMA nell’Unione Europea e VAERS da CDC negli Stati Uniti), si è invece concentrato anche sul follow-up di alcuni vaccinati.

La ricerca statistica denominata “Sorveglianza della sicurezza del vaccino COVID-19 tra le persone anziane di età pari o superiore a 65 anni” è stata finalmente rilasciata dalla FDA e pubblicata il 1° dicembre 2022 dalla rivista specializzata Journal of Vaccine and Elsevier di Science Direct.

Il primo firmatario è Hui-Lee Wong, Direttrice associata per l’innovazione e lo sviluppo dell’Ufficio di biostatistica ed epidemiologia, Centro per la valutazione biologica della Food and Drug Administration statunitense, Silver Spring, MD, USA. Lo studio si concentra sui dati relativi a 30.712.101 persone anziane.

 

 

DOPO I VACCINI 15 INCIDENTI DI BUS PER MALORI DEI CONDUCENTI

Piazzola sul Brenta (PD), Marzo 2022, “Malore dopo l’incidente a Piazzola sul Brenta, grave un autista di bus. Il conducente 44enne ha tamponato un autocarro. Dopo la telefonata a BusItalia si è accasciato sul volante perdendo i sensi”;
Cesena, Dicembre 2022, “Cesena, malore mentre guida l’autobus: 9 auto danneggiate”;
Trento, Aprile 2023, “Paura a Trento, l’autista ha un malore e il bus esce di strada: il mezzo resta in bilico sul muretto del giardino di una casa”;
La Spezia, Maggio 2022, “Malore improvviso per l’autista dello scuolabus, mezzo fa un volo di venti metri”, Catania, Ottobre 2022, “Catania: autista si sente male, bus si schianta”;
Limone Piemonte, Marzo 2023, “maestra interviene per malore autista”;
Sandrà di Castelnuovo del Garda (VR), “Verona, l’autista ha un malore: il bus degli studenti esce di strada e finisce in un vigneto” (conducente di soli 26 anni);
Alessandria, Aprile 2022, “Autista di pullman muore alla guida per un malore”;
Settingiano (CZ), Luglio 2023, “Accosta ai primi sintomi: autista salva passeggeri bus prima di morire di infarto”;
Venezia, Ottobre 2022, “Malore improvviso prima di prelevare una scolaresca: Oscar Bonazza muore a 63 anni;
Roma, Dicembre 2022, “Roma, bus con 41 bimbi a bordo finisce fuori strada per malore autista”;
Cittadella (PD), Gennaio 2023, “Autista di scuolabus muore alla guida per un malore e centra un pullman a Cittadella. Il conducente aveva appena lasciato gli alunni a scuola”;
Genova, Luglio 2023, “Autobus sbanda e colpisce le auto in sosta per un malore dell’autista. L’autista è stato accompagnato al Pronto soccorso un condizioni di media gravità”;
Cagliari, Maggio 2023, “Malore improvviso, l’autista perde il controllo del bus, esce di strada e abbatte due semafori: strage sfiorata”;
Piacenza, Aprile 2023, “Autobus di linea contro un albero dopo il malore dell’autista”… Il più curioso, guardacaso, è poi questo;
L’Aquila, Luglio 2023, “Troppo caldo a bordo del bus, autista dell’Azienda mobilità aquilana (Ama) viene colpito da un malore”.

 

 

 

 

21.10.23

Giovedì Health Canada ha confermato la presenza di contaminazione del DNA nei vaccini Pfizer COVID-19 e ha anche confermato che Pfizer non ha rivelato la contaminazione all’autorità sanitaria pubblica. La contaminazione del DNA include il promotore e potenziatore Simian Virus 40 (SV40) che Pfizer non aveva precedentemente rivelato e che secondo alcuni esperti rappresenta un rischio di cancro a causa della potenziale integrazione con il genoma umano.

Health Canada, l’autorità sanitaria pubblica del paese, ha dichiarato a The Epoch Times che mentre Pfizer ha fornito le sequenze complete di DNA del plasmide nel suo vaccino al momento della presentazione iniziale, il produttore del vaccino “non ha identificato specificamente la sequenza SV40”.

“Health Canada si aspetta che gli sponsor identifichino qualsiasi sequenza di DNA biologicamente funzionale all’interno di un plasmide (come un potenziatore SV40) al momento della presentazione”, ha affermato.

L’ammissione di Health Canada è arrivata dopo che due scienziati, Kevin McKernan e Phillip J. Buckhaults, Ph.D., hanno scoperto la presenza di DNA plasmidico batterico nei vaccini mRNA COVID-19 a livelli potenzialmente 18-70 volte superiori ai limiti stabiliti dagli Stati Uniti. Food and Drug Administration (FDA) e Agenzia europea per i medicinali. L’immunologo virale Dr. Byram Bridle dell’Università di Guelph in Canada, commentando l’ammissione di Health Canada ha scritto sul suo Substack: “Questa è un’ammissione di proporzioni epiche”.

Bridle ha anche scritto:

“Bisogna chiedersi perché la Pfizer non abbia voluto rivelare la presenza di una sequenza di DNA biologicamente funzionale a un ente regolatore sanitario. Alla Pfizer è stato richiesto di rivelare alle agenzie di regolamentazione sanitaria tutte le sequenze bioattive nel DNA plasmidico batterico utilizzato per produrre le loro iniezioni.Bridle ha osservato che sono trascorsi “818 giorni in totale” da quando l’Università di Guelph gli ha vietato di accedere al suo ufficio e al suo laboratorio per aver tentato di condurre ricerche simili, mentre altri ricercatori “sono stati al centro di attacchi da parte di molti cosiddetti ‘esperti di disinformazione’, ” anche se nessuno “è stato in grado di confutare le proprie scoperte”. L’immunologa, biologa e biochimica Jessica Rose, Ph.D., ha dichiarato a The Defender: “DNA residuo è stato trovato nei prodotti Pfizer e Moderna – e soprattutto Pfizer -, in fiale più vecchie e più nuove, incluso il monovalente per adulti XBB.1.5 [ vaccino].”

Rose ha affermato che ciò indica che tale contaminazione “è un problema continuo”.

In osservazioni separate fatte mercoledì al programma “Good Morning CHD” di CHD.TV, Rose ha detto che McKernan “ha anche esaminato il vaccino Janssen [Johnson & Johnson] e ha scoperto DNA residuo a livelli molto alti”.  “Il DNA plasmidico viene utilizzato nella produzione di vaccini mRNA e dovrebbe essere rimosso a un livello inferiore a una soglia stabilita dalle agenzie di regolamentazione sanitaria prima che il prodotto finale venga rilasciato per la distribuzione”, ha riferito The Epoch Times.

La scoperta di McKernan ha reso “possibile per Health Canada confermare la presenza del potenziatore sulla base della sequenza di DNA plasmidico presentata da Pfizer rispetto alla sequenza del potenziatore SV40 pubblicata”, ha affermato Health Canada.

L’SV40 è spesso utilizzato nella terapia genica per la sua capacità unica di trasportare geni alle cellule bersaglio.

Nel processo di produzione del vaccino, l’SV40 “viene utilizzato come potenziatore per guidare la trascrizione genetica”, ha scritto The Epoch Times. McKernan il mese scorso “ha avvertito che la presenza di plasmidi di DNA nei vaccini significa che potrebbero potenzialmente integrarsi nel genoma umano”.

Descrivendo la ricerca di McKernan come “ineccepibile”, Kirsch ha scritto sul suo Substack: “Il DNA dura per sempre e, se si integra nel tuo genoma, produrrai il suo prodotto per sempre”.

“Ciò può far sì che la cellula appena programmata si riproduca e produca mRNA con le risultanti proteine ​​spike per un tempo sconosciuto, potenzialmente per sempre e persino per la generazione successiva”.

 

23.09.23

L'Asl To5 l'aveva sospesa nel periodo Covid perché non vaccinata bloccando la retribuzione, ora dovrà restituire stipendi e interessi
Il tribunale dà ragione alla dipendente No Vax
massimiliano rambaldi
L'Asl To 5 l'aveva sospesa dal suo lavoro d'ufficio nel periodo Covid, perché si era rifiutata di vaccinarsi interrompendole anche il pagamento dello stipendio. Una volta rientrata, alla fine delle restrizioni previste, la donna aveva fatto causa all'azienda sanitaria nonostante in quel periodo ci fossero delle direttive ben chiare sull'obbligo vaccinale. Dieci giorni fa la decisione, per certi versi inaspettata, del tribunale del lavoro di Torino: con la sentenza 1552 i giudici hanno infatti accolto il ricorso della dipendente, accertando e dichiarando «l'illegittimità della sospensione dal servizio – si legge nel documento pubblicato dall'azienda sanitaria di Chieri – condannando quindi l'Asl To 5 a corrispondere alla dipendente il trattamento retributivo richiesto, oltre agli interessi, rivalutazione e compensazione delle spese di lite». In sostanza, secondo quel giudice, l'Asl non poteva sospendere la donna dal posto di lavoro e men che meno negarle lo stipendio. E ora, nell'immediato, dovrà pagarle tutto, interessi compresi nonché le spese legali. Questo perché, nonostante l'azienda sanitaria abbia già deciso di ricorrere in appello contro tale sentenza: «in ragione della provvisoria esecutività della stessa – spiegano dalla direzione nella medesima documentazione - pur non essendo passata in giudicato, l'Asl è tenuta all'ottemperanza». Gli importi dovuti e i giorni di sospensione della dipendente non sono stati resi noti.
La dipendente in questione lavora in ambito amministrativo e non è a contatto con pazienti di un ospedale specifico. Ricordiamo tutti, però, che il governo si era dimostrato estremamente rigoroso contro chi non voleva ricevere il vaccino. In assenza di motivazioni valide (l'unica accettata era una certificata grave patologia pregressa) la persona no vax non poteva più esercitare la propria professione e, qualora fosse stato possibile, doveva essere destinata a mansioni alternative. In caso di impossibilità a spostamenti, sarebbe scattata l'immediata sospensione non retribuita che poteva terminare solo una volta effettuata la vaccinazione. Altrimenti il divieto di andare al lavoro sarebbe continuato fino al completamento della campagna vaccinale. In sostanza quello che è capitato nel caso in questione. La dipendente aveva però deciso di intraprendere le vie legali perché pretendeva di essere regolarmente pagata e di lavorare ugualmente, anche senza aver seguito il percorso anti Covid. Presentando a sua difesa documentazioni che il giudice del lavoro, a quanto pare, ha ritenuto valide. «La decisione e la linea interpretativa del tribunale del lavoro non può essere condivisa – spiegano dall'azienda sanitaria -, in quanto non è coerente con il dispositivo contenuto nel decreto legge 172 del 2021, anche alla luce del diverso orientamento espresso sul punto dalla Corte d'Appello di Torino, sezione lavoro». Immediata quindi la decisione di ricorrere in appello, affidando la questione ai legali di fiducia.

 

 

 

22.09.23

Testimonianza coraggiosa del dottor Phillip Buckhaults dell'Università della Carolina del Sud.

I “vaccini” Covid non sono stati adeguatamente testati e i loro danni non sono stati adeguatamente indagati. La FDA e il CDC devono ammettere i propri fallimenti normativi ed essere onesti con il pubblico.

Si prega di guardare questo video di 18 minuti.

 

 

17.09.23

La Ricerca delle Università Australiane basata su 253 Studi Internazionali
L’hanno pubblicata gli scienziati autraliani Peter I Parry dell’Unità clinica di ricerca sulla salute dei bambini, Facoltà di Medicina, Università del Queensland, South Brisbane, Australia, Astrid Lefringhausen, Robyn Cosford e Julian Gillespie, Children’s Health Defense (Capitolo Australia), Huskisson, Conny Turni, Ricerca microbiologica, QAAFI (Queensland Alliance for Agriculture and Food Innovation), Università del Queensland, St. Lucia, Christopher J. Neil, Dipartimento di Medicina, Università di Melbourne, Melbourne, e Nicholas J. Hudson, Scuola di Agricoltura e Scienze Alimentari, Università del Queensland, Brisbane.

E’ un colossale lavoro di letteratura scientifica basato su ben 253 studi nei quali vengono citati i più significativi sulla tossicità della proteina Spike e dei vaccini che la innesca nell’organismo attraverso i vettori mRNA. Vengono infatti menzionati lavori sulle malattie autoimmuni della biofisica Stephanie Seneff, scienziata del prestigioso MIT (Massachusetts Institute of Technology) di Cambridge, del cardiologo americano Peter McCullough (fonte 29 nello studio linkato a fondo pagina), quelli sui rischi di tumori dell’oncologo britannico Angus Dalgleish (fonti 230-231), quelli dell’esperto di genomica Kevin McKernan sulla replicazione cellulare dei plasmidi di Dna Spike nel corpo umano (fonte 91), quelli della chimica americana Alana F. Ogatache fu tra le prime a denunciare la pericolosità dei sieri genici mRNA Moderna (fonte 52), ed ovviamente non poteva mancare lo strepitoso e rivoluzionario del biochimico italiano Gabriele Segalla sulle nanoparticelle tossiche del vaccino Comirnaty di Pfizer-Biontech (fonte 61).

“Spikeopatia”: la proteina Spike del COVID-19 è patogena, sia dall’mRNA del virus che da quello del vaccino.
di Parry et al. – pubblicata in origine su Biomedicine (link allo studio completo a fondo pagina)

La pandemia di COVID-19 ha causato molte malattie, molti decessi e profondi disagi alla società. La produzione di vaccini “sicuri ed efficaci” era un obiettivo chiave per la salute pubblica. Purtroppo, tassi elevati senza precedenti di eventi avversi hanno messo in ombra i benefici. Questa revisione narrativa in due parti presenta prove dei danni diffusi dei nuovi vaccini anti-COVID-19 mRNA e adenovettoriali ed è innovativa nel tentativo di fornire una panoramica approfondita dei danni derivanti dalla nuova tecnologia nei vaccini che si basavano sulla produzione di cellule umane di un antigene estraneo che presenta evidenza di patogenicità.

Questo primo articolo esplora i dati sottoposti a revisione paritaria in contrasto con la narrativa “sicura ed efficace” collegata a queste nuove tecnologie. La patogenicità delle proteine ​​spike, denominata “spikeopatia”, derivante dal virus SARS-CoV-2 o prodotta dai codici genetici del vaccino, simile a un “virus sintetico”, è sempre più compresa in termini di biologia molecolare e fisiopatologia.

La trasfezione farmacocinetica attraverso tessuti corporei distanti dal sito di iniezione mediante nanoparticelle lipidiche o trasportatori di vettori virali significa che la “spikeopatia” può colpire molti organi. Le proprietà infiammatorie delle nanoparticelle utilizzate per trasportare l’mRNA; N1-metilpseudouridina impiegata per prolungare la funzione dell’mRNA sintetico; l’ampia biodistribuzione dei codici mRNA e DNA e le proteine ​​spike tradotte, e l’autoimmunità attraverso la produzione umana di proteine estranee, contribuiscono agli effetti dannosi.

Questo articolo esamina gli effetti autoimmuni, cardiovascolari, neurologici, potenziali oncologici e le prove autoptiche per la spikeeopatia. Con le numerose tecnologie terapeutiche basate sui geni pianificate, una rivalutazione è necessaria e tempestiva.

Discussione

Abbiamo iniziato questo articolo citando la risposta dell’ente regolatore sanitario australiano, il TGA, alla domanda di un senatore australiano sui rischi dei vaccini genetici che inducono le cellule umane a produrre la proteina spike SARS-CoV-2. La risposta è stata che la proteina Spike non era un agente patogeno. Abbiamo presentato prove significative che la proteina spike è patogena. Ciò vale quando fa parte del virus, quando è libero ma di origine virale e quando è prodotto nei ribosomi dall’mRNA dei vaccini COVID-19 mRNA e adenovettoreDNA. I meccanismi fisiopatologici d’azione della proteina spike continuano ad essere chiariti.

Abbiamo stabilito che la proteina spike provoca danni legandosi al recettore ACE-2 e quindi sottoregolando il recettore, danneggiando le cellule endoteliali vascolari. La proteina spike ha un dominio legante simile alla tossina, che si lega a α7 nAChR nel sistema nervoso centrale e nel sistema immunitario, interferendo così con le funzioni di nAChR, come la funzione di ridurre l’infiammazione e le citochine proinfiammatorie, come IL-6. Il collegamento con le malattie neurodegenerative avviene anche attraverso la capacità della proteina “spike” di interagire con le proteine che formano l’amiloide leganti l’eparina, avviando l’aggregazione delle proteine cerebrali.

La persistenza della proteina spike causa un’infiammazione persistente (infiammazione cronica), che potenzialmente alla fine sposta il sistema immunitario verso la tolleranza immunitaria (IgG4). Un effetto particolare per le donne e la gravidanza è il legame della proteina Spike al recettore alfa degli estrogeni, che interferisce con il messaggio degli estrogeni.

La proteina Spike è citotossica all’interno delle cellule attraverso l’interazione con i geni soppressori del cancro e causando danni mitocondriali. Le proteine ​​spike espresse sulla superficie delle cellule portano alla risposta autoimmune citopatica.

La proteina spike libera si lega all’ACE-2 su altre cellule di organi e sangue. Nel sangue la proteina Spike induce le piastrine a rilasciare fattori di coagulazione, a secernere fattori infiammatori e a formare aggregati leucociti-piastrine. La proteina spike lega il fibrinogeno, inducendo la formazione di coaguli di sangue.

Esiste anche un’omologia problematica tra la proteina spike e le proteine chiave nel sistema immunitario adattativo che portano all’autoimmunità se vaccinati con l’mRNA che produce la proteina spike.

I fattori farmacocinetici contribuiscono alla fisiopatologia. Come accennato, lo studio sulla biodistribuzione di Pfizer (dove il 75% delle molecole trasportatrici di nanoparticelle lipidiche ha lasciato il deltoide per tutti gli organi entro 48 ore) per il PMDA giapponese era noto alla TGA australiana prima dell’autorizzazione provvisoria dei vaccini mRNA COVID-19 per l’Australia popolazione [5]. Poiché causano la replicazione della proteina Spike in molti organi, i vaccini basati sui geni agiscono come virus sintetici.

Il trasportatore di nanoparticelle lipidiche dell’mRNA e il PEG associato che rende il complesso mRNA-LNP più stabile e resistente alla degradazione, hanno i propri effetti tossici; le nanoparticelle lipidiche principalmente attraverso effetti proinfiammatori e il PEG mediante anafilassi in individui sensibili.

Röltgen et al. [53] hanno scoperto che l’mRNA stabilizzato con N1-metilpseudouridina nei vaccini COVID-19 produce proteine ​​spike per almeno 60 giorni. Altre ricerche citate sulla retroposizione del codice genetico [249] suggeriscono la possibilità che tale produzione di una proteina patogena estranea possa potenzialmente durare tutta la vita o addirittura transgenerazionale.

Un ampio corpo di ricerche emergenti mostra che la stessa proteina spike, in particolare la subunità S1, è patogena e causa infiammazione e altre patologie osservate nel COVID-19 acuto grave, probabilmente nel COVID-19 lungo, e nelle lesioni da vaccino mRNA e adenovettoriDNA COVID-19 . La parola “spikeopatia” è stata coniata dal ricercatore francese Henrion-Caude [98] in una conferenza e dati gli effetti patologici vari e sostanziali della proteina spike SARS-CoV-2, suggeriamo che l’uso del termine avrà un valore euristico.

La piccopatia esercita i suoi effetti, come riassunto da Cosentino e Marino [86] attraverso l’aggregazione piastrinica, la trombosi e l’infiammazione correlate al legame dell’ACE-2; interruzione delle glicoproteine ​​transmembrana CD147 che interferiscono con la funzione cardiaca dei periciti e degli eritrociti; legandosi a TLR2 e TLR4 innescando cascate infiammatorie; legandosi all’ER alfa probabilmente responsabile delle irregolarità mestruali e dell’aumento del rischio di cancro attraverso le interazioni con p53BP1 e BRCA1. Altre ricerche mostrano ulteriori effetti spikeo-patologici attraverso la produzione di citochine infiammatorie indotte da ACE-2, la fosforilazione di MEK e la downregulation di eNOS, compromettendo la funzione delle cellule endoteliali.

Effetti particolarmente nuovi della proteina spike comportano lo squilibrio del sistema colinergico nicotinico attraverso l’inibizione di α7 nAChR, portando a vie biochimiche antinfiammatorie alterate in molte cellule e sistemi di organi, nonché a un alterato tono vagale parasimpatico.

Le lesioni provocate dal vaccino mRNA e adenovettoriale del COVID-19 si sovrappongono alla grave malattia acuta da COVID-19 e al COVID lungo, ma sono più varie, data la più ampia biodistribuzione e la produzione prolungata della proteina spike.

La miopericardite è riconosciuta ma spesso è stata minimizzata come lieve e rara, tuttavia l’evidenza di una miopericardite subclinica correlata al vaccino COVID-19 relativamente comune [113,115] e l’evidenza autoptica [246,247,248] suggeriscono un ruolo nelle morti improvvise in persone relativamente giovani e in forma [116,117 ]. Le proteine ​​spike hanno anche meccanismi per aumentare la trombosi attraverso l’infiammazione correlata all’ACE-2, il disturbo del sistema dell’angiotensina [119], il legame diretto con i recettori ACE-2 sulle piastrine [1], l’interruzione dell’antitrombina [122], ritardando la fibrinolisi [123] (prestampa) e riducendo la repulsione elettrostatica degli eritrociti che porta all’emoagglutinazione [124].

Le malattie autoimmuni di nuova insorgenza dopo la vaccinazione COVID-19 potrebbero riguardare l’omologia della proteina spike e, nella malattia virale che include altre proteine SARS-CoV-2, con le proteine umane [5,138].

Il complesso mRNA-LNP attraversa la BBB e i disturbi neurologici sono altamente segnalati nei database di farmacovigilanza a seguito dei vaccini COVID-19. Numerosi meccanismi di spikepatia vengono chiariti come disturbi sottostanti che coinvolgono: permeabilità del BBB [128]; danno mitocondriale [168]; disregolazione dei periciti vascolari cerebrali [169]; Neuroinfiammazione mediata da TLR4 [170]; morte delle cellule dell’ippocampo [171]; disregolazione delle cascate del complemento e della coagulazione e dei neutrofili che causano coagulopatie [173] (prestampa); neuroinfiammazione e demielinizzazione tramite disregolazione microgliale [174,177,180]; aumento dell’espressione di α-Syn coinvolta nella malattia neurodegenerativa [175]; livelli elevati di chemochina 11 del motivo CC associati all’invecchiamento e alla successiva perdita di cellule neurali e mielina; legandosi al recettore nicotinico dell’acetilcolina α7 (nAChR), aumentando i livelli di IL-1b e TNFα nel cervello causando elevati livelli di infiammazione [172,177]; la subunità S1 è amiloidogenica [185]; disautonomia [96], mediante danno neuronale diretto o meccanismi immunomediati indiretti, ad esempio inibizione di α7 nAChR; anosmia causata sia dal vaccino che dalla malattia [44], anch’essa prodromica alla malattia di Parkinson.

Inoltre, gli autoanticorpi nel dominio C-terminale globulare possono causare la malattia di Creutzfeldt Jakob (CJD) [218], miR-146a è alterato in associazione con COVID-19 [222] e associato sia a infezioni virali che a malattie da prioni nel cervello, e È stato dimostrato che S1 induce senescenza nelle cellule trasfettate.

La quantità di possibili meccanismi di danno mediato dai picchi nel cervello è pari nella vita reale alla prevalenza di effetti avversi neurologici e neurodegenerativi e richiede urgentemente ulteriori ricerche.

Il cancro, anche se non è stato dimostrato con certezza che sia causato dai vaccini, sembra seguire da vicino la vaccinazione e abbiamo esaminato le possibili cause sotto forma di interazioni delle proteine ​​spike con fattori di trascrizione e geni soppressori del cancro.

Il vaccino doveva proteggere le persone di età superiore ai 60 anni con il maggior rischio di mortalità da COVID-19 [10], tuttavia un’analisi del rischio condotta da Dopp e Seneff (2022) [250] ha mostrato che la probabilità di morire a causa dell’iniezione è solo 0,13 % inferiore al rischio di morte per infezione nelle persone di età superiore a 80 anni.

Inoltre, l’invecchiamento naturale è accompagnato da cambiamenti nel sistema immunitario che compromettono la capacità di rispondere efficacemente ai nuovi antigeni. Similmente alle risposte ai virus stratificate per età, ciò significa che i vaccini diventano meno efficaci nell’indurre l’immunità negli anziani, con conseguente ridotta capacità di combattere nuove infezioni [251].

La vaccinazione con mRNA COVID-19 a due dosi ha conferito una risposta immunitaria adattativa limitata tra i topi anziani, rendendoli suscettibili all’infezione da SARS-CoV-2 [252]. Secondo uno studio di Vo et al., (2022) [253], il rischio di malattie gravi tra i veterani statunitensi dopo la vaccinazione è rimasto associato all’età. Questo rischio di infezioni intercorrenti era anche maggiore se erano presenti condizioni di immunocompromissione.

Infine, abbiamo esaminato le migliori serie di casi di autopsia attualmente disponibili, eseguite in Germania, che stabiliscono le connessioni tra spikeopatia e fallimenti multipli di organi, neuropatie e morte.

Conclusioni
In questa revisione narrativa, abbiamo stabilito il ruolo della proteina spike SARS-CoV-2, in particolare della subunità S1, come patogena. Ora è anche evidente che le proteine ​​spike ampiamente biodistribuite, prodotte dai codici genetici dell’mRNA e del DNA adenovettoriale, inducono un’ampia varietà di malattie. I meccanismi fisiopatologici e biochimici sottostanti sono in fase di chiarimento.

I trasportatori di nanoparticelle lipidiche per i vaccini mRNA e Novavax hanno anche proprietà proinfiammatorie patologiche. L’intera premessa dei vaccini basati sui geni che producono antigeni estranei nei tessuti umani è irta di rischi per disturbi autoimmuni e infiammatori, soprattutto quando la distribuzione non è altamente localizzata.

Le implicazioni cliniche che seguono sono che i medici in tutti i campi della medicina devono essere consapevoli delle varie possibili presentazioni della malattia correlata al vaccino COVID-19, sia acuta che cronica, e del peggioramento delle condizioni preesistenti.

Sosteniamo inoltre la sospensione dei vaccini COVID-19 basati sui geni e delle matrici portatrici di nanoparticelle lipidiche e di altri vaccini basati sulla tecnologia mRNA o DNA vettoriale virale. Una strada più sicura è quella di utilizzare vaccini con proteine ricombinanti ben testate, tecnologie virali attenuate o inattivate, di cui ora ce ne sono molti per la vaccinazione contro la SARS-CoV-2.

di Parry et al. – pubblicata in origine su Biomedicine

BIOMEDICINE – ‘Spikeopathy’: COVID-19 Spike Protein Is Pathogenic, from Both Virus and Vaccine mRN
A

 

 

14.09.23

Fondata nel 1945, Kaiser Permanente è riconosciuta come uno dei principali fornitori di assistenza sanitaria e piani sanitari senza scopo di lucro d’America. Attualmente opera in 8 stati (California del Nord, California del Sud, Colorado, Georgia, Hawaii, Virginia, Oregon, Washington) e nel Distretto di Columbia.

«La cura dei membri e dei pazienti si concentra sulla loro salute totale. I medici, gli specialisti e i team di operatori sanitari di Permanente Medical Group guidano tutte le cure. I nostri team medici possono avvalersi di tecnologie e strumenti leader del settore per la promozione della salute, la prevenzione delle malattie, l’erogazione delle cure e la gestione delle malattie croniche» spiega l’organizzazione medica.

«Abbiamo condotto uno studio di coorte retrospettivo su pazienti Kaiser Permanente Northwest (KPNW) di età pari o superiore a 18 anni che sono stati vaccinati con la formulazione Pfizer o Moderna del vaccino bivalente COVID19 tra il 1 settembre 2022 e il 1 marzo 2023. I pazienti sono stati inclusi nello studio studiare se fossero iscritti al KP al momento della vaccinazione e durante il periodo di follow-up di 21 giorni. Abbiamo replicato la metodologia di analisi del ciclo rapido Vaccine Safety Datalink (VSD) e cercato possibili casi di ictus ischemico o TIA nei 21 giorni successivi alla vaccinazione utilizzando i codici diagnostici ICD10CM sia nella posizione primaria che in qualsiasi posizione».

E’ quanto si legge nell’Abstract della ricerca intitolata “Rischio di ictus ischemico dopo la vaccinazione di richiamo bivalente COVID-19 in un sistema sanitario integrato (Risk of Ischemic Stroke after COVID-19 Bivalent Booster Vaccination in an Integrated Health System)”.«Abbiamo identificato un aumento del 50% nell’incidenza di ictus ischemico per 100.000 pazienti di età pari o superiore a 65 anni vaccinati con il vaccino bivalente Pfizer, rispetto ai dati presentati dal VSD. Il 79% dei casi di ictus ischemico sono stati ricoverati in ospedali che non sono di proprietà del sistema di consegna integrato e un ritardo nell’elaborazione delle richieste di risarcimento assicurative esterne all’ospedale è stato probabilmente responsabile della discrepanza nell’accertamento dei casi di ictus ischemico. ».

 

 

18.08.23

Il procuratore generale del Texas Ken Paxton ha cercato di fare luce sulla sicurezza dei vaccini Covid e sugli esperimenti americani Gain of Function (GOF) per il potenziamento dei virus SARS in laboratorio, condotti dal virologo Anthony Fauci tra gli USA (University of North Carolina) e il Wuhan Institute of Virology, ma è stato subito colpito da un impeachment (per altre ragioni politiche) che ha bloccato la sua inchiesta.

Ora quattro famiglie americane delle vittime Covid hanno presentato una formale denuncia per quelle pericolosissime ricerche prendendo di mira il famigerato zoologo di origini britanniche Peter Daszak, presidente della società EcoHealthAlliance di New York che fu finanziata dalla Bill & Melinda Gates Foundation e soprattutto dall’Istituto Nazionale Allergie e Malattie Infettive diretto da Fauci (fino al dicembre 2022) per i progetti di costruzione di coronavirus chimerici del ceppo SARS chimerici nel centro virologico cinese.

l dottor Zhou Yusen misteriosamente morto tre mesi dopo aver brevettato un vaccino contro il Covid-19 nel febbraio 2020 che, secondo gli investigatori americani, sarebbe morto misteriosamente proprio cadendo dal tetto del WIV di Wuhan.

Nel giugno 1998 durante il vertice sino-americano in Cina il presidente Bill Clinton siglò una “Convenzione sulla armi biologiche” con il presidente cinese Jiang Zemin,

Nell’aprile 2004 la Commissione Europea presieduta dall’italiano Romano Prodi e composta anche dal commissario Mario Monti diede il primo finanziamento di quasi 2milioni di euro al Wuhan Institute of Virology grazie al quale la direttrice del Centro di Malattie Infettive Shi Zengli, soprannominata bat-woman per i suoi esperimenti sui coronavirus dei pipistrelli cinesi a ferro di cavallo, creò il primo virus chimerico ricombinante potenziando un ceppo di SARS con plasmidi infettati dal virus HIV.

 

 

16.08.23

 l’instabilità del sistema colloidale di nanomateriali lipidici (e il conseguente maggior rischio tossicologico) della prima versione di Comirnaty sia sostanzialmente dovuta alla presenza, in quella formulazione, di fattori destabilizzanti, quali, appunto, i composti inorganici elettrolitici in eccesso, costituiti principalmente dai componenti del tampone pH PBS utilizzato da Pfizer-BioNTech».

Evidenzia il dottor Segalla illustrando le differenti caratteristiche della stabilizzazione del farmaco concorrente Spikevax di Moderna.

«A questo proposito, però, quanto riportato nel brevetto della stessa BioNTech (co- titolare, insieme a Pfizer, del vaccino Comirnaty) US 10,485,884 B2 RNA Formulation for Immunoterapy [Formulazioni a RNA per immunoterapia] del 26 novembre 2019, risulta ancor più esplicito al riguardo della “elevata tossicità” attribuita a “liposomi e lipoplexes” caricati positivamente».

«Ciò si riferisce a formulazioni a base di RNA incapsulato in nanoparticelle lipidiche cationiche – del tipo cioè di quelle usate nel Comirnaty – e denominate, in questo contesto, “lipoplexes”. Nella descrizione del brevetto, si spiega, fra l’altro, come le nanoparticelle cationiche contenenti RNA si formino soprattutto grazie a determinati rapporti di massa/carica tra i lipidi cationici (+) e le componenti anioniche (-) dell’ RNA, e come tali rapporti giochino un ruolo fondamentale anche per quanto riguarda il passaggio delle nanoparticelle contenenti RNA attraverso la membrana cellulare e il conseguente trasferimento dell’RNA all’interno della cellula (trasfezione) per modificarne le caratteristiche funzionali:

Con una minore carica positiva in eccesso, l’efficacia della trasfezione scende drasticamente, andando praticamente a zero. Sfortunatamente, però, per liposomi e lipoplexes [nanoparticelle lipidiche] caricati positivamente è stata segnalata un’elevata tossicità, che può essere un problema per l’applicazione di tali preparati come prodotti farmaceutici. [corsivi aggiunti] (Figura 26)».

«Le ragioni per cui i tamponi pH del tipo PBS non vanno assolutamente bene in preparati a base di nanoparticelle cationiche inglobanti RNA sono spiegate molto chiaramente nella sezione del brevetto intitolata “Effects of Buffers/ Ions on Particle Sizes and PI of RNA Lipoplexes” [Effetti dei tamponi / composti ionici sulle dimensioni e Indice di polidispersione delle nanoparticelle lipidiche contenenti RNA] del suddetto brevetto di BioNTech US 10,485,884 B2, 44 (47-50), 45 (4-6), 45 (31- 33)».

In condizioni fisiologiche (cioè a pH 7,4; 2,2 mM Ca++), è imperativo assicurarsi che ci sia un rapporto di carica prevalentemente negativa, a causa dell’ instabilità delle nanoparticelle lipidiche neutre o caricate positivamente. [corsivi aggiunti] (Figura 27)

«In altre parole, sulla base di quanto scientificamente documentato e riportato in un brevetto della stessa BioNTech, in aggiunta a quanto già descritto riguardo alla pericolosità intrinseca delle nanoparticelle lipidiche caricate positivamente, apprendiamo che un sistema colloidale di nanoparticelle lipidiche cationiche inglobanti mRNA.

NON dovrebbe contenere nella propria formulazione un tampone ionico come il PBS, al fine di prevenire fenomeni di aggregazione, agglomerazione, flocculazione delle nanoparticelle lipidiche, con tutte le conseguenze di ordine tossicologico sopra descritte.
NON dovrebbe contenere nella propria formulazione composti ionici (come ad es. cloruro di sodio), al fine di prevenire fenomeni di aggregazione, agglomerazione, flocculazione delle nanoparticelle lipidiche, con tutte le conseguenze di ordine tossicologico sopra descritte.
NON dovrebbe essere iniettato per via intramuscolare, a causa della sua instabilità quando viene a trovarsi nelle condizioni fisiologiche del distretto extracellulare (pH 7,4; 2,2 mM Ca++).
«Tutte e tre queste rigorose raccomandazioni, riportate nel succitato brevetto di BioNTech del 2019, sono spudoratamente disattese, o ignorate, nel 2020, sia da Pfizer-BioNTech sia dagli enti certificatori, sia nel merito della formulazione (ionico/ elettrolitico) sia in quello della destinazione d’uso (inoculazione intramuscolare) del preparato Comirnaty» rimarca il biochimico italiano segnalando che tali «criticità» sono «in palese contrasto con le specifiche e pertinenti raccomandazioni asserite dalla stessa BioNTech nel suo sopramenzionato brevetto US 10,485,884 B2»

 

14.08.23

«Per i suesposti motivi, questo giudicante ritiene non legittima e non conforme ai Principi Generali dell’Ordinamento e della Costituzione la normativa in materia di obbligo vaccinale, che pertanto va disapplicata. Con riguardo alle spese di giudizio sussistono giustificati motivi per compensarle, attesa la “particolarità” della materia trattata».

L’anonimo italiano over 50 che ha fatto ricorso al Giudice di Pace di Santa Maria Capua a Vetere contro l’imposizione della vaccinazione Covid e la conseguente multa da 100 euro emanata dall’Agenzia delle Entrate per conto del Ministero della Salute dovrà pagare solo una ventina di euro. Ovvero la metà dell’ammontare delle spese giudiziarie per ricorsi inferiori a 1.100 euro.

Non è il primo e non sarà l’ultimo pronunciamento giudiziario che contesta l’obbligatorietà dei sieri genici sperimentali. Il caso più famoso è ovviamente quello della giudice Susanna Zanda del Tribunale Civile di Firenze che, avendo osato anche segnalare i decessi per presunte reazioni avverse ai vaccini alla Procura della Repubblica di Roma, è finita nel fuoco incrociato della Procura Generale della Corte di Cassazione che ha aperto un procedimento disciplinare nei suoi confronti subito dopo le esternazioni politiche del Ministro della Giustizia Carlo Nordio.

«Ebbene, al di là delle pronunce del Consiglio d’Europa che ha avuto occasione di occuparsi della tematica della vaccinazione Covid (con la Risoluzione 2361 del 2021) e di decisioni, invece, contrarie, a parere di questo giudice, appaiono decisive le circostanze, ormai conclamate, che il non vaccinato — a prescindere dalle decisioni relative all’età — non ha determinato alcun rischio maggiore per la salute pubblica rispetto ai soggetti vaccinati provvisti di green pass, perché l’idoneità dei vaccini (quale strumento di prevenzione del contagio), non solo non è pari o vicina al 100 % ma si è di fatto rivelata prossima allo zero (Trib. Napoli marzo 2023)

«Il Tribunale del Lavoro di Catania, con la decisione del 14.03.2022, ribadisce che “sebbene non si ignori che l’impianto del D.D. 44/2021 sia ispirato alla finalità “di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza” (art. 4, co. 1, D.L. 44/2021), nell’ambito di una situazione emergenziale e del tutto straordinaria, le conseguenze che esso implica nella sfera del dipendente non vaccinato — e che si sono irrigidite a seguito delle modifiche apportate all’originaria formulazione del decreto – appaiono tuttavia eccessivamente sproporzionate e sbilanciate, nell’ottica della necessaria considerazione degli altri valori costituzionali coinvolti, tra cui, tra i primi, la dignità della persona, bene protetto da co. 2, 36,41 Cost. plurime previsioni della Carta: artt. 2, 3»

«Sebbene la legge possa prevedere l’obbligatorietà di determinati trattamenti sanitari, sono rarissimi, ed ancorati a precisi presupposti, ì casi in cui l’ordinamento consente la possibilità di eseguirli contro la volontà della persona (ad es., è il caso del TSO), valendo da sempre il principio che gli accertamenti ed i trattamenti obbligatori debbano essere ‘accompagnati da iniziative rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi vi è obbligato”…»

«E ciò a conferma della consapevolezza del legislatore che l’obbligo al trattamento sanitario costituisce pur sempre un’eccezione rispetto al principio, di cui è espressione l’art. 32 Cost., della libera determinazione dell’individuo in materia sanitaria».

In virtù di questi motivi ha accolto «il ricorso annullando il provvedimento opposto» dall’avvocato Alessandra De Rosa contro l’avviso di addebito di 100 euro al suo assistito.

 

08.08.23

Un manager della Pfizer in Oceania ha ammesso che agli impiegati australiani dell’azienda farmaceutica di New York sono somministrati dati lotti di vaccini differenti da quelli distribuiti al pubblico.

Lo ha dichiarato durante un’Audizione davanti al Senato Australiano che, a differenza dei politici dell’Unione Europea foraggiati dalle ONG di Bill Gates, ha già avviato un’inchiesta formale per indagare sulla natura dei sieri genici acquistati, sull’occultamento dei dati dei trials clinici e sui danni causati ai vaccinati.

L’ammissione è arrivata durante una rigorosa sessione di interrogatorio mercoledì, in cui il direttore medico nazionale di Pfizer Australia, il dott. Krishan Thiru, e il capo delle scienze normative, il dott. Brian Hewitt, hanno parlato davanti al “Comitato per la legislazione sull’istruzione e l’occupazione” del Senato australiano sui vaccini sperimentali contro il COVID-19, aggiunge Gateway Pundit

23.07.23

I vaccini Covid contengono proporzioni considerevoli di residui di DNA in grado di integrarsi permanentemente nel genoma umano, causando malattie croniche e tumori. Questo potrebbe anche spiegare l’eccesso di mortalità osservato dall’inizio delle campagne di vaccinazione.

L’ex banchiere svizzero Pascal Najadi e' l’autore di una denuncia penale per abuso di potere contro il presidente della Confederazione Alain Berset è vaccinato tre volte e altrettante volte si è costituito contro le autorità sanitarie da quando un’analisi del suo sangue gli ha rivelato che il suo organismo continua a produrre la proteina spike del vaccino più di 18 mesi dopo la sua ultima iniezione Pfizer/BioNTech.

Contattato, l’interessato ci ha fornito i risultati del laboratorio oltre ad una lettera del Prof. Sucharid Bhakdi confermando che “i risultati del test indicano chiaramente che il signor Najadi soffre di effetti irreparabili a lungo termine causati dal prodotto di mRNA iniettato fabbricato da PfizerBiontech.

L’ex banchiere aveva consultato l’Ufficio federale della sanità pubblica in Svizzera su questo argomento. Quest’ultimo non è stato in grado di dargli risposte, sostenendo che non poteva commentare un singolo caso. Pascal Najadi ne aveva dedotto che l’ufficio in realtà non controllava nulla riguardo a queste nuove tecnologie vaccinali.

La persistenza della presenza della proteina spike rilevata a Najadi e altri iniettati rimane ufficialmente inspiegabile ed è ben oltre i 14 giorni comunicati quando sono state lanciate le campagne di vaccinazione contro il Covid.

Tutti conoscono il DNA, rappresentato da una doppia elica e contenente il nostro codice genetico. L’RNA è costituito solo da un singolo filamento. La cellula lo produce secondo necessità leggendo parte del DNA che servirà poi come specifiche per la produzione di una proteina.

Una dose di “vaccino” Covid a RNA messaggero contiene miliardi di filamenti di RNA messaggero, che innescheranno la produzione di altrettante proteine ​​​​spike del virus SARS-CoV-2 nelle cellule che raggiungono. Queste proteine ​​spike attiveranno una risposta del sistema immunitario.

a proteina avanzata è stata anche presentata come sostanza innocua durante le campagne di vaccinazione quando è nota per essere tossica per l’organismo umano e causare la maggior parte delle complicanze del Covid, comprese le reazioni infiammatorie e allergiche.

Per comunicare, i batteri si scambiano importanti “messaggi” genetici con l’aiuto dei cosiddetti plasmidi. Ad esempio, se un batterio trova un nuovo meccanismo che aumenta la sua resistenza agli antibiotici, incapsula questa informazione in plasmidi, che verranno prodotti e ‘diffusi’ ad altri batteri.

Il processo di produzione dei filamenti di RNA dei vaccini Covid richiede appunto di passare attraverso la manipolazione genetica dei batteri mediante plasmidi, nei quali sarà stata precedentemente introdotta la sequenza di DNA corrispondente alla proteina spike di SARS-CoV-2.

Il plasmide viene propagato nei batteri e utilizzato come stampo per la produzione di massa di RNA messaggero che sarà in grado di innescare la produzione di proteine ​​spike nelle cellule vaccinate. Il DNA deve poi essere rimosso e l’RNA messaggero viene poi miscelato con i lipidi per produrre nanoparticelle in grado di portare l’mRNA nelle nostre cellule

Nell’ambito dell’autorizzazione all’immissione in commercio del vaccino Pfizer, l’Agenzia europea per i medicinali (Ema) si è quindi dovuta accontentare di consultare i dati forniti dal produttore. EMA ha espresso sorpresa al produttore per il fatto che il prodotto finale non fosse stato sequenziato geneticamente per garantire che contenesse solo RNA messaggero e nessun DNA o altri residui, apprende lo scienziato tedesco Florian Schilling in una presentazione

Pfizer ha risposto di aver rinunciato volontariamente al sequenziamento, ammettendo che non era certo ottimale, ma che era giustificato per ridurre i costi. Anche altri produttori hanno rinunciato a questo sequenziamento genetico come parte della loro garanzia di qualità.

Tra le tecniche alternative di valutazione del prodotto utilizzate da Pfizer c’è l’elettroforesi, che conta gli elementi presenti in una soluzione in base alla loro dimensione.

Nei documenti forniti da Pfizer alla WEA, l’RNA messaggero della proteina spike del vaccino è rappresentato da un alto picco centrale. L’anomalia sono le “pendenze” su entrambi i lati del picco, che rappresentano misteriosi “oggetti” genetici che non corrispondono alle dimensioni dell’RNA messaggero e non dovrebbero essere presenti in una soluzione purificata.

Anche l’EMA aveva voluto saperne di più e aveva richiesto i dati grezzi a Pfizer. Il produttore aveva accettato di fornirli ma ad oggi non sono ancora stati consegnati.

Un gruppo di ricercatori, preoccupato in particolare per le conseguenze delle iniezioni di Covid sui giovani, ha deciso all’inizio del 2023 di prendere in mano la situazione e mettere in sequenza lotti di “vaccini” di Pfizer e Moderna. Il loro intero approccio è spiegato in dettaglio in un primo articolo e nel suo supplemento scritto da Kevin McKernan, biologo molecolare, specialista in manipolazione genetica e sequenziamento, che ha partecipato all’analisi.

Le loro scoperte sono di natura inquietante:

Quantità di DNA anormalmente elevata – La presenza di plasmidi contenenti DNA proteico spike è stata confermata in proporzioni notevoli per i “vaccini” di Pfizer e Moderna: tra il 20 e il 35%, ben oltre i limiti di contaminazione fissati dall’EMA (0,033%) . Una singola dose contiene quindi diversi miliardi di questi plasmidi che servivano per produrre l’RNA messaggero e che poi avrebbero dovuto essere eliminati. Queste informazioni sono già prova della non conformità di questi prodotti alle normative vigenti.


Accelerazione della resistenza agli antibiotici – Fatto preoccupante, il DNA di questi plasmidi contiene geni che li rendono resistenti a due antibiotici: neomicina e kanamicina. L’introduzione di miliardi di geni di resistenza agli antibiotici in plasmidi altamente replicabili, consentendo la selezione di batteri resistenti a questi trattamenti nel microbioma, dovrebbe sollevare preoccupazioni sull’accelerazione della resistenza agli antibiotici su scala globale. Alcuni esperti stimavano già prima della crisi del Covid che entro il 2050 non avremmo più avuto antibiotici efficaci.
Elevato fattore di errore di copia – Gli scienziati affermano che la presenza di un nucleotide chiamato pseudouridina è molto preoccupante poiché è noto che ha un tasso di errore di copia di uno su 4000 nucleotidi, ovvero tra 5 e 8,5 milioni di possibili errori di copia per dose di vaccino. E nessuno può dire a cosa corrispondano questi errori poiché sono imprevedibili.


Integrazione permanente e transgenerazionale: i plasmidi vaccinali possono raggiungere un batterio o una cellula umana. Quest’ultimo caso è considerato problematico perché è possibile che il filamento di DNA contenuto nel plasmide sia permanentemente integrato nel codice genetico della cellula umana, permettendole in qualsiasi momento di produrre autonomamente la proteina spike del vaccino, per tutta la vita. Con ogni probabilità, questo è ciò che sta accadendo ai clienti di Pascal Najadi e Me Ulbrich in Germania. L’insegnante. Bhakdi ha ricordato a questo proposito che ogni divisione cellulare è un’opportunità per questo DNA importato di modificare il genoma dell’ospite. Se questa integrazione avviene in una cellula staminale, ovulo o spermatozoo, la modificazione genetica verrà trasmessa alle generazioni successive.

Questo è grave perché oggi la scienza non offre uno strumento per rimuovere un gene. Più incomprensibilmente, il DNA del plasmide utilizzato da Pfizer contiene una sequenza (SV 40) che gli permette di essere trasferito nel nucleo anche quando la cellula non si sta dividendo e quindi di influenzare le cellule. La sua presenza è comunque inutile per la produzione di RNA messaggero nei batteri. Questa sequenza è assente dai plasmidi utilizzati da Moderna.

l vaccino Covid di Johnson & Johnson presenta un rischio di integrazione ancora maggiore perché si basa su un virus a DNA e utilizza un promotore molto più potente dell’SV 40, chiamato CMV. Ciò comporta un rischio molto più elevato di oncogenesi e continua produzione di proteine ​​spike rispetto agli RNA messaggeri, afferma Marc Wathelet, biologo molecolare e specialista di coronavirus che abbiamo consultato (vedi intervista alla fine dell’articolo).

Poiché il DNA della proteina spike del plasmide prende di mira le cellule dei mammiferi, ci sono pochissime possibilità che si integri permanentemente nel genoma di un batterio intestinale. Non riuscendo a diventare fabbriche proteiche avanzate, questi batteri – che non sono cellule umane – potrebbero invece moltiplicare i plasmidi del vaccino e contribuire così ad aumentare il rischio di contaminazione con cellule umane, chiamato “bactofezione” o “trasfezione”.

Marc Wathelet conferma che se “il rischio di contaminazione dei batteri nel microbioma rimane basso, sono i rischi di infiammazione e soprattutto di tumori legati alla contaminazione delle cellule del corpo delle persone vaccinate da parte del DNA che sono più preoccupanti”.

L’esperto sottolinea che è “impossibile quantificare questo rischio”. Trova “un aumento di alcuni tumori, ma non è chiaro se sia dovuto a DNA, mRNA, un indebolimento del sistema immunitario, lipidi nelle nanoparticelle o una combinazione di questi fattori

 

21.07.23

Come risulta, la proteina spike e l’mRNA non sono gli unici rischi di queste iniezioni. Il team di McKernan ha anche scoperto i promotori del virus della simmia 40 (SV40) che, da decenni, sono sospettati di provocare il cancro negli esseri umani, compresi mesoteliomi, linfomi e tumori del cervello e delle ossa.3 I risultati4,5,6,7 sono stati pubblicati su OSF Preprints all’inizio di aprile 2023. Come spiegato nell’abstract:8

“Sono stati utilizzati diversi metodi per valutare la composizione degli acidi nucleici di quattro fiale scadute dei vaccini mRNA bivalenti Moderna e Pfizer. Sono stati valutati due flaconi di ciascun fornitore… Molteplici test supportano una contaminazione da DNA che supera i requisiti dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) di 330ng/mg e della FDA [Food and Drug Administration] di 10ng/dose…

Come riportato in una recensione del libro di Lancet “The Virus and the Vaccine: The True Story of a Cancer-Causing Monkey Virus, Contaminated Polio Vaccine and the Millions of Americans Exposed”:13

“Nel 1960, gli scienziati e i produttori di vaccini sapevano che i reni delle scimmie erano fogne di virus scimmieschi. Tale contaminazione spesso rovinava le colture, comprese quelle di una ricercatrice del NIH di nome Bernice Eddy, che lavorava sulla sicurezza dei vaccini… La sua scoperta… minacciava uno dei più importanti programmi di salute pubblica degli Stati Uniti…”.

Eddy cercò di informare i colleghi, ma fu imbavagliata e privata dei suoi compiti di regolamentazione dei vaccini e del suo laboratorio… [Due] ricercatori della Merck, Ben Sweet e Maurice Hilleman, identificarono presto il virus del rhesus, poi chiamato SV40, l’agente cancerogeno che era sfuggito a Eddy.

“Nel 1963, le autorità statunitensi decisero di passare alle scimmie verdi africane, che non sono ospiti naturali dell’SV40, per produrre il vaccino antipolio. A metà degli anni ’70, dopo studi epidemiologici limitati, le autorità conclusero che, sebbene l’SV40 causasse il cancro nei criceti, non sembrava farlo nelle persone.

“Arriviamo agli anni ’90: Michele Carbone, allora all’NIH [National Institutes of Health], stava lavorando sul modo in cui l’SV40 induce i tumori negli animali. Uno di questi era il mesotelioma, un raro tumore della pleura che nelle persone si pensa sia causato principalmente dall’amianto. L’ortodossia riteneva che l’SV40 non causasse tumori nell’uomo.

“Incoraggiato da un articolo del 1992 del NEJM [New England Journal of Medicine] che aveva trovato ‘impronte’ di DNA di SV40 nei tumori cerebrali infantili, Carbone ha analizzato biopsie di tumori umani di mesotelioma presso il National Cancer Institute: Il 60% conteneva DNA di SV40. Nella maggior parte di esse, il virus della scimmia era attivo e produceva proteine.

“Carbone pubblicò i suoi risultati su Oncogene nel maggio 1994, ma l’NIH rifiutò di renderli pubblici… Carbone… si trasferì alla Loyola University. Lì ha scoperto come l’SV40 disabilita i geni soppressori del tumore nel mesotelioma umano e ha pubblicato i suoi risultati su Nature Medicine nel luglio 1997. Anche studi in Italia, Germania e Stati Uniti hanno mostrato associazioni tra SV40 e tumori umani”.

“Incoraggiato da un articolo del 1992 del NEJM [New England Journal of Medicine] che aveva trovato ‘impronte’ di DNA di SV40 nei tumori cerebrali infantili, Carbone ha analizzato biopsie di tumori umani di mesotelioma presso il National Cancer Institute: Il 60% conteneva DNA di SV40. Nella maggior parte di esse, il virus della scimmia era attivo e produceva proteine.

“Carbone pubblicò i suoi risultati su Oncogene nel maggio 1994, ma l’NIH rifiutò di renderli pubblici… Carbone… si trasferì alla Loyola University. Lì ha scoperto come l’SV40 disabilita i geni soppressori del tumore nel mesotelioma umano e ha pubblicato i suoi risultati su Nature Medicine nel luglio 1997. Anche studi in Italia, Germania e Stati Uniti hanno mostrato associazioni tra SV40 e tumori umani”.

 Torniamo alle scoperte di McKernan, che oltre al video in evidenza sono discusse anche nel podcast di Daniel Horowitz qui sopra. In breve, il suo team ha scoperto livelli elevati di plasmidi di DNA a doppio filamento, compresi i promotori SV40 (sequenza di DNA essenziale per l’espressione genica) che sono noti per innescare lo sviluppo del cancro quando incontrano un oncogene (un gene che ha il potenziale di causare il cancro).

Il livello di contaminazione varia a seconda della piattaforma utilizzata per la misurazione, ma indipendentemente dal metodo utilizzato, il livello di contaminazione del DNA è significativamente superiore ai limiti normativi sia in Europa che negli Stati Uniti, afferma McKernan. Il livello più alto di contaminazione del DNA riscontrato è stato del 30%, un dato piuttosto sorprendente.

Come spiegato da McKernan, quando si utilizza un tipico test PCR, si viene considerati positivi se il test rileva il virus SARS-CoV-2 utilizzando una soglia di ciclo (CT) di circa 40. In confronto, la contaminazione del DNA viene rilevata con TC inferiori a 20. Ciò significa che la contaminazione è di un milione di milioni di unità.

Ciò significa che la contaminazione è un milione di volte superiore alla quantità di virus che si dovrebbe avere per risultare positivi al test COVID-19. “Quindi, c’è un’enorme differenza per quanto riguarda la quantità di materiale presente”, afferma McKernan.

Nel suo articolo su Substack14 , McKernan sottolinea anche che chi sostiene che il DNA a doppio filamento e l’RNA virale siano una falsa equivalenza, perché l’RNA virale è in grado di replicarsi, si sbaglia.

“La maggior parte dell’sgRNA che state rilevando in un tampone nasale nel vostro naso NON È ADEGUATO ALLA REPLICAZIONE, come dimostrato da Jaafar et al.15 È solo un frammento di RNA che dovrebbe avere una longevità inferiore nelle vostre cellule rispetto ai frammenti contaminanti di dsDNA”, scrive.

Se si sequenzia il DNA, si scopre che corrisponde a quello che sembra essere un vettore di espressione usato per produrre l’RNA… Ogni volta che vediamo una contaminazione del DNA, come quella dei plasmidi, finire in un prodotto iniettabile, la prima cosa a cui si pensa è se sia presente l’endotossina dell’E. coli (Escherichia coli, ndr), perché crea anafilassi per chi viene iniettato.
 

Mentre i deceduti non vaccinati sono stati soltanto 304 e quelli vaccinati con ciclo incompleto (senza seconda dose) 25. Il periodo preso in considerazione dalla tabella ISS è quello che va dal 29 aprile al 29 maggio 2022.

 

La tabella del Bollettino Covid-19 pubblicato il 24 giugno scorso dall’Istituto Superiore della Sanità di Roma – link a fondo pagina

 

«Numerosi studi riportano l’insorgenza di reazioni autoimmuni a seguito della vaccinazione contro il COVID-19 (Gadi et al., 2021; Watad et al., 2021; Bril et al., 2021; Portoghese et al., 2021; Ghielmetti et al., 2021; Vuille – Lessard et al., 2021; Chamling et al., 2021; Clayton-Chubb et al., 2021; Minocha et al., 2021; Elrashdy et al., 2021; Garrido et al., 2021; Chen et al., 2022; Fatima et al., 2022; Mahroum et al., 2022; Finsterer, 2022; Garg & Paliwal, 2022; Kaulen et al., 2022; Kwon & Kim, 2022; Ruggeri, Giovanellla & Campennì, 2022). I dati istopatologici forniscono una prova indiscutibile che dimostra che i vaccini genetici presentano una distribuzione fuori bersaglio, provocando la sintesi della proteina spike e innescando così reazioni infiammatorie autoimmuni, anche in tessuti terminali differenziati».

Furono proprio gli esami patologici del medico tedesco Morz a rilevare l’anomala persistenza nel corpo umano della proteina Spike di cui un altro studio americano asseverato dalla virologa Jessica Rose spiegò la proliferazione attraverso i plasmidi di RNA.

«In generale, i potenziali rischi dei vaccini genetici che inducono le cellule umane a diventare bersagli per l’attacco autoimmune non possono essere valutati completamente, senza conoscere l’esatta distribuzione e cinetica di LNP e mRNA, nonché la produzione e la farmacocinetica della proteina spike».

Lo studio sottoscritto anche da Donzelli e Bellavite poi conclude:

«Poiché il corpo umano non è un sistema strettamente compartimentato, questo è motivo di seria preoccupazione per ogni vaccino genetico attuale o futuro che induca le cellule umane a sintetizzare antigeni non self. Infatti, per i tessuti terminalmente differenziati, la perdita di cellule determina un danno irreversibile con prognosi potenzialmente fatale. In conclusione, alla luce delle innegabili prove di distribuzione fuori bersaglio, la somministrazione di vaccini genetici contro COVID-19 dovrebbe essere interrotta fino a quando non saranno eseguiti accurati studi di farmacocinetica, farmacodinamica e genotossicità, oppure dovrebbero essere somministrati solo in circostanze quando i benefici superano di gran lunga i rischi».

L’invito a indagare sui danni da sieri genici e a fermarne l’inoculazione è giunto anche da una ricercatrice dell’Istituto Superiore della Sanità e dalla sentenza del Tribunale di Firenze che ha inviato gli atti alla Procura della Repubblica di Roma per un’accurata inchiesta.

 

di Peter McCullough – pubblicato in origine sul suo Substack

Mi viene spesso chiesto: perché tante persone che hanno assunto il vaccino COVID-19 stanno apparentemente bene, mentre altre subiscono danni al cuore, ictus, coaguli di sangue e finiscono per essere invalide o morte? Da molti mesi si sospetta che ci possano essere variazioni nei lotti o nelle partite di vaccino che potrebbero spiegare in parte queste osservazioni. In altre parole, non tutti ricevono la stessa dose di mRNA.

In base all’autorizzazione all’uso in emergenza, le aziende produttrici di vaccini e i loro subappaltatori non effettuano alcuna ispezione delle fiale finali riempite e finite. Si tratta di una situazione senza precedenti per un prodotto di largo uso di qualsiasi tipo.

È possibile che le nanoparticelle lipidiche si aggreghino in sospensione e quindi alcuni lotti potrebbero contenere più mRNA di altri. Allo stesso modo, poiché le dimensioni dei lotti sono variate nel tempo, è possibile che i contaminanti del processo di produzione si concentrino in alcuni lotti più piccoli rispetto a quelli più grandi.

Infine, il trasporto, la conservazione e l’uso del prodotto possono essere fattori che denaturano l’mRNA, tra cui il riscaldamento, l’aria iniettata nelle fiale e gli aghi multipli immersi nella sospensione.

Il problema della contaminazione è emerso quando il Giappone ha restituito milioni di dosi e sono stati riscontrati detriti visibili sul fondo delle fiale. Inoltre, poiché i contactor di biodifesa utilizzano sfere metalliche, è possibile che i lotti iniziali più piccoli avessero detriti magnetici che spiegavano il “magnetismo” nel braccio in cui veniva somministrata l’iniezione, come riportato all’inizio della campagna vaccinale.

Un rapporto di Schmeling e collaboratori sul vaccino Pfizer BNT162b2 mRNA COVID-19 ha rilevato che il 71% degli eventi avversi gravi proveniva dal 4,2% delle dosi (lotti ad alto rischio), mentre <1% di questi eventi proveniva dal 32,1% delle dosi (lotti a basso rischio). La variazione spiegata per i lotti ad alto e moderato rischio è stata rispettivamente del 78 e dell’89%. Pertanto, più dosi sono state somministrate da quelle fiale, maggiore è stato il numero di effetti collaterali segnalati. Ciò significa che la maggior parte del rischio risiede nell’iniezione e non nella persona che l’ha ricevuta.

Si tratta di risultati di importanza cruciale. Essi implicano che la debacle del vaccino COVID-19 è effettivamente un problema di prodotto e non è dovuta alla suscettibilità del paziente nella maggior parte delle circostanze. Inoltre, la mancanza di ispezioni ha portato a un disastro di sicurezza. Alcuni sfortunati pazienti ricevono una quantità eccessiva di mRNA, di contaminanti o di entrambi e sono quindi esposti a iniezioni dannose e, in alcuni casi, letali.

 

IN ITALIA

Il trait d’union tra questa nuova ricerca sponsorizzata dalla Commissione Europea e Rappuoli è proprio la Fondazione Toscana Life Sciences (TLS) che ha creato un park science accentratore di aziende operanti in campo sanitario medico, diagnostico e farmaceutico.

TOSCANA LIFE SCIENCES NEL BIOTECNOPOLO DI SIENA
TLS è anche deputata a diventare uno dei pilastri del progetto del Biotecnopolo di Siena, in fase di realizzazione nell’ex caserma in Viale Cavour, che riceverà una cospicua dotazione finanziaria dal Piano Nazionale Ripresa e Resilienza (PNNR) così suddivisa: 9 milioni di euro per il 2022, 12 milioni per il 2023 e 16 milioni per il 2024. Ma la fetta più grossa spetta proprio all’hub antipandemico (Centro Nazionale Antipandemico – CNAP), che riceverà 340 milioni di euro da qui al 2026.

Una somma ingente in considerazione che le finalità sono praticamente analoghe a quelle del Fondazione Centro Nazionale di Ricerca “Sviluppo di terapia genica e farmaci con tecnologia a RNA” che vede come capofila l’Università di Padova e come partner altri atenei italiani ma, soprattutto, le Big Pharma dei vaccini Pfizer, Biontech e AstraZeneca.

Dal canto suo la Fondazione Toscana Life Sciences (TLS) fin dall’agosto 2022 aveva subito accolto «con estremo favore la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (GU) della Repubblica Italiana dello Statuto della Fondazione Biotecnopolo, che avrà sede legale e operativa a Siena. Un passo molto atteso che include la partecipazione della Fondazione Toscana Life Sciences in qualità di “nuovo fondatore” attraverso la stipula di un atto convenzionale entro sessanta giorni dall’adozione dello Statuto stesso. Sono soci fondatori il Ministero dell’Università e della Ricerca, il Ministero della Salute, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e il Ministero dello Sviluppo Economico, cui si aggiungerà la Fondazione TLS come “nuovo fondatore”

Esaote (che ha sede a Genova ma una filiale a Firenze) e TLS, nella primavera 2021, si trovarono insieme a un vertice convocato dalla Regione Toscana per costruire un eco-sistema per un vaccino anti Covid-19 made in Tuscany. All’incontro presero parte, oltre agli assessori Simone Bezzini (Sanità) e Leonardo Marras (Attività produttive), i rappresentanti del Gruppo farmaceutico Menarini, di Kedrion, Eli Lilly, Molteni Farmaceutici, Diesse Diagnostica, Aboca, Abiogen, e di Gsk Vaccines.

Ora il Biotecnopolo di Siena e Toscana Life Sciences si assumeranno l’onere di portare avanti questo obiettivo puntando sulla figura di Rappuoli.

La Fondazione Toscana Life Sciences è il soggetto operativo che coordina e gestisce le attività del Distretto Toscano Scienze della Vita, il cluster regionale che aggrega tutti i soggetti pubblici e privati che operano nei settori delle biotecnologie, del farmaceutico, dei dispositivi medici, della nutraceutica, della cosmeceutica e dell’Ict applicato alle life sciences.

E’ nata nel 2011 per iniziativa della Regione Toscana allora governata dal presidente Alberto Monaci, bancario e ex deputato della Democrazia Cristiana e poi del Partito Democratico, ed oggi rappresenta un ecosistema dell’innovazione che raggruppa oltre 32 Centri Ricerca e 14 Enti di Ricerca, incluse le Università toscane (Firenze, Pisa, Siena); le Scuole Superiori (Scuole di Alta Formazione Sant’Anna e Normale di Pisa e Istituto di Alti Studi Imt di Lucca); gli Istituti del CNR. Sono affiliate al Distretto oltre 200 aziende del settore pharma, medical devices, biotech, ICT for health, nutraceutica, servizi correlati, per oltre 6 miliardi di fatturato.

Tra queste spicca il nome della bio-farmaceutica Kedrion della famiglia Marcucci dell’ex senatore del PD Andrea Marcucci (non riconfermato alle elezioni del 2022) che attirò l’attenzione dei media per l’interessamento a gestire a livello industriale (con una società Israeliana del Gruppo della Big Pharma americana Moderna finanziata da Gates) le cure del Covid-19 col plasma del medico Giuseppe De Donno, primario di Pneumologia dell’ospedale Poma di Mantova, morto suicida in circostanze misteriose dopo che la sperimentazione fu sottratta dal governo al suo centro di ricerca e assegnata a quello di Pisa.

 

 

NO AL NUCLEARE , SULL'H2-FOTOVOLTAICO  NON SI SPECULA
  1. IL RAZIONAMENTO ENERGETICO NON RISOLTO CON LE RINNOVABILI PUO' ESSERE USATO  PER  GIUSTIFICARE IL NUCLEARE CHE UCCIDE VEDI RUSSIA E GIAPPONE.
  2. CON LA SCUSA DEL NUCLEARE SI PUO' FAR PAGARE 10 QUELLO CHE VALE 1
  3. MENTRE LA FRANCIA INVESTE PER SANARE LO SFASCIO DEL NUCLEARE L'ITALIA CI VUOLE ENTRARE ?
  4. GLI INCIDENTI NUCLEARI IN RUSSIA E GIAPPONE NON CI HANNO INSEGNATTO NULLA ? NE VOGLIAMO UNO ANCHE IN ITALIA ?

 

LA CHIMERA MANGIA-SOLDI DELLA FUSIONE NUCLEARE    FUSIONE NUCLEARE    QUANTE RINNOVABILI SI POSSONO FARE ? IL CNR SPENDE PIU' PER IL FINTO NUCLEARE CHE PER LA BANCA DEL SEME AGRICOLO.

IL FUTURO H2 CHE NON SI VUOLE VEDERE

E' ASSURDO CONTINUARE A PENSARE DI GESTIRE A COSTI BASSI ECONOMICAMENTE VANTAGGIOSI LA FUSIONE NUCLEARE QUANDO ESISTONO ENERGIE RINNOVABILI MOLTO più CONTROLLABILI ED EFFICIENTI A COSTI più BASSI, COME DIMOSTRA IL : https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/ip_22_3131

 

   INFETT VIRUS  DIO UOMINI      IL DOPPIO SACRILEGIO DELLA BESTEMMIA     BESTEMMIA

   RICETTA LIEVITO MADRE LIEVITO MADRE

RICAMBIO POLITICO BLOCCATO BLOCCO   ROMA  MELONI    INTERNI

 

L'Ucraina in fiamme - Documentario di Igor Lopatonok Oliver Stone 2016 (sottotitoli italiano)

https://www.youtube.com/watch?v=2AKpsBF-bvo

"Abbiamo creato un archivio online per documentare i crimini di guerra della Russia". Lo scrive su Twitter il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba. "Le prove raccolte delle atrocità commesse dall'esercito russo in Ucraina garantiranno che questi criminali di guerra non sfuggano alla giustizia", aggiunge, con il link al sito in inglese

https://war.ukraine.ua/russia-war-crimes/

 

 

 

Cosa c’entra il climate change con l’incidente al ghiacciaio della Marmolada?

 

Temperature di 10°C a 3.300 metri di altezza da giorni, anomalie termiche pronunciate da maggio. Sono questi i fattori alla base del crollo del seracco che ha travolto due cordate di alpinisti domenica 3 luglio sotto Punta Penia

 

Ghiacciaio della Marmolada: il climate change fa almeno 6 morti
crediti: Local Team

Il ghiacciaio della Marmolada si sta ritirando di 6 metri l’anno

(Rinnovabili.it) – Almeno 10 morti, 9 feriti e un disperso. È il bilancio provvisorio dell’incidente che ha coinvolto il 3 luglio due cordate di alpinisti nella zona di Punta Rocca, proprio sotto il ghiacciaio della Marmolada. Una parte del ghiacciaio è collassata per le temperature elevate, scivolando rapidamente a valle in una enorme valanga di ghiaccio, pietre e acqua fusa.

La dinamica dell’incidente

Verso le 14 del 3 luglio ha ceduto un seracco del ghiacciaio della Marmolada, la vetta più alta delle Dolomiti, tra Punta Rocca e Punta Penia a oltre 3000 metri di quota. La scarica che si è creata è stata imponente, alta 60 metri con un fronte largo circa 200, e ha investito un tratto della via normale per la cima di Punta Penia precipitando a 300 km/h.

Il punto di distacco del seracco è ben visibile in alto a destra. Crediti: Local Team.

Ogni ghiacciaio ha dei seracchi, blocchi di ghiaccio che assomigliano a dei pinnacoli e si formano con il movimento del corpo glaciale. Scorrendo verso il basso, il ghiacciaio incontra delle variazioni nella pendenza della montagna. Queste deformano il ghiacciaio e provocano la formazione di crepacci, che a loro volta danno luogo a delle “torri” di ghiaccio, i seracchi. Queste formazioni, seppur normali, sono per loro natura instabili. Tendono a cadere a valle, ricompattandosi con il resto del corpo glaciale, ed è difficile prevedere quando esattamente un evento del genere si può verificare.

Il climate change sul ghiacciaio della Marmolada

Il distacco del seracco dal ghiacciaio della Marmolada, con ogni probabilità, è stato facilitato e reso più rovinoso dal cambiamento climatico. Negli ultimi giorni, anche sulle cime di quel settore delle Dolomiti il termometro è salito regolarmente a 10°C. Ma è da maggio che si registrano anomalie termiche molto pronunciate.

Anomalie che investono tutto l’arco alpino. Sulla cima del monte Sonnblick, in Austria, 100 km più a nord-est, uno degli osservatori con le serie storiche più lunghe e affidabili della regione alpina ieri segnalava il quasi completo scioglimento del manto nevoso. Un dato che illustra molto bene quanto l’estate del 2022 sia eccezionale: lì la neve non si era mai sciolta prima del 13 agosto (capitò nel 1963 e nel caldissimo 2003).

Che legame c’è tra il crollo del seracco e le temperature elevate? Secondo la società meteorologica alpino-adriatica, “il ghiacciaio si è destabilizzato alla base a causa della grande disponibilità di acqua di fusione dopo settimane di temperature estremamente elevate e superiori alla media”. Il caldo ha accelerato lo scioglimento del ghiacciaio: “la lubrificazione dell’acqua alla base (o negli interstrati) e l’aumento della pressione nei crepacci pieni d’acqua sono probabilmente le cause principali di questo evento catastrofico”.

Normalmente, il ghiaccio sciolto – acqua di fusione – penetra fra gli strati di ghiaccio o direttamente sul fondo del ghiacciaio, incuneandosi tra massa glaciale e rocce sottostanti, per sgorgare poi al fondo della lingua glaciale. Questo processo “lubrifica” il ghiacciaio, accelerandone lo scivolamento, ma può anche creare delle “sacche” piene d’acqua che non trova uno sfogo e preme sul resto del ghiacciaio.

Come tutti gli altri ghiacciai alpini, anche il ghiacciaio della Marmolada è in veloce ritirata a causa del riscaldamento globale. L’ultima campagna di rilevazioni, condotta dal Comitato Glaciologico Italiano e da Arpa Veneto lo scorso agosto, ha segnalato un ritiro di 6 metri in appena 1 anno, mentre la perdita complessiva di volume raggiunge il 90% in 100 anni.

Il cambiamento climatico corre più veloce sulle Alpi che nel resto del pianeta, facendo delle terre alte uno dei settori più vulnerabili. Un aumento della temperatura globale di 1,5 gradi si traduce in un innalzamento, sulle montagne italiane, di 1,8 gradi (con un margine d’errore di ±0,72°C). Superare i 2 gradi a livello globale significa invece Alpi 2,51°C più calde (±0,73°C). Ma durante i mesi estivi, l’aumento di temperatura è ancora più pronunciato e può arrivare, rispettivamente, a 2,09°C ±1,24°C e a 2,81°C ±1,23°C.

 

 

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LA STRAGE DI USTICA

«Il 22 maggio 1988 il sommergibile Nautile esplora il Mar Tirreno alla ricerca del Dc9 Itavia. Alle 11,58 le telecamere inquadrano una forma particolare. Uno dei due operatori dell’Ifremer scandisce in francese la parola “misil”. Alle 13,53 s’intravede un’altra classica forma di missile. Le ricerche della società di Tolone vengono sospese tre giorni dopo. L’ingegner Jean Roux, dirigente della sezione recuperi dell’Ifremer, subisce uno stop inspiegabile dall’ingegner Massimo Blasi, capo della commissione dei periti del Tribunale di Roma» si legge ancora nell’articolo.

«I due missili non vengono raccolti neppure durante la seconda operazione di recupero affidata a una società inglese. Forse, perché la Stella di Davide è intoccabile? – si domanda Lannes – Trascorrono tre anni prima che i periti di parte abbiano la possibilità di visionare i nastri dell’operazione Ifremer. Secondo un primo tentativo di identificazione di tratta di un “Matra R 530 di fabbricazione francese” e di uno “Shafrir israeliano”. I dati tecnici parlano chiaro. Quel Matra è “lungo 3,28 metri, ha un diametro di 26 centimetri con ingombro alare di 110, pesa 110 chilogrammi: è munito di una testata a frammentazione e può colpire il bersaglio a 3 km di distanza con la guida a raggi infrarossi e a 15 km con la guida radar semiattiva”. L’altro missile è “lungo 2,5 metri, 16 centimetri di diametro e 52 di apertura alare, pesa 93 kg e ha una gittata di 5 km”. Entrambi i missili erano in dotazione ai caccia di Israele, in particolare: Mirage III, Kfir, F4, A4, F15, F16. Uno di quei missili è stato lanciato contro il Dc9».

Lannes ha aggiunto particolari agghiaccianti. «Qualche anno fa – accompagnato alla Procura della Repubblica di Roma da due poliziotti della scorta della Polizia di Stato – ho riferito, o meglio verbalizzato ai magistrati Amelio e Monteleone quanto avevo scoperto indagando per dieci anni sulla strage di Ustica. Ed ho indicato loro alcuni testimoni (ex militari) mai interrogati dall’autorità giudiziaria. Uno di essi (un ex ufficiale della Marina Militare) ha dichiarato che il 27 giugno 1980 era in corso un’imponente esercitazione aeronavale della NATO nel Mar Tirreno. E che l’unità su cui era imbarcato, la Vittorio Veneto non ha prestato alcun soccorso, pur essendo vicina al luogo di impatto del velivolo civile, ma ricevette l’ordine di far rientro a La Spezia. Due di questi ex militari, già appartenenti all’Aeronautica Militare sono stati minacciati, ed uno di essi ha subito addirittura un trattamento sanitario obbligatorio messo in atto dall’Arma Azzurra».

 

 

IL VERO OBBIETTIVO DELLA MAFIA ESSERE LEGITTIMATA A TRATTARE ALLA PARI CON LO STATO.

QUESTO LA HA FATTO LO GIURISPRUDENZA DELLA TRATTATIVA STATO MAFIA  CHE HA LEGITTIMATO DI FATTO LA MAFIA A TRATTARE ALLA PARI CON LO STATO.

LA RESPONSABILITA' DEI SERVIZI SEGRETI NELLA MORTE DI FALCONE E BORSELLINO , E PALESE.

I SERVIZI SEGRETI DIPENDONO DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO


Dichiarazione di Giuliano AMATO

«Stragi del '92 con matrice oscura. Giusto l'intervento di Pisanu» - INTERVISTA

(02 luglio 2010) - fonte: Corriere della Sera - Giovanni Bianconi - inserita il 02 luglio 2010 da 31

«Certo che il nostro è uno strano Paese», esordisce Giuliano Amato, presidente del Consiglio nel 1992 insanguinato dalle stragi di mafia, e dunque testimone diretto di quella drammatica stagione rievocata nella relazione del presidente della commissione parlamentare antimafia Giuseppe Pisanu.

Perché, presidente?

«Perché quando un personaggio di primissimo rango come Giulio Andreotti esce indenne da un lungo processo si dice che questo capita se si confonde la responsabilità penale con quella politica, mentre quando un presidente dell`Antimafia come Pisanu si sforza di cercare responsabilità politiche laddove non ne sono state individuate di penali gli si risponde che bisogna lasciar lavorare i giudici. Ma allora che bisogna fare?».

Secondo lei?

«Secondo me il lavoro di Pisanu è legittimo e prezioso, perché può aiutare la politica a cercare delle chiavi di lettura che non possono sempre venire dalla magistratura. E a trovare finalmente il giusto modo di affrontare la questione mafiosa. Provando a capire che cosa è accaduto in passato si può affrontare meglio anche il presente».

Il passato, in questo caso, sono le stragi del 1992 e 1993. Lei divenne capo del governo dopo la morte di Giovanni Falcone e prima di quella di Borsellino. Ha avuto la sensazione di «qualcosa di simile a una trattativa», come dice Pisanu?

«Sinceramente no. L`ho detto anche ai procuratori di Caltanissetta quando mi hanno interrogato.
Io in quelle settimane ero molto impegnato ad affrontare l`emergenza economico-finanziaria, dovevamo fare una manovra da 30.000 miliardi di lire per il`92 e impostare quella del `93. La strage di via D`Amelio ci colse nel pieno dei vertici economici internazionali.
Ricordo però che dopo quel drammatico avvenimento ebbi quasi un ordine da Martelli, quello di far approvare subito il decreto-legge sul carcere duro per i mafiosi varato dopo l`eccidio di Capaci. Andai di sera dal presidente del Senato Spadolini, ed ottenni una calendarizzazione ad horas del provvedimento».

Dei contatti tra alcuni ufficiali del Ros dei carabinieri e l`ex sindaco mafioso di Palermo Ciancimino lei sapeva qualcosa, all`epoca?

«No, però voglio dire una cosa. Che ci sia stato un certo lavorio di qualche apparato a livello inferiore è possibile, ma pensare che dei contatti poco chiari potessero avere una sponda in Nicola Mancino che era stato appena nominato ministro dell`Interno è un ipotesi che considero offensiva, in primo luogo per lo stesso Mancino. Sulle ragioni della sua nomina è Arnaldo Forlani che può fare chiarezza».

Perché?

«Perché la Dc di cui allora era segretario decise, o fu spinta a decidere, che bisognava tagliare Gava dal governo. Ma a Gava bisognava comunque trovare una via d`uscita onorevole, individuata nella presidenza del gruppo al Senato che era di Mancino».

L`ex presidente del Consiglio Ciampi ha ripetuto che dopo le stragi del '93 lui, da Palazzo Chigi, ebbe timore di un colpo di Stato. Lei pensò qualcosa di simile, nello stesso posto, dopo le bombe del '92?

«No, ma del resto non ebbi timori di quel genere nemmeno dopo le stragi degli anni Settanta. All`indomani di via D`Amelio non ebbi allarmi particolari dal ministro dell`Interno, né dal capo della polizia Parisi o da quelli dei servizi segreti. Parisi lo trovai ai funerali di Borsellino, dove io e il presidente Scalfaro subimmo quasi un`aggressione e avemmo difficoltà ad entrare in chiesa.
Ma attribuimmo l`episodio alla rabbia contro lo Stato che non era riuscito ad evitare quella morte. Il problema che ancora oggi resta insoluto è la vera matrice di quelle stragi».

Che intende dire?

«Che per la mafia furono un pessimo affare. Non solo quella di via D`Amelio, dopo la quale Martelli applicò immediatamente il regime di carcere duro a centinaia di boss, ma anche quella di Capaci. Certo, Falcone era un nemico, ma in quel momento un`impresa economico-criminale come Cosa Nostra avrebbe avuto tutto l`interesse a stare lontana dai riflettori, anziché accenderli con quella manifestazione di violenza. Quali interessi vitali dell`organizzazione mafiosa stava mettendo in pericolo, Falcone?
La spiegazione che volevano eliminare un magistrato integerrimo, come lui o come Borsellino, è troppo semplice. In ogni caso potevano ucciderlo con modalità meno eclatanti, come hanno fatto in altre occasioni. Invece vollero colpire lui e insieme lo Stato, imponendo una devastante dimostrazione di potere».

Chi può esserci allora, oltre a Cosa nostra, dietro gli attentati che per la mafia furono controproducenti?

«Purtroppo non lo sappiamo, ma è questa la domanda-chiave a cui dovremmo trovare la risposta. Perché vede, per le stragi degli anni Settanta si sono trovate molte spiegazioni; compresa quella che sosteneva il prefetto Parisi, il quale immaginava un ruolo dei servizi segreti israeliani per punire la politica estera italiana sul versante palestinese. E per le stragi del 1993 io trovo abbastanza convincente la tesi di una ritorsione per il carcere duro affibbiato a tanti boss e soprattutto al loro capo, Riina, arrestato all`inizio dell`anno. Per quelle del`92, invece, non riesco a immaginare motivazioni mafiose sufficienti a superare le ripercussioni negative. E questo conferma l`ipotesi di qualche condizionamento esterno rispetto ai vertici di Cosa nostra.
Perciò ha ragione Pisanu a interrogarsi e chiedere di fare luce».

Anche laddove i magistrati non riescono ad arrivare?

«Ma certo. Noi siamo arrivati al limite del giuridicamente accettabile con il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, che io condivido ma che faccio fatica a spiegare all`estero.
Al di là di quel reato, però, non ci sono solo i boy scout; possono esistere rapporti pericolosi, magari meno diretti o meno importanti, ma pur sempre rapporti. E di questi dovrebbe occuparsi la politica, prima dei magistrati».

Infatti Andreotti e Cossiga, agli ordini  di Henry Kissinger,  se ne interessarono con Delle Chiaie che rappresentava un estremismo di destra che teneva rapporti con la mafia di Rejna , secondo Lo Cicero.

 

 

 

CARO PIERO ANGELA UOMO DI STATO

CARO

 

 

ESPERIENZA STORICA DELL'ARROGANZA DELLA FIAT

https://www.rainews.it/tgr/piemonte/video/2022/07/watchfolder-tgr-piemonte-web-de-ponte-auto-elettrica-vl-tg1tgp2mxf-5f9b9ee5-2a7f-4d92-81c5-52a913e172bc.html

 

 

Il potere segreto. Perché vogliono distruggere Julian Assange e Wikileaks

 

 FATTI NO BLA BLA BLA  DELLA STAMPA PER CONDIZIONARE LA VITA DELLE PERSONE CHE NON PENSANO PRIMA DI AGIRE

LE NON RISPOSTE DI DRAGHI E CINGOLANI DOCUMENTATE DA REPORT

DRAGHI NO RISP

QUALE E' LA VERITA' SUI MANDANTI DELLA MORTE DI FALCONE E BORSELLINO ?

Era il 23 maggio del 1992 quando Giovanni Falcone guidava la Fiat Croma della sua scorta che lo accompagnava dall’aeroporto di Punta Raisi a Palermo.

Assieme a lui c’erano la moglie Francesca Morvillo, e l’autista Giuseppe Costanza che quel giorno sedeva dietro.

Nel corteo delle auto che accompagnano il magistrato palermitano c’erano anche altre due auto, la Fiat Croma marrone sulla quale viaggiavano gli agenti Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo, e la Fiat Croma azzurra sulla quale erano presenti gli agenti Paolo Capuzza, Gaspare Cervello e Angelo Corbo.

Alle 17:57 circa, secondo la ricostruzione della versione ufficiale, viene azionato da Giovanni Brusca il telecomando della bomba posta sotto il viadotto autostradale nel quale passava il giudice Falcone.

La prima auto, quella degli agenti Montinaro, Schifani e Dicillo viene sbalzata in un campo di ulivi che si trovava vicino alla carreggiata. Muoiono tutti sul colpo.

L’auto di Falcone e di sua moglie Francesca viene investita da una pioggia di detriti e l’impatto tremendo scaglia entrambi contro il parabrezza della macchina.

In quel momento sono ancora vivi, ma le ferite riportate sono molto gravi ed entrambi moriranno nelle ore successive all’ospedale.

L’autista Giuseppe Costanza sopravvive miracolosamente alla strage ed è ancora oggi vivo.

Mai in Italia la mafia era riuscita ad eseguire una operazione così clamorosa e così ben congegnata tale da far pensare ad un coinvolgimento di apparati terroristici e militari che andavano ben oltre le capacità di Cosa Nostra.

Capaci è una strage unica probabilmente anche a livello internazionale. Fu fatta saltare un’autostrada con 200 kg di esplosivo da cava. Appare impossibile pensare che furono soltanto uomini come Giovanni Brusca o piuttosto Totò Riina soprannominato Totò U Curtu potessero realizzare qualcosa del genere.

Impossibile anche che nessuno si sia accorto di come nei giorni precedenti sia stata portata una quantità considerevole di esplosivo sotto l’autostrada senza che nessuno notasse nulla.

È alquanto probabile che gli attentatori abbiano utilizzato dei mezzi pesanti per trasportare il tritolo e il T4 utilizzati per preparare l’ordigno.

Il via vai di mezzi deve essere stato frequente ed è difficile pensare che questo passaggio non sia stato notato da nessuno nelle aree circostanti.

Così come è impossibile che gli attentatori sapessero l’ora esatta in cui Falcone sarebbe sbarcato a Palermo senza avere una qualche fonte dall’interno che li informasse dei movimenti e degli spostamenti del magistrato.

Capaci per tutte le sue caratteristiche quindi è un evento che appare del tutto inattuabile senza il coinvolgimento di elementi infedeli presenti nelle istituzioni che diedero agli attentatori le informazioni necessarie per eseguire la strage.

Senza i primi, è impossibile sapere chi sono i veri mandanti occulti dell’eccidio che è costato la vita a 5 persone e che sconvolse l’Italia.

E per poter comprendere quali siano questi mandanti occulti è necessario guardare a cosa stava lavorando Falcone nelle sue ultime settimane di vita.

Senza posare lo sguardo su questo intervallo temporale, non possiamo comprendere nulla di quello che accadde in quei tragici giorni.

La stampa nostrana sono trent’anni che ci offre una ricostruzione edulcorata e distorta della strage di Capaci.

Ci vengono mostrate a ripetizione le immagini di Giovanni Brusca. Ci è stato detto tutto sulla teoria strampalata che vedrebbe Silvio Berlusconi tra i mandanti occulti dell’attentato, teoria che pare aver trovato una certa fortuna tra gli allievi liberali montanelliani, quali Peter Gomez e Marco Travaglio.

Non ci viene detto nulla però su ciò che stava facendo davvero Giovanni Falcone prima di morire.

L’indagine di Falcone sui fondi neri del PCI

All’epoca dei fatti, Falcone era direttore generale degli affari penali, incarico che aveva ricevuto dall’allora ministro della Giustizia, Claudio Martelli.

Nei mesi prima di Capaci, Falcone riceve una vera e propria richiesta di aiuto da parte di Francesco Cossiga, presidente della Repubblica.

Cossiga chiede a Falcone di fare luce sulla marea di fondi neri che erano piovuti da Mosca dal dopoguerra in poi nelle casse dell’ex partito comunista italiano.

Si parla di somme da capogiro pari a 989 miliardi di lire che sono transitati dalle casse del PCUS, il partito comunista dell’Unione Sovietica, a quelle del PCI.

La politica del PCUS era quella di finanziare e coordinare le attività dei partiti comunisti fratelli per diffondere ed espandere ovunque l’influenza del pensiero marxista e leninista e dell’URSS che si dichiarava custode di quella ideologia.

Questa storia è raccontata dettagliatamente in un avvincente libro intitolato "Il viaggio di Falcone a Mosca" firmato da Francesco Bigazzi e da Valentin Stepankov, il procuratore russo che stava collaborando con Falcone prima di essere ucciso.

Il sistema di finanziamento del PCUS era piuttosto complesso e spesso si rischia di perdersi in un fitto dedalo di passaggi e sottopassaggi nei quali è spesso difficile comprendere dove siano finiti effettivamente i fondi.

I finanziamenti erano erogati dal partito comunista sovietico agli altri suoi satelliti nel mondo e di questo c’è traccia nelle carte esaminate da Stepankov.

Ricevevano fondi il partito comunista francese e persino il partito comunista americano rappresentato da Gus Hall che a Mosca assicurava tutto il suo impegno contro l’imperialismo americano portato avanti da Ronald Reagan.

Il partito comunista italiano era però quello che riceveva la quantità di fondi più ingenti perché questo era il partito comunista più forte d’Occidente ed era necessario nell’ottica di Mosca assicurargli un costante sostegno per tenera aperta la possibilità di spostare l’Italia dall’orbita del patto Atlantico a quella del patto di Varsavia.

Una eventualità che se fosse mai avvenuta avrebbe provocato non solo la probabile fine della stessa NATO ma anche un probabile conflitto tra Washington e Mosca che si contendevano un Paese fondamentale, allora come oggi, per gli equilibri dell’Europa e del mondo.

Ed è in questa ottica che va vista la strategia della tensione ispirata e attuata da ambienti atlantici per impedire che Roma si avvicinasse troppo a Mosca.

Nell’ottica di questa strategia era necessario colpire la popolazione civile attraverso gruppi terroristici, ad esempio le Brigate Rosse, infiltrati da ambienti dell’intelligence americana per eseguire azioni clamorose, su tutte il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro.

Il sangue versato dall’Italia nel dopoguerra per volontà del cosiddetto stato profondo di Washington è stato versato per impedire all’Italia di intraprendere un cammino politico che avrebbe potuto allontanarla troppo dalla sfera di dominio Euro-Atlantica non tanto per approdare in quella sovietica, ma piuttosto, secondo la visione di Moro, nel campo dei Paesi non allineati né con un blocco né con l’altro.

Nel 1992 questo mondo era già crollato e non esisteva più la cosiddetta minaccia sovietica. A Mosca regnava il caos. Una epoca era finita e l’URSS era crollata non per via della sua struttura elefantiaca, come pretende di far credere una certa vulgata atlantista, ma semplicemente perché si era deciso di demolirla dall’interno.

La perestrojka, termine russo che sta per ristrutturazione, di cui l’ex segretario del PCUS, Gorbachev, fu un convinto sostenitore fu ciò che preparò il terreno alla caduta del blocco sovietico.

Gorbachev era ed è un personaggio molto vicino agli ambienti del globalismo che contano e fu uno dei primi sovietici ad essere elogiato e sostenuto dal gruppo Bilderberg che nel 1987 guarda con vivo interesse e ammirazione alla sua apertura al mondo Occidentale.

Al Bilderberg c’è il gotha della società mondiale in ogni sua derivazione politica, economica, finanziaria e ovviamente mediatica senza la quale sarebbe stato impossibile perseguire i piani di questa struttura paragovernativa internazionale.

Uno dei membri di spicco di questo club, David Rockefeller, ringraziò calorosamente alcuni anni dopo gli esponenti della stampa mondiale, soprattutto quella anglosassone, per aver taciuto le attività di questa società segreta che senza il silenzio dei media non sarebbe mai riuscita a portare avanti indisturbata i suoi piani.

Nella visione di questi ambienti, l’URSS, di cui, sia chiaro, non si ha nostalgia, era comunque diventata ingombrante e doveva essere rimossa.

Il segretario del partito comunista, Gorbachev, attraverso le sue “riforme” ebbe un ruolo del tutto fondamentale nell’ambito del raggiungimento di questo obbiettivo.

I signori del Bilderberg avevano deciso che gli anni 90 avrebbero dovuto essere gli anni della globalizzazione e della concentrazione di un potere mai visto nelle mani della NATO che per poter avvenire doveva passare dall’eliminazione del blocco opposto, quello dell’Unione Sovietica.

Il crollo dell’URSS ebbe un impatto devastante sulla società post-sovietica russa. Moltissimi dirigenti, 1746, si tolsero la vita. Un numero di morti per suicidio che non trova probabilmente emuli nella storia politica recente di nessun Paese.

Alcuni suicidi furono piuttosto anomali e si pensò che alcuni influenti notabili di Mosca in realtà siano stati suicidati per non far trapelare le verità scomode che sapevano riguardano ai finanziamenti del partito.

A Mosca era iniziato il grande saccheggio e le svendite di tutto quello che era il patrimonio pubblico dello Stato.

L’URSS era uscita dall’era della proprietà collettivizzata per entrare in quella del neoliberismo più feroce e selvaggio così come avvenne per gli altri Paesi dell’Europa Orientale che furono messi all’asta e comprati da corporation angloamericane.

Il procuratore russo Stepankov voleva far luce sulla enorme quantità di soldi che era uscita dalle casse del partito. Voleva capire dove fosse finito tutto questo denaro e come esso fosse stato speso.

Per fare questo, chiese assistenza all’Italia e il presidente Cossiga girò questa richiesta di aiuto all’allora direttore generale degli affari penali, Giovanni Falcone.

Falcone accettò con entusiasmo e ricevette a Roma nel suo ufficio il procuratore Stepankov per avviare quella collaborazione, inedita dal secondo dopoguerra in poi, tra l’Italia e la neonata federazione russa.

Al loro primo incontro, Falcone e Stepankov si piacciono subito. Entrambi si riconoscono una integrità e una determinazione indispensabili per degli inquirenti determinati a comprendere cosa fosse accaduto con quella enorme quantità di denaro che aveva lasciato Mosca per finire in Italia.

I fondi venivano stanziati in dollari e poi convertiti in lire ma per poter completare questo passaggio era necessaria l’assistenza di un’altra parte, che Falcone riteneva essere la mafia che in questo caso avrebbe agito in stretto contatto con l’ex PCI.

I legami tra PCI e mafia non sono stati nemmeno sfiorati dai media mainstream italiani. La sinistra progressista si è attribuita una sorta di primato morale nella lotta alla mafia quando questa storia e questa indagine rivelano invece una sua profonda contiguità con il fenomeno mafioso.

L’indagine di Falcone rischiava di mandare a monte il piano di Mani Pulite

Giovanni Falcone era determinato a fare luce su questi legami, ma non fece in tempo. Una volta iniziata la sua collaborazione con Stepankov la sua vita fu stroncata brutalmente nella strage di Capaci.

Era in programma un viaggio del magistrato nei primi giorni di giugno a Mosca per continuare la collaborazione con Stepankov.

Il giudice si stava avvicinando ad una verità scabrosa che avrebbe potuto travolgere l’allora PDS che aveva abbandonato la falce e martello del partito comunista due anni prima nella svolta della Bolognina inaugurata da Achille Occhetto.

Il PCI si stava tramutando in una versione del partito democratico liberal progressista molto simile a quella del partito democratico americano.

Il processo di conversione era già iniziato anni prima quando a Washington iniziò a recarsi sempre più spesso Giorgio Napolitano che divenne un interlocutore privilegiato degli ambienti che contano negli Stati Uniti, soprattutto quelli sionisti e atlantisti.

A Washington avevano già deciso probabilmente in quegli anni che doveva essere il nuovo partito post-comunista a trascinare l’Italia nel girone infernale della globalizzazione.

Il 1992 fu molto di più che l’anno della caccia alle streghe giudiziaria. Il 1992 fu una operazione internazionale decisa nei circoli del potere anglo-sionista che aveva deciso di liberarsi di una classe politica che, seppur con tutti i suoi limiti, aveva saputo in diverse occasioni contenere l’atlantismo esasperato e aveva saputo esercitare la sua sovranità come accaduto a Sigonella nel 1984 e come accaduto anche con l’omicidio di Aldo Moro, che pagò con la vita la decisione di voler rendere indipendente l’Italia dall’influenza di questi centri di potere transnazionali.

Il copione era quindi già scritto. Il pool di Mani Pulite agì come un cecchino. Tutti i partiti vennero travolti dalle inchieste giudiziarie e tutti finirono sotto la gogna mediatica della pioggia di avvisi di garanzia che in quel clima da linciaggio popolare equivalevano ad una condanna anticipata.

Il PSI di Craxi fu distrutto così come la DC di Andreotti. Tutti vennero colpiti ma le inchieste lasciarono, “casualmente”, intatto il PDS.

Eppure era abbastanza nota la corruzione delle cosiddette cooperative rosse, così come era nota la corruttela che c’era nel partito comunista italiano che riceveva fondi da una potenza straniera, allora nemica, e poi li riciclava attraverso la probabile assistenza di organizzazioni mafiose.

Questa era l’ipotesi investigativa alla quale stava lavorando Giovanni Falcone e questa era la stessa ipotesi che subito dopo raccolse Paolo Borsellino, suo fraterno amico e magistrato ucciso soltanto 55 giorni dopo a via d’Amelio.

Mai la mafia era giunta a tanto, e non era giunta a tanto perché non era nelle sue possibilità. C’è un unico filo rosso che lega queste due stragi e questo filo rosso porta fuori dai confini nazionali.

Porta direttamente in quei centri di potere che avevano deciso che tutta la ricchezza dell’industria pubblica italiana fosse smantellata per essere portata in dote alla finanza anglosionista.

Questi stessi centri di potere globali avevano deciso anche che dovesse essere il nuovo PDS a proseguire lo smantellamento dell’economia italiana attraverso la sua adesione alla moneta unica.

E fu effettivamente così, salvo la parentesi berlusconiana del 94. Il PDS portò l’Italia sul patibolo dell’euro e di Maastricht e privò della sovranità monetaria il Paese agganciandola alla palla al piede della moneta unica, arma della finanza internazionale.

E fu il turbare di questi equilibri che portò alla prematura morte dei magistrati Falcone e Borsellino. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino avevano messo le mani sui fili dell’alta tensione. Quelli di un potere così forte che fa impallidire la mafia.

I due brillanti giudici sapevano che il fenomeno mafioso non poteva essere compreso se non si guardava al piano superiore, che era quello costituito dalla massoneria e dal potere finanziario.

Cosa Nostra e le altre organizzazioni sono solamente della manovalanza di un potere senza volto molto più potente.

È questa la verità che non viene raccontata agli italiani che ogni anno quando si celebrano queste stragi vengono sommersi da un fiume di retorica o da una scadente cinematografia di regime che mai sfiora la verità su quanto accaduto in quegli anni e mai sfiora il vero potere che eseguì il colpo di Stato del 1992 e che insanguinò l’Italia nello stesso anno.

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono due figure che vanno ricordate non solo per il loro eroismo, ma per la loro ferma volontà e determinazione nel fare il loro mestiere, anche se questo voleva dire pagare con la propria vita.

Lo fecero fino in fondo sapendo di sfidare un potere enormemente più forte di loro. Sapevano che in gioco c’erano equilibri internazionali e destini decisi da uomini seduti nei consigli di amministrazione di banche e corporation che erano i veri registi della mafia.

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino vanno ricordati perché sono due eroi italiani che si sono opposti a ciò che il Nuovo Ordine Mondiale aveva deciso per l’Italia e pur di farlo non hanno esitato a sacrificare la loro vita.

Oggi, trent’anni dopo, sembra che stiano per chiudersi i conti con quanto accaduto nel 1992 e l’Italia sembra più vicina all’avvio di una nuova fase della sua storia, una nella quale potrebbe esserci la seria possibilità di avere una sovranità e una indipendenza come non la si è avuta dal 1945 in poi.

 

 

 

Autovelox mobili: la multa non è valida se non sono segnalati
multe autovelox

La Cassazione ha confermato che anche gli autovelox posti sulle pattuglie delle varie forze dell’ordine devono essere adeguatamente segnalati.
Autovelox mobili: la multa non è valida se non sono segnalati

AUTOVELOX MOBILI - Subire una multa per eccesso di velocità non è certamente piacevole, soprattutto perché questo comporta la necessità di dover mettere mano al portafoglio per una spesa imprevista. Ci sono però delle situazioni in cui la sanzione può essere ritenuta non valida e quindi annullata, come indicata da una recente sentenza emessa dalla Corte di Cassazione. Che ha così chiarito i dubbi su cosa può accadere nel caso in cui l’autovelox presente in un tratto di strada non sia opportunamente segnalato: l’obbligo è valido anche per gli autovelox mobili montati sulle auto della polizia.

UNA LUNGA TRAFILA LEGALE - La vicenda trae origine da un’automobilista di Feltre (Belluno) aveva subito sei anni fa una multa per eccesso di velocità dopo essere stato sorpreso a 85 km/h in un tratto di strada in cui il limite era invece di 70 m/h. Una pattuglia della polizia presente sul posto dotata di autovelox Scout Speed aveva provveduto a sanzionarlo. L’uomo era però convinto di avere subito un’ingiustizia e aveva così deciso di fare ricorso. Alla fine, nonostante la trafila sia stata particolarmente lunga, è stato proprio il conducente a vincere fino ad arrivare alla sentenza della Cassazione emessa pochi giorni fa.

LA SENTENZA - Nella quale si legge: "In attuazione del generale obbligo di preventiva e ben visibile segnalazione, contempla la possibilità di installare sulle autovetture dotate del dispositivo Scout Speed messaggi luminosi contenenti l'iscrizione “controllo velocità” o “rilevamento della velocità”, visibili sia frontalmente che da tergo. Molteplici possibilità di impiego e segnalazione sono correlate alle caratteristiche della postazione, fissa o mobile, sicché non può dedursi alcuna interferenza negativa che possa giustificare, avuto riguardo alle caratteristiche tecniche della strumentazione impiegata nella postazione di controllo mobile, l'esonero dall'obbligo della preventiva segnalazione".

 

  

COSTITUENDA ASSOCIAZIONE:

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per non fare diventare l'ITALIA un'hotspot europeo dell'immigrazione in quanto bisogna resistere come italiani nel nostro paese dando agli immigrati un messaggio forte e chiaro : ogni paese puo' svilupparsi basta impegnarsi per farlo con le risorse disponibili e l'intelligenza , che significa adattamento nel superare le difficolta'.

Inventarsi un lavoro invece che fare l'elemosina.

Quanti miracoli ha fatto Maometto rispetto a Gesu' ?

SI ACCETTANO ISCRIZIONI : STATUTO

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obiettivi:

1) esame d'italiano e storia italiana per gli immigrati

2) lavori socialmente utili

3) pulizia e cucina autonoma

3 gennaio 1917, Suor Lucia nel Terzo segreto di Fatima: Il sangue dei martiri cristiani non smetterà mai di sgorgare per irrigare la terra e far germogliare il seme del Vangelo.  Scrive suor Lucia: “Dopo le due parti che già ho esposto, abbiamo visto al lato sinistro di Nostra Signora un poco più in alto un Angelo con una spada di fuoco nella mano sinistra; scintillando emetteva grandi fiamme che sembrava dovessero incendiare il mondo intero; ma si spegnevano al contatto dello splendore che Nostra Signora emanava dalla sua mano destra verso di lui: l’Angelo indicando la terra con la mano destra, con voce forte disse: Penitenza, Penitenza, Penitenza! E vedemmo in una luce immensa che è Dio: “Qualcosa di simile a come si vedono le persone in uno specchio quando vi passano davanti” un Vescovo vestito di Bianco “abbiamo avuto il presentimento che fosse il Santo Padre”. Vari altri vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose salire una montagna ripida, in cima alla quale c’era una grande croce di tronchi grezzi come se fosse di sughero con la corteccia; il Santo Padre, prima di arrivarvi, attraversò una grande città mezza in rovina e mezzo tremulo con passo vacillante, afflitto di dolore e di pena, pregava per le anime dei cadaveri che incontrava nel suo cammino; giunto alla cima del monte, prostrato in ginocchio ai piedi della grande croce venne ucciso da un gruppo di soldati che gli spararono vari colpi di arma da fuoco e frecce, e allo stesso modo morirono gli uni dopo gli altri i vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose e varie persone secolari, uomini e donne di varie classi e posizioni. Sotto i due bracci della croce c’erano due Angeli ognuno con un innaffiatoio di cristallo nella mano, nei quali raccoglievano il sangue dei Martiri e con esso irrigavano le anime che si avvicinavano a Dio”. interpretazione del Terzo segreto di Fatima era già stata offerta dalla stessa Suor Lucia in una lettera a Papa Wojtyla del 12 maggio 1982. In essa dice:  «La terza parte del segreto si riferisce alle parole di Nostra Signora: “Se no [si ascolteranno le mie richieste la Russia] spargerà i suoi errori per il mondo, promuovendo guerre e persecuzioni alla Chiesa. I buoni saranno martirizzati, il Santo Padre avrà molto da soffrire, varie nazioni saranno distrutte” (13-VII-1917). La terza parte del segreto è una rivelazione simbolica, che si riferisce a questa parte del Messaggio, condizionato dal fatto se accettiamo o no ciò che il Messaggio stesso ci chiede: “Se accetteranno le mie richieste, la Russia si convertirà e avranno pace; se no, spargerà i suoi errori per il mondo, etc.”. Dal momento che non abbiamo tenuto conto di questo appello del Messaggio, verifichiamo che esso si è compiuto, la Russia ha invaso il mondo con i suoi errori. E se non constatiamo ancora la consumazione completa del finale di questa profezia, vediamo che vi siamo incamminati a poco a poco a larghi passi. Se non rinunciamo al cammino di peccato, di odio, di vendetta, di ingiustizia violando i diritti della persona umana, di immoralità e di violenza, etc. E non diciamo che è Dio che così ci castiga; al contrario sono gli uomini che da se stessi si preparano il castigo. Dio premurosamente ci avverte e chiama al buon cammino, rispettando la libertà che ci ha dato; perciò gli uomini sono responsabili».

Le storie degli immigrati occupanti che cercano di farsi mantenere insieme alle loro famiglie , non lavoro come gli immigrati italiani all'estero:

1)  Mi trovavo all'opedale per prenotare una visita delicata , mentre stato parlando con l'infermiera, una donna mi disse di sbrigarmi : era di colore.

2) Mi trovavo in C,vittorio ang V.CARLO ALBERTO a Torino, stavo dando dei soldi ad un bianco che suonava una fisarmonica accanto ai suoi pacchi, arriva un nero in bici e me li chiede

3) Ero su un bus turistico e' salito un nero ha spostato la roba che occupava i primi posti e si e' messo lui

4) Ero in un team di startup che doveva fare proposte a TIM usando strumenti della stessa la minoranza mussulmana ha imposto di prima vedere gli strumenti e poi fare le proposte: molto innovativo !

5) FINO A QUANDO I MUSSULMANI NON ACCETTANO LA PARITA' UOMO DONNA , ANCHE SE LO SCRIVE IL CORANO E' SBAGLIATO. E' INACCETTABILE QUESTO PRINCIPIO CHE CI PORTA INDIETRO.

6) perche' lITALIA deve accogliere tutti ? anche gli alberghi possono rifiutare clienti .

7) Immigrazione ed economia sono interconnesse in quanto spostano pil fuori dal paese.

8) Gli extracomunitari ti entrano in casa senza chiedere permesso. Non solo desiderano la roba d altri ma la prendono.
Forse il primo insegnamento sarebbe il rispetto della liberta' altrui.

 

09.01.19

Tutti i nulllafacenti immigrati Boeri dice che ne abbiamo bisogno : per cosa ? per mantenerli ?

04.02.17l

L'ISIS secondo me sta facendo delle prove di attentato con l'obiettivo del Vaticano con un attacco simultaneo da terra con la tecnica dei camion e dal cielo con aerei come a NY l'11.09.11.

Riforma sostenuta da una maggioranza trasversale: «Non razzismo, ma realismo» Case Atc agli immigrati La Regione Piemonte cambia le regole Gli attuali criteri per le assegnazioni penalizzano gli italiani .

Screening pagato dalla Regione e affidato alle Molinette Nel Centro di Settimo esami contro la Tbc “Controlli da marzo” Tra i profughi in arrivo aumentano i casi di scabbia In sei mesi sono state curate un migliaio di persone.

Il Piemonte è la quarta regione italiana per numero di richiedenti asilo. E gli arrivi sono destinati ad aumentare. L’assessora Cerutti: “Un sistema che da emergenza si sta trasformando in strutturale”. Coinvolgere maggiormente i Comuni.In Piemonte ci sono 14.080 migranti e il flusso non accenna ad arrestarsi: nel primo mese del 2017 sono già sbarcati in Italia 9.425 richiedenti asilo, in confronto ai 6030 dello scorso anno e ai 3.813 del 2015. Insomma, serve un piano. A illustrarlo è l’assessora all’Immigrazione della Regione Monica Cerutti, che spiega come la rete di accoglienza in questi anni sia radicalmente cambiata, trasformando il sistema «da emergenziale a strutturale».

La Regione punta su formazione e compensazioni mentre aumentano i riconoscimenti In Piemonte 14 mila migranti Solo 1200 nella rete dei Comuni A Una minoranza inserita in progetti di accoglienza gestiti dagli enti locali umentano i riconoscimenti delle commissioni prefettizie, meno rigide rispetto al passato prossimo: la tendenza si è invertita, le domande accolte sono il 60% rispetto al 40% dei rigetti. Non aumenta, invece, la disponibilità a progetti di accoglienza e di integrazione da parte dei Comuni. Stando ai dati aggiornati forniti dalla Regione, si rileva che rispetto ai 14 mila migranti oggi presenti in Piemonte quelli inseriti nel sistema Sprar - gestito direttamente dai Comuni - non superano i 1.200. Il resto lo troviamo nelle strutture temporanee sotto controllo dalle Prefetture. Per rendere l’idea, nella nostra regione i Comuni sono 1.2016. La trincea dei Comuni Un bilancio che impensierisce la Regione, alle prese con resistenze più o meno velate da parte degli enti locali: il termometro di un malumore, o semplicemente di indifferenza, che impone un lavoro capillare di convincimento. «Di accompagnamento, di compensazione e prima ancora di informazione contro la disinformazione e certe strumentalizzazioni politiche», - ha precisato l’assessora Monica Cerutti riepilogando le azioni previste nel piano per regionale per l’immigrazione. A stretto giro di posta è arrivata la risposta della Lega Nord nella persona del consigliere regionale Alessandro Benvenuto: «Non esistono paure da disinnescare ma necessità da soddisfare sia in termini di sicurezza e controllo del territorio, sia dal punto di vista degli investimenti. Il Piemonte ha di per sé ben poche risorse, che andrebbero utilizzate per creare lavoro e risolvere i problemi che attanagliano i piemontesi, prima di essere adoperate per far fare un salto di qualità all’accoglienza». Progetti di accoglienza Tre i progetti in campo: «Vesta» (ha come obiettivo il miglioramento dei servizi pubblici che si relazionano con i cittadini di Paesi terzi), “Petrarca” (si occupa di realizzare un piano regionale per la formazione civico linguistica), “Piemonte contro le discriminazioni” (percorsi di formazione e di inclusione volti a prevenire le discriminazioni). Inoltre la Regione ha attivato con il Viminale un progetto per favorire lo sviluppo delle economie locali sostenendo politiche pubbliche rivolte ai giovani ivoriani e senegalesi. Più riconoscimenti Come si premetteva, aumentano i riconoscimenti: 297 le domande accolte dalla Commissione di Torino nel periodo ottobre-dicembre 2016 (status di rifugiato, protezione sussidiaria e umanitaria); 210 i rigetti. In tutto i convocati erano mille: gli altri o attendono o non si sono presentati. I tempi della valutazione, invece, restano lunghi: un paio di anni, considerando anche i ricorsi. Sul fronte dell’assistenza sanitaria e della prevenzione, si pensa di replicare nel Centro di Castel D’Annone, in provincia di Asti, lo screening contro la tubercolosi che dal marzo sarà attivato al Centro Fenoglio di Settimo con il concorso di Regione, Croce Rossa e Centro di Radiologia Mobile delle Molinette.

INTANTO :«Non sono ipotizzabili anticipazioni di risorse» per l’asilo che Spina 3 attende dal 2009. La lunga attesa aveva fatto protestare molti residenti e c’era chi già stava perdendo le speranze. Ma in Circoscrizione 4, in risposta a un’interpellanza del consigliere della Lega Carlo Morando, il Comune ha messo nero su bianco che i fondi dei privati per permettere la costruzione dell’asilo non ci sono. Quella di via Verolengo resta una promessa non rispettata. Con la crisi immobiliare, la società Cinque Cerchi ha rinunciato a costruire una parte dei palazzi e gli oneri di urbanizzazione versati, spiegò mesi fa l’ex assessore Lorusso, erano andati per la costruzione del tunnel di corso Mortara. Ad ottobre c’è stata una nuova riunione. L’esito è stata la fumata nera da parte dei privati. «Sarà necessario che la progettazione e la realizzazione dell’opera vengano curate direttamente dalla Città di Torino», scrive il Comune nella sua risposta. Senza specificare come e dove verranno reperiti i fondi necessari, né quando si partirà.

 

Tunisia. Frattini: "Proporremo immigrazione circolare" - Il portale dell ...

www.stranieriinitalia.it/.../tunisia-frattini-qproporremo-immigrazione-circolareq.html

20 gen 2011 - L'immigrazione "circolare" è quella in cui i migranti, dopo un certo periodo di lavoro all'estero, tornano nei loro Paesi d'origine. Un sistema più ...

Tutto è iniziato quando è stato chiuso il bar. I 60 stranieri che erano a bordo del traghetto Tirrenia diretto a Napoli volevano continuare a bere. L’obiettivo era sbronzarsi e far scoppiare il caos sulla nave. Lo hanno fatto ugualmente, trasformando il viaggio in un incubo anche per gli altri 200 passeggeri. In mezzo al mare, nel cuore della notte, è successo di tutto: litigi, urla, botte, un tentativo di assalto al bancone chiuso, molestie ai danni di alcuni viaggiatori e persino un’incursione tra le cuccette. La situazione è tornata alla calma soltanto all’alba, poco prima dell’ormeggio, quando i protagonisti di questa interminabile notte brava hanno visto che sulle banchine del porto di Napoli erano già schierate le pattuglie della polizia. Nella nave Janas partita da Cagliari lunedì sera dalla Sardegna era stato imbarcato un gruppo di nordafricani che nei giorni scorsi aveva ricevuto il decreto di espulsione. Una trentina di persone, alle quali si sono aggiunti anche altri immigrati nordafricani. E così a bordo è scoppiato il caos. Il personale di bordo ha provato a riportare la calma ma la situazione è subito degenerata. Per ore la nave è stata in balia dei sessanta scatenati. All’arrivo a Napoli, il traghetto è stato bloccato dagli agenti della Questura di Napoli che per tutta la giornata sono rimasti a bordo per identificare gli stranieri che hanno scatenato il caos in mezzo al mare e per ricostruire bene l’episodio. «Il viaggio del gruppo è stato effettuato secondo le procedure previste dalla legge, implementate dalle autorità di sicurezza di Cagliari – si limita a spiegare la Tirrenia - La compagnia, come sempre in questi casi, ha destinato ai passeggeri stranieri un’area della nave, a garanzia della sicurezza dei passeggeri, non essendo il gruppo accompagnato  dalle forze di polizia. Contrariamente a quanto avvenuto in passato, il gruppo ha creato problemi a bordo per tensioni al suo interno che poi si sono ripercosse sui passeggeri». A bordo del traghetto gli agenti della questura di Napoli hanno lavorato per quasi 12 ore e hanno acquisito anche le telecamere della videosorveglianza della nave. Nel frattempo sono scoppiate le polemiche. «I protagonisti di questo caos non sono da scambiare con i profughi richiedenti asilo - commenta il segretario del Sap di Cagliari, Luca Agati - La verità è che con gli sbarchi dal Nord Africa, a cui stiamo assistendo anche in questi giorni, arrivano poco di buono, giovani convinti di poter fare cio’ che vogliono una volta ottenuto il foglio di espulsione, che di fatto è un lasciapassare che garantisce loro la libertà di delinquere in Italia. Cosa deve accadere per far comprendere che va trovata una soluzione definitiva alla questione delle espulsioni?»  In ostaggio per ore Per ore la nave è stata in balia dei sessanta scatenati, che hanno trasformato il viaggio in un incubo per gli altri 200 passeggeri  21.02.17

Istituto comprensivo Regio Parco La crisi spegne la musica in classe Le famiglie non pagano la retta da 10 euro al mese: a rischio il progetto lanciato da Abbado, mentre la Regione Piemonte finanzia un progetto per insegnare ai bambini italiani la lingua degli immigrati non viceversa.

 Qui Foggia Gli sfollati di una palazzina crollata nel 1999 vivono in container di appena 24 mq Qui Messina Nei rioni Fondo Fucile e Camaro San Paolo le baracche aumentano di anno in anno Donne e bambini Nei rioni nati dopo il sisma le case sono coperte da tetti precari, spesso di Eternit Qui Lamezia Terme Oltre 400 calabresi di etnia rom vivono ai margini di una discarica a cielo aperto  Qui Brescia Nelle casette di San Polino le decine di famiglie abitano prefabbricati fatiscenti Da Brescia a Foggia, da Lamezia a Messina. Oltre 50 mila italiani vivono in abitazioni di fortuna. Tra amianto, topi e rassegnazione Caterina ha 64 anni e tenacia da vendere. Con gli occhi liquidi guarda il tetto di amianto sopra la sua testa: «Sono stata operata due volte di tumore, è colpa di questo maledetto Eternit». Indossa una vestaglia a righe bianche e blu. «Vivo qui da vent’anni. D’estate si soffoca, d’inverno si gela, piove in casa e l’umidità bagna i vestiti nei cassetti. Il dottore mi ha detto di andare via. Ma dove?». In fondo alla strada abita Concetta, che tra topi e lamiere trova la forza di sorridere: «A ogni campagna elettorale i politici ci promettono case popolari, ma una volta eletti si dimenticano di noi. Sono certa che morirò senza aver realizzato il mio sogno: un balcone dove stendere la biancheria». Antonio invece no, lui non ride. Digrigna i denti rimasti: «Gli altri li ho persi per colpa della rabbia. In due anni qui sono diventato brutto, mi vergogno». Slum, favela, bidonville: Paese che vai, emarginazione che trovi. Un essere umano su sei, nel mondo, vive in una baraccopoli. In Italia sono almeno 53 mila le persone che, secondo l’Istat, abitano nei cosiddetti «alloggi di altro tipo», diversi dalle case. Cantine, roulotte, automobili e soprattutto baracche. Le storie di questi cittadini invisibili (e italianissimi) sono raccontate nel documentario «Baraccopolis» di Sergio Ramazzotti e Andrea Monzani, prodotto da Parallelozero, in onda domenica sera alle 21,15 su Sky Atlantic Hd per il ciclo «Il racconto del reale». Le baraccopoli sono non luoghi popolati da un’umanità sconfitta e spesso rassegnata. Donne, uomini, bambini, anziani. Vittime della crisi economica o di circostanze avverse. Vivono in stamberghe all’interno di moderni ghetti al confine con quella parte di città degna di questo nome. Di là dal muro la civiltà. Da questo lato fango, calcinacci, muffa, immondizia, fogne a cielo aperto. A Messina le abitazioni di fortuna risalgono ad oltre un secolo fa, quando il terremoto del 1908 rase al suolo la città. Qui l’emergenza è diventata quotidianità. Fondo Fucile, Giostra, Camaro San Paolo. Eccoli i rioni del girone infernale dei diseredati. Legambiente ha censito più di 3 mila baracche e altrettante famiglie. I topi, invece, sono ben di più. A Lamezia Terme oltre 400 calabresi di etnia rom vivono ai margini di una discarica. Tra loro c’è Cosimo, che vorrebbe andare via: «Non per me, ma per mio figlio, ha subìto un trapianto di fegato». A Foggia gli sfollati di una palazzina crollata nel 1999 vivono nei container di 24 mq. Andrea abita invece nelle casette di San Polino a Brescia, dove un prefabbricato fatiscente è diventato la sua dimora forzata: «Facevo l’autotrasportatore. Dopo due ictus ho perso patente e lavoro. I miei figli non sanno che abito qui. Non mi è rimasto nulla, nemmeno la dignità». Sognando un balcone «Il mio sogno? È un balcone dove stendere la biancheria», dice la signora Caterina nIl documentario «Baraccopolis» di Sergio Ramazzotti e Andrea Monzani, prodotto da Parallelozero, andrà in onda domani sera alle 21.15 su Sky Atlantic Hd per il ciclo «Il racconto del reale». Su Sky Atlantic Il documentario 3 domande a Sergio Ramazzotti registra e fotografo “Così ho immortalato la vita dentro quelle catapecchie” Chi sono gli abitanti delle baraccopoli? «Sono cittadini italiani, spesso finiti lì per caso. Magari dopo aver perso il lavoro o aver divorziato». Quali sono i tratti comuni? «Chi finisce in una baracca attraversa fasi simili a quelle dei malati di cancro. Prima lo stupore, poi la rabbia, il tentativo di scendere a patti con la realtà, la depressione, infine la rassegnazione». Cosa ci insegnano queste persone? «È destabilizzante raccontare donne e uomini caduti in disgrazia con tanta rapidità. Sono individui come noi. La verità è che può succedere a chiunque». Baraccopolid’Italia

01.03.17

GLI ITALIANI AIUTANO più FACILMENTE GLI EXTRACOMUNITARI RISPETTO AGLI ITALIANI.

 

 

 

SE VUOI SCRIVERTI UN BREVETTO CONSULTA dm.13.01.10 n33

13/01/2010 - Decreto ministeriale del 13 gennaio 2010, n. 33 - Uibm

 

 

 

CORRISPONDENZA sulla Xylella fastidiosa con la UE luglio 2018

XYLELLA\18-07-31-ARES 4037967.pdf

XYLELLA\18-07-31-ARES 4037967-cover.pdf

 

 

 

Mutui, la prova della truffa Via a rimborsi per 16 miliardi

Dopo tre anni ecco la sentenza Ue sull'Euribor truccato da banche estere. Ma si può far causa pure alle italiane

Giuseppe Marino - Sab, 19/11/2016 - 15:52

La Commissione europea, tre anni dopo aver condannato quattro tra le più grandi banche europee per aver truccato il tasso di interesse che incide sui mutui di milioni di cittadini europei, ha finalmente tolto il segreto al testo della sentenza. E quel documento di trenta pagine potrebbe valere, solo per gli italiani che hanno un mutuo sulle spalle, ben 16 miliardi di euro di rimborsi da chiedere alle banche.

La storia parte con la scoperta di un'intesa restrittiva della concorrenza, ovvero un cartello, tra le principali banche europee. Lo scopo, secondo l'Antitrust europeo, era di manipolare a proprio vantaggio il corso dell'Euribor, il tasso di interesse che funge da riferimento per un mercato di prodotti finanziari che vale 400mila miliardi di euro. Tra questi ci sono i mutui di 2,5 milioni di italiani, per un controvalore complessivo stimabile in oltre 200 miliardi. L'Euribor viene calcolato giorno per giorno con un sondaggio telefonico tra 44 grandi banche europee, che comunicano che tasso di interesse applicano in quel momento per i prestiti tra banche. Il risultato del sondaggio viene comunicato all'agenzia Thomson Reuters che poi comunica il valore dell'Euribor agli operatori e al pubblico. L'Antitrust ha scoperto che alcune grandi banche, tra il 2005 e il 2008, si erano messe d'accordo per falsare i valori comunicati e manipolare il valore del tasso secondo la propria convenienza. «Alcune volte, -recita la sentenza che il Giornale ha potuto visionare- certi trader (omissis...) comunicavano e/o ricevevano preferenze per un settaggio a valore costante, basso o alto di certi valori Euribor. Queste preferenze andavano a dipendere dalle proprie posizioni commerciali ed esposizioni»

Il risultato ovviamente si è riflettuto sui mutui degli ignari cittadini di tutta Europa, che però finora avevano le unghie spuntate. Un avvocato di Sassari, Andrea Sorgentone, legato all'associazione Sos Utenti, ha subissato la Commissione di ricorsi per farsi consegnare il testo della sentenza dell'Antitrust che condanna Deutsche Bank, Société Genéralé, Rbs e Barclay's a pagare in totale una multa di oltre un miliardo di euro.

La Ue ha sempre rifiutato adducendo problemi di riservatezza delle banche, ma alla fine l'avvocato ha ottenuto una copia della sentenza, seppur in parte «censurata». E ora il conto potrebbe salire. E non solo per quelle direttamente coinvolte, perché il tasso alterato veniva applicato ai mutui variabili da tutte le banche, anche le italiane, che ora potrebbero dover pagare il conto dei trucchi di tedesche, francesi e inglesi. Sorgentone si dice convinto di poter ottenere i risarcimenti: «Secondo le stime più attendibili -dice- i mutuatari italiani hanno pagato interessi per 30 miliardi, di cui 16 indebitamente. La sentenza europea è vincolante per i giudici italiani. Ora devono solo quantificare gli interessi che vanno restituiti in ogni rapporto mutuo, leasing, apertura di credito a tasso variabile che ha avuto corso dal 1 settembre 2005 al 31 marzo 2009».

27.01.17

 

 

Come creare un meeting su Zoom? In un periodo in cui è richiesto dalla società il distanziamento sociale, la nota app per le videoconferenze diventa uno strumento importante per molte aziende e privati. Se partecipare a un meeting è un processo estremamente semplice, che non richiede neppure la registrazione al servizio, discorso diverso vale per gli utenti che desiderano creare un meeting su Zoom.

Ecco dunque una semplice guida per semplificare la vita a coloro che hanno intenzione di approcciare alla piattaforma senza confondersi le idee.

Come si crea un meeting su Zoom

Dopo aver scaricato e installato Zoom, e aver effettuato la registrazione, si dovrà dunque effettuare l’accesso premendo Sign In (è possibile loggare direttamente con il proprio account Google o Facebook, comunque). A questo punto, bisogna procedere in questo modo:

  • Fare tap su New Meeting (pulsante arancione)
  • Scegliere se avviare il meeting con la fotocamera accesa o spenta, tramite il toggle Video On
  • Premere Start a Meeting

A questo punto è stata creata la videoconferenza, ma affinché venga avviata è necessario invitare i partecipanti. Per proseguire sarà necessario quindi:

  • Fare tap su Participants (nella parte in basso dello schermo)
  • Premere su Invite
  • Scegliere il mezzo attraverso cui inviare il link di partecipazione ai mittenti (tramite e-mail o messaggio, per esempio)

Una volta invitati gli utenti, chi ha creato il meeting avrà la possibilità di fare tap su ognuno di essi per utilizzare diverse funzioni: per esempio si potranno silenziare, piuttosto che chiedergli di attivare la fotocamera, eccetera.

Zoom, anche su dispositivi mobile

Zoom (immagine: Zoom).

Facendo tap sul pulsante Chats (in basso a sinistra dello schermo), inoltre, si potranno inviare messaggi di testo a tutti i partecipanti o solo a uno di essi. Una volta terminata la videoconferenza, la si potrà chiudere facendo tap sulla scritta rossa End in alto a destra: si potrà in ultimo scegliere se lasciare il meeting (Leave Meeting), permettendo agli altri di continuare a interagire, o se scollegare tutti (End Meeting).

 

 

Windows File Recovery recupera i file cancellati per sbaglio

È la prima app di questo tipo realizzata direttamente da Microsoft.

A tutti - beh, a quanti non hanno un backup efficiente - sarà capitato di cancellare per errore un file, non solo mettendolo nel Cestino, ma facendolo sparire apparentemente per sempre.

Recuperare i file cancellati ha tante più possibilità di riuscire quanto meno la zona occupata da quei file è stata sovrascritta, ed è un lavoro per software specializzati.

Fino a oggi, l'unica possibilità per i sistemi Windows era scegliere programmi di terze parti. Ora Microsoft ha rilasciato una piccola utility che si occupa proprio del recupero dei file.

Si chiama Windows File Recovery ed è disponibile gratuitamente sul Microsoft Store.

Si tratta di un programma privo di interfaccia grafica: per adoperarlo bisogna quindi superare la diffidenza per la linea di comando che alberga in molti utenti di Windows.

L'utility ha tre modalità base di funzionamento. Default, suggerita per i drive Ntfs, si rivolge alla Master File Table (MFT) per individuare i segmenti dei file. Segment fa a meno della MFT e si basa invece sul rilevamento dei segmenti (che contengono informazioni come il nome, la data, il tipo di file e via di seguito). Signature, infine, si basa sul tipo di file: non avendo a disposizione altre informazioni, cerca tutti i file di quel tipo (Microsoft consiglia questo sistema per le unità esterne come chiavette Usb e schede SD).

Windows File Recovery è in grado di tentare il recupero da diversi filesystem - quali Ntfs, exFat e ReFS - e per apprendere il suo utilizzo Microsoft ha messo a disposizione una pagina d'aiuto (in inglese) sul sito ufficiale.

Qui sotto, alcune schermate di Windows File Recovery.

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Leggi l'articolo originale su ZEUS News - https://www.zeusnews.it/n.php?c=28141

 

Bloatbox ripulisce Windows 10 dalle app indesiderate

Bastano pochi clic per eliminare tutto il bloatware preinstallato.

Leggi l'articolo originale su ZEUS News - https://www.zeusnews.it/n.php?c=28201

Non si può dire che Windows 10 sia un sistema operativo essenziale: ogni nuova installazione porta con sé, insieme al sistema vero e proprio, tutta una serie di applicazioni che per la maggior parte degli utenti si rivelano inutili, se non fastidiose, senza contare le aggiunte dei singoli produttori di Pc.

Rimuoverle a mano una a una è un compito tedioso, ma esiste una piccola applicazione che facilita l'intera operazione: Bloatbox.

Nata come estensione per Spydish, app utile per gestire le informazioni condivise con Microsoft da Windows 10 e più in generale le impostazioni del sistema che coinvolgono la privacy, è poi diventata un software a sé.

Il motivo è un po' la medesima ragione di vita di Bloatbox: non rendere Spydish troppo "grasso" (bloated), ossia ricco di funzioni che, per quanto utili, vadano a incidere sulla possibilità di avere un'applicazione compatta, efficiente e facile da usare.

Bloatbox si scarica da GitHub sotto forma di archivio .zip da estrarre sul Pc. Una volta compiuta questa operazione non resta altro da fare che cliccare due volte sul file Bloatbox.exe per avviare l'app.

La finestra principale mostra sulla sinistra una colonna in cui è presente la lista di tutte le app installate in Windows, tra cui anche quelle che normalmente non si possono disinstallare - come il Meteo, Microsoft News e via di seguito - e quelle installate dal produttore del computer.

Ciò che occorre fare è selezionare quelle app che si intende rimuovere e, quando si è soddisfatti, premere il pulsante , che le aggiungerà alla colonna di destra, dove si trovano tutte le app condannate alla cancellazione.

A questo punto si può premere il pulsante Uninstall, posto nella parte inferiore della colonna centrale, e il processo di disinstallazione inizierà.

L'ultima versione al momento in cui scriviamo mostra anche, nella colonna di destra di un pratico link per effettuare una "pulizia generale" di una nuova installazione di Windows 10, identificato dalla dicitura Start fresh if your Windows 10 is loaded with bloat....

Cliccandolo, verranno aggiunte all'elenco di eliminazione tutte le app preinstallate e considerate bloatware. Chiaramente l'elenco può essere personalizzato a piacere rimuovendo da esso le app che si intende tenere tramite il pulsante Remove selected.

 

 

 

 

Il sito che installa tutte le app essenziali per Windows 10

Bastano pochi clic per ottenere un Pc perfettamente attrezzato, senza dover scaricare ogni singolo software.

Reinstallare il sistema operativo è solo il primo passo, dopo un incidente al Pc che abbia causato la necessità di ripartire da capo, tra quelli necessari per arrivare a riavere un computer perfettamente configurato e utilizzabile.

A quel punto inizia infatti il processo di configurazione e di installazione di tutte quelle grandi e piccole applicazioni che svolgono i vari compiti ai quali il computer è dedicato. Si tratta di un'operazione che può essere lunga e tediosa e che sarebbe bello poter automatizzare.

Una delle alternative migliori da tempo esistente è Ninite, sito che permette di selezionare le app preferite e si occupa di scaricarle e installarle in autonomia.


Da quando però Microsoft ha lanciato un proprio gestore di pacchetti (Winget) sono spuntate delle alternative che a esso si appoggiano e, dato che funziona da linea di comando, dette alternative si occupano di fornire un'interfaccia grafica.

Una delle più interessanti è Winstall, che semplifica l'installazione delle app dai repository messi a disposizione da Microsoft.

Winstall è una Progressive Web Application (Pwa), ossia un sito da visitare con il proprio browser e che permette di scegliere le app da installare sul computer; in questo senso, dal punto di vista dell'uso è molto simile al già citato Ninite.

Diverso è però il funzionamento: se Ninite scarica i singoli installer dei vari programmi, Winstall si appoggia a Winget, che quindi deve essere preventivamente installato sul Pc.

Inoltre offre una propria funzionalità specifica, che il suo sviluppatore ha battezzato Featured Pack.

Si tratta di gruppi di applicazioni unite da un tema o una funzionalità comune (browser, strumenti di sviluppo, software per i giochi) che si possono selezionare tutte insieme; Winstall si occupa quindi di generare il codice da copiare nel Prompt dei Comandi per avviare l'installazione.

In alternativa si può scaricare un file .bat da eseguire, che si occupa di invocare Winget per portare a termine il compito.

I Featured Pack sono infine personalizzabili: gli utenti sono invitati a creare il proprio e a condividerlo.

Leggi l'articolo originale su ZEUS News - https://www.zeusnews.it/n.php?c=28369

 

 

Cos’è e a cosa serve la pasta madre

La pasta madre è un lievito naturale che permette di preparare un ottimo pane, ma anche pizze e focacce. Conosciuta anche come pasta acida, la pasta madre è un impasto che può essere realizzato in diversi modi. Ad esempio, la pasta madre si può ottenere prelevando un impasto del pane da conservare grazie ai “rinfreschi”, oppure preparando un semplice impasto di acqua e farina da lasciare a contatto con l’aria, così che si arricchisca dei lieviti responsabili dei processi fermentativi che consentono la lievitazione di pane e altri prodotti da forno.

Gli impasti preparati con la pasta madre hanno generalmente bisogno di lievitare per diverse ore, ma il risultato ripaga dell’attesa: pane, pizze e focacce risulteranno infatti più gonfi, più digeribili, conservabili più a lungo e con un sapore decisamente migliore.

La pasta madre, inoltre, accresce il valore nutrizionale del pane e di altri prodotti da forno. Negli impasti preparati con la pasta madre diverse importanti sostanze rimangono intatte e, grazie alla composizione chimica della pasta madre, il nostro organismo riesce ad assimilare meglio i sali minerali presenti nelle farine.

I lieviti della pasta madre, poi, favoriscono la crescita di batteri buoni nell’intestino, favorendo un buon equilibrio del microbiota e migliorando così la digestione. È importante anche notare che il pane preparato con lievito naturale possiede un indice glicemico inferiore rispetto al pane realizzato con altri lieviti. Questo significa che quando i carboidrati presenti nel pane vengono assimilati sotto forma di glucosio, questo si riversa più lentamente nel flusso sanguigno, evitando picchi glicemici.

Oltre a conferire al pane proprietà organolettiche e nutrizionali migliori, la pasta madre presenta altri vantaggi. Grazie ai rinfreschi, si può infatti avere a disposizione questo straordinario lievito naturale a lungo; in più, la pasta madre può essere preparata con vari tipi di farine, anche senza glutine.

La dieta senza glutine è l’unica terapia per le persone celiache e per chi presenta sensibilità verso le proteine del frumento e in altri cereali come orzo e farro. Inoltre, ridurre il consumo di glutine può migliorare alcuni disturbi intestinali ed è consigliato anche a chi vuole seguire un regime alimentare antinfiammatorio.

 

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